AB URBE CONDITA Le vicende di Roma fino alla vigilia dell’intervento in Italia meridionale Dalla fondazione (metà VIII sec. a.C) alla prima guerra contro i Sanniti (metà IV sec. a. C) I popoli dell’Italia preromana: il Centro-Nord 2 I Latini e Roma 3 I Latini • Stanziati originariamente in un’area piuttosto ristretta, compresa tra il Tevere e l’area dei Colli Albani (Latium vetus). • La parte meridionale dell’odierno Lazio era occupato da Volsci, Ernici e Aurunci (Latium adiectum, perché “aggiunto” al Lazio antico dopo la conquista romana). 4 Caratteri delle genti latine • Una popolazione indoeuropea, che presenta particolari affinità linguistiche con i loro vicini settentrionali, i Falisci e dei popoli appenninici. • Vivevano in piccoli insediamenti in altura poiché mancava la capacità di canalizzazione delle acque. • L’economia era di tipo silvo-pastorale. L’ambiente privilegiato era il bosco (=luogo religioso) • L’agricoltura era circoscritta a forme di mera sussistenza: il solo cereale coltivato era il farro, compatibile coi luoghi paludosi. – La formazione in età storica di una Lega Latina. 5 Caratteri delle genti latine • Per quanto riguarda l’organizzazione politica, non si dispone di dati affidabili ma si ritiene esistesse una regalità pre-statale, legata alla religione. • Dalle forme di insediamenti sparsi si passerà alla costituzione di una federazione chiamata Lega Latina. Le principali città erano Alba Longa (zona di Castel Gandolfo), Lavinium (Pratica di Mare), Praeneste (Palestrina), Tibur (Tivoli) e Tusculum (nei pressi di Frascati). 6 Un elemento caratteristico del rituale funebre latino: l’urna a capanna • Queste copie miniaturizzate di capanne, in cui si ponevano le ceneri del defunto, ci permettono di conoscere l’architettura domestica dei Latini. • Capanna in terracotta da Castelgandolfo, IX sec. a.C. (Roma, Museo Gregoriano Etrusco) 7 I Latini: il santuario di Minerva a Lavinio • Lavinium come “città santa” dei Latini, per la presenza di numerosi santuari: il santuario dei 13 altari, un’area sacra a Enea, il santuario di Minerva. • Statua di offerente in terracotta da Lavinio (Pratica di Mare) dal santuario di Minerva. 8 Roma, città latina (e troiana) • Dal punto di vista culturale e linguistico Roma è una città latina: ma nella nota leggenda alla componente latina si aggiunge quella troiana. • Un gruppo di scampati alla rovina di Troia, guidati da Enea, approda nel Lazio. • L’accordo con gli indigeni del re Latino: Enea ne sposa la figlia, Lavinia, in onore della quale è fondata Lavinium. • Il figlio di Enea, Ascanio (o Iulo), fonda la città di Alba Longa, sulla quale regnano 12 generazioni di suoi discendenti. 9 Il mito di Romolo e Remo • Il dodicesimo re di Alba Longa, Numitore, è spodestato dal fratello Amulio. • La figlia di Numitore, Rea Silvia, è costretta a farsi vestale, ma rimane prodigiosamente incinta del dio Marte. • I due figli gemelli di Rea Silvia si salvano miracolosamente dalle macchinazioni di Amulio: approdati sulle rive del Tevere (dove sorgerà Roma) sono allevati dal pastore Faustolo. • La riscossa dei gemelli: Amulio è cacciato e il regno è restituito al vecchio Numitore. • I gemelli decidono di fondare per loro una nuova città, Roma: ma tra Romolo e Remo sorge un contrasto. 10 Marte + Acca Larenzia Figlia di Numitore, re di Alba Longa Romolo e Remo Fondata da Ascanio, figlio di Enea, (chiamato anche Iulo) Roma 21 aprile 753 a.C. 11 Livio, I, 7, 1-3: la sanguinosa cronaca della fondazione di Roma • Si dice che a Remo per primo apparvero come segno augurale sei avvoltoi; e poiché, quando ormai l’augurio era stato annunciato, se ne erano mostrati a Romolo il doppio, le rispettive schiere li avevano acclamati re entrambi: gli uni pretendevano di avere diritto al regno per la priorità nel tempo, gli altri invece per il numero degli uccelli. Venuti quindi a parole, dalla foga della discussione furono spinti alla strage; fu allora che Remo cadde colpito nella mischia. È più diffusa la tradizione che Remo, in atto di scherno verso il fratello, abbia varcato con un salto le nuove mura e che per questo sia stato ucciso da Romolo infuriato, il quale, inveendo anche a parole, avrebbe aggiunto “Così d’ora in poi perisca chiunque altro varcherà le mie mura!”. Pertanto Romolo ebbe da solo il potere; fondata la città essa ebbe il nome dal suo fondatore. 