Galilei

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Galileo Galilei
Il metodo della nuova scienza
Pubblicazioni ed eventi importanti
1609
1610
1616
1623
Impiego del cannocchiale
Sidereus Nuncius - dedicato a Cosimo II De’ Medici, scritto in latino
primo richiamo del Santo Uffizio
Il Saggiatore, trattato filosofico-scientifico, scritto in volgare, dedicato a
Papa Urbano VIII [importante per il metodo]
1632 Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo,
tolemaico e copernicano - scritto in volgare
1633 Processo, abiura «con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e
detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore e
eresia […] contraria alla Santa Chiesa», e conseguente condanna
«al carcere formale in questo Santo Offizio ad arbitro nostro»
1638 Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a
due nuove scienze
I primi anni
Galileo nasce a Pisa il 15 febbraio 1564
Da Vincenzo di Michelangelo di Giovanni Galilei
(suonatore di liuto) e da Giulia di Cosimo di
Ventura degli Ammannati da Pescia
A 17 anni si iscrive al corso di laurea in medicina
dello Studio Pisano
Professore di matematica a Pisa 1589-92
Professore di matematica a Padova 1592-1610
In questi anni conosce Marina Gamba, da cui ha
tre figli.
Nel 1608 inizia a costruire per sè cannocchiali
Sidereus Nuncius
ANNUNCIO
ASTRONOMICO
CHE CONTIENE E SPIEGA
OSSERVAZIONI DI
RECENTE CONDOTTE
CON L'AIUTO DI UN
NUOVO OCCHIALE SULLA
FACCIA DELLA LUNA,
SULLA VIA LATTEA E LE
NEBULOSE, SU
INNUMEREVOLI STELLE
FISSE, E SU QUATTRO
PIANETI DETTI ASTRI
MEDICEI NON MAI FINORA
VEDUTI
Il Sidereus Nuncius
«Sono dieci mesi incirca, che pervenne a’ nostri orecchi un certo grido, esser
stato fabricato da un tal Fiamingo uno occhiale, per mezzo del quale gli oggetti,
benché assai distanti dall’occhio, si vedevan distintamente come se fussero
vicini; e di questo effetto invero ammirabile si raccontavano alcune esperienze,
le quali altri credevano, altri negavano. L ’ istesso pochi giorni dopo fu
confermato a me per lettera di Parigi da un tal Iacopo Badovero, nobil francese;
il qual avviso fu cagione che io mi applicai tutto a ricercar le ragioni ed i mezzi
per i quali io potessi arrivare all’invenzione di un simile instrumento: la quale
conseguii poco appresso, fondato sopra la dottrina delle refrazioni. E mi
preparai primieramente un cannone di piombo, nelle estremità del quale
accomodai due vetri da occhiali, amendue piani da una parte, ma uno dall’altra
convesso e l’altro concavo: al quale accostando l’occhio, veddi gli oggetti
assai prossimi ed accresciuti; poi ché apparivano tre volte piú vicini, e nove
volte maggiori, di quello che si scorgevano con la sola vista naturale. Dopo mi
apparecchiai un altro strumento piú esatto, che rappresentava gli oggetti piú di
sessanta volte maggiori. Finalmente, non perdonando a fatica né a spesa
alcuna, pervenni a tal segno, che me ne fabbricai uno così eccellente, che le
cose vedute con quello apparivano quasi mille volte maggiori, e piú che trenta
volte piú prossime, che vedute dall ’ occhio libero. Quali e quanti siano i
commodi ed usi di questo instrumento, cosí in terra che in mare, sarebbe
affatto superfluo il registrargli. Di che accortomi allora, lasciando le cose
terrene, mi rivolsi alle speculazioni celesti.»
