parallassi diurne - Dipartimento di Fisica e Astronomia

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Settima settimana
Parallassi
Moti propri
Velocità radiali
Esercizi
25/05/2005
C.Barbieri Astron. I A.A. 2004-2005
1
La Parallasse
Il fenomeno della parallasse è dovuto alla distanza finita
dell'astro dall'osservatore. Osservatori situati in diverse località,
o lo stesso osservatore che si muova a causa della rotazione
diurna o della rivoluzione annua, vedranno l'oggetto in diverse
direzioni sulla volta celeste. Di tutti i fenomeni descritti sinora,
che alternao la direzione apparente dell'astro, la parallasse è il
primo che dia informazioni dirette sulla distanza, e dunque sulla
natura, dell'astro stesso, e non solo sui movimenti dell'osservatore
o sulle proprietà fondamentali della luce.
La conoscenza in unità lineari (m) della distanza fornisce un
collegamento tra le scale di distanza terrestre e cosmica. La
determinazione delle parallassi è perciò una delle più
fondamentali misure astronomiche.
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La parallasse trigonometrica -1
Dati due osservatori, O, C a distanza relativa R , e un oggeto X a distanza d’ da
O, e d da C, l'osservatore O vedrà l'oggetto in direzione z’, e l'osservatore C in
direzione z = z’ – p rispetto alla linea di base OC . L'angolo p è chiamato
parallasse di X rispetto alla base OC.
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Le parallassi trigonometriche -2
Valgono le seguenti relazioni esatte:
CX'  d cos z  R  d 'cos z '
XX'  d sin z  d 'sin z '
CX  d  d 'cos p  R cos z
CC'  d sin p  R sin z '
C'X  d cos p  d ' R cos z '
OO'  d 'sin p  R sin z
R
sin z '
d R
sin z
tan p 

d ' 1  R cos z ' d ' d ' 1  R cos z '
d'
d'
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Le parallassi trigonometriche -3
Queste relazioni generali, utili per triangolazioni terrestri o se
si osservano satelliti artificiali, possono essere semplificate
nel caso astronomico date le distanze molto maggiori.
Distingueremo nel seguito gli oggetti del Sistema Solare per
cui il raggio terrestre è sufficiente a fungere da base
(parallassi diurne), e le stelle, per le quali invece tale raggio
è troppo piccolo e la linea di base è fornita dal semiasse
maggiore dell'orbita terrestre attrono al Sole (parallassi
annue).
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La parallasse diurna - 1
Quando si determinano le coordinate celesti di un corpo del Sistema Solare (un
pianeta, una cometa, un asteroide), sarà necessario tenere in considerazione la
posizione dell'osservatore sulla superficie terrestre (cioè la sua topografia), in
modo da traslare le coordinate a quelle dell'osservatore geocentrico. Dunque da
coordinate topocentriche a geocentriche.
Sia dunque C il centro della terra, O il generico osservatore sulla superficie, a
distanza a da C (  1), X il pianeta distante d da C e d’ da O (vedi figura).
L'angolo p = XCO è la parallasse istantanea di X. Si noti che in una generica
osservazione, il piano per X, O e C non coincide con il meridiano.
La parallasse diurna
istantanea. L'ellitticità della
terra è stata grandemente
esagerata. Il piano COC' non
è necessariamente quello del
meridiano
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La parallasse diurna - 2
Nella figura, la linea OZ è la verticale astronomica, la linea CZ’ quella
geocentrica; le osservazioni forniscono la distanza zenitale z0, che si può
trasformare nella distanza dalla verticale geocentrica z’ mediante la deviazione
dalla verticale v (. Lez 8):
1 2
v   '    f sin 2  f sin 4 
2
L'angolo p è allora:
z '  z0  v  z  p
 692".7 sin 2  1".2sin 4
a
sin z
tan p  
a
d 1   a cos z
sin p  
sin z '
d
d
L'angolo p varia con la rotazione della Terra, anche trascurando il moto del
pianeta. Chiameremo dunque parallasse orizzontale diurna  l'angolo sotto cui
X vede perpendicolarmente il raggio terrestre. In altre parole,  è il valor
massimo di p ad ogni distanza di X da C, ma  varierà con la relativa posizione di
X e di C nelle loro rispettive orbite eliocentriche.
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La parallasse diurna - 3
La parallasse orizzontale della Luna vria tra 54’ e 61’ a causa della forte
eccentricità dell'orbita lunare geocentrica (si noti che questi valori sono circa
doppi del diametro lunare apparente, per cui l'occorrenza di una occultazione
stellare da parte della Luna dipende molto criticamente dalla posizione
dell'osservatore). Tutti gli altri corpi celesti sono molto più distanti, a parte
alcuni occasionali asteroidi o le meteoriti o i satelliti artificiali, e la loro
parallasse è molto minore e può variare tra limiti molto ampi. Per esempio, 
(Venere) varia tra 5” e 34”. Dunque, essenzialmente i tutti i casi possiamo
assumere le relazioni semplificate:
d
a , 
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a
a
d

sin  
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a
sin    
d
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La parallasse orizzontale diurna del Sole
La misura diretta della parallasse solare è stata molto difficile. Più avanti
vedremo alcuni risultati. Qui assumiamo tale valore ben noto. Mediando sulla
lieve eccentricità dell'orbita, la parallasse orizzontale è praticamente costante e
la distanza d è l'Unità Astronomica:
a  1 UA  1.49x108 km
cosicché:
d a 
a

