Le società di capitali: l’organo di gestione e i sistemi di controllo. Milano – Reggio Calabria, 25 - 26 maggio 2012 Premessa Nella presentazione che segue si analizzeranno i doveri e le responsabilità degli organi di amministrazione e di controllo delle società di capitali. Per comodità di esposizione si è tenuto conto del sistema tradizionale, composto da Consiglio di Amministrazione o Amministratore Unico, quale organo di gestione, collegio sindacale, quale organo di controllo sulla gestione, revisore e società di revisione, quale organo di controllo contabile. I principi esaminati devono, tuttavia, ritenersi validi anche per gli organi di amministrazione e controllo dei sistemi monistico e dualistico, in virtù dell’espresso rinvio operato dal legislatore alle disposizione in materie dettate per il sistema tradizionale. 2 :L’amministrazione della società: l’ art. 2380 bis c.c. “La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Solo gli amministratori hanno il compito della gestione sociale: essi devono compiere tutte le operazioni necessarie per il raggiungimento dell’oggetto sociale. L’attività gestionale di esplica nel: POTERE DI INIZIATIVA: gli amministratori promuovono l’attività deliberativa dell’assemblea POTERE ESECUTIVO: gli amministratori danno esecuzione alle delibere assembleari POTERE DECISIONALE: gli amministratori deliberano sugli atti di gestione dell’impresa POTERE DI RAPPRESENTANZA: gli amministratori manifestano all’esterno la volontà sociale, agendo in suo nome e per suo conto. 3 L’amministrazione della società: l’ art. 2380 bis c.c. Gli amministratori godono di una competenza gestionale piena ed esclusiva, che può trovare limitazioni solo in apposite previsioni di legge o di statuto. Il depotenziamento del ruolo dell’assemblea dei soci è controbilanciato da alcune previsioni : • OBBLIGO DI DISCLOSURE – previsto in capo agli amministratori in tema di deleghe di funzioni,art. 2381,ult. co., c.c., e conflitto di interesse, art. 2391 c.c.. • POTERE DI IMPUGNATIVA – delle delibere del CdA lesive dei diritti della società e dei soci. • AZIONE DI RESPONSABILITA’ – nei confronto degli amministratori da parte della società e dei soci (riconosciuta anche ad una minoranza di essi) 4 L’amministrazione della società: l’ art. 2380 bis c.c. Si discute se gli amministratori possano, di propria iniziativa, rimettere all’assemblea la deliberazione di atti o questioni relativi alla gestione sociale, o richiedere quanto meno pareri alla stessa. Lo statuto può infatti conferire all’assemblea un potere autorizzativo in relazione a determinati atti attinenti alla gestione sociali. Tale potere, tuttavia, non consente di esonerare gli amministratori da responsabilità per le operazioni compiute, stante la loro competenza esclusiva in materia gestionale e la libertà o meno di compiere l’operazione eventualmente autorizzata. 5 Il Consiglio di Amministrazione Il potere di gestione può essere affidato ad un Amministratore Unico oppure a più persone che costituiscono un Consiglio di Amministrazione. Massima n. 100 Notai Milano: è legittima la clausola statutaria di s.p.a. o di s.r.l. che preveda la possibilità di nominare alla carica di amministratore una o più persone giuridiche o enti diversi dalle persone fisiche (“amministratore persona giuridica”), salvi i limiti o i requisiti derivanti da specifiche disposizioni di legge per determinate tipologie di società. Ogni amministratore persona giuridica deve designare, per l’esercizio della funzione di amministratore, un rappresentante persona fisica appartenente alla propria organizzazione, il quale assume gli stessi obblighi e le stesse responsabilità civili e penali previsti a carico degli amministratori persone fisiche, ferma restando la responsabilità solidale della persona giuridica amministratore. Le formalità pubblicitarie relative alla nomina di amministratore sono eseguite nei confronti sia dell’amministratore persona giuridica che della persona fisica da essa designata. 6 Il Consiglio di Amministrazione Consiglio di Amministrazione agisce secondo il metodo collegiale. Il significato e la funzione del metodo collegiale con cui agisce il CdA è quello di deliberare previa convocazione – riunione – discussione – voto. Il carattere collegiale determina la nullità di eventuali clausole statutarie che prevedono un sistema di amministrazione congiuntiva ovvero disgiuntiva e delle delibere del CdA che attribuiscano disgiuntamente a tutti gli amministratori poteri di ordinaria e di straordinaria amministrazione. Massima H.C.8 Notai Triveneto: Non è ammissibile il voto per corrispondenza nel Consiglio di Amministrazione di s.p.a.. Infatti il voto per corrispondenza costituisce una deroga “eccezionale” al metodo collegiale, che può essere ammesso solo in presenza di espressa disposizione normativa. Ma per il C.d.A. non esiste una norma collegiale analoga a quella (art. 2370, 3° co., c.c.) dettata per le assemblee. Anzi mentre l’art. 2370, 3° co., c.c., per le assemblee prevede congiuntamente sia l’intervento con mezzi di telecomunicazione che il voto per corrispondenza, l’art. 2388, 1° co., c.c., prevede solamente l’intervento con mezzi di telecomunicazione. Ne si può affermare che ciò che vale per l’Assemblea possa valere anche per il C.d.A. posto che per l’Assemblea è ammesso il voto per rappresentanza mentre ciò è espressamente vietato per il C.d.A. 7 Il Consiglio di Amministrazione Non esistono limiti al numero degli amministratori. Solitamente lo statuto non prevede un numero minimo ed un numero massimo e la determinazione spetta all’assemblea. E’ legittimo che il CdA deleghi alcune delle proprie funzioni ad uno o più organi delegati. In caso di una pluralità di organi delegati è invece legittimo che lo statuto preveda che essi possano operare “congiuntamente” ovvero “disgiuntamente”. Il CdA può sempre impartire direttive agli organi delegati ed avocare a sé operazioni rientranti nella delega. 8 Il Presidente del CdA: l’art. 2381 c.c. Il CdA ha il potere di scegliere tra i suoi membri il Presidente, qualora questi non sia stato già nominato dall’Assemblea. Il Presidente del CdA non ha poteri gestionali, bensì ha il compito di far funzionare il Consiglio di Amministrazione in modo efficiente. Cosa significa assicurare il buon funzionamento del Consiglio: convocare il CdA e fissare l’ordine del giorno delle relative riunioni fornire adeguata informazione in merito agli argomenti che saranno trattati coordinare lo svolgimento dei lavori coordinarsi con gli organi delegati e richiedere le dovute informazioni Il Presidente ha inoltre la rappresentanza, anche processuale, della società. 