12 Caratteri della leggenda delle origini di Roma • Il racconto tradizionale ha scarsa credibilità storica: Livio (vissuto molti secoli dopo l’evento) inventa, sulla base della verosimiglianza e delle istituzioni posteriori. • L’opinione degli studiosi moderni: Roma non è creata in un giorno, ma è il risultato di un lento processo di fusione dei villaggi che sorgevano sui sette colli. • Un processo che troverebbe compimento proprio alla metà del VIII sec. a.C., in una data vicina a quella tradizionale per la fondazione di Roma (753 a.C.). – Il dato archeologico: i rinvenimenti di antichissime capanne nell’area in cui sorgerà Roma e il “muro di Romolo” ritrovato da A. Carandini nell’area del Palatino. 13 Dai ritrovamenti archeologici… 14 alla ricostruzione … di una capanna della Roma arcaica 15 La posizione geografica (1) 16 La posizione geografica (2) La posizione geografica (3) 18 Nel Lazio… 19 …e sulla Via Salaria 20 La monarchia latino-sabina • Secondo la tradizione i primi quattro re di Roma sarebbero appartenenti, alternativamente, all’etnia latina (Romolo, Tullo Ostilio) e a quella sabina (Numa Pompilio, Anco Marcio). • Tradizioni poco credibili, ma non si può dubitare dell’esistenza di una monarchia nella Roma delle origini, sulla base di importanti prove documentarie. • Una monarchia non assoluta: il re è vincolato ad ascoltare il parere del Senato, che riunisce i capi delle gentes (patres). • Alla morte del re il potere torna ai patres, che eleggono un nuovo sovrano. 21 VIII-VII secolo: ROMA “CITTA’ APERTA” • Roma nacque sotto il segno della multietnicità e della vocazione espansiva • A tale attività bellica si aggiunse anche la progressiva inclusione nella comunità civica di gruppi di etnia diversa. Romolo avrebbe concesso diritto d’asilo nel nuovo insediamento di Roma. • Anche l’episodio del ratto delle Sabine costituisce un’espressione di come dalla guerra, attraverso la pratica dei matrimoni misti, si pervenisse alla fusione tra Sabini e latini. 22 • Il cippo del Foro o Lapis niger Una lacunosa ed enig- matica iscrizione, redatta in alfabeto e lingua molto arcaici. • Per tali caratteristiche l’iscrizione è datata in genere entro il VI sec. a.C. • Probabilmente una legge sacra, la cui precisa interpretazione è ancora discussa. • Importante la comparsa della parola recei, “al re”. 23 Una testimonianza documentaria sulla monarchia di Roma: il graffito della Regia Graffito su coppa di bucchero, dalla Regia, 530 a.C. (Roma, Antiquarium del Palatino) 24 Le competenze dei re • Funzione religiosa: il re doveva mantenere la pax deorum, in virtù della natura contrattualistica della religione romana. Tale natura era il cemento di una società che si riconosceva in una serie di valori chiamati mos maiorum. • Funzione militare: al re spettava il comando dell’esercito in virtù dell’imperium, cioè del potere in ambito militare da esercitare in guerra. Strutture politiche nella Roma monarchica • Senato = assemblea formata da cento patres, che si distinguevano per anzianità e autorevolezza. Sembra che non avessero facoltà di promuovere autonome iniziative politiche, ma l’assenso del Senato agli atti pubblici del re era ritenuto necessario, soprattutto nel promuovere campagne militari. • Comizi curiati = la più antica assemblea romana; si riuniva nel Comizio, investiva il re dell’imperium ed esercitava il potere di decidere provvedimenti in materia di diritto familiare, adozioni e testamenti. 26 Strutture politiche - Senato Il Senato era un’assemblea di cento membri, i cui compiti non sono definiti con esattezza, ma di sicuro aveva un funzione consultiva e interveniva in occasione della morte del sovrano perché nominava per estrazione a sorte tra i patres, l’interrex, un monarca temporaneo. 27 Strutt. Polit. - Comizi Curiati(1) Era la più antica assemblea romana ed era costituito dalla somma delle 30 curie ( da ko-viria, associazione di uomini) in cui era suddiviso il popolo. Le trenta curie erano divise in tre tribù gentilizie (da gens, stirpe. Il figlio apparteneva alla tribù del padre). Le tribù operavano come base di reclutamento e unità di combattimento. In caso di guerra ogni tribù forniva un determinato numero di 28 combattimenti. Strutt. Polit. – Comizi Curiati (2) I comizi curiati avevano facoltà di approvare o esprimere dissenso nei confronti delle proposte formulate dal re, ma non avevano il diritto di promuovere autonomamente alcuna iniziativa politica. Erano un organismo deliberativo, ma senza autonomia di proposta . Il loro compito più importante consisteva nell’emanazione della legge con cui ogni anno le curie investivano il re del comando militare (lex curiata de imperio). 