Si “conosce” solo per interazione
A
B
A
B
Universo Platonico delle idee
=
Informazioni su A e B,
legate al loro modo di interagire
e alla loro compatibilità
I concetti di GRANDE e piccolo
• I concetti di grande e di piccolo risultano concetti puramente
relativi e si riferiscono sia al grado di finezza dei nostri mezzi di
osservazione, sia all’oggetto che si considera.
• Per dare alla dimensione un significato assoluto, qual è
richiesto a qualsiasi teoria della struttura intima della materia,
dobbiamo supporre che esista un limite per il grado di finezza dei
nostri mezzi di osservazione, e di conseguenza un estremo inferiore
per l’entità della perturbazione che accompagna l’osservazione
stessa, limite che è inerente alla natura stessa delle cose
e che non può essere superato mediante tecniche migliori
o maggior perizia da parte dell’ossservatoere.
+
a
Interazione con a
Effetto rilevabile a causa
della sollecitazione su a
Perturbazione conseguente
non rilevabile
a?
+
a
Interazione con a
Effetto rilevabile a causa
della sollecitazione su a
Perturbazione conseguente
rilevabile
IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’
in Meccanica Classica
In fisica classica è sempre possibile distinguere fra cause ed effetti.
L’evoluzione temporale di un sistema avviene tramite equazioni differenziali
associate a condizioni al contorno ben definite.
Tali equazioni valgono anche durante il processo di misura, perché
SI ASSUME
che le perturbazioni siano sempre riducibili a piacere
a
Prima della misura
Immediatamente prima della misura
MISURA
a*
Un attimo dopo la misura
Dopo la misura
a = a*
IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’
in Meccanica Quantistica

Se un sistema è piccolo non potremo osservarlo
senza produrre una notevole perturbazione

NON DOVREMO ASPETTARCI DI TROVARE ANCORA
UNA RELAZIONE CAUSALE TRA I RISULTATI
DELLE NOSTRE OSSERVAZIONI,
IN QUANTO
ESISTERA’ UN FLUSSO DI INTERAZUIONI
NON CONTROLLABILE FRA OGGETTO E STRUMENTO DI MISURA

Va fatta un’ipotesi limite, senza la quale non è possibile procedere:
si assume che
1) IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’ VALGA ANCORA PER I SISTEMI NON DISTURBATI
2) LA MISURA CORRISPONDA AD UN PROCESSO NON CAUSALE
.
LE EQUAZIONI DELLA MQ (CAUSALI)
HANNO UNA STRETTA CORRISPONDENZA
CON QUELLE DELLA MECCANICA CLASSICA
MA SONO CONNESSE SOLO INDIRETTAMENTE AI RISULTATI DELL’INTERAZIONE
CI SARA’ DUNQUE UN’INEDVITABILE INDETERMINAZIONE
NELLA PREVISIONE DEI RISULTATI SPERIMENTALI,
ESSENDOLA TEORIA IN GRADO DI CALCOLARE, IN GENERALE,
SOLO LA PROBABILITA’
DI OTTENERE UN DETERMINATO
RISULTATO SPERIMENTALE
QUANDO SI FACCIA UN’OSSERVAZIONE
…
Immediatamente prima della misura
…
…
1
2
a
Prima della misura
…
…
…
K
MISURA
…
n
Un attimo dopo la misura
Dopo la misura
…
Aspetto duale
(con manifestazioni complementari)
della materia
e delle onde elettromagnetiche :
Conoscenza parziale, non simultanea,
della realtà fenomenica
Indeterminazione
Non località
/D <<1 (aspetti corpuscolari)
/D  1 (aspetti ondulatori)
Interazioni a livello delle dimensioni
della lunghezza d’onda di De Broglie
Esperimenti che mettono in luce
il comportamento NON CAUSALE dell’interazione:
- FASCI COLLIMATI DI PARTICELLE
- PARTICELLE SINGOLE
- FOTONI
Relazioni di De Broglie
E = h,
p = h/
V
V
Esperimenti classici
INTERFERENZA
EFFETTO FOTOELETTRICO
MISURA DI PROPRIETA’
INTRINSECHE DELLE
PARTICELLE: ELEMENTARI:
SPIN, CARICA, , MOMENTI,
MOMENTI ANGOLARI,…
RIFRAZIONE
EFETTO COMPTON
VERIFICA DI LEGGI CONSERVAZIONE
E MISURA DI QUANTITA’ CONSERVATE
DIFFRAZIONE
PRODUZIONE
E ANNICHILAZIONE
DI COPPIE
URTI
per mezzo di
FOTONI E PRODUZIONE DI RAGGI X
CAMPI ESTERNI APPLICATI
Fra le leggi fondamentali su cui fare affidamento per costruire la MQ
la più importante e drastica è la LEGGE DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI STATI.
Ci sono chiare evidenze sperimentali per ritenere che essa
continui a valere anche a livello atomico e subatomico
A. POLARIZZAZIONE DEI FOTONI
Fascio di luce monocromatica di intensità I
P
P
P


