Diapositiva 1 - Liceo Galileo Galilei

Telescopi spaziali
Potere risolutivo
Radiotelescopi
Parametri
definizione
Rifrattori
TELESCOPI
Telescopi ottici
Riflettori
Misti
Problemi
dei telescopi
Aberrazione
Coma
Diffrazione
Sferica
Cromatica
Vignettatura
Telescopi gamma e raggi X
Prima del telescopio
•
Per migliaia di anni gli astronomi
dell’antichità hanno scrutato il cielo
ad occhio nudo, e con ottimi risultati.
L’invenzione del cannocchiale nel XVII
secolo ha tuttavia enormemente
ampliato il campo delle possibili
osservazioni. Se Tycho Brahe è da
considerare l’ultimo grande
astronomo del passato, Galileo Galilei
è il primo astronomo moderno,
poiché fa uso del cannocchiale. I
moderni derivati del cannocchiale
sono i telescopi ottici: strumenti che
raccolgono, per mezzo dell’obiettivo,
la luce proveniente dai corpi celesti,
facendola convergere in un punto, il
fuoco, dove si forma l’immagine che
può essere osservata, ingrandita,
attraverso un sistema di lenti detto
oculare.
Telescopio
• Il telescopio è un dispositivo che permette di
osservare oggetti lontani e di debole luminosità,
fornendone un’immagine ingrandita e più luminosa.
Costituisce il principale strumento di indagine per la
ricerca astronomica. Esistono diversi tipi di telescopio
che oltre alla luce visibile raccolgono e rivelano tutte
le altre radiazioni dello spettro elettromagnetico
presenti nel cosmo: onde radio, microonde, raggi
infrarossi, ultravioletti, raggi X e raggi gamma.
Le fasce di visibilità dei telescopi
Parametri di definizione
• I principali parametri che permettono di definire il potere di
ingrandimento e la sensibilità di un telescopio sono la distanza focale,
l’apertura e il rapporto di apertura. Il primo rappresenta la distanza tra uno
specchio (o una lente) e il suo fuoco e influisce sul potere di
ingrandimento dello strumento. Nel caso di un sistema ottico a due lenti, e
quindi del telescopio, il potere di ingrandimento è dato dal rapporto tra le
distanze focali delle due lenti.
• L’apertura rappresenta sostanzialmente il diametro della lente (o dello
specchio) principale, ed è importante per definire la sensibilità dello
strumento, vale a dire, la sua capacità di rivelare oggetti di debole
luminosità: maggiore è l’apertura, maggiore è la sua capacità di raccogliere
luce e di creare quindi immagini luminose e contrastate. In alcuni casi, le
caratteristiche di un telescopio si esprimono anche mediante il rapporto di
apertura (o apertura relativa), il rapporto tra la distanza focale e
l’apertura dello strumento.
Il potere risolutivo
•
Si definisce potere risolutivo o potere
separatore di uno strumento ottico la
capacità dello strumento di distinguere, più
propriamente risolvere, due oggetti che
risultano molto vicini tra loro.
Supponiamo di avere un’ apertura circolare
di diametro d attraverso la quale passa la
luce di due sorgenti distanti, non coerenti,
di lunghezza d’ onda λ, il potere risolutivo è
dato dal rapporto
d / 1,22  
dove d è il diametro dell’obiettivo e
la lunghezza d’onda della luce.

I telescopi ottici
•
•
Il telescopio più diffuso è quello ottico, nato
all’inizio del XVII secolo: mediante un sistema di
lenti e specchi, raccoglie la luce visibile emessa
dagli astri o riflessa dai pianeti e la fa convergere
in un punto detto fuoco, dove è collocata una
seconda lente o un altro dispositivo di
rivelazione che restituisce l’immagine
all’osservatore. Nella sua forma più semplice, un
telescopio ottico è costituito da due lenti
convesse poste alle estremità di un tubo o di
una struttura rigida detta ragno, che le
mantiene allineate e a debita distanza. La prima
lente – l’obiettivo – produce un’immagine
capovolta dell’oggetto osservato, mentre la
seconda – l’oculare – ingrandisce l’immagine
fornita dall’obiettivo. Questo particolare
modello di telescopio prende il nome specifico
di cannocchiale, telescopio rifrattore o
telescopio diottrico. Nei cosiddetti telescopi
riflettori o catottrici, invece, l’obiettivo non è
una lente, ma uno specchio. Esiste poi un terzo
tipo di telescopio ottico, detto catadiottrico, in
cui la focalizzazione dell’immagine viene
realizzata con un sistema combinato di lenti e
specchi. In genere, i grandi telescopi astronomici
sono del tipo riflettore.
