Centro Famiglia “Crescere insieme” Chieti 24 novembre e 1 dicembre 2006 Conoscere e contrastare il bullismo Prof. Salvatore Sasso Psicologo e psicoterapeuta Professore a contratto di Psicologia Clinica Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti [email protected] http://www.unich.it/~sasso/ L’attualità Anti- Bullying Week Gli 2006 spettatori This year's theme: The Bystander Find out about the role of onlookers, witnesses and observers to help to stop bullying www.anti-bullyingalliance.org.uk Perché è importante sapere e riflettere sul bullismo Ogni giorno i quotidiani e la televisione affrontano il delicato tema del bullismo nelle sue molteplici manifestazioni. Spesso la questione della pericolosità (lo stereotipo del “brutto, sporco e cattivo”modello Franti del libro Cuore) e l’esigenza di controllo sembrano prevalere sull’interesse del bambino e dell’adolescente e dell’analisi in termini sistemici Il bullismo allora può essere interpretato solo come un “problema sociale”, la cui unica soluzione rischia di essere rintracciata nella punizione e nella repressione del comportamento aggressivo. Cosa sarebbe necessario fare recuperare l’attenzione su queste manifestazioni di disagio infantile/adolescenziale in un’ottica di prevenzione e di promozione del benessere personale e sociale. Le espressioni del disagio in età evolutiva, infatti, possono essere molteplici, in relazione alle caratteristiche di personalità e ai diversi contesti socio-familiari. Cosa significa prevenire La prevenzione non deve diventare un luogo comune il primo passo è acquisire gli strumenti per riconoscere il fenomeno. Il bullismo infatti, si manifesta attraverso una serie di campanelli d’allarme che possono essere identificati precocemente. Come prevenire La rilevazione dei segnali di disagio deve: 1. riguardare e coinvolgere ogni soggetto della rete sociale 2. essere multidisciplinare, comprendendo sia fattori socioculturali che psicologici, in un’ottica evolutiva. La famiglia, il mondo della scuola e degli amici possono costituire, in questo senso, una risorsa preziosa. Quando è possibile prevenire Solo in presenza di un sistema (familiare e sociale) attento ai segnali del disagio, ma anche capace di promuovere risorse, potenzialità, competenze: gli esperti in problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza utilizzano sempre più i concetti di empowerment, di comportamenti prosociali e di life skills (o abilità di vita), la cui promozione contribuisce ad un armonico sviluppo personale e sociale, ma anche alla salvaguardia dei diritti umani Gli obiettivi rivolgere maggiore attenzione non solo alle conseguenze del bullismo, ma anche alle numerose variabili che aumentano la vulnerabilità del bambino (fattori di rischio) ed alle risorse sulle quali far leva per prevenirne gli effetti negativi (fattori di protezione) dedicare sempre maggiori risorse alla prevenzione sensibilizzando e formando genitori e insegnanti ad una precoce presa in carico e ad un efficace intervento in situazioni di bullismo dedicare maggior spazio alla ricerca di strumenti conoscitivi e di un confronto sulle possibili risposte ad un disagio che può manifestarsi in forme difficilmente riconoscibili. Di cosa ci occuperemo Definizione di bullismo Caratteristiche Forme di comportamento Caratteristiche psicologiche Dinamiche del bullismo nel gruppo Prevenzione e trattamento psicologico La definizione di bullismo Con il termine bullismo si definiscono le azioni aggressive o i comportamenti di manipolazione sociale tipici dei gruppi di pari, perpetrati in modo intenzionale e sistematico da uno o più persone ai danni di altre. Il termine italiano bullismo è la traduzione letterale della parola “bullying”, termine inglese usato nella letteratura internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra pari in un contesto di gruppo. È stato Olweus (1978) nei suoi lavori ad utilizzare una definizione più ampia, assumendo l’idea che il bullismo fosse riferibile sia al gruppo sia all’ individuo. Secondo Olweus “il bullo è un individuo, per lo più maschio, che spesso opprime i compagni, i bersagli di queste azioni possono essere ragazze o ragazzi, l’attacco può essere sia fisico che mentale”. Il termine bullo rimanda spesso allo