Antonella Anedda Antonella Anedda-Angioy è nata nel 1955 e vive a Roma (con frequenti soggiorni in Sardegna). Esperta di storia dell’arte, collabora con quotidiani e riviste, e ha pubblicato traduzioni e poesie: da segnalare le raccolte Residenze invernali (1992), Notti di pace occidentale (1999), Il catalogo della gioia (2003), Dal balcone del corpo (2007). Ha pubblicato pure vari saggi e testi narrativi (Cosa sono gli anni, 1997; La vita dei dettagli, 2009). Notti di pace occidentale è una raccolta che propone testi spesso impervi e caratterizzati da un lirismo di tipo simbolistico e da frequenti allusioni a elementi pittorici. Si coglie però una tensione emotiva che in molti casi supera i vincoli di una ricercata oscurità, per riuscire ad affrontare il rapporto tra la guerra e la pace nell’epoca contemporanea, e soprattutto nel mondo occidentale. [La metrica]Versi liberi divisi in quattro strofe (tutte di tre versi, eccetto la seconda, di quattro versi irregolari), con una significativa presenza di endecasillabi*, a volte non canonici (cfr. vv. 2, 7, 11, 12, e anche 1 e 13). Edizione di riferimento: Antonella Anedda, Notti di pace occidentale, Donzelli, Roma 1999. Per trovare la ragione di un verbo Il componimento che proponiamo si caratterizza per la raffinatezza delle immagini e per la forte carica simbolica, che può rinviare ai grandi temi della pace e della guerra. Notti di pace occidentale Per trovare la ragione di un verbo perché ancora davvero non è tempo e non sappiamo se accorrere o fuggire. Fai sera come fosse dicembre sulle casse innalzate sul cuneo del trasloco dai forma al buio mentre il cibo s’infiamma alla parete. Queste sono le notti di pace occidentale nei loro raggi vola l’angustia delle biografie gli acini scuri dei ritratti, i cartigli dei nomi. Ci difende di lato un’altra quiete come un peso marino nella iuta piegato a lungo, con disperazione. 10. cartigli: piccoli rotoli di carta aperti (probabilmente dipinti o scolpiti), con l’indicazione di nomi. 12. peso marino: ‘oggetto emerso dal mare’. – iuta: fibra tessile con cui si fabbricano balle e teli da imballaggio (dall’inglese jute, nome della pianta erbacea di origine indiana). 1 Valerio Magrelli Valerio Magrelli (Roma, 1957) è traduttore e docente universitario di Letteratura francese (si è occupato a lungo, tra l’altro, di Paul Valéry). Le sue poesie, molto apprezzate, sono uscite in varie raccolte (Ora serrata retinae, 1980; Nature e venature, 1987; Esercizi di tiptologia, 1992), e poi riunite, con aggiunte, in Poesie (1980-1992) e altre poesie (1996), cui sono seguiti Didascalie per la lettura di un giornale (1999) e Disturbi del sistema binario (2006). È anche saggista e narratore, avendo pubblicato fra l’altro il testo autobiografico-narrativo Nel condominio di carne (2003), il saggio Nero sonetto solubile (2010) e la serie di microracconti Addio al calcio (2010). La formazione filosofica di Magrelli si coglie in molti suoi testi, che conducono anche gli eventi quotidiani a un piano di significato più alto. Si può dire che la base della poesia di questo autore sia intimamente “traduttiva”: ovvero, che la “traduzione” dei fenomeni della realtà in altri, spesso legati all’astrazione del pensiero, costituisca per Magrelli il fondamento del poetico. Questa traduzione implica una strenua esattezza, e infatti la cura formale è perfetta e addirittura ossessiva in queste raccolte (ricche di componimenti in metrica tradizionale), quasi una sfida intellettuale per riuscire a “rendere forma” l’essenza del reale. Negli ultimi testi di Magrelli, peraltro, si fa più forte una tendenza ironico-satirica, presente pure nei testi