DIAGNOSI DELLE DISFUNZIONI
PERINEALI
ANAMNESI
L’anamnesi rappresenta un momento fondamentale nell’inquadramento diagnostico di una paziente
con alterazioni della statica pelvica, consentendo di stabilire un rapporto di fiducia medico-paziente,
indispensabile per fare emergere dal sommerso problematiche di difficile esposizione da parte delle
donne e per individuare il reale desiderio di cura delle stesse.
Risulta indispensabile una raccolta accurata della sintomatologia con la valutazione dell’impatto
che essa produce sulla qualità della vita, oggettivata attraverso l’uso di questionari validati. Spesso
diventa importante l’utilizzo di algoritmi diagnostici con l’impiego di flow-chart anamnestiche
volte ad individuare eventuali fattori predisponenti/promuoventi le disfunzioni perineali.
Andranno pertanto indagati:
•
Fattori di rischio promuoventi (anamnesi personale):
o età postmenopausale
o BMI > o = 30
o Attività lavorativa (sforzi fisici pesanti)
o Stile di vita (abitudini alimentari/alcool/fumo)
•
Anamnesi ostetrica
o primiparità > 35 anni
o multiparità
o BMI preconcezione > o = 30 Kg/m2
o incremento ponderale > 14 Kg
o incontinenza urinaria da sforzo in gravidanza
o incontinenza urinaria da sforzo comparsa dopo un parto precedente
o eccessiva lunghezza II stadio travaglio spinte espulsive intempestive
o manovre ripetute di Kristeller
o parto podalico
o distocia di spalla
o applicazione di forcipe
o episiotomia mediana/medio laterale complicata
o lacerazioni perineali da parto di III o IV grado
o macrosomia fetale > 4 kg
o circonferenza cranica > 35 cm
o feto piccolo con parto precipitoso
•
Fattori di rischio generali
o Co-morbilità (BPCO, stipsi, diabete, malattie neurologiche, collagenopatie da causa
autoimmune, …)
•
Terapie farmacologiche in atto (diuretici, ansiolitici, antidepressivi, anticolinergici,
calcioantagonisti, anti-ipertensivi, …)
•
Pregressa chirurgia pelvica
o pregressa isterectomia
o chirurgia radicale pelvica
o chirurgia ricostruttiva pelvica
Importante risulta inoltre raccogliere un’attenta anamnesi familiare e fisiologica, in quanto la
presenza di incontinenza urinaria o di prolasso genitale negli ascendenti femminili di una donna può
far presupporre una situazione di alterazioni del connettivo.
L’anamnesi patologica prossima deve essere rivolta all’interpretazione dei sintomi riferiti dalla
paziente, riconoscendo eventuali disturbi minzionali della fase di riempimento, della fase di
svuotamento o postminzionali, quelli legati al rapporto sessuale, alla presenza di prolasso o i
sintomi dolorosi, secondo la suddivisione suggerita dall’International Continence Society (ICS), il
senso di peso, di ingombro vaginale o di massa protrudente dai genitali esterni, la necessità di
riduzione del bulging vaginale per poter effettuare la minzione, i disturbi defecatori o di continenza
anale, eventuali disturbi sessuali. Occorre inoltre indagare eventuali sintomi digestivo-proctologici e
l’eventuale ricorrenza di infezioni del tratto genito-urinario. Va poi condotta un’accurata indagine
specifica sulla disfunzione perineale descritta come prevalente dalla paziente, analizzandone il
periodo di comparsa, le caratteristiche del disturbo, le condizioni promuoventi, la severità dei
sintomi e l’impatto sulla qualità di vita.
ESAME OBIETTIVO
L’esecuzione dell’ esame obiettivo risulta essenziale per effettuare una corretta diagnosi di malattia
nell’ambito delle disfunzioni perineali.
L’ ispezione e la palpazione dell’addome costituiscono un momento non trascurabile dell’esame
obiettivo generale, permettendo una valutazione degli organi addominali e l’evocazione di sintomi
importanti per l’inquadramento diagnostico della paziente.