9 Gli organi delegati Il rapporto tra CdA e organi delegati ha costituito oggetto di particolare attenzione per il legislatore della Riforma, il quale ha innovato la precedente disciplina, caratterizzata dall’assenza di regole e, quindi, da un vuoto che avrebbe dovuto esser coperto dall’autonomia dei soci. Il CdA può delegare in tutto, nei limiti dell’art. 2381, comma 2, c.c., o in parte, le proprie funzioni a singoli propri componenti o a gruppi dei suddetti componenti (amministratori delegati o comitati esecutivi). La nomina e la revoca dei delegati è riservata al Consiglio, in quanto espressione dell’esercizio di una sua facoltà. La revoca dell’incarico ai delegati comporta soltanto la loro restituzione a “rango” di semplici componenti del CdA e non anche la perdita di tale carica, che è stata conferita loro dall’assemblea e ad essa soltanto compete revocarlo. 10 Gli organi delegati Se lo Statuto e l’Assemblea lo consentono, il CdA può delegare determinate funzioni ad un comitato esecutivo o ad uno o più amministratori delegati. Qualora siano presenti sia un comitato esecutivo che uno o più amministratori delegati, deve escludersi una sovraordinazione del primo organo rispetto al secondo, trattandosi di organi paritetici. L’attività di delega rientra tra gli atti di gestione. Ciò significa che: Il CdA può sempre revocare la delega, anche senza giusta causa. La delega non esime da responsabilità il CdA che è sempre sovraordinato alla delega. Può infatti impartire direttive al delegato, avocare a sé operazioni rientranti nella delega, impedire gli atti oggetto di delega. 11 Gli organi delegati I delegati devono: • curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Deve cioè: provvedere all’organizzazione dell’impresa nel suo complesso, coordinando le funzioni e i compiti di ciascuna unità operativa con le altre; provvedere al coordinamento della struttura amministrativa; organizzare la contabilità e raccordare il relativo ufficio con la produzione e la distribuzione. • riferire con una frequenza non superiore a 180 giorni al Consiglio sull’andamento generale della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione. • riferire con la stessa frequenza al Consiglio sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche. 12 Gli organi delegati Il Consiglio non può limitarsi a ricevere la notizie inviategli, ma deve: valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile realizzato dai delegati comunicare a questi l’esito di questa valutazione e, secondo i casi, invitare alla modifica o miglioramento dell’organizzazione stessa. Deve, inoltre, valutare il generale andamento della gestione, sul quale i delegati periodicamente lo informano, esprimendo, di conseguenza l’esito della valutazione stesso. “Gli amministratori deleganti hanno un costante potere – dovere di controllo sugli organi delegati in ragione del fatto che questi operano per conto dell’organo collegiale e che quindi devono uniformarsi a ogni direttiva di questo”. Corte App. Roma, 12 giugno 2006. 13 La diligenza e la responsabilità dei delegati La diligenza dei delegati, amministratori singoli e comitati esecutivi, deve essere quella che l’art. 2392, primo comma, c.c. prescrive per tutti gli amministratori, sia quali componenti di consigli di amministrazione, sia come amministratori unici, sia come amministratori delegati. Essi devono adempiere i doveri propri, imposti dalla legge o dallo statuto, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e proporzionata alle loro specifiche competenze in rapporto al settore in cui opera l’impresa. Nella responsabilità dei delegati possono essere coinvolti anche i componenti del CdA che li abbiano nominati. Tuttavia, la diversità dei doveri determina una responsabilità dei consiglieri delegati diversa da quella dei deleganti. 14 Il potere di rappresentanza: l’art. 2384 c.c. Il potere di rappresentanza è il potere di manifestare nei confronti dei terzi la volontà sociale, cioè il potere di obbligare la società nei confronti di terzi. Lo statuto indica la carica sociale alla quale è riconosciuta il potere di rappresentanza, generalmente individuata nel Presidente del CdA e nell’Amministratore Delegato. E’ bene sottolineare che l’ampiezza dei poteri di gestione può non coincidere con quella dei poteri di rappresentanza, trattandosi di due poteri ben distinti. Il potere di rappresentanza è GENERALE ed INDEROGABILE, e si estende a TUTTI gli atti compiuti dagli amministratori muniti di rappresentanza. Di fatto, gli amministratori che ne sono investiti possono compiere qualsiasi atto di ordinaria e straordinaria amministrazione, funzionale all’attuazione dell’oggetto sociale. Ne consegue che il potere di rappresentanza non è soggetto al limite degli atti estranei all’oggetto sociale (a differenza del potere di gestione) 15 I requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza: l’ art. 2387 c.c. L’art. 2387 c.c. prevede che lo Statuto possa subordinare l’assunzione della carica di amministratore alla presenza dei seguenti requisiti: indipendenza onorabilità professionalità La norma deve dunque essere interpretata come una sollecitazione del legislatore a migliorare il livello dei consigli di amministrazione. Per indipendenza si intende l’insensibilità a condizionamenti interni ed esterni e l’attitudine a perseguire esclusivamente l’oggetto sociale. Per onorabilità si intende l’insussistenza di condanne penali per causa diverse da quelle indicate dall’art. 2382 c.c. (si tratta di situazioni che pongono in serio dubbio che si tratti di persone rispettabili). Per professionalità si fa riferimento a titoli e qualifiche necessarie per rivestire la carica di amministratore (es. Iscrizione agli albi, curriculum, insegnamento di specifiche materie). 16 Il conflitto di interessi dell’amministratore: l’art. 2391 c.c. L’art. 2391 c.c. conferisce particolare risalto al principio della trasparenza societaria. Impone infatti a ciascun amministratore di dichiarare agli altri amministratori e ai sindaci ogni interesse, diretto e indiretto che essi possono avere in una determinata operazione societaria, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata. Con la Riforma sono scomparsi: il riferimento al conflitto quale elemento qualificante la fattispecie; l’obbligo di astensione dalla votazione per l’amministratore interessato. La norma, rispetto al passato, amplia i doveri di comunicazione dei consiglieri. Questi ha l’obbligo di darne comunicazione ad assemblea e sindaci non solo quando il suo interesse è in “conflitto” con quello della società, ma anche nel caso in cui egli abbia un “interesse in una determinata operazione”. Non è necessario che l’interesse di cui si discute sia in conflitto con l’interesse sociale. 