29 Strutture sociali della Roma arcaica Le principali strutture sociali della Roma arcaica: • Gens • Familia e paterfamilias • L’istituzione della clientela 30 La familia e il paterfamilias • La cellula-base della Roma monarchica era la familia composta da tutti i parenti e gli schiavi. • La familia era guidata in maniera autoritaria dal paterfamilias, l’uomo più anziano di essa, che aveva il compito di crescere i figli come buoni cittadini, curare il buon nome della familia, onorare la propria gens, celebrare come sacerdote della casa i culti degli antenati e partecipare alla vita politica. • Egli poteva decidere se allevare i figli o venderli alla nascita come schiavi, se approvare o rifiutare il loro matrimonio, se renderli autonomi mediante un atto di emancipazione del diritto di vita e di morte dei componenti della familia. 31 Il sistema onomastico maschile Ogni cittadino di buona condizione sociale riceveva tre nomi: • Praenomen – dato ai bambini alla nascita ed era usato all’interno della familia. Lo sceglieva il paterfamilias tra un numero ridotto di possibili nomi. Erano sempre uguali. Per esempio: Caio o Gaio, Lucio, Publio, etc. • Nomen – indica la gens d’appartenenza • Cognomen – all’inizio era una specie di soprannome per indicare il singolo individuo perché spesso, a causa del ridotto numero dei praenomina, si creavano omonimie. Poi, però, il cognome divenne ereditario, per indicare la familia. Per esempio, Publio Cornelio Scipione era il Publio della gens Cornelia che apparteneva alla familia degli Scipioni. Talvolta infatti si cominciò ad aggiungere l’agnomen, che serviva a indicare i cittadini famosi per qualche impresa. Publio Cornelio Scipione fu chiamato l’Africano. • A volte si indicavano anche il patronimico e il nome della tribù. 32 Un esempio epigrafico 33 Il sistema onomastico femminile Non avevano nome proprio e questo era indizio di posizione passiva e anonima all’interno della società. Venivano chiamate mettendo al femminile il nome gentilizio (nomen) al quale si aggiungeva Prima, Secunda, Tertia, per distinguere le varie donne. 34 L’istituto della clientela Il carattere gerarchico della società era rafforzato dall’istituto della clientela: i capi di una gens o di una singola familia esercitavano autorità, con il titolo di patroni, sui clientes. I clientes erano estranei al patronus, ma erano a lui legati da un vincolo di fides, cioè di fedeltà. In origine la parola significa “colui che ascolta” e indica che il cliens era in posizione subordinata rispetto al patronus. Doveva onorarlo in tutti i modi, eseguirne gli ordini, lavorare le sue terre, prendere le armi in difesa dei suoi progetti, anche militari. Il patronus, come contropartita, doveva fornire al cliens aiuto economico, cibo e doni, lo soccorreva in caso di malattia, lo assisteva in tribunale. La fides era un patto vincolante da entrambe le parti. 35 La condizione del “cliente” Il cliens era un uomo libero a tutti gli effetti. All’inizio il rapporto di clientela era un aiuto economico, ma, andando avanti col tempo, divenne una relazione politica. Per i patroni avere clienti era un elemento di prestigio sociale o influenza politica. Per la società la clientela era un meccanismo che accresceva il potere dell’aristocrazia, ma, nello stesso tempo, favoriva il controllo delle masse, univa i potenti ai meno potenti e rafforzava la coesione sociale. 36 La monarchia etrusca • Una fase meglio documentata (fine VII – fine VI sec. a.C.) nella quale regnano a Roma personaggi provenienti dall’Etruria: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. • Roma si dota di istituzioni più stabili ed efficienti. • La svolta autocratica della monarchia etrusca, in cui il potere si trasmette per via dinastica. • Una fioritura urbanistica della Roma etrusca: il tempio di Giove Capitolino, l’area sacra di S. Omobono (templi di Fortuna e Mater Matuta). 