Dott. E. Li Bianchi
U.O. CUBE
Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini
Roma
L’infiammazione è una complessa reazione immunitaria
causata da stimoli di varia natura:
 Biologici (viventi: microrganismi; non viventi: tossine, detriti)
 Chimici (acidi, alcali, silicio, berillio, asbesto, olio di croton)
 Fisici (radiazioni, temperature estreme, traumi, corpi estranei)
tessuti connettivi vascolarizzati
danno tissutale
L'infiammazione è legata al processo di riparazione e
serve a:
 Distruggere o confinare l'agente lesivo
 Produrre una guarigione
 Sostituire il tessuto danneggiato
Già Cornelio Celso, uno scrittore romano (non medico)
del
primo
secolo
a.C.,
poté
descriverne
i
Segni clinici:
 Calor (calore)
 Rubor (rossore)
 Tumor (gonfiore)
 Dolor (dolore)
 Un quinto segno fu aggiunto più tardi da Virchow ed è la
Functio lesa (perdita di funzione).
Si distinguono due tipi di infiammazione:
 Acuta (Angioflogosi):
di breve durata, caratterizzata dalla comparsa di un
essudato composto da liquidi, proteine plasmatiche
(edema) e dalla migrazione dei leucociti (soprattutto
neutrofili).
 Cronica (Istoflogosi):
di lunga durata, è caratterizzata dalla presenza di
linfociti/macrofagi, da proliferazione di vasi sanguigni,
da fibrosi e necrosi tessutale.
Le cellule del processo infiammatorio
 10 tipi di cellule possono “recitare” sul “palcoscenico”
del processo infiammatorio
 tutti i tipi sono quiescenti in condizioni normali, ma si
attivano nel focolaio infiammatorio
 tutti producono mediatori chimici
Le cellule del processo infiammatorio




Neutrofilo
Leucocita presente, in condizioni normali, solo nel sangue e
nel midollo osseo. Vita breve: 12-20 ore.
Dotato di elevata CAPACITÀ BATTERICIDA, conferitagli da:
granuli primari o azzurrofili, contenenti principalmente
idrolasi acide
granuli secondari o specifici, i primi ad essere “consumati”
durante la fagocitosi.
granuli terziari o particelle C, contenenti catepsine e gelatinasi
Uccide quando, attivato, va incontro ad una esplosione
respiratoria, durante la quale secerne enzimi e radicali liberi
dell’ossigeno. I microorganismi ingeriti sono demoliti
attraverso la generazione di composti tossici dell’ossigeno. E’
dunque una cellula secretoria la cui secrezione inizia quando è
richiamata da stimoli chemiotattici.
La sua presenza nei tessuti è indicativa di eventi acuti come
un’invasione batterica o un altro tipo di danno tissutale.
Le cellule del processo infiammatorio
Eosinofilo
 Se stimolato, produce un’esplosione respiratoria più grande
del neutrofilo: risponde, infatti, ad invasori più grandi,
essendo la sua azione difensiva diretta nei confronti di
infestioni parassitarie.
 Nel sangue: 2-3 eosinofili ogni 55 neutrofili. Nei tessuti gli
eosinofili sono molto diffusi, specialmente ove abbondano i
mastociti, come nella mucosa del tratto gastroenterico.
 I GRANULI degli eosinofili contengono proteine cationiche,
cioè cariche positivamente, con cui si legano a molecole
cariche negativamente della membrana di cellule
parassitarie:
PBM (PROTEINA BASICA MAGGIORE)
PROTEINA CATIONICA DEGLI EOSINOFILI
Le cellule del processo infiammatorio
Mast-Zellen dei tessuti e Basofili del sangue
 Le MAST-ZELLEN (O MASTOCITI) si trovano sia nelle mucose, sia nel
connettivo della maggior parte dei tessuti ed organi.
Ricchi di granuli contenenti istamina e altri mediatori
dell’infiammazione.
Iperplasia dei mastociti mucosali nelle infestioni parassitarie.
 I BASOFILI sono leucociti del sangue circolante. Anch’essi sono
ricchi di granuli di istamina, eparina e numerosi enzimi.
Esprimono sulla loro superficie recettori per le IgE.
Rappresentano il corrispettivo “circolante” dei mastociti tissutali:
pur avendo precursori diversi, basofili e mastociti hanno
struttura e funzioni simili.
Le cellule del processo infiammatorio
Monociti/Macrofagi
 I monociti e i macrofagi rappresentano due fasi della
stessa cellula, la fase circolante e la fase tissutale.