17 Il conflitto di interessi dell’amministratore: l’art. 2391 c.c. L’amministratore interessato può partecipare alla votazione. L’amministratore delegato deve astenersi dal compimento dell’operazione e, al contempo, investire della decisione l’intero CdA. L’amministratore unico deve dare notizia dell’interesse di cui è portatore all’assemblea e al collegio sindacale, alla prima seduta utile. In presenza di un interesse dichiarato da uno di questi amministratori, il consiglio deve assumere la decisione motivandola con una dichiarazione di interesse, accompagnata da una “adeguata” illustrazione degli elementi utili alla valutazione dell’operazione. 18 Il conflitto di interessi dell’amministratore: l’art. 2391 c.c. In caso di violazione dell’obbligo di dichiarazione degli amministratori e di quello di motivazione del consiglio, le delibere che arrechino un danno alla società possono essere impugnate da tutti gli amministratori, anche consenzienti, e dai sindaci entro 90 giorni dalla data della deliberazione. Diversamente, nel caso di delibera adottata nel rispetto del principio di trasparenza, laddove il voto dell’amministratore interessato sia stato determinante nell’assunzione della decisione, soggetti legittimati sono solo gli amministratori che non hanno partecipato alla formazione della delibera e i sindaci, entro 90 giorni. 19 I vantaggi compensativi. La dottrina si divide circa l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 2391 c.c. anche agli amministratori di società appartenente a un gruppo, i quali, nel perseguire un vantaggio per la holding o per una “consorella”, sacrifichino l’interesse della società di cui sono amministratori. Con la locuzione vantaggi compensativi si intendono i benefici che una società è in grado di ottenere in conseguenza della sua appartenenza ad un più ampio gruppo di imprese e che, in quanto tali, possono quindi neutralizzare il pregiudizio ad essa arrecato da un’operazione effettuata a vantaggio del gruppo. I vantaggi compensativi derivanti dall’appartenenza della società a un gruppo escludono la responsabilità dell’amministratore. 20 Il collegio sindacale: l’art. 2403 c.c. Dopo la riforma del diritto societario si è potenziato il ruolo e la responsabilità del collegio sindacale, rafforzando l’esercizio della funzione di controllo aziendale e gestionale. Si è inoltre provveduto a separare il controllo contabile dal controllo di gestione. Lo svolgimento di entrambe le funzioni da parte del collegio sindacale è una possibilità riservata alle società non quotate e non tenute al bilancio consolidato. (art. 2409 bis, comma 3). FUNZIONE DEL COLLEGIO: il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società ed sul suo corretto funzionamento (art. 2403 c.c.) 21 Il collegio sindacale. Il collegio sindacale “esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dell’art. 2409 bis c.c.” “Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale (art. 2409 bis c.c.). “Negli enti di interessere pubblico, nelle società controllate da enti di interesse pubblico, nelle società che controllano enti di interesse pubblico e nelle società sottoposte con questi ultimi a comune controllo, la revisione legale non può essere esercitata dal collegio sindacale (art. 16, comma 2, D.Lgs. 39/2010). 22 Il collegio sindacale: la nomina e i requisiti professionali dei sindaci I primi sindaci sono nominati dall’atto costitutivo. I successivi sono nominati dall’assemblea. Il presidente del collegio è nominato dall’assemblea e non ha poteri di rappresentanza. Il collegio si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti. Almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori legali iscritti nell’apposito registro. I restanti membri, se non iscritti in tale registro, devono essere sceltri fra gli iscritti negli albi professionali individuati con decreto dal Ministero della Giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche e giuridiche. 23 I doveri dei sindaci Alla eliminazione del controllo contabile fa da contrappeso la specificazione dei compiti di controllo del collegio sindacale. Sono compresi nei compiti indicati dall’art. 2403 c.c. il controllo di legalità e la vigilanza sulla amministrazione della società. Quest’ultima si sostanzia nella verifica del rispetto dei principi di corretta amministrazione, in particolare dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e del suo corretto funzionamento. Pertanto, i compiti attribuiti al collegio sindacale includono la sorveglianza sull’organizzazione societaria, il sistema di controllo interno, il suo funzionamento concreto e la vigilanza sulla legalità della attività svolta dagli amministratori. 24 I doveri dei sindaci I sindaci verificano che l’attività di gestione sociale venga svolta nell’interesse della società, che sia diligente ed informata e non sia avventurosa. A tal fine i sindaci vigilano sull’adeguatezza delle strutture organizzative e sull’effettiva operatività di queste strutture. Non si tratta quindi solo di un controllo sugli amministratori ma anche sull’idoneità e il funzionamento delle strutture che da questi dipendono. 25 I doveri dei sindaci Tradizionalmente si distinguono tre momenti delle attività di controllo esercitate dai sindaci: 1. La fase ricognitiva o ispettiva: ha la finalità di raccogliere le informazioni sulla situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società, per poi consentire ai sindaci di esprimere un giudizio sulla gestione della società. All’inizio del mandato il collegio sindacale deve acquisire la conoscenza della struttura organizzativa – aziendale che è tenuto a vigilare in considerazione dell’oggetto sociale, del settore dell’attività, del mercato in cui opera, delle dimensioni e delle prospettive di medio periodo. Dovrà altresì conoscere l’organigramma e il sistema delle deleghe e, nel corso del mandato, effettuare un’adeguata verifica della tipologia dei controlli insiti nelle procedure di funzionamento dell’azienda e della loro capacità di rilevare errori e irregolarità. 2. La fase valutativa. 