 "  8.8"
Se ora esprimiamo la distanza d a un corpo generico del sistema solare in UA i
la parallasse in secondi d'arco:
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 1 
" = 
 "
 d (AU) 
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La parallasse diurna generica - 1
Consideriamo il caso generale di un corpo osservato fuori del meridiano. Lo Zenit
geocentrico Z' è sul meridiano alla piccola distanza v da quello astronomico Z, e
più vicino all'orizzonte.
La posizione osservata sarà X’, quella
geocentrica sarà X, che si situa sul cerchio
massimo per X’ e Z’.
PZ  90  
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PZ'  90   '
Z'X'  z '
Z'X  z
XX'  p
z' z  p
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La parallasse diurna generica- 2
La parallasse diurna aumenta la distanza zenitale lungo il cerchi
verticale e lascia essenzialmente costante l'azimut (a tutto rigore
comunque il cerchio X’Z’ non è esattamente quello verticale). Le
formule rigorose per un oggetto vicino sono molto complicate, ma per
oggetti più distanti della Luna si arriva alla espressione semplificata:
 "
sin HA

HA "   "    d (AU) cos  ' cos 


 "     " (sin  'cos   cos  'sin  cos HA)

d (AU)
In particolare, se osserviamo il corpo in meridiano, allora le osservazioni
danno direttamente l'Ascensione Retta geocentrica, e tutta la parallasse
diurna si trova in una variazione di Declinazione.
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La parallasse annua - 1
Le parallassi annue sono il metodo fondamentale per la misura
diretta delle distanze stellari.
La figura mostra la Terra in due posizioni diametralmente opposte lungo la sua orbita,
che al momento prendiamo come circolare con raggio 1 UA. Siano E1 e E2 i due
osservatori geocentrici, S l'ideale osservaotre eliocentrico, e X una stella vicina, che
verrà vista proiettata in X1 and X2 sulla sfera celeste (cioè rispetto allo sfondo di stelle
molto più lontane).
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La parallasse annua - 2
Chiamando ES la direzione Terra-Sole, z l'angolo della visuale con la direzione
da S, e z’ da E, d la distanza eliocentrica di X, abbiamo:
a sin z '  d sin( z  z ')  d sin p
a
sin  
d
sin( z ' z )
sin z ' 
sin 
L'angolo , sotto cui l'Unità Astronomica è vista perpendicolarmente dalla
stella, cioè il massimo valore di p, si chiama parallasse annua di X. Sinora, la
stella Proxima Centauri (nel sistema triplo di  Cen) ha il valore più alto,  =
0.76”. Dunque possiamo tranquillamente sostituire l'arco al xsuo sin o tan:
z '  z   sin z '  z   sin z
L'osservatore geocentrico vede la stella più vicina al Sole della piccola quantità
(z’-z); sulla sfera celeste tale spostamento avviene sul cerchio massimo passante
per X e S.
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La parallasse annua - 3
Nel corso dell'anno, S muove lungo l'eclittica, e il luogo X’ della apparente
direzione geocentrica sarà un'ellisse centrata sulla posizione eliocentrica X. Si
noti che questa ellisse non ha niente a che fare con l'ellitticità dell'orbita terrestre
(che anzi abbiamo assunto circulare). E' semplicemente l'effetto di proiezione che
dipende dalla latitudine eclittica  di X; la piccola ellitticità dell'orbita (e =
0.0167) introduce solo piccole modifiche, che qui trascuriamo.
Se(, ) sono le coordinate eliocentriche di X, le
coordinate geocentriche differiranno di una
piccola quantità che possiamo trattare come
infinitesimi, (+, +), in altre parole il
piccolo triangolo XX”X’ può essere considerato
piano con lati infinitesimi :
X"X   cos 
X"X'  
XX'  z  z '  πsin z
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La parallasse annua - 4
Chiamando  la longitudine del Sole, dopo alcuni calcoli (simili a quelli
fatti per l'aberrazione annua), avremo:
sin(   )
  
cos 
   sin cos(   )
2
     
cos  
 1
 
     sin 
2
2
dove  è il movimento parallelo all'eclittica, 
quello a esso
perpendicolare; il luogo annuo è dunque un'ellisse di semiasse maggiore  e
semiasse minore sin; per una stella eclitticale questo luogo degenera in un
segmento, per una stella al polo dell'eclittica in un cerchio.
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La parallasse annua - 5
La stella passa per il semiasse maggiore quando la sua longitudine è  90° da
quella del Sole, motivo per cui conviene fare le osservazioni di parallasse a due
date particolari per ogni regione di cielo. Siccome poi conviene fare le osservazioni
in meridiano, allora il lavoro sulle parallassi si fa meglio all'alba e al tramonto. Si
noti anche che l'ellisse di parallasse anticipa di 3 mesi quella di aberrazione annua,
e naturalmente le sue dimensioni sono proporzionali alla distanza della stella, non
fisse come quella di aberrazione. In coordinate equatoriale, questa ellisse sarà
ruotata di un certo angolo, e non è difficile provare le seguenti relazioni:
 cos    (cos  cos  sin   sin  cos  ) 

