CELLULE STAMINALI Gigliola Sica Direttore dell’Istituto di Istologia ed Embriologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia Università Cattolica del Sacro Cuore Roma, Italia. Cellule staminali L’aggettivo “staminale” deriva dal latino “stamen” (stame) che significa letteralmente “ordito del telaio – filo”. In botanica lo stame è il filamento la cui parte terminale contiene il polline. Il greco “stemon” riconduce alla radice di “stare” nel senso di “essere ritto”. L’inglese “stem” indica la parte principale di una pianta, che ne costituisce l’asse portante che supporta foglie, fiori e frutti. L’aggettivo “staminale” sta a significare, pertanto, “ancestrale”, che precede, nel caso specifico delle cellule, altri elementi cellulari. Le cellule staminali sono elementi provvisti di due caratteristiche principali: 1) la capacità di autorinnovamento illimitato o prolungato e cioè di riprodursi senza differenziarsi; 2) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di transizione con attitudine proliferativa limitata, dalle quali discendono popolazioni di cellule altamente differenziate. Le cellule staminali e quelle progenitrici specifiche sono morfologicamente e citochimicamente indistinguibili. Sono cellule rotonde, con una sottile rima di citoplasma basofilo e nucleo con 2 o più nucleoli. Le cellule staminali possono essere distinte da quelle progenitrici sulla base dei livelli di espressione di alcuni geni e di alcune proteine. Nel corso della differenziazione la progenie delle cellule progenitrici di alcune linee cellulari procede attraverso una serie di fasi intermedie morfologicamente distinguibili in base alle dimensioni, alla configurazione nucleare, alle proprietà tintoriali e alla presenza o assenza di granulazioni citoplasmatiche. Cellule staminali Sorgenti: 1) embrioni nei primi stadi dello sviluppo ottenuti mediante fecondazione in vitro a scopi riproduttivi o specificamente per la ricerca; 2) embrioni ottenuti inserendo il nucleo di una cellula adulta in una cellula uovo, privata del suo nucleo; 3) organi di un feto abortito; 4) cordone ombelicale; 5) liquido amniotico; 6) tessuti adulti. Le cellule staminali sono caratteristiche degli embrioni, ma sono presenti anche negli organi di individui adulti in piccola quantità. Le cellule staminali embrionali possono derivare: a) dalle cellule germinative primordiali, che alla fine si differenziano in spermatozoi e ovociti. b) dalla blastocisti. La preparazione di cellule staminali embrionali umane implica: 1) la produzione di embrioni umani e/o l’utilizzazione di quelli soprannumerari da fecondazione in vitro o crioconservati; 2) il loro sviluppo fino allo stadio di blastocisti; 3) il prelievo della massa cellulare interna, il che implica la distruzione dell’embrione. 4) la messa in coltura di tali cellule su uno strato di fibroblasti irradiati (feeder layer) e in un terreno di coltura adatto, dove esse si moltiplicano fino alla formazione di colonie che poi confluiscono; 5) ripetuti passaggi, fino alla formazione di linee cellulari capaci di moltiplicarsi, conservando le caratteristiche delle cellule staminali. Questo è, tuttavia, solo il punto di partenza per la preparazione di linee cellulari differenziate, ossia di cellule le quali possiedono le caratteristiche che assumono nei diversi tessuti, es. muscolari, nervose, ematiche, etc. Lo step successivo è l’orientamento in coltura del differenziamento, mediante fattori di crescita. Questa operazione non è facile, visto che non conosciamo completamente i meccanismi che lo sottendono. "Human embryonic stem cells that are becoming epithelial cells, as indicated by the presence of a protein called cytokeratin (in green). The nuclei are stained blue." From: Growing Stem Cells (Genome News Network) Research by Daniel G Anderson, Shulamit Levenberg & Robert Langer at the Massachusetts Institute of Technology. Per quel che riguarda le cellule ottenute da feti abortiti, il loro uso equivarrebbe a quello di organi prelevati da cadavere. Le cellule così ottenute non hanno fornito dati conclusivi sulla loro capacità di dare vita a diversi tessuti. Le cellule staminali ottenute dai vasi del cordone ombelicale permetterebbero teoricamente di creare banche personalizzate per ciascun neonato, una riserva biologica da utilizzare anche a distanza di tempo per curare malattie. Ad oggi queste