Di birra non ce n'è una sola!
La birra è la bevanda più diffusa sul nostro pianeta e pur essendo una bevanda
attualissima vanta origini molto antiche. La sua storia ha oltre cinquemila anni
e la sua origine va situata fra Mesopotamia e Antico Egitto. A seconda dei
tempi e dei Paesi ha modificato la sua natura, senza però mai tradirla,
adeguandosi ai gusti, alla cultura, alla disponibilità delle materie prime. Queste
varianti sono pressoché infinite e in continua evoluzione.
 La produzione della birra, rappresenta uno degli
innumerevoli esempi di applicazioni della biochimica a
livello industriale e non solo.
 La bevanda che si trova nel bicchiere è il frutto di migliaia di reazioni
chimiche catalizzate da enzimi presenti nei lieviti e negli ingredienti
utilizzati per la produzione.
 Il compito del mastro birraio è quello di mettere nelle condizioni
ottimali di lavoro tutti gli enzimi implicati in queste reazioni, e di
impedire lo sviluppo di altre reazioni che possano danneggiare il
prodotto finito.
 La Birra viene definita come il prodotto della fermentazione alcolica
ad opera dei lieviti Saccharomyces (cerevisiae, carlsbergensis,
delbrucki) di un mosto preparato con malto di orzo o di frumento o di
loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo.
Nei Lieviti
 La fermentazione alcolica costituisce la tappa finale, in condizioni
anaerobiche, del metabolismo del glucosio nei lieviti.
 Il substrato di partenza della glicolisi/fermentazione è quindi uno
zucchero (glucosio, fruttosio, saccarosio).
 Uno dei principali obiettivi nella produzione della birra è quello di
ottenere un mosto, prima della fermentazione, con un alto contenuto
zuccherino.
In
In
presenza
 Nella produzione del vino, la spremitura dell’uva fornisce lo zucchero
assenza
di O2
necessario per la via glicolitica/fermentativa, mentre nella birra
di O2 lo
zucchero deve essere ottenuto tramite la degradazione dell’amido
costituente principale dei cereali usati come ingredienti.
Malto
Macinazione
Miscelazione e
Ammostamento a
Temperature
controllate
Filtrazione
(separazione
delle trebbie dal
mosto)
Acqua
Recupero del
liquore filtrato
Luppolo
Prosit!!
Imbottigliamento o
infustamento
Maturazione
Bollitura
(chiarificazione
mosto e
amaricatura)
Separazione del
precipitato proteico e
raffreddamento del
mosto
Fermentazione
Lievito
Riassumendo le materie prime usate nella produzione della birra sono
essenzialmente:
 Acqua (Ogni birra è costituita da 90-94% di acqua);
 Malto di orzo, in alcuni casi quello di frumento, (“anima e corpo
della birra”, fornisce l’amido e gli enzimi necessari per la degradazione
dello stesso);
 Luppolo (è importante per l’amaro e l’aroma della birra);
 Lievito (converte con la fermentazione gli zuccheri in etanolo e
anidride carbonica);
 Succedanei (mais, grano non maltato, etc… sono fonti amidacee);
 Spezie (Sono usate per aromatizzare la birra).
 Il malto d’orzo è il grano dell’orzo fatto rigerminare in particolari condizioni di
umidità e successivamente riessiccato all’interno di forni;
L’orzo è da sempre il cereale più idoneo nella produzione della birra,
questo perché:
 la composizione chimica dell’orzo, considerando le più importanti classi di
composti (amidi, proteine e grassi), è la più conveniente fra tutti i cereali per
la produzione della birra;
 nel corso della germinazione produce una quantità di enzimi maggiore
rispetto agli altri cereali;
 il seme dell’orzo è protetto dalle glumelle e questo è un aspetto morfologico
estremamente importante perché significa che il seme è protetto dagli urti,
da tutti i danneggiamenti cui potrebbe andare incontro;
 Ultimo, ma non meno importante, il fatto che l’orzo è una pianta rustica, può
essere coltivata in climi estremamente differenti con caratteristiche del suolo
molto diverse e quindi ha trovato un areale di diffusione della coltivazione
molto più ampia rispetto ad altri cereali.
Osservando la struttura dell’orzo si capisce il motivo per cui non viene impiegato
direttamente nella produzione della birra.
 Amiloplasto.