I telescopi ottici si dividono principalmente in
due classi, i rifrattori e i riflettori.
Osservatorio Castelgrande
Telescopio a rifrazione
Il più semplice telescopio astronomico
a rifrazione è composto da due lenti
convesse: l’obiettivo e l’oculare.
L'immagine reale e capovolta
dell’oggetto prodotta dall'obiettivo
all’interno del tubo del telescopio
viene ingrandita dall'oculare.
L’osservatore, guardando attraverso
quest'ultimo, vede un’immagine reale
ingrandita e capovolta. In un
telescopio terrestre viene quindi
inserita una terza lente in modo da
raddrizzare l’immagine e consentire
l’osservazione diretta di un oggetto
lontano.
Telescopio riflettore
newtoniano
Il telescopio a riflessione newtoniano
utilizza uno specchio a superficie curva
per focalizzare il fascio di luce
proveniente dagli oggetti celesti. I
raggi luminosi, riflessi dallo specchio
concavo, vengono diretti verso
l’oculare da uno specchio diagonale
piano. Tra i principali riflettori moderni
ci sono il telescopio dell’osservatorio
del monte Palomar (508 cm di
diametro) e quello dell’osservatorio
interamericano di Cerro Tololo nei
pressi di La Serena, in Cile (400 cm di
diametro).
Telescopio Cassegrain
•
•
•
Il telescopio Cassegrain è costituito da due
specchi: il primario sferico e parabolizzato ed il
secondario ellittico iperbolizzato. Lo specchio
primario è forato e l'osservazione della sorgente
luminosa avviene dietro a questo. Il percorso
luminoso segue in questo caso un doppio
tragitto all'interno del tubo ottico, il che
consente di avere focali lunghe in uno
strumento abbastanza compatto.
La maggior parte dei telescopi opera come un
cassegrain (lunga focale, e un campo di vista più
piccolo con maggiore ingrandimento) o
newtoniano. Hanno uno specchio primario
forato, un fuoco newtoniano, e un braccio
meccanico per poter montare differenti specchi
secondari.
Una nuova era è stata inaugurata dall‘MMT, un
telescopio ad apertura multipla composta da sei
segmenti, che insieme vanno a formare uno
specchio virtuale di 4,5 metri di diametro. Il suo
esempio è stato seguito dal telescopio Keck, un
telescopio segmentato da 10 metri.
•
La generazione attuale di telescopi in
costruzione ha uno specchio primario tra 8 e 10
metri. Gli specchi sono in genere molto sottili e
deformabili, e sono tenuti nella loro posizione
ottimale da una serie di attuatori (vedi ottica
attiva). Grazie a questa tecnologia, stanno
nascendo progetti per telescopi del diametro di
30, 50 e addirittura 100 metri.
Cupola di un telescopio
I grandi telescopi sono in genere
collocati all'interno di una cupola che li
protegge dalle precipitazioni e dagli
sbalzi termici. Nella maggior parte dei
casi, la cupola, come quella
dell'osservatorio cileno di Cerro Tololo,
qui fotografata, possono ruotare in
modo da consentire al telescopio di
seguire il moto apparente delle stelle.
Telescopio Keck
Il telescopio a riflessione Keck, con il
suo specchio gigantesco costituito da
36 elementi di 2 m ciascuno, è il
telescopio ottico più grande del
mondo. Si trova presso l'osservatorio
Mauna Kea, situato sulla cima del
vulcano hawaiano da cui prende il
nome, lontano dall'inquinamento
atmosferico e dalle sorgenti di luce che
alterano normalmente le osservazioni
del cielo notturno.