Il cannocchiale strumento scientifico
«Ben è vero che le loro ragioni di dubitare sono molto frivole e puerili,
potendosi persuadere che io sia tanto insensato, che con lo
sperimentare centomila volte in centomila stelle e altri oggetti il mio
strumento, non vi abbia potuto o saputo conoscere quegl’inganni che
essi, senza averlo mai veduto, stimano avervi conosciuto; o pure che io
sia cosí stolido, che senza necessità alcuna abbia voluto mettere la mia
reputazione in compromesso e burlare il mio Principe. L’occhiale è
arciveridico, e i Pianeti Medicei sono pianeti, e saranno sempre, come
gli altri: hanno i loro moti velocissimi intorno a Giove, sì che il più tardo
fa il suo cerchio in 15 giorni incirca. Ho seguitato di osservargli, e
séguito ancora, se bene oramai per la vicinanza dei raggi del sole
cominceranno a non si poter vedere più per qualche mese. Questi che
parlano, doveriano (per fare il giuoco del pari) mettersi come ho fatto io,
cioè scrivere, e non commettere le parole al vento. Qua ancora si
aspettavano 25 che mi volevano scrivere contro; ma finalmente sinora
non si è veduto altro che una scrittura del Keplero, Mattematico
Cesareo, in confirmazione di tutto quello che ho scritto io, senza pur
repugnare a un iota: la quale scrittura si ristampa ora in Venezia, e in
breve V.S. la vedrà, sicome ancora vedrà le mie osservazioni molto più
ampliate e con le soluzioni di mille instanze»
Lettera a Matteo Carosi, 24 maggio 1610
Valore dell’osservazione
«Io scopersi pochi anni a dietro, come ben sa l’Altezza
Vostra Serenissima, molti particolari nel cielo, stati invisibili
sino a questa età; li quali, sí per la novità, sí per alcune
consequenze che da essi dependono, contrarianti ad
alcune proposizioni naturali comunemente ricevute dalle
scuole dei filosofi, mi eccitorno contro non piccol numero di
tali professori; quasi che io di mia mano avessi tali cose
collocate in cielo, per intorbidar la natura e le scienze. E
scordatisi in certo modo che la moltitudine de ’ veri
concorre all’investigazione, accrescimento e stabilimento
delle discipline, e non alla diminuzione o destruzione, e
dimostrandosi nell ’ istesso tempo piú affezzionati alle
proprie opinioni che alle vere, scorsero a negare a far
prova d’annullare quelle novità, delle quali il senso istesso,
quando avessero voluto con attenzione riguardarle, gli
averebbe potuti render sicuri»
Lettera a Cristina di Lorena Granduchessa di Toscana, 1615
Aristotele
«io internamente sono ammiratore di un tanto uomo, quale
è Aristotile. [..] Io stimo che l’esser veramente Peripatetico
consista principalissimamente nel filosofare conforme alli
aristotelici insegnamenti, procedendo con quei metodi e
con quelle mere supposizioni e principii sopra i quali si
fonda lo scientifico discorso. […] Tra queste supposizioni è
tutto quello che Aristotile ci insegna nella sua Dialettica,
attenente al farci cauti nello sfuggire le fallacie del
discorso.[…]
Se Aristotele tornasse al mondo, egli riceverebbe me tra i
suoi seguaci, in virtù delle mie poche contradizioni, ma ben
concludenti, molto più che moltissimi altri che, per
sostenere ogni suo detto per vero, vanno espiscando dai
suoi testi concetti che mai non li sariano caduti in mente»
Contro il principio di autorità
Galilei critica quelli che
«vogliono che il ben filosofare
sia il ricevere e sostenere
qual si voglia detto e proposizione scritta da Aristotele,
alla cui assoluta autorità si sottopongono, e per
mantenimento della quale si inducono a negare
esperienze sensate o a dare strane interpretazioni a’
testi di Aristotele»
Contro il principio di autorità
Galilei
– distingue l ’ atteggiamento originario di Aristotele e
quello della tradizione degli aristotelici suoi seguaci,
condannando il cieco dogmatismo della scuola
– smaschera l’aristotelismo contemporaneo che aveva
stravolto l ’ empirismo di fondo del pensiero del
maestro
– si riconosce peripatetico nella misura in cui aderisce
alla prospettiva di un metodo
– fa valere la determinazione dei principi e delle ipotesi
o postulazioni da cui muovere argomentativamente
– critica la tortuosa verbosità e la preconcetta
apologetica della tradizione peripatetica
Le due rivelazioni
«Procedendo di pari dal verbo divino la Sacra Scrittura e la
natura, quella come dettatura dello spirito santo, questa
come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio; ed
essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi
all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in
aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero
assoluto; ma all’incontro, essendo la natura inesorabile e
immutabile e nulla curante che sue recondite ragioni e
modi di operare sieno e non sieno esposti la capacità degli
uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle
leggi imposteli»
Le due rivelazioni
«Pare che quello de gli effetti naturali che o la sensata
esperienza ci pone innanzi agli occhi o le necessarie
dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno
esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura
ch’avesser parole diverso sembiante, poi che non ogni
detto della Scrittura è legato a obblighi così severi come
ogni effetto della natura».
