Analisi monovariata
Lavoro a cura di Sovarino Elisa
A.A. 2002-2003
DEFINIZIONE: analisi monovariata studia le distribuzioni di
frequenza della variabile oggetto di studio.
Fornisce una descrizione completa della variabile, ovvero di come
essa è distribuita fra i casi rilevati nel campione. Lo scopo è quello
di studiare le variabili prese singolarmente senza metterle in
relazione tra loro. ( vedi Corbetta pg 497 )
Costituisce il punto di partenza per l’analisi bivariata e/o multivariata
(
studio delle relazioni
fra due
variabili
(
)
studio delle relazioni
intercorrenti tra più di due
variabili
)
La matrice dei dati
Per studiare le variabili singolarmente, si fa uso dei dati
ricavati dall’incrocio tra riga e colonna ovvero tra casi e
variabili, contenuti nella matrice dei dati.
Strumento euristico utile
VARIABILI
Sesso
età
religione
CASI
Marco
M
20
B
Antonia
F
24
A
Fabio
M
54
A
Paolo
M
31
A
Maria
F
22
B
….
per organizzare il
materiale empirico grezzo
al fine di analizzarlo con
gli strumenti della analisi
statistica.
A seconda del
tipo di variabile
variano le
procedure di tipo
statistico,
utilizzate dal
ricercatore
Le variabili
Le Proprietà si dividono in discrete ( se assumono stati discreti finiti, non frazionabili) e
continue ( se assumono infiniti stati intermedi in un dato intervallo fra due stati qualsiasi )
Le variabili possono essere classificate in base alle loro caratteristiche logicomatematiche in:
1) Categoriali
2) Ordinali
3) Cardinali
(scala nominale )
( graduatorie )
( Scala ad intervalli/di rapporti )
Ovvero quando la proprietà
da registrare assume stati
discreti non ordinabili. Le
uniche relazioni che si
possono stabilire tra le
modalità di una variabile
nominale sono uguaglianzadiversità
Ovvero quando la proprietà
assume stati discreti e
ordinabili. Fra le modalità di
una variabile ordinale è
possibile istaurare relazioni
di uguaglianza/ordine.
4) Variabili quasi cardinali
Ovvero quando le proprietà
sono
ottenute
mediante
un’operazione di misurazione o
conteggio. I valori delle
variabili fruiscono di un pieno
significato
numerico.
Si
effettuano le quattro operazione
aritmentiche
Sottoinsieme delle variabili cardinali; le proprietà non possono essere ottenute
mediante mere operazioni di conteggio, ma tramite il ricorso a tecniche di scaling. ( cfr.
Corbetta 106-112 )
Le proprietà dei tre tipi di variabili sono cumulative, queste possono essere viste come tre
livelli ordinabili gerarchicamente. Inoltre varia tra loro anche il livello di “informatività”,
da cui consegue che le tecniche d’analisi delle variabili a livello inferiore siano applicabili
anche alle variabili poste su di un livello superiore.
Analisi delle distribuzioni di frequenza
Riguardano
il modo in cui
le modalità della variabile
si trovano nel campione
Rappresentazioni nelle quali ad ogni valore
della variabile, viene associata la frequenza
con la quale essa si presenta nei dati analizzati.
( vedi Corbetta pg. 487, 497)
TABELLARE:
Il ricercatore dovendosi sempre attenere ad un
criterio di massima parsimoniosità, presenterà in tabella solo i dati essenziali
( frequenze percentuali ) accompagnate dall’indicazione della base ( N ) del
calcolo delle percentuali.
GRAFICA:
Il ricercatore si serve solitamente di rappresentazioni
grafiche per la loro grande efficacia comunicativa, nei confronti di un pubblico che
potrebbe avere difficoltà ad interpretare dei numeri.
Rappresentazioni grafiche della distribuzione di frequenza
Diagramma a barre: Modo più semplice di rappresentazione grafica. Il ricercatore
(supponendo di voler costruire un diagramma a barre a colonne), riporterà su un piano cartesiano
i valori delle variabili (asse Y) e le relative frequenze ( asse X). Si noti che solo l’asse dove sono
collocate le frequenze presenta una misura continua, e ordinata matematicamente; le modalità
invece vengono disposte sull’altro asse, seguendo l’ordine arbitrario del ricercatore.