che proponiamo: si tratta di due canonici sonetti*, riuniti sotto il titolo Ecce video, che trattano del rapporto fra vita reale e vita virtuale, trasmessa attraverso il “video” televisivo. [La metrica] Sonetti* di endecasillabi, entrambi a rima ABAB, CDCD, EFE, FEF. Edizione di riferimento: Valerio Magrelli, Ecce video, in Poesie (1980-1992) e altre poesie, Einaudi, Torino 1996. Due sonetti I due sonetti di Magrelli che proponiamo si contraddistinguono non solo per la raffinatezza dell’elaborazione formale (specie nell’uso delle rime), ma anche per l’originalità con cui viene trattato un tema ormai consueto, il rapporto realtà-virtualità televisiva. Ecce video, I-II In memoriam E. H. ritrovato nel suo appartamento nove mesi dopo il decesso seduto davanti alla tv I. Morì fissando il suo Televisore la sfera di cristallo del presente, guardava il Niente e ne vedeva il cuore, cercava il Cuore e non vedeva niente. Chi sfidò il lezzo del buio malfermo si accorse che veniva dall’Illeso, non dal Morto, ma dal Morente Schermo, non dal Corpo, bensì dal Video acceso. Carogna divorata dagli insetti, il Monitor frinisce e brilla breve senza più palinsesti e albaparietti. La Sua vita larvale svanì lieve (goal, quiz, clip, news, spot, film, blob, flash, scoop, E.T.), circonfusa di niente, effetto neve. 2 6. Illeso: attributo ironicamente sacrale, riferito al Televisore. 11. palinsesti e albaparietti: il palinsesto è la scaletta di una trasmissione televisiva; Alba Parietti è una nota soubrette, qui diventata un sostantivo generico per indicare i tanti personaggi che affollano il mondo della TV. 12. Sua vita larvale: ‘la Sua (del Televisore) vita implicita (larvale)’. 13. goal... E.T.: serie di termini tecnici relativi al mondo della televisione (tutti monosillabi anglosassoni), salvo E.T., che indica il personaggio di un celebre film (1982) del regista statunitense Steven Spielberg. 14. effetto neve: con questa espressione si indica la tempesta di puntini bianchi che invade lo schermo quando s’interrompe la trasmissione delle immagini. _______________________________________ II. Per interposta decomposizione (Transfert, Pasqua del Video, Eucarestia) la parodia della Resurrezione ebbe la forma di Tele-patia. Fu una morte mimetica, vicaria, e l’animula vagula, farfalla luminosa del pixel, volò in aria, blandula bolla che ritorna a galla. Quale anima risale verso il cielo? Se la merce, marcito status symbol, si fa carne corrotta, rotto il velo l’Immagine si muta in cirro, nimbo, diventa puro spolverio, sfacelo, onda di impulsi e interferenze, Limbo. 1. interposta decomposizione: la decomposizione dello spettatore, che sostituiva quella del Televisore. 2. Transfert: qui ‘spostamento’ della morte, dall’uomo al televisore; nella psicanalisi, con questo termine (francese, dal verbo latino transferre ‘trasportare’) si intende soprattutto la trasposizione dei desideri inconsci del paziente (risalenti al suo passato) nei confronti dell’analista, un procedimento psichico centrale nella terapia psicanalitica. 4. Tele-patia: da intendersi in senso etimologico (‘sofferenza a distanza’), e anche in quello di ‘sofferenza dovuta alla televisione’. 5. morte... vicaria: ‘morte fatta a imitazione e sostituzione’, ossia, la vera morte non era quella dello spettatore, ma quella del Televisore. 6. animula vagula: citazione di un famosissimo verso dell’imperatore e poeta latino Marco Aurelio (161-180 d.C.), completato al v. 8 con blandula (una traduzione potrebbe essere: ‘Animuccia (mia), vagante, dilettevole’). 7. pixel: il pixel è l’unità elementare in cui si scompone un’immagine digitalizzata. 