Asse
Asse
It = I0sen2()

P
P

Asse
It ~ N  sen2()
It ~ N  cos2()
Ia = I0cos2()
A. POLARIZZAZIONE DEI FOTONI
Un fotone alla volta. Esame della singola prova
P
P
P


Asse
Asse
OPPURE
P
P
P


Asse
Asse
Dopo N “prove” fatte tutte nelle stesse identiche condizioni, risulta:
It ~ N  sen2()
It ~ N  cos2()
Non è possibile prevedere in anticipo se un dato fotone verrà trasmesso o assorbito
Si può solo affermare che esiste una probabilità pari a sen2() di trasmissione e che
i fotoni trasmessi hanno polarizzazione ortogonale all’asse ottico del cristallo.
FORMALIZZAZIONE
Prima di individuare il filtro di tormalina
lo stato di  si può pensare come sovrapposizione
di due stati fra loro ortogonali:
|  = a |   b| 
E’ L’INTERAZIONE CON IL FILTRO
CHE COSTRINGE IL FOTONE
A “DECIDERE” QUALI DELLE DUE
DISTINTE, INTRINSECHE POSSIBILITA’
DI SCELTA ATTUARE
Analogia “un po’ forzosa”: «l’elettore»
B. INTERFERENZA DI FOTONI
1

Fascio ben collimato
di luce monocromatica
Strumento per lo
sdoppiamento del fascio
2
1? 

Segnale luminoso
costituito
da un solo fotone
Strumento per lo
sdoppiamento del fascio
2?
Interferometro
Il fascio è localizzato e
la sua frequenza è nota:
esso si trova in uno stato di
traslazione ben definito.
Singoli impulsi dovuti agli urti
con lo schermo di rivelazione
Interferometro
LA SUCCESSIONE DI N EVENTI PORTA A RICOSTRUIRE LA FIGURA DI INTERFERENZA
Il fotone fa parte di uno stato di traslazione iniziale ben definito:
non può pensarsi sdoppiato in due parti distinte: i fotoni sono indivisibili
D’ALTRA PARTE
un fotone sia in uno stato di traslazione ben definito
può appartenere anche a due o più raggi
Non dobbiamo farci condizionare dall’immaginario classico che ci indurrebbe
a raffigurare il fotone come un ente fisico localizzabile,
pur con una certa indeterminazione, in una porzione di spazio piuttosto che in un’altra.
In questo caso il fotone è descritto dalla sovrapposizione di due funzioni d’onda,
ciascuna corrispondente allo stato di traslazione relativo ai due raggi presi separatamente.
| = a 1| 1  a2| 2
E’ possibile immaginare che il fotone si trovi localizzato in una struttura spaziale,
la quale è per lo sperimentatore scissa in componenti chiaramente differenziate
ma, evidentemente, è solo una delle possibili configurazioni in cui esso può “vivere”
CONCLUSIONI
Poiché un fotone non può spezzarsi in due parti,
la figura di interferenza è prodotta
dall’interferenza di un fotone con se stesso.
Non è possibile stabilire qual è il percorso seguito da
un singolo fotone [ammesso che questo esista].
Un sensore posto su una delle due fenditure,
allo scopo di rivelare l’eventuale passaggio della particella,
distrugge la figura di interferenza:
la distribuzione degli impulsi sullo schermo
presenta due picchi in corrispondenza dell’asse delle fenditure.
l’interazione con lo strumento di rilevazione
costringe il fotone a presentarsi
in una sola delle sue componenti,
distruggendo la combinazione dei due stati traslatori
e provocando il
COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA
+
RIVELATORE
DI POSIZIONE
+
RIVELATORE
DI POSIZIONE
OPPURE
CONTRADDIZIONI
IL FENOMENO HA NATURA STATISTICA
la funzione d’onda associata ad un fotone
da’ informazioni sulla probabilita’
che il singolo fotone si trovi in una determinata regione dello spazio
la funzione d’onda non da’, direttamente, informazioni
sul numero probabile di fotoni presente in una data regione
(ciò dipende dal tipo di interazione a cui è soggetto il fascio)
Ammettere interazioni fra fotoni differenti
comporta che l’ENERGIA del sistema
NON SI CONSERVI

