INCONTRI DI AGGIORNAMENTO PER CATECHISTI Catechesi e formazione morale II° Pane e Parola: l’attenzione al sociale nella catechesi. Centro Pastorale “Paolo VI” – 31 gennaio 2002 1) Il ruolo della Dottrina Sociale della Chiesa nella formazione cristiana. Proclamiamo da sempre il mistero dell’incarnazione, cioè la vicinanza speciale di Dio alla vita dell’uomo mediante l’umanità assunta dal Verbo. È il modo con cui il vangelo ci chiede di vivere la fede, nel cosciente impegno a partecipare all’opera di Salvezza con la quale il nostro Dio vuole ricapitolare in sé tutte le cose. È quindi un’opera rivolta al mondo per permettergli di trascendere se stesso, di riconquistare la sua originaria vocazione: essere espressione dell’immenso amore di Dio. Non quindi separazione dalla società nella quale viviamo, ma presenza attiva, critica, amorevole. Questa presenza non può esimersi dallo svolgere un compito educativo affinché ciascuno conosca la direzione della propria vita. La Dottrina Sociale della Chiesa ha quindi il suo posto nella catechesi e le si possono attribuire i seguenti ruoli: a) ruolo ermeneutico Costituisce un aiuto concreto per una diagnosi essenziale del mondo e dell’uomo contemporaneo. Non siamo di fronte a definizioni immutabili, ma ciascuno si accorge, guardando attorno a se, quanto mutevole è la società in cui vive; quanto lo sono i pensieri , le convinzioni, le opinioni secondo le quali ciascuno regola la propria vita, quanto le mentalità cambiano a causa di maturazioni di coscienza che portano a svolte epocali nel modo di concepire la vita oppure a causa di comportamenti indotti dalla ricerca di interessi particolari. Il metodo suggerito è quello del vedere, giudicare e agire (cfr Mater et Magistra 242); in esso,si ritrovano il momento della elaborazione personale e del discernimento comunitario nonché dell’azione politica. b) ruolo di riferimento La politica ha come scopo la ricerca del Bene Comune; è necessario avere dei riferimenti per riconoscerlo, per costruirlo e rafforzarlo nel corso del tempo. La ricerca dell’interesse personale o di gruppo e la proprietà privata sono parte del bene comune, fino a che punto? È una fra le tante domande che esigono una risposta coerente con il fine che ci si prefigge: una società dove regni, secondo le parole di Giovanni Paolo II, la pace, che consiste nella tranquillità dell'ordine. Qui gioca un ruolo fondamentale il concetto di persona che scaturisce dall’insegnamento della Chiesa, il quale altro non è se non la traduzione della Parola di Dio nei luoghi e nei tempi in cui l’uomo vive. c) ruolo etico culturale All’interno di prospettive culturali evangelizzate, è possibile trovare un’etica del compimento umano integrale che trova il suo vertice nella Populorum Progressio di Paolo VI (n 20-21) Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor di più degli uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d'un umanesimo nuovo, che permetta all'uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d'amore, d'amicizia, di preghiera e di contemplazione (Cf, per es., J. Maritain, Les conditions...).In tal modo potrà compiersi in pienezza il vero sviluppo, che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più umane. Meno umane: le carenze materiali di coloro che sono privati del minimo vitale, e le carenze morali di coloro che sono mutilati dall'egoismo. Meno umane: le strutture oppressive, sia che provengano dagli abusi del possesso che da quelli del potere, dallo sfruttamento dei lavoratori che dall'ingiustizia delle transazioni. Più umane: l'ascesa dalla miseria verso il possesso del necessario, la vittoria sui flagelli sociali, l'ampliamento delle conoscenze, l'acquisizione della cultura. Più umane, altresi: l'accresciuta considerazione della dignità degli altri, l'orientarsi verso lo spirito di povertà,(Cf Mt 5,3). la cooperazione al bene comune, la volontà di pace. Più umane, ancora: il 1 riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi, e di Dio che ne è la sorgente e il termine. Più umane, infine e soprattutto: la fede, dono di Dio accolto dalla buona volontà dell'uomo, e l'unità nella carità del Cristo che ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini. Tale etica appare: dotata di una dimensione nella quale il discernimento critico ed il giudizio sulla realtà sono accompagnate dall’annuncio di una sana utopia. È pertanto etica della costruttività che impegna nella realizzazione di una società giusta e fraterna. Essere, a seconda del contesto, a volte più etica di ispirazione cristiana, ossia elaborata con metodo razionale a partire da premesse razionali non rivelate, tenendo conto dei dati rivelati e dell’esperienza di fede; a volte più etica teologica, ossia poggiante sull’insegnamento rivelato. Ma anche etica: Volta all’umanizzazione delle intenzioni e delle strutture Non individualistica, ma nemmeno mera etica pubblica, ossia etica che elabora le norme morali fondandosi esclusivamente sull’intersoggettività e sul contesto sociale. Autonoma, ma non totalmente indipendente dalla fede. (M.Toso. Dottrina sociale oggi, SEI, pag 38) 