La
Lo
scorza
strato Aleuronico
(Glumella)
Endosperma
assieme agli
racchiude
Costituito
da
la riserva
cellule
altri
strati
Costistuisce
la
porzione
denominati
d’amido
contenenti
e lascia
granuli
pericarpo
libera
di
contenente
la parte
(tessuto
la
amido
parte(amilosio
embrionale.
ceroso eo
amidacea.
impermeabile)
Queste
amilopectina)
celluleseparati
sono
e testa
(Agisce
ricche
da
pareti
dida
sostanze
membrana
semipermeabile
nutritive
polisaccaridiche
come proteine,
di bpermettendo
grassi,
glucani.
minerali,
Queste
chepareti
ma
l’embrione
prive
rendono
di amido
l’endosperma
si bagni
e sono in
facilmente)
grado
una
struttura
di sintetizzare
proteggono
molto le
l’interno del
gibberelline.
compatta
e rigida.
chicco.
La maltazione consiste di tre fasi principali:
• Pulitura dalle impurità e polveri e successiva idradatazione dell’orzo. Il seme alla
fine conterrà un’umidità pari al 44-46%;
• Germinazione dell’orzo. Si ha la biosintesi, cioè la formazione di enzimi idrolitici.
L’aumento di umidità all’interno dell’embrione fa scattare "l’interruttore", l’embrione
comincia a produrre ormoni che vengono inviati in una zona periferica del seme (strato
aleuronico) da cui comincia la sintesi e il rilascio di enzimi verso l’endosperma
amidaceo per degradare l’amido.
Il risultato dei punti 1 e 2 è la trasformazione dell’orzo in malto.
• Essiccazione dell’orzo;
Lo scopo: e' quello di arrestare il
processo di germinazione e
preservare gli enzimi
neosintetizzati.
Riassumendo il risultato della maltazione è:
1. un chicco altamente friabile, dovuto alla sintesi durante la
germinazioni di:
- amilasi (a e b), enzimi in grado di degradare l’amido;
- b glucanasi, in grado di idrolizzare la parete polisaccaridica dell’endosperma;
- proteasi, in grado di idrolizzare proteine.
2. formazione di sostanze aromatiche e coloranti per via non enzimatica
durante l’essicazione (composti di Maillard). Questi sono derivati di
anelli pirazinici e pirrolidinici;
Riassumendo il risultato della maltazione è:
3. Eliminazione del dimetil solfuro (DMS) che lascia nella birra un odore
di uova marce.
4. Produrre e/o liberare sostanze nutritive che sono indispensabili per il lievito,
come vitamine, amminoacidi, etc.;
Ogni acqua conferisce alla birra un profilo organolettico caratteristico.
Molti sono i parametri di cui bisogna tener conto per avere una buona
acqua, tra questi è importante sottolineare il ruolo di due ioni:
• Lo ione calcio è importantissimo perché favorisce:
- un corretto ripiegamento strutturale delle amilasi che coordinano uno ione calcio;
- Reagiscono con i fosfati presenti nel malto e ne abbassano il pH;
• Lo ione Magnesio:
- Partecipa in reazioni di acidificazione del mosto con una reazione simile a
quella del Calcio;
- È un cofattore indispensabile dell’enzima enolasi nella via glicolitica.
Acque famose
Gli ioni descritti sopra sono presenti, in differenti concentrazioni, nelle acque sorgive di vari posti,
come mostrato nella sottostante tabella (i dati sono espressi in ppm e presi dalle analisi riportate da
Greg Noonan alla conferenza dell'AHA del 1991):
Mineral Calcio Magnesio Sodio Solfato Bicarbonato Cloruro
Pilsen
7 2 2 5 15 5
Dortmund 225 40 60 120 180 60
Munich 75 18 2 10 150 2
Vienna 200 60 8 125 120 12
Burton
275 40 25 450 260 35
Dublin
120 5 12 55 125 20
Edinburgh 120 25 55 140 225 65
London
90 5 15 40 125 20
Queste composizioni hanno avuto un ruolo decisivo nello sviluppo degli stili birrari nel mondo. A
Londra, a Dublino e a Monaco l'altra concentrazione di bicarbonato è utile a bilanciare le
proprietà acide dei malti scuri e tostati, usati per le porter, stout e bock. Quando si producono
birre chiare, invece, è necessario fare un acid rest (pausa acido), in modo da ridurre l'alcalinità,
oppure aggiungendo acido lattico o solforico al mosto. L'acqua di Burton è estremamente dura, e
l'alta concentrazione di solfato e magnesio tende ad enfatizzare l'accento di luppolo tipico
delle English bitter e pale di queste regioni. D'altra parte, le acque di Pilsen hanno
concentrazioni molto basse.