11. rotto il velo: metafora* consueta per intendere ‘fuoriuscita dal corpo’ (qui dal Televisore). 14. Limbo: qui, ‘entità (spaziale) non definibile’. 3 Milo De Angelis Milo De Angelis è nato a Milano nel 1951. La sua prima raccolta poetica, Somiglianze (1976), ha ottenuto notevolissimi consensi, mentre molto più discussa è stata la successiva Millimetri (1983). Ha pubblicato poi fra l’altro Terra del viso (1985), Distante un padre (1989), Biografia sommaria (1998), Dove eravamo già stati (2001), Tema dell’addio (2005), Quell’andarsene nel buio dei cortili (2010), e anche raccolte di saggi, racconti e interviste. Ha proposto pure riflessioni critico-teoriche sulla rivista «Niebo» da lui diretta, in particolare riguardo al simbolismo e all’orfismo in poesia. Terra del viso è una raccolta che propone numerosi testi ancorati a vicende storiche recenti: non a caso la prima sezione si intitola Nella storia. Tuttavia la vocazione simbolistico-metaforica*, senz’altro forte in Milo De Angelis, si fa largo molto spesso, e soprattutto nella seconda sezione, Pezzi di ragione, che espone riflessioni sulla vita e sulle sue forme. La tensione gnoseologica diventa qui particolarmente notevole (mentre si allenta nella terza sezione, Per quali ragazzi?), e trova consonanze con il pensiero di filosofi-scrittori francesi molto cari a De Angelis, come Maurice Blanchot, oltre che con la lirica di poeti come Arthur Rimbaud. [la metrica]Versi liberi, ma con una discreta presenza di endecasillabi* (canonici e non), soprattutto nella conclusione del secondo componimento (vv. 6-9). Edizione di riferimento: Milo De Angelis, Terra del viso (1985), ora in Poesie, Mondadori, Milano 2008 Terra del viso, Pezzi di ragione IX e XI IX. L’universo che vacillava e i cani con il buio contro i propri occhi: soltanto una linea qualche volta sotto lo strato sonoro del torrente. Forme geniali o erbe che si spolpavano al confine con le rotaie più certe di allora e fissità non portano via prima di capire: così la storia perpetua tregua o questi contadini che restano nella nebbia adirandosi a ciascun tramonto, materia del viso, bacche insanguinate. XI. Brancolante nell’uomo e, più tardi, nel dormitorio senza finestre e nella luce della ferrovia che si alza sul tempo rispose nascendo. La vita, spogliata di ogni cosa, la vita che è solo vita, ha gettato il suo ciclo sulla massa di azoto che una lampadina trae, anche il dubbio, dove si annullerà, dopo la tovaglia e la cena calda. X.5. Forme geniali: da intendersi nel senso di ‘entità nate sotto la protezione del genius loci’, cioè della divinità protettiva del luogo (più banale l’interpretazione: ‘forme intelligenti’). XI.4. rispose nascendo: il soggetto può essere individuato nel successivo La vita. 4 Mario Benedetti Mario Benedetti è nato a Udine nel 1955. Vive e lavora a Milano. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, in parte riunite nel 2004 sotto il titolo Umana gloria (edizioni Mondadori). Nel 2008 è uscita la raccolta Pitture nere su carta, caratterizzata da un’estrema sinteticità dei versi, spesso costituiti da elenchi di oggetti e da brevi frasi prive di nessi esplicativi. Ha illustrato la sua poetica nel volume di riflessioni in prosa e in versi Materiali di un’identità (Transeuropa, Massa 2010). [la metrica]Versi liberi, ma con una discreta presenza di endecasillabi*. Edizione di riferimento: Mario Benedetti, Pitture nere su carta, Mondadori, Milano 2008. Supernove 1. Candida rosa, fiore maturo, la mente sospesa dal corpo si disnoda. Grande Nube. Bianca, fucsia. Bianchi, innumeri frammenti nel nero. Corte celeste, moltitudine volante di banco in banco, di foglia in foglia. Aurea fiamma degli