Intenzione dello Spirito Santo essere
di insegnarci come si vadia in cielo, e
non come vadia il cielo
Le due rivelazioni
Galilei sostiene una dottrina che sembra una
variante della tradizionale visione tomista.
Non può esservi un conflitto tra la verità della
Scrittura e la verità della scienza, discendendo
entrambe dal Verbo divino.
Secondo Galilei non ci sono doppie verità, come
invece si credeva in ambiente aristotelicopadovano.
Linguaggio della scrittura, linguaggio della natura
Dio - Verbo
Linguaggio della scrittura
Linguaggio della natura
Convenzionale
Inesorabile e immutabile
Serve a persuadere gli
uomini e indurli alla
fede mediante un
linguaggio figurato e
allegorico
In caso di apparente
conflitto tra le parole della
Bibbia e la verità scientifica
occorre mettere in dubbio il
senso della scrittura (i cui
interpreti possono errare)
Le male interpretationi
Galilei vuole solo offrire una diversa lettura dei luoghi biblici
oggetto di contesa e confutare quindi “ le male
intepretationi” più comuni, da cui discende la presunta
inconciliabilità fra Sacra Scrittura e teoria copernicana. La
Bibbia non può mai mentire o errare, ma i suoi interpreti sì,
«non potendo noi con certezza asserire che tutti gli
interpreti parlino inspirati divinamente».
Secondo Galilei è evidente che
 occorre superare il mero dettato letterale
 la natura manifesta la sapienza divina nella propria
intrinseca, universale, ineludibile normatività
 il compito precipuo della Bibbia è delineare il percorso di
salvezza
 proprio il dettato biblico ha istanza veritativa più debole
La natura e il suo alfabeto
«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro
che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi
(io dico l’universo), ma non si può intendere se
prima non si impara a intender la lingua e a
conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son
triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza
i quali mezzi è impossibile a intenderne
umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto»
Il Saggiatore
La natura e il suo alfabeto
«Io veramente stimo il libro della filosofia esser quello che
perpetuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, ma perché
è scritto in caratteri diversi da quelli del nostro alfabeto, non
può esser da tutti letto; e sono i caratteri di tal libro
triangoli, quadrati, cerchi, sfere, coni, piramidi et altre figure
matematiche, attissime per tal lettura»
Lettere
Concludendo:
 la natura appare caotica solo a chi non ne conosce il
linguaggio
 in forza della sua testualità la natura sfugge ai rischi di
verbosa disputazione
 i suoi caratteri garantiscono univocità e sicurezza
dimostrativa
Il gran libro della natura
Il mondo fisico
– è intrinsecamente razionale
– è strutturato secondo schemi matematici
immanenti
– non rinvia ad archetipi trascendenti
– è ordinato
– è labirintico solo se si ignora il linguaggio
La meccanica
La meccanica per Galilei assicura un ponte tra il mondo
degli enti naturali ed artificiali e la razionalità dei modelli
matematici; la macchina si dispone nella natura
sfruttandone l ’ ordine a vantaggio dell ’ uomo; essa è
costruita conformemente ad un progetto meccanico che ha
i suoi fondamenti nella geometria.
Per evitare gli impacci accidentali della materia si deve fare
astrazione così da concepirla perfetta e inalterabile e
passibile di una elaborazione matematica rigorosa.
Rendendo via via più complesso l’universo astratto della
fisica matematica si giunge per approssimazione
all’universo effettivo.
La macchina
La macchina si presenta come materializzazione fisica del
disegno matematico.
L’idealizzazione del fenomeno fisico e la sua riduzione allo
schematismo geometrico garantiscono la sua intelligibilità.
Della matematica si accentua l ’ impronta ingegneristica
eliminandone i tratti mistici che ancora conservata in
contemporanei come Keplero.
Galilei è innovativo perché favorisce:
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una maggiore sensibilità per il progresso
una superiore disponibilità alla revisione
una prospettiva ad una concorso cooperativo tra ricercatori
una valutazione della scienza in chiave pratico-trasformativa
Essenze e fenomeni
«perché o noi vogliamo specolando tentar di penetrar
l’essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi
vogliamo contentarci di venir in notizia d ’ alcune loro
affezioni. Il tentar l’essenza, l’ho per impresa non meno
impossibile e per fatica non men vana nelle prossime
sustanze elementari che nelle remotissime e celesti».