L’ esame pelvico dovrebbe essere praticato sia a vescica vuota (per valutare gli organi pelvici) sia a
vescica piena (per valutare l’incontinenza urinaria). L’esame viene in genere condotto con la
paziente in posizione ginecologica, ma talvolta viene completato anche con la paziente in posizione
ortostatica, quando ad esempio i sintomi riferiti di descensus o di incontinenza da sforzo non
correlano con l’obiettività in posizione litotomica.
La divaricazione delle grandi labbra consente di esaminare l’aspetto ed il trofismo della mucosa
vulvare e vaginale. Si esegue l’ urinary stress test, esortando la paziente a tossire o a compiere la
manovra di Valsalva ed evidenziando eventuali fughe di urina. Per valutare la mobilità uretrale è
possibile eseguire il Q-tip test. Si analizza l’eventuale descensus differenziando i vari segmenti
vaginali, con l’utilizzo di uno speculum di Sim o di una valva vaginale (eventualmente ottenuta
semplicemente smontando uno speculum monouso). Quando è stato riconosciuto un cistocele è
importante fare una distinzione tra difetto centrale, laterale o apicale, eventualmente con l’ausilio di
un elevatore vaginale di Baden e Walker (o con uno speculum utilizzato di traverso). In caso di
enterocele, l’epitelio che ricopre il Douglas viene disteso dalle anse intestinali e si assottiglia,
lasciando talvolta intravedere la peristalsi. In presenza di un rettocele, l’evidenza di un enterocele
può presentare delle difficoltà. In questi casi si ricorre alla simultanea esplorazione vaginale e
rettale. Con l’indice nell’ampolla rettale si identifica il setto retto-vaginale accentuando, nel
contesto del prolasso posteriore, la componente rettale rispetto a quella intestinale. L’ esplorazione
rettale inoltre ci permette di analizzare il tono sfinteriale ed evidenziarne eventuali anomalie.
Una volta individuato il tipo di prolasso, lo si deve classificare. Nella pratica clinica spesso risulta
più semplice utilizzare il sistema classificativo dell’ Half-Way System, riservando il più recente e
complesso sistema proposto dall’ICS (POP-Q) (Bump RC et al. Am J Obstet Gynecol 1996) per gli
studi di ricerca.
LA DIAGNOSTICA STRUMENTALE.
L’ECOGRAFIA PERINEALE E L’URODINAMICA
Ricordando innanzitutto che diagnosi in medicina significa riconoscere una malattia in base a
sintomi e/o segni e che il concetto di efficienza indica la capacità di azione con la massima
efficacia, con il minimo di scarto, di spesa, di risorse e di tempo impiegati, è necessario tenere
sempre presente che l’Evidence Based Medicine (EBM) è stata definita come “l’uso coscienzioso,
esplicito e giudizioso della migliore evidenza corrente nel prendere decisioni relativamente alla cura
del paziente”. Pertanto, prima di affrontare l’analisi delle indagini strumentali che possono essere
utilizzate nel percorso diagnostico delle disfunzioni perineali, occorre ribadire il concetto che
l’anamnesi e l’esame obiettivo sono le uniche tappe indispensabili, spesso sufficienti a raggiungere
una diagnosi ed impostare una terapia.
ECOGRAFIA PERINEALE
Le indagini strumentali che sono state prevalentemente richieste negli ultimi decenni per lo studio
della statica e della dinamica pelvica sono state:
•
l’esame flussimetrico e quello urodinamico, che trovano indicazione nella patologia
ostruttiva o nella incontinenza urinaria
•
la rettomanometria, indicata nei disordini del segmento posteriore del perineo e
principalmente nell’incontinenza fecale
oltre ad indagini radiologiche di imaging:
•
l’urografia con cistografia minzionale
•
la cistografia retrograda e minzionale con eventuale applicazione di catenella
•
la cisto-colpo-defecografia
queste ultime richiedono l’uso delle radiazioni ionizzanti e spesso la somministrazione endovenosa
di agenti di contrasto.
Negli ultimi anni sta progressivamente affermandosi, per le sue caratteristiche di elevata
affidabilità, basso costo e innocuità per la paziente, l’esame ecografico del perineo. Questa indagine
non richiede apparecchiature dedicate e può essere eseguita con un comune ecografo purché di buon
livello tecnico. Essa fornisce informazioni anatomiche in tempo reale, in condizioni statiche o
dinamiche durante le manovre cosiddette di "stress" o durante la contrazione dei muscoli pelvici.