spiriti assolti. Eco di luce che non da sé è vera. 2. Stella in esplosione. Anelli Concentrici. Cede la vista, cede la memoria… sicut oculus videns excellentissimum sensibile. Oh… come si convenne l’imago al cerchio e come vi s’indova… eco di luce che non da sé è vera. COMMENTO (da A. Casadei, Poetiche della creatività, B. Mondadori, Milano 2011) Nei due testi l’elencazione parte da e arriva in un mondo già ri-creato: il Paradiso dantesco della “candida rosa” (incipit del dittico) e del “come si convenne / l’imago al cerchio e come vi s’indova” (Supernove 2, vv. 5-6; cfr. Pd. 33.137 s.). Ma l’intero testo si sostanzia in una riflessione attuale sulla partitura del punto più 5 alto della poesia conoscitiva,1 quella che ha parlato di Dio non solo per via filosofica o mistica, bensì ‘in forma di parole’: al posto di Dio, però, starebbe l’esplosione che genera una nuova stella, con una luminosità emanata da una “Grande Nube”, bianca e fucsia, tale da lasciare frammenti lattiginosi persino nel nero cosmico. È in questa nuova (pure nel senso di ‘eccezionale’) visione che si realizza lo scarto conoscitivo: rispetto alla visione filosofico-teologica del primo Trecento, riassunta grazie a una ripresa del commento di Benvenuto da Imola a Par. 33.76-78,2 qui la posizione dell’io quasi si annulla nello stupore,3 e resta come in sospeso riguardo al senso che deve essere attribuito alla luce che potrebbe essere “Aurea fiamma degli spiriti assolti” (Supernove 1, v. 7). Tuttavia, la poesia non può condurre a un’unica spiegazione: non accerta la verità, accerta la richiesta di senso del mondo: Benedetti parte dall’interpretazione offerta nel Paradiso, constatando la riduzione scientifica a puro fenomeno di quanto era sembrato manifestazione del divino. Come recita il quasi-endecasillabo che chiude entrambe le parti del dittico: “eco di luce che non da sé è vera”, e che ricrea ancora una volta un verso dantesco (“de l’alta luce che da sé è vera”: Pd. 33.54), ma adattandolo, come l’autore ha dichiarato in alcune interviste, alla realtà appunto delle Supernove. Lo spazio della poesia sta qui nella specificazione “non da sé”: qualunque ipotesi scientifica, filosofica, teologica o di altro tipo sull’essenza della luce che ci arriva, dalla stella generatasi, come pura eco, è vera solo in modo mediato, per analogia o sinestesia, non per una sua evidenza assoluta. L’ambito poetico nel quale essa viene collocata è dunque carico di tensione conoscitiva, che non si estrinseca in una regola ma in un’affermazione emersa da un percorso pre-razionale (le ‘visioni’ della supernova) e poi razionale (il confronto con il modello dantesco e le sue implicazioni gnoseologiche). È riconoscibile una vera e propria tessitura dantesca, sostanziata di vocaboli o sintagmi come ‘mente sospesa’ (Pd. 33.97), ‘si disnoda’ (cfr. Pg. 14.57), ‘corte celeste’ (cfr. Pd. 10.70: “corte del cielo”), ‘di banco in banco’ (Pd. 31.16), ‘cede / la vista, cede la memoria’ (cfr. Pd. 33.56 s.). 2 Scrive Benvenuto (il commento è consultabile tramite Cibit): “oculus namque humanus cum videt excellens sensibile, sicut radium solis, debilitatur et redditur inabilis et impotens ad videnda alia visibilia minora; e contra autem oculus intellectualis videns excellentissimum sensibile, sicut radium solis aeterni, vigoratur et efficitur potens ad videndum perfectius illud lumen et alia inferiora; simile est in aliis, quia si in uno genere scibilis intelligo quod difficilius est, multo magis quod facilius est”; cfr. Supernove 2, v. 4. 3 “Oh…”, Supernove 2, v. 5: ma è esclamazione presente varie volte nella raccolta, sino alla sua chiusa: “Qui. / Oh.” (p. 107). 1 6