=
INTERFERENZA
DISTRUTTIVA
a

b
ANNICHILAZIONE
DELLA COPPIA
c


d
INTERFERENZA
COSTRUTTIVA
PRODUZIONE
DI QUATTRO
FOTONI
GLI ESPERIMENTI DISCUSSI CON I FOTONI
VALGONO PER OGNI OGGETTO PARTICELLARE
In accordo con le relazioni di De Broglie, ogni particella e in linea di principio qualsiasi oggetto macroscopico,
può manifestare comportamenti corpuscolari o ondulatori.
sarà l’esperimento a mettere in luce
l’uno o l’altro comportamento sperimentale.
Per un oggetto massivo compariranno manifestazioni di carattere ondulatorio
solo quando la lunghezza d’onda di De Broglie avrà dimensioni tali da essere evidenziata sperimentalmente
ESEMPIO
Calcolare la lunghezza d’onda di De Broglie, T , per una palla da tennis di massa M = 0,1 Kg
che si muove con velocità v = 50 m/s. Confrontare T con quella di un elettrone:
a) con uguale velocità; b) con energia cinetica di 100eV
Ricordiamo che se le dimensioni “D” dell’apparato di misurazione sono grandi
rispetto all’ente fisico su cui si esegue la misura non è possibile mettere in luce la natura ondulatoria della propagazione.
Solo quando D e  diventano confrontabili emergono fenomeni di diffrazione ad angoli  dell’ordine di /D.
COSA SONO GLI STATI
A
B
Oggetti astratti di carattere
OLISTICO
Principio di sovrapposizione
Stati di base: legati alle possibili
configurazioni consentite
dalle leggi dinamiche
Coefficienti della sovrapposizione
Variabili che caratterizzano
il sistema in interazione
| A  = a 1|A1 + a2|A2 + a3| A3 + 
| A k
ak
Numeri complessi: legati alla probabilità
di realizzazione degli stati |
A k
Sperimentalmente è sempre possibile preparare un sistema fisico
(particella materiale, fotone, ente complesso costituito da più oggetti microscopici in evoluzione temporale)
in modo da selezionare le componenti fondamentali che lo realizzano
Ciò si ottiene per mezzo di opportuni filtraggi successivi (Polaroid, campi E e B, ecc)
LE EQUAZIONI DELLA MECCANICA QUANTISTICA REGOLANO
L’EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI DEL SISTEMA.
PER GARANTIRE LA VALIDITA’ DEL PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE,
ESSE SONO EQUAZIONI DIFFERENZIALI LINEARI
(Nel tempo e nelle coordinate generalizzate che ne descrivono il comportamento)
L’architettura della teoria. Gli oggetti e i concetti fondamentali
 Variabili dinamiche e Ossevabili
 Stati – Basi. Spazi vettoriali. BRA e KET
 Operatori lineari
 Autovalori e autovettori di un operatore lineare
 Ampiezze di probabilità. Valori medi di un osservabile.
 Osservabili compatibili. Regole di commutazione.
 Relazioni di indeterminazione.
 Rappresentazioni
 Le equazioni del moto. Visuali di Schroedinger e di Heisenberg
 Misura quantistica. Il problema del collasso della funzione d’onda
BRA E … KET
Fissato lo spazio dei KET quello dei BRA è univocamente determinato