Radio telescopio
•
•
I radio telescopi sono antenne radio che, al
pari degli specchi dei telescopi che lavorano
in ottico, focalizzano la radiazione
amplificandola nel fuoco geometrico
dell'antenna (dove è posto il detector) che
raccoglie il segnale radio. Le antenne sono a
volte costituite da una griglia di fili
conduttori, le cui aperture sono più piccole
della lunghezze d’onda osservata.
I radio telescopi sono spesso usati a coppie, o
in gruppi più numerosi, per ottenere
diametri "virtuali" proporzionali alla distanza
tra i telescopi (vedi la voce
sull‘interferometria). I gruppi più grandi
hanno collegato telescopi sui lati opposti
della Terra.
I radiotelescopi lavorano sulle frequenze
radio degli oggetti celesti, compiendo
osservazioni in questo settore
dell'astronomia che presenta il vantaggio di
non dipendere (come nel settore ottico) né
dalle condizioni meteorologiche, né
dall'alternanza giorno-notte.
Radiotelescopio di Arecibo
L'Osservatorio di Arecibo (Puerto Rico)
ospita, in un anfiteatro naturale, il
radiotelescopio più grande del mondo.
Pur essendo fisso, il radiotelescopio
capta le onde radio provenienti da una
porzione sostanziale della volta
celeste: la rotazione della Terra
estende il campo da est a ovest,
mentre lo spostamento del rivelatore
sospeso al di sopra del riflettore
parabolico permette di coprire una
banda di 49° in direzione nord-sud. Le
attività dell'Osservatorio sono
coordinate dalla Cornell University di
New York.
Telescopio a raggi X
Per osservare i corpi celesti che
emettono raggi X sono necessari
appositi telescopi orbitanti che
operano al di sopra dell’atmosfera
terrestre, dove l’effetto di
assorbimento provocato dai gas
atmosferici è trascurabile. Il
comportamento ottico dei raggi X,
diverso da quello della luce visibile, fa
sì che la focalizzazione sul rivelatore
non si possa ottenere mediante
comuni lenti, ma tramite una serie di
superfici riflettenti cilindriche coassiali
leggermente convergenti, su cui i raggi
X incidono ad angolo radente.
Osservatorio a raggi X
Chandra
Il fotomontaggio raffigura l'osservatorio a
raggi X Chandra, lanciato nello spazio nel
luglio 1999 mediante lo space shuttle
Columbia. Dotato delle più sofisticate
strumentazioni a raggi X disponibili al
momento della missione, ha l'obiettivo di
studiare le caratteristiche delle stelle
esplose (nove e supernove) e delle pulsar.
Il sistema ACIS (Advanced CCD Imaging
Spectrometer) presente su Chandra
fornisce immagini notevolmente più
definite e significative rispetto a quelle
provenienti da ROSAT (Rontgensatellite),
il satellite artificiale che ha preceduto
Chandra. Questo è il più grande satellite
mai trasportato dallo shuttle; può
registrare la radiazione di quasar distanti
dieci miliardi di anni luce. Il nome
Chandra fu scelto in onore di
Chandrasekhara Venkata Raman, fisico
indiano che nel 1930 vinse il premio
Nobel.
Telescopio spaziale Hubble
Il telescopio spaziale Hubble, in orbita
intorno alla Terra dal 1990, permette
l'osservazione delle zone più remote
dell'universo. Le sue alte prestazioni si
devono all'assenza di atmosfera, che
sulla Terra limita la qualità delle
immagini telescopiche con effetti di
distorsione ottica.
Telescopio spaziale Kepler
•
Il telescopio Kepler dovrà individuare
pianeti extrasolari delle dimensioni della
Terra in orbita intorno a stelle lontane
nella nostra galassia.
