George Berkeley
"Esse est percipi"
Vita e scritti
•George Berkeley nacque a Dysert (Irlanda) il
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12 marzo 1685.
Nel 1707 si laureò a Dublino.
Nel 1710 pubblicò l'opera di maggior
successo intitolata “Trattato su princìpi
della conoscenza umana”.
Nel 1728 fondò un collegio nelle isole
Bermuda
Dopo essere stato nominato vescovo di
Cloyne, morì nel 1753 ad Oxford.
Locke e Berkeley
•Locke e Berkeley si trovano in sintonia sul
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fatto che l'oggetto della conoscenza umana
sia costituito dalle idee.
L'unica fonte di quest' ultime è proprio
l'esperienza la quale è in grado di
presentarci in modo congiunto un insieme di
idee.
es: Mela: una collezione di idee di
sensazione (sapore,odore,forma..);
l'esperienza unifica queste rappresentazioni
mentali in un singolo ente che chiamiamo
"mela"
Contro le idee astratte
•Locke: l'essere umano è dotato della facoltà
di astrarre idee separate dalle qualità
dell'oggetto stesso.
•Berkeley: La causa principale delle
incertezze che si incontrano in filosofia è la
credenza che il nostro spirito possa avvalersi
della capacità di astrazione: esistono solo
idee particolari
Idee particolari
•Non esistono dunque idee universali
bensì
solo idee particolari, interpretate come
segni appartenenti ad un gruppo di altre
idee particolari tra loro affini.
•Berkeley dunque pare difendere a spada
tratta la posizione dei nominalisti di Ockham
per i quali gli universali erano soltanto
“segni mentali”.
" Esse es percipi": l' immaterialismo
• Secondo il filosofo irlandese, le idee, per
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esistere, devono essere "percepite": il loro
"esse" consiste nel "percipi".
Non è dunque possibile che esistano fuori
dallo spirito che le percepisce.
Ciò che pare avere un'esistenza distinta (case,
montagne, uomini..) non è altro che una delle
tante astrazioni.
Oggetto= percezione: non è dunque possibile
che vi sia qualcosa che esiste distintamente.
•Non esiste una sostanza corporea o materia
ma esiste soltanto un'idea che non ha
sussistenza se non è percepita.
Berkeley sentenzia che la realtà si risolve in
una serie di idee che per essere considerate
esistenti hanno bisogno di essere percepite.
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•"Se esistesse una materia, essa sarebbe
soltanto un limite alla perfezione divina".
Idealismo gnoseologico
• Con il termine "gnoseologia" (dal greco gnosis=
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conoscenza e logos= discorso) si intende quella
disciplina filosofica che si occupa dello studio della
conoscenza.
Essa si occupa, in particolare, dell'analisi dei
fondamenti, dei limiti e della validità della
conoscenza, intesa essenzialmente come relazione tra
il soggetto (conoscente) e l'oggetto ( della
conoscenza).
L'idealismo di Berkeley è detto quindi "gnoseologico"
perchè egli slega la conoscenza da ogni presunta
sostanza materiale a noi esterna.
Trattato sui princìpi della
conoscenza umana
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"E' evidente per chiunque esamini gli
oggetti della conoscenza umana, che
questi sono: o idee impresse ai sensi
nel momento attuale; o idee
percepite prestando attenzione alle
emozioni e agli atti della mente; o
infine idee formate con l'aiuto della
memoria e dell'immaginazione,
riunendo, dividendo o soltanto
rappresentando le idee
originariamente ricevute nei due
modi precedenti.
(Trattato sui princìpi della conoscenza
umana, pag 41-44 )
Seconda correzione alla filosofia di
Locke: qualità primarie e secondarie
•Secondo Berkeley non vi è differenza tra
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qualità primarie e qualità secondarie:
Le qualità primarie non esistono senza le
secondarie e indipendentemente da una
mente che le pensa:
"In breve, l'estensione,la forma, il moto,
astratti dalle altre qualità sensibili, sono
inconcepibili. Dove dunque sono le altre
qualità sensibili vi saranno anche le qualità
primarie: cioè, anch'esse, nella mente".
Il substrato della materia
•L'ultimo rifugio del materialismo può essere
quello di ammettere la sostanza materiale
come un substrato (substerno= assoggettare,
sottomettere) delle qualità sensibili.
Questo substrato, dice Berkeley, è diverso
per definizione dalle idee sensibili, non avrà
rapporto alcuno con le nostre percezioni.
La materia, se esistesse, sarebbe inattiva e
non sarebbe in grado di produrre idee.
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La causa delle idee
•Qual è dunque la causa delle idee?
•Questa causa non può essere la materia
•Le idee stesse non possono essere la causa
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di sè stesse in quanto esse sono
completamente prive di forza e di azione.
Sono dunque inattive.
Ciò che attivo è soltanto lo spirito che le
possiede.
Interessante è come Berkeley spieghi tale
concetto.
Uno Spirito superiore
•Il nostro spirito agisce sulle idee variandole
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e unendole a suo grado.
Eppure esso non ha nessun potere sulle idee
percepite attualmente ( "cose naturali") .
Queste idee sono più vive e più forti e
dotate di ordine e coerenza maggiore
rispetto a quelle dell'immaginazione.
Queste idee "superiori" sono prodotte in noi
da uno Spirito sommo, che è Dio, spirito
buono e saggio.
Tra materialismo e spiritualismo
• Le idee che noi chiamiamo cose reali, dunque, sono
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prodotte nei nostri sensi da Dio mentre le altre, meno
vive, che chiamiamo propriamente idee, sono le immagini
delle prime.
Qui Berkeley afferma che le cose (idee attuali) che noi
non percepiamo, sono in realtà percepite da Dio (cose
esterne).
Se si ammette che la materia è reale, dirà poi il filosofo
irlandese, Dio diventa inutile.
La materia diventa causa e si nega il disegno
provvidenziale divino e, dunque, un'intelligenza
ordinatrice.
La bellezza e l'esistenza del sensibile si palesa come la
dimostrazione dell'esistenza di Dio
Studio della natura come fenomeno
religioso
•Rendersi conto delle leggi naturali significa
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interpretare il linguaggio con cui Dio ci
guida verso la felicità della vita.
Scienza della natura=linguaggio divino
Filosofia= vera lettura del linguaggio divino
poichè scopre il suo significato religioso e
risale alla grandezza del Creatore.
L'esistenza di Dio è assai più evidente di
quella degli uomini.
Kant e Berkeley
•Kant ( C.R.P 275-276)
•Io sono cosciente della mia esistenza come determinata
nel tempo. Ogni determinazione temporale presuppone
alcunché di permanente nella percezione. Ma questo
elemento permanente non può essere qualcosa in me,
visto che la mia esistenza nel tempo richiede di essere
determinata proprio da questo alcunché di permanente.
La percezione di questo permanente non è dunque
possibile se non in base a qualcosa fuori di me e non in
base alla semplice rappresentazione di una cosa fuori di
me. Quindi, la determinazione della mia esistenza nel
tempo presuppone l'esistenza di cose reali, da me
percepite come fuori di me.
•
-Fine della Presentazione-