- La Commissione Europea ha designato il 2010 quale anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale Prima di entrare nel merito del mio intervento e chiedersi se le donne sono più a rischio di povertà degli uomini, vorrei esporre alcune riflessioni sulla povertà in senso generale, altrimenti si rischia di non capirsi. Cercherò anche di essere quel tanto provocatoria da stimolare un dibattito. Benché l’Unione sia una delle zone più ricche del mondo, esistono al suo interno grandi sacche di povertà: è a rischio infatti di povertà una persona su 7,(79 milioni di cittadini) una cifra che diventa ancora più alta se consideriamo alcuni gruppi quali i minori o gli anziani. C’è da rimarcare che né i decisori politiche che l’opinione pubblica si rendono conto fino in fondo della gravità della situazione. Spesso siamo tentati di pensare che la povertà sia un fenomeno estremo, roba da terzo mondo. Non pensiamo che la povertà è una realtà anche qui nella civile Europa che è un fenomeno che incide pesantemente sulla vita di moltissime persone, un attacco ai diritti fondamentali dell’essere umano; non si pensa all’altissimo costo sociale della povertà e quanto essa limiti una crescita economica sostenibile. Alcuni pensano che i motivi vanno cercati in fallimenti del tutto personali. Ma le cose non stanno così il persistente livello di povertà nella UE ci dice che essa è una conseguenza diretta del modo come la società è organizzata e di come sono distribuite le risorse., siano esse finanziarie ma non solo come l’accesso alla casa, alla sanità, ai servizi sociali, all’istruzione ed alla formazione, alla cultura…. La povertà riflette l’incapacità dei nostri sistemi di ridistribuire equamente le risorse e le opportunità che, non riuscendo a contrastare adeguatamente la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi eletti, mentre tanti altri sono costretti a vivere vite marginali e povere anche abitando in una delle aree più ricche del mondo, non fanno altro che aumentare le discriminazioni e fomentare le disuguaglianze tra i cittadini. Una nuova teoria economica , che mi trova molto d’accordo, è quella di calcolare la ricchezza o la povertà di un paese non in base al PIL ma all’accesso ai diritti umani. E’ un altro modo per capire se governi si stanno muovendo rispetto agli impegni presi nel campo delle politiche sociali. La povertà oggi viene divisa in due categorie La povertà assoluta o estrema: mancanza delle necessità di base al punto che la sopravvivenza giornaliera diventa una battaglia da combattere ora per ora: fame, mancanza di acqua potabile, mancanza di casa, di vestiario o di medicinali. In Europa? Si se si pensa ai campi nomadi. Situazione nomadi (degrado genera illegalità –catena da spezzare) La povertà relativa è quando le persone hanno un tenore di vita molto al di sotto di quelle del resto del paese in cui vivono: si tratta di persone che lottano per riuscire a condurre una vita normale. Per la UE la povertà relativa indica l’impedimento alla piena partecipazione alla vita economica, sociale e civile. Trovandosi in questa situazione spesso le persone non sono in grado di beneficiare pienamente dei loro diritti fondamentali. Io aggiungerei a questo punto una sotto classificazione: le nuove povertà. Le società sono in constante trasformazione che interessa i tre pilastri fondamentali: mercato del lavoro, famiglia e stato socio assistenziale. Alcuni ne escono VINCITORI da questo processo di mutamento della società, altri ne escono SCONFITTI dalle trasformazioni si trovano in condizioni di incertezza personale e sono esposte a nuovi rischi sociali. La distanza tra vincitori e sconfitti nella trasformazione della società odierna si sta allargando. Assistiamo nel nostro paese ad un aumento delle file davanti alla mensa dei poveri, al ricorso al cassonetto. In questo dibattito che ormai giustamente si è aperto L’UE ha avuto però il grande pregio di associare al dibattito sulla povertà il concetto di “esclusione sociale” un termine che si utilizza per mettere l’accento su quei processi che spingono gli esseri umani ai margini della società, limitandone l’accesso alle risorse ed alle opportunità,limitando la loro partecipazione alla vita sociale e culturale e quindi emarginandoli, discriminandoli e lasciandoli