L'adozione di ammostamenti con decozione serve a sopperire la mancanza di ioni e a trasformare
malti non modificati. L'elaborata serie di step a varie temperature aiuta le reazioni enzimatiche a
procedere a velocità accettabili, anche se per la mancanza di calcio gli enzimi lavorano a velocità
ridotte. Modifiche all'acqua Le acque dei luoghi sopracitati sono riproducibili addizionando all'acqua
vari sali.
 lo scopo principale dell'ammostamento è quello di rompere le proteine e gli
amidi che non sono stati trasformati durante il processo di maltazione. Questo
lavoro viene fatto da vari gruppi di enzimi che degradano differenti substrati se
attivati a determinate temperature.
L’ammostamento è la procedura che permette:
 la saccarificazione, ad opera degli enzimi, degli zuccheri complessi (amido)
presenti nel malto. Tutte le sostanze che passano in soluzione vengono indicate
come estratto;
Ci sono due metodi principali di ammostamento:
 Infusione.
E’ il sistema tradizionale e il più semplice; prevede il riscaldamento a una o
più temperature di tutta la miscela acqua/farine senza che venga mai
raggiunta l’ebollizione.
 Decozione o a “tempere”.
Prevede l’innalzamento della temperatura della miscela acqua/farine in
seguito al riscaldamento di una parte del mosto (1/3, 1/4) che viene portato
ad ebollizione e poi riaggiunto alla miscela da cui era stato prelevato; in tal
modo la temperatura complessiva aumenta sino al valore desiderato;
Gli Enzimi del malto e il ruolo nell’ammostamento.
 Gli enzimi prodotti durante la maltazione ed utili per la produzione della birra
sono:
 Si può osservare come
variano nel mosto gli intervalli di
temperatura e pH.
 Per avere una buona
saccarificazione è necessario
avere un pH compreso tra 5.1 e
5.8.
La fitasi.
 È importante per far si che tutti gli enzimi del malto lavorino correttamente che il
pH sia acido e tra i valori 5.1 – 5.8.
 La miscela di acqua e malto ha un pH di circa 6 unità, per abbassare questo
valore si sfrutta l’attività catalitica delle fitasi.
 Le fitasi agiscono ad una temperatura tra i 30-52°C,e degradano la fitina, sale
insolubile in cui gran parte dei fosfati del malto sono legati all’acido fitico.
 Rilasciando fosfati nel mosto avremo la reazione vista precedentemente, con
conseguente riduzione del pH.
+ 5
La b- glucanasi
 Il b- D-glucano è un polimero del D glucopiranosio con legami b-(13) e b(14) ed è uno dei componenti della parete cellulare degli amiloplasti.
 La b- glucanasi è un enzima idrolitico in grado di tagliare i legame b-(13) e b(14) facilitando così la liberazione dei granuli di amido.
 I granuli di amido risulteranno così più accessibili alle amilasi consentendo la
saccarificazione del mosto.
Proteasi e peptidasi.
 Gli enzimi proteolitici hanno il ruolo di degradare una buona quantità di
proteine presenti nel malto.
- per avere un mosto con un buon contenuto di amminoacidi liberi necessari
per la crescita del lievito
- ridurre la quantità di proteine. Le proteine in eccesso danneggiano la birra
finita;
 La percentuale finita del rapporto tra proteine degradate / proteine totali dovrebbe
essere pari al 36%-40%, una riduzione eccessiva della quantità di proteine
potrebbe portare un impatto negativo sul prodotto finito (schiuma).
La degradazione dell’amido ad opera delle amilasi
L’amido è un polisaccaride di riserva caratterizzato dalla presenza di una miscela
di glucani. Viene depositato dalle cellule delle piante sottoforma di:
 amilosio cosituito dalla ripetizione di n unità di glucosio, legate mediante legami
a (1-4).
