Lesioni traumatiche da sport invernali in età

Traumatologia da sport invernali in età pediatrica
a cura del Dr. Stefano Guidotti
La pratica di attività sportive sui campi da sci espone i più piccoli al rischio di lesioni traumatiche
che hanno caratteristiche del tutto diverse da quelle riscontrabili nel giovane e nell’adulto che
praticano la stessa attività.
La recente adozione obbligatoria in Italia del casco ha determinato una netta riduzione dei frequenti
e gravissimi traumi cranici che rappresentavano l’evento più drammatico sulle piste da sci.
Attualmente perciò le lesioni di più frequente riscontro colpiscono gli arti, sia superiori che
inferiori, e più raramente il torace e l’addome.
La struttura osteo-articolare del bambino è completamente diversa da quella dell’adulto e quindi la
risposta ad un insulto traumatico da luogo a conseguenze biologiche particolari, molto diverse
rispetto a quelle che si realizzerebbero in una strutturazione “definitiva” come quella dell’adulto.
Questa diversità accompagna e condiziona anche il tipo e la durata del trattamento e l’esito finale
che ci si può aspettare.
L’età specifica al momento dell’infortunio è molto importante perché le peculiarità delle lesioni
sportive sono tanto più marcate quanto più giovane è l’età del bambino, mentre nei soggetti
adolescenti le lesioni tendono ad assumere via via caratteristiche più assimilabili a quelle del
soggetto adulto.
E’ bene distinguere in traumatologia sportiva due tipi sostanzialmente diversi di danno: la lesione
acuta, dovuta ad un evento traumatico unico, concentrato nel tempo e che determina un danno
immediato, e la lesione cronica, determinata da un eccesso di attività (sovraccarico funzionale) ,
cioè conseguente a sollecitazioni abnormi o ripetute eccessivamente. Quest’ultime riguardano
ovviamente soggetti particolarmente impegnati in quella disciplina sportiva o che risiedono in
località montane e che quindi trascorrono molte ore al giorno per diversi mesi all’anno sulle piste da
sci. Non tratteremo in questo scritto delle lesioni croniche e faremo riferimento quindi solo a quelle
acute.
Per quanto riguarda i traumi acuti, la localizzazione del danno può essere a livello osseo, articolare
o muscolare.
Le lesioni ossee sono rappresentate dalle fratture, che costituiscono delle interruzioni della
continuità di un segmento osseo. In realtà nel bambino è possibile anche una lesione traumatica
senza una vera e propria interruzione: si tratta delle cosiddette “fratture a legno verde” delle
deformazioni plastiche in cui l’osso si deforma senza una rima di frattura completa. Tali lesioni
sono però tipiche del soggetto più giovane e a livello delle ossa più lunghe. Le fratture più frequenti
in ambito sciistico si localizzano a livello del polso, del gomito, della clavicola per l’arto superiore e
a livello della gamba per l’arto inferiore. Quelle del polso interessano usualmente la parte distale del
radio e dell’ulna, mentre quelle del gomito avvengono solitamente a livello dei condili omerali o
subito al di sopra di questi (sovracondiloidee). Le fratture di gamba possono interessare la tibia o il
perone isolatamente o entrambe, di solito nella parte diafisaria.
In linea di massima le differenze fra le fratture in età pediatrica e quelle dell’adulto si possono
riassumere in 4 punti:
1. la presenza nei bambini dei nuclei di accrescimento e delle cartilagini metafisarie rende
queste zone particolarmente vulnerabili ai traumi con possibili gravi ripercussioni sul futuro
accrescimento del segmento osseo interessato; talvolta c’è il distacco completo dei nuclei
apofisari su cui si inseriscono i ligamenti sollecitati dalle masse muscolari.
2. L’osso del bambino ha sicuramente maggiore elasticità e vitalità rispetto a quello
dell’adulto; questo determina la possibilità che si creino fratture “a legno verde” a livello
diafisario con integrità di parte del periostio, scarsa scomposizione della frattura, facilità di
riduzione della stessa e rapida guarigione.
3. L’elevata plasticità della struttura ossea permette uno straordinario rimodellamento delle
fratture nel tempo, soprattutto nei soggetti più piccoli, anche se lasciate con una certa
deformità angolare, fino a ristabilire, con la crescita residua, la normale conformazione
anatomica. Minore efficacia si riscontra invece nei difetti di rotazione assiale.