dalla richiesta che si possano costruire funzioni lineari dei vettori di stato.
Lo spazio vettoriale dei BRA, matematicamente parlando, è lo spazio DUALE dello spazio dei KET.
Un vettore di stato non è una grandezza fisicamente misurabile
ma rappresenta solamente, in potenza, tutto quello che si può dire in merito
alle condizioni che caratterizzano un ente fisico in un determinato istante o in certe condizioni sperimentali.
Anche le variabili dinamiche non sono descritte, in genere, da grandezze reali, bensì da quantità complesse.
Lo spazio dei BRA non è uno spazio ordinario di vettori ma uno spazio di funzioni lineari;
per ogni KET esiste una funzione lineare BRA univocamente determinata da tale KET.
| a,b,c,… 
Analogia: “Il musicista”
< a,b,c,… |
Gli stati, BRA o KET, considerati da soli,
non corrispondono a nulla di effettivamente reale:
solo l’effetto che li associa è imputabile alla realtà,
individuandone cause ed effetto.
La corrispondenza fra BRA e KET si realizza, matematicamente,
per mezzo di una operazione del tutto analoga al prodotto scalare tra vettori
< l,m,n,…| a,b,c,… >
Questo è legato alla proiezione di uno dei due nella direzione dell’altro:
è massimo se i due vettori sono paralleli, è zero se essi sono ortogonali.
Se i vettori sono paralleli essi determinano una coppia BRA – KET che si corrisponde e
l’effetto di previsione è qualcosa di veramente reale;
nel caso si prendano due vettori non corrispondenti, il numero che si ottiene non è massimo,
è un numero complesso (nel senso della tipologia matematica),
e contiene informazioni legate alle affinità fra quei due vettori.
Se il prodotto scalare risultasse nullo i due vettori sarebbero ortogonali
e nessuno conterrebbe informazioni legate all’altro (non esisterebbe proiezione dell’uno sull’altro).
Tali vettori darebbero informazioni complementari. Vettori di questo tipo si dicono vettori indipendenti.
DENSITA’ DI PROBABILITA’ ASSOCIATA ALLO STATO
|< a,b,c,…| a,b,c,… >|2
GRANDEZZA REALE  SIGNIFICATO FISICO IMMEDIATO
AMPIEZZE DI TRANSIZIONE
|< a,b,c,…| l,m,n,… >|2
NON LEGATE DIRETTAMENTE AI
RISULTATI SPERIMENTALI
| A  = a 1|A1 + a2|A2 + a3| A3 + 
OPPURE
< B | = < B1 | b 1 + < B2 | b 2 + < B3| b 3+ …
ANALOGIA FORMALE CON LO SVILUPPO IN SERIE DI FOURIER DI UN SEGNALE
Un’altra differenza importante con il caso classico è dovuta al fatto che
in meccanica quantistica uno stato |A> e un suo multiplo k|A>
(con k numero complesso) rappresentano lo stesso stato (vettori paralleli).
Ciò è ovviamente falso nel caso di un fenomeno ondulatorio,
in cui k rappresenta l’ampiezza del fenomeno oscillatorio.
Se così non fosse la teoria quantistica entrerebbe in contraddizione.
Infatti la sovrapposizione di uno stato con se stesso DEVE ora GENERARE lo stesso stato
(Nel caso contrario non si conserverebbe l’energia, annichilazione di fotoni, …)