Inoltre, considerando che i disordini perineali si presentano più frequentemente in forma associata
tra loro, l’esame ecografico risponde anche all’esigenza di valutazione sia del segmento anteriore
che di quello posteriore, proponendosi come indagine in grado di studiare la maggioranza delle
alterazioni anatomiche di ordine uro-ginecologico o colon-proctologico.
L’indicazione più nota ed accettata dell’ecografia in ambito perineale è senz’altro la valutazione
della mobilità uretrale. In realtà sono molteplici le possibili indicazioni all’ecografia perineale sia
nella donna con incontinenza urinaria sia nella donna con prolasso pelvico o con disfunzioni del
compartimento posteriore.
Indicazioni nella donna con incontinenza urinaria:
•
in sostituzione del q-tip test nella quantificazione della mobilita’ uretrale
•
in sostituzione della cistouretrografia nella quantificazione dell’angolo uretro-vescicale
posteriore
•
nel valutare parametri predittivi di insufficienza sfinterica quali il funneling e l’apertura
dell’uretra prossimale sotto spinta
•
nel valutare parametri predittivi di iperattivita’ detrusoriale quali un aumentato spessore
detrusoriale
•
nel definire un’eventuale patologia pelvica associata
•
nella valutazione post chirurgica
Indicazioni nella donna con prolasso pelvico e/o disfunzioni del compartimento posteriore:
•
nel completamento della visita in casi dubbi di prolasso di volta (enterocele vs rettocele vs
cistocele)
•
nella valutazione del residuo post-minzionale
•
nella valutazione post chirurgica
L’ecografia del pavimento pelvico è stata proposta con diverse metodiche: le tecniche
endocavitarie, transvaginale e transrettale, e le tecniche esterne, transperineale ed introitale. Nella
tecnica endocavitaria le sonde possono essere applicate all’interno della vagina (tecnica
transvaginale) e all’interno del canale rettale (tecnica transrettale). In alcuni casi particolari, a
discrezione dell’operatore, si utilizza un mezzo di contrasto sia per distendere il retto sia per
migliorare la visibilità di eventuali tramiti fistolosi. La diversa tipologia delle presentazioni cliniche
e la complessità anatomica del perineo richiedono familiarità e pratica nell’uso di tutti i trasduttori
che la tecnologia mette a disposizione. I diversi tipi di accesso devono essere considerati
complementari e non in concorrenza tra loro.
La paziente viene fatta accomodare in posizione ginecologica sul lettino ecografico ricoperto di
carta monouso. In mancanza di lettino ginecologico, il bacino viene mantenuto leggermente
sollevato in appoggio su un supporto di gomma; le cosce rimangono flesse sulle anche, le ginocchia
piegate di circa 30° e la pianta dei piedi appoggiata completamente sulla piano del letto ad una
distanza l’una dall’altra corrispondente a quella delle spalle. La valutazione con la paziente in
posizione ginecologica è generalmente preferibile ma, se in alcuni casi (donna affetta da
incontinenza da sforzo se non si riesce ad individuare l’imbutizzazione del collo vescicale e la fuga
urinaria oppure donna con prolasso soggettivo non facilmente obiettivabile) è consigliabile eseguire
lo studio anche in posizione ortostatica.
L’indagine ecografica perineale non richiede particolare preparazione se non un medio riempimento
vescicale che idealmente dovrebbe essere di circa 50 cc (Dietz HP, Wilson PD. Int Urogynecol J
Pelvic Floor Dysfunct 10:3-6). In realtà la maggior parte delle misurazioni non viene influenzata
dal volume vescicale ma è bene evitare di condurre l’esame in situazione di vescica completamente
vuota o troppo piena (di norma si chiede alla paziente di svuotare la vescica circa mezz’ora prima
dell’indagine). Abitualmente non viene richiesta alcuna preparazione intestinale, anche se
indubbiamente la presenza o meno di feci nell’ampolla rettale possono influire nello studio del
compartimento posteriore. In caso di prolasso di III-IV grado si inizia l’esame con prolasso ridotto e
si continua l’indagine dinamica facendo spingere la paziente e analizzando le modificazioni durante
l’estrusione degli organi prolassati.
