focus clinici

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FOCUS CLINICI
TAVOLE ORTOTTICHE
Le tavole ortottiche sono dette anche “tavole degli ottotipi”. Sono tavole su cui
sono stampate lettere dell’alfabeto, numeri, figure e disegni di oggetti (per i
bambini), ordinati in file e a grandezza decrescente dall’alto al basso.
Il soggetto viene invitato a leggere le lettere o a riconoscere le figure da una
distanza di circa 5 metri (distanza universalmente stabilita per l’effettuazione di
questa prova). Se il soggetto legge senza fatica tutti i caratteri, anche i più piccoli,
ha 10/10 di vista, mentre se non è in grado di leggere alcuni caratteri ha un deficit
del visus, che viene quantificato in base alla riga che legge con difficoltà (per
esempio, un paziente con visione alterata dei caratteri posti alla quarta riga ha
4/10 di vista). Queste tavole sono utilizzate per quantificare il deficit visivo e per la
prescrizione delle lenti e/o degli occhiali correttivi.
Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè
Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l.
FOCUS CLINICI
FUNDUS OCULI
Con il termine fundus oculi si classificano tutte le strutture che possono essere
osservate mediante oftalmoscopia e che appartengono alla retina (epitelio
pigmentato, retina propriamente detta, coroide, sclera e papilla ottica). Per
un’attenta valutazione del fondo dell’occhio è necessario dilatare la pupilla, con
l’instillazione endooculare di colliri midriatici.
Le alterazioni del fundus sono connesse a patologie oculari così come a patologie
sistemiche, quali il diabete mellito e l’ipertensione arteriosa, caratterizzata da tipiche
alterazioni delle arterie retiniche, diverse a seconda dello stadio di compromissione
della retina (per esempio, arterie a filo di rame, essudati cotonosi, emorragie a
fiamma ecc.). Non è un esame invasivo.
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CAMPO VISIVO COMPUTERIZZATO
Il campo visivo rappresenta quella parte di ambiente che ci circonda e che viene
perfettamente vista e percepita da un solo occhio. Un’alterazione del campo visivo
comporta la presenza di una o più aree retiniche patologicamente cieche, che
condizionano emianopsie, scotomi e amaurosi.
Per emianopsia si intende un deficit del campo visivo secondario a una lesione del
chiasma ottico, del lobo occipitale o temporale. A tal proposito si rammenta che le
fibre ottiche, provenienti dalla metà nasale della retina bilateralmente, si incrociano
a livello del chiasma ottico e quindi una lesione localizzata a sinistra comporta una
emianopsia destra (Fig. 1).
Lo scotoma è caratterizzato da un’area di cecità molto ridotta, mentre una lesione
del nervo ottico causa amaurosi, ovvero cecità nell’occhio corrispondente.
Per studiare la presenza e l’entità di queste alterazioni si ricorre al campo visivo
computerizzato, esame strumentale che testa la sensibilità retinica agli stimoli
luminosi puntiformi; a ogni occhio vengono inviati in sequenza stimoli puntiformi in
diverse aree del campo visivo; si ottiene così una sorta di mappatura della
sensibilità retinica.
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FIGURA 1
Vie ottiche viste dall’alto (sezione
trasversale). (Da: Widmaier et al., 2006.)
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GLAUCOMA
Il glaucoma è una patologia oculare secondaria a un’alterazione del deflusso
dell’umor acqueo all’interno dell’occhio, che si traduce in un aumento della pressione
endooculare. L’aumento pressorio causa una compressione del nervo ottico, con
degenerazione delle fibre nervose e deficit sensoriali.
Tale patologia può causare una riduzione del visus in forma lieve o grave, sino alla
cecità assoluta.
Si distinguono due forme di glaucoma, una primaria e una secondaria; quella
primaria, nell’adulto, può essere cronica ad angolo aperto o acuta/cronica ad angolo
chiuso. Il glaucoma secondario si manifesta in seguito a una patologia oculare
preesistente, quale uveite, cataratta evoluta o neoplasia.
Il glaucoma si manifesta con riduzione dell’acuità visiva, dolore, cefalea e
arrossamento oculare. La forma acuta è una vera e propria emergenza, poiché il
rischio di perdere la visione nell’occhio interessato è elevata; pertanto il paziente deve
essere immediatamente condotto al Pronto Soccorso oculistico per un trattamento
con diuretici (osmotici + inibitori dell’anidrasi carbonica) e colliri miotici. Il glaucoma
cronico viene trattato domiciliarmente con colliri miotici e con periodici controlli dei
valori della pressione endooculare. In casi selezionati è richiesto il trattamento
chirurgico.
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MUSCOLATURA OCULARE
La muscolatura oculare è costituita da muscoli intrinseci ed estrinseci, che consentono
i movimenti dei bulbi oculari, delle palpebre, l’accomodazione ecc. (Fig. 2). La
muscolatura intrinseca è rappresentata dal muscolo dilatatore dell’iride e dello sfintere
dell’iride e ciliare, mentre la muscolatura estrinseca è formata dai muscoli retti e
obliqui, innervati dal nervo oculomotore comune (III paio di nervi cranici) tranne due di
essi, il retto laterale (VI paio di nervi cranici) e l’obliquo superiore (IV paio).
Alcuni di questi muscoli sono tra loro antagonisti (per esempio, retto laterale e
mediale) e sono tutti posti sotto il controllo del sistema nervoso centrale (lobo frontale
e occipitale).
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FIGURA 2
Apparato muscolare dell’occhio. (Da: Widmaier et al., 2006.)
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VERTIGINE
La vertigine è un’anomala sensazione di rotazione, associata a perdita
dell’equilibrio e difficoltà alla deambulazione e allo spostamento nell’ambiente. Tale
sensazione può essere soggettiva, ovvero il paziente avverte se stesso in
movimento relativo rispetto all’ambiente, oppure oggettiva, per cui il paziente vede
ruotare l’ambiente intorno a sè.
La vertigine può derivare da lesioni o affezioni dell’orecchio interno (labirintite),
della porzione vestibolare del nervo acustico, dei nuclei o delle vie vestibolari, del
tronco encefalico o del cervelletto (per esempio, per ischemie, emorragie, masse
neoplastiche). I sintomi di accompagnamento sono caratterizzati da instabilità
motoria, nausea e vomito.
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ESAME AUDIOMETRICO
L’esame audiometrico è un esame che consente di determinare la sensibilità
dell’udito umano. Il soggetto, tramite delle cuffie, riceve toni puri di diversa
frequenza, sia alta che bassa, dopo essere stato posto in una camera silenziosa.
Viene testato prima un orecchio e poi l’altro e si ricerca la soglia uditiva per ogni
tono. Quando il soggetto percepisce il suono, accende una luce o fa un cenno con
la mano.
Per ogni frequenza, l’apparecchio è tarato a una soglia di frequenza di 0 decibel, in
base a valori di riferimento già acquisiti. Se il soggetto presenta una ipoacusia per
un determinato tono, l’entità corrispondente viene espressa dal numero di decibel di
cui è necessario aumentare lo stimolo sonoro, affinché questo possa essere udito.
La curva che si ottiene costituisce l’audiogramma. È possibile differenziare le
ipoacusie di trasmissione da quelle di percezione, stimolando direttamente le pareti
del labirinto osseo.
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