senza potere. Per capire fino in fondo cosa è la povertà riporto di seguito alcuni interventi interventi registrati da Eapn – Rete Europea Anti Povertà durante il loro lavoro di promozione della partecipazione attività delle persone in povertà L’Isolamento Ho perso tutti gli amici perché non posso partecipare alle loro attività. Servono soldi e tempo anche per partecipare ai gruppi di autoaiuto. Non mi posso permettere né giornali né libri. Tanta burocrazia, nessuna informazione Ho dormito sotto i cartoni ed ad un certo punto dovevo scegliere se riprendermi la vita o morire per strada. Sono andata ai servizi sociali a chiedere aiuto per trovare casa e mi sono scontrata con una burocrazia mostruosa. Ho dovuto raccontare la mia storia tante volte . Ogni volta che racconto la mia storia ad una assistente sociale ricevo tanta solidarietà ma nessun aiuto concreto Senza le necessità di base Posso permettermi solo cibi a basso costo il cibo sano per me costa troppo. Il problema non è che ogni tanto rimaniamo senza soldi il problema è che tutta la nostra vita è un’emergenza continua. La formazione costa troppo Il peggio è che i nostri figli crescono in questa atmosfera. Senza un lavoro decente Ammetto che lavoro al nero, sono perfettamente consapevole dei rischi che corro ma solo così riesco a lavorare Senza rispetto A volte hai la sensazione che gli animali siano meglio protetti perché se picchi un cane ti fanno la multa e puoi pure finire in galera ma se picchi una come me non sono sicura che sarai punito….. I nostri figli Non posso invitare gli amici dei bambini a casa perché viviamo in un buco. Quindi i miei bambini non sono invitati a casa degli altri e sono esclusi. I miei figli non vanno mai in gita scolastica. I miei figli erediteranno la mia povertà. Gli esclusi sono quindi coloro che non hanno possibilità di accedere alla vita sociale in termini di occupazione, istruzione e formazione, possibilità di formare una famiglia, ecc: è una coincidenza tra posizione economica marginale ed isolamento sociale. Se esiste una esclusione sociale vuol dire che esiste un soggetto che esclude e questa semplice evidenza cambia il volto del welfare, che non può essere unicamente concentrato nelle istituzioni ,con carattere riparatorio o di tamponamento, ma che deve coinvolgere la società civile non solo perché principale responsabile dell’esclusione sociale ma perché unico soggetto in grado di favorire e rendere possibile l’inclusione e la reintegrazione sociale delle persone afflitte da situazioni di bisogno non solo economico ma di tipo relazionale. Tocca invece alle istituzioni oggi farsi garante di una fase di transizione tra stato sociale a comunità del benessere: uno stato che detta si le regole del gioco, che si fa garante dei diritti dei cittadini, ma che ceda progressivamente quote di potere e di gestione alla società civile. Questo processo si può compiere attraverso due grosse innovazioni 1. l’assunzione da parte delle istituzioni della società civile come interlocutore a tutti gli effetti delle politiche socio assistenziali 2. la seconda potrebbe essere quella di associare più direttamente l’utenza,soprattutto quella tradizionale, nella gestione dei servizi attraverso forme di protagonismo, corresponsabilizzazione e partecipazione affinché gli utenti trovino spazi di autogestione e possibilità differenziata di percorsi autonomi e personalizzati di soddisfazione dei bisogni. Il solo potere dei poveri è la loro voce Donne e povertà Neanche la povertà è democratica. La povertà è un fenomeno che colpisce in maniera diversa uomini e donne anche perché sono significativamente diversi gli eventi che determinano la povertà maschile da quella femminile. . Un discorso sulla povertà femminile oggi appare quasi come la rivelazione di un nuovo e recente fenomeno sociale. In realtà non è così. La povertà delle donne affonda radici in un passato lontano: vedove, orfane, prostitute. Le strade hanno sempre conosciuto bene il volto femminile dell'indigenza…quella che non lascia scampo ad altre vie d'uscita Sebbene, oggi, molte cose siano cambiate, tuttavia il processo attraverso cui le donne cadono in povertà rimane lo stesso, con le dovute differenze chiaramente In riferimento all'Italia, circa il 13% della popolazione femminile vive in