Sistemi Economici Comparati Anno accademico 2013-2014 Prof.sa Renata Targetti Lenti Terzo gruppo di domande: lo sviluppo comparato di Cina, India e Corea del Sud. Lezione riassuntiva 18/12/2014 Cina e India Il confronto tra due grandi paesi come Cina e India è funzionale a meglio comprendere i fattori specifici che hanno caratterizzato il sentiero di sviluppo di ciascuno di essi. Si sostiene a tale proposito che Cina e India “si svilupperanno autonomamente secondo linee mutually reinforcing e non conflittuali”. Cina ed India continueranno a uniformarsi a modelli distinti, ma sfrutteranno al meglio le rispettive eccellenze. Le differenze nei rispettivi percorsi di crescita sono da attribuirsi alle specifiche condizioni iniziali ed al congiunto operare non solo di fattori economici, ma anche politici e sociali. Il progressivo inserimento di India e Cina, nell’economia globale ha seguito le tappe dei rispettivi processi di riforma con significative differenze nelle traiettorie e nei ritmi di apertura verso l’estero. In entrambi i paesi il ruolo dello Stato e delle imprese pubbliche si è rivelato determinante per l’avvio del processo di crescita.. La crescita cinese, ma anche quella indiana, è stata inizialmente sostenuta da una robusta accumulazione di capitale, nel settore pubblico dell’economia, e dalla corrispondente, sistematica compressione dei consumi. In entrambi i paesi l’assetto macroeconomico e le politiche governative hanno prima frenato e poi favorito la crescita. Gli interventi di politica economica dei primi decenni hanno modellato la struttura produttiva, segnando profondamente i ritmi e le modalità della successiva transizione. La Cina da economia socialista pianificata e centralizzata si è gradualmente trasformata negli ultimi tre decenni fino a diventare un’ “economia socialista di mercato” L’India è, dall’indipendenza, una democrazia pluripartitica con un marcato decentramento federale. E’ diventata un’economia mista. realizzando un “mix” tra piano e mercato. In entrambi i paesi le diverse fasi dello sviluppo sono state contrassegnate da significativi mutamenti politici e dall’emergere di personalità come Deng Xiaoping e Jiao Zeming in Cina, come Nehru, i Gandhi e più recentemente Manmohan Singh in India. Le radici e le caratteristiche del processo di sviluppo vanno ricercate in tempi lontani: In Cina negli anni del “grande balzo in avanti” nascono e si sviluppano specificità e squilibri che caratterizzeranno la struttura economica cinese per l’avvenire. In India risale a Nehru, subito dopo l’indipendenza, la decisione di promuovere un modello di pianificazione centralizzata basato sull’intervento dello Stato come regolatore del sistema economico e come “proprietario” delle risorse produttive.. In Cina un disinterested government ha creato attraverso ad un graduale processo riformatore, le condizioni di una crescita sostenuta e per la trasformazione da un’economia pianificata ad una di mercato. Al “socialismo confuciano” della nuova Cina si contrappone in India la “democrazia diffusa”, contraddistinta da un’ampia autonomia regionale e da un modello di “organizzazione sociale guidata dal basso”. In India il processo di liberalizzazione a partire dall’inizio degli anni 90 ha stimolato un processo di modernizzazione del paese attraverso l’industrializzazione. In due decenni la Cina è passata dalla condizione di paese semiindustrializzato a quella di paese industrializzato, da economia fortemente centralizzata è diventata un’economia gradualmente più decentrata. Da paese ad economia socialista e sostanzialmente chiuso alle relazioni commerciali esterne la Cina è diventata un’economia pienamente integrata nei circuiti commerciali globali Prima dell’avvio del processo riformatore, la Cina era un’economia socialista pianificata dal centro. Oggi la Cina è un’economia del triplo mix: i) una complessa miscela di piano e di mercato, ii) di proprietà pubblica e privata. Permangono molto stretti gli intrecci tra imprese private e settore pubblico, in particolare per quanto riguarda l’accesso alle fonti di finanziamento. iii) di decisioni economiche centralizzate e decentrate, definita dalle stesse autorità cinesi una “economia socialista di mercato”. La crescita è stata sostenuta da un elevato processo di accumulazione del capitale favorito dall’elevato tasso di risparmio interno e da una sistematica compressione dei consumi. Il crescente flusso di esportazioni ha consentito al paese di accumulare ingenti riserve e di favorire un rapido processo di industrializzazione. Le radici di un modello di “via finanziaria allo sviluppo”, vanno ricercate in tempi