 amilopectina, è costituita da residui di glucosio uniti da legami a (1-4) e ogni
24-30 residui presenta dei punti di ramificazione generati da legami a (1-6);
a e b-amilasi
Questi due enzimi sono in grado di idrolizzare i legami a (1-4) dell’amilosio e
dell’amilopectina, ma con modalità di azione leggermente diversa:
 a amilasi, agiscono tagliando i legami a (1-4) a caso all’interno della molecola di
amilosio o amilopectina, formando inizialmente molecole di destrine (oligosaccaridi
conteneti ramificazioni) riducendo quindi il peso molecolare delle molecole con
conseguente diminuzione della viscosità. Successivamente le a amilasi possono
idrolizzare le destrine a molecole ancora più piccole. Non intaccano minimamente i
legami a (1-6);
 b amilasi, agiscono tagliando i legami a (1-4) alle estremità riducenti delle
molecole di amilosio e amilopectina, formando quindi principalmente maltosio
(zucchero fermentescibile). Non intaccano minimamente i legami a (1-6);
Gli oligosaccaridi contenenti ramificazioni non vengono degradate ulteriormente e
vengono dette “destrine limite”, queste costituiranno gli zuccheri non fermentescibili
della birra per la loro difficoltà di internalizzazione nella cellula di lievito durante la
fermentazione. Le destrine sono responsabili del “corpo” del prodotto finito.
La degradazione dell’amido nella produzione della birra
Si possono distinguere tre fasi principali:
1. Gelatinizzazione, è il rigonfiamento dei granuli di amido in acqua
calda. L’amido viene più facilmente attaccato dalle amilasi
2. Liquefazione, riduzione della viscosità dell’amido gelatinizzato ad
opera delle alfa-amilasi;
3. Saccarificazione, completa degradazione dell’amido a maltosio e
destrine ad opera delle amilasi (a e b ).
Protocollo per saccarificazione birra lager
 L’impasto della miscela acqua e malto avviene alle temperatura di 42°C per 10
minuti. In questa fase si ha azione sia delle beta glucanasi, che liberano i granuli di
amido, sia della fitasi, che fa diminuire il pH del mosto;
 Sosta proteolitica alla temperatuyra di 50°C per 15 minuti. Si ha l’azione delle
proteasi e peptidasi
 Prima sosta di saccarificazione alla temperatura di 63°C per 35’. Maggiore
attività delle beta amilasi con produzione di maltosio ed altri zuccheri
fermentescibili.
 Seconda sosta di saccarificazione a 72°C prevalenza di attività delle alfa
amilasi responsabili della produzione di destrine, che in parte degradate dalle beta
amilasi. Se si preferisce una birra con più “corpo” si diminuisce la precedente sosta
di saccarificazione. Questa sosta durerà sino alla completa saccarificazione
dell’amido.
La decozione aiuta l'esplosione dei granuli di amido e la rottura
della matrice delle proteine del malto non modificato,
aumentando l'efficienza dell'estrazione, e aiuta la formazione di
melanoidi. Questi elementi vengono formati dagli amminoacidi
e dagli zuccheri riducenti in presenza di calore, e sono
responsabili del sapore ricco delle lager maltate.
Acid Rest
Con malti chiari questa degradazione enzimatica inizia con l'acid rest (pausa acido),
dove le fitasi rompono la fitina in fosfato di calcio o di magnesio e acido fitico. Questo
aiuta l'acidificazione del mosto quando l'acqua ha un basso contenuto di calcio e i
grani molto tostati non sono inclusi nella ricetta. Questa pausa avviene a temperature
tra i 35 C° e i 49 C°. Un altro gruppo di enzimi attivi in questo range sono le bglucanasi, che rompono la emicellulosa e le gomme nelle pareti cellulari di malti non
modificati.
Protein rest
Per molti malti l'ammostamento inizia con il protein rest (pausa proteine), che avviene
solitamente a temperature comprese tra i 46 C° e i 52 C°. Questo processo inizia con
le proteasi, che rompono le molecole pesanti delle proteine in frazioni più piccole
come i polipeptidi. Questi polipeptidi sono inoltre degradati, da enzimi peptidici, in
peptidi e amminoacidi, che sono essenziali per la crescita corretta del lievito. Le
proteine di peso molecolare 17,000 fino a 150,000, devono essere ridotte in
polipeptidi di peso 500-12,000 per una buona formazione della schiuma, e alcuni
 Terminato l’ammostamento e dopo aver filtrato il mosto e recuperato il
“liquore” si procede con la bollitura.
 La bollitura ha vari scopi:
- Sterilizzare il mosto;
- concentrare il mosto;
- amaricare il mosto dopo l’aggiunta del luppolo;
- far precipitare le proteine e le impurità dovute alla filtrazione.