spaccone, chi millanta, lo spavaldo e non tanto alla sua derivazione come “mobbing” (to mob= assalire, aggredire tumultuosamente in massa) Il termine è usato spesso dagli etologi (K. Lorenz) Quando si parla di bullismo bisogna invece riferirsi sempre al significato originario di “mobbing”, tenendo conto della valenza del gruppo e delle sue tre manifestazioni: sul piano fisico, verbale e indiretto (come ad esempio, attraverso l’isolamento, le maldicenze…) La definizione più recente pone l’accento su alcune caratteristiche che progressivamente si sono rivelate significative La prima riguarda l’intenzionalità, cioè il fatto che il bullo mette in atto intenzionalmente dei comportamenti fisici, verbali o psicologici con lo scopo di offendere l’altro e di arrecargli danno o disagio; La seconda riguarda la persistenza: sebbene anche un singolo episodio possa essere considerato una forma di bullismo, l’ interazine bullo-vittima è caratterizzata dalla ripetitività di comportamenti di prepotenza protratti nel tempo; In terzo luogo, tale interazione è asimmetrica, fondata sul disequilibrio e sulla disuguaglianza di forza tra il bullo che agisce e la vittima che spesso non è in grado di difendersi; Infine, il comportamento di attacco può essere perpetrato con modalità fisiche o verbali di tipo diretto (botte, pugni, calci, offese e minacce) o con modalità di tipo psicologico e indiretto, quali la diffamazione o l’esclusione. Cosa possiamo etichettare come bullismo Per esempio, attacchi gravi con armi, coltelli o altri oggetti pericolosi, furti di materiale costoso, minacce di gravi aggressioni alla persona, forme di molestia severa o di abuso sessuale, Si tratta di situazioni che richiedono una denuncia e una collaborazione tra scuola e autorità giudiziaria. È importante quindi che l’insegnante, attraverso l’osservazione e la discussione con i ragazzi, sappia distinguere la diversa natura dei comportamenti. COMPORTAMENTI NON ETICHETTABILI COME BULLISMO Presa in giro per gioco; Finta zuffa; Lotta per gioco; Giochi quasi aggressivi, ritualizzati e con reciprocità di ruoli Per i comportamenti quasi aggressivi, si riscontrano situazioni in cui i ragazzi fanno giochi turbolenti, lotta per finta o aggressioni giocose. frequenti in modo particolare nell’interazione tra i maschi, dal secondo ciclo della scuola primaria fino ai primi anni della scuola secondaria. COMPORTAMENTI DI BULLISMO (sono ripetuti nel tempo ) A LIVELLO FISICO: Punzecchiare, tirare i capelli, picchiare, dare calci, pugni, richiudere in una stanza, dare pizzicotti, spingere, graffiare, danneggiare le proprietà dell’altro o altre forme fisiche di attacco. A LIVELLO VERBALE: Linguaggio offensivo, telefonate offensive, estorsione di denaro o beni materiali, intimidazioni e minacce, prese in giro e offese per il colore della pelle,linguaggio molesto e allusivo, dicerie e bugie sul conto di qualcuno. A LIVELLO NON VERBALE: Fare brutte facce o gesti rudi, manipolare o danneggiare i rapporti di amicizia, escludere sistematicamente e isolare socialmente, inviare lettere scritte o frasi offensive. ATTIVITÀ CRIMINALE E ANTISOCIALE: Attacchi con armi, ferite fisiche gravi, minacce gravi con armi, furti seri, abusi sessuali. I PROTAGONISTI: IL BULLO, LA VITTIMA, GLI SPETTATORI I ruoli individuati sono sei: bullo, aiutante, sostenitore, difensore, esterno, vittima. Gli autori hanno trovato differenze significative nella distribuzione dei ruoli, legate alle variabili del sesso: Bulli, aiutanti e sostenitori sono soprattutto maschi, mentre alle femmine si attribuiscono in prevalenza i ruoli di difensore ed esterno. Solo per il ruolo di vittima non ci sono differenze tra i due gruppi. Olweus (1993) Nei suoi numerosi studi sui ragazzi coinvolti in episodio di bullismo, aveva rilevato che le tipologie di bullo e vittima non sono di per sé univoche, poiché tra coloro che agiscono in modo prepotente ci sono anche altre figure di riferimento. Infatti, la dominanza del bullo sembra cioè essere rinforzata dall’attenzione e dal supporto dei sostenitori, dall’allineamento degli aiutanti, dalla mancanza di opposizione della maggioranza silenziosa. Gruppi di soggetti individuali sulla base del questionario “ruoli dei partecipanti (Salmivalli et al., 1996; Sutton