3. La fase comminatoria o di intervento attivo: è tesa a reagire contro gli atti e le omissioni degli amministratori pregiudizievoli per la società; essa si realizza attraverso la denuncia agli organi competenti per le irregolarità riscontrare. 26 I doveri dei sindaci. Percorsi giurisprudenziali. “I sindaci devono assolvere i loro compiti in modo da corrispondere all’interesse della società che li ha nominati (nonché dei terzi che sull’integrità del patrimonio sociale facciano legittimo affidamento). In particolare, la funzione di controllo di legalità sostanziale loro assegnata deve essere effettiva e potersi concretamente esplicare in rapporto all’attività specificamente svolta da quell’impresa. Per la qual ragione non pare sostenibile che, trattandosi di attività connotate da profili tecnici particolari (particolari – si badi – non sotto l’aspetto delle modalità di produzione di beni o servizi, ma per le speciali regole in esse implicate) i sindaci possono ritenersi esonerati da una vigilanza sufficientemente penetrante da assicurare un adeguato grado di effettività al controllo di legalità loro demandato. Ne deriverebbe altrimenti la paradossale conseguenza che, proprio dove la maggiore delicatezza e complessità dell’operare sociale più richieda attenti controlli, questi invece possano risultare assai meno effettivi che in altre imprese di più ordinarie connotazione. In realtà, come da molte parti anche in dottrina è stato rilevato, la prestazione richiesta ai sindaci è connotata da un così elevato grado di discrezionalità tecnica da farla talvolta rientrare nelle cosiddette “obbligazioni di diligenza” quelle, cioè, nelle quali la strumentalità della prestazione ad un certo risultato fa si che il criterio della diligenza a tal fine occorrente serva a determinare, anche sotto il profilo oggettivo, l’area del comportamento dovuto. Ma poiché non può negarsi che l’attività svolta dai sindaci di società abbia carattere professionale se ne deduce, già prima che ciò fosse reso esplicito dal nuovo testo dell’art. 2407 c.c., che la diligenza a tal fine occorrente, come richiesto dal secondo comma dell’art. 1176 c.c., è quella correlata alla natura dell’attività da loro esercitata. E però, per le ragioni già sopra chiarite, la natura di tale attività ed il grado di diligenza ad essa inerente deve necessariamente esser valutata anche in rapporto alle specifiche caratteristiche dell’attività dell’impresa e dell’oggetto sociale che l’esprime”: Cass. Civ. 8 febbraio 2005, n. 2538. 27 I doveri dei sindaci “Il dovere di vigilanza e di controllo imposto ai sindaci delle società per azioni ex art. 2403 c.c. non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende a tutta l’attività sociale, con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali e ricomprende, pertanto, anche l’obbligo di segnalare tutte le situazioni che esigano, in applicazione degli artt.2446 e 2447 c.c., la riduzione del capitale sociale.” Cass. civ,. 24 marzo 1999 n. 2772 “ Ai fini della responsabilità solidale dei sindaci di una società per azioni con gli amministratori ex art. 2407, secondo comma, c.c. per i fatti e le omissioni di questi ultimi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità con gli obblighi della loro carica, l’obbligo di vigilanza dei sindaci non è limitato allo svolgimento di compito di mero controllo contabile e formale, ma si estende anche al contenuto della gestione, atteso che la previsione della prima parte del primo comma dell’art. 2403 c.c. va combinata con quelle del terzo e quarto comma del medesimo articolo, che conferisce al collegio sindacale il potere – che è anche un dovere, da esercitare in relazione alle specifiche situazioni – di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociale e su determinati fatti”. Cass. civ. 7 maggio 1993 n. 5363 “il controllo contabile è finalizzato alla verifica dell’osservanza della legge e dell’atto costitutivo e non può estendersi anche all’esame dell’opportunità e della convenienza delle scelte gestionali; ove peraltro siano riscontrabili gravi irregolarità gestionali, l’insufficienza dei rimedi interni alla società rende doverosa, da parte dei sindaci, la denuncia al p.m. per le iniziative di cui all’art. 2409 c.c.” Trib. Milano 5 maggio 2007. 28 I poteri dei sindaci. L’art. 2403 bis c.c. elenca i poteri attribuiti ai sindaci, sia individualmente sia come collegio. Essi, oltre a poter procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo e chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali e su determinati affari, possono altresì: 1. chiedere notizie anche con riferimento alle società controllate; 2. scambiare informazioni anche con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all’andamento generale dell’attività sociale. L’art. 2403 bis non esaurisce i poteri attribuiti ai sindaci. Si pensi: • al potere di impugnative delle delibere assembleari e consiliari (artt. 2377, 2388, 2391 comma 3, c.c.) • al potere di chiedere giudizialmente la riduzione del capitale sociale • al potere di approvare la nomina degli amministratori cooptati (art. 2386 c.c.) • al potere di denunciare al tribunale gravi irregolarità nella gestione sociale, che possono riguardare anche le società controllate (art. 2409 c.c.) • al potere sostitutivo di convocazione dell’assemblea in caso di inerzia degli amministratori • al potere di convocare l’assemblea dei soci qualora ravvisino fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia necessità di provvedere. 29 I rapporti tra collegio sindacale e soggetti incaricati della revisione contabile La separazione del controllo contabile da quello di gestione, introdotta dalla riforma per tutte le società, e la ridefinizione dei compiti del collegio sindacale impongono una riflessione sul rapporto tra collegio sindacale e società di revisione o incaricato del controllo contabile. I due momenti cardine di tale rapporto sono rappresentati: 1. dalla nomina o dalla revoca della società di revisione: in tal caso il collegio deve acquisire le informazioni necessarie per poter esprimere il parere all’assemblea sul conferimento del mandato alla società di revisione. (art. 2409 quater c.c.) 2. dallo scambio di dati ed informazioni: il collegio sindacale ed i soggetti incaricati del controllo contabile o le società di revisione si scambiano tempestivamente i dati e le informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti (art. 2409 septies c.c.) Il collegio sindacale che si avvalga dei risultati cui perviene la società di revisione nel corso delle proprie verifiche è responsabile nell’ipotesi in cui, avendo rilevato elementi sospetti, non abbia spinto oltre la propria vigilanza, limitandosi a prendere atto dell’altrui revisione. Altrettanto difficilmente il revisore potrà andare esente da responsabilità se nel corso della propria attività o su sollecitazione esterna sia incorso in sospetti di inaffidabilità del sistema amministrativo e contabile e, ciononostante, abbia continuato a fare affidamento sulle difformi attestazioni del collegio sindacale. 