 Il luppolo è classificato in botanica come Humulus lupulus e fa parte della famiglia
delle Cannabinaceae che comprende, oltre al genere Humulus, anche il genere
Cannabis con le due specie C. sativa e C. indica (rispettivamente canapa e marijuana);
 Il luppolo non contiene sostanze allucinogene (Tetraidrocannabinolo, THC) !
 Il luppolo è una pianta dioica (piante maschili e femminili) e, per la produzione della
birra, si utilizzano solo le infiorescenze femminili (coni del luppolo) chiamati strobili;
 Nel corso della maturazione, nella parte inferiore delle bratteole si formano, secrete
da speciali ghiandole, particelle resinose di colore giallo costituenti la cosiddetta
luppolina contenente i principi attivi utilizzati per la produzione della birra. Le piante
femminili contengono abbondante luppolina mentre le piante maschili ne sono molto
povere;
 Conferisce alla birra il caratteristico sapore amaro e contribuisce al suo profilo
aromatico ;
 Ha un azione antisettica e antiossidante grazie ad alcuni dei suoi costituenti;
 Contribuisce alla sterilizzazione del mosto grazie alla sua attività antibatterica;
 Favorisce la precipitazione di composti insolubili riducendo i fenomeni di
intorbidamento;
 Migliora e aumenta la stabilità della schiuma;
I costituenti più importanti nella produzione della birra sono:
 Gli alfa-acidi, responsabili del sapore amaro;
 Gli olii essenziali, responsabili dell’aroma ;
Gli alfa acidi
 Estrema variabilità della loro concentrazione (2-17%);
 Sono debolmente amari ;
 Bassa solubilità nel mosto ;
 Per diventari solubili e conferire il tipico gusto amaro di una birra, devono essere
isomerizzati e si avranno così gli isoalfa acidi
La reazione di isomerizzazione è favorita dall'alta temperatura, dal pH alcalino e
dalla presenza di ioni Ca e Mg.s i ha l’isomerizzazione in tempi abbastanza brevi 15
minuti circa.
Maggiore è la quantità di alpha-acidi presenti nel luppolo, maggiore sarà l'amaro estratto.
 Gli iso alfa acidi sono:
- molto solubili;
- molto amari;
- possiedono proprietà antisettiche;
Gli Oli essenziali
 Gli olii del luppolo rappresentano lo 0.5-3% del peso dei coni essiccati e sono
caratterizzati per la maggior parte da elevata volatilità
 La frazione idrocarburica consiste principalmente da derivati terpenici: di
mircene (monoterpenico), cariofillene, umulene e in certi casi anche farnesene
(sesquiterpenici)
 Molto importanti sono anche alcoli quali il linalolo e il geraniolo (note floreali).
Molti esteri sono responsabili delle note fruttate (es. isobutirrati)
TERPENI
Liquirizia, curcuma e coriandolo
FLavonoidi
xantumolo, un flavonoide contenuto nel luppolo della birra, che
"possiede proprietà antileucemiche sorprendenti e a dosi
basse", cancer albini et al.
Caratteristiche e proprietà dei lieviti.
 Morfologia: Osservate al microscopio le cellule dei lieviti
impiegati nella produzione della birra, Saccharomyces
(cerevisiae, carlsbergensis, delbrucki) , hanno un aspetto
tondeggiante a differenza di quelli usati nella vinificazione che
hanno aspetto ellissoidale;
 Temperatura: Gli intervalli di temperatura in cui crescono i lieviti sono
essenzialmente due:
- 8-13°C Lieviti detti a “bassa fermentazione” S. carlsbergensis;
- 16-24°C Lieviti detti ad “alta fermentazione” S. cerevisiae;
 pH: intorno a 5.2 unità, il valore di pH molto basso fa si che possano crescere in
condizioni svantaggiose per i batteri e quindi evitare eventuali infezioni;
 Flocculazione: è definita come la capacità di precipitare sul fondo, varia da lievito a
lievito;
 Attenuazione: un rapporto che indica la percentuale di zuccheri metabolizzati
rispetto a quelli complessivamente presenti nel mosto prima dell’inizio della
fermentazione.
Prima di cominciare è necessario spiegare cosa significhi fermentazione alta e fermentazione
bassa. Affinché il mosto si trasformi in birra è fondamentale l’azione dei lieviti: tuttavia è raro che
quello naturalmente presente nell’aria sia sufficiente (come accade dove si produce le lambic).