Diagramma di composizione: la distribuzione di frequenza viene rappresentata suddividendo
l’area di una figura geometrica in parti proporzionali alle varie frequenze.Fanno parte di questa “
famiglia” il diagramma a torta, e il diagramma a barre suddivise ( figura viene divisa in barre di
altezza proporzionale alle frequenze delle variabili. ).
Istogramma: quando la variabile oggetto di studio è cardinale. La distribuzione di frequenza
viene rappresentata su un piano cartesiano, collocando su un asse la variabile ( continua )
suddivisa in classi, e sull’altro le frequenze, innalzando dei rettangoli di area ad esse
proporzionate.
Poligono di frequenza: quando la variabile oggetto di studio è cardinale. Lo si ottiene
congiungendo i punti medi dei lati superiori dei rettangoli di un istogramma con una linea, per
avere infine una “ spezzata ”che si approssimerà sempre più ad una curva continua, man mano
che le classi di una variabile cardinale si fanno sempre più numerose.
( cfr. Corbetta 515-520 )
Analisi delle distribuzioni di frequenza 2
Il ricercatore, tramite le distribuzioni di frequenza, dà una rappresentazione
sintetica di quanto è codificato nella colonna n°…, della matrice.
1)
Individua modalità di ciascuna variabile
es: SESSO M/F
2) Conta quante volte la modalità si presenta nella distribuzione tabellare della matrice
es: M = 16 ; F = 24
Frequenze assolute =
viene riportato accanto ad
ogni valore della variabile, il
numero
dei
casi
che
presentano quel valore, senza
altro
intervento
( semplice conteggio )
Il limite delle frequenze
assolute è la loro fortissima
dipendenza dal contesto in cui
sono state rilevate. Impossibile
fare
un
confronto
tra
distribuzioni.
Frequenze
=
relative
=
tramite
riferimento ad un totale comune, viene
riportato accanto un valore frutto di una
proporzione o percentualizzazione.
numero casi della “classe”
diviso il n° casi totale.
Lo scopo è quello di svincolarsi dal n° di
persone appartenenti al campione, così da
poter estendere la frequenza relativa ad
ogni tipo di situazione e confrontare diverse
distribuzioni.
(cfr. Corbetta pg.487 )
La scrematura dei dati:
La prima possibile utilizzazione della distribuzione di frequenza.
Ricognizione sui valori per identificare gli eventuali errori a
partire da incongruenze logiche ( crf. Corbetta pg. 494-497)
controlli di plausibilità
Controllare che tutti i valori delle variabili
siano plausibili, appartengano cioè al
• dei valori previsti dal codice
ventaglio
•valori mancanti
•
un certo caso, in una
Ad
certa variabile
viene assegnato “valore mancante” se quel
caso è privo di informazione su quella
variabile
controlli di congruenza
Confrontare le distribuzioni di due variabili
per far emergere eventuali incongruenze
ponderazione
Procedura tramite cui si può ricondurre la
distribuzione di una data variabile nel campione
a quella della popolazione. Con una proporzione
viene calcolato il peso dell’ unità campionaria,
dato dal rapporto fra frequenza nella
popolazione e frequenza nel campione. Si tratta
di un operazione da compiersi nella fase
precedente l’analisi dei dati; cercando di non
alterare in modo eccessivo i dati originari. ( cfr.
Corbetta pg. 496, 352-356 )
Misure di tendenza centrale e variabilità
Di tutte le caratteristiche di una distribuzione di frequenza due sono le più importanti:
misure di tendenza centrale
misure di dispersione/variabilità
Ci segnalano quella che è la
modalità centrale di una
distribuzione di frequenza
Modalità di una
variabile che si
presenta nella
distribuzione con
maggiore frequenza
Modalità del caso che
occupa il posto di
mezzo nella
distribuzione ordinata
dei casi secondo quella
variabile
E’ data dalla somma
dei valori assunti
dalla variabile su
tutti i casi divisa per
il numero dei casi.