L’ecografia perineale si effettua applicando semplicemente la sonda sulla rima vulvare, seguendone
il decorso. La sonda può essere all’occorrenza rivolta maggiormente verso il segmento anteriore o
posteriore del perineo per privilegiare la visualizzazione delle strutture di interesse, o essere ruotata
trasversalmente fornendo immagini secondo un piano coronale. Questa tecnica permette una buona
valutazione della mobilità del collo vescicale e la misurazione dell’angolo uretro-vescicale
posteriore.
L’esame ecografico dovrebbe essere eseguito in 4 step funzionali (Tunn R, Schaer G, Peschers U,
Bader W, Gauruder A, Hanzal E, Koelbl H, Koelle D, Perucchini D, Petri E, Riss P, Schuessler B,
Viereck V. Updated recommendations on ultrasonography in urogynecology. Int Urogynecol J
Pelvic Floor Dysfunct. 2005 May-Jun;16(3):236-41): a riposo, durante manovre di Valsalva,
durante colpi di tosse, durante contrazione del pavimento pelvico. A queste fasi si può aggiungere,
ove necessario, una quinta fase minzionale. La manovra di Valsalva e la tosse sono i test
provocativi più comunemente usati per verificare la dinamica del pavimento pelvico sotto sforzo in
caso di prolasso o incontinenza urinaria.
L’ecografia del pavimento pelvico studia i seguenti organi o strutture: la sinfisi, l’uretra, la vescica,
la vagina, l’utero, le anse intestinali nel cavo del Douglas, il retto, il canale anale, i muscoli del
pavimento pelvico tra cui il muscolo elevatore con la fionda dei muscoli pubo-rettali.
L’identificazione della sinfisi pubica riveste un momento importante dello studio poiché
rappresenta il punto di riferimento anteriore per ottenere corrette misurazioni. Il pube, nei piani
sagittali mediani, si visualizza come immagine ovoidale, posta in posizione perpendicolare rispetto
alla direzione degli ultrasuoni.
L’esame ecografi co del pavimento pelvico femminile offre rilievi quantitativi e qualitativi. I
parametri quantitativi sono importanti per una valutazione pre e post-operatoria della paziente, per
una valutazione precisa, ripetibile e scientifica dei risultati.
Nello studio del compartimento anteriore può essere valutato l’angolo uretrovescicale posteriore e
la posizione della giunzione uretro-vescicale. Sono stati descritti due sistemi di misurazione della
posizione e mobilità della giunzione uretro-vescicale:
1. viene disegnata una linea di riferimento lungo l’asse longitudinale della sinfisi pubica (Beco
J, Leonard D, Lambotte R. Study of the artefacts induced by linear array transvaginal
ultrasound scanning in urodynamics. J Gynecol Obstet Biol Reprod (Paris).
1987;16(8):987-98)
2. viene disegnata anche una seconda linea, ortogonale alla precedente, tangente al margine
inferiore della sinfi si pubica (Tunn R, Schaer G, Peschers U, Bader W, Gauruder A, Hanzal
E, Koelbl H, Koelle D, Perucchini D, Petri E, Riss P, Schuessler B, Viereck V. Updated
recommendations on ultrasonography in urogynecology. Int Urogynecol J Pelvic Floor
Dysfunct. 2005 May-Jun;16(3):236-41)
La posizione basale e lo spostamento sotto sforzo della giunzione uretro-vecicale vengono misurati
in relazione agli assi costruiti.
I parametri qualitativi utilizzati nelle alterazioni del compartimento anteriore sono l’imbutizzazione
del collo vescicale, la posizione della giunzione uretro-vescicale a riposo e sotto sforzo (sopra-sotto
l’asse della sinfisi) e la mobilità dell’uretra (fissa, normomobile, ipermobile). Quest’ultimo
parametro può essere anche di tipo quantitativo, misurando l’escrusione angolare dell’asse
dell’uretra rispetto all’asse del pube e può essere considerata ipermobile un’uretra che ha
un’escursione superiore ai 35°.