  (Y cos   X sin  )


   (sin  cos  sin   cos  sin  cos   cos  sin  sin  sin  ) 

  ( Z cos   X cos  sin   Y sin  sin  )

dove (, ) sono le coordinate equatoriali geocentriche del Sole, e (X, Y,
Z) quelle rettangolari. Queste correzioni ,  si devono aggiungere con il
loro segno a quelle eliocentriche, sottratte da quelle geocentriche.
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Il parsec
Usando l'Unità Astronomica come linea di base, è possibile istituire la
fondamentale unità delle distanze astronomiche, cioè il parsec: un parsec (pc)
è la distanza da dove l'UA sottende perpendicolarmente un angolo di 1”.
Dunque:
1 pc = 206264.8 UA = 3.09 x1013 km
dove l'ultimo fattore di conversione deriva dalla parallasse solare.
Qualunque revisione di di questa non cambierà la distanza espressa in parsecs.
Oggi in pratica questa avvertenza non è importante, perché la precisione con
cui oggi si conosce la parallasse solare è molto maggiore di quella delle
parallassi stellari; tuttavia è utile ricordarsene per capire come le scale terrestri
sono collegate a quelle cosmiche.
Una unità secondaria di distanza è l'anno luce, corrispondente alla
distanza percorsa dalla luce in un anno, nel vuoto: 1 pc  3.26 l-y.
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Approssimazioni - 1
Il precedente trattamento delle parallassi stellari è approssimato per diverse
ragioni:
- l'orbita della Terra è lievemente ellittico
- l'osservatore eliocentrico dovrebbe essere sostituito da quello baricentrico. La
distanza tra i due non eccede mai 0.01 UA (2 raggi solari), con un complesso
andamento nel tempo, secondo le longitudini di Giove, Saturno e degli altri
pianeti (vedi la Figura).
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Approssimazioni - 2
- la deflessione relativistica della luce affetta le direzioni apparenti a livello
di 0.001”
- l'osservatore geocentrico dovrebbe essere rimpiazzato da quello del
baricentro Terra-Luna ; l'effetto è inferiore alla aberrazione diurna su quella
particolare stella, perché il baricentro è all'interno del corpo della Terra.
Le differenze tra la trattazione approssimata e quella rigorosa sono
dell'ordine di:
a
/d
2
Inoltre, un trattamento corretto nel quadro della Relatività Generale
introduce termini che dipendono dalla velocità radiale Vr e dal moto proprio
 della stella, dato che le parallassi non possono essere totalmente separate
dalla aberrazione e dalla velocità.
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Parallassi secolari
Il Sistema Solare si muove rispetto all'insieme delle stelle vicine con una
velocità di circa 20 km/s in direzione della costellazione della Lira (una
direzione che si chiama apice del moto solare). Un ipotetico osservatore, fermo
rispetto a tale insieme, osserverebbe il Sole in moto rettilineo verso apice, e
dunque le rivoluzioni annue dei pianeti come orbite aperte. La distanza percorsa
dal Sole è 4 UA all'anno, cioè una linea di base 4 volte maggiore di quella delle
parallassi annue. Chiamiamo allora parallasse secolare H della stella X l'angolo
sotto cui questa linea di base vi vede perpendicolarmente. Chiamiamo s (km/s)
la velocità del Sole, n il numero di secondi in un anno, d (km) la distanza
eliocentrica di X; dopo le semplici conversioni di unità di misura abbiamo:
H 
s
 4
4.738
Tuttavia, questo movimento è secolare, non periodico, ed è frammisto al moto
proprio della stella. Pertanto, la parallasse secolare non è utile per le stelle prese
singolarmente, ma ha validità statistica per tutto un gruppo di stelle aventi la
stessa distanza.
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Parallassi dinamiche nel Sistema Solare
Si consideri la terza legge di Keplero, che per ogni pianeta ha l'espressione
approssimata:
P 2  (4 / M )a 3
dove P è il periodo siderale, a è il semiaase maggiore e M è la massa del Sole.
Confrontando con la Terra:
P 2 / P 2  a 3 / a3
Possiamo cioè derivare le dimensioni relative di ciascuna orbita. Ci vuole
almeno una determinazione in unità lineari terrestri (ad es. km) per fissare la
scala del Sistema Solare, il cui valore preciso è ben conosciuto da appena un
secolo (vedi Tabella). Uno dei metodi preferiti in passato è stato di osservare da
parecchi siti un asteroide (dato che la sua immagini è puntiforme) la cui orbita lo
porti il più vicino possibile alla Terra. Il risultato migliore si ebbe con 433 Eros,
il cui perielio è a 1.13 UA (lo stesso Eros fu raggiunto nel 2001 dalla sonda
NEAR, che poi fu mandata a schiantarsi sulla superficie alla fine di una
missione di grande successo).
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Tabella di valori della UA