Tendenza
centrale
moda
mediana
media
Tipi di
variabili
Ci segnalano come si collocano le altre
modalità attorno questo centro
Diciamo che una variabile
nominale ha una
Variabilità
distribuzione massimamente
omogenea quando tutti i casi
si presentano con la stessa
modalità. Viceversa è
massimamente eterogenea se
i casi sono equidistribuiti tra
le modalità. (cfr. Corbetta pg.
categoriale Omogeneità
eterogeneità
Differenza
Ordinale interquartile
s.s.m
cardinale Varianza
Deviazione
standard
504)
Se dividiamo i casi di una
distribuzione in quattro
punti di eguale numerosità, i
valori che segnano i confini
sono detti quartili, e la
differenza fra terzo e primo
è la c.d. diff. interquartile
Tali indici sfruttano tutte
le informazioni raccolte
su
variabili
cardinali
Annotazioni
Moda
se la distribuzione presenta due valori elevati che si distaccano dagli altri, la
distribuzione prenderà il nome di bimodale.
Mediana
cumulate (v.6)
per poter calcolare la mediana bisogna anzitutto calcolare le percentuali
Es:
mediana
Media
Modalità
%
%cum.
elementari
10
10
medie
30
40
diploma
40
80
laurea
15
95
dottorato
5
100
distribuzione cumulata di
frequenza: nella quale in
corrispondenza
di
ogni
valore della variabile, viene
riportata
non
la
sua
frequenza ma la somma delle
frequenze corrispondenti a
quel valore e a tutti quelli
inferiori.
è uguale alla sommatoria di i che va da 1 ad n per Xi fratto N; si può
calcolare solo se la variabile è cardinale; tuttavia vi sono alcune situazioni nelle quali anche se
la variabile è cardinale, si preferisce ricorrere alla mediana piuttosto che alla media
n
( v. Corbetta pg. 503 )

* Xi
i=1
X=
Con X indico una generica variabile, con Xi il valore che
assume sull’unità iesima, con N il numero totale dei casi
N
Misure di dispersione o variabilità
n
S. S. M.
Scostamento semplice medio

i=1
X – Xi
N
Modo molto semplice di calcolare la variabilità di una variabile cardinale potrebbe essere
costituito dalla media aritmetica degli scarti di ogni singolo valore dalla media. Infatti se calcolo
la media delle differenze ( ovvero quanto mi allontano dalla media per ciascuna risposta otterrò
un indicatore più o meno fedele di quanto accade nelle popolazione
Il valore assoluto è necessario per non considerare il segno e per non incorrere nel 1° teorema
fondamentale delle medie ( la media degli scarti dei valori dalla media è sempre uguale a
ZERO.)
MA per annullare il segno si può in alternativa elevare al quadrato, otteniamo così:
n

2
La varianza
X – Xi
2
i=1
S=
N
La deviazione standard : infine estraendo la radice si ottiene il c.d scarto quadratico medio
ovvero
La deviazione standard risente della grandezza della media della
n

S=
X – Xi
i=1
N
2
variabile; per tanto se si vogliono confrontare fra loro le variabilità
di distribuzioni aventi medie fortemente diverse, conviene
utilizzare un indice di variabilità che ne tenga conto, ovvero il
coefficiente di variazione.
( cfr Corbetta pg.510)
S
Cv =
X
Quando la variabile è cardinale e consiste in quantità possedute dalle unità d’analisi si
può calcolare la concentrazione di questa variabile nelle unità studiate.
equidistribuzione
vs
ammontare
complessivo di A
è attribuito ad una
sola unità
Se il suo
ammontare complessivo A
è distribuito
in parti uguali fra N unità,
cioè se ogni unità possiede
1/N di A
La concentrazione è un modo particolare di guardare alla variabilità: tanto più una
variabile è concentrata, tanto più elevata è la variabilità di quella variabile.
( si possono calcolare diversi indici di concentrazione )
Gini: rapporto di concentrazione
Si calcolano le proporzioni cumulate dei soggetti e della variabile in esame ( reddito )
Se il “reddito“ fosse equidistribuito queste proporzioni sarebbero uguali, e se riportate
su un piano cartesiano sarebbero allineate sulla bisettrice=segmento di equidistribuzione
Se non c’è equidistribuzione si darà luogo ad una spezzettata=curva di Lorenz.