|< Ak |Ak >|2 = 1

ak
=
OPERATORI LINEARI, VARIABILI DINAMICHE
|A>
|B>
<A|

<B|

Ad ogni variabile dinamica w fisicamente misurabile
è associato un operatore lineare . Questo è in grado di estrarre
da un generico KET o BRA del sistema tutte le proprietà
legate al modo di manifestarsi di quella specifica variabile dinamica:
a) valori numerici ammessi per la variabile ;
b) stati che la possono realizzare.
 | A > = | B >,
<A| =<B|
MOLTI OPERATORI DELLA MQ NONC OMMUTANO,
perché legati a manifestazioni reali in cui l’ordine temporale
in cui i fenomeni appaiono porta a risultati differenti.
L’operatore piu’ semplice: l’operatore di proiezione
 =|A> <B|
|C>=|A> <B|C>=|A> c=c|A>
< C |  = < C | A > < B| = c* < B|
AUTOVETTORI E AUTOVALORI DI UN OPERATORE LINEARE
Possibilità di scelta delle basi per la sovrapposizione
| A  = a 1|A1 + a2|A2 + a3| A3 + 
| A  = b 1|B1 + b2|B2 + b3| B3 + 
| C  = c 1|C1 + c2|C2 + c3| C3 + 
……
Analogia con la sintesi armonica di un segnale mediante
armoniche di Fourier,
polinomi di: Lagrange, di Čebicev, di
Hermite, di Laguerre, …
Ogni operatore lineare, corrispondente ad una particolare variabile dinamica,
individua una base di vettori fondamentali per mezzo della quale si ottiene
la più significativa rappresentazione in grado di evidenziare
le proprietà del sistema relative a quella variabile.
 |Wk> = wk |Wk>
|Wk> : AUTOSTATI DI 
wk: AUTOVALORI DI 
Gli operatori associati a variabili dinamiche osservabili hanno autostati tutti fra loro ortonormali
(appartengono cioè a un sistema che costituisce una base di vettori di lunghezza unitaria
per mezzo dei quali è possibile rappresentare un qualsiasi vettore di stato del sistema).
Tale base di “colori” attraverso la quale il sistema fisico può essere decomposto,
mette in luce tutte le proprietà del sistema legate ad .
In corrispondenza ad ogni autostato, l’autovalore associato
rappresenta un possibile risultato di una misura di 
|A>
|B>

= w1|W1 + w2|W2 + w3| W3 + 
UN ANALOGIA FORMALE
HARDWARE
1
2
3
4
5
……
SOFTWARE
|A>
|B>
|C>
1 | A > = | B > = w1|W1
2 | A >
3 | A >
+ w2|W2 + w3| W3 + + wk| Wk + 
= | B > = g1|G1 + g2|G2 + g3| G3 + + gk| Gk + 
= | B > = p1|P1 + p2|P2 + p3| P3 + + pk| Pk + 
Risolvendo le equazioni agli autovalori è possibile prevedere
quali saranno gli autostati e i corrispondenti autovalori di un dato operatore.
Può accadere che gli autostati siano infiniti e si susseguano con continuità
ma che questi siano individuati da un numero finito di autovalori
(per ogni autovalore esistono più autostati ortonormali)
Può presentarsi il caso che sia gli autostati che gli autovalori siano in numero infinito.
In questo caso avremo un comportamento analogo a quello classico
(i possibili risultati di una misura sono distribuiti con continuità entro un determinato intervallo).
Infine, è possibile che emerga solo un numero discreto di autostati e di autovalori.
Questo è un tipico risultato quantistico, in genere non presente nella meccanica classica
per la quale tutti i risultati di una misura sono accessibili sperimentalmente.
LA DIFFERENZA CON LA MECCANICA CLASSICA
SI DIFFERENZIA A CAUSA
della piccolezza degli oggetti considerati (entra in gioco h)
per l’aspetto duale dell’interazione
e per la conseguente non commutabilità di molti degli operatori della teoria)
CHE COSA SIGNIFICA FARE UNA MISURA
Fare una misura vuol dire sottometter il sistema ad una interazione esterna
in grado di far emergere le proprietà legate ad .
Poiché il risultato è probabilistico, saranno necessarie diverse determinazioni
per ricavare un valor medio di .
Ad ogni misura lo stato del sistema COLLASSA in un autostato di .
In altre parole, viene proiettato in un sottospazio degli autostati dell’osservabile
<W| |W> = <W|w |W> = w <W|W> = w.
<| |> = <| |( wk | Wk  ) = <|wi|Wi> = wi <Wi|Wi> =wi
Le grandezze più importanti <| |> sono dette ampiezze di probabilità,
per sottolineare il fatto che esprimono valori medi degli osservabili .
Una misura reale non produce certamente un risultato univoco;
una successione di misure, eseguite nelle stesse identiche condizioni,
individua un campione statistico e un conseguente valor medio.
OSSERVABILI COMPATIBILI. COMMUTABILITA’
12  21  [1, 2] = 0.
1 2
BASE DI RAPPRESENTAZIONE COMUNE
[1, 2]  0.
1 2
COMPATIBILI
MISURE SIMULTANEE SUL SISTEMA
NON COMPATIBILI
NON ESISTE BASE DI RAPPRESENTAZIONE COMUNE
NON SI POSSONO ESEGUIRE MISURE SIMULTANEE SUL SISTEMA
SENZA INTRODURRE UNA PERTURBAZIONE CHE NE MODIFICHI IN
MANIERA IRREVERSIBILE LE CARATTERISTICHE
RELAZIONI DI INDETERMINAZIONE
ESEMPIO
[P, X] = iħ
RELAZIONI DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG
p  x  ħ/2
E  t  ħ/2
[E, T] = iħ
Entrano nel microscopio solo i quanti di luce con valori di px compresi fra