Periodo
Metodo
1801 - 33
9.0”
1834 - 69
8.5776”
1870 - 81
8.95”
1882
1900
1901
–
1930-31
8.848”
8.80”
8.790”
Parallasse di Marte, transiti di Venere nel
1761 – 69
Nuova discussione di Encke dei precedenti
transiti di Venere
LeVerrier dall'orbita lunare
‘miglior valore ’ secondo Newcomb
Valore ‘ufficiale’
Spencer-Jones, dalla opposizione di Eros
1964
8.79405”
Radar, corrispondente a 149.60003x1011 m
1976
8.794148”
Radar, corrispondente a 149.59787x1011 m
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La parallasse di Eros
Eros fu in opposizione nel 1900-1901, e di nuovo nel 1930-1931. Il primo
evento, durante il quale la distanza minima da Terra fu 0.32 UA, fu osservato
visualmente e diede il valore:
  (8.806  0.004)"
Nella seconda opposizione, il pianetino arrivò molto più vicino, a 0.17 UA, and
e le osservazioni furnoo fotografiche. Si trovò il valore :
  (8.790  0.001)"
Eros fu osservato di nuovo nel 1975, ma questa volta con echi radar, una
tecnica che era già stata sperimentata nel 1959 e 1961 alla congiunzione
inferiore di Venere. Questi dati radar fornirono anche le prime indicazioni
sulle dimensioni dell'asteroide (circa 16x35 km) e sulla forte rugosità del
suolo.
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433 EROS dalla sonda NEAR
Immagini di 433 Eros dalla sonda Near. Si noti la forte
craterizzazione della superficie, tipica di tutti gli asteroidi
osservati sinora. (vedi http://near.jhupl.edu)
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Parallassi dinamiche per coppie di stelle
Siano A, B le due componenti di un sistema binario, di masse rispettivamente
MA e MB, e periodo orbitale P. La terza legge di Keplero è (in forma
rigorosa):
4
a3
P 
G (M A  M B )
2
In unità astronomiche (M in masse solari, P in anni):
a3 1
M  MA  MB  3 2
 P
( = 3.1415... Nella prima formula, e  = parallasse nella seconda). Nella seconda
equazione, a e  sono entrambe in arcsec. Le masse in generale sono sconosciute,
ma già mettendo M = 2 si ha un valore acettabile per , dato il piccolo peso di M
sull'errore. Il metodo può essere raffinato usando una appropriata relazione massa
- luminosità calibrata su sistemi ben conosciuti. Di solito l'errore su  è dominato
dalle incertezze su a e su P .
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Velocità radiali e moti propri
Da un punto di vista formale se r è il vettore posizione eliocentrico (o meglio
ancora baricentrico) di una stella all'epoca iniziale t0, e r0  1/ sin  0  1/  0
è la distanza in termini della parallasse trigonometrica , il vettore velocità è:
 r0 cos  0 cos  0 
  sin  0 cos  0  cos  0 sin  0 cos  0 cos  0   r0  0 


r (t0 )   r0 sin  0 cos  0  r (t0 )   cos  0 cos  0  sin  0 sin  0 sin  0 cos  0   r0  0 
 r0 sin  0


  r0

0
cos 0
sin 0
dove 0, 0 sono i moti propri in AR e Dec, e dr/dt la velocità radiale. La
posizione della stella a una data seguente t1, ma riferite alla stessa epoca, si
ottengono allora da:
r(t1 )  r(t )  (t1  t )r
Tuttavia, la conoscenza delle quantità necessarie è spesso incompleta, cosicché di
solito siamo costretti a trattare separatamente le velocità e i moti propri. E' anche
chiaro che il sistema dei moti propri è fondamentalmente legato alla precessione,
con la associata difficoltà di trasformare i cataloghi da un'epoca all'altra, se si
vuole mantenere la miglior precisione.
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Velocità radiali -1
La velocità radiale si misura per mezzo dell'effetto Doppler, cioè mediante la
variazione in lunghezza d'onda  della radiazione a causa della velocità relativa Vr
lungo la visuale. Le velocità degli oggetti del sistema solare e anche della stelle
della Via Lattea sono in generale così piccole rispetto a quella della luce c che non
si commette errore sensibile usando la formula pre-relativistica:
O  S

Vr  c
c
 cz
S

O
Vr
 1
 1 z
S
c
z   / 
dove O è la lunghezza d'onda misurata dall'osservatore e S è quella misurata nel
riferimento a riposo con la sorgente. L'uso della lettera z è molto diffuso.
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Velocità radiali -3
Si noti che la velocità radiale può essere positiva (z > 0, cioè la lunghezza d'onda è
spostata verso il rosso, o red-shifted), o negativa (z < 0, dunque la lunghezza
d'onda è spostata verso il blue, blue-shifted).
Se la velocità supera all'incirca 0.01c, allora si deve usare la Relatività Ristretta (o
Speciale). E' più vantaggioso qui usare frequenze che lunghezze d'onda . Nel
vuoto :
  c/
d  cd /  2
La formula classica è:
1  z   S / O
V2
1
 O   S 1  2 (1  V  n)1
Quella relativistica:
c
c
dove n è la normale al fronte d'onda. La Relatività Speciale prevede dunque sia un
effetto Doppler radiale che un effetto Doppler trasverso (quando n è
perpendicolare a V), che non c'è nella formula pre-relativistica. In altre parole,
nell'effetto Doppler entra tutto il vettore velocità, e non solo la componente
radiale.
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Velocità radiali - 4
Dopo semplici passaggi, deriviamo:
O
1   cos 
 1 