Perciò bisogna addizionarli.
Nelle birre ad alta fermentazione si aggiunge il Saccaromyces cerevisiae, meglio noto come
lievito di birra (proprio quello che si usa in cucina), che lavora tra i 16 e i 23 gradi: dopo tre o
quattro giorni risale in superficie, da cui il nome “alta fermentazione”, e viene recuperato. Questo
lievito è conosciuto fin dall’antichità. Le birre ALE I lieviti ale, producono esteri in quanto hanno
bisogno di temperature maggiori per fermentare. Gli stili che usano questi ceppi hanno varie
gradazioni di fruttato e dolce nell'aroma
Nelle birre a bassa fermentazione si usa invece il Saccharomyces carlsbergensis, che lavora
a temperature più basse, tra i 5 e gli 8 gradi.
A causa della temperatura inferiore questo lievito impiega più tempo a completare il suo lavoro,
dopodiché tende a dividersi in due: grossi fiocchi che salgono verso la superficie e cellule di
sfaldamento che si depositano sul fondo. Questo lievito dunque non è recuperabile. Fu scoperto dal
danese Jacob Christian Jacobsen, fondatore della Carlsberg, I lieviti lager, in confronto con
gli ale, producono birre che mancano di esteri e alcooli amilici perché agiscono a
temperature minori.
 La fermentazione è un processo anerobio, ma nonostante questo dopo l’inoculo del
lievito all’interno del fermentatore, si procede ad ossigenare il mosto.
 Nelle prime fasi è necessario che il lievito respiri, perché:
- L’etanolo, prodotto ultimo della fermentazione alcolica è un composto di rifiuto del
lievito, ed ha potere inibitorio sulla crescita di altri lieviti.
- in presenza di O2 le cellule possono riprodursi per mitosi e sintetizzare tutti gli
apparati biosintetici necessari nelle condizioni anaerobiche (in condizioni
anaerobiche le cellule si replicano per gemmazione);
- l’O2 permette la sintesi degli steroli, fondamentali per il corretto funzionamento della
plasticità delle membrane (durante il processo anaerobico fermentativo si riscontra un
sensibile calo della quantità di steroli nelle cellule di lievito)
Il metabolismo primario
 Al termine della glicolisi si ha:
- 2 molecole di piruvato;
- 2 molecole di ATP;
- 2 molecole di NADH.
 La fermentazione alcolica permette di ripristinare il NAD+ producendo etanolo e
anidride carbonica, i composti fondamentali per una buona birra:
 Il profilo aromatico di una birra viene definito durante la fermentazione, di questo
sono responsabili le vie metaboliche secondarie.
Il metabolismo primario – la disponibilità di substrato
 Le proteine trasportatrici di mono e
oligosaccaridi ricoprono un ruolo
fondamentale nella fermentazione;
 Sono presenti trasportatori di:
- monosaccaridi (glucosio, fruttosio,
galattosio)
- disaccaridi (maltosio, saccarosio);
- trisaccaridi (maltotrioso).
 Le destrine sono internalizzate nella
cellula con molta difficoltà;
 Il profilo aromatico di una birra viene definito durante la fermentazione, di questo
sono responsabili le vie metaboliche secondarie.
 I metaboliti secondari sono composti non direttamente implicati nella produzione di
energia, ma vengono sintetizzati in risposta a determinati stimoli;
 Nelle cellule di lievito i metaboliti primari (etanolo e CO2) sono prodotti in una
concentrazione di 40000-50000 mg per litro, i metaboliti secondari sono prodotti ad una
concentrazione di 1-3 mg per litro, ma presentano un incidenza notevolmente superiore.
(es. Isoamil acetato).
 I metaboliti secondari del lievito degni di nota per quanto riguarda le caratteristiche
organolettiche sono:
- olio di fusello (miscela formata da alcoli superiori, aldeidi, esteri e acidi grassi)
- chetoni (diacetile che conferisce un sapore di burro)
Olio di fusello
 Gli alcoli superiori sono i componenti principali dell’olio di fusello, questi vengono
sintetizzati a partire dagli amminoacidi, secondo la via:
 secondo il tipo di amminoacido coinvolto nella reazione
si avranno i vari alcoli superiori.
