Introduzione alla letteratura latina

Le origini della
cultura latina
Forme arcaiche
preletterarie
Lingue italiche
Alle origini il latino è solamente la lingua di
Roma, una piccola città circondata da una serie
di centri minori (Lanuvio, Preneste, Tivoli) nei
quali si parlavano dialetti latini, o comunque
affini al latino. Già a pochi chilometri da Roma
si parlavano lingue molto diverse: l'etrusco e
soprattutto il gruppo indoeuropeo delle lingue
italiche, con l'umbro a nord e l'osco a sud fino
all'attuale Calabria. Nell'Italia settentrionale si
parlavano altre lingue indoeuropee come il
ligure, il gallico e il venetico. Il greco era diffuso
nelle numerose colonie della Sicilia e della
Magna Grecia. Fino a tutta l'età repubblicana,
la situazione linguistica dell'Italia rimase molto
variegata: il plurilinguismo era una condizione
comune, e i primi autori della letteratura latina
parlavano più lingue.
Il latino è una lingua indoeuropea appartenente al
gruppo delle lingue latino-falische. Veniva già parlata nel
Lazio almeno dagli inizi del I millennio a.C. I segni
linguistici derivano da un alfabeto greco occidentale
(quello di Cuma), che a sua volta derivava da quello
fenicio; da alcune caratteristiche dell'alfabeto latino
sembrerebbe trasparire peraltro un'intermediazione da
parte dell’alfabeto etrusco (ad esempio, l'originaria
mancanza in latino di una distinzione grafica tra velare
sorda e sonora, entrambe notate con lo stesso segno
'C'; tale distinzione, presente nell'alfabeto greco, è
invece assente in quello etrusco). Originariamente le
lettere avevano un'unica forma, corrispondente alla
nostra maiuscola, cui si affiancavano delle varianti
corsive per la scrittura quotidiana; le minuscole furono
introdotte solo durante il Medioevo.
Oltre alla variegata situazione regionale, bisogna ricordare che lo
stesso latino di Roma non fu una lingua sempre uguale a se
stessa, ma presentò forti differenze diacroniche e
sociolinguistiche. Dal punto di vista diacronico:
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il latino preletterario (la lingua delle iscrizioni fino al
III sec. a.C.)
il latino arcaico (dalle origini della letteratura fino a
tutto il II sec. a.C.)
il latino classico (I sec. a.C.)
il latino augusteo (principato di Augusto)
il latino imperiale (fino al II sec. d.C.)
il latino tardo (fino al V sec. d.C.).
L’oralità delle origini
Dalla fondazione di Roma al 240 a.C., data
che segna l’inizio della letteratura latina con
la rappresentazione di un testo teatrale da
parte di Livio Andronico, la trasmissione della
cultura latina avviene oralmente: le credenze
religiose, le leggende e i miti delle origini, i
mores, le regole del vivere civile, ecc.
Le prime testimonianze scritte
Dato il carattere preminentemente orale della cultura
delle origini, le più antiche testimonianze scritte della
lingua latina sono iscrizioni a fine essenzialmente
pratico. Nelle prime iscrizioni si nota inoltre l'assenza
di norme scrittorie consolidate: il verso della scrittura
è a volte destrorso, a volte sinistrorso, a volte
bustrofedico, cioè destrorso e sinistrorso alternato
(letteralmente: «girando come i buoi quando
arano»), e in alcuni casi i caratteri sono ancora molto
simili a quelli dell'alfabeto greco.
IL CIPPO DEL FORO
Il più antico documento epigrafico che si
sia conservato è il cosiddetto Cippo del Foro
(575-550 a.C.; chiamato impropriamente
anche lapis niger, dalla «pietra nera»
sovrastante il cippo) un blocco di tufo
rinvenuto nel 1899 nel corso degli scavi della
seconda pavimentazione del Foro romano. La
scrittura ha andamento bustrofedico, e si
possono leggere con sicurezza solo alcune
parole, come sakros (la forma da cui deriva il
latino classico sacer), esed (= esset), recei (=
regi). È probabile che il cippo facesse parte di
un piccolo santuario dedicato a Vulcano, e che
il testo segnalasse l'esistenza di una zona
sacra e contenesse una formula di
maledizione contro chi l'avesse violata.
LAPIS SATRICANUS
Un'altra iscrizione della fine del VI secolo, di scoperta più