e Smith, 1999; Menesini e Gini (2000) Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni; Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma con una posizione, secondaria nel gruppo, di “seguace” del bullo; Sostenitore: chi agisce in modo da rinforzare il comportamento del bullo, ad es. ridendo, incitandolo o solo stando a guardare; Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola; Esterno: chi non fa niente, cercando di rimanere fuori dalle situazioni di prepotenza; Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze. LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DEL BULLO Si distinguono tre tipologie principali di bulli: 1. Il bullo dominante 2. Il bullo gregario 3. Il bullo-vittima 1. Il bullo dominante È un ragazzo per lo più maschio, più forte fisicamente o psicologicamente rispetto ai compagni. Presenta un’elevata autostima ed è caratterizzato da un atteggiamento favorevole verso la violenza. Dal punto di vista delle credenze e della rappresentazione del problema, ritiene che l’aggressività possa essere positiva poiché aiuta a ottenere ciò che si vuole ed è sempre pronto a giustificare il proprio comportamento assumendo atteggiamenti di indifferenza e scarsa empatia verso la vittima. Si caratterizza per comportamenti aggressivi sia verso i compagni sia verso gli adulti. Oltre a prendere l’iniziativa nell’aggredire la vittima è anche capace di istigare altri compagni a farlo. 2. Il bullo gregario È un ragazzo più ansioso del precedente, spesso con difficoltà a livello di rendimento scolastico, poco popolare nel gruppo e insicuro. In genere tende a farsi trascinare nel ruolo di aiutante o sostenitore del bullo poiché questo comportamento può dargli un’identità e un’opportunità di affermazione all’interno del gruppo. 3. Il bullo-vittima È definito anche vittima aggressiva o provocatrice; pur subendo le prepotenze dei compagni, mostra uno stile di interazione di tipo reattivo e aggressivo. Spesso è un bambino emotivo, irritabile e con difficoltà di controllo delle emozioni; ha atteggiamenti provocatori ed iperreattivi di fronte agli attacchi dei compagni. Il suo comportamento agitato, accompagnato sovente da difficoltà sul piano cognitivo e dell’attenzione e da modalità provocatorie verso gli altri, innesca facilmente un circolo vizioso di elevata conflittualità. È molto impopolare tra i compagni e proviene da contesti altamente conflittuali. LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELLA VITTIMA Si distinguono due tipologie principali di vittime: 1. La vittima passiva 2. La vittima provocatrice 1. La vittima passiva È un ragazzo tendenzialmente passivo che non sembra provocare in alcun modo le prepotenze le prepotenze subite: è un soggetto calmo, sensibile e contrario all’uso della violenza. È caratterizzato da un modello “reattivo ansioso o sottomesso” che segnala ai bulli la sua insicurezza, la passività e la difficoltà a reagire di fronte alle prepotenze subite ( Olweus, 1993 ). 2. La vittima provocatrice È un ragazzo che con il suo comportamento irrequieto, iper-reattivo e irritante, provoca gli attacchi subiti e spesso contrattacca le azioni dell’altro. Questa categoria di vittime è sovrapponibile a quella dei “bulli-vittima”, ossia quei soggetti che ottengono punteggi superiori alla norma sia per la vittimizzazione che per il bullismo, in quanto, oltre ad agire le prepotenze, le subiscono. La struttura familiare della vittima Le famiglie delle vittime sono molto coese, tanto da coinvolgere intensamente i figli nelle loro vita interna. Ciò favorisce l’instaurarsi di un legame di stretta dipendenza dalla famiglia, con conseguente difficoltà sul versante dei rapporti con i pari. In questi contesti risulta spesso rilevante il ruolo iperprotettivo della madre, mentre è assente o poco coinvolta la figura del padre. Il risultato è che questi bambini hanno difficoltà nel gestire le relazioni sociali con gli altri e non riescono ad affrontare interazioni più complesse (Genta, 2002). Le conseguenze a lungo e a breve termine dell’essere la vittima dei compagni La vittimizzazione costituisce un ostacolo significativo al benessere sociale, emozionale e all’adattamento scolastico dei bambini. Alcuni studi recenti hanno permesso di caratterizzare le vittime