37 Gruppo in terracotta dall’area sacra di S. Omobono: Minerva ed Ercole (metà VI a.C.) 38 La “grande Roma dei Tarquini” Sotto la monarchia etrusca Roma fece un grande balzo in avanti divenendo più bella, più ricca e popolosa. L’influenza della cultura etrusca giocò un ruolo fondamentale. Nella trasformazione di Roma decisiva fu l’abilità etrusca nelle canalizzazioni sotterranee: le avanzate tecniche idrauliche degli Etruschi risolsero il problema dei territori paludosi. Fu realizzato poi un sistema di fogne sotterranee sovrastate da strade lastricate e unite a due enormi collettori (la Cloaca maxima e quella del Circo Massimo). L’area del Foro fu pavimentata e fu costruito il Circo Massimo 39 La Cloaca Maxima 40 La Cloaca maxima (2) 41 Le “mura serviane” Intorno al 550 a.C. la città fu chiusa da una cinta fortificata lunga 11 km e costituita in parte da mura in piccoli blocchi di tufo. Sono attribuite a Servio Tullio, da cui prendono il nome. 42 Le mura “serviane” • Attribuite al re Servio Tullio, ma certo posteriori alla conquista di Veio: il materiale usato è il tufo di Grotta Oscura, nel territorio della città etrusca. 43 Le mura “serviane” presso la Stazione Termini 44 Il circuito delle mura “serviane” (in verde) Una cinta muraria molto estesa e potente, destinata a proteggere la città da nuove incursioni galliche, ma che si rivelerà decisiva nelle guerre contro Pirro e Annibale. 45 Le credenze religiose • Numerose furono, sulla religione romana, le influenze greche ed etrusche. • Come quella greca ed etrusca, la religione romana era politeista. • Le principali divinità erano di ascendenza greca pur con nomi latini. • La religione romana conservò comunque peculiari caratteristiche: conservò alcune divinità proprie, come Giano. Poi credevano nell’esistenza di numi, forze astratte che non assumevano sembianze umane. I più importanti tra i numi erano i Lari (spiriti protettori degli antenati), i Penati (protettori della famiglia nella vita quotidiana) e i Mani (divinità degli inferi). 46 L’importanza del rito • Una grande caratteristica della religione romana era la grande importanza data i a tanti piccoli riti destinati a proteggere ogni momento della vita quotidiana. • A Roma la religione stabiliva riti da compiere non cose in cui credere. • Era una religione del timore: da qui l’importanza di placare i poteri divini e consultare le forze divine e ricevere indicazioni e aiuti. • Strettissima era la connessione tra religione e politica. Gli atti religiosi erano collettivi. Praticare il culto non era un impegno personale. Di conseguenza il re era la massima autorità religiosa, anche se esistevano sacerdoti e sacerdotesse veri e propri di cui parleremo in seguito. 47 La caduta della monarchia etrusca • Le tendenze autocratiche di un re che fonda il suo potere soprattutto sul consenso delle classi sociali inferiori (compresi i molti immigrati dall’Etruria): la plebe. • La reazione dei patricii (i discendenti degli originari patres): una congiura aristocratica porta alla cacciata di Tarquinio il Superbo e alla creazione di una Repubblica. – Un racconto con particolari leggendari (esemplificati su episodi della storia greca), ma nella sua sostanza credibile. 48 Lucrezia e il passaggio da Monarchia e Repubblica (T. Livio, I, 58) Dopo aver lasciato passare alcuni giorni, Sesto Tarquinio all’insaputa di Collatino venne a Collazia con un compagno. E lì, accolto amichevolmente dagli abitanti ignari del suo proposito, dopo essere stato accompagnato, dopo la cena, in una camera per gli ospiti, preso dalla passione, dopo che tutto nei dintorni sembrava abbastanza tranquillo e tutti gli uomini addormentati, impugnata la spada si recò presso Lucrezia che dormiva e, premuto il petto della donna con la mano sinistra, disse: “Taci, Lucrezia, sono Sesto Tarquinio, ho una spada in mano; se dirai una sola parola, morirai!”. Poiché la donna, (svegliatasi) impaurita dal sonno, non vedeva alcuno scampo, ma la morte imminente, allora Tarquinio le confessava il suo amore, la pregava, univa minacce alle preghiere, tentava in ogni modo di far breccia nell’animo della donna. Poiché vedeva che ella era risoluta e non veniva piegata nemmeno dalla paura di morire, aggiunse il disonore alla paura: afferma che porrà accanto a lei morta un servo nudo strangolato, perché si dica che sia stata uccisa in uno squallido adulterio.Dopo che, come una vincitrice, la passione ebbe la meglio con questa paura sulla irremovibile pudicizia, e Tarquinio partì, fiero per aver violato l’onore della donna, Lucrezia, triste per un male tanto grande, manda un medesimo messaggero dal padre a Roma e dal marito ad Ardea, perché vengano ciascuno con un amico fidato. Bisognava fare così ed agire in fretta: 49 era capitato un fatto terribile. Il suicidio di Lucrezia (T. Livio, I, 58) Spurio Lucrezio venne con Publio Valerio, figlio di Volesio, Collatino