1  2
O   1   cos 
1 z  1


1  2
 = V/c, e l'angolo  = - è l'angolo tra la visuale e il vettore velocità di S.
Se la velocità è tutta radiale:  O   S
1 V / c
1 V / c

1 V / c V 1  V 
z
 1 
    

1 V / c c 2  c 
2
che differisce da quella classica per termini (V/c)2 e superiori.
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Velocità radiali nel Sistema Solare
Nel Sistema Solare prevalgono velocità di poche decine di km/s, con la
notevole eccezione di comete e asteroidi che passino radenti alla
superficie solare, dato che la velocità di fuga dal Sole è di oltre 600
km/s.
Tuttavia, bisogna tenere in considerazione che le velocità radiali dei
satelliti artificiali (magari in orbita attorno a un pianeta) sono note con
precisione altissima, diciamo 1 mm/s. Quindi per una navigazione
accurata è necessario usare la Relatività Generale per esprimere
correttamente la metrica dello spazio-tempo.
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Velocità radiali delle stelle
Le velocità radiali delle stelle nella Via Lattea raramente raggiungono 500 km/s;
tra le più vicine al Sole, difficilmente si superano i 50 km/s, con la notevole
eccezione di un gruppo di stelle di alte velocità, tra cui la stella di Barnard, che si
muove radialmente a –108 km/s rispetto al Sole.
La precisione delle misure in genere non arriva 100 m/s; solo con tecniche
particolarissime si posso ottenere precisioni migliori di 5 m/s (indispensabili per la
scoperta di pianeti extra-solari dalle velocità radiale). Il limite è posto da un lato
dalle limitazioni sperimentali, dall'altro dalla intrinseca struttura delle righe
spettrali, affette ad es. dalla turbolenza dell'atmosfera stellare.
Dunque la formula classica è usualmente adeguata. Ci sono però casi in cui le
velocità sono molto alte, ad es. per la peculiarissima stella SS433, o per gli
inviluppi in espansione delle stelle novae, in cui si osservano velocità radiali di
molte migliaia di km/s.
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Velocità radiali delle galassie
Per le galassie, al di là di una distanza che grosso modo coincide con quello
dell'Ammasso in Vergine, e la cui velocità radiale è di circa +1000 km/s, si
incontrano solo velocità radiali positive (per galassie più vicine, ad es. M31 in
Andromeda, si possono trovare valori negativi). Le righe spettrali delle galassie
distanti e di altri oggetti a distanza cosmologica come i Quasars, o QSOs), sono
sempre 'red-shifted', di una quantità zc crescente con la distanza, come fu scoperto
da E. Hubble nel 1930. Questo effetto osservativo è alla base di tutta la
Cosmologia, e viene indicato come espansione dell'Universo. Si sono osservati
valori di zc superiori a 6 (a questo redshift, la riga spettrale dell'Idrogeno Lyman, con  = 1216 Å in laboratorio, è osservata a  = 8512 Å).
Naturalmente per derivare la velocità radiale si dovrebbe usare la formula
relativistica. Tuttavia, in Cosmologia viene meno la semplice relazione tra
distanza e velocità, dato che la velocità di espansione non è quella di una sorgente
in moto in uno spazio fermo, ma è proprio quello di espansione della metrica
stessa che è un continuo spazio-temporale. Pertanto è meglio considerare queste
velocità come 'velocità indicative'.
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Arrossamento gravitazionale
La Relatività Generale predice un altro tipo di 'red-shift' per la luce emessa da
una sorgente immersa in un forte campo gravitazionale, ad es. dalla superficie di
una stella. A grande distanza da una sorgente sferica di massa M e raggio R,
l'arrossamento gravitazionale è:
rS
1
GM
zg  1 
 2 
c R 2R
2GM
1 2
c R
dove G è la costante gravitazionale, e rS è il raggio di Schwarzschild.
Sul Sole, l'effetto ammonta a 0.64 km/s.
Sulla Nana Bianca Sirio B, che ha massa circa come quella solare ma raggio
solo 80% di quello della Terra, l'effetto è corrispondentemente molto maggiore.
La misura dell'arrossamento gravitazionale delle Nane Bianche costituisce
dunque un altro test (ma più impreciso) della correttezza della relatività
Generale.
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Somma dei vari effetti
Se un dato oggetto mostra tutti i suddetti effetti di arrossamento, quello
cinematico, cosmologico e gravitazionale, la combinazione è:
1  z tot  (1  zV )(1  zc )(1  zg )  1  zV  zc  zg
z tot  zV  zc  zg
dove l'ultima approssimata eguaglianza è vera solo per piccoli redshift.
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Come si misura Vr - 1
Prima di tutto, si devono correggere le osservazioni per il moto annuo e diurno
dell'osservatore. Le formule necessarie sono facilmente derivabili se la precisione
voluta è inferiore a 100 m/s. Infatti la velocità eliocentrica della terra varia tra
29.3 km/s all'afelio e 30.3 km/s al perielio; la sua proiezione verso una direzione
di coordinate eclittiche (, ) è:
V  VK cos  sin(   )  e sin(   )
dove VK = 29.79 km/s,  è la longitudine del Sole in quella particolare data,
 è la longitudine del perigeo (circa 18h48m), ed e l'eccentricità dell'orbita
terrestre (circa 1/60). Si noti che il termine in eccentricità, che vale circa 0.50
km/s, è praticamente costante nel corso dell'anno.
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Come si misura Vr - 2
Un altro modo di esprimere questa correzione fa uso delle coordinate
equatoriali della visuale e delle componenti cartesiane della velocità terrestre,
che sono fornite in UA/giorno per ciascun giorno dall'Astronomical Almanac:
V  1731.5( X cos  cos   Y sin  cos   Z sin  ) (km/s)
Per quanto riguarda la rotazione diurna, la velocità dell'osservatore equatoriale
è circa 0.465 km/s: dunque per la generica latitudine geocentrica ’ la
proiezione di questa velocità sulla visuale per la stella di declinazione  e
Angolo Orario HA è:
Vrot  0.465 cos  ' cos  sin HA
Se si volessero precisioni migliori di 10 m/s, si dovrebbero usare formule più
raffinate e tener conto anche della velocità del Sole nel riferimento baricentrico
(di circa 12 m/s).
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I moti propri - 1
Consideriamo dapprima i moti propri delle stelle vicine. Sia S l'osservatore
eliocentrico, e X una generica stella a distanza d e velocità eliocentrica V, a una
certa data (vedi Figura). A causa delle enormi distanze, per molti decenni o secoli
la velocità eliocentrica si può considerare rettilinea e uniforme (con la sola
possibile eccezione della stella di Barnard). Esprimendo il modulo in km/s, e
indicando con n il numero di secondi in un anno, dopo un anno la stella verrà
osservata in X’, dopo aver percorso il cammino Vn km lungo una direzione
facente l'incognito angolo  con l'asse SX. Sul piano tangente alla volta celeste la
stella si sarà mossa del piccolo angolo :
V
μ  n sin 
d
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rad
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I moti propri - 2
La componente di V perpendicolare alla linea di vista Vt è detta velocità
trasversa, o tangenziale. La corrispondente velocità angolare  si dice moto
proprio della stella X, e viene generalmente espressa in arcsec/anno, o
arcsec/secolo. Usando la parallasse  in arcsec invece della distanza d in km, e
considerando gli appropriate fattori di conversione (cioè: 1 km/s = 0.21095
UA/anno, 1 UA/anno = 4.74045 km/s), deriviamo:

