Gerbasi Bruno Fortunato Imma Romano Mariarosaria Abbiamo progettato una lezione sull’ atomo di Bohr rivolta ad un 5^ liceo scientifico. Si assumono come prerequisiti la conoscenza completa di: •Carica elettrica. Legge di Coulomb; •Campo elettrostatico; •Struttura dell’atomo; MATERIALE DIDATTICO •Libro di testo •materiale presente in classe •laboratorio di informatica per la ricerca multimediale ITINERARIO DIDATTICO Abbiamo scelto di introdurre l’argomento con un po’ di storia, per poi passare al “Mistero delle righe spettrali”. Ciò ha la finalità di far comprendere ai ragazzi uno dei motivi della nascita di questo modello. Successivamente diamo spazio ad una trattazione completa dell’atomo di Bohr. Infine concludiamo presentando i limiti del modello di Bohr e accennando quello che fu il suo superamento. OBIETTIVI Didattici… •Con l’uso delle immagini iconiche e delle simulazioni virtuali, si vuole presentare un aspetto alternativo alla presentazione dell’argomento che incida di più sull’apprendimento, in quanto si permette ai ragazzi di toccare con mano quanto è stato loro detto teoricamente; •La connessione interdisciplinare non deve mai venir meno, secondo noi, in un percorso didattico, ed è per questo che la nostra lezione non tralascia la storia inerente la nascita e lo sviluppo del nostro argomento; •Per sondare l’effettiva comprensione dell’argomento da parte dei ragazzi proponiamo loro , rifacendoci al modello del ciclo p.e.c., prove di previsione, esperimento, controllo ( sempre con l’ausilio dei siti internet). Generali… •apprendimento duraturo; •aula come laboratorio di fisica attraverso lavori di gruppo; •spirito di collaborazione tra i ragazzi. Un po’ di storia… La comprensione della struttura dell'atomo è senza dubbio agevolata da un percorso mentale che ricalchi quello storico, che ha condotto alla formulazione dell'attuale modello. L'evoluzione del modello atomico ha profondamente influenzato il pensiero scientifico e filosofico dell'ultimo secolo. Quando Dal ton agli inizi dell'800 ripropose l'antica idea della natura atomica della materia, l'atomo era concepito effettivamente secondo la sua accezione originale: quella di particella indivisibile. Per tutto il 19° secolo, l'atomo fu considerato come la particella ultima, priva quindi di una struttura interna, della quale i chimici non si erano neppure posti il problema. L'evoluzione del concetto di atomo si deve principalmente agli studi sulla corrente elettrica. La natura della corrente elettrica era all'epoca sconosciuta e la scoperta dei raggi catodici, una sorta di radiazione luminosa osservabile in un tubo a vuoto quando si faceva passare la corrente fra due elettrodi contenuti in esso, riaccese l'annosa disputa sulla natura ondulatoria o corpuscolare della luce. Alla fine dell'800, J.J. Thomson dimostrò che un campo elettrico era in grado di deviare i raggi catodici, portando sostegno all'ipotesi della loro natura corpuscolare. Con il suo esperimento, Thomson chiarì che i raggi catodici erano particelle cariche negativamente (elettroni) e riuscì perfino a misurarne il rapporto massa/carica. Gli studi di Thomson misero anche in evidenza l'esistenza di altre particelle, di carica opposta e di massa maggiore. Pochi anni dopo, Millikan riuscì a misurare con grande precisione la carica elettrica minima trasportata da una particella ( 10.6 x1019 Coulombs) e, di conseguenza, la massa delle particelle che costituiscono i raggi catodici: gli elettroni. La massa dell'elettrone risultava molto più piccola (1/1830) di quella dell'atomo più piccolo conosciuto, l'atomo di idrogeno. Le conseguenze delle scoperte di Thomson e di Millikan sono evidenti: l'atomo non era l'unico componente della materia. E' vero che si poteva ancora pensare che l'atomo fosse il componente elementare della materia e l'elettrone il componente