Numerosi studi in letteratura (Kondo Y, Homma Y, Takahashi S, Kitamura T, Kawabe K.
Transvaginal ultrasound of urethral sphincter at the mid urethra in continent and incontinent
women. J Urol. 2001 Jan;165(1):149-52.
Kuo HC. Transrectal sonographic investigation of
urethral and paraurethral structures in women with stress urinary incontinence. J Ultrasound Med.
1998 May;17(5):311-20. Toozs-Hobson P, Khullar V, Cardozo L. Three-dimensional ultrasound: a
novel technique for investigating the urethral sphincter in the third trimester of pregnancy.
Ultrasound Obstet Gynecol. 2001 May;17(5):421-4) correlano le dimensioni dello sfintere uretrale,
in toto e nelle sue singole componenti(rabdosfintere, sfintere liscio, vascolarizzazione periuretrale,
legamenti pubouretrali) con la presenza di incontinenza urinaria da sforzo, evidenziando una
diminuzione volumetrica dello sfintere e dei plessi vascolari direttamente proporzionale alla
severità dell’incontinenza.
Rispetto all’esame obiettivo, l’ecografia risulta determinante in alcuni casi, ad esempio
un’importante funnelling del collo vescicale senza ipermobilità può essere evidenziata all’ecografia
ma non all’esame obiettivo, oppure l’ecografia può dimostrare l’assenza dell’imbutizzazione e/o la
presenza di inginocchiamento dell’uretra nella paziente continente con prolasso del comparto
anteriore. Occasionalmente l’ecografia permette di diagnosticare diverticoli uretrali, cisti paravaginali e para-uretrali, leiomiomi.
E’ stata riportata la correlazione fra lo spessore della parete vescicale e la presenza d’iperattività
detrusoriale (Khullar V, Cardozo LD, Salvatore S, Hill S. Ultrasound: a noninvasive screening test
for detrusor instability. Br J Obstet Gynaecol. 1996 Sep;103(9):904-8).
Nello studio della vagina e dell’angolo vaginale l’ecografia perineale può dare utili informazioni sul
prolasso uterino e, soprattutto, sul prolasso di volta, andando ad individuare un eventuale enterocele
e differenziandolo da una tasca di rettocele o un cistocele.
A carico del compartimento posteriore l’ecografia perineale permette la visualizzazione di alcuni
parametri quantitativi quali l’angolo ano-rettale, la misurazione di una tasca di rettocele e qualitativi
quali lo studio degli sfinteri interno ed esterno dell’ano, del corpo perineale e della fionda formata
dai muscoli pubo-rettali.
Dopo interventi di chirurgia ricostruttiva pelvica protesica o di posizionamento di benderelle
sottouretrali, l’ecografia è l’unico esame che permette la visualizzazione del materiale impiantato
(solitamente polipropilene), non altrimenti visualizzabile né con tomografia computerizzata né con
risonanza magnetica. Con l’ecografia perineale è pertanto possibile controllare il posizionamento
delle protesi e la relazione tra queste e gli organi pelvici in condizione di riposo e sotto sforzo.
In conclusione, la consapevolezza degli operatori sanitari di poter fornire risposte sempre più
concrete alle esigenze delle donne affette da disfunzioni perineali, ha consentito di ottenere i
risultati descritti con una metodica così tollerabile ed innocua. E’ auspicabile che tali progressi
siano ulteriormente incrementati con l’aumentare dell’esperienza e il miglioramento delle
apparecchiature disponibili.