con Lucio Giunio Bruto, assieme al quale era stato per caso incontrato dal messaggero della moglie mentre ritornava a Roma. Trovano Lucrezia seduta nella camera da letto, infelice. All’arrivo dei suoi cari sgorgarono lacrime e disse al marito che le chiedeva :”Stai bene?” “Per nulla! Cosa c’è di buono per una donna che abbia perso l’onore? Sul tuo letto, Collatino, ci sono le tracce di un estraneo; del resto solo il corpo è stato violato, l’animo è innocente; la morte sarà testimone. Ma date le destre e prestate giuramento che l’adultero non resterà impunito. E’ Sesto Tarquinio, che la notte scorsa, armato, con la forza, nemico invece che ospite, ha ottenuto un piacere per me – ed anche per lui, se siete veri uomini – mortale.” Uno dopo l’altro prestano giuramento; consolano l’infelice distogliendo la colpa da lei che era stata costretta al responsabile del delitto: è la mente che pecca, non il corpo e la colpa non riguarda colui al quale sia mancata l’intenzione. “Guardate voi, disse, quale punizione gli spetti; io, benchè mi assolva dalla colpa, non mi libero dalla punizione. E nessuna donna svergognata vivrà sull’esempio di Lucrezia”. Si piantò nel cuore il 50 coltello che aveva tenuto nascosto sotto la veste e, piegatasi sulla ferita, cadde morente. Sollevano grida il padre ed il marito. La nascita del consolato I primi consoli furono i seguenti: • LUCIO GIUNIO BRUTO ( da non confondere con Marco Giunio Bruto, uccisore di Cesare) • LUCIO TARQUINIO COLLATINO N.B. Sul consolato vedere bene il ppt specifico. 51 Il quadro politico del Lazio alla fine della monarchia • La Roma dei Tarquini esercita un’egemonia su buona parte del Latium, grazie alle conquiste e alla politica matrimoniale dei re etruschi. • Un quadro confermato da un documento importantissimo: il primo trattato romano-punico, concluso nel primo anno della Repubblica (data tradizionale: 509 a.C.; data polibiana 508 a.C.) 52 Il crollo del dominio romano sul Lazio • Approfittando delle difficoltà interne di Roma determinate dalla fine della monarchia, le città latine si affrancano dal suo dominio e si stringono in una Lega. • Ai suoi membri la Lega Latina riconosce: – Ius connubii – Ius commercii – Ius migrationis 53 I successi della Lega Latina • Nella battaglia di Aricia, la Lega Latina sconfigge Arrunte, figlio del re di Chiusi, Porsenna. • La Lega Latina si volge poi contro Roma, secondo la tradizione su impulso del dittatore di Tusculum, Ottavo Mamilio, che voleva riportare sul trono di Roma suo suocero Tarquinio. 54 La rivolta dei Latini contro Roma: Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, V, 50, 1 • Al tempo della 70° Olimpiade, nella quale vinse la corsa dello stadio Nicea di Opunto, nella Locride, mentre Smiro era arconte ad Atene (500/499 a.C.), assunsero la dignità consolare Postumo Cominio e T. Larcio (501 a.C.). Nel corso del loro ufficio, le città latine si staccarono dall'amicizia con i Romani, poiché Ottavo Mamilio, il genero di Tarquinio, aveva convinto gli uomini più illustri di ciascuna città, in parte con promesse di doni, in parte con preghiere, a cooperare al ritorno degli esuli. 55 La Lega Latina in guerra: Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, V, 61, 1-3 Riunitasi a Ferentino un'assemblea generale, coloro che esortavano a fare ricorso alle armi, e in particolare Tarquinio e suo genero Mamilio, insieme coi capi della città di Aricia, accusarono con violenza coloro che cercavano di opporsi alla guerra. Trascinati dai discorsi di costoro, tutti i delegati della nazione latina decisero di intraprendere la guerra contro i Romani; e perché nessuna città tradisse la causa comune o interrompesse le ostilità senza il consenso di tutti, pronunciarono giuramenti reciproci e decretarono che coloro che non avessero osservato gli accordi sarebbero stati esclusi dai trattati di alleanza, maledetti e considerati nemici di tutti. I delegati che sottoscrissero i patti e pronunciarono i giuramenti provenivano da queste città: Ardea, Aricia, Boville, Bubento, Cora, Carvento, Circea, Corioli, Corbio, Cabo, Fortinea, Gabii, Laurento, Lanuvio, Lavinio, Labici, Nomento, Norba, Preneste, Pedo, Quercetola, Satrico, Scazia, Sezia, Tivoli, Tusculo, Tolerio, Tellene e Velletri; da tutte queste città bisognava scegliere gli uomini idonei alla spedizione, nella quantità che sarebbe parsa opportuna ai comandanti, Ottavo Mamilio e Sesto Tarquinio: essi, infatti erano stati scelti generali con pieni poteri. 