elementare della carica elettrica, ma ben presto i rapporti di dipendenza fra le due particelle divennero evidenti , specialmente in seguito alla scoperta dell'effetto fotoelettrico. Thomson immaginò l'atomo come una sfera solida in cui le diverse particelle, positive e negative, occupavano un volume proporzionale alla loro massa. Un decisivo progresso nella comprensione della struttura dell'atomo derivò dall'esperienza di Rutherford (1911), che metteva in evidenza l'esistenza del nucleo. Bombardando un sottilissimo foglio metallico (una lamina d'oro dello spessore di circa 10 mila atomi) con particelle (atomi di elio ionizzati), Rutherford si accorse che la maggior parte di queste attraversavano la lamina indisturbate, e solo alcune venivano deviate (come conseguenza della repulsione elettrostatica). Tutto ciò suggeriva che la maggior parte della massa, con carica positiva, era condensata in un nucleo di dimensioni molto ridotte rispetto alle dimensioni dell'atomo. Rutherford calcolò che i rapporto tra il diametro dell'atomo ( 108 cm) e quello del nucleo ( 10 12 cm) era circa 10 mila. Nasceva così il cosiddetto modello planetario dell'atomo: un nucleo carico positivamente al centro, con gli elettroni in orbita intorno ad esso. Il modello atomico di Rutherford, pur rappresentando un notevole balzo in avanti, ebbe comunque vita breve, in quanto non si accordava con altre osservazioni sperimentali: soprattutto non era in grado di giustificare la stabilità degli atomi. Secondo le leggi dell'elettromagnetismo, una carica elettrica in movimento irradia energia sotto forma di radiazione elettromagnetica, e l'elettrone, dotato di carica elettrica, nella sua orbita intorno al nucleo avrebbe dovuto perdere continuamente energia e finire col cadere sul nucleo. La contraddizione del modello atomico planetario di Rutherford venne risolta nel 1913 dal fisico danese Niels Bohr. L'intuizione di Bohr fu semplicissima. Egli postulò "l'inadeguatezza della elettrodinamica classica a descrivere il comportamento di un sistema di dimensioni atomiche". Ciò non era altro che l'accettazione di un dato sperimentale, non confutabile e non ancora spiegabile. Preso atto dell'inadeguatezza della elettrodinamica classica, nel descrivere l'atomo di idrogeno, fece l'assunzione che "non vi è emissione di energia quando l'elettrone si trova in una particolare orbita stazionaria", definita da un determinato diametro. Dall'analisi della radiazione emessa e assorbita da un atomo, è possibile capire come è fatto l'atomo stesso? Ecco un paio di considerazione derivate dagli esperimenti dell'epoca. 1. Nel caso del sodio, lo spettro di emissione è uguale allo spettro di assorbimento. Questo però è vero solo se ci si limita ad osservare la parte dello spettro che corrisponde alla luce visibile. Più in generale, si trova che lo spettro di emissione è più ricco dello spettro di assorbimento, cioè mostra le stesse righe dello spettro di assorbimento più altre righe ancora; 2. Anche se la radiazione che incide sull'atomo ha solo frequenze ν maggiori di una certa frequenza ν1, lo spettro di emissione dell'atomo può mostrare righe a frequenze minori di ν1. 3. Se applichiamo una differenza di potenziale a due elettrodi in un tubo di vetro contenente idrogeno gassoso a bassa pressione, è possibile esaminare mediante uno spettrografo lo spettro dell'idrogeno, che può essere registrato su una lastra fotografica. La registrazione appare costituita da una serie di righe. Ciò significa che l'idrogeno è capace di emettere NON una gamma CONTINUA di frequenze (come farebbe invece un corpo incandescente), ma un NUMERO LIMITATO DI DETERMINATE FREQUENZE. Ad ognuna delle righe dello spettro corrisponde una certa energia. La relazione fra Energia e lunghezza d'onda rappresentò un problema di difficile soluzione per i fisici della