Lezione di oncologia tumore della mammella del 19-10-2004

19-10-2004
2^ parte
tumore della mammella
Il tumore della mammella è il più importante tumore in termini di incidenza nei paesi
occidentali i dati mostrati nei power point circa numero totali di casi e numero totale
di morti in Europa e Italia danno una idea di quanto imponente sia il problema.
Si stima che circa una donna su 13 sviluppa il tumore mammario.
Ai dati catastrofici d’incidenza si associano dati incoraggianti di mortalità perché si
sta nel tempo delineando una diminuzione della mortalità.
Secondo i dati che ci sono forniti dal registro dei tumori, la mortalità decresce
sebbene l’incidenza tende ad incrementare.
I grafici circa la sopravvivenza in Europa e Italia mostrano anch’essi un incremento il
dato si spiega da un lato con il miglioramento delle cure offerte, dall’altro con
l’introduzione dello screening mammario che ha portato all’identificazione di tumori
in fase precoce.
Oggi è ben chiaro quanto sia importante la diagnosi precoce di malattia per ottenere
la guarigione di una paziente.
Cresce sempre più la quota di tumori che alla diagnosi sono sotto 1 cm in grandezza
mentre diminuiscono quelli diagnosticati con grandezze di 2 o 3 cm.
L’aumento dell’incidenza è quindi dovuto anche all’opera di screening che identifica
tumori di piccola taglia. Dato importante da notare: un tumore sotto i 10 mm di
dimensioni è un tumore che trattato ha più del 90% di probabilità di guarigione.
L’opera di screening ha portato anche all’incremento di tumori diagnosticati con
linfonodi negativi: ricordiamo che il primo fattore prognostico positivo è la negatività
dei linfonodi ascellari.
Dagli anni 70 al 2000 sono aumentate le diagnosi con linfonodi negativi, e al
contempo sono diminuite le diagnosi con linfonodi positivi.
La mammografia adoperata per lo screening mammario si esegue ogni 2 anni a
partire dai 50 anni.
Studi di meta-analisi compiuti su donne fra i 50 e 74 anni e tra i 40 e 74 anni
evidenziano la riduzione del rischio relativo.
La maggiore riduzione del rischio in Italia si ha per le donne d’età compresa tra i 40 e
49 anni perché lo screening parte dopo i 50 anni tale riduzione di mortalità non è
imputabile allo screening ma al miglioramento delle terapie chirurgiche e
farmacologiche, con identificazione della paziente a rischio.Nel power point 14 le
linee tratteggiate indicano i tempi in cui si dovrebbe osservare la riduzione della
mortalità in seguito alla campagna di screening dell’anno 96-97, ovvero nel 2007
circa. Per tanto ciò che oggi osserviamo in termini di mortalità è dovuto non solo allo
screening ma al miglioramento delle terapie.
Vedi tabella 15 dei power point circa i fattori di rischio del tumore mammario.
Nella maggior parte dei casi la diagnosi giunge per esame mammografico, per
autopalpazione del nodulo, osservate irregolarità del profilo mammario, secrezione
ematica o sieroematica dal capezzolo con retrazione dello stesso, e nei casi molto
1
avanzati arrosamento cutaneo con mammella dura, calda spesso scambiata per
mastite il carcinoma infiammatorio della mammella, forma rara ed aggressiva di
tumore. La prima diagnosi può avvenire per palpazione di un linfonodo ascellare o
sopraclaveare, è molto raro che la malattia dia segno di sé con sintomi legati alla
diffusione metastatica ad esempio con disturbi polmonari.
In meno del 5% dei casi la diagnosi si fa per sintomi legati alle metastasi quali
dispnea, versamenti pleurici, disturbi ossei, epatici, neurologici.
Esami da fare
La mammografia è un esame accurato che deve sempre essere fatto se si palpa un
nodulo.