Kepler studierà la struttura e la diversità
dei pianeti extrasolari mediante
l'osservazione di un grande numero di
stelle. Kepler individuerà indirettamente i
pianeti in orbita intorno a stelle lontane,
sulla base dell'occlusione momentanea
della luce che questi producono nel
momento in cui, orbitando intorno alla
propria stella, transitano attraverso la
linea di visuale tra l'osservatore ed
(appunto) la stella. Questo momentaneo
"black out" di luce emessa ha carattere
periodico e tale "impronta" viene
utilizzata per determinare specifiche
caratteristiche del pianeta.
Il Telescopio Spaziale James Webb (in inglese James Webb Space Telescope
JWST) è un telescopio spaziale sviluppato per diventare il successore del
precedente Telescopio spaziale Hubble, più precisamente nel campo
dell'osservazione infrarossa. Verrà costruito e gestito, in cooperazione, dalla
NASA, dall'Agenzia Spaziale Europea e dall'Agenzia Spaziale Canadese.
Precedentemente indicato come Next Generation Space Telescope (o NGST), è
stato rinominato nel 2002 in onore del secondo amministratore della NASA James
E. Webb. Il suo lancio è previsto per il 2018.
Successore di Hubble: solo nell'infrarosso
Il precedente telescopio Hubble, a differenza di JWST, possiede sensori che
operano nelle bande dell'ultravioletto, del visibile e dell'infrarosso-vicino, e proprio
per questo potrà continuare ad essere di grande beneficio alla comunità
scientifica anche dopo il lancio del nuovo telescopio.[1]
Hubble può infatti osservare nell'infrarosso da 0,8 a 2,5 micron, mentre JWST
avrà una sensibilità che va da 0,6 a 28,5 micron. Nel campo infrarosso quindi, si
sovrappone alla sensibilità di Hubble e ne costituisce quindi un vero e proprio
successore in questo ristretto campo dell'osservazione, anche in considerazione
del fatto che il suo lancio è previsto praticamente per lo stesso periodo in cui è
prevista la fine della vita operativa di Hubble. Va ricordato però che Hubble è
sensibile a tutto lo spettro del visibile, oltre che all'ultravioletto, mentre JWST nel
visibile vedrà da 0,6 a 0,8 micron. In questo senso si può affermare che JWST
può essere visto come il successore di Hubble soprattutto per l'osservazione
nell'infrarosso, mentre si affiancherà ad esso per le osservazioni negli altri spettri.
Problemi dei telescopi ottici
• Per raccogliere più luce possibile da corpi di debole
luminosità, il telescopio deve essere dotato di lenti di
notevoli dimensioni, che sono di difficile
fabbricazione, perché devono essere prive di
qualsiasi imperfezione superficiale. Inoltre queste
lenti tendono a deformarsi nel tempo per il loro peso
e assorbono molta luce poiché spesse nella parte
centrale. Oltre a questi problemi, i telescopi
presentano altri difetti come: il fenomeno
dell’aberrazione ottica, sferica, cromatica, del coma,
della vignettatura, diffrazione …
Aberrazione ottica
• L'aberrazione ottica è una deformazione nella forma o nel
colore di una immagine prodotta da un sistema ottico
qualsiasi, composto da più lenti. È causata da imperfezioni o
compromessi costruttivi e può essere ridotta o a volte
eliminata utilizzando materiali migliori, lavorando in modo
particolare le ottiche o accoppiando componenti diversi. In
generale la correzione comporta un aumento dei costi di
produzione. Elemento influenzante lo sviluppo
dell'aberrazione è lo spessore del mezzo ottico attraversato
dalla luce, dalla scomposizione di quest'ultima legata al
fenomeno della rifrazione ed alla suddivisione nelle diverse
lunghezza d’onda dei colori percepiti nel visibile.
Aberrazione sferica
•
L'aberrazione sferica è un difetto che in un
sistema ottico con lenti sferiche porta alla
formazione di una immagine distorta. È
provocato dal fatto che la sfera non è la
superficie ideale per realizzare una lente,
ma è comunemente usata per semplicità
costruttiva. I raggi distanti dall'asse
vengono focalizzati ad una distanza
differente dalla lente rispetto a quelli più
centrali.