Vt  V sin   4.740
km/s



4.740
Vt
arcsec/anno
La stella di Barnard ha il maggior moto proprio, 10”/anno; pochissime stelle
hanno  > 2”/anno. Ovviamente le stelle più vicine tendono ad avere il moto
proprio maggiore, ma il viceversa non è necessariamente vero, a causa della
arbitraria orientazione nello spazio del loro vettore velocità.
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I moti propri - 3
Per le stelle più vicine, la parallasse annua è trascinata dal moto proprio,
come si vede in Figura :
Il moto proprio pari a  = 0”.03
/anno trascina l'ellisse di parallasse
della stella vicina ( = 0”.08)
(dal satellite Hipparcos: i segmenti
danno le posizioni istantanee con
il relativo errore, la linea continua
è il cammino di 'best fit') .
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Moti propri più velocità radiali
Se della stella X si conosce anche la velocità radiale dall'effetto Doppler:
Vr  V cos   c


 4.740

cot 

km/s
(non relativistico),allora possiamo ricostruire tutto il vettore velocità
eliocentrica tridimensionale.
Ma per la grande maggioranza dei casi conosciamo o i moti propri, cioè le
velocità angolari tangenziali in arcsec per anno, oppure le velocità radiali in
km/s, dato che non abbiamo le parallassi.
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Moti propri come vettori - 1
E' conveniente considerare il moto proprio come un vettore (, q) sul piano
tangente alla sfera celeste, con modulo  espresso in unità angolari (arcsec/anno)
lungo il cerchio massimo XX”, e direzione espresso dall'angolo di posizione q
misurato da Nord verso Est (0° q <360°). Alternativamente, si possono dare le
due componenti equatoriali (, ); si deve fare attenzione alle unità di , perché
le distanze angolari tra due posizioni successive della stella si devono misurare
lungo il cerchio massimo passante per XX”, ma spesso  si deriva dalla
differenze tra due Ascensioni Rette successive.
 α (s / y) 
1
 ("/ y) sin q sec 
15
 ("/ y )  15 (s /y) cos 
δ ("/ y)   ("/ y) cos q
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α ("/ y )
tan q 
δ ("/ y )
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Moti propri come vettori - 2
Alla stessa maniera, le componenti della velocità tangenziale sono:
 ("/y)
Vtα  4.740