 Nella cronicizzazione della flogosi, subentrano
definitivamente ai neutrofili. Sono, quindi, le cellule
protagoniste della flogosi cronica.
 Molte attività: fagocitosi, immunità, angiogenesi,
fibrosi, eliminazione dei rifiuti, secrezione di una vasta
gamma di proteine, induzione della febbre e di altre
reazioni generali dell’organismo nella flogosi.
Le cellule del processo infiammatorio
Piastrine
Indispensabili per interrompere le emorragie e per
mantenere l’integrità dell’endotelio.
All’infiammazione partecipano col rilascio di 19
diversi tipi di molecole.
Fibroblasti
Non solo stanziali produttori di fibre, ma anche
elementi cellulari dinamici e capaci di spostarsi in
risposta a stimoli chemiotattici.
Sintetizzano
collageno,
elastina
e
glicosaminoglicani. Sono le cellule protagoniste del
processo riparativo.
Le cellule del processo infiammatorio
Linfociti T, Linfociti B
 Cellule della risposta immunitaria (specifica).
Possono intervenire anche nella risposta flogistica
(aspecifica).
Cellule endoteliali
 Fondamentali nell’infiammazione: costituiscono la
barriera che deve essere attraversata dai due
componenti dell’essudato infiammatorio (i leucociti e
il plasma).
 ESSUDAZIONE: passaggio di liquido ricco di proteine nel
tessuto interstiziale extravascolare per aumento della
permeabilità vascolare.
Processo infiammatorio acuto
E’ la reazione immediata del tessuto al danno ed ha lo scopo di
portare costituenti difensivi del plasma. Si articola in 4 fasi:
1.
Aumento del flusso di sangue
2.
Permeabilizzazione dei vasi
3.
Marginazione dei leucociti
4.
Attivazione dei leucociti (fagocitosi)
Processo infiammatorio acuto
1. Aumento del flusso di sangue
Insulto flogogeno
Vasocostrizione transitoria
Istamina e Prostaglandine
Vasodilatazione arteriolare
Aumento del letto capillare
Fuoriuscita di liquidi ed aumento della viscosità del sangue
Rallentamento del circolo (stasi)
Marginazione dei leucociti circolanti
Processo infiammatorio acuto
Dopo uno stimolo infiammatorio alcuni mediatori (ad esempio
istamina) e riflessi neurogeni provocano dilatazione arteriolare
Processo infiammatorio acuto
2. Permeabilizzazione dei vasi
 Pressione osmotica ed oncotica superano quella idrostatica
 Istamina, bradichinina, leucotrieni
 TNF e IL1
Apertura gap intercellulari endotelio
Retrazione endoteliale
Fuoriuscita di liquidi dai vasi
Processo infiammatorio acuto
Gli elementi cellulari si ridistribuiscono con stasi eritrocitaria
Processo infiammatorio acuto
3. Marginazione dei leucociti
In seguito allo stimolo flogogeno, con l’aumento della
viscosità del sangue, tutti i leucociti tendono ad addossarsi
alla parete del vaso. Grazie a molecole di adesione
particolari le cellule si attaccano alla parete, la attraversano
servendosi dei gap intercellulari aperti ed arrivano al
tessuto danneggiato.
Processo infiammatorio acuto
I leucociti migrano negli spazi extravascolari e iniziano a muoversi
(chemiotassi) verso lo stimolo infiammatorio
Processo infiammatorio acuto
I leucociti (prevalentemente neutrofili nella flogosi acuta), si accumulano
nel focus infiammatorio
Processo infiammatorio acuto
4. Attivazione dei leucociti (fagocitosi)
Legame tra attivatore e recettore
Attivazione proteina G
Stimolazione fosfolipasi C
Rilascio depositi intracellulari di calcio
Actina e miosina (citoscheletro)
Chemiotassi e fagocitosi
Attivazione proteinkinasi C
Degranulazione
Processo infiammatorio acuto
 Chemiotassi: movimento direzionale della cellula.
Essa si compie attraverso la polimerizzazione di actina nel
citosol (calcio dipendente), che legandosi alla miosina è
responsabile dell’emissione di pseudopodi.
 Fagocitosi: ricognizione ed ingestione dell’antigene
circolante. Si basa sul legame tra i recettori cellulari e
l’anticorpo legato all’antigene. Questo fa sì che si attivi
all’interno della cellula un sistema di microtubuli che
permettono l’emissione di pseudopodi e la formazione
del fagolisosoma.
 Una volta formato il fagolisosoma si ha l’uccisione del
batterio e la degradazione, meccanismi ossigenodipendenti.
Processo infiammatorio acuto
Opsonizzazione delle particelle infiammatorie con stimolo degli specifici
recettori sui leucociti.