lontani: i) l’elevato tasso di investimenti e di accumulazione a scapito dei consumi, ii) la ridotta quota delle spesa pubblica dedicata ad interventi di natura sociale, Delineate le prime due fasi delle riforme che hanno caratterizzato il sistema economico cinese. L’evoluzione e la trasformazione del sistema economico può essere considerata il portato del succedersi dei mutamenti politici. Il primo ventennio del dopoguerra, tra il 1953 ed il 1978, è stato caratterizzato da una sorta di rivoluzione permanente improntata all’ideologia marxista. Gli anni 60 sono stati dominati dalla leadership di Mao che è culminata nella cosiddetta “rivoluzione culturale”. Grazie al “Grande Balzo in Avanti” si era ottenuto un livello di risparmio adeguato sacrificando i salari industriali, i consumi e gli investimenti in agricoltura. A partire dal 1978, su impulso di Deng Xiaoping iniziava quel complesso itinerario, durato più di un trentennio, che ha condotto la Cina dal dopo Mao al XVIII Congresso nel 2012 (figura 7). I due nuovi principi guida diventarono “riforme e apertura”. Il processo riformatore venne favorito da una vasta adesione da parte della popolazione all’obiettivo della crescita. Nel 1978 iniziava una prima fase di riforme con l’abbandono progressivo del sistema pianificato. Si dava, innanzitutto, il via a misure per una radicale trasformazione della Cina rurale smantellando gradualmente le comuni popolari a favore di un sistema semiprivato e familiare di gestione della terra. Alle famiglie veniva concesso in usufrutto l’appezzamento di terreno da coltivare Veniva introdotta una nuova tipologia di imprese collettive, la “township and village enterprises” (TVEs) controllate dal potere pubblico, ma a livello locale. A partire dal 1984 inizia la seconda fase con le progressive riforme del settore industriale e dell’economia urbana. Vennero introdotti meccanismi di mercato all’interno dell’economia pianificata. Con la liberalizzazione dei prezzi e dei salari aumentò l’autonomia delle singole imprese, grazie anche alla possibilità di trattenere i profitti all’interno dell’impresa. La terza fase delle riforme nel sistema economico e politico cinese. In una terza fase è stato avviato anche il processo di privatizzazione delle grandi industrie e la costruzione di quelle istituzioni (di natura giuridica, sociale ed amministrativa) che dovevano essere funzionali all’espansione di un’economia di libero mercato. Il diritto ha acquistato una posizione centrale all’interno del sistema economico e sociale della Cina, sia pure limitato alla sfera commerciale, ed ancora subordinato alle decisioni di natura politica. La sfera privata, in tutti i suoi aspetti, dal diritto di proprietà, alla regolamentazione dei contratti, delle professioni e dell’impresa è stata al centro delle riforme. Di grande rilevanza è stato l’impegno legislativo e lo sforzo di armonizzazione del diritto cinese alla legislazione internazionale (norme per la concorrenza, per i diritti sulla proprietà intellettuale, leggi sugli investimenti esteri) e per garantire l’uniformità delle regole e della loro applicazione in tutto il paese (“occidentalizzazione delle regole”) Lo sviluppo e la trasformazione dell’economia cinese è stata accompagnata da una trasformazione “silenziosa” del Partito Comunista Cinese (PCC). L’apparato amministrativo cinese è stato oggetto di ricorrenti riforme. La sua efficienza, tuttavia, resta subordinata in larga misura ad obiettivi di natura politica, e cioè alla necessità del PCC di riaffermare la propria legittimità a governare. Il PCC, pur mantenendo saldo il potere e pur continuando a esercitare una funzione decisionale incontrastata soprattutto nelle imprese pubbliche, ha dato prova di adattabilità. E’ progressivamente aumentato il peso politico dei poteri locali, soprattutto delle province e delle città che sono cresciute più rapidamente. Alle imprese controllate dal governo centrale, attraverso i diversi ministeri, si affiancano quelle di proprietà delle province e delle municipalità, particolarmente sensibili, nel definire i propri assi strategici di crescita, alle esigenze di sviluppo regionale e locale. La politica della “porta aperta” Nel 1979 venne approvata una legge che autorizzava gli investimenti esteri (politica della “porta aperta”). Nel 1984 le Zes sono state estese ad un’area costiera molto più vasta il cui epicentro era Shangai. Questo processo di apertura verso l’esterno si è tradotto: i)in una rapida integrazione della Cina nel mercato mondiale ii) in una progressiva adesione alle principali Organizzazioni Economiche Internazionali. E’ del 1980 l’adesione della