Quesito n - Notaio Ricciardi

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Quesito n. 81-2009/I
S.r.l. unipersonale costituita in regime di comunione legale dei beni e
cessione di quota tra coniugi
Si espone la seguente fattispecie:
viene costituita una società a
responsabilità limitata unipersonale in costanza del regime di comunione legale
dei beni col coniuge e successivamente interviene la scelta convenzionale del
regime di separazione dei beni.
Poiché il socio unico intende cedere al coniuge il 10% della propria
partecipazione, si chiede come pervenire a tale risultato.
Secondo l’opinione prevalente in dottrina, cadono in comunione immediata
ai sensi dell’art. 177, lett. a, c.c. gli acquisti di partecipazioni che comportano
responsabilità limitata in società di capitali (P. SCHLESINGER, Sub art. 177 c.c.,
in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, Milano, 1992, 177; A.M.
FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, Milano, 1992, 906; V. DE PAOLA, Il diritto
patrimoniale della famiglia nel sistema del diritto privato, Milano, 1995, 402 e
ss.; M. ARMANNO, Partecipazione in società di coniugi in regime di comunione, in
Vita not., 1976, 592; P. MARCHETTI, Società e comunione legale, in Famiglia -Comunione e separazione dei beni, I, Milano, 1977, 164 ss.; G. BARALIS,
Partecipazione in società di coniugi in regime di comunione, in Riv. not., 1977,
301; Trib. Milano 26 settembre 1994, in Famiglia e diritto 1995, 52, con nota
di P. SCHLESINGER).
Occorre, tuttavia, distinguere tra titolarità della quota e legittimazione
all’esercizio dei diritti sociali, perché mentre la quota, in quanto entità
economica, viene immediatamente acquisita al patrimonio della comunione ai
sensi dell’art. 177 c.c., la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali richiede il
rispetto delle formalità previste in caso di trasferimento della partecipazione
(Trib. Reggio Emilia, 2 agosto 1994, in Le Società 1995, 400, con nota di A.
FIGONE, Regime di comunione legale tra coniugi e quote di partecipazione in
s.r.l.; Trib. Roma, 15 gennaio 1988, in Foro it., 1989, I, 257; G. POSITANO,
Riflessioni sul problema dei rapporti tra comunione legale e partecipazioni
sociali, in Vita not., 1999, CCI e nt. 21 e 22; I. MAZZONE, Comunione legale e
partecipazioni sociali, in Contratto e impresa, 1997, 47).
E’ stato, quindi, rilevato che «nei confronti della società è socio ed in
quanto tale unico legittimato ad esercitare i diritti sociali e patrimoniali ed
unico obbligato ai conferimenti, il coniuge che è iscritto nel libro soci e risulta
intestatario delle quote di partecipazione sociale. Questo coniuge è dunque
l’unico legittimato ad esercitare i diritti di partecipazione all’assemblea, di voto,
di opzione in caso di aumento del capitale sociale, di incasso dei dividendi e
legittimato a beneficiare della intestazione di compendio di un aumento
gratuito del capitale sociale. Nel rapporto tra questo coniuge e le società si
applicano quindi le norme di diritto societario. Nei rapporti interni tra i coniugi,
operano, invece, le norme sulla comunione legale» (A. FERRUCCI-C. FERRENTINO,
Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, Milano,
2005, 1350).
In merito all’eventuale legittimazione all’esercizio dei diritti sociali da parte
del coniuge del socio, sono ravvisabili, tuttavia, due distinti orientamenti.
In base ad una prima opinione, il coniuge del socio ha diritto di ottenere la
cointestazione della partecipazione per effetto di una concorde manifestazione
di volontà da parte del coniuge intestatario o, in mancanza di quest’ultima, in
base ad una sentenza dichiarativa del suo diritto di comproprietà sulla quota
intestata al coniuge socio.
Il coniuge estraneo di per sé appare, infatti, privo di un titolo per ottenere
l’intestazione della partecipazione, in quanto la richiesta di iscrizione nel libro
soci avviene o su richiesta del giratario delle azioni ai sensi dell’art. 2355 c.c.,
o viene effettuata dalla società in seguito alla partecipazione in assemblea
dell’intestatario delle azioni ai sensi dell’art. 2370 c.c., o, infine, prima
dell’abrogazione dell’art. 2470, comma 2, secondo periodo, c.c., avveniva su
richiesta dell’alienante o dell’acquirente della quota di s.r.l.
Non si ritiene, inoltre, sufficiente l’esibizione, da parte del coniuge del
socio, di un estratto dell’atto di matrimonio, in quanto non appare possibile
porre a carico degli amministratori l’onere di verificare la sussistenza di tutti i
presupposti dell’acquisto in regime di comunione legale (M. MISTRETTA,
Partecipazione sociale e comunione legale dei beni: l’interpretazione come
governo della complessità, Milano, 2004, 366, osserva come, pertanto, occorra
una richiesta del coniuge parte del negozio acquisitivo della partecipazione o,
in alternativa, una sentenza di accertamento).
Tale impostazione è stata, tuttavia, criticata sulla base delle seguenti
argomentazioni:
1) la cointestazione della partecipazione comporta la nomina di un
rappresentante comune ai sensi degli artt. 2347 e 2468 c.c., la cui disciplina
sembra essere incompatibile con quella dell’amministrazione dei beni comuni
dei coniugi contenuta negli artt. 180 e ss. c.c. In particolare, dall’art. 182 c.c.
si desume l’impossibilità di affidare a un terzo estraneo l’amministrazione dei
beni comuni, in quanto nel caso di lontananza o impedimento di uno dei
coniugi sono previsti, quali rimedi, o la procura rilasciata da un coniuge
all’altro, o l’intervento del giudice;
2)
la
partecipazione
sociale,
pur
essendo
qualificata
come
bene
suscettibile di cadere in comunione, comporta l’assunzione di una situazione
giuridica complessa, che comprende una serie di diritti ed obblighi la cui fonte
è il contratto di acquisto o di sottoscrizione della quota, ai quali è estraneo il
coniuge non acquirente. Si ritiene, quindi, che «il coniuge dell’acquirente,
mentre partecipa con quest’ultimo alla titolarità dei beni, non condivide mai gli
obblighi e i diritti personali derivanti al coniuge dalle convenzioni contrattuali,
salvi gli effetti, sul bene comune acquistato, dell’art. 186, lettere a) e d)» (C.