cellule hanno dato origine solo a cellule del sangue; non è dimostrata la capacità di dare vita ad altri tessuti. Prelievo di cellule staminali da cordone ombelicale Caratteristiche delle cellule staminali ottenute dal liquido amniotico Clonal human AFS cells have a normal karyotype and retain long telomeres. (a) Giemsa band karyogram showing chromosomes of late passage (>250 p.d.) cells. (b) Flow cytometry of late passage cells showing DNA stained with propidium iodide. G1 and G2/M indicate 2n and 4n cellular DNA content, respectively. S indicates cells undergoing DNA synthesis, intermediate in DNA content between 2n and 4n. (c) Conserved telomere length of AFS cells between early passage (20 p.d., lane 3) and late passage (250 p.d., lane 4). Short length (lane 1) and high length (lane 2) telomere standards are provided in the assay kit. Marker lengths are indicated. p.d., population doubling. Nature Biotechnology - 25, 100 - 106 (2007). Cellule staminali adulte In molti tessuti sono presenti cellule staminali capaci, sostanzialmente, di dare origine solo a cellule del tessuto da cui provengono. Tuttavia, in vari tessuti umani (midollo osseo, cervello, mesenchima) si trovano cellule staminali pluripotenti capaci di dare origine a più tipi di cellule, in maggioranza ematiche, muscolari e nervose. Nel midollo le cellule staminali da cui derivano le varie linee di cellule ematiche, che hanno come marcatore il CD34, ove purificate, possono ricostituire l’intera popolazione ematica in pazienti trattati con chemioterapia o radioterapia. Cellule staminali emopoietiche Le cellule emopoietiche pluripotenti corrispondono a meno dello 0,2% della popolazione totale delle cellule nucleate del midollo. La maggior parte di esse è in fase quiescente e riprende a dividersi solo in risposta a richieste di nuove cellule sanguigne. Le cellule germinative primordiali danno origine agli spermatogoni che sono di due tipi: A, che si dividono per mitosi e forniscono una riserva continua di cellule staminali; B, che danno origine agli spermatociti primari. Alcune cellule di tipo A abbandonano la popolazione di cellule staminali e danno origine a generazioni successive di spermatogoni, progressivamente più differenziate. Al termine dell’ultima divisione delle cellule A si formano gli spermatogoni di tipo B e da essi derivano gli spermatociti primari. Fra le cellule del colletto delle ghiandole gastriche è presente un modesto numero di cellule staminali che governano il rinnovamento continuo della mucosa. Esse migrano verso l’alto per rimpiazzare le cellule mucose superficiali e verso il basso per formare cellule ossintiche e cellule principali. L’epitelio cilindrico pseudostratificato ciliato dell’apparato respiratorio presenta cellule basali. Sono considerate cellule staminali destinate a rimpiazzare le cellule ciliate e le cellule caliciformi. Il tessuto adiposo rappresenta una ulteriore fonte di cellule staminali che possono dar vita a cellule ossee e muscolari. Cellule staminali sono presenti nel tessuto nervoso dei mammiferi in via di sviluppo e nel sistema nervoso dei mammiferi adulti, incluso l’uomo. Le cellule staminali ottenute dal tessuto nervoso fetale e dal tessuto nervoso adulto del topo, del ratto o anche dell’uomo crescono bene in coltura e, quando introdotte nell’encefalo di animali da esperimento, mostrano capacità di migrazione e sostituzione di aree danneggiate. Neoregulina e proteina 2 osteomorfogena guidano lo sviluppo di cellule staminali nervose neuroni e glia o cellule muscolari lisce. L’impiego di cellule staminali pone, tra gli altri, il problema della tumorigenicità e quello della incompatibilità immunologica. Per superare il problema della incompatibilità immunologica si è arrivati alla clonazione terapeutica. Il termine “clone” indica la produzione di copie tutte uguali di una cellula o di un tratto di DNA. La locuzione “clonazione terapeutica” indica il potenziale uso della tecnica del trasferimento nucleare per ottenere cellule, tessuti ed organi per pazienti che necessitino della sostituzione di un tessuto o di un organo malato o danneggiato. Sono state proposte tre vie di clonazione terapeutica, atte ad ottenere cellule staminali umane pluripotenti con una ben definita informazione genetica, cui far seguire la differenziazione desiderata: 1) trasferimento del nucleo di una cellula somatica umana