Repubblica Popolare Cinese (RPC) alla Banca Mondiale ed al Fondo Monetario Internazionale. Questa fase culminava con la piena integrazione della Cina nell’economia internazionale e con l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 2001. E’ progressivamente aumentata la competitività delle imprese cinesi grazie anche all’afflusso di investimenti diretti esteri (Ide) ed al miglioramento delle competenze. I più importanti investitori diretti in Cina sono Giappone, Corea, Stati Uniti e Taiwan. Anche gli investimenti cinesi all’estero hanno assunto un valore significativo, stimolati dalla cosiddetta politica go global. Si dirigono prevalentemente verso Hong Kong, Stati Uniti, Europa e più recentemente America Latina ed Africa. Queste delocalizzazioni hanno sostanzialmente due obiettivi: investire in settori che producono fonti energetiche oppure per mantenere mercati di sbocco contrastando le crescenti tendenze protezionistiche. I fattori negativi che condizioneranno lo sviluppo cinese. In Cina uno dei principali problemi, oggi, consiste nel conciliare lo sviluppo con la sostenibilità sociale e ambientale. Nonostante e probabilmente a causa del rapido processo di crescita, permangono forti squilibri di natura economica, politica e sociale. Sono aumentate le disuguaglianze di ogni tipo, nelle condizioni delle diverse categorie di lavoratori (tra popolazione urbana e rurale, tra occupati e disoccupati, tra classe media e classe operaia), nella redditività dei diversi settori e/o aree territoriali, nelle relazioni tra Stato e mercato, nella relazione tra sviluppo e collocazione del paese a livello internazionale con riferimento in particolare alle variabili di natura macroeconomica. Le differenze regionali espresse in Pil a prezzi correnti sono da 1 a 9. E’ crescente pure il disagio nelle zone rurali per il modo in cui vengono urbanizzate le zone agricole a favore di nuovi insediamenti produttivi e residenziali ed assegnate le rendite derivanti dal processo di urbanizzazione. Il rapido processo di industrializzazione ha finito con il produrre esternalità negative di varia natura come l’inquinamento ambientale. La Cina è la prima fonte di emissioni di diossido di carbonio al mondo (25% del totale). L’inquinamento e la scarsità di risorse energetiche sono il vincolo maggiore per la sostenibilità della crescita, sebbene la scoperta di estesi giacimenti di gas naturale di rocce scistose bituminose (shale gas) possa in parte ridurre l’impatto della scarsità di fonti energetiche. La riduzione della congestione e dell’inquinamento insieme all’eliminazione della povertà ed alla riduzione delle diseguaglianze sociali sono i principali obiettivi indicati da Xi Jinping (attuale presidente della Repubblica Popolare Cinese in carica dal marzo 2013) per il prossimo futuro. Caratteristiche dell’economia indiana L’India è un’economia mista, con una forte presenza pubblica nel settore industriale ed in quello creditizio. Ancora oggi il governo, sia federale che statale, svolge un ruolo significativo tanto di regolazione quanto di gestione diretta delle numerose imprese pubbliche. Lo Stato è andato progressivamente assumendo un ruolo preponderante, quando non esclusivo, in settori rilevanti dell’economia indiana (si parla a questo proposito di Commanding Height). Grandi conglomerati privati, in genere a controllo familiare, coesistono con un elevato numero di microimprese, molte delle quali operanti nel settore informale dell’economia. Democrazia e sviluppo in India In India il sistema democratico, fortemente decentrato, ha rappresentato un freno al processo di accumulazione. Le divisioni in caste, etnie ed il dualismo regionale e tra settore formale e informale hanno ostacolato la pur rapida trasformazione dell’economia. Tasso di risparmio e tasso di investimento sono stati sistematicamente inferiori a quelli cinesi. Gli investimenti esteri in India sono stati considerati per molti anni un potenziale ostacolo allo sviluppo del sistema economico. La carenza di infrastrutture adeguate continua a rappresentare un ostacolo per lo sviluppo indiano. Il settore manifatturiero occupa un peso tuttora modesto (pari al 14,4% del PIL nel 2011 contro il 29,6% della Cina) mentre più consistente, e in qualche misura anomalo per un paese emergente, è il peso del settore terziario (54,4% nel 2010). Il modello indiano di sviluppo Il periodo tra il 1947 ed il 1980 è stato definito come quello della “creazione del modello indiano di sviluppo”. Risale a Nehru la decisione di promuovere un modello di pianificazione centralizzata basato sull’ intervento dello Stato. Il riferimento teorico per