come un gruppo di soggetti affetti da diversi tipi di disagi, quali la solitudine, la depressione, l’ansietà, l’insicurezza, la bassa autostima e un’eccessiva passività nelle relazioni sociali. I bambini che subiscono prepotenze spesso sviluppano un atteggiamento generale di rifiuto verso l’attività scolastica e mostrano segni d’ansia e angoscia in momenti significativi della loro esperienza a scuola. Conseguenze per le vittime A breve e lungo termine Sintomi fisici: mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa (soprattutto la mattina prima di andare a scuola) Sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche Svalutazione della propria identità, scarsa autostima Psicopatologie: Depressione, Comportamenti autodistruttivi/autolesivi Abbandono scolastico A livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere Conseguenze per i bulli A breve e lungo termine Basso rendimento scolastico Disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole Difficoltà relazionali Ripetute bocciature e abbandono scolastico Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro Bullismo e Disturbi della condotta I disturbi della condotta vengono definiti come: modalità comportamentali abituali di violazioni delle regole o dei diritti degli altri (regole naturalmente rapportate e relazionate all’età del soggetto) che tendono ad esprimersi nei vari ambiti sociali. La caratteristica fondamentale del Disturbo della Condotta È una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole della società appropriate per l’età adulta, vengono violate. I comportamenti si inseriscono in quattro gruppi fondamentali 1. Condotta aggressiva: che causa o minaccia danni fisici ad altre persone o ad animali; 2. Condotta non aggressiva: che causa perdita o danneggiamento della proprietà; 3. Frode o furto; 4. Gravi violazioni di regole. Bullismo e Disturbi della condotta I bambini o gli adolescenti con questo disturbo spesso innescano un comportamento aggressivo e reagiscono aggressivamente contro gli altri. Essi possono mostrare un comportamento prepotente, minaccioso, o intimidatorio. L’aggressione può assumere la forma di stupro, violenza,o, in rari casi, omicidio. Bullismo e Disturbi della condotta La distruzione deliberata dell’altrui proprietà è una tipica caratteristica di questo disturbo, e può includere l’incendio deliberato con intenzione di causare seri danni o distruzione deliberata della proprietà altrui in altri modi (ad esempio, spaccare vetri delle macchine, vandalismo a scuola). Bullismo e Disturbi della condotta I soggetti con Disturbo della Condotta possono avere scarsa empatia e scarsa attenzione per i sentimenti, i desideri, e il benessere degli altri. Specie in situazioni ambigue, i soggetti aggressivi con questo disturbo spesso travisano le intenzioni degli altri come più ostili e minacciose e reagiscono con un’aggressione che essi ritengono ragionevole e giustificata. Bullismo e Disturbi della condotta Essi possono essere insensibili e mancare di adeguati sentimenti di colpa o di rimorso. Può essere difficile valutare se il rimorso mostrato è vero perché questi soggetti imparano che esprimere la colpa può ridurre o prevenire la punizione. Prevenzione e Trattamento Psicologico Le ricerche indicano una diffusione più generalizzata del bullismo nelle scuole elementari e nei primi anni delle medie come fenomeno socio-relazionale e come modalità diffusa di soluzione dei conflitti. Successivamente si assiste ad una definizione della frequenza con una maggiore accentuazione in un numero ristretto di casi come forma stabile di disagio individuale. Prevenzione e Trattamento Psicologico I ragazzi con questa modalità radicata di comportamento sono a rischio di problematiche antisociali e devianti e altri comportamenti problematici come l’abuso di sostanze, alcool e droghe Se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali. Prevenzione e Trattamento Psicologico L’intervento psicologico ha lo scopo di interrompere questo tipo di modalità di soluzione dei conflitti e fornire le indicazioni necessarie per imparare a gestire diversamente le relazioni sociali, offrire la possibilità di sentire, provare, riconoscere e manifestare emozioni positive e adottare comportamenti collaborativi.