una condizione di povertà, di cui il 40% è compresa in una fascia d'età tra i 19 ed i 24 anni. Un segmento, quindi, debole, per il quale l'accesso al mondo del lavoro è difficile, provocando una serie di privazioni materiali che conducono ad un processo di marginalità ed esclusione irreversibili. Un grave problema del fenomeno della femminilizzazione della povertà è quello rappresentato da donne sole con figli, che costituiscono oggi un nuovo gruppo sociale, particolarmente esposto ai processi di impoverimento e al limite della esclusione sociale. Il genitore solo è prevalentemente donna per varie cause: la tendenza ad affidare alle madri la custodia dei figli in caso di separazione o divorzio, la più elevata propensione ad un secondo matrimonio o convivenza da parte degli uomini rispetto alle donne, la tendenza presentata dai figli nati al di fuori del matrimonio a vivere con la madre In Italia la maggior parte delle donne sole con figli lavora a tempo pieno. Le madri sole lavorano in media più delle altre donne e la motivazione dominante addotta è la riduzione del reddito derivante dal part-time non sostenibile per una madre sola, anche per colpa spesso di inadempienze da parte del padre nel contribuire economicamente a mantenimento . La situazione economica è un aspetto particolarmente critico ma non è il solo La rete informale degli aiuti ha un ruolo importante se non essenziale: il mantenimento del sostegno che ricevono dalle famiglie d’origine è una strategia fondamentale, ma, innanzitutto, l’aiuto per la madri in coppia è maggiore perchè possono contare su una rete di parentela doppia e, in secondo luogo, si evidenzia chiaramente un problema di carenza nell’offerta e di elevati costi per la fruizione dei servizi per la prima infanzia che riguarda tutti ma che condiziona soprattutto le madri sole. E’ evidente, quindi, che non è tanto – o solo – la condizione di genitore unico in sé a rendere più vulnerabili economicamente e socialmente, quanto quella di “genitore unico donna”. Queste situazioni rendono più acceso il contrasto tra una cultura politica che pensa alla famiglia fondata sul matrimonio quale unica base della società e perciò sola degna di essere tutelata e un sistema di welfare poco attento a questi nuovi nuclei-base della società, anche per la mancanza di politiche attive dell’occupazione femminile e di misure per la conciliazione tra lavoro per il mercato e attività quotidiane, come pure per la scarsa efficacia e implementazione delle politiche di pari opportunità. Altro elemento di maggiore vulnerabilità delle donne è rappresentato dal differenziale retributivo di circa 10 punti nel salario orario fra uomini e donne colloca l’Italia fra gli ultimi paese europei, in termini di parità salariale. l’Europarlamento sottolinea come mediamente “una donna deve lavorare fino 418 giorni di calendario per guadagnare quanto un uomo guadagna in un anno” e La nostra costituzione recita “che l’applicazione del principio di parità retributiva per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore «è essenziale per conseguire la parità di genere Ritengo che è sui nodi irrisolti della “non conciliazione” che si concentrano i maggiori problemi legati alla disparità di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro: dal blocco delle carriere alla disparità salariale, dall’uso del part-time come strumento quasi esclusivamente al femminile ad una maggiore presenza e permanenza delle donne nel precariato la tradizionale divisione dei ruoli (alle donne il lavoro di cura, agli uomini il ruolo di breadwinner) ancora persistente nel “senso comune”, nonostante la forte istruzione e partecipazione al mercato del lavoro delle donne. Divisione dei ruoli che dalla famiglia si estende anche all’organizzazione aziendale: sono le donne che, a causa degli impegni familiari hanno meno disponibilità temporale e spaziale e quindi hanno carriere più discontinue e meno prestigiose, e conseguentemente minori stipendi, dovendo confrontarsi con un modello male oriented- anytime-anywhere-, e con un sistema premiante basato sulla presenza. L’80% delle discriminazioni è legato alla maternità. Esiste poi il problema delle donne immigrate in particolare con riferimento a clandestine e prostitute coatte (per le quali in ogni caso il