     
2
2
 δ ("/y)
Vtδ  4.740


t  t
2
4.74
2
km/s
 t
tan q 

 t
cioè l'angolo di posizione dei moti propri è lo stesso di quello della velocità
tangenziale ed è indipendente dalla parallasse della stella. Di nuovo con
riferimento alla figura precedente, dal triangolo sferico XNCPX’ notiamo che:
cos  sin q  cos  "sin q "
cioè che quella quantità si conserva durante il movimento della stella, e
dunque:
d
(cos  sin q)  0
dt
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q  tan q tan 
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Effetto dei moti propri sulle coordinate equatoriali
Per determinare l'effetto del moto proprio sulle coordinate di una data stella, per
piccoli intervalli di tempo basteranno formule approssimate al primo ordine; le
coordinate medie dopo T anni dall'epoca iniziale t0 saranno:
 (t0  T )   (t0 )  αT  (m  n sin  tan  )T  (t0  T )   (t0 )  δT  (n cos  )T
una formula che include la precessione luni-solare (il segno di T si può ovviamente
cambiare), e facendo la debita attenzione alle unità di misura. Tuttavia, per essere
rigorosi si deve notare che (, ) variano nel tempo anche se la velocità è
rettilinea e costante. Ciò per due ragioni distinte: 1) il sistema di riferimento ruota
a causa della precessione; 2) la prospettiva altera la lunghezza apparente di archi
uguali, come si vede dalla figura.
Figura: accelerazione prospettica di una
stella in moto uniforme. Il moto proprio
cambia nel tempo anche se il vettore V
rimane costante. L'effetto prospettico è
ovviamente presente anche nelle velocità
radiali.
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Derivate del moto proprio
Considera i termini successivi in (t), (t):
1
2
 (t0  T )   (t0 )  αT  (m  n sin  tan  )T   T 2
1
2
 (t0  T )   (t0 )   δT  (n cos  )T   T 2
Le derivate di (, ) sono composte di due termini: a) un termine dovuto alla
precessione, indipendente dalla velocità radiale e distanza, ed è chiaramente il
temrine dominante; b) un termine dovuto alla variazione della proiezione della
velocità sulla visuale, e che si può scrivere esplicitamente solo se si conoscono
parallasse e velocità radiale.
Le componenti dovute alla precessione chiaramente modifica solo la direzione
di , ma non il suo modulo.
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Variazione della distanza
A proposito del secondo termine intrinseco, ricordando che tutte le derivate
devono essere in unità circolari, abbiamo
 -
 2 Vr
4.740
V

 sin q   cos qq 
4.74
La seconda relazione può essere proiettata in AR e DEC, purché si
conoscano la velocità radiale e la parallasse.
Si noterà che se potessimo misurare la variazione di parallasse avremmo una
misura della velocità radiale indipendente da osservazioni spettroscopiche!
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Relazione tra moti propri e costanti di
precessione
La precedente discussione mostra che le incertezze sulle costanti di
precessione entrano in quelle del sistema dei moti propri. Ad esempio,
l'incertezza dell'FK5 è una rotazione spuria a livello di 0”.15/secolo. Questo
piccolo errore sistematico entra nella conoscenza del campo dei moti e delle
forze della Via Lattea.
Dall'altro lato, un buon modello di distribuzione dei moti propri può migliorare
la conoscenza delle costanti precessionali. Il satellite Hipparcos non ha potuto
produrre un grande miglioramento, perché ha operato pochi anni.
Una alternativa è derivare i moti propri rispetto a uno sfondo non rotante di
oggetti fissi, come i quasars; il sistema di riferimento ICRF è privo di
rotazione per definizione, cosicché si fanno molti sforzi per riferire il sistema
dei moti propri a esso.
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Apice dei moti stellari - 1
Si consideri in Figura il sistema cartesiano equatoriale eliocentrico, e siano:
( x, y , z )
le componenti della velocità della stella X in esso.
Sulla sfera celeste la
direzione
di
V
corrisponde a un
punto W (apice del
moto stellare), e il
cerchio massimo XW
al piano passante per
SX e contenente il
vettore V.
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Apice dei moti stellari - 2
Le componenti cartesiane possono essere espresse in termini di (Vt, Vt, Vr) da
una adatta rotazione di coordinate. La Tabella dà la matrice di rotazione che
trasforma (Vt, Vt, Vr) in ( x , y , z ) e viceversa.
x
y
z
Vt
 sin 
cos 
0
Vt
 cos  sin 
 sin  sin 
cos 
Vr
cos  cos 
sin  cos 
sin 
per esempio:
x  - Vtα sin  - Vtδ cos  sin   Vr cos  cos 
Vtα   x sin   y cos 
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Apice dei moti stellari - 3
Richiamando l'espressione della velocità tangenziale Vt, deriviamo le
componenti cartesiane equatoriali dalle quantità osservabili:
4.740

 x  -  ( α sin    δ cos  sin  )  Vr cos  cos 

4.740

y


( α cos    δ sin  sin  )  Vr sin  cos 



4.740

z


 δ cos   Vr sin 



Dalla conoscenza dell'intero vettore di velocità V si può determinare la
direzione del moto della stella nel riferimento eliocentrico S(x, y, z) .
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Coordinate dell’apice W
Il punto W è chiamato apice del moto stellare, e ha coordinate equatoriali:
sin  W  cos sin   sin  cos  cos q