30 La revisione legale dei conti: l’art. 2409 bis c.c. “ La revisione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro. Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro.” Articolo così sostituito dal D.Lgs. 27.1.2010 n. 39 31 La funzione del revisore o della società di revisione: art. 14 D.Lgs 39/2010 Il revisore o la società di revisione: verifica la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione (non è più prevista una periodicità almeno trimestrale) esprime con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto. Il giudizio deve indicare chiaramente se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio. 32 Poteri del revisore Il revisore legale ha diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili all’attività di revisione legale e può procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione. La valutazione di ciò che è utile al controllo spetta al revisore e deve essere funzionale all’attività di esercizio del controllo contabile: ciò si traduce in un ulteriore dovere di collaborazione in capo agli amministratori. Il rifiuto di fornire informazioni e dati costituisce, infatti, un comportamento negligente che può essere preso in considerazione dal giudice nel giudizio di responsabilità per danni provocati dal revisore alla società revisionata o al mercato. Inoltre la condotta è presa in considerazione dall’art. 2625 c.c. che disciplina il reato di impedito controllo. non è prevista la tenuta di un libro dei verbali del revisore, ma l’obbligo di conservare per dieci anni tutti i documenti e le carte di lavoro, dalle quali deve risultare l’attività svolta. 33 L’amministrazione e il controllo delle società a responsabilità limitata. 34 L’autonomia organizzativa delle s.r.l. L’autonomia organizzativa delle s.r.l. è particolarmente accentuata in tema di amministrazione della società, dove massima libertà è lasciata ai soci. Nell’originario modello del 1942, tale tipologia di società era modellata sulla falsariga della società per azioni. Scopo della Riforma: dettare una disciplina autonoma delle S.r.l., non più ricalcata su quella delle S.p.A. (applicabile solo ove richiamata). La s.r.l. oggi vanta una disciplina a sé stante e non è più una s.p.a. “a formato ridotto”. 35 I modelli di amministrazione. La Riforma ha introdotto rilevanti novità riguardanti l’organizzazione, il funzionamento e le competenze dell’organo amministrativo. Il tradizionale confine tra competenze degli amministratori e competenza dell’assemblea è divenuto molto più labile. Restano attribuite agli amministratori tutte quelle competenze che siano indicate da specifiche disposizioni (ad es., in tema di redazione del progetto di bilancio, di fusione o di scissione, oppure in tema di convocazione dei soci e relazione sulla situazione patrimoniale in presenza di perdite superiori ad 1/3 del capitale sociale). Fatte salve le materie che inderogabilmente debbono rimanere nella sfera esclusiva di competenza dei soci, v’è ampissima libertà di modulare i rapporti tra il potere decisionale diretto dei soci e quello gestorio degli amministratori. 36 L’amministrazione delle s.r.l.: l’art. 2475 c.c. Gli amministratori delle s.r.l. di regola sono designati tra gli stessi soci ma l’art. 2475 c.c. fa salva un’eventuale diversa disposizione dell’atto costitutivo: è possibile quindi che l’amministrazione sia affidata anche a non soci. La durata dell’incarico: “ In tema di s.r.l., il mancato richiamo, in seno all’art. 2487 c.c., della norma di cui all’art. 2383, c. 2, stesso codice che stabilisce per le società per azioni un limite triennale alla durata in carica degli amministratori) assume, del tutto inequivocamente, il significato che, per tale tipo di società, il legislatore non ha inteso imporre un termine di durata per la nomina degli amministratori, sicchè tale nomina può legittimamente venir compiuta per un periodo superiore al triennio, ovvero a tempo indeterminato”. (Cass. 21 marzo 2000 n. 3312; in senso implicitamente conforme Trib. Milano, 13 marzo 2007, n. 3121) 37 L’amministrazione delle s.r.l.: l’art. 2745 c.c. L’amministrazione può essere affidata ad un amministratore unico o a più persone (amministrazione pluripersonale) e l’atto costitutivo può prevedere che queste gestiscano la società disgiuntamente o congiuntamente. Massima n. 17 Consiglio Notarile MI: si reputa conforme alla legge la previsione, nei patti sociali di una s.r.l., di diverse modalità operative dell’organo di amministrazione (amministrazione collegiale, congiuntiva, disgiuntiva), con scelta rimessa a decisione, anche extra-assembleare dei soci, in quanto ciò non costituisce modifica dell’atto costitutivo. Massima I.C.1. Notai Triveneto: la previsione dell’atto costitutivo di affidare l’amministrazione congiuntamente o disgiuntamente agli amministratori anziché in forma collegiale ex art. 2475, terzo comma c.c., può anche non prevedere in concreto quale forma di amministrazione non collegiale viene adottata, congiunta o disgiunta. (la determinazione viene rimessa alla decisione dei soci di nomina degli amministratori). Massima n. 1.C.2 Notai Triveneto: è inammissibile nella S.r.l. l’adozione di sistemi di amminstrazione alternativi a quello tradizionale (sistema dualistico e sistema monistico) previsti in materia di S.p.A. 38 L’amministrazione disgiuntiva: l’art. 2257 c.c. Il modello di amministrazione disgiuntiva: ciascun amministratore ha la possibilità di compiere autonomamente qualsiasi operazione riguardi la società, salvo il diritto degli altri amministratori di opporsi prima che l’operazione sia conclusa. Se l’opposizione dell’alto amministratore è tempestiva ed efficacemente proposta, si rischia però uno stallo decisionale Salvo diversa disposizione statutaria, la competenza a decidere sull’opposizione che ciascun amministratore può sollevare contro l’operazione che un altro amministratore intende concludere, spetta a tutti i soci con decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c. (maggioranza