URODINAMICA
L’indagine urodinamica permette di ottenere informazioni dettagliate su:
-
flusso urinario (uroflussimetria): alla ricerca di un’eventuale ostruzione infravescicale, in
pazienti che lamentano disuria
-
attività, sensibilità, capacità e compliance detrusoriale (cistometria): alla ricerca di
contrazioni disinibite del detrusore, in pazienti che lamentano urgenza minzionale o
incontinenza urinaria da urgenza
-
profilo pressorio uretrale: alla ricerca di un deficit dello sfintere intrinseco dell’uretra, in
pazienti in cui si sospetti un’incontinenza urinaria da insufficienza sfinterica (ISD o IUS III
tipo)
L’esame urodinamico viene solitamente riservato:
-
qualora vi siano quadri clinici complessi, in cui esiste l’associazione di diversi disturbi e in
cui è difficile una diagnosi precisa solo sulla base della clinica e dell’ecografia
-
ai quadri di incontinenza urinaria persistente dopo terapia riabilitativa, medica o chirurgica
-
qualora sia previsto un intervento chirurgico per il trattamento dell’incontinenza urinaria
-
qualora si sospetti un’incontinenza urinaria mascherata da prolasso pelvico (la paziente
afferma di avere avuto perdite di urina in passato), in previsione di un intervento chirurgico
Normalmente si raccomanda come prima linea investigativa la pratica dell’uroflussometria libera
con misurazione del residuo post-minzionale e la cistomanometria da riempimento; se è necessaria
la valutazione della competenza uretrale sono indicate la misurazione del profilo uretrale e/o
l’abdominal-leak point pressure (VLPP).
La funzione vescico-uretrale dovrebbe essere studiata durante la fase di svuotamento (con lo studio
pressione/flusso, la videourodinamica e l’elettromiografia) se si sospetta e/o presume l’esistenza di
un difetto di svuotamento o di una neuropatia.
La videourodinamica è un’indagine di secondo livello da far effettuare a personale tecnicamente
addestrato e competente e deve essere praticata solo per la dimostrazione di incontinenza urinaria
e/o iperattività detrusoriale altrimenti non evidenziate. L’holter urodinamico è un’indagine da
praticare a quelle donne con presenza del sintomo e assenza di evidenze patologiche dimostrate da
altri test urodinamici.
L’esame urodinamico deve essere effettuato, letto e relazionato secondo modalità e terminologia
standardizzata. L’esame da solo non è adeguato a porre diagnosi se non in un contesto che tenga
conto delle informazioni derivanti da un adeguato, corretto e completo inquadramento anamnestico-
clinico del singolo caso.
Il ruolo dell’urodinamica nella valutazione pre-operatoria delle pazienti incontinenti è piuttosto
controverso (Vignoli G. L’urodinamica nell’era delle sling sub-uretrali:ha ancora un ruolo? It. Ost.
Gin. - 2006 -Vol. 11. Colli E, Artibani W et a. Are urodynamic tests useful tools for the inittial
conservative management of non-neurogenic urinary incontinence? A review of the literature. Eur
Urol , 2003; 43: 63-69). Problemi logistici da un lato e difficoltà interpretative dall’altro ne hanno
fortemente messo in discussione l’utilità. L’utilizzo sempre più comune delle slings medio-uretrali
nella correzione chirurgica dell’incontinenza ha semplificato ulteriormente il problema: la
possibilità di effettuare questi interventi in regime semi-ambulatoriale ha fortemente ridimensionato
l’utilità di un ‘indagine che sovente pone più dubbi che certezze’ (Winters JC: Urodynamics in the
era of tension-free slings: defining the role. Current Urol Rep 2004; 5: 343-347). L’utilizzo ed il
significato dell’urodinamica come esame “principe” nella valutazione dello stato funzionale delle
basse vie urinarie è fortemente messo in discussione all’inizio del terzo millennio. Da un lato la
qualità intrinseca dell’urodinamica nella definizione dei meccanismi fisiopatologici alla base dei
disturbi delle basse vie urinarie è meno che ottimale, per cui il suo impiego routinario è
probabilmente di utilità limitata nella individuazione di specifiche tipologie di pazienti. Dall’altro,
l’indagine urodinamica non è facile da eseguire e la qualità dell’esame e quindi la diagnosi è
strettamente dipendente dall’abilità dell’urodinamista. La chirurgia dell’incontinenza, sotto il
profilo tecnico, non richiede doti eccezionali, ma l’esito dell’intervento è fortemente condizionato
dalla selezione delle pazienti. Per questo motivo, chi vi si dedica deve avere una esatta conoscenza,
diretta o mediata, dei meccanismi che sono alla base dei disturbi. E in questo senso l’urodinamica,
sia attuale che nei suoi possibili sviluppi futuri, mantiene intatte le sue prerogative.