Processo infiammatorio acuto
Le particelle attaccate sono inglobate nel fagosoma(A); uccise dopo fusione
del fago-lisosoma (B); digerite(C); ed espulse (D).
Processo infiammatorio acuto
A. Attacco ad un microorganismo sulla
membrana cellulare. Formazione di prodotti
intermedi dell’O2
B. Gli intermedi dell’O2 sono
nei fagosomi
incorporati
Processo infiammatorio acuto
C. Formazione di un fagolisosoma con distruzione del microrganismo
da parte dei radicali dell’O2
Mediatori chimici dell’infiammazione
Sostanze
che
intervengono
durante
il
processo
infiammatorio; possono essere:
 Plasmatici (precursori del complemento)
 Cellulari (istamina)
 Neoformati (prostanoidi)
Hanno un’azione mediata da recettori, diversa in
funzione del bersaglio.
Mediatori chimici dell’infiammazione
A. Amine vasoattive:
 Istamina:
presente nei granuli di mastociti,
basofili e piastrine.
Reagisce a stimoli fisici, immunologici,
neuropeptidi e citochine.
E’ responsabile della dilatazione delle arteriole e
della permeabilizzazione delle venule
 Serotonina: in mastociti, piastrine, cellule
enterocromaffini.
Ha azione simile all’istamina.
Mediatori chimici dell’infiammazione
B. Proteasi plasmatiche:
 Complemento: Reagisce a stimoli anticorpali ed a fattori
tissutali.
E’ responsabile di vasodilatazione se risponde a fenomeni
vascolari (via classica), chemiotassi ed aderenza se reagisce
all’attivazione dei leucociti (via alternativa).
 Chinine: Hanno azione vasopermeabilizzante, di contrazione
della muscolatura liscia e dolorifica.
 Fattori della coagulazione: dall’attivazione del fattore XII si
arriva alla formazione di trombina; questa è responsabile
dell’aderenza dei leucociti e della proliferazione dei
fibroblasti che a loro volta trasformano il fibrinogeno in
fibrina (chemiotassi e vasodilatazione).
Mediatori chimici dell’infiammazione
C. Derivati dell’acido arachidonico (prostanoidi o
eicosanoidi)
 Acido arachidonico: acido polinsaturo derivato dall’acido
linoleico, presente nei fosfolipidi di membrana.
Reagisce a stimoli che attivano le fosfolipasi.
Dalle ciclossigenasi attraverso enzimi specifici si arriva
alla produzione di prostaglandine (vasodilatazione ed
edema) e prostacicline (vasodilatazione ed inibizione
dell’aggregazione piastrinica).
Dalle lipoossigenasi invece derivano i leucotrieni
(chemiotassi, vasocostrizione, broncospasmo).
Mediatori chimici dell’infiammazione
D. Platelet activating factor (PAF):
prodotto da mastociti, neutrofili, endotelio e piastrine; è
responsabile di vasocostrizione/vasodilatazione (in
funzione della dose), broncocostrizione, aggregazione
piastrinica ed attivazione dei leucociti.
E. Citochine:
IL1, TNFα (macrofagi) e TNFβ (linfociti B); reagiscono alla
presenza di endotossine ed immunocomplessi.
Agiscono su endoteli (attivazione di molecole di adesione,
produzione citochine) su neutrofili e fibroblasti.
Mediatori chimici dell’infiammazione
F.
Ossido nitrico (NO):
gas libero solubile sintetizzato dall’endotelio. Ha un’azione transitoria e
rapida che porta a vasodilatazione, aggregazione piastrinica e
citotossicità.
G.
Enzimi lisosomiali
lattoferrina, lisozima, fosfatasi alcalina e collagenasi: presenti nei granuli
specifici secondari dei neutrofili.
mieloperossidasi, defensine, lisozima, idrolasi acide e proteasi neutre: nei
granuli primari dei neutrofili.
H. Radicali liberi dell’ossigeno:
provocano danni all’endotelio, attivazione di metalloproteasi ed
inattivazione di antiproteasi.
I.
Altri mediatori:
neuropeptidi (sostanza P) che provoca permeabilizzazione diretta o
mediata dall’istamina, fattori di crescita (TGFβ) che stimolano la
chemiotassi.
Effetti sistemici dell’infiammazione





Febbre
Aumento del sonno
Diminuzione dell’appetito
Aumento del catabolismo proteico
Ipotensione e alterazioni emodinamiche
Causati da:
 Sintesi epatica di proteine di fase acuta:
PCR, fattori del complemento e della coagulazione
 Sintesi di citochine (leucociti) che agiscono su recettori del
centro ipotalamico di termoregolazione.