calcolata in base alla partecipazione al capitale sociale) (art. 2257 c.c., terzo comma; Massima Notai Triveneto I.C.7) Massima Notai Triveneto I.C.9: è ammissibile una clausola statutaria che, in caso di amministrazione plurima disgiuntiva, riservi la competenza a decidere sull’opposizione ai soli componenti dell’organo amministrativo (maggioranza per teste) 39 L’amministrazione congiuntiva: l’art. 2558 c.c. L’amministrazione congiuntiva: é vietato a ciascun amministratore compiere da solo qualsiasi atto, salvo che ricorrano ragioni di urgenza e si tratti di evitare un danno alla società. In particolare, alla configurazione normale, in cui le decisioni debbono essere prese all’unanimità, l’atto costitutivo può derogare consentendo espressamente che talune decisioni siano adottate a maggioranza (variante ulteriormente semplificata di amministrazione collegiale) Massima I.C.12 Notai Triveneto: la clausola statutaria con la quale si prevede che l’amministrazione sia affidata congiuntamente a più persone con decisioni prese a maggioranza, presuppone che tale maggioranza debba esser calcolata per teste tra gli amministratori. 40 Consiglio di Amministrazione: la riserva collegiale. In caso di amministrazione pluripersonale, è prevista la riserva di competenza esclusiva agli amministratori in sede collegiale nelle materie riservate di cui all’art. 2475, ult. co., c.c.: redazione del progetto di bilancio; redazione dei progetti di fusione e scissione; le decisioni sull’aumento di capitale Massima I.C. 6 e 8 Notai Triveneto: la clausola statutaria con la quale si prevede che l’amministrazione sia affidata a più persone con facoltà di operare disgiuntamente ovvero congiuntamente (unanimità o maggioranza), richiede comunque che, nelle materie di cui all’art. 2475 ult. co., c.c., l’adozione delle decisioni degli amministratori avvenga in forma collegiale (e non è neppure ammissibile una clausola che preveda l’unanimità dei consensi, per non determinare immobilismo). 41 Consiglio di Amministrazione: delega e confronto con le S.p.A. La disciplina delle s.r.l. non fa menzione dell’ipotesi di conferimento di deleghe. Ciò non significa limite alla possibilità di costituire organi delegati, trattandosi di una tipica manifestazione dell’autonomia statutaria, che la Riforma ha inteso valorizzare. Massima I.C.15 Notai Triveneto: in presenza di un consiglio di amministrazione, è possibile la delega delle funzioni solo in forza di esplicita clausola statutaria o di decisione dei soci. L’atto costitutivo o i soci possono disciplinare liberamente l’istituto della delega. Massima n. 49 Notai MI: quando lo statuto stabilisce che il consiglio è composto da due o più amministratori, si ritiene legittima la clausola che prevede la nomina di un consigliere delegato ( o che disciplini, anche in via generale, la delega dei poteri). 42 Decisioni in tema di amministrazione rimesse ai soci Nelle s.r.l., a differenza di quanto avviene nelle S.p.A., il confine tra le competenze dei soci (assemblea) e quelle degli amministratori non è fissa, ma modulabile ad opera dell’atto costitutivo. L’art. 2463, nn. 7 e 8, dispone che l’atto costitutivo deve indicare “le norme relative al funzionamento delle società, indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza” e “le persone cui è affidata l’amministrazione”. L’art. 2468, 3° c., fa salva “la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione di utili” (ad. es. potere di veto, potere di nomina amministratori, potere di approvare determinate operazioni). 43 Decisioni in tema di amministrazione rimesse ai soci L’atto costitutivo può riservare competenze di tipo gestorio alle decisioni dei soci. L’art 2479, 1° c., stabilisce che “ i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione” 44 Decisioni in tema di amministrazione rimesse ai soci Massima I.C.5 Notai Triveneto: ai sensi dell’art. 2479 c.c. è possibile che l’atto costitutivo riservi alla competenza dei soci tanto il potere di dare autorizzazioni all’organo amministrativo per il compimento di atti di autorizzazione, quanto quello di adottare direttamente decisioni riguardanti l’amministrazione. In questo ultimo caso è opportuno che la clausola che attribuisce tale competenza preveda espressamente il diritto degli amministratori di manifestare il loro eventuale dissenso rispetto alla decisione, al fine di evitare la responsabilità solidale ex art. 2476, 7° c., c.c., nonché la facoltà di non eseguirla qualora il dissenso sia manifestato non dai singoli amministratori ma dall’organo amministrativo. 45 Decisioni in tema di amministrazione rimesse ai soci “ Sono solidalmente responsabili con gli amministratori (…) i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi” (art. 2476, 7° c.,c.c). Resta inoltre il limite previsto dal art. 2475,5° c., c.c., secondo cui la redazione del progetto di bilancio, dei progetti di fusione o di scissione, nonché le decisioni sull’aumento del capitale ai sensi dell’art. 2481 c.c., sono in ogni caso di competenza dell’organo amministrativo. 46 La rappresentanza delle s.r.l.: l’art. 2475 bis c.c. Ai sensi dell’art. 2475 bis c.c. anche agli amministratori della s.r.l. è riconosciuta la rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società che, al pari della s.p.a., resta vincolata: a) dagli atti compiuti dagli amministratori invalidamente nominati, salvo che provi che il terzo contraente era a conoscenza del vizio che inficiava la nomina; b) dagli atti compiuti dagli amministratori in violazione delle limitazioni poste dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina ai loro poteri di rappresentanza, anche se pubblicate, salo che provi che il terzo abbia intenzionalmente agito a danno della società (c.d. exceptio doli). 47 Il conflitto di interessi degli amministratori di s.r.l.: l’art. 2475 ter c.c. L’art. 2475 ter detta una disciplina che presenta sensibili differenze rispetto alla corrispondente disciplina dettata per le s.p.a. l’art. 2475 ter si applica unicamente alle ipotesi in cui l’amministratore sia portatore di un interesse che si ponga obiettivamente in conflitto con quello della società (laddove, ai fini dell’applicazione dell’art. 2391 c.c. è sufficiente la mera sussistenza di un interesse, anche non confliggente) non sono contemplati obblighi di disclosure preventiva, né obblighi di astensione per l’amministrazione delegato e neppure doveri di adeguata motivazione della delibera consiliare. sono previsti : 1) l’annullamento dei contratti conclusi dall’amministratore in conflitto, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo; 2) l’annullamento delle decisioni adottate dagli amministratori con il voto determinante dell’amministratore in conflitto di interessi, il quale presuppone non già il mero danno potenziale ma il danno effettivo. 