recente (1977), è il Lapis Satricanus «pietra di Sàtrico», dal
nome dell'antica città di Satricum, vicino ad Anzio, dove è
stata ritrovata nel corso degli scavi del tempio della Mater
Matuta. Il testo frammentario contiene la dedica di un dono
votivo a Marte (di cui attesta la forma raddoppiata Mamartei
= Marti, che si ritrova nel carmen Arvale), e riporta il nome di
un certo Publio Valerio, forse proprio Publio Valerio Publicola
che fu il primo consul suffectus «console supplente» della
repubblica, in sostituzione di Collatino nel 509.
VASO DI DUENO
Testo
IOUESAT DEIUOS QOI MED MITAT NEI TED ENDO COSMIS UIRCO SIED
ASTED NOISI OP(P)ETOIT ESIAI PAKA RIUOIS
DUENOS MED FEKED EN MANOM EINOM DUENOI NE MED MALO STATOD
Possibile interpretazione
Colui che mi invia scongiura gli dei che le fanciulle non ti concedano favori
se non vuoi essere soddisfatto per opera di Tutera. Un buono mi ha fatto fare a
fin di bene e per un buono non sia un male porgermi.
INTERPRETAZIONE DELL’ISCRIZIONE
DEL VASO DI DUENO
Il Vaso di Duenos (risalente al VI secolo, ritrovato tra il
Quirinale e il Viminale nel 1880) presenta un’iscrizione di
carattere privato. Nell'espressione Duenos med feced si
credette inizialmente di interpretare il nome dell'artigiano
creatore del vaso, mentre oggi si preferisce interpretare
bonus me fecit «mi ha fabbricato una persona onesta».
L'interpretazione è tuttora controversa, probabilmente si
tratta di istruzioni per l'uso del contenuto, si crede una
pozione magica per conquistare l'amore di una ragazza.
LA CISTA FICORONI
La Cista Ficoroni prende il nome dall'antiquario
settecentesco Francesco Ficoroni, che la scoprì in
un sepolcreto a Preneste: si tratta di uno
splendido cofanetto portagioielli cilindrico in
bronzo, cesellato con scene mitologiche (mito
degli Argonauti), risalente al IV secolo a.C.
L'iscrizione sul coperchio ci dice che un artista di
nome Novios Plautios la fabbricò a Roma e che
una matrona di nome Dindia Macolnia la donò
alla figlia. Iscrizioni di questo tipo, incise su oggetti
d'uso quotidiano, e contenenti formule
beneaugurali - o più spesso solo il nome
dell'artigiano, dell'acquirente, oppure un marchio
di fabbrica-, si ritroveranno sempre in gran
numero lungo tutto il corso della storia e in tutta
l'area di civilizzazione romana.
PRIME SCRITTURE NON LETTERARIE
• i trattati (foedera), tra cui il più importante è quello tra Roma e Cartagine,
conservatoci nella trascrizione greca di Polibio come testimonianza
indiretta;
• le leggi dei re (leges regiae), caratterizzate da un'impostazione sacrale: "Se
un giovane percuote un genitore, e quel genitore ricorre alla giustizia, il
giovane sia sacrificato agli dèi dei genitori“;
• le Leggi delle XII tavole;
• i Fasti, ossia il calendario ufficiale, disciplinato e sancito dalle autorità
religiose, diviso in dies fasti e nefasti; progressivamente indicheranno non
solo il calendario ma anche liste di magistrati e di eventi significativi; gli
Annales, ossia le registrazioni ufficiali, eseguite sulla base di un criterio
annalistico, di informazioni di rilevanza pubblica;
• i carmina, che comprendono le più antiche formule religiose e giuridiche
in verso saturnio oppure formule consuetudinarie, giuramenti, precetti. I
carmina sono produzioni a carattere religioso e rituale (Carmen Saliare,
Carmen Arvale), a carattere popolare (Fescennini) e celebrativo (carmina
triumphalia);
• oltre alle iscrizioni viste sopra, ci sono anche le epigrafi funerarie (il
Sepolcro degli Scipioni).
LEGGI DELLE XII TAVOLE
È un corpo di leggi, compilato nel
451-450 a.C. dai decemviri legibus
scribundis, contenenti regole di
diritto privato e pubblico. La
tradizione vuole che queste 12
tavole bronzee (andate distrutte in
un incendio in seguito al
saccheggio ad opera dei Galli nel
390 a.C.) fossero esposte nel Foro e
che i ragazzi romani le imparassero
a memoria. Anche se garantiscono
ancora il privilegio dei patrizi,
rappresentano comunque una
conquista per i ceti più deboli per
quanto concerne la certezza