56 La battaglia del Lago Regillo e il Foedus Cassianum • 496 a.C.: al Lago Regillo le forze romane sconfiggono quelle della Lega Latina. Tarquinio finisce in esilio a Cuma. • 493 a.C.: il console Spurio Cassio conclude con la Lega Latina un trattato: – Composizione pacifica di future controversie. – Alleanza difensiva. – Spartizione del bottino di guerra (e fondazione di colonie miste nei territori conquistati). – I contraenti dovevano anche riconoscersi reciprocamente ius connubii, commercii, migrationis. • 486 a.C.: la popolazione degli Ernici si aggiunge all’alleanza, negli stessi termini stabiliti dal foedus Cassianum. 57 Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, VI, 95, 1-2: il foedus Cassianum • «Ci sia pace reciproca tra i Romani e le città latine, finché il cielo e la terra abbiano la medesima posizione. Né essi combattano tra loro, né conducano nemici da altre nazioni, né a chi porta guerra offrano strade sicure, aiutino con ogni mezzo chi di loro è coinvolto in una guerra, entrambi abbiano parti uguali delle prede e del bottino fatto a danno dei nemici comuni. Le sentenze sui contratti privati vengano pronunciate entro dieci giorni, presso la popolazione in cui sia stato fatto il contratto. A questi patti non sarà lecito aggiungere o togliere alcunché se non ciò su cui consentano Romani e Latini tutti». 58 I conflitti con Sabini, Equi e Volsci • La spinta delle popolazioni osco-sabelliche dai monti dell’Italia centrale alle coste del Tirreno: – I Volsci verso la pianura Pontina, contro Terracina, Anzio e Velletri. – Gli Equi verso i Colli Albani, Tibur e Praeneste. – I Sabini su Roma (il colpo di mano di Appio Erdonio del 460 a.C., sventato con l’aiuto di truppe di Tusculum). • Dopo un’interminabile serie di scaramucce, l’avanzata degli Equi e dei Volsci è bloccata al Passo dell’Algido (431 a.C.). 59 Livio, III, 22, 2-4: Gli alleati Romani, Latini ed Ernici contro i Volsci e gli Equi nel 459 a.C. • Sotto i consoli Quinto Fabio e Lucio Cornelio, subito all'inizio dell'anno, s'ebbero dei disordini. I tribuni istigavano la plebe; Latini ed Ernici annunciavano una grossa guerra da parte dei Volsci e degli Equi: le legioni dei Volsci, essi dicevano, si trovavano già ad Anzio. Si aveva un gran timore che anche la colonia sarebbe passata al nemico; e stento si ottenne dai tribuni della plebe il consenso a che fosse data precedenza alla guerra. I consoli si divisero quindi i compiti: a Fabio fu dato l'incarico di condurre le legioni ad Anzio, a Cornelio di rimanere di presidio a Roma, perché una parte dei nemici non venisse, com'era abitudine degli Equi, a compiere saccheggi. Gli Ernici e i Latini furono invitati a fornire truppe, secondo quanto era stabilito dal trattato, e l'esercito risultò costituito per due terzi di alleati, per un terzo di cittadini. 60 Roma e Veio 61 La guerra contro Veio • Una guerra che Roma affronta da sola contro la potente città etrusca, per il controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline alle foci del fiume. • Un conflitto in 3 fasi: – 483-474 a.C.: i Veienti occupano Fidene, sulla sponda “latina” del Tevere; l’esercito gentilizio dei Fabii è annientato sul Cremera. – 437-426 a.C.: A. Cornelio Cosso uccide in duello il “tiranno di Veio”, Lars Tolumnio. Fidene è ripresa e distrutta dai Romani. – 405-396 a.C.: dopo un assedio di 10 anni l’esercito romano, guidato da M. Furio Camillo, conquista Veio. Solo le città falische di Falerii e Capena aiutano i Veienti, abbandonati dalle città etrusche. 62 Topografia di Veio • Veio poteva contare su un’invidiabile posizione difensiva, su una collina difesa da scarpate e dai torrenti Valchetta e Due Fossi. 63 Gli effetti della guerra contro Veio • Un conflitto segnato da un’atmosfera di misticismo, del quale è intrisa anche la figura del vincitore, Camillo. – A questo proposito vedi soprattutto il racconto di come i Romani conquistino il favore della dea patrona di Veio, Giunone. • Il lungo assedio di Veio costringe Roma a dare una paga ai suoi soldati (stipendium), finanziata attraverso la riscossione di una tassa pro-capite (tributum), proporzionale alle ricchezze dei cittadini. • Con la conquista di Veio, Roma acquista un ampio e fertile territorio, nel quale vengono insediati numerosi coloni. 