Galilei rinuncia alla presunzione di conoscere l’essenza
degli enti naturali riconoscendo come campo adeguato di
indagine quello fenomenico, nel dominio delle affezioni.
Affezioni
passibili di misurazione e quindi
di elaborazione matematica
Qualità oggettive e qualità soggettive
Ne Il Saggiatore Galilei esibisce il suo orientamento
riduzionista concentrandosi sui fenomeni registrabili e
facendo astrazione da tutti gli aspetti soggettivi per fissare
gli elementi di oggettività.
Qualità primarie
Qualità secondarie
Figura, grandezza, posizione,
quantità di moto
Colore, sapore, odore
Intendere umano e intendere divino
«Il modo col quale Iddio conosce le infinite proposizioni,
delle quali noi conosciamo alcune poche, è sommamente
più eccellente del nostro, il quale procede con discorsi e
con passaggi di conclusione in conclusione, dove il suo è di
un semplice intuito: e dove noi per esempio per guadagnar
la scienza d’alcune passioni del cerchio, che ne ha infinite,
cominciando da una delle più semplici e quella pigliando
per sua definizione, passiamo con discorso ad un’altra, e
da questa alla terza, e poi alla quarta, ecc, l’intelletto
divino, con la semplice apprensione della sua essenza
comprende, senza temporaneo discorso, tutta l ’ infinità
delle passioni»
Mente umana e sapienza divina
Salviati: «Convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo
che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero
extensive: e che extensive, cioè quanto alla moltitudine degli
intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo,
quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille
rispetto all’infinità è come uno zero; ma pigliando l’intendere
intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè
perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano
ne intende alcune così perfettamente, e ne ha così assoluta
certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le
scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle
quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di più,
perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall ’ intelletto
umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza
obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la
quale non par che possa esser sicurezza maggiore»
Mente umana e nous divina
Per Galilei è evidente:
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l’inferiorità dell’intelligenza umana rispetto a quella divina
l’indisponibilità per l’uomo di eguagliare la conoscenza divina
lo scarto tra le possibilità conoscitive dell’uomo e quelle di Dio
il carattere discorsivo dell’intelligenza umana e quello intuitivo di
quella divina
la consapevolezza dei limiti, da cui può scaturire la potenza della
razionalità
che, qualitativamente, il pensiero dell ’ uomo in ambito
matematico può raggiungere quello divino
che la forza dimostrativa dell’intelletto umano è una qualità
speciale che avvicina l’uomo a Dio, per le cifre di necessità e
certezza di cui è dotato
la matematica è il ponte tra pensiero umano e pensiero divino
l’assenza di un abisso incolmabile tra uomo e Dio
L’assenza di un abisso tra uomo e Dio
«Or questi passaggi, che l’intelletto nostro fa con tempo e
con moto di passo in passo, l’intelletto divino, a guisa di
luce, trascorrere in un istante, che è l’istesso che dire, gli
ha sempre tutti presenti.
Concludo per tanto, l’intender nostro, e quanto al modo e
quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d’infinito
intervallo superato dal divino; ma non però l’avvilisco tanto,
ch’io lo reputi assolutamente nullo; anzi, quando io vo
considerando quante e quanto maravigliose cose hanno
intese investigate ed operate gli uomini, purtroppo
chiaramente conosco io ed intendo, esser la mente umana
opera di Dio, e delle più eccellenti»
Intendere intensive ed extensive
Intendere divino
Dio abbraccia in un solo sguardo istantaneo tutte le verità
Verità 1
Verità 2
Verità 3
Verità n
La mente umana coglie un numero finito di verità in successione
Intendere umano
Il metodo resolutivo
Simplicio: «Aristotele fece il principal suo fondamento sul discorso a
priori, mostrando la necessità dell’inalterabilità del cielo per i suoi
principi naturali, manifesti e chiari; e la medesima stabilì dopo a
posteriori, per il senso e per le tradizioni de gli antichi».