fine dell'800, finché Max Planck formulò la nota equazione: E nh Il fisico danese Bohr dimostrò che questi fatti erano compatibili con una struttura dell'atomo diversa da quella prevista dalla fisica classica. Vediamo le ipotesi di Bohr. Prima ipotesi: la configurazione elettronica di un atomo (non ionizzato) prevede soltanto un insieme discreto di energie possibili, dette livelli energetici dell'atomo Seconda ipotesi: l'emissione di radiazione o di assorbimento da parte di un atomo ha luogo solo quando l'atomo passa da uno stato di energia En a uno stato di energia Em. In questo caso la frequenza ν della radiazione è legata al salto energetico dalla formula n,m En Em / h nella quale h è una costante (costante di Plank) che vale 6, 6 1027 erg . Consideriamo un atomo di idrogeno: secondo il modello di Rutherford esso è formato da un nucleo dotato di carica positiva uguale in grandezza a quella dell’unico elettrone che gli ruota intorno. La forza responsabile di questo moto è quella elettrica con cui il nucleo e l’elettrone si attraggono, quindi: (1) 2 2 0 F e / 4 r Ove e indica la carica dell’elettrone e quindi anche del nucleo ed r la distanza nucleo-elettrone. Poiché la forza F espressa dalla (1) è dello stesso tipo della forza gravitazionale che determina il moto dei pianeti intorno al Sole, concludiamo che il moto dell’elettrone intorno al nucleo è dello stesso tipo. Ne risulta che la traiettoria dell’elettrone intorno al nucleo dovrebbe essere ellittica. Come prima approssimazione, per semplificare i calcoli, supponiamo che sia circolare. Se m è la massa dell’elettrone, a l’accelerazione centripeta e v la velocità, si ha : (2) 2 F ma mv / r Il segno meno delle (1) e (2) indica che sia la forza agente sull’elettrone, sia la sua accelerazione sono dirette verso il centro del nucleo. Dalle (1) e (2) segue e 2 / 4 0 r 2 mv 2 / r da cui: (3) e2 / 4 0 r mv 2 Il potenziale del campo elettrico generato dal nucleo a distanza r da esso è: (4) V e / 4 0 r e quindi l’energia potenziale dell’elettrone assume la forma : (5) U e 2 / 4 0 r Tenendo presente che l’elettrone possiede anche l’energia cinetica mv 2 possiamo /2 concludere che la sua energia totale è: U t (mv 2 / 2) e2 / 4 0 r e per la (3) : (6) U t e / 8 0 r 2 Trascurando l’energia equivalente alle masse a riposo del nucleo e dell’elettrone e supponendo che il nucleo sia fermo, la (6) esprime l’energia totale del sistema atomico, energia che a causa del segno negativo aumenta all’aumentare della distanza r nucleo-elettrone. Ciò deriva dal fatto che l’elettrone è legato al nucleo e per liberarlo occorre fornirgli una certa quantità di energia, detta energia di legame. A questo punto, prima di procedere oltre con la teoria, accenniamo alla logica seguita da Bohr nel quantizzare le orbite descritte dall’elettrone intorno al nucleo dell’atomo di idrogeno. Ogni qualvolta un atomo viene eccitato emette radiazioni caratterizzate da “particolari” frequenze: ciò deve essere connesso con un processo di assorbimento selettivo caratterizzato pure da “particolari” valori energetici. Questa considerazione richiama subito il concetto di discontinuità insito nella dottrina dei quanti, dove tale termine sta ad indicare i piccoli salti discreti compiuti dagli elettroni per cambiare energia. Il modo più semplice di considerare lo stato energetico di un atomo è allora quello di limitare i movimenti degli elettroni intorno al nucleo, nel senso che ogni particella può descrivere solo certe “particolari” orbite definite, fisse e distanziate, a ognuna delle quali deve corrispondere un “particolare” valore dell’energia. La selettività che si riscontra nei processi di emissione è così direttamente connessa con la selettività dei processi di assorbimento: ogni atomo di una data sostanza può assorbire solo delle quantità di energia che forniscono