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Brano : Ab urbe condita I, 53
Autore : Livio
Originale
[53] Nec ut iniustus in pace rex, ita dux belli prauus fuit; quin ea arte aequasset superiores reges ni
degeneratum in aliis huic quoque decori offecisset. Is primus Volscis bellum in ducentos amplius post suam
aetatem annos mouit, Suessamque Pometiam ex iis vi cepit. Vbi cum diuendita praeda quadraginta talenta
argenti refecisset, concepit animo eam amplitudinem Iovis templi quae digna deum hominumque rege, quae
Romano imperio, quae ipsius etiam loci maiestate esset; captiuam pecuniam in aedificationem eius templi
seposuit.Excepit deinde lentius spe bellum, quo Gabios, propinquam urbem, nequiquam vi adortus, cum
obsidendi quoque urbem spes pulso a moenibus adempta esset, postremo minime arte Romana, fraude ac
dolo, adgressus est. Nam cum velut posito bello fundamentis templi iaciendis aliisque urbanis operibus
intentum se esse simularet, Sextus filius eius, qui minimus ex tribus erat, transfugit ex composito Gabios,
patris in se saevitiam intolerabilem conquerens: iam ab alienis in suos vertisse superbiam et liberorum
quoque eum frequentiae taedere, ut quam in curia solitudinem fecerit domi quoque faciat, ne quam stirpem,
ne quem heredem regni relinquat. Se quidem inter tela et gladios patris elapsum nihil usquam sibi tutum nisi
apud hostes L. Tarquini credidisse. nam ne errarent, manere iis bellum quod positum simuletur, et per
occasionem eum incautos inuasurum. Quod si apud eos supplicibus locus non sit, pererraturum se omne
Latium, Volscosque se inde et Aequos et Hernicos petiturum donec ad eos perveniat qui a patrum crudelibus
atque impiis suppliciis tegere liberos sciant. forsitan etiam ardoris aliquid ad bellum armaque se adversus
superbissimum regem ac ferocissimum populum inventurum. Cum si nihil morarentur infensus ira porro inde
abiturus videretur, benigne ab Gabinis excipitur. Vetant mirari si, qualis in ciues, qualis in socios, talis ad
ultimum in liberos esset; in se ipsum postremo saeviturum, si alia desint. sibi vero gratum adventum eius
esse, futurumque credere breui ut illo adiuuante a portis Gabinis sub Romana moenia bellum transferatur.
Traduzione
53 Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si tratt? di
combattere. Anzi, in campo militare avrebbe raggiunto il livello di quanti lo avevano preceduto sul trono, se la
sua degenerazione in tutto il resto non avesse offuscato anche questo merito. Fu lui a iniziare coi Volsci una
guerra destinata a durare due secoli, e tolse loro con la forza Suessa Pomezia. Ne vendette il bottino e coi
quaranta talenti d'argento ricavati concep? la costruzione di un tempio di Giove le cui dimensioni sarebbero
state degne del re degli d?i e degli uomini, nonch? della potenza romana e della sua stessa posizione
maestosa. Il denaro proveniente dalla presa di Suessa fu messo da parte per la costruzione del tempio.In
s?guito si impegn? in una guerra pi? lunga del previsto con la vicina citt? di Gabi. Infatti tent? prima una
fallimentare soluzione di forza; poi, respinto anche da sotto le mura dopo averne cercato l'assedio, alla fine
ricorse a un espediente poco in sintonia con lo spirito romano, cio? l'astuzia dolosa e fraudolenta. Mentre
dava a vedere di aver perso interesse nella guerra per concentrarsi sulla fondazione del tempio e su altre
opere di natura urbanistica, Sesto, il pi? giovane dei suoi tre figli, con un preciso piano, ripar? a Gabi
lamentandosi del trattamento eccessivamente crudele riservatogli dal padre. L? raccont? che quest'ultimo,
dopo i sudditi, aveva adesso iniziato a tormentare i figli, che a sua detta erano fastidiosamente numerosi, e a
cercare di riprodurre in casa il deserto che aveva fatto in senato, in modo tale da non lasciare n? discendenti
n? un qualche erede al trono. Quanto a lui, sfuggito alle spade e ai pugnali del padre, era convinto che in
nessun posto sarebbe stato cos? al sicuro come presso i nemici di Lucio Tarquinio. Circa la guerra che
sembrava esser stata abbandonata, avevano poco da illudersi: era tutta una finta e, da un momento all'altro,
lui li avrebbe attaccati quando meno se lo aspettavano. Se poi presso di loro non c'era posto per un
supplice, allora avrebbe attraversato tutto il Lazio e quindi si sarebbe rivolto ai Volsci, agli Equi e agli Ernici,
finch? non avesse trovato gente disposta a proteggere un figlio dalle torture e dalle crudelt? inflittegli dal
padre. Pu? darsi anche che avrebbe trovato gli stimoli per andare a combattere il pi? tirannico dei re e il pi?
insolente dei popoli. Poich? era chiaro che, se avessero titubato, il giovane, infuriato com'era, se ne sarebbe
andato, i Gabini gli diedero il benvenuto. Gli dissero di non meravigliarsi se il padre si era comportato coi figli
nello stesso modo che coi sudditi e con gli alleati: avrebbe finito col rivolgere la propria crudelt? contro se
stesso, una volta esaurito ogni bersaglio. Da parte loro, erano comunque contenti della sua venuta e
confidavano, anche col suo aiuto, di spostare in breve tempo il teatro delle operazioni di guerra dalle porte di
Gabi alle mura di Roma.