Danno da nascita
indesiderata.
Cass. Civ. Sez. III, 11 maggio 2009,
n. 10741
PREMESSE ARGOMENTATIVE
Definizione
Il danno da nascita indesiderata è una
fattispecie rientrante nel più ampio novero
delle responsabilità mediche per condotte
professionali (omissive o commissive) che
durante la gravidanza provocano danni
alla salute del nascituro ed eventualmente
anche ai suoi genitori.
Questo danno può derivare da:
• Prescrizioni di farmaci con proprietà
teratogene;
• Errata o mancata diagnosi prenatale circa
la salute del feto.
Natura della responsabilità
La responsabilità del ginecologo deriva
dall’inadempimento ad una obbligazione di
natura contrattuale – consistente nel
rilevare le condizioni del feto e formulare
la corrispondente diagnosi, impiegando in
ciò la diligenza e perizia richieste.
L’inadempimento espone il medico a
responsabilità per i danni che ne derivano
(ex art. 1218 c.c.)
Parti
• P. (marito), V. (moglie) in proprio e n.q. di
genitori esercenti la potestà sul figlio F.
(divenuto maggiorenne nelle more del giudizio di
Cassazione);
• Prof. A. : responsabile del Centro Abate a cui si
era rivolta la donna;
• Dott. C. : medico curante di V. presso il centro
Abate (al quale era permesso di ricevere i
pazienti nella sola giornata di sabato, usando
però ricettali suoi personali)
Fatto
La V. a causa di problemi di annidamento
non poteva avere figli; per questo si
rivolgeva al Centro Abate in cui veniva
affidata alle cure di C. e R.
Le venivano prescritti due cicli di Clomid
( medicinale contenente Clomifene),
all’insorgere della gravidanza il C.
sostituiva la terapia con una diversa.
La V. partoriva in un reparto della
Clinica (omissis), riservato alle
partorienti in cura presso il Centro
Abate, un bambino (di nome F.)
gravemente malformato.
Giudizio di I° grado
P. e V. convenivano in giudizio il Centro Abate,
nella persona del prof. A, nonché il dott. C e
collaboratore, lamentando di non essere stati
adeguatamente informati dei potenziali rischi
derivanti dall’uso del Clomifene e di non aver
potuto assumere una scelta consapevole circa il
trattamento sanitario. Mirando ad ottenere una
declaratoria di responsabilà per fatti in
questione, con condanna al risarcimento dei
danni patiti a causa della somministrazione del
Clomifene.
Fonti di Prova:
• Due consulenze medico-legali di ufficio, le quali
hanno accertato con dati statistici
incontrovertibili la teratogenicità del Clomifene,
somministrato durante le prime 6 settimane di
gravidanza. Dati che i medici non potevano
ignorare in quanto già evidenziati dalla
letteratura medica al tempo della relativa
somministrazione a V.;
• Prove testimoniali;
• Documentazione Varia.
Sentenza di I° grado
L’adito tribunale dichiarava la responsabilità
esclusiva del Prof. A. in ordine al mancato
esercizio di una corretta informazione circa le
proprietà teratogene del farmaco e in ordine alla
determinazione del danno fisico al bambino.
Lo condannava quindi al pagamento in favore
del P. e della V., quali genitori di F., della somma
di L. 2.152.400.000, nonchè in favore della V. in
proprio della somma di L. 78.037.000 e del P. in
proprio della somma di L. 41.508.000, oltre
interessi e spese di lite; rigettava la domanda
nei confronti del C.
Giudizio di appello
Proponeva appello l’A contestando che vi fosse prova
della prescrizione alla V. di due cicli di Clomid e
deduceva che l’unica prescrizione di tale farmaco era
avvenuta in epoca lontana dalla gravidanza.
Contestava inoltre gli effetti teratogeni del Clomifene e
che non era possibile prevedere eventuali malformazioni
del feto in tempo utile per ricorrere all’aborto terapeutico.
Contestava inoltre la mancata declaratoria di
responsabilità del dott. C. , il tasso dei relativi interessi e
la condanna alle spese della lite.
Si costituiva C. contestando la natura teratogena
del Clomid e affermando che le malformazioni
non potevano essere rilevate in tempo utile per
praticare un aborto terapeutico.
Si costituivano P. e V. proponendo appello
incidentale, con il quale chiedevano la
declaratoria di responsabilità di C., censurando
anche la liquidazione dei danni effettuata in I°
grado.
Sentenza di Appello
La Corte di Appello accoglie parzialmente
l’appello principale e incidentale dei
coniugi P. e V., dichiarando anche il dott.
C. responsabile dei danni subiti dai
precedenti coniugi e dal loro figlio e
condannandolo in solido con A. al
pagamento delle somme già liquidate dal
tribunale di I° grado a titolo di danni.
Ricorso in Cassazione
Ricorso di A. Censure:
1- L'obbligazione di curare è stata
esattamente e diligentemente adempiuta. I
medici non hanno prescritto un farmaco
erroneo, e dunque, sotto questo riguardo,
non sono responsabili nè verso i genitori
nè verso il minore".
2-In ordine alla ritenuta somministrazione del
Clomid in due cicli, gli attori non hanno fornito
alcuna prova (al di fuori della sola dichiarazione
resa dalla V. al consulente tecnico d'ufficio).
3-La sentenza impugnata omette di motivare
intorno al titolo di risarcimento accordato al
minore. Posto che esso non è riconducibile
all'inadempimento del dovere informativo, è
altresì da escludere che discenda da violazione
del diritto a non nascere.