all’elettrone la giusta dose energetica per farla saltare ( le cosiddette transizioni) da un’orbita interna a una più esterna. Essa (l’elettrone) può trovarsi solo su un “particolare” gradino (orbita) o su un altro, ma non può stare a mezza strada fra due gradini. La quantizzazione delle orbite e quindi quella dell’energia, possono essere analiticamente espresse postulando che gli elettroni debbono ruotare intorno al nucleo solo su quelle orbite per cui il momento della quantità di moto rispetto al nucleo è multiplo di h=h/2π. Poiché il momento della quantità di moto dell’elettrone è mvr, sono permesse solo quelle orbite di raggio r tale che : (7) mvr=nh/ 2π con n=1,2,3,… Ricavando v dalla (7) e sostituendo nella (3) si ottiene: (8) r n 2 h 2 0 / me 2 Dalla precedente si deduce che il raggio delle orbite risulta quantizzato, nel senso che non può assumere un valore qualsiasi, ma solo quelli che corrispondono secondo la (8) a valori interi del numero n, che così rappresenta il numero quantico principale. Sostituendo nella (8) i valori numerici delle costanti e ponendo n=1, si ottiene il raggio r1 della prima orbita di Bohr. Dalla (8) discende ancora che il raggio rn dell’orbita corrispondente al numero quantico n è rn n 2 r1 , cioè i raggi sono proporzionali al quadrato del numero quantico n. Sostituendo l’espressione del raggio r nella (6) si ha : (9) U t me 4 / 8 0 2 h 2 n 2 cioè l’energia, quantizzata al pari del raggio, è in valore assoluto inversamente proporzionale al quadrato di n. I valori dell’energia che corrispondono a quelli del numero quantico n rappresentano ciò che abbiamo chiamato i livelli di energia. Il fatto che l’energia è quantizzata si esprime anche dicendo che i livelli energetici formano un insieme discreto. Il livello più basso si ottiene dalla (9) per n=1. Sempre in base alle ipotesi di Bohr le orbite, quantisticamente possibili, sono stazionarie, nel senso che per un dato livello energetico, corrispondente a una data orbita, l’elettrone non irradia e quindi l’energia che ad esso compete si mantiene costante. Solo quando un elettrone passa da un livello energetico a un altro si ha una variazione del contenuto energetico del sistema. In particolare, se questa transizione avviene da un’orbita più esterna, corrispondente a un livello eccitato, a un’ orbita più interna, l’atomo emette un fotone la cui energia hν è pari alla differenza fra l’energia E1 dello stato iniziale eccitato e quella E2 dello stato finale. La frequenza ν della radiazione emessa si ricava perciò dalla relazione : h E1 E2 Logicamente, nel caso di un passaggio inverso, l’atomo deve assorbire dall’esterno un quanto d’energia pari ad h ν. Le frequenze previste dalla (10) si possono teoricamente determinare mediante le energie degli stati stazionari espressi mediante la (9). •www.mi.infn.it/~phis2000/quantumzone/bohr.html; ww2.unime.it/dipart/i_fismed/wbt/ita/bohr/bohr_ita.htm •www.mi.astro.it La teoria di Bohr sulla struttura dell'atomo di idrogeno (e di tutte le altre specie monoelettroniche) ebbe un enorme successo e inizialmente si ritenne che fosse in grado di prevedere i livelli energetici possibili per tutti gli atomi. Ben presto tuttavia ci si accorse che l'estensione della teoria ad atomi con 2 o più coppie di elettroni contrastava con i risultati sperimentali e l'accordo, nel migliore dei casi era solo qualitativo. Il modello di Bohr, nonostante il postulato quantistico introdotto, restava un sistema sostanzialmente classico, rappresentato da due particelle soggette a forze di natura classica, Si conservava l'idea di una ben definita orbita dell'elettrone, la cui posizione e velocità potevano essere determinate in qualsiasi istante. Fu soprattutto il principio di indeterminazione di Heisenberg a decretare la definitiva inadeguatezza dell'atomo di Bohr, ma questa è un’altra storia…