Nel deserto Dio, il Signore, chiama il suo popolo ad
incontrarlo nella sua intransigente, assoluta, irripetibile
novità.
Nel deserto il luogo dove si sviluppano i contrasti, ci
sono pochi testimoni. Il deserto è il luogo in cui i
contrasti
si scatenano dentro, le contraddizioni
spaccano il cuore, le tensioni si fanno esplosive.
Proprio nel deserto il Popolo di Dio incontra Dio. Ma per
incontrare Dio nel deserto, bisogna aver fatto i conti con
quel che, nel popolo di Dio, si esprime come spinta verso
la sicurezza, come urgente bisogno di definire ogni cosa
e cristallizzare le situazioni e come brivido della libertà.
Nel deserto il popolo di Dio viene coinvolto in una
vicenda creativa, di cui solo Dio è l’autore. Questo
significa che, da un lato, nel deserto si sperimenta una
spinta potente, risoluta e inequivocabile verso la stabilità:
nel deserto il bisogno di sicurezza si impone da sé…
Ma, d’altro lato, nello stesso deserto si impone
l’emozione della libertà più illimitata: nel deserto non ci
sono confini, ne controlli, né strade, già tracciate.
Chi non va nel deserto non sperimenta qull’emozione
che ti prende laddove ci si trova davvero sull’orlo
dell’abisso: non semplicemente nel senso della vertigine,
per cui in qualunque momento potresti abbandonarti e
buttarti , bensì nel senso dell’attrazione per l’ebbrezza
del volo! Anche a Gesù, quando va nel deserto, il
tentatore parla di queste cose.
Bisogno di sicurezza, di mediazioni, di istituzioni: fin nei
dettagli. Ma insieme l’esperienza della libertà sconfinata.
Gesù nel deserto lotta con il tentatore e smaschera il male
che uccide dentro.
Gesù non combatte il male, ma il tentatore e lo vince
perché mette a nudo la forza dell’opposizione lasciandolo
agire, assume su di sé tutta la forza della spinta distruttiva
che deriva dal male.
Il male è mancanza di luce, totale sconnnessione con
l’ordine universale, con l’opera divina che è Logos.
L’uomo ha terrore di questo territorio interiore, più ha
terrore, più lo rinnega. Si accanisce a combatterlo come
potenza a lui estranea.
L’uomo non può vincere il male combattendolo, ma riconnettendosi
al proprio vuoto interiore che chiede amore. Il vuoto di amore può
essere colmato solo dall’amore. E il male essenzialmente prolifera e
cresce dove non c’è amore, dove c’è lontananza dalla Parola divina…
Gesù incarna una umanità nuova nella quale con c’è più
alcun vuoto d’amore, ma pienezza traboccante, vince il
male smascherandolo. La sua arma: il cuore attaccato alla
nuda Parola di Dio.
La Parola di Dio rivela invitabilmente la possibilità
drammatica da parte della libertà dell’uomo di sottrarsi al
dialogo di alleanza con Dio per il quale siamo stati creati.
La Sacra Scrittura ci mostra come il peccato dell’uomo sia
essenzialmente disobbedienza e “non ascolto”.
Nella sua obbedienza
Gesù compie la
Nuova Alleanza tra
Dio e l’uomo e viene
donata a noi la
possibilità della
riconcialiazione.
Cosi’ ci viene offerta
la possibilità
misericordiosa della
redenzione e l’inizio
di una vita nuova in
Cristo.
Il deserto non è solo un luogo ma un tempo. E’ il tempo
intermedio: non ci si installa nel deserto lo si attraversa.
Quaranta anni, quaranta giorni: è il tempo in cui si
impara, l’ascolto, la pazienza, l’attesa, la perseveranza,
accettando il caro prezzo della speranza.
Il deserto è anche cammino: nel deserto occorre avanzare,
non è consentito “disertare”, ma la tentazione è la
regressione, la paura spinge a tornare indietro, a preferire
la sicurezza della schiavitù egiziana al rischio
dell’avventura della libertà.
Una libertà che non è situata al termine del cammino. Ma
che si vive nel cammino.
E forse, l’immensità del tempo del deserto è già
esperienza e pregustazione di eternità!
Per poter compiere questo cammino occorre essere leggeri,
con pochi bagagli: il deserto insegna l’essenzialità, è
apprendistato di sottrazione e di spoliazione.
Il deserto è magistero di fede: esso aguzza lo sguardo
interiore e fa dell’uomo un vigilante, un uomo dall’occhio
penetrante. L’uomo del deserto può così riconoscere la
presenza di Dio e denunciare l’idolatria.
Il deserto è un’educazione alla conoscenza di sé.
Forse ha ragione chi ha detto che “Dio non è nel deserto.
E’ il deserto che è il mistero stesso di Dio”.
Nel deserto il cuore
Poniamo attenzione sul cuore…Nel cuore c’è un pianto.
Quando la vena del pianto si secca….nel cuore si forma
un peso. Allora l’oppressione si fa grido. Quando
l’oppressione è molto forte, il grido si fa muto. Quello è il
massimo di imbrigliamento. L’estremo dolore del cuore
diviene tristezza, angoscia.
Ascoltiamo quello che sale dal nostro cuore: pesantezza,
pianto, grido, grido muto ecc.
Se la vena dell’amore non fluisce, ma fluisce il pianto essa
rimane viva.
Se neppure il pianto fluisce la vena dell’amore è come
morta.
Lasciare galoppare libero il cuore anche per un attimo, è
come dare una scossa alla vena dell’amore.
La prima scossa è pianto.
La seconda scossa è grido,
poi viene il canto.
Elaborazione dai testi:
Lessico della vita interiore di E.Bianchi;
Memoria profonda e risveglio di A. Lumini;
Verbum Domini di Benedetto XVI;
Nel deserto di P. Stancari.
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Monastero S. Margherita Fabriano