Ricorso di C. Censure:
1-Manca agli atti il benchè minimo elemento per
ritenere che il C. non avesse provveduto ad
informare la paziente in ordine ai rischi potenziali
dell'utilizzazione del farmaco e, stante la natura
extracontrattuale dell'asserita responsabilità verso
gli attori di tale medico collaboratore dell' A., l'onere
della prova incombeva ai coniugi P.
2-La Corte d'Appello, pur individuando la fonte della
responsabilità dei medici unicamente nell'asserita
omissione dell'informativa alla paziente sui rischi
dell'utilizzazione del farmaco, ha poi disposto la
condanna al risarcimento anche in favore del
minore per le malformazioni con cui è nato, quasi
che le stesse potessero ritenersi cagionate
dall'omessa informativa".
Decisioni della Corte
La responsabilità dei medici:
-violazione del dovere di informazione
-prescrizione di un farmaco con proprietà
teratogene
Consenso informato
Fonti:
-Codice deontologico dei medici;
-Artt. 13 e 32 Cost.;
-L. 833/1978.
La violazione degli obblighi informativi
comporta il risarcimento del danno.
Effetti protettivi del contratto
“… sia il contratto che la paziente pone in essere
con la struttura sanitaria e sia il contratto della
stessa con il singolo medico risultano produttivi
di effetti, oltre che nei confronti delle stesse
parti, anche di ulteriori effetti, “protettivi”, nei
confronti del concepito e del genitore, come terzi
…”
“ciò in quanto… l'efficacia del contratto, che si
determina in base alla regola generale ex art.
1372 c.c. ovviamente tra le parti, si estende a
favore di terzi soggetti in virtù della lettura
costituzionale dell'intera normativa codicistica in
tema di efficacia e di interpretazione del
contratto, per cui tale strumento negoziale non
può essere considerato al di fuori della visione
sociale (e non individuale) del nostro
ordinamento, caratterizzato dalla centralità della
persona.
Il rapporto madre-medico produce effetti protettivi nei
confronti del padre.
Precedente: Cass. Civ. sez. III, 10 maggio 2002, n.6735.
Fatto.
Nascita di un bambino gravemente malformato. Tali
malformazioni potevano essere rilevate dal ginecologo.
Si imputa al medico di aver reso una prestazione diversa
da quella che ci si sarebbe potuti attendere –
prestazione consistita nel non aver dato alla gestante
l’esatta informazione circa le condizioni del feto ed il
rischio della nascita di un figlio menomato.
La Cass. con la sentenza n. 6735/2002
produceva un allargamento dell’area di
risarcibilità dei danni causati da cattiva
prestazione sanitaria prenatale,
ricomprendendo tra i soggetti potenzialmente
danneggiati, accanto alla paziente, suo
marito.
Motivazioni
“Il tessuto dei diritti e dei doveri che secondo
l’ordinamento si incentrano sul fatto della
procreazione – quali si desumono sia dalla
legge 194 del 1978; sia dalla Costituzione (artt.
29 e 30) e dal codice civile (artt. 143, 147, 261 e
279 c.c.), quanto ai rapporti tra coniugi ed agli
obblighi dei genitori verso i figli – spiega perché
anche il padre rientri tra i soggetti protetti dal
contratto ed in confronto del quale la
prestazione del medico è dovuta.”
↓
“Ne deriva che l’inadempimento si
presenta tale anche verso il padre ed
espone il medico al risarcimento dei danni,
immediati e diretti (ex art. 1123 c.c.), che
pure al padre possono derivare dal suo
comportamento.”
↓
“Non rileva che l’uomo possa essere
coinvolto dalla donna nella decisione circa
l’interruzione della gravidanza, ma non
chiederla.”
“La madre, pur informata, può scegliere di
non interrompere la gravidanza:
l’ordinamento non consente al padre di
respingere da sé tale eventualità …”
Sottratta alla donna la possibilità di
scegliere, gli effetti negativi di questo
comportamento si inseriscono in una
relazione col medico cui non è estraneo il
padre.
Soggettività giuridica del nascituro
Premesse argomentative:
1- pluralità delle fonti (principi di
decodificazione e depatrimonializzazione);
2- formazione della c.d. giurisprudenza
normativa
Il concepito è dotato di autonoma
soggettività giuridica perché titolare sul
piano sostanziale di alcuni diritti inviolabili.
La nascita è condizione imprescindibile
per la loro azionabilità in giudizio a fini
risarcitori (sulla base dei due presupposti
della fuoriuscita del feto dall'alveo materno
ed il compimento di un atto respiratorio).
Il nascituro ha, dunque, il diritto a nascere
sano, in virtù, in particolare, degli artt. 2 e
32 Cost.
Obiter dictum
Nel nostro ordinamento non è
configurabile il diritto a non nascere se
non sano.
Fattispecie relativa all’interruzione
volontaria di gravidanza.
Nesso di causalità
1-Principio del più probabile che non.
2-Comparazione tra il comportamento dei medici e
quello basato sulla “diligenza rafforzata”
“ il comportamento omissivo ha impedito alla V. di
acconsentire al trattamento (o di negarlo) in
piena consapevolezza dei rischi connessi; la
prescrizione del Clomid, sulla base di
un'evidente e grave negligenza (per quanto
accertato dalla Corte territoriale), ha determinato
le lesioni e le malformazioni in oggetto.”
Onere probatorio
-Responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
-Teoria del “contatto sociale” (Cass. Civ. sez.
III, 22 gennaio 1999, n.589)
“il paziente ha l'onere di allegare
l'inesattezza dell'adempimento non la
colpa nè tanto meno la gravità della
colpa.”