Effetti sistemici dell’infiammazione
 Alterazioni assetto leucocitario:
neutrofilia in infezioni batteriche;
linfocitosi in rosolia, parotite, mononucleosi infettiva;
leucopenia nella febbre tifoidea.
Dovuti a:
 Rilascio del pool marginale (indotto dai corticosteroidi)
con aumento dei leucociti maturi
 Rilascio del pool midollare (IL1 e TNF) con aumento dei
leucociti immaturi.
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
L'essudato infiammatorio acuto è costituito da:
 Fluido contenente sali ed elevate concentrazioni di
proteine, che includono le immunoglobuline.
 Fibrina, una proteina insolubile filamentosa di alto peso
molecolare.
 Molti polimorfi neutrofili, provenienti dalla popolazione
delle cellule bianche del sangue.
 Pochi macrofagi, cellule fagocitarie derivanti dai monociti
del sangue.
I componenti dell'infiammazione acuta possono variare nelle
proporzioni in funzione del luogo e della causa della risposta
infiammatoria. L’essudato in fase acuta può quindi subire
modificazioni in base al tipo di sostanze presenti.
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
 Infiammazione sierosa: il fluido è la componente più





importante dell'essudato e questo è costituito quindi da liquidi
e proteine a basso PM (essudato sieroso)
Infiammazione fibrinosa: se la fibrina è abbondante
l'essudato è detto fibrinoso ed è costituito da proteine ad
elevato PM (fibrina)
Fibrosi: si ha organizzazione della fibrina
Infiammazione purulenta: le cellule a motilità attiva
(neutrofili) dominano la composizione dell’essudato ed il
materiale è fluidificato a formare pus (essudato purulento)
Infiammazione emorragica: sono presenti cellule a motilità
passiva (globuli rossi)
Infiammazione necrotica: vi sono lesioni tissutali
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
L’esito della reazione infiammatoria acuta può essere
diverso:
A. Restituzione o risoluzione (ripristino normale della
funzione, senza cicatrice)
B. Formazione di un ascesso
C. Riparazione fibrosa (= cicatrice)
D. La cronicizzazione o infiammazione cronica
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
A. Risoluzione completa
Rimozione dell'essudato infiammatorio seguita dalla sua
sostituzione con cellule rigenerate del tipo originale.
Avviene quando il danno all'architettura cellulare è stato
minimo e le cellule possono ricrescere. Le cellule
danneggiate rigenerano e la funzione precedente viene
ripristinata.
Sfortunatamente questo processo di risoluzione avviene
raramente, solo in caso di lesioni limitate, in tessuti
rigeneranti (epiteli) ed in presenza di agenti eziologici a
bassa virulenza ed emivita breve (nelle ferite semplici e non
infette, nelle ferite da bisturi, ecc.)
La situazione finale un tessuto uguale a quello presente
prima del danno (restitutio ad integrum)
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
B.
Ascessualizzazione
Per azione di germi piogeni (streptococchi e stafilococchi); questi
producono tossine che agiscono sui tessuti. Prevalgono i fenomeni di
diapedesi leucocitaria e di necrosi tissutale con grave azione litica
dovuta sia ai prodotti batterici che agli enzimi leucocitari.
La conseguenza è la formazione di un ascesso, zona di necrosi
circondata da una capsula connettivale e da una “membrana piogena”
(formata dai PMN).
 Ascesso acuto: se l'area del tessuto malato è estesa, e la causa è un
batterio piogeno (formatore di pus), si può formare un ascesso acuto.
 Ascesso cronico: se l'ascesso ingrandisce solo lentamente o non
ingrandisce affatto, l'essudato infiammatorio acuto che forma la parete
dell'ascesso è gradualmente rimpiazzato da tessuto cicatriziale.
L'area centrale del tessuto danneggiato non è eradicata ed i detriti
centrali contengono ancora batteri vivi, che possono sempre
determinare un danno. Si parla allora di ascesso cronico.
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
C. Fibrosi
In caso di estese lesioni tissutali ed in tessuti non rigeneranti. Si
ha un’estesa produzione di tessuto connettivo a causa dello
stimolo di fattori di crescita e citochine (fibrogenesi ed
angiogenesi).
Se c'è stato danno considerevole la guarigione porterà alla
formazione di una cicatrice e il processo di riparazione avverrà
attraverso una crescita progressiva di fibroblasti e miofibroblasti,
la perdita di tessuto è riempita da una complessa rete di capillari,
con i fibroblasti che proliferano e con alcuni macrofagi.