48 Il conflitto di interessi degli amministratori di s.r.l.: l’art. 2475 ter c.c. “Il merito dell'attività gestoria non è di norma suscettibile di sindacato, salvo sia questione di scelte manifestamente illegittime e arbitrarie, prive della minima logicità di conduzione economica. Tuttavia, può essere valutato dal giudice il quadro delle scelte dell'amministratore al fine di verificare l'eventuale omissione di quelle cautele, verifiche o informazioni normalmente richieste per una scelta di quel genere, tali da configurare la violazione dell'obbligo di adempiere con diligenza il mandato di amministratore ovvero la conduzione degli affari in conflitto di interessi. Ne consegue che l'amministratore può essere chiamato a rispondere dei danni prodotti alla società per aver posto in essere quelle condotte che avrebbero dovuto essere compiute con modalità e fini differenti, ma che l'amministratore ha invece perseguito in conflitto di interesse. Si tratta, pertanto, del limite davanti al quale si arresta il generale divieto per il giudice di valutare le scelte gestionali compiute. Non si tratta di valutare con giudizio a posteriori l'economicità di quelle scelte gestionali operate ovvero il mancato profitto conseguito da quella specifica scelta di amministrazione di azienda, quanto di valutare che quello specifico atto gestionale contestato non avrebbe dovuto essere compiuto, con giudizio riferito al tempo della sua consumazione.” Trib. Milano, 17 maggio 2007, n. 6016. 49 Il conflitto di interessi degli amministratori di s.r.l.: l’art. 2475 ter c.c. “L'art. 2475 ter c.c. a differenza del vigente art. 2391 c.c. che, per le società per azioni, si limita a chiedere il riscontro di un interesse personale dell'amministratore (anche non confliggente) e la prospettiva meramente "potenziale" del correlativo danno alla società - sanziona le fattispecie ove siano preliminarmente dimostrate tre condizioni: esse sono date dalla contemporanea esistenza di un conflitto di interessi "effettivo" in capo all'amministratore; di un suo voto "determinante" ai fini dell'approvazione della contestata delibera consiliare; di un danno "reale" cagionato alla società con tale decisione. Tale norma si occupa del pregiudizio subito dalla società anziché dai suoi soci donde la legittimazione attiva prevista dall'art. 2475 ter comma 2 c.c., risulta testualmente affidata ai soli amministratori ed ai sindaci, sempreché quest'ultimi vi siano. In altri termini, per le società a responsabilità limitata manca una disposizione esplicita corrispondente a quella viceversa prevista dall'art. 2388 comma 4 c.c. che, nelle società per azioni autorizza altresì i soci ad impugnare "in proprio" le delibere dei c.d.a., ove riconosciute "lesive dei loro diritti", applicandosi, in tal caso, in quanto compatibili, gli art. 2377 e 2378 c.c”. Trib. Bologna, 20 ottobre 2006, n. 2412 50 La responsabilità degli amministratori di s.r.l.: l’art. 2476 c.c. “Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpe e, essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare il proprio dissenso” (2476,1° co., c.c.). 51 La responsabilità degli amministratori di s.r.l.: l’art. 2476 c.c. L’azione è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. Differenze rispetto alla S.p.A.: è discussa un’azione da parte della società, poiché non è prevista espressamente non è prevista espressamente un’azione da parte del curatore fallimentare, commissario giudiziale, etc. non è prevista espressamente un’azione di responsabilità da parte dei creditori sociali. E’ invece confermata la responsabilità verso terzi e singoli soci (art. 2476, 6° co., c.c.). La norma è identica a quanto previsto dall’art. 2395, 1° co., c.c. per le S.p.A. 52 La legittimazione del singolo socio all’esercizio dell’azione sociale. L’art. 2476, comma 3, c.c., conferisce a ciascun socio, anche individualmente, la legittimazione a esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Tale previsione rende quindi evidente che per l’esercizio dell’azione in esame non è più necessaria una delibera dei soci, essendo il rimedio attivabile da ognuno di essi individualmente, a prescindere dalla quota di capitale posseduta. Tale azione non costituisce un’azione autonoma, bensì azione sociale di responsabilità Non può dunque qualificarsi come surrogatoria, ma è assimilabile, piuttosto, al meccanismo della sostituzione processuale ex. art. 81 c.p.c., in base al quale è possibile esercitare in nome proprio un diritto altrui. “L’azione di responsabilità di cui all’art. 2476 c.c. non può essere esercitata in via surrogatoria, in quanto trattasi di azione che, in considerazione del profilo personalistico che caratterizza le società a responsabilità limitata, può essere esercitata solo dal socio”. Trib. Macerata 22 marzo 2010, Giur. Merito 2010, 11, 2773 53 La legittimazione della società all’esercizio dell’azione sociale. “Il nuovo testo dell'art. 2476 c.c., non potendo essere ragionevolmente interpretato nel senso della soppressione della titolarità, in capo alla s.r.l., del diritto al risarcimento del danno corrispondente alla responsabilità degli amministratori disciplinata dal comma 1 della stessa norma, si limita ad accordare a ciascun socio la facoltà di esercitare, quale sostituto processuale della società, il diritto al risarcimento del danno di cui la società è titolare, senza precludere l'esercizio diretto dell'azione sociale di responsabilità da parte della s.r.l., pur doverosamente deliberato dalla compagine sociale, in applicazione dell'art. 2393 comma 1 c.c., stante l'analogia con cui l'istituto si configura nelle società di capitali”. Trib. Milano 17 dicembre 2005, conformi Trib. Milano 16 gennaio 2006, Trib. Roma 22 maggio 2007. Contra: “La legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori di s.r.l. è attribuita in via esclusiva al singolo socio, mentre è preclusa all’iniziativa sociale”. Trib. Milano, 2 novembre 2006. 