discorso è molto più ampio di quanto in questa sede sia possibile fare), sebbene siano in grado d'inserirsi in modo meno traumatico degli uomini, tuttavia in buona parte si trovano in condizioni di grave indigenza. L'assenza del permesso di soggiorno, e quindi l'impossibilità di trovare un lavoro "in regola" mina ogni possibilità di sopravvivenza in un Paese, ancora per certi versi, molto ostile. Ad esso va aggiunta l'assenza di quella rete di relazioni sociali su cui potevano contare nella terra d'origine, che produce una sorta di segregazione ed isolamento, dagli effetti devastanti . Abbiamo le donne anziane. Le donne, come è stato recentemente confermato da numerose indagini statistiche, in media vivono più degli uomini. Circa il 90% delle donne anziane sopravvivono ai loro mariti, percependo una pensione di reversibilità mediamente pari a € 640. Spesso queste "nonne" diventano una parte indispensabile della famiglia, poiché grazie alla loro, seppur piccola, entrata sono in grado di fornire un sostegno economico importante. Ma, quando le donne anziane rimangono sole cadono in una condizione di povertà assoluta, dalla quale uscire è anche più complicato a causa del disorientamento che l'isolamento e l'esclusione sociale provocano in un adulto. Le donne anziane povere lo sono a causa delle ridotte possibilità di lavoro che hanno avuto, come dicevamo prima dell'irregolarità contributiva e della penalizzazione retributiva, tristi peculiarità del nostro Paese, che hanno subito durante gli anni lavorativi. Lo sono per la bassa quota percentuale assegnata alle pensioni di reversibilità, anche quando rappresentano l'unico reddito posseduto. Lo sono perché il lavoro di cura, a cui si sono dedicate per tutta la vita, sopperendo alle lacune di un welfare quasi inesistente, non ha trovato alcun riconoscimento contributivo.. La povertà anziana si fa ancor più pesante con l'avanzare dell'età, quando cominciano ad aumentare i rischi per la salute e la progressiva perdita di autonomia. che si accompagna alla solitudine, che diventa la compagna di vita. Infatti da recenti indagini solo il 5% delle anziane pensa di andare a vivere con i figli ne consegue che la solitudine non è percepita come una fase transitoria ma definitiva Rappresentanza delle donne A corollario di tutto vorrei porre una riflessione sulla questione della scarsa presenza femminile nei luoghi di decisione politica è sintomo di una sconfitta per la stessa democrazia. Una democrazia in cui una parte significativa della popolazione rimane esclusa dal processo politico-istituzionale a vantaggio di un’altra parte . L'articolo 51 della Costituzione italiana sancisce il principio della parità formale dei sessi in materia di rappresentanza politica: ma la questione della scarsa presenza femminile nei luoghi di decisione politica è ormai un dato statistico costante. Numerosi fattori vengono elencati a spiegazione del fenomeno: dalle norme che regolano la vita dei partiti e il sistema elettorale, al modello di stato sociale, allo sviluppo culturale e delle relazioni di genere. In ognuno di questi ambiti vi sono azioni significative da intraprendere per creare l'opportunità di una effettiva democrazia paritaria. Perché occuparsi di questa tematica quando si parla di povertà di genere. E’ necessario dare conto alle istituzioni di come sia cambiata la vita delle donne che non si vivono più subordinate rispetto agli uomini pur dovendosi misurare con vite precarie, con le difficoltà della conciliazione con il persistere degli stereotipi di genere nella socializzazione dei ruoli e nelle aspettative sociali. Senza una presenza reale delle donne che sia numericamente forte è impossibile avviare una trasformazione della società anche e soprattutto nelle misure contro la povertà. Perché faccio questa affermazione perché in Italia anche quando si investe per combatter la povertà si tende a dare soldi piuttosto che servizi durevoli nel tempo, piccoli benefici economici che sono un palliativo e non la soluzione al problema. Ma le donne hanno sperimentato sulla propria pelle le difficoltà di una inclusione sociale ed attraverso la partecipazione sociale, concetto che ho già espresso prima, esse possono essere portatrici di innovazione in questa battaglia che abbiamo il dovere di compiere.