Salviati: «Cotesto è il metodo col quale egli ha scritta la sua dottrina,
ma non credo già che e’ sia quello col quale egli la investigò, perché io
tengo per fermo ch ’ e ’ procurasse prima, per via de ’ sensi,
dell ’ esperienze e delle osservazioni, di assicurarsi quanto fusse
possibile della conclusione, e che dopo andasse ricercando i mezi da
poterla dimostrare, perché così si fa per lo più nelle scienze
dimostrative; e questo avviene perché, quando la conclusione è vera,
servendosi del metodo risolutivo, agevolmente si incontra qualche
proposizione già dimostrata o si arriva a qualche principio per sè noto;
ma se la conclusione sia falsa, si può procedere in infinito senza
incontrar mai verità alcuna conosciuta, se già altri non incontrasse
alcun impossibile o assurdo manifesto».
Il metodo resolutivo
La dimensione osservativa è per Galilei fondamentale e
esprime l’esigenza di potenziare al massimo i sensi. Di
seguito teorizza l ’ astrazione, implicita nella matrice
aristotelica, che però puntava all ’ estrazione di una
essenza metafisica.
Per Galilei invece occorre procedere all’idealizzazione del
dato fenomenico e alla valorizzazione del ruolo della
immaginazione creativa.
Il metodo resolutivo è così strutturato:
– paziente riscontro empirico
– risoluzione da cui risalire
– spiegazioni del fenomeno osservato - metodo compositivo
Il metodo ipotetico-deduttivo
 Accurata osservazione e registrazione empirica
 Riduzione delle proprietà
elementi essenziali
osservate
agli
 Composizione
delle
implicite
relazioni
matematiche in un assunto ipotetico e
conseguenti deduzioni
 Analisi sperimentale di modelli o esempi del
fenomeno indagato per verificare l’ipotesi
L’esperimento mentale
«rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che
sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver
mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco in
gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi
anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia
vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta
bocca, che sia posto in basso […] voi non riconoscerete
una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da
alcuno di questi potrete comprender se la nave cammina o
pure sta ferma».
Dialogo sopra i due massimi sistemi
Principio di relatività dei moti
Osservatore A
Osservatore B
Il corpo si muove rispetto all’osservatore
A, mentre B - che si trova all’interno del
medesimo sistema e pure si muove - non
riesce a percepirne il moto
Corpo C
Sistema di moto rettilineo
uniforme in un tempo t1
Osservatore B
Corpo C
Sistema di moto rettilineo
uniforme in un tempo t2
Il principio di inerzia
Con questo principio Galilei neutralizza tutte le esperienze
che vanno contro il sistema copernicano delineando una
nuova configurazione della meccanica.
Il principio della relatività dei moti infatti stabilisce che, sulla
base di osservazioni meccaniche compiute all’interno di un
determinato sistema, è impossibile asserire se tale sistema
sia in quiete o in moto rettilineo uniforme.
Tanto la quiete quanto il moto sono due stati dei corpi,
sono cioè sullo stesso piano ontologico.
Il corpo è indifferente di fronte all’uno o all’altro di questi
due opposti stati. In assenza di resistenze esterne affinché
un corpo in moto sia arrestato è necessario l’intervento di
una forza.
Le stelle
«Ma poi, al di là delle stelle di sesta grandezza, si
scorgerà con il cannocchiale un così numeroso
gregge di altre, sfuggenti alla vista naturale, che
appena è credibile; è dato infatti di vederne di più
di quante ne comprendono le altre sei differenti
grandezze».
Sidereus Nuncius, 41
La Via Lattea
«È infatti la Galassia niente altro che una congerie
di innumerevoli stelle disseminate a mucchi; chè in
qualunque regione di essa si diriga il
cannocchiale, subito una ingente folla di Stelle si
presenta alla vista, delle quali parecchie si vedono
abbastanza grandi e molto distinte, ma la
moltitudine delle piccole è del tutto inesplorabile».
Sidereus Nuncius, 43
Gli ultimi anni di Galileo
L’addio di Galileo
«Ma haimè, Signor mio, il Galileo, vostro caro amico e
servitore, è fatto irreparabilmente da un mese in qua
del tutto cieco. Or pensi V. S. in quale afflizione io mi
ritrovo, mentre che vo considerando che quel cielo,
quel mondo e quell’universo che io con le mie
meravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni
avevo ampliato e cento e mille volte di più del
comunemente veduto dà sapienti di tutti i secoli
passati, ora per me s’è diminuito e ristretto chè non è
maggiore di quel che occupa la persona mia»
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