la stesura del piano era stato un gruppo di economisti di orientamento comunista guidato da Mhalanobis. Gli orientamenti di policy riflettevano, invece, in larga misura i principi gandhiani. Morigeratezza nei comportamenti di consumo come ricerca di un migliore equilibrio tra uomo e natura. La pianificazione centralizzata, analogamente a quanto accaduto in Cina, aveva annullato ogni sorta di incentivo, riducendo di conseguenza la produttività e la competitività del sistema. I prezzi interni erano molto più elevati di quelli internazionali, mentre il sistema delle licenze aveva dato luogo al formarsi di posizioni di rendita. Tali politiche ebbero come effetto tassi di crescita dell’economia di modesta entità. Si è così consolidato il potere oligopolistico delle imprese statali e dei grandi conglomerati privati. Gli anni ’80. La seconda fase del processo di sviluppo. Il periodo compreso tra l’inizio degli anni ’80 ed il 1990 è stato caratterizzato da un più accentuato decentramento dei processi decisionali e dalla promozione delle privatizzazioni e delle esportazioni. Grazie al deprezzamento del tasso di cambio reale e alla riduzione delle tariffe, le esportazioni di prodotti sia manifatturieri sia agricoli sono aumentate in misura significativa consentendo di importare beni capitali e tecnologie più avanzate. Il regime delle licenze è stato reso più flessibile sebbene in modo selettivo (Hindu rate of reforms). Hindu rate of growth Nel corso degli anni ‘80 la crescita indiana ha registrato, per la prima volta, un’accelerazione. E’ stata in larga misura determinata da politiche di bilancio espansive che, unitamente all’aumento dei sussidi, avevano contribuito ad accrescere il disavanzo del settore pubblico. Il fabbisogno di quest’ultimo era stato in parte finanziato “monetizzandolo”, e cioè collocando titoli del debito pubblico presso la Banca Centrale. L’accumulo dei disavanzi si era tradotto in un aumento del debito pubblico con conseguenze significative in termini di elevati tassi di inflazione, necessità di ricorrere al credito estero per il finanziamento degli investimenti, aumento del debito estero. Il processo di liberalizzazione che ha caratterizzato il sistema economico e indiano negli anni 90. Le riforme economiche varate nel 1991 e i positivi effetti dell’ accresciuta integrazione del paese nel sistema internazionale hanno favorito la valorizzazione delle sue potenzialità, così da determinare, in due decenni, un aumento del PIL di quasi quattro volte. Fu Narasimha Rao, divenuto il nono primo ministro indiano, dopo l'assassinio di Rajiv Gandhi, ad avviare, con il supporto del ministro delle Finanze Manmohan Singh, un intenso processo di riforme economiche in senso capitalistico. Il tasso di crescita del PIL è aumentato progressivamente attestandosi attorno al 6,2% in media all’anno nel periodo 1991-2001, per passare successivamente all’8% nel periodo 2001-2011 e ridursi progressivamente al 6% nel 2011. La ripresa è stata particolarmente significativa nei settori industriale e dei servizi nonché nella domanda di beni di consumo. Caratteristiche del sistema produttivo Le politiche industriali attuate nel tempo sono all’origine di un sistema produttivo marcatamente dualistico dal punto di vista delle tecniche impiegate e tra imprese private e pubbliche, imprese di grande o di piccola dimensione, imprese industriali o agricole. Le produzioni di beni di base, intermedi e di consumo (fra questi ultimi il tessile, specie cotoniero, è tra i più antichi e importanti) coesistono, e si sono sviluppate a ritmi comparabili. Nel settore pubblico le imprese erano e sono tuttora prevalentemente di grandi dimensioni e utilizzano tecnologie a elevata intensità di capitale. Il processo di privatizzazione ha trovato corrispondenza nello sviluppo di alcune grandi imprese a proprietà familiare. La piccola e media industria, tuttavia, mantiene un ruolo di rilievo. Il peso del settore manifatturiero è ancora relativamente contenuto rispetto al terziario. L’espansione del terziario avanzato è stata più rapida della norma, per un paese emergente. Numerosi sono i fattori determinanti di queste e di altre anomalie: i) regime delle licenze adottato nel primo periodo della pianificazione; ii) rigidità del mercato del lavoro iii) nonché alla carenza di infrastrutture L’ elevato peso di un settore terziario avanzato viene ricondotta alle caratteristiche del sistema formativo indiano, una singolarità per un paese emergente. La spesa in higher education è relativamente più elevata di quella in primary education. L’offerta di lavoratori ad elevata qualificazione ha determinato la