Olio di fusello
 le aldeidi vengono sintetizzate con la via precedentemente descritta, mentre gli acidi
grassi a partire da unità di acetilCoA (derivato dalla decarbossilazione del piruvato ad
opera della piruvato deidrogenasi);
 Durante la maturazione della birra tra gli acidi grassi e gli alcoli superiori possono
formarsi esteri con catalisi mediata da enzimi del lievito:
Chetoni
 Molti sono i chetoni prodotti dal lievito, ma tra tutti il mastro birraio fa attenzione ai
livelli di diacetile nella birra finita.
 Il diacetile va controllato soprattutto in alcuni stili di birra per il suo caratteristico
aroma di burro di arachidi che lascia al prodotto finito.
 Il diacetile viene prodotto secondo la via
indicata ed espulso all’esterno della cellula;
 I livelli di diacetile sono dipendenti dalla
valina. In alte concentrazioni di valina verrà
prodotto il diacetile.
 In particolari condizioni (innalzamento di
temperatura) per l’elevata tossicità, il
diacetile viene riassorbito e convertito in
composti innocui.
Lieviti selvaggi tipicamente contaminanti in birreria
 Molti sono i possibili contaminanti e sono per lo più lieviti selvaggi o batteri
presenti nell’aria o residenti negli ambienti promiscui dei birrifici. Tra questi:
 Saccharomyces diastaticus lievito superattenuatore che lascia profilo fenolico
e attenuazione più bassa del 10 %
 Saccharomyces cerevisiae var ellipsodeus lievito da vino solvente e frutta
marcia
 Hansensula o candida fioretta
 Saccharomyces baianus lievito da champaigne
Batteri tipicamente contaminanti in birreria
 Batteri produttori acido lattico
 Batteri produttori acido acetico
 Batteri produttori acido lattico
La spillatura
La spillatura non è una semplice manovra meccanica, come dimostra l’attenzione che le si dedica in
paesi come Belgio, Olanda, Germania e Gran Bretagna, in cui è considerata un’arte.. La schiuma è
parte integrante della birra, ed ha il compito di non farle disperdere l’aroma e di rallentare gli scambi di
calore con l’ambiente esterno, affinché possa esprimersi al meglio.
La temperatura di servizio
Il tipico errore è quello di servire la birra a temperatura di frigo, ossia al massimo sui quattro gradi,
dimenticando che il freddo anestetizza le papille gustative e dunque impedisce di percepire gli aromi.
Ogni tipologia ha la sua temperatura di servizio, che all’incirca sale all’aumentare della corposità e
dell’alcolicità della birra
La classificazione
Abbazia: anche se non è prodotta in un monastero le ricette sono quelle antiche dei monaci, di solito di
abbazie belghe e olandesi. Si basa sull’antico metodo dell’alta fermentazione ed è ben strutturata, molto
corposa e alcolica. Il colore va dall’oro carico fino al bruno scuro.
•Ale: ormai tale termine identifica una famiglia di birre inglesi di cui esistono numerose sottotipologie. Le
caratteristiche comuni sono fermentazione alta, schiuma quasi assente, basso contenuto alcolico e
temperatura di servizio di cantina. In realtà le ale sono più genericamente tutte le birre ad alta fermentazione.
•Berlinerweisse: birra di frumento tipica di Berlino. Alcolicità bassa (3%), aspetto lattiginoso. Il gusto è
spiccatamente acido, talvolta viene servita con del succo di frutta per attenuarlo
•Lambic: birra belga a fermentazione spontanea, che raccoglie cioè il lievito dell’aria e lascia
fermentare liberamente il mosto. A base di frumento, ha un sapore fresco e piuttosto acido, un colore
chiaro opalescente e un’alcolicità vicina al 4%.
•Pils/Pilsner: questa tipologia trae il nome da Pilsen, la città ceca in cui è nata e nella quale viene
tuttora prodotta la famosa Pilsner Urquell. Per questo tali birre sono dette anche pilsner. Sono birre a
bassa fermentazione, di color oro pallido (talvolta con riflessi verdastri) e in genere molto luppolate, il
che conferisce un tocco di amarognolo in più (le pils bavaresi, al contrario, sono meno amare); gusto
secco, pulito. Schiuma abbondante con perlage finissimo. Si bevono in calici flute.
•Stout: E’ la famosa birra nazionale irlandese: ad alta fermentazione, scurissima, con una schiuma
abbondante e cremosa color nocciola. Viene prodotta con orzo torrefatto e con l’aggiunta di caramello.
• Analisi visiva;
• Analisi olfattiva;
• Analisi gustativa;
• Analisi retrogustativa;