equanime della pena, contro
l’arbitrio dei singoli giudici.
FASTI CONSOLARI E ANNALES
Ai pontefici era affidato il compito
di redigere la compilazione dei
Fasti consolari (liste dei consoli)
dei calendari (dies fasti, dies
nefasti). Il pontifex maximus
davanti alla propria residenza
esponeva una tabula dealbata su
cui annotava, oltre che i nomi dei
magistrati dell’anno in corso,
anche gli eventi salienti (guerre,
alleanze, terremoti, carestie, ecc.).
Dal 249 a.C. questa registrazione
divenne regolare dando origine
agli Annales.
Carmina
Con il nome generico di carmen (da ricondursi al
verbo cano, canto, e alla divinità italica detta
Casmena, o Carmena, o Camena) si designano
preghiere, canzoni popolari, composizioni conviviali,
elogi funebri e celebrativi in forma espressiva a metà
fra prosa e poesia, si potrebbe definire “prosa
ritmica”, il ritmo cadenzato rendeva più facile
l’ascolto e la memorizzazione. Distinguiamo:
 Carmina religiosi (carmen Saliare e carmen Arvale)
 Carmina celebrativi: carmina convivalia, elogia, carmina
triumphalia
Carmen Saliare
Il carmen cantato dai Salii , sacerdoti
di Marte e di Ercole, mentre
compivano la loro danza guerriera
con gli scudi sacri (ancilia),risale ad
età antichissima. I sacerdoti si
tramandavano oralmente le formule
liturgiche, cercando di rispettare con
scrupolosa esattezza una lingua sacra
così arcaica, che gli stessi sacerdoti
non capivano più (Saliorum carmina
vix sacerdotibus suis satis intellecta,
dice Quintiliano I, 6, 40). A noi sono
giunti solo alcuni piccoli brani del
carmen Saliare, tramandati in modo
frammentario e incerto, attraverso
citazioni di autori classici: solo i primi
due frammenti, che forse
appartenevano all'esordio della
preghiera, sono comprensibili.
Carmen Arvale
Il carmen dei fratres Arvales,
recitato nel secondo giorno della
festa degli Ambarvalia, per
propiziare la fecondità dei campi,
ci è conservato da un'iscrizione
che faceva parte dell'archivio del
collegio sacerdotale; datata al
218 d.C., è ora conservata nei
musei Vaticani. Sebbene la fonte
sia tarda, risulta evidente che i
sacerdoti conservavano da epoca
antichissima delle formule
d'invocazione che traevano la
loro forza sacrale proprio dal
prestigio dell’arcaismo
linguistico. Il metro è
l'antichissimo saturnio, e il
significato è abbastanza chiaro.
Il Sepolcro degli Scipioni
L. CORNELI L.F.P
SCIPIO QUAIST
TR. MIL. ANNOS
GNATUS XXXIII
MORTUOS PATER
REGEM ANTIOCO
SUBEGIT
Lucio Cornelio
Scipione, figlio di
Lucio, nipote di
Publio, questore,
tribuno militare,
morto a 33 anni.
Suo padre
sottomise il re
Antioco
Iscrizione di Lucio
Cornelio Scipione
Sulla via Appia Antica, a poche centinaia di
metri dalla porta di San Sebastiano, si trova
uno dei più straordinari reperti archeologici di
Roma repubblicana: il Sepolcro degli Scipioni.
Fu scoperto già nel 1616, e vandalicamente
esplorato nel 1780, quando i fratelli Sassi,
proprietari del terreno su cui sorgeva la loro
villa, durante gli scavi per la preparazione di
una cantina, vi si imbatterono.
Forme drammatiche preletterarie
 Fescennini (dalla città etrusca Fescennia, oppure da fascinum,
“malocchio” o “membro maschile”): canti, motteggi, scenette
buffe ricche di insulti e battute mordaci in occasione di festività
rurali (funzione apotropaica)
 Satura (da lanx satura, piatto colmo di primizie, o da lex satura,
calderone di leggi): spettacoli che fondono arti diverse: battute,
mimo, danza, canto; da un passo di Livio sembrerebbe che
l’origine della satura risalga all’allestimento di ludi scaenici da
parte di attori etruschi chiamati a Roma nel 364 a.C. con lo scopo
di allontanare la pestilenza.
 Atellana (dalla città campana di Atella): gli attori recitano su un
canovaccio rudimentale, improvvisando battute, insulti e
bastonature. I personaggi sono tipizzati e indossano una
maschera che li rende subito riconoscibili: Bucco il ciarlatano,
Pappus il vecchio libidinoso, Maccus lo sciocco sempre affamato,
Dossenus il gobbo astuto e malvagio.
Le fasi della letteratura latina