64 Plutarco, Vita di Camillo, 6, 1-2: Camillo trasferisce a Roma il culto di Giunone • Dopo il sacco della città Camillo decise di trasferire a Roma la statua di Giunone, secondo il voto. Radunati allo scopo gli operai, cominciò a sacrificare e invocò la dea di gradire il loro zelo e di abitare propizia con gli dèi di Roma; la statua allora, dicono, bisbigliò sommessamente che accettava volentieri. Livio racconta, invece, che Camillo pregava e invitava la dea tenendo una mano sulla statua, e alcuni dei presenti risposero che essa accettava volentieri e bramava di seguirli. 65 Livio, IV, 59, 11 – 60, 3: l'istituzione dello stipendium e del tributum • S’aggiunse poi la concessione più opportuna fra tutte quelle fatte dai maggiorenti alla moltitudine: prima che la plebe e i suoi tribuni vi facessero alcun accenno, il Senato decretò che i soldati ricevessero la paga dallo stato, mentre fino a quel tempo avevano compiuto il servizio militare a proprie spese. Si tramanda che mai nessuna concessione fu accolta dalla plebe con tanta gioia... Ma i tribuni della plebe, gli unici che non condividevano la letizia e la concordia comune dei due ordini, sostenevano che il provvedimento non sarebbe stato così gradito ai patrizi né così favorevole a tutti i cittadini come essi credevano: in effetti era a prima vista migliore di quello che si sarebbe in realtà dimostrato. Infatti da dove si poteva raccogliere il denaro necessario, dicevano i tribuni, se non imponendo un tributo al popolo? 66 I Celti in Europa 67 L’invasione celtica dell’Italia settentrionale in Polibio, II, 17, 3 - 18, 1 • I Celti, che avevano con loro [gli Etruschi] frequenti relazioni in ragione della vicinanza e guardavano con invidia alla bellezza del loro territorio, li assalirono improvvisamente, sulla base di un piccolo pretesto, con un grande esercito, cacciarono i Tirreni dalla regione padana e occuparono essi stessi la pianura. Si stabilirono, dunque, nelle zone all'estremità della pianura, situate presso le fonti del Po, i Lai e i Lebeci, e dopo loro gli Insubri, che erano il popolo più grande fra loro; immediatamente dopo questi, lungo il fiume, i Cenomani ... Si insediarono nelle zone al di là del Po, presso l'Appennino, per primi gli Anari e dopo di loro i Boi; subito dopo questi, verso l'Adriatico, i Lingoni e per ultimi, sul mare, i Senoni ... In origine, dunque, non solo dominavano sulla regione, ma avevano anche assoggettato molti dei popoli vicini, atterriti dalla loro audacia. 68 La discussa cronologia della penetrazione celtica in Italia • La teoria dell’invasione: – In più ondate, a partire dalla metà del VI sec. a.C. (Livio) – In un’unica ondata, alla fine del V sec. a.C. e agli inizi del secolo seguente (Polibio). • La teoria dell’infiltrazione e dell’acculturazione – Una lenta infiltrazione di popolazioni celtiche dall’Europa centrosettentrionale, che progressivamente assorbono elementi locali (teoria del “farsi della celticità”). – Solo alla fine del V sec. a.C., con i Sènoni, questo lento movimento ha una brusca accelerazione. 69 Le principali popolazioni celtiche in Italia 70 I Galli nelle Marche e l’incontro con la grecità: la corona aurea di Montefortino Da una tomba femminile della necropoli gallica di Montefortino, fine IV - inizi III sec. a.C. (Ancona, Museo Archeologico Nazionale) 71 Un ornamento tipico dei nobili Celti, il torquis A sinistra, torquis in bronzo da Gambara (Brescia), prima metà del III sec. a.C. (Brescia, Museo dell’età romana). A destra, torquis dalla necropoli di Canneto sull’Oglio (Mantova), prima metà del III sec. a.C. (Asola, Museo Civico Archeologico). 72 Una fibula aurea Fibula d’oro di tipo La Tène da Este (?), seconda metà del III sec. a.C. (Padova, Museo Civico Archeologico). 73 I carri da guerra celtici 74 I Sénoni • Ultima delle popolazioni celtiche a penetrare in Italia, avrebbe occupato i territori più meridionali: Romagna meridionale e Marche settentrionali. • 390 a.C.: i Senoni invadono l’Italia centrale (probabilmente a scopo di razzia) e attaccano Chiusi; poi si volgono contro Roma. • L’esercito romano inviato ad affrontarli si dissolve sul fiume Allia. Roma è presa e saccheggiata. • Paghi del bottino (e forse del riscatto pagato dai Romani) i Senoni si allontanano rapidamente. • Pochi mesi dopo alcuni di loro saranno arruolati come mercenari da Dionisio il Vecchio. 