L’area compresa fra la spezzettata e il segmento di equidistribuzione=area di
concentrazione ( cfr. Corbetta pg. 512 )
Indice di distanza e dissimilarità
Notevoli sono i vantaggi nel condurre delle analisi sulle righe di una matrice dati,
ovvero a partire dai casi:
È possibile infatti confrontare due righe della stessa matrice dei dati e calcolare l’indice
di somiglianza fra i profili dei due casi tramite il calcolo matematico della distanza
Dij =
2
Xi1 - Xj1
+
2
Xi2 -
Xj2
+
2
Xin - Xjn
NB. È possibile calcolare le distanze fra i casi solo se
le variabili sono cardinali ( la formula implica
operazioni aritmetiche fra i valori delle variabili. )
Se le variabili sono nominali si può procedere
tuttavia in maniera simile, ovvero trasformando le
variabili nominali in tante variabili dicotomiche 0/1.
Diverse e utili
applicazioni
Es: i casi possono essere
rrappresentati
da
aggregati territotiali, le
variabili
invece
dai
risultati territoriali, si
possono calcolare le
distanze fra le regioni
prese a due a due, oppure
le distanze di ogni
singola regione dalla
media nazionale. ( cfr.
Corbetta pg. 526)
Classificare
Per classificazione intendiamo il processo secondo il quale i casi studiati vengono
raggruppati in sottoinsiemi ( “ classi ” ) sulla base delle loro similarità.
Tramite una specifica procedura ( calcolo degli indici di
similarità/dissimilarità fra due distribuzioni di frequenza )
otteniamo un unico numero, in cui sono sintetizzate le
differenze esistenti fra due distribuzioni di frequenza della
stessa variabile.
Le classi presentano 3 fondamentali requisiti. Devono essere:
Esaustive
tutti i casi devono trovare collocazione in una classe, nessuno può esserne escluso.
Mutualmente esclusive
un caso può appartenere ad una sola classe.
Garanti dell’ unicità del fundamentum divisionis
il criterio rispetto al quale
facciamo le distinzioni ovvero rispetto al quale costruiamo le classi deve essere unico.
Tipi di classificazione
• Classificazione unidimensionale
aggregazione delle modalità in classi
Più semplice dei processi classificatori; i casi
vengono classificati per la loro somiglianza
relativamente ad una sola variabile.
In questi termini il problema della classificazione si riduce
a quello delle modalità delle variabili. Problema già
risolto nella fase precedente la rilevazione dei dati e
nella fase di codifica, MA per molte variabili nella
fase di analisi dei dati deve essere perfezionata
mediante l’operazione di aggregazione di alcune
modalità.
-
-
variabile nominale aggregazione fra modalità
è necessaria per l’analisi bivariata,la quale
necessitaper ogni modalità un numero
sufficiente di casi e dunque che le frequenze
delle varie modalità siano fra loro wquilibrate
Variabile cardinale aggregazione delle
modalità consiste in un raggruppamento in
classi di maggiore ampiezza ed avviene
secondo tre criteri: 1) raggruppamento dei
valori della variabile in intervalli di uguale
ampiezza
2) raggruppamento dei
valori assume a riferimento il loro significato
3) raggruppamento dei
valori assume a riferimento la sua distibuzione
di frequenza.
•
Classificazione multidimensionale
tipologie e tassonomie
I casi possono essere classificati sulla base di più
variabili, cosicchè possano essere classificati
mettendo in relazione (es) reddito e occupazione
Tassonomia: è una classificazione nella quale le
variabili che la costituiscono sono considerate
in successione gerarchica per variabili di
generalità decrescente. Sono molto comuni nelle
scienze naturali,e poco in quelle sociali.
Tipologia: è una classificazione nella quale le
variabili che la compongono sono considerate
simultaneamente / congiuntamente. Le classi di
una tipologie sono dette tipi.
Lo scopo: interpretativo ed esplicativo, finalità
euristiche.
La tipologia deve essere feconda, deve fornire
qualcosa di aggiuntivo rispetto a ciò che ci dice
la combinazione delle singole variabili.
Esempio di tipologia è quella proposta da
BECKER sull’atteggiamento dei genitori nei
confronti dei figli.
( cfr. Corbetta pg. 529-534 )