Anno A 24ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Sir 27,30–28,7 - Perdona l’offesa al tuo prossimo, e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Dal Salmo 102 - Rit.: Il Signore è buono e grande nell’amore. Rm 14,7-9 - Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi. Mt 18,21-35 - Non ti dico di perdonare fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Logica del perdono Anche se formulate secondo la legge del taglione, le massime del Siracide (1 a lettura) preannunciano l’insegnamento di Gesù sul perdono delle offese: «Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?». La novità del Vangelo sta nell’estensione illimitata conferita da Gesù al precetto del perdono: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». La parabola del debitore spietato è un commento drammatico alla domanda del «Pater»: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Ciò implica che noi siamo coscienti di avere contratto un debito considerevole con Dio, ma anche che rinunciamo, a questo proposito, ad ogni contabilità di torti e di meriti. Di fronte a questa pagina del Vangelo una certa teologia delle «indulgenze» è decisamente indifendibile. Bisogna però anche ammettere la possibilità del perdono. Ecco come Rufino d’Aquileia, uno scrittore cristiano morto nel 410, respingeva le critiche dei pagani: «Un assassino può diventare un non assassino, oppure un adultero può nuovamente essere trattato come non lo fosse stato? Come potete pensare – sostengono i pagani – che chi si è reso colpevole di tale delitto possa essere reso santo così, all’improvviso? È più efficace rispondere a quest’obiezione con la semplice confessione di fede che con argomenti di ragione. Colui che ha promesso il perdono non è forse il re dell’universo, il Signore della terra e del cielo? Non dovrei credere che Dio, che mi ha fatto uomo plasmandomi dalla terra, possa fare un innocente di me che ero un criminale? Oppure devo pensare che egli non sia capace di ridarmi l’innocenza perduta, se ha saputo restituirmi la vista quando ero cieco, ridarmi l’udito quando ero sordo e restituire al paralitico l’uso dei suoi piedi?». Oggi si rimprovera ai cristiani di sostituire alla lotta contro le ingiustizie sociali, un perdono che smobilita. Questo significa dimenticare che il perdono è una forza irresistibile quando nasce da un amore autentico. Affermava Shakespeare: «Perdonare è un’azione più nobile e più rara di quella di vendicarsi». E un proverbio indiano afferma: «Il giusto deve imitare il legno di sandalo che profuma la scure che l’ha colpito». 24ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 1