54 La legittimazione del curatore all’esercizio dell’azione sociale. “Il curatore del fallimento di una società a responsabilità limitata è legittimato ad esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori. L’art. 43 L.Fall., che con disposizione di carattere generale attribuisce al curatore del fallimento la legittimazione a proporre o perseguire le azioni spettanti al fallito, e, dunque, anche quella che deve ritenersi possa esser esercitata dalla s.r.l. per far valere la responsabilità dei propri amministratori, rende superflua l’indagine sulla persistenza nella riforma del diritto societario dell’azione di responsabilità dei creditori sociali, anche da parte del curatore fallimentare ex art. 146 L.Fall.”. Trib. Napoli, 10 gennaio 2007, conf. Cass., 21 luglio 20120, n. 17121. 55 I presupposti della responsabilità della società. I presupposti della responsabilità degli amministratori sono costituiti: a) dalla violazione di un obbligo, legale o convenzionale b) dalla sussistenza di un danno c) dal nesso eziologico fra condotta e pregiudizio La corrispondente norma in tema di s.p.a. precisa che i doveri degli amministratori devono essere adempiuti con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze. Nonostante l’art. 2476 c.c. non faccia alcuna menzione del parametro della diligenza, tale parametro sembra potersi applicare anche alla responsabilità degli amministratori di s.r.l. Anche in caso di s.r.l., il metro di valutazione della diligenza è destinato a variare in ragione delle diverse competenze possedute da ciascun amministratore. 56 La solidarietà tra gli amministratori di s.r.l. Il rigore della regola della solidarietà è temperato dalla disposizione secondo cui la responsabilità non si estende a quegli amministratori che dimostrino la sussistenza di due condizioni: a) l’essere esente da colpa b) l’aver fatto constare il proprio dissenso nella misura in cui si fosse al corrente della circostanza che l’atto dannoso sarebbe stato compiuto. L’art. 2746 c.c. non riproduce nemmeno quanto stabilito dall’art. 2392, comma 2, c.c. nella parte in cui quest’ultimo prevede la responsabilità solidale di quegli amministratori che, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento oppure per evitarne le conseguenze dannose. Il silenzio sul punto viene giustificato dal fatto che la disciplina delle s.r.l. non fa menzione dell’ipotesi di conferimento delle deleghe. Ciò, come già detto, non significa limite alla possibilità di costituire organi delegati, trattandosi di una tipica manifestazione dell’autonomia statutaria, cha la Riforma ha inteso valorizzare. 57 Il principio di solidarietà in rapporto ai diversi modelli di gestione. Ove i soci abbiano optato per il regime congiuntivo, non sorgono particolari problemi se è prevista l’unanimità dei consensi, in quanto ciascun amministratore risulta dotato di un potere di veto ed è quindi corresponsabile nel caso in cui non si attivi per impedire l’evento. Se invece la regola è quella maggioritaria, l’amministratore interpellato in merito al compimento di una determinata operazione deve senz’altro far constare il proprio dissenso. Nell’ipotesi in cui non venga interpellato, egli, per andare esente da responsabilità. È comunque tenutoa dimostrare diligentemente vigilato sugli altri amministratori. Nel caso infine si sia in presenza di un regime disgiuntivo, deve ritenersi che, come da tempo chiarito dalla dottrina, sussista un obbligo di vigilanza in capo a ciascun amministratore e un correlato dovere di intervento, non potendo l’amministratore limitarsi ad addurre l’ignoranza dell’eventus damni. 58 Diritto di controllo da parte dei soci ed obbligo degli amministratori. Chiaramente collegato all’azione di responsabilità proposta da ogni socio è il potere di controllo che l’art. 2476, 2° co., c.c. gli attribuisce: “ i soci che non partecipano all’amministrazione hanno il diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione”. Controllo in due direzioni: 1) mediata: diritto a richiedere informazioni agli amministratori, obbligati a rilasciare notizie sullo svolgimento degli affari sociali; c.d. controllo in senso stretto. 2) diretta: diritto alla consultazione dei documenti sociali. Sono solidalmente responsabili con gli amministratori, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società. 59 Collegio sindacale e revisione legale dei conti: il nuovo art. 2477 c.c. La disciplina della revisione legale dei coni introdotta dal d.lgs. n. 39/2010 ha modificato le disposizioni in tema di collegio sindacale nelle s.r.l. L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze ed i poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. Nomina del collegio sindacale obbligatoria se: il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le s.p.a. (vecchia ipotesi) la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato (nuova ipotesi) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti (nuova ipotesi) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2435 bis (nuova ipotesi). 60 Collegio sindacale e revisione legale dei conti: il nuovo art. 2477 c.c. Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni previste in tema di s.p.a. (il collegio sindacale esercita anche la funzione di vigilanza sull’amministrazione) Se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal collegio sindacale. L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e al terzo comma deve provvedere, entro 30 gg., alla nomina del collegio sindacale. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi interessato. 61 Collegio sindacale facoltativo. Fuori dai casi di nomina obbligatoria, è rimessa alla discrezionalità dei soci la scelta di avvalersi di un organo di controllo o meno. Massima I.D.2 Notai Triveneto: la nomina facoltativa del collegio sindacale o del revisore, ai sensi dell’art.2477 c.c., deve necessariamente essere accompagnata dalla determinazione delle competenze e dei poteri ad essi attribuiti. 62 Il sindaco unico. L’ultima novità legislativa. Il D.L. 5/2012 ha disposto che nelle s.r.l. è ammissibile sostituire i collegi sindacali in scadenza con il sindaco unico a condizione che l’atto costitutivo della società preveda espressamente la nomina di un organo di controllo collegiale. Tale possibilità non riguarderà invece nessuna s.p.a. , laddove, a prescindere dalle dimensioni societarie, sarà sempre d’obbligo nominare tre sindaci ( tornano cosi vigenti le disposizione ante L. 183/2011) In altri termini: per le s.r.l., nei casi in cui l’organo di controllo si renda obbligatorio, questo sarà di norma monocratico, e sarà l’atto costitutivo a stabilire se a tale organo saranno delegate le funzioni sindacali e di revisione legale dei conti. 63