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Periodo arcaico (240 a.C. – 78 a.C.)
L’età repubblicana (78 a.C. – 27 a.C)
L’età augustea (27 a.C – 14 d.C.)
L’età imperiale (l’età giulio-claudia e l’età flavia, I
sec. d.C.; da Traiano a Commodo II sec. d.C.; la crisi
del III sec., dai Severi ai tetrarchi)

La letteratura cristiana (da Costantino al crollo
dell’impero romano d’Occidente: 306-476)
I generi della poesia in età arcaica

Epica: pieno adeguamento alle forme e al metro dell’epica greca, Livio
Andronico addirittura traduce l’Odissea (Odusia); romanizzazione del
contenuto, attenzione alla storia romana recente e contemporanea, intento
celebrativo: Bellum Poenicum di Nevio e Annales di Ennio.

Teatro: ripresa dei modelli greci per quanto riguarda soggetti ed intrecci
(Sofocle ed Euripide per la tragedia, Menandro, Filemone e Difilo per la
commedia), innovazioni strutturali valutabili solo per la commedia (Plauto e
Terenzio, perduta l’opera di Cecilio Stazio), rimangono solo frammenti di
tragedie (Livio Andronico, Nevio, Ennio, Pacuvio).

Satira: è l’unico genere su cui i romani vantano il primato (satura tota
nostra est, Quintiliano); inventore del genere fu Lucilio che inaugurerà il
filone della satira esametrica (l’altro filone è quello della satira menippea,
l’iniziatore a Roma fu Varrone); le sue satire trattano di politica
contemporanea, il tono è polemico.
I generi della poesia nel I sec. a.C.

Poema didascalico: poema in versi scritto per educare; i modelli sono
greci, soprattutto Esiodo de Le opere e giorni, ma anche gli scrittori
ellenistici; capolavoro del genere è il De rerum natura di Lucrezio.

La poesia lirica: molto diffusa nel I sec. a. C. grazie ai poetae novi, i
neoteori, che si rifanno ai poeti greci del VII sec. a.C. (Saffo, Alceo,
Archiloco, Mimnermo ecc), divenne lo strumento più duttile per
esprimere il nuovo sentimento soggettivo e individuale della cultura
romana nel I sec. a.C. Diventa espressione di un otium culturale che
ha nell’esaltazione del bello la prima forma di poesia estetizzante della
storia della letteratura. Il massimo esponente fu Catullo che, nei suoi
carmina, ricerca la perfezione stilistica e canta il suo amore travagliato
per Lesbia (ma sono presenti anche altri temi fra i quali l’amicizia).
I generi della prosa in età arcaica e nel I sec. a.C.

La storiografia: si separa dal genere dell’annalistica, eredita gli aspetti strutturali dai
maggiori storiografi greci (Erodoto e Tucidide), ma il riferimento costante al mos
maiorum è tipicamente romano; la storia è intesa come opus oratorium, una attività
letteraria connessa alla preparazione dell’uomo politico. Non è un caso che i due
maggiori storiografi del I secolo siano anche uomini politici: Cesare (De Bello Gallico
e De Bello Civili) e Sallustio (De Catilinae Coniuratione).

L’oratoria: nata con Appio Claudio Cieco al tempo delle guerre contro Taranto ebbe
grande diffusione come genere fondamentale per la vita politica e il cursus honorum.
Raggiunse il suo massimo splendore con Cicerone il quale non solo riuscì a mettere
in pratica le sue conoscenze e le tecniche oratorie ma scrisse molti libri sull’arte
retorica tanto da essere ritenuto ancora oggi una pietra miliare dei futuri avvocati e
politici.

La trattatistica (Catone, De agri cultura), la biografia (Cornelio Nepote, Varrone),
l’eudizione (Varrone), le opere filosofiche di Cicerone e l’epistolario.