in un ovocita umano privato del proprio nucleo, seguito dallo sviluppo embrionale (blastocisti); prelievo della massa cellulare interna e derivazione da questa delle cellule staminali e quindi delle cellule differenziate desiderate; 2) trasferimento del nucleo di una cellula somatica umana in un ovocita di altro animale; 3) riprogrammazione del nucleo di una cellula somatica fondendolo con il citoplasma di una cellula staminale embrionale. Dati recentissimi della letteratura (Letters di Nature on line) riportano i risultati di esperimenti effettuati nel topo per ottenere cellule staminali embrionali mediante nuclear transfer con delle modifiche rispetto a quanto illustrato precedentemente. Questi lavori avrebbero lo scopo di conciliare gli interessi scientifici e le istanze etiche nella speranza di generare anche un ampio consenso sociale. a) Alterazione del nucleo del donatore per ottenere una blastocisti incapace di impiantarsi in utero ma capace di generare cellule staminali embrionali; b) derivazione di cellule staminali da un singolo blastomero di un embrione allo stadio di 8 cellule senza alterare lo sviluppo dell’embrione stesso. a, b, Clump of GFP-positive mES cells 48 h after aggregation with single blastomeres; arrow shows a protruding cluster of GFP-negative cells. c, d, Outgrowth of GFP-negative cells aggregated with GFP-positive mES cells, after being plated on MEFs; arrows point to GFP-negative cells. e, f, Passage 1 of the outgrowth; arrows show remaining GFP-positive mES cells. g, h, Single blastomere outgrowth on MEFs for 4 days without ES cells, stained with Troma-1 and DAPI. a, c, e, Green fluorescence; b, Hoffman modulation optics; d, f, phase contrast. Scale bar, 100 m. PARADIGMA STANDARD DELLA DIFFERENZIAZIONE Il differenziamento è la comparsa di differenze morfologiche, biochimiche e funzionali tra le cellule. Alcune di queste differenze sono visibili con comuni mezzi di osservazione (microscopio). La comparsa di differenze visibili è preceduta da quella di differenze invisibili con le tecniche tradizionali (determinazione). Per ogni tipo di cellula è possibile individuare un periodo critico prima del quale le cellule possono cambiare il loro destino, ma dopo il quale esse sono determinate a differenziarsi in un certo modo. La determinazione implica anche il concetto di memoria cellulare: le cellule si ricordano di ciò che è avvenuto nel periodo della determinazione e rispondono agli stimoli ambientali non solo in base al loro patrimonio genetico, ma anche in base alla loro storia. Il differenziamento può essere indipendente (determinanti citoplasmatici) o dipendente induzione. Le sostanze induttrici naturali sono molecole specifiche come i fattori di crescita trasformanti (TGF-b) o la famiglia dei fattori di crescita dei fibroblasti (FGF). Il differenziamento si verifica sostanzialmente nel corso dello sviluppo embrionale. Tuttavia, esso si continua nel normale turnover cellulare e nei processi riparativi. Complesse interazioni si estrinsecano tra le cellule adiacenti. Le cellule vanno incontro a una graduale restrizione del potenziale differenziativo. Lo sviluppo è accompagnato da una gerarchia di processi di differenziamento che va dalla formazione dei 3 foglietti germinativi alla produzione nell’uomo di oltre 200 tipi di cellule diverse. Durante lo sviluppo si osservano peraltro numerosi cambiamenti di forma che avvengono attraverso migrazioni, ripiegamenti, tubulazioni, invaginazioni, collettivamente noti con il termine morfogenesi. Nella proliferazione e nel differenziamento cellulare sono coinvolti diversi fattori di crescita: EGF, TGFs, FGFs, fattore BIG, interleuchine, sostanza morfogenetica dell’osso, etc. Nel differenziamento degli arti sono anche implicati i fattori Wnt, che a loro volta inducono l’espressione di alcuni geni della famiglia Lim. L’acquisizione delle caratteristiche del blastema metanefrico richiede l’espressione del gene per il fattore di trascrizione chiamato WT1. La crescita del blastema richiede l’espressione del gene per il fattore di trascrizione chiamato c-ret. Mutazioni di WT1 danno origine ad anomalie dello sviluppo del rene, dell’apparato genitale e a tumori renali dell’infanzia. Questi tumori (di Wilms) sono rari (8/1.000.000 di individui). Per la differenziazione del nefrone e la formazione del glomerulo sono importanti: Mox 1, n-myc, Pax 