2) I Contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa. In estrema sintesi si possono indicare i principi fondamentali della DSC, le colonne portanti della sua visione della persona e della società a – Principio personalista. La persona umana è il principio, il soggetto e il fine della società. Da essa scaturisce la socialità in quanto la persona è originariamente sociale e bisognosa di socialità. La società non può costruirsi contro la persona ma tramite di essa, valorizzandone la partecipazione e le capacità. Fine della società è aiutare la persona a crescere come tale; la società è luogo di umanizzazione. Il potere - ogni potere - è a servizio della persona e del bene comune, ha quindi sempre e solo un valore strumentale. Per tutto ciò la politica ha legami strutturali e irrinunciabili con la morale. Una società che non rispettasse la “trascendente dignità della persona umana” si trasformerebbe presto in totalitarismo. Solo su tale dignità si possono fondare i diritti dell’uomo, a cominciare da quello della vita e della libertà religiosa. b – Principio di solidarietà. I rapporti di interdipendenza planetaria, l’uguaglianza fraterna tra gli uomini, l’essere accomunati in un unico destino fondano l’esigenza di solidarietà che consiste nel sentirsi tutti responsabili di tutti. La solidarietà non è un vago sentimento pietistico per i poveri, ma è l’impegno perseverante a lottare per il bene di tutti. La solidarietà va quindi organizzata, deve tener conto della carità e della giustizia, deve rispettare il principio di sussidiarietà per non scadere in assistenzialismo. Solidarietà vuol dire attenzione agli ultimi, preminenza del lavoro sul capitale, programmazione di uno sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, superamento delle logiche particolaristiche e di chiusura, nuova etica mondiale. c – Principio di sussidiarietà. Gli organi della società più lontani dalla persona non devono sostituirsi a quelli ad essa più vicini o alla persona stessa nello svolgimento di quanto possono fare con le proprie forze, ma devono piuttosto aiutarli a fare da se, fornendo loro gli strumenti opportuni. Quando, per l’eccezionalità di certe carenze degli organismi di base della società è utile che gli organi superiori - per esempio lo stato - intervengano, devono farlo a titolo di supplenza, lavorando affinché quegli organi possano riprendere fisiologicamente a provvedere a se stessi. Lo Stato non deve assorbire in se o mortificare le energie e fiaccare la responsabilità delle famiglie, dei corpi intermedi, delle imprese... La persona, la famiglia e la società vengono prima dello Stato e hanno diritti e doveri propri. 2 d - Principio del bene comune. Lo scopo della società è il bene comune ossia quella situazione in cui ogni uomo possa diventare più uomo. Questo comporta una visione globale delle problematiche sociali: la giustizia non deve andare a discapito della libertà, lo sviluppo a discapito della giustizia o della salvaguardia del creato, la pace e l’ordine a scapito della libertà dei popoli e della autodeterminazione. Il bene comune è un concetto qualitativo ed etico, non quantitativo. Esso non coincide con il “benessere” e non consiste nella somma del benessere individuale. Il bene comune e la buona vita dell’intera comunità politica, è il bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Il principio del bene comune significa che si lotti contro i monopoli, che si trovino strade per funzionalizzare socialmente la proprietà privata, che si promuovano forme di collaborazione, che si lavori per una democrazia riempita di contenuti, non solo formale ma pienamente umanistica. e - Principio di partecipazione. La libertà va intesa in modo propositivo, come adesione e progetto, come partecipazione. Ciò implica una valorizzazione della società civile e la creazioni di sistemi politici aperti al basso, trasparenti. Richiede di superare i vari individualismi e privatismi per favorire la collaborazione, il dialogo, l’apertura comunitaria. Il raggiungimento del bene comune, lo sviluppo, la costruzione della democrazia autentica devono essere perseguiti con la partecipazione degli interessati. La partecipazione è un diritto delle persone e dei popoli. f- destinazione universale dei beni della terra e funzione sociale della proprietà privata. I beni del creato sono destinati a tutti. Non solo quelli materiali ma anche quelli immateriali come le conoscenze, le informazioni, le tecnologie, la cultura, l’arte sono beni destinati a tutti. La proprietà privata è un diritto naturale ma subordinato a quello della destinazione universale dei beni. La proprietà privata è uno dei mezzi per assicurare la destinazione universale dei beni, quando ne costituisse un impedimento dovrebbe esserne rivista la modalità in quanto la proprietà privata ha anche una funzione sociale. g - scelta preferenziale dei poveri. Non è una scelta esclusiva da parte della Chiesa, ne è contraria ad altri. Certo che, fin dalla Rerum Novarum, la DSC dice che i ricchi e i potenti sanno proteggersi da soli; sono i poveri, tutti i poveri in qualsiasi forma