nascita di imprese caratterizzate da tecnologie avanzate e particolarmente competitive in alcuni settori come le biotecnologie l’industria elettronica ed il terziario avanzato. La presenza del lavoro qualificato in alcune industrie è particolarmente significativa. In un contesto caratterizzato da una severa normativa antimonopolistica, da elevata protezione tariffaria e da sussidi alle imprese pubbliche, l’offerta di lavoratori qualificati ha determinato la nascita di imprese particolarmente competitive nel terziario avanzato. Il processo d’integrazione internazionale del sistema indiano In talune produzioni l’India è considerata già oggi un’alternativa significativa alla Cina, anche in ragione dei livelli retributivi più contenuti del lavoro non qualificato, sebbene in tutto o in parte compensati, a seconda dei settori, da una più bassa produttività del lavoro. Il confronto deve tuttavia essere effettuato tenendo conto anche di fattori ulteriori, che possono condizionare l’attrattività del paese, in positivo o in negativo. Fattori sicuramente positivi sono la disponibilità di lavoro qualificato, utilizzabile in modo complementare a quello non qualificato, e l’esistenza di un terziario avanzato che potrebbe fornire importanti servizi alle imprese europee (e in particolare italiane). I prodotti industriali e informatici indiani hanno ormai raggiunto standard qualitativi del tutto comparabili a quelli occidentali, con un elevato contenuto di valore aggiunto, innovazione e design. Corea del Sud 13° paese al mondo in termini di PIL totale quarto posto in Asia dopo il Giappone, la Cina e l'India possiede un elevato livello tecnologico in vari comparti del settore industriale e terziario industria cantieristica, i grandi chaebols (Samsung, LG, Hyundai, ecc ..) industrie elettroniche e siderurgiche l’industria edilizia opera in Medio Oriente e in molte altre parti del mondo Università e laboratori di ricerca hanno prodotto un crescente numero di scienziati ed ingegneri di elevata competenza gode di uno dei più alti standard di vita nel mondo la speranza di vita è superiore a quello degli Stati Uniti. Le radici del successo di questo paese sono state individuate in una combinazione di eventi storici e di appropriate politiche. Gran parte della storia della penisola coreana e della cultura del paese è stata influenzata dai cinesi e dai giapponesi. Buddismo, Taoismo e Confucianesimo Nel dopoguerra la penisola coreana era stata liberata dal dominio giapponese (1910-1945), ma era stata divisa in due parti. Entrambi erano paesi molto poveri, prevalentemente agricoli. Nel giugno 1950, la Corea del Nord invase il Sud, una lunga e sanguinosa guerra ebbe inizio. Nel 1953, alla fine della guerra l'economia della Corea del Sud era in condizioni disperate. Il PIL pro capite era simile a quello dei paesi dell’Africa sub-sahariana. Fino alla metà degli anni '70 la Corea del Nord si trovava in condizioni migliori rispetto al Sud, disponendo di abbondanti risorse naturali, di alcune attività industriali pesanti e di infrastrutture relativamente migliori. Anche se la Corea del Nord è stato fortemente assistita dall’Unione Sovietica, lo è stata meno della Corea del Sud aiutata da parte degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti mantengono ancora un loro contingente di soldati molto consistente. Il reddito pro-capite della Corea del Nord è, oggi, meno del 5% di quello della Corea del Sud I nordcoreani vengono considerati dal governo del sud come la principale minaccia alla stabilità della penisola. La pericolosità di tale situazione è concreta, anche a causa del possesso di armi nucleari da parte dei nordcoreani. A causa del flusso migratorio dal Nord al Sud la popolazione sudcoreana crebbe velocemente fino ad arrivare ai quasi 50 milioni di abitanti di oggi. La densità della popolazione è una delle più alte del mondo. Più dell’80% della popolazione sudcoreana vive nelle aree urbane, come Seoul e Busan. Il tasso di crescita demografica è particolarmente basso e tendente allo zero. L’aspettativa di vita, invece, è tra le più alte al mondo. L’11,5% della popolazione totale ha più di 65 anni Il numero di immigrati presenti nel paese rimane ancora modesto anche a causa della forte omogeneità etnica e culturale del paese. L’emigrazione è invece un fenomeno ben conosciuto, sviluppatosi soprattutto durante il periodo della colonizzazione nipponica (1910-45). I paesi maggiormente interessati dall’emigrazione sudcoreana sono stati la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone e le ex repubbliche sovietiche. La Corea del Sud è una repubblica presidenziale. Il presidente