75 Il sacco gallico nella tradizione storiografica romana • La storiografia romana cerca di mitigare il disastro supponendo che: – I Romani abbiano resistito sul Campidoglio, sotto la guida di T. Manlio Capitolino. – Camillo abbia riorganizzato i superstiti dell’Allia e sia piombato sui Galli mettendoli in rotta. • Le fonti greche indipendenti presentano versioni della vicenda meno favorevoli a Roma. 76 Il sacco gallico nella versione di Polibio, II, 18, 3 • Dopo qualche tempo, avendo sconfitto in battaglia i Romani e quelli schierati con loro, inseguendo i fuggitivi, tre giorni dopo la battaglia occuparono la stessa Roma, a eccezione del Campidoglio. Ma poiché sorse un ostacolo e i Veneti fecero irruzione nel loro territorio, allora, conclusi patti con i Romani e restituita la città, fecero ritorno nella propria terra. 77 Il sacco gallico ebbe conseguenze disastrose? • La tradizione romana attesta durissime perdite umane e gravi distruzioni a Roma. • In realtà la battaglia dell’Allia si risolse in una rotta piuttosto che in un massacro. • Non abbiamo prove archeologiche dell’incendio che i Galli avrebbero appiccato a Roma. • La ripresa economica e politica a Roma fu molto rapida. 78 Roma all’offensiva • Pochi anni dopo il sacco gallico gli Equi sono duramente colpiti. • Maggiore la resistenza opposta dai Volsci, che trovano l’inedita alleanza degli Ernici e di alcune città latine. • 381 a.C.: la latina Tusculum viene annessa al territorio romano, conservando le sue strutture di governo e la sua autonomia; i suoi cittadini hanno i medesimi diritti e doveri dei cives Romani. • 358 a.C.: i Volsci e gli Ernici sono costretti a cedere parte dei loro territori, dove vengono insediati coloni romani. • 354 a.C.: cessa la resistenza di Tibur e Praeneste. Negli stessi anni anche le città etrusche di Tarquinia e Cere, insieme alla falisca Falerii, sono costrette a siglare una lunga tregua. 79 Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, XIV, 6, 2-3: la concessione della cittadinanza a Tusculum • Altro fatto degno di ammirazione nei Romani è che non recarono offese a nessuno degli abitanti di Tusculo, ma li lasciarono impuniti nonostante le loro colpe. Ancor più ammirevole fu il trattamento di favore che usarono loro dopo il perdono delle colpe: mirando infatti ad evitare il ripetersi in quella città di fatti simili e l'insorgere di pretesti per una ribellione, non ritennero necessario introdurre sull'acropoli una guarnigione, né farsi consegnare ostaggi dai notabili, né privare delle armi i loro possessori, né dare altro segno proprio di un rapporto di amicizia non creduta. Ritenendo che l'unico elemento coagulante di tutti coloro che sono legati l'uno all'altro da qualche vincolo di parentela o amicizia sia un'uguale ripartizione dei beni, decisero di concedere ai vinti la cittadinanza, facendoli partecipi di tutti i diritti di cui godono per natura i Romani, in ciò tenendo una condotta ben diversa da quella degli aspiranti alla supremazia in Grecia, gli Ateniesi e gli Spartani. 80 Per saperne di più • In generale sui temi della storia di Roma trattati in questo e nei capitoli seguenti vedi sezioni corrispondenti dei manuali generali di storia romana: – M. Cary – H.H. Scullard, Storia di Roma, Bologna 1981 [BAU 937 S 15]. – M.A. Levi – P. Meloni, Storia romana dalle origini al 476 d.C., Milano 19865 [BAU STO COLL. PROVV. 937 LEV 2]. – G. Clemente, Guida alla storia romana: eventi, strutture sociali, metodi di ricerca, Milano 1990 [937 S 11]. – L. Bessone – R. Scuderi, Manuale di storia romana, Bologna 19992 [BAU 937 S 9]. – E. Gabba et alii, Introduzione alla storia di Roma, Milano 1999 [BAU 937 S 10]. 81 Per saperne di più • Sui Latini: G. Colonna, I Latini e gli altri popoli del Lazio, «Italia omnium terrarum alumna», Milano 1988, pp. 411-528 [BAU STO/C I A/a 2] • Sulle origini di Roma e la sua prima espansione: – A. Carandini, La nascita di Roma: dèi, lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà, Torino 1997 [BAU 937.01 S 2] . – R.M. Ogilvie, Le origini di Roma, Bologna 1995 [BAU 937.01 S 6]. – M.A. Levi, Plebei e patrizi nella Roma arcaica, Como 1992 [BAU STO COLL. PROVV. 937(D) LEV]. 82 Per saperne di più • Sulle popolazioni celtiche dell’Italia settentrionale: – V. Kruta, I Celti, «Italia omnium terrarum alumna», Milano 1988, pp. 263-311 [BAU STO/C I A/a 2] – P. Piana Agostinetti (a cura di), Celti d’Italia, Roma 2004 (Popoli e civiltà dell’Italia antica, 12) [BAU 937.01 S1]. • Sulle vicende storiche di questo periodo: G. Bandelli, La frontiera settentrionale: l’ondata celtica e il nuovo sistema di alleanze, «Storia di Roma, I, Roma in Italia», Torino 1988, pp. 505-525 [BAU STO/D 937 STO I]. 83