vivano la loro povertà, sono i deboli che bisogna aiutare. Particolare attenzione va data alle nuove forme di povertà indotte dalla globalizzazione e da una cultura che tende sempre più ad enfatizzare il benessere individuale. Il discernimento comunitario aiuta a mantenere attiva una coscienza critica che permetta una valutazione delle scelte di vita, anche quelle che coinvolgono i popoli, secondo criteri di carità che mai devono abbandonare una visione cristiana della vita. Accanto a questi temi “classici”, si sono sviluppate anche altre piste di riflessione e di intervento legate alle particolari situazioni attuali: argomenti quali la giustizia, la pace, la globalizzazione in tutte le sue connotazioni (economica, politica, etica), la salvaguardia del creato entrano direttamente nell’insegnamento della Chiesa e chiedono ai cristiani una presa di posizione attiva affinché i problemi vengano condotti a soluzione. È vero che in questo modo si corre il rischio di ampliare a dismisura l’ambito di competenza della catechesi, ma non le si chiede di essere esperta su tutto; suo compito è abituare la mente ad interpellare la Parola di Dio per ogni cosa interessi la vita delle persone. È compito suo aiutare a non provocare una frattura tra la fede e la vita illuminando tutte le zone della vita umana con la luce della rivelazione. A tale proposito l’insegnamento della GS (n° 43) è sempre attuale: Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno. A loro volta non sono meno in 3 errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali. La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo. Se è vero che la catechesi non ha un’implicazione diretta nelle questioni sociali e politiche, ha tuttavia una grande responsabilità nella creazione di quell’”animus”, di quella sensibilità che permetta alle persone di indirizzare la ricerca laddove c’è la sorgente del rispetto delle persone e dei loro diritti inalienabili. 3) La catechesi come strumento di diffusione della Dottrina Sociale. Tenuto conto che l’impegno di evangelizzazione trova una sua espressione speciale nella catechesi di cui ogni parrocchia si fa carico, è bene che anche i temi della Dottrina Sociale della Chiesa siano inseriti nella programmazione ordinaria dei temi da trattare. Fra i testi di catechismo quello meglio riuscito da questo punto di vista è il catechismo degli adulti, La verità vi farà liberi. In esso è esplicitamente tematizzata la Dottrina Sociale, come appartenente alla missione evangelizzatrice della Chiesa e all’ambito della teologia morale sociale. Essa è vista quale frutto del Regno di Dio il quale, pur compiendosi nell’eternità, opera già nella storia. È interessante rilevare che in questa presentazione viene ricalcato il complesso contenutistico della GS (famiglia, cultura, società civile, comunità politica, lavoro, economia, società internazionale, pace), completandola per gli aspetti relativi alla comunicazione ed al rispetto dell’ambiente. Ancor più interessante è constatare che tale insieme di argomenti è ben inserito nella trama del catechismo, per quelle accentuazioni che sono più consone ad una catechesi o ad un servizio della fede. In tal modo la Dottrina Sociale della Chiesa non appare in tutta la sua corposità, ma eminentemente come catechesi sociale. Secondo questa linea si sono prodotte, nella nostra diocesi, le schede di catechesi che trattano proprio quei temi. Nel CCC si apre la strada alla Dottrina Sociale nella trasmissione della fede. Nel contesto della trattazione del settimo comandamento si trova presentazione della natura teologica della dottrina sociale stessa; altri temi sono specificamente trattati altrove. Per quanto riguarda il vostro impegno, si potrebbe intervenire in due delle vostre attività specifiche: a) La Catechesi ordinaria. La sensibilità di cui i cristiani devono essere dotati in campo sociale è quella evangelica ed è compito della catechesi contribuire a crearla. Si richiede attenzione a leggere gli avvenimenti della vita personale e comunitaria anche nelle sue implicazioni sociali. Tra i suggerimenti concreti che sono stati forniti c’è per esempio una lettura sociale dei 10 comandamenti; è sicuramente una lettura parziale, ma che aiuta a creare una visione più ampia e completa delle implicazioni che derivano da quelle parole; esse, per altro, costituiscono ancor oggi la base di tanti nostri esami di coscienza in vista della confessione. b) La scuola di magistero. L’annuncio evangelico investe vari argomenti e settori; oltre alla loro conoscenza è necessario anche cogliere i legami che uniscono una cosa all’altra. Qui, oltre all’ ascolto c’è anche la possibilità del confronto, del discernimento per attuare il metodo del vedere, giudicare ed agire, di cui abbiamo parlato all’inizio. (Per esempio il nostro modo di comperare e le persone che stanno dietro i prodotti che consumiamo; sono rispettate nel loro lavoro, hanno accesso ad un salario equo? Se la coscienza ci impedisce di acquistare merce rubata, perché non dovrebbe impedirci di acquistare merce prodotta con lo sfruttamento di esseri umani?). 4