è il capo dello stato, oltre che comandante in capo delle forze armate. Il primo ministro viene nominato dal presidente della repubblica e ‘approvato’ dal parlamento (l’Assemblea nazionale). Il presidente ha anche il potere di nominare i ministri. A partire dal 1961 fino al 1987 la Corea è stata controllata dai militari, che hanno conquistato il potere attraverso un colpo di stato e lo hanno mantenuto per un quarto di secolo. Park Chung-hee è stato l’ “uomo forte” della giunta (1961-1979). Ha introdotto misure contro la corruzione, politiche attive di pianificazione famigliare, favorito la normalizzazione dei rapporti con il Giappone. Ha dedicato un forte impegno alla crescita economica del paese. Ha rafforzato i poteri dell’‘Economic Planning Board (EPB) come autorità di collegamento tra le diverse branche dell’amministrazione pubblica. Ha posto le basi per il successivo sviluppo industriale. Nel 1962 la giunta, invece, ha predisposto un piano quinquennale (1962-66) che prevedeva un massiccio aumento degli investimenti per sostenere un rapido processo di industrializzazione sostituendo le importazioni con la produzione interna. Park venne assassinato nel 1979. Un’altra giunta militare governò fino al 1987. Nel 1987 il regime autoritario venne sconfitto e sostituito da un regime democratico. Il primo presidente del nuovo corso democratico fu un ex generale Roh Tae-Woo. Solamente nel 1993 fu eletto in modo democratco Kim YoungSam. Il successore Kim Dae-Jung è stato uno degli esponenti politici di maggior rilievo che la Corea del Sud abbia avuto. Ha affrontato con successo la grave crisi economica e finanziaria del 1997. Ha cercato di gestire in maniera profondamente diversa rispetto alle precedenti amministrazioni il rapporto con la Corea del Nord. Nel 2000 ha ottenuto il Premio Nobel per la pace. Questa politica di distensione ha caratterizzato anche la successiva amministrazione sudcoreana guidata dal progressista Roh Moo-hyun E stata abbandonata da Lee Myung-bak, in carica dal 2008 al 2012, il quale ha deciso di sposare una linea di maggiore fermezza nei confronti della Corea del Nord. Nel 2012 è stata eletta per la prima volta una donna Park Geunhye, leader del partito conservatore (Saenuri), figlia dell’ex leader della giunta militare Park Chung-hee. Alcune centinaia di persone all’anno vengono perseguite a causa della loro reale o presunta ‘simpatia’ nei confronti della Corea del Nord. Il problema della divisione tra Nord e Corea del Sud non è ancora stato del tutto superato. Il periodo successivo alla guerra di Corea ha rinforzato alcuni cambiamenti sociali ed economici La rigida divisione in classi confuciana in cui nobili, studiosi, funzionari governativi e contadini occupavano una posizione più elevata di quella dei commercianti e imprenditori, poco a poco scomparve sostituita dalla “nuova etica confuciana”. Questi cambiamenti, che si sono tradotti in un aumento del valore attribuito a classi sociali come quelle degli imprenditori, dei managers e dei commercianti, sono state cruciali per la modernizzazione dell'economia e della società coreana. Nello stesso tempo è rimasto elevato il prestigio ed il valore dell’istruzione e della burocrazia statale con responsabilità di governo. Dal conflitto con la Corea del Nord la Repubblica di Corea (ROK) uscì devastata. Il pil pro-capite era pari a circa 82 dollari americani, paragonabile quindi a quello dei più poveri e arretrati paesi africani e asiatici. Nel corso degli anni Sessanta il paese fu radicalmente trasformato grazie al perseguimento, da parte dei regimi militari, di politiche di crescita, di modernizzazione e e di industrializzazione. La Corea del Sud è riuscita a passare dai “piedi nudi alla banda larga” (from barefoot to broadband) grazie al ruolo eccezionale che la società assegna alla formazione ed alla ricerca a tutti i livelli con politiche mirate La Corea ha sperimentato tassi di crescita significativi e da nazione prevalentemente agricola è andata assumendo progressivamente la struttura attuale. A partire dai primi anni '60 il percorso di sviluppo della Corea del Sud ha cominciato a divergere da quello del Nord. Pur uscendo da una guerra civile, priva di risorse naturali, fortemente dipendente dal sostegno finanziario degli Stati Uniti, con mercato interno ancora ristretto, nel periodo 1953-97 la Corea del Sud è cresciuta ad un tasso medio di circa il 7,8% (Tabella 1). Ha dovuto superare un periodo drammatico di tensioni politicosociali e due gravi crisi economiche nel 1997-8 e nel 2008-9. Nel periodo 1997-98 il tasso di crescita è stato negativo. La rapida crescita della Corea, stabile