h

h
sen( )

sen( )
Per la conservazione della quantità di moto (trascuro l’effetto Compton),
l’elettrone subisce un rinculo nella componente x per cui
px  2
.
.
h

sen( )
Per ridurre tale valore avremo solo due possibilità:
diminuire il diametro della lente obiettivo,
oppure aumentare la lunghezza d’onda dei fiotoni.
Ciò porterebbe inevitabilmente a diminuire
le possibilità di conoscere la posizione della particella.
La figura di diffrazione prodotta
dal microscopio per un oggetto puntiforme è, infatti,
proporzionale al potere risolutivo dello strumento:
x   / sen( )
Il prodotto delle due variazioni in x e p dà
p x  x  2
h

sen( ) 

sen( )
 2h
RAPPRESENTAZIONI
MQ Teoria assiomatica
Teoria astratta
Il modo in cui le quantità astratte possano venire sostituite da numeri non è unico,
analogamente alla possibilità di scegliere in geometria diversi sistemi di coordinate.
Ciascuno dei modi possibili di effettuare tale sostituzione è detto rappresentazione.
E l’insieme di numeri che sostituisce una data quantità astratta
si dice l’insieme rappresentativo di essa nella rappresentazione considerata.
BRA KET vettori a n dimensioni,
Operatori lineari matrici nn.
ULTERIORI ASSUNZIONI E CONDIZIONI NECESSARIE
PER COSTRUIRE UNA MECCANICA QUANTISTICA
EQUAZIONI MQ
OPERATORI QUANTISTICI
ћ0
PRINCIPIO DI
CORRISPONDENZA
EQUAZIONI CLASSICHE
GRANEDZZE DINAMICHE CLASSICHE
PARENTESI DI PIOSSON
Confronto con le formulazioni
Lagrangiana o Hamiltoniana
delle equazioni del moto classiche
RELAZIONI DI COMMUTAZIONE
della Meccanica Quantistica
rappresentazione delle coordinate
RAPPRESENTAZIONE di SCHROEDINGER
Xk
Sistema di coordinate associate
ad osservabili compatibili
Pr  i / xr
rappresentazione degli impulsi
RAPPRESENTAZIONE di HEISENBERG
Sistema di coordinate associate
ad osservabili compatibili
[Xr, Pk] = iћrk
La rappresentazione di Schroedinger
fu usata da Schroedinger nel 1926 per la sua
formulazione originaria della meccanica quantistica
Esiste un analogia formale fra lo sviluppo quantistico
e lo sviluppo in serie di Fourier di una funzione d’onda.
Pk
X r  i / pr
LE OPERAZIONI DI SIMMETRIA E LE GRANDEZZE CONSERVATE
Rotazione nello spazio
Isometrie
Traslazione nello spazio
x
x = iPx
Operatori
delle isometrie
Invarianza per
applicazione
di isometrie a
variabili dinamiche
a KET o BRA
QUANTITA’
DINAMICHE
CONSERVATE
lx
Lx
Lx
Traslazione nel tempo