TRINCHILLO, Partecipazioni sociali e comunione legale dei beni, in Riv. not.,
2002, 851).
Pertanto, si ritiene che il coniuge dell’acquirente non abbia diritto di
ottenere la cointestazione della partecipazione, in quanto per effetto del regime
di comunione legale egli acquista i diritti patrimoniali sulla partecipazione, ma
non assume la titolarità dei diritti e degli obblighi ad essa connessi nei
confronti della società, i quali hanno carattere personale e riguardano,
pertanto, il soggetto che ha partecipato all’atto negoziale di acquisto della
partecipazione (in tal senso, C. TRINCHILLO, Partecipazioni sociali, cit., 851. P.
MISEROCCHI, Cenni sulla titolarità di azioni in regime di comunione legale dei
beni, in Vita not., 1991, 1197, richiamando la concorde opinione di M. DETTI,
Oggetto, natura, amministrazione della comunione legale dei coniugi, in Riv.
not., 1976, 1176, sostiene che, accanto alla cointestazione in senso proprio,
per la quale ipotesi ritiene applicabile l’art. 2347, esiste la possibilità che il
coniuge del socio ottenga l’iscrizione nel libro dei soci come mero “coniuge
contitolare”, “non legittimato nei confronti della società” e sottolinea che “la
sola contitolarità di azioni tra coniugi è irrilevante per la società”, per cui i
diritti di socio continuano ad essere esercitati dal solo coniuge intestatario).
Tenuto
conto
di
tali
distinti
orientamenti,
occorre
coordinare
tali
conclusioni con la nuova disciplina della legittimazione all’esercizio dei diritti
sociali nelle società a responsabilità limitata.
In seguito alle modifiche introdotte dall’art. 16, commi 12 quater e
seguenti, l. 28 gennaio 2009, n. 2, il trasferimento della partecipazione sociale
ha effetto nei confronti della società dal momento dell’iscrizione della cessione
nel registro delle imprese.
Nel caso di acquisto in regime di comunione legale, quindi, se si accede
alla tesi che riconosce al coniuge il diritto di ottenere la contestazione della
quota, appare necessario che egli richieda l’iscrizione nel registro delle imprese
quale contitolare della quota sociale.
Non sembra, invece, possibile considerare il coniuge dell’acquirente
cointestatario della partecipazione per effetto della sola iscrizione nel registro
delle imprese dell’atto di trasferimento o sottoscrizione della quota (G. PETRELLI,
La soppressione del libro soci delle s.r.l., in Le società, 2009, 433). Anche
prima
della
soppressione
del
libro
soci,
infatti,
si
escludeva
che
la
cointestazione della partecipazione sociale potesse derivare dalla possibilità di
effettuare un riscontro su di un pubblico registro, quale quello dello stato civile,
in considerazione del fatto che il trasferimento delle partecipazioni sociali,
siano esse azioni o quote di società a responsabilità limitata, è disciplinato da
norme speciali a tutela della certezza dei rapporti sociali.
Quanto al titolo per ottenere l’iscrizione presso il registro delle imprese
dell’acquisto in favore del coniuge, sono stati avanzati dubbi sulla possibilità di
esibire l’estratto per riassunto dell’atto di matrimonio (G. PETRELLI, La
soppressione del libro soci delle s.r.l., cit., 433).
Si
potrebbe,
cointestazione
cioè,
della
ipotizzare
partecipazione
che
da
non
parte
occorra
del
una
coniuge
richiesta
di
acquirente
o
sottoscrittore della quota o, in mancanza di quest’ultima, la presentazione di
una sentenza dichiarativa del suo diritto di comproprietà in favore del coniuge
del socio.
Trattandosi, infatti, di dichiarazione resa a un pubblico registro, e non più
all’organo amministrativo, il coniuge che esibisce un estratto per riassunto
dell’atto di matrimonio si assume, di fronte ad un pubblico ufficiale, la
responsabilità delle conseguenze derivanti dalla mancanza di tutti i presupposti
dell’operare del regime degli acquisti in comunione legale.
Inoltre, non esistendo più il libro soci, viene meno l’ostacolo derivante dal
difetto di legittimazione a richiedere l’iscrizione nello stesso, la quale spettava
esclusivamente all’alienante o all’acquirente.
La questione non appare, però, suscettibile di trovare una soluzione
univoca in considerazione, da un lato, dei dubbi sulla stessa possibilità di
cointestare la partecipazione al coniuge non acquirente e, dall’altro lato,
dell’assenza di indicazioni normative o giurisprudenziali in materia.
Con riferimento al caso di specie, alla luce dell’inquadramento finora
svolto, si può ritenere che l’intera partecipazione alla s.r.l. unipersonale
costituita in costanza di matrimonio sia caduta in comunione legale e che,
successivamente,
per
effetto
della
scelta
convenzionale
del
regime
di
separazione dei beni, tale comunione legale si sia trasformata in comunione
ordinaria, ancorché non sia stata mai effettuata la cointestazione dell’intera
partecipazione in favore del coniuge.
Daniela Boggiali
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