I fibroblasti sintetizzano e secernono collagene (tessuto di
granulazione fibroso); essi si allineano affinché possano
depositare il collagene secondo direttrici che offrano la massima
resistenza alle forze di stimolazione.
In seguito alla produzione dei fibroblasti si forma una cicatrice
collagene.
Evoluzione del processo infiammatorio acuto
D. Infiammazione cronica
A causa di stimoli infiammatori persistenti o problemi
nella riparazione dei tessuti. Dovuta ad una prevalenza dei
fenomeni tissutali e cellulari della flogosi.
Si tratta di un'infiammazione di lunga durata e si instaura
quando lo stimolo lesivo persiste, i processi di necrosi, di
formazione di tessuto di granulazione e di riparazione
continuano ad aver luogo contemporaneamente. Ad
esempio:
 Infezioni persistenti (micobatterio tubercolare, treponema
pallidum, funghi)
 Esposizione prolungata ad agenti esogeni/endogeni
 Autoimmunità (artrite reumatoide)
Processo infiammatorio cronico
Infiammazione di lunga durata in cui coesistono
fenomeni infiammatori, distruzione di tessuto e tentativi
di riparazione.
Può essere conseguenza di forme acute oppure forma
primaria
di
fenomeni
a
“lenta
evoluzione”
(infiammazioni cosiddette specifiche) ad esempio:
 Infezioni da germi a “bassa patogenicità” (TBC, lebbra)
 Prolungata esposizione a tossici endogeni o esogeni
(silicosi, carbonio)
 Reazioni autoimmuni
Processo infiammatorio cronico
Infiltrazione cellulare (mononucleati): nel tessuto vengono
richiamati monociti ematici e macrofagi tissutali
differenziati. I monociti una volta nei tessuti si trasformano
in macrofagi e si attivano.
Vengono prodotti metaboliti tossici (radicali liberi, NO,
proteasi, collagenasi) ed amplificatori della flogosi (derivati
dell’acido arachidonico, complemento); i linfociti T, B, e killer
agiscono in cooperazione con i macrofagi, producendo
interferone (che a sua volta attiva i macrofagi).
Rigenerazione connettivale (fibrosi): grazie a vari fattori di
crescita si verificano fenomeni di angiogenesi, migrazione e
proliferazione dei fibroblasti (con sintesi di collagene e
deposizione della matrice extracellulare) e rimodellamento
connettivale.
Flogosi granulomatose
Particolari forme di flogosi cronica caratterizzate dalla
presenza di macrofagi attivati con aspetto simil-epiteliale
(cellule epitelioidi) e da cellule giganti, circondate da linfociti
e da un’eventuale capsula fibrosa.
Essa ha luogo quando la fagocitosi dei neutrofili non riesce a
neutralizzare l'agente lesivo causale.
Alcune malattie di tipo granulomatoso sono di grande
importanza sociale e sottolineano quindi l'importanza di
questo particolare aspetto del processo infiammatorio.
Sono causate in genere da germi persistenti (micobatteri),
parassiti e funghi che provocano la formazione di “granulomi
immunologici” in cui prevalgono linfociti e materiale
inorganico (granuloma da corpo estraneo in cui le cellule
immunologiche sono molto rare e prevalgono i macrofagi).
Flogosi granulomatose
Il Granuloma
 I granulomi sono costituiti da piccoli agglomerati (1 - 2
mm) di cellule infiammatorie, principalmente da
macrofagi modificati, usualmente circondati da
linfociti.
 La cellula tipica del granuloma è il macrofago
modificato, denominato anche cellula epiteloide,
grazie al suo aspetto morfologico.
 Un'altra caratteristica del granuloma è la presenza di
cellule giganti di tipo Langhans o tipo "corpo
estraneo". Il meccanismo principale della loro
formazione è la fusione di più macrofagi.
Flogosi granulomatose
Tra gli stimoli lesivi che provocano risposta infiammatoria di tipo
granulomatoso ricordiamo:
 Microorganismi
Il gruppo più importante è quello dei micobatteri, germi
intracellulari.
Mycobacterium Tuberculosis: responsabile della tubercolosi
Mycobacterium Leprae: responsabile della lebbra.
Materiale estraneo inerte
Gli enzimi dei neutrofili non hanno la possibilità di
distruggerlo. Il materiale rimane come un irritante cronico
all'interno dei tessuti.
Polveri inorganiche esogene (ad es. minatori)
Materiali endogeni collocati in sede impropria o depositati
in grande quantità, come i cristalli di acido urico (gotta)
Alcuni funghi
Fattori ancora ignoti come nella malattia "sarcoide"