Px
In MQ le leggi di conservazione
sono una conseguenza
naturale delle operazioni di simmetria
Costanti del moto
T
H(t)
E
Le equazioni
L’aspetto duale della teoria, la quale produce risultati mettendo in tensione BRA e KET,
stati e osservabili, indica la possibilità di ottenere due insiemi complementari di equazioni del moto.
Il primo gruppo viene costruito pensando di far EVOLVERE NEL TEMPO GLI STATI (KET)
mantenendo gli OPERATORI LINEARI FERMI NEL TEMPO
Equazione di Schroedinger
Rappresentazione delle coordinate
d
i | P, t  H (t ) | P, t 
dt
Il secondo considera gli STATI IN QUIETE e le VARIABILI DINAMICHE IN MOVIMENTO.
Equazione di Heisenberg
d
G (t )  [G (t ), H HE (t )]
dt
L’equazione di Schroedinger è di grande utilità perché permette di determinare
le funzioni d’onda di un qualsiasi sistema quantistico. Essa permette di ricavare
gli autostati che caratterizzano il sistema e per mezzo di questi gli autovalori e l
e densità di probabilità degli autostati delle varie variabili dinamiche coinvolte
nella descrizione (Posizione, quantità di moto, momento angolare, spin, …).
IL COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA
Equazione
causale
| t0 + t >
INTERPRETAZIONE PROBABILISTICA
MISURA
| t0 >
| t0 >
Processo
NON
CAUSALE
WK
wK
CONIZIONI AL CONTORNO

DESCRIZIONE DETERMINISTICA
dell’evoluzione degli stati
?
Se si vuole costruire un esperimento quantistico, tutto quello che si può fare
è preparare il sistema in modo da essere certi che esso si trovi in un determinato stato.
Si sottopone allora il sistema ad una misura che provochi il collasso della funzione d’onda in una precisa direzione
(questo è sempre teoricamente possibile, per quanto, in pratica, possa essere a volte difficile da ottenere).
Se il sistema dipende da osservabili compatibili (i cui operatori commutino),
si sottopone lo stato ad una successione di misure che alla fine diano il risultato voluto.
Una volta preparato lo stato, lo si fa evolvere per mezzo delle equazioni del moto,
nelle quali sono state incluse tutte le informazioni legate alle interazioni e all’energia in gioco.
SULLO STATO COSÌ PREPARATO, EFFETTUIAMO INFINE LA MISURA PREVISTA.
Si potrebbe ritenere che l’interazione, dovuta alla misura,
sia ancora schematizzabile e incorporabile nelle equazioni del moto
ma la teoria richiede che questo non sia un processo causale e,
pertanto, che si debba applicare il postulato del collasso.
PERCHE’ LA DINAMICA NON FUNZIONA QUANDO
ESEMPIO
VIENE EFFETTUATA UNA MISURA.
Se il dispositivo è preparato in modo corretto e la dinamica vale in ogni caso
le equazioni del moto richiedono che
|pronto>m|duro>e  |”duro”>m|duro>e
oppure
|pronto>m|tenero>e  |”tenero”>m| tenero >e
Un elettrone NERO attraversato il dispositivo sperimentale
Gli osservabili COLORE e DUREZZA sono
OSSERVABILI COMPATIBILI
Esiste una base comune di autostati
ESPRESSO NELLA BASE DELLA DUREZZA LO STATO DI e- NERO,
lo stato iniziale dell’elettrone e del dispositivo risulta
|pronto>m|nero>e = | pronto>m(
1
2
| pronto>m|duro>e +
1
2
1
2
|duro>e +
1
2
|tenero>e ) =
| pronto>m|tenero>
Se la dinamica funzionasse correttamente si dovrebbe avere
|pronto>m|nero>e 
1
2
| “duro”>m|duro>e +
1
2
| “tenero”>m|tenero> e
Il postulato del collasso ci dice invece che si presenterà,
con probabilità del 50%, uno dei due casi
|”duro”>m| duro>e
|”tenero”>m| tenero>e
Osserviamo che l’espressione dello stato previsto dalla dinamica
è effettivamente strana!
Lo stato risultante è costituito da una macchina
con indice che punta su duro e tenero contemporaneamente