cos( W   ) cos  W  cos cos   sin  sin  cos q
sin(   ) cos   sin  sin q
W
W

dove (, ) sono le coordinate iniziali della stella X. La distanza angolare tra X
e W è:
cos   sin  W sin   cos  W cos  cos( W   )
In generale tuttavia, la parallasse è sconosciuta e non conosciamo la lunghezza
dell'arco . Tuttavia, lo studio statistico dei moti in una data area di cielo possono
evidenziare l'esistenza di gruppi di stelle aventi moti convergenti allo stesso
apice, come se il gruppo fosse comovente. Si parla anche di corrente di stelle.
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L’ammasso aperto nelle Iadi
Consideriamo in particolare il vicino ammasso aperto delle Iadi, la cui distanza
è di circa 45 pc, e che si estende nello spazio per circa 10 pc.
La convergenza dei moti propri
delle stelle verso un apice comune
fu riconosciuta molto tempo fa (vedi
Figura), ma i dati del satellite
Hipparcos ne hanno fornito una
conoscenza molto più precisa. (vedi
Perryman et al., 1998). Questo è uno
dei pochi casi in cui le osservazioni
danno direttamente la struttura tridimensionale, per cui le Iadi giocano
un ruolo centrale nella calibrazione
di varie relazioni, ad es. nel
diagramma Hertzsprung - Russel
(H-R).
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Il moto peculiare del Sole
Siccome abbiamo riferito le velocità radiali e i moti propri all’osservatore solare,
dobbiamo attenderci che se questi ha un moto peculiare rispetto all’insieme delle
stelle vicine, tale moto si trovi riflesso in qualche misura nelle osservazioni.
Esaminiamo dapprima i moti propri.
Già W. Herschel nel 1783 aveva esposto i fondamenti del metodo, utilizzando i
moti propri di appena 12 stelle. In effetti, q è indipendente dalla parallasse, e
coincide con l'angolo di posizione della velocità tangenziale. Il metodo di
Herschel può visualizzarsi facilmente: si conducano sulla sfera celeste i cerchi
massimi definiti dai moti propri, e si consideri il semi cerchio orientato come il
moto stesso. Tutti questi semi cerchi si intersecheranno, entro gli errori, in un
punto (o più realisticamente, in una piccola area) che è l'antapice del moto
solare; però il modulo della velocità del Sole rimarrà indeterminato da questo
metodo.
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Un caso ideale per stelle vicine
Esaminiamo ora il caso di un insieme di N stelle vicine, per le quali si
conoscono le 4 quantità (,, q, Vr), e dunque il vettore di velocità eliocentrica:
V( x i , y i , zi )
(i = 1,…,N). Calcoliamo il valor medio, cambiamo segno, e definiamo questa
quantità moto peculiare del Sole rispetto a quel dato insieme:
1
x    x  
N
N
x
1
y    y  
N
i
1
N
y
i
1
1
z    z  
N
N
z
i
1
Il modulo s⊙ e l'apice (⊙, ⊙) saranno derivati nel modo usuale:
s  x
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2
y
2
z
2
y
tan  
x
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sin   
z
s
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Il Local Standard of Rest (LSR)
Le prime osservazioni fornirono una velocità di circa 20 km/s, in direzione
W⊙(⊙, ⊙)  (18h, +30), non distante da Vega.
Questo valore dipende dall'insieme di stelle che abbiamo usato per definirlo.
Idealmente, se potessimo usare tutte le stelle vicine, potremmo derivare un
cosiddetto Local Standard of Rest (LSR), cioè un sistema di riferimento di
velocità, di grande interesse per lo studio della cinematica e dinamica della Via
Lattea nei dintorni del Sole. E' dunque utile ruotare il riferimento equatoriale in
quello galattico: indichiamo con (ui, vi, wi) le tre componenti di velocità
( xi , yi , zi )
con l'asse u diretto verso il Centro Galattico, l'asse v a 90 sul piano galattico
(verso la costellazione del Cigno), e l'asse w verso il polo galattico. Si noti
che questo LSR ha un significato puramente cinematico, non essendosi tenuto
conto delle masse delle stelle, e non ha una precisa origine nello spazio.
Possiamo assumere che il Sole (o meglio, il baricentro del Sistema Solare)
stiano passando per l'origine del LSR all'epoca presente.
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Esercizi
1 - Discutere l’equazione
O   1   cos 
1 z  1


1  2
dove  è la direzione tra la visuale e il vettore velocità per diversi valori di
 tra 0° (velocità in allontanamento) e 180° (velocità in avvicinamento).
2 - Ricostruire il vettore velocità della stella brillante Capella, che ha  =
0”.075,  = 0”.439/anno, Vr = + 30.2 km/s. (risposta: il vettore V è diretto a 
= 42°.5, con modulo di 41.0 km/s.
3 – Trovare sul sito del satellite astrometrico Hipparcos le 20 stelle di
maggior parallasse e le 10 stelle di maggior moto proprio. I due insiemi
coincidono?
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