2, Hoxc-9. La decisione di una cellula dello strato germinativo di rimanere a far parte del contingente delle cellule che proliferano o di spostarsi nello strato spinoso e proseguire nel differenziamento dipende da un gran numero di fattori: EGF, TGFs, HGF, calcio, acido retinoico, fattore BIG (ligando del recettore ECK), IL-1, IL-6. Eccessivi livelli di questi fattori possono causare disordini proliferativi dell’epidermide: TGF-a psoriasi. Il differenziamento è talvolta legato a induzioni interattive specifiche che si esercitano tra gemme di organi differenti. Il differenziamento non spiega però tutto quello che accade: si originano delle diversità dovute esclusivamente al fatto che gli stessi tipi di cellule vanno a disporsi nello spazio in maniera diversa. Esiste dunque il problema dell’organizzazione spaziale (pattern). In realtà, le cellule ricevono due tipi di informazioni diverse: 1) destino istologico 2) destino spaziale (geni del pattern) Il pattern è il progetto architettonico dell’individuo, mentre la morfogenesi è l’insieme dei processi che realizzano il progetto. Geni omeotici: controllano il piano di formazione del corpo. Omeogeni sono stati scoperti anche nei vertebrati: essi sono riconoscibili dalla presenza dell’omeobox, sequenza di 183 nucleotidi contenuta nei geni. Esiste una certa proprietà di correzione dalle deviazioni (regolazione) e si pensa che l’embrione sia diviso in aree organogenetiche o campi morfogenetici. Totipotenza del germe Possibilità di formare sia i tessuti embrionali che quelli extraembrionali (persa allo stadio di 8 blastomeri). Totipotenza embrionale Capacità di formare tutti i tessuti dell’embrione rimane più a lungo; è presente allo stadio di blastocisti. Gemelli monozigoti: 1/3 totale 1/3 ha 2 placente (bicoriali), la separazione è avvenuta precocemente quando entrambi i gruppi avevano la capacità di formare il trofoblasto (primi 3 giorni); gli altri 2/3 hanno una placenta sola (monocoriali). La grande maggioranza ha due amnios. Una piccola minoranza (1-2%) dei gemelli identici ha un solo amnios. La separazione è avvenuta dopo la formazione dell’amnios: II settimana dello sviluppo. Quanto esposto a proposito delle cellule staminali tende a modificare il paradigma standard della differenziazione ! Si mira alla TRANSDIFFERENZIAZIONE ! The hepatocyte-to-beta cell transdifferentiation paradigm Date le proprietà delle cellule staminali è ovvio che esse siano importanti durante lo sviluppo e il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo. Due fenomeni biologici significativi coinvolgono le cellule staminali: 1. L’invecchiamento 2. Il cancro In condizioni fisiologiche le cellule staminali presiedono al rinnovamento cellulare e, quando la capacità replicativa tende ad esaurirsi, il tessuto invecchia. A causa della lunga vita e della loro storia replicativa le cellule staminali sono soggette a danni indotti da fattori intra- o extra-cellulari. Alcuni errori dovuti alla duplicazione del DNA possono essere riparati, ma, a lungo andare, i meccanismi di riparazione possono rivelarsi inefficaci. Modelli di Tumorigenesi: a) Modello semplificato a partire dalla cellula staminale: sviluppo tumorale clonale unidirezionale. Tutte le cellule tumorali derivano dalla cellula staminale e contengono mutazioni riscontrabili in questa cellula. Modelli di Tumorigenesi: b) Modello di differenziazione dinamica: sviluppo tumorale clonale multidirezionale. Anche in questo caso si trovano mutazioni nella cellula staminale, ma il differenziamento può estrinsecarsi in forme diverse e le cellule possono andare incontro ad una fluttuazione lungo la via differenziativa riesprimendo le caratteristiche delle cellule progenitrici. Modelli di Tumorigenesi: c) Modello di reclutamento: sviluppo tumorale non clonale multidirezionale. Il tumore, non solo contiene cellule staminali mutate, ma recluta anche cellule normali che sono necessarie al suo stesso sviluppo. Le cellule reclutate possono avere mutazioni differenti da quelle espresse nelle cellule staminali e possono essere ingaggiate a differenti stadi della differenziazione del “cell lineage” a cui appartengono. Stem cell model of mammary carcinogenesis Si ringraziano le Dott.sse: Cristiana Angelucci Fortunata Iacopino Silvia Ferracuti Cecilia Giannitelli Per la collaborazione offerta alla realizzazione di questa presentazione.