4. Per i motivi sopra elencati il trattamento è in genere conservativo, non chirurgico, e prevede
la riduzione della frattura (vale a dire il riallineamento dei monconi ossei) seguita da un
adeguato periodo d’immobilizzazione in gesso che risulta, specie sotto i 10 anni, in genere
molto più breve rispetto a quello che sarebbe richiesto in un adulto con una lesione analoga.
Le lesioni articolari sono rappresentate dalle lussazioni e dalle distorsioni. Le lussazioni sono rare
nel soggetto in accrescimento, in quanto un’azione traumatica trova meno resistenza nella
cartilagine metafisaria che non nei robusti legamenti e nelle strutture capsulari, per cui in genere
invece di una lussazione si verifica una frattura.
Con l’aumentare dell’età le lussazioni aumentano di incidenza, soprattutto a livello della spalla
(lussazione scapolo-omerale ed acromionclaveare) ed in soggetti predisposti per lassità
costituzionale e a livello del gomito.
Le distorsioni sono relativamente comuni, soprattutto a livello del ginocchio. Le distorsioni sono
classificate di tre gradi: il primo comporta lo stiramento capsulo-legamentoso, il secondo la rottura
parziale dei legamenti, il terzo la rottura completa. Fortunatamente le lesioni di terzo grado sono
rare nei bambini. Negli adolescenti aumenta progressivamente l’incidenza delle lesioni legamentose
del ginocchio, in particolare del legamento crociato anteriore. Talvolta queste richiederebbero un
trattamento chirurgico che, nel soggetto in accrescimento, è doveroso rinviare in età successiva alla
chiusura delle cartilagini. La maggior parte delle volte questa attesa si dimostra giustificata dal
buon risultato ottenuto con la terapia conservativa e l’accrescimento. Sempre a livello del
ginocchio, le lesioni dei menischi sono molto rare al di sotto dei 10-12 anni, a meno che non
insorgano in un menisco con anomalie morfologiche, come in un menisco discoide. Il trattamento
anche in questo caso è solitamente conservativo perché la maggiore vascolarizzazione del menisco
nel bambino al di sotto dei 10 anni, rispetto all’adulto, fa sì che un numero molto maggiore di
lesioni possa guarire spontaneamente o, in caso di necessità assoluta di intervento chirurgico, che
una sutura meniscale abbia buoni risultati senza ricorrere alla meniscectomia selettiva. Una lesione
tipica degli sport invernali è il cosiddetto “pollice dello sciatore” causato da una iperestensione
forzata del dito mentre si trova nella posizione tipica dello sciatore, che determina negli adolescenti
la rottura del suo legamento collaterale ulnare e nei bambini più piccoli una frattura della cartilagine
di accrescimento della falange prossimale.
Le lesioni muscolari consistono in stiramenti e contusioni, molto frequenti e di rapida risoluzione o
in strappi con conseguenti ematomi. Quest’ultimi sono senz’altro più rari che nell’adulto, per il fatto
che solitamente il danno si realizza a livello inserzionale dando luogo al distacco dell’apofisi ossea;
queste lesioni devono essere trattate adeguatamente perché possono esitare in miosite ossificante
proprio per la spiccata capacità di ossificazione dei tessuti tipica dell’età infantile.
Concludendo l’attività ludica e sportiva invernale rappresenta per i bambini un occasione di
possibili infortuni di gravità molto variabile che interessano prevalentemente, dopo l’adozione
obbligatoria del casco, gli arti superiori e inferiori. Nella maggior parte dei casi traumi e fratture in
età evolutiva non richiedono intervento chirurgico e si risolvono più rapidamente che nell’adulto.
Sono fortunatamente rari i postumi a distanza, sia per le capacità plastiche e di recupero funzionale
delle strutture osteocartilaginee che di quelle muscolari e capsulo-ligamentose. Lievi asimmetrie o
deviazioni angolari trovano miracolosamente la loro correzione spontanea nel progredire
dell’accrescimento, sotto la guida dello stimolo funzionale.
Talvolta è consigliabile una breve riabilitazione funzionale che risulta essere in ambiente acquatico,
specie all’inizio del percorso riabilitativo, particolarmente gradita e congeniale al piccolo paziente.
Il primo obiettivo è infondere nel bambino un senso di fiducia inizialmente attraverso attività
ludiche e di psicomotricità, allontanando il ricordo dei trattamenti subiti ( riduzione della frattura,
immobilizzazione, intervento ecc) per passare solo successivamente a trattamenti più specifici di
recupero della articolarità , del tonotrofismo muscolare e della propriocezione.
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