Per evitare il fenomeno si utilizzano
particolari lenti non sferiche, chiamate
asferiche, più complesse da realizzare e
molto costose. Il difetto può anche essere
minimizzato scegliendo opportunamente
il tipo di lente adatto all'impiego specifico;
per esempio una lente piano-convessa è
adatta per focalizzare un fascio collimato a
formare un punto preciso, se usata con il
lato convesso rivolto verso il fascio.
Aberrazione cromatica
•
In ottica l'aberrazione cromatica è un difetto
nella formazione dell'immagine dovuta al
diverso valore di rifrazione delle diverse
lunghezze d'onda che compongono la luce che
passa attraverso il mezzo ottico. Questo si
traduce in immagini che presentano ai bordi dei
soggetti aloni colorati. È un difetto dal quale, in
diversa misura, sono affetti tutti i sistemi ottici.
In pratica succede che per radiazioni
policromatiche le componenti con lunghezza
d'onda più corta vengono rifratte maggiormente
creando una dispersione dell'immagine sul
piano focale. Per un raggio di luce
monocromatico non ha senso parlare di
aberrazione cromatica. L'aberrazione cromatica
è un grosso problema per ogni apparecchio che
voglia riprodurre un'immagine fedele, per
esempio microscopi e telescopi. Tipicamente,
l'aberrazione cromatica si manifesta come un
alone attorno all'oggetto osservato, rosso da
una parte e blu dall'altra. Questo perché rosso e
blu sono ai due estremi dello spettro della luce
visibile, e sono quindi i colori per i quali la
differenza di rifrazione è maggiore.
Coma(ottica)
•
La coma è una aberrazione ottica che deriva il
suo nome dal caratteristico aspetto a cometa
delle immagini create dai sistemi ottici che
presentano tale difetto. La coma si ha quando
l'oggetto ripreso è spostato lateralmente
rispetto all'asse del sistema di un angolo θ. I
raggi che passano per il centro di una lente con
distanza focale f, sono focalizzati alla distanza f
tan θ. I raggi che passano in periferia sono
focalizzati invece in un punto diverso sull'asse,
più lontano nel caso della coma positiva e più
vicino nella coma negativa.
In generale, un fascio di raggi passanti per la
lente ad una certa distanza dal centro, è
focalizzato in una forma ad anello sul piano
focale. La sovrapposizione di questi diversi anelli
origina una forma a V, simile alla coda di una
cometa (da cui il nome: in Latino coma =
chioma).
Come per l’aberrazione sferica, la coma può
essere ridotta (e in alcuni casi eliminata)
scegliendo opportunamente la curvatura delle
lenti in funzione dell'uso.
Vignettatura
• In fotografia e ottica, la
vignettatura indica la riduzione
della luminosità dell'immagine
alla periferia rispetto al centro. È
un difetto causato spesso da
ottiche di non buona qualità o
dall'uso di paraluce non idonei
alla focale dell'obiettivo
impiegato. A volte la vignettatura
è usata per effetti creativi (ad
esempio per attirare l'attenzione
al centro dell'immagine). Può
essere introdotta
deliberatamente dal fotografo
usando specifici filtri o delle
tecniche di post-produzione.
Diffrazione
Quando un fascio luminoso attraversa una
fenditura di dimensioni molto piccole,
paragonabili alla lunghezza d'onda della luce,
l'approssimazione geometrica non è più
valida, e bisogna tenere conto degli effetti dei
bordi della fenditura, che diventano a loro
volta sorgenti di onde elementari, generando
complessivamente un fronte d'onda sferico,
fatto di numerose componenti elementari
(diffrazione). Se la luce viene fatta passare
attraverso una coppia di fenditure, i treni
d'onda che si dipartono da ciascuna di esse si
sovrappongono, dando luogo al fenomeno
dell'interferenza: nei punti di sovrapposizione
tra due creste d'onda l'intensità luminosa si
somma producendo un massimo di luminosità
(interferenza costruttiva); nei punti di
sovrapposizione tra una cresta e un ventre,
invece, l'intensità dell'una cancella quella
dell'altra col risultato che sullo schermo si
osserva un minimo di luminosità (interferenza
distruttiva).
Bibliografia
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