per la prima metà degli anni Novanta, aveva cominciato a evidenziare alcune debolezze con la crisi economica del 1997-98 un elevato rapporto tra debito e capitale di rischio e un massiccio ricorso a prestiti esteri di breve termine hanno minato la tenuta del sistema industriale sudcoreano. Alla fine del 1997 inseguito alla bancarotta di alcuni tra i principali gruppi industriali del paese e la fuga degli investitori stranieri, il paese fu costretto per evitare il fallimento (default) a fare ricorso all’aiuto del Fondo monetario internazionale, che erogò alla Corea un prestito di ben 57 miliardi di dollari. La risoluzione della crisi deve essere attribuita principalmente alla ristrutturazione operata nel mercato del lavoro e alle misure introdotte dalla nuova amministrazione, volte ad attrarre investimenti stranieri. La crisi poteva dirsi quindi fondamentalmente riassorbita verso la fine del 1999 e il prestito del Fondo monetario internazionale estinto di lì a poco. A partire da quel momento la crescita è stata sostenuta come dimostra l’aumento del pil di oltre il 9% nel 2000. Durante la recente crisi finanziaria la recessione è stata evitata solo grazie a delle tempestive misure di stimolo dell’economia e al forte consumo di prodotti interni Il boom economico che aveva caratterizzato il 2010 sembra già aver rallentato nel 2011: il tasso di crescita del pil è stato solo del 3,6%, mentre il tasso di disoccupazione si è attestato sul 3,4%. Nel 1996 la Corea del Sud era entrata a pieno titolo nel club dei paesi OCSE. Nel 2010 la Corea del Sud ha assunto la presidenza del G20, il primo paese non-G8 a ricoprire questo ruolo. La presidenza del G8 ha permesso alla Corea di lanciare una sorta di "Seoul Consensus" La ROK è un paese leader in molti settori moderni come la robotica, l'elettronica ed il settore automobilistico; E il paese con il più alto tasso di accessi alla rete internet, leader nella produzione di semiconduttori e innovatore mondiale nell’elettronica di consumo. Tra il 2005 ed il 2010 la spesa totale in ricerca e sviluppo è aumentata del 10% all'anno Il divario nei valori del reddito procapite della ROK rispetto ai paesi OCDE si è drasticamente ridotto nel 2011 rispetto al 1970. Un fattore importante alla base del processo di sviluppo sono stati il processo pianificazione a lungo termine, una politica macroeconomica, ma anche industriale, in grado di creare le condizioni ottimali perchè le imprese introducessero le innovazioni. I fattori che hanno consentito questa crescita sono stati individuati in: un graduale trasferimento di lavoratori dal settore agricolo a quello manifatturiero; introduzione di tecnologie più avanzate grazie al rapido processo di investimento; elevata spesa in ricerca e sviluppo ed in istruzione. La redistribuzione della proprietà delle terre operata con una legge di riforma agraria all’inizio degli anni '50 ha contribuito a ridurre le disuguaglianze di reddito e di ricchezza. Un processo di industrializzazione guidato dallo Stato, negli anni '60, ha fatto della Repubblica di Corea (ROK), uno dei paesi più industrializzati del mondo, e ha creato le basi per una società prospera con alti livelli di libertà economica. Negli anni '70 il paese ha scelto di seguire un modello di crescita trainata dalle esportazioni ed ha individuato nei grandi conglomerati industriali (chaebols), i motori della rapida crescita economica. Significativo è stato lo sforzo fatto dai governi che si sono succedoti nel corso del tempo per favorire l'apertura dell'economia e per la promozione di un processo di rapida internazionalizzazione. L’economia high-tech e innovativa della Corea del Sud ha prodotto un numero di brevetti superiore a quello della maggior parte dei paesi industrializzati avanzati. La Corea del Sud è oggi il più grande costruttore di navi e uno dei più grandi produttori di acciaio del mondo. E’ il settimo più grande partner commerciale degli Stati Uniti. Molte aziende coreane, come Samsung, Hyundai-Kia, LG e SK, dominano i settori chiave dell'economia globale. Nonostante la crisi finanziaria globale sviluppatesi a partire dal 2007, la Repubblica di Corea detiene considerevoli riserve in valuta estera e si prevede possa mantenere un significativo tasso di crescita economica anche per il futuro. La Corea del Sud ha firmato numerosi accordi di libero scambio (Fta) con Cile, India, Singapore, Asean. Se quello lungamente atteso con gli Stati Uniti non è ancora giunto alla fine del suo processo, quello con l’Unione Europea (Eu) è stato siglato il 6 ottobre 2010 a Bruxelles, trasformando il rapporto da semplici relazioni bilaterali a ‘partnership strategica’. Immediata conseguenza: l’abbassamento delle tariffe, la promozione del commercio e degli investimenti e la creazione di nuova occupazione sia in Corea che nei 27 paesi dell’Eu. Il settore manifatturiero dovrebbe essere quello che percepirà i maggiori benefici. Invece agricoltura e pesca potrebbero essere danneggiati, a causa delle aumentate importazioni dall’Europa. A partire dal 2007 la Corea ha risentito in particolare di quattro ordini di problemi: l’inflazione, le fluttuazioni valutarie, la crescente competizione delle economie avanzate e i conflitti geopolitici. Negli ultimi anni si sono via via aggravati i problemi derivanti dall’elevata disoccupazione giovanile e delle disuguaglianze di reddito. La spinta educativa e innovativa del paese ha continuato ad alimentare il motore della crescita. L'invecchiamento della popolazione, l'aumento della povertà relativa, la lenta dinamica del settore terziario e la crescente pressione dei Paesi emergenti in un mondo globalizzato rischiano di ridurre il vantaggio competitivo della Corea e le opportunità di lavoro delle giovani generazioni. Il sistema educativo coreano si colloca al vertice della classifica mondiale. Le famiglie non esitano a sopportare elevati sacrifici per investire nel capitale umano dei loro figli e gli insegnanti sono tra i meglio pagati al mondo. Università e centri di ricerca ricevono elevate risorse per facilitare il rientro dei laureati coreani. Una popolazione ben istruita, dedita al lavoro ha prodotto il miracolo economico della Corea del Sud. La Corea del Sud ha assegnato un’importanza notevole all’istruzione, tanto che il tasso di alfabetizzazione ha ormai raggiunto il 99%. Un sistema educativo molto efficace ma anche molto esigente ha enormi costi economici e umani. Strumentale al processo di rapida trasformazione industriale è stata anche la burocrazia economica, che ha saputo attuare politiche di buon livello. Il modello coreano è stato definito come un Developmental State, ovvero di uno stato orientato allo sviluppo, dove sono i politici a governare e controllare gli interessi particolari. I burocrati, invece, disegnano ed implementano politiche atte a promuovere lo sviluppo. Il paese presenta anche alcuni aspetti critici. Nel tempo si sono verificate due crisi finanziarie, il crollo del modello di sviluppo fordista, difficoltà a stimolare una rapida crescita della produttività in diversi settori dei servizi. Il tasso di crescita economica negli ultimi anni si è ridotto. Il modello coreano di sviluppo attuale sembra in grado di produrre investimenti e posti di lavoro all'estero più che in patria. Si è verificata una riduzione delle piccole e medie imprese, un impoverimento dell’imprenditorialità dal basso e una riduzione nel ritmo di nascita di start-up innovative. L'efficienza di un settore dinamico e competitivo nella produzione manifatturiera ha come contropartita un settore dei servizi, anche finanziari, non altrettanto dinamico ed efficiente. La Corea è oggi un paese ricco, ma non può più crescere velocemente solo copiando gli altri. Non può rimanere dinamico con un invecchiamento ed una contrazione della forza lavoro. Non è possibile diventare creativi con un sistema scolastico che privilegia l'apprendimento invece della creatività. Il governo è preoccupato e ha in programma di creare una fair society e di stimolare un cambiamento di atteggiamento nei confronti dei titoli di studio in cui il merito conti maggiormente. Il rigido modello sociale della Corea aggrava i problemi demografici di invecchiamento della popolazione. E’ diventato molto difficile conciliare lavoro e cura dei figli. Dal 1960 il tasso di fertilità in Corea è sceso più velocemente rispetto a qualsiasi altro paese. La Corea del Sud può contare su modestissime risorse energetiche interne, configurandosi quindi come uno dei principali importatori di energia al mondo. La forte dipendenza della Corea dall’importazione di petrolio ha condotto alla diversificazione della fornitura tramite l’adozione di una strategia a breve termine e di una a lungo termine. La crescente richiesta di energia elettrica viene invece soddisfatta attraverso una combinazione di energia termica, nucleare e idroelettrica. Come firmataria del Protocollo di Kyoto la Corea del Sud si è presa l’impegno di ridurre le emissioni di carbone dotandosi di 12 nuovi impianti nucleari prima del 2015. Proprio per ridurre l’inquinamento, e per tentare in qualche modo a sottrarsi alla dipendenza delle importazioni di petrolio, il governo sudcoreano ha deciso a metà del 2008 di favorire gli investimenti in fonti di energia rinnovabile.