Il limite della mammografia ha il suo limite nell’esplorare i seni di pazienti giovani in
cui la componente parenchimale della ghiandola ostacola la visione di addensamenti
tumorali, mentre produce ottimi risultati su seni in involuzione. Al 99%
l’integrazione con l’ecografia permette una buona esplorazione di mammelle più
giovani.
Più di recente è adoperata la RM per evidenziare eventuali tumori su tessuti già
trattati con irraggiamento o su cicatrici chirurgiche, rimane pur sempre un esame di
secondo livello, come completamento per chiarire eventuali dubbi.
La scintimammografia non è più praticata.
La PET rimane un’alternativa alla tecnica del linfonodo sentinella utile per la
stadiazione generale della malattia.
Gli accertamenti istologici vedono l’impiego dell’agoaspirato e dell’agobiopsia.
Con l’agoaspirato si cerca di bucare il nodulo per aspirarne cellule da analizzare alla
citologia mentre con l’agobiopsia si adopera un ago più grosso per prendere un
frammento di tessuto in modo da analizzarne non solo la citologia ma anche
l’architettura tissutale, valutando eventualmente l’espressione, la presenza di recettori
ormonali HER2.
Con il semplice esame citologico posso solo valutare se la cellula è neoplastica o
meno.La procedura più accurata è dunque l’agobiopsia, più raramente possono
trovare impiego le biopsie incisionali o escissionali. Le metodiche di gran lunga più
adoperate sono l’agoaspirato e l’agobiopsia. In presenza di dubbio mammografico si
consiglia di ricorrere subito all’agobiopsia.
Alla mammografia il tumore appare come un nodulo addensato di forma stellata,
tipica delle lesioni infiltranti. Le calcificazioni sono di frequente riscontro, e indicano
situazioni in fase iniziale, vengono ugualmente mandate all’intervento chirurgico e il
più delle volte non sono già infiltranti. Tali lesioni sono esempi di diagnosi precoce
prima ancora che compaia il nodulo infiltrante.
L’esame ecografico fornisce informazioni circa la vascolarizzazione del nodulo,
permettendo una distinzione tra lesioni benigne tipo adenomi o fibromi mancanti di
vascolarizzazione con aspetto anarchico.
Le forme non invasive si curano col semplice intervento chirurgico, i tumori di più
frequente riscontro sono il carcinoma duttale in situ ed il carcinoma lobulare in situ,
forme che dopo l’intervento non danno ripresa di malattia.
2
Delle tante forme di carcinomi mammari invasivi il più frequente in assoluto è il
duttale infiltrante, seguito dal lobulare infiltrante. Vedi power point 18.
Modalità di diffusione vedi power point 19.
Circa la capacità del tumore di diffondere e dare metastasi è stata presa in
considerazione la possibilità che l’iter sequenziale degli eventi non debba essere
necessariamente nodulo-linfonodo positivo-metastasi a distanza. Infatti per alcuni si
può realizzare prima ancora della positività del linfonodo la metastasi per via ematica
saltando la via linfatica. Ci sono pazienti che pur avendo al momento dell’intervento
chirurgico i linfonodi negativi hanno avuto una ricaduta di malattia a distanza di anni.
Indicatori prognostici power point 21. I fattori prognostici servono per le pazienti
mandate all’intervento chirurgico a stabilire il rischio di ripresa di malattia: la
variante istologica, meglio un duttale che un mucinoso, un apocrino; stato di
invasione linfonodale ; dimensioni del nodulo; grado di differenziazione ( G1, G2,
G3, a seconda che sia ben differenziato o indifferenziato); presenza di recettori degli
estrogeni, la loro presenza si associa a una migliore prognosi e risposta ai trattamenti
ormonali; il grado di ploidia; gli indicatori della proliferazione cellulare rilevabili
all’esame istologico; l’espressione di HER2 fattore positivo al trattamento con
anticorpi monoclonali; p53.
Per stadiare un tumore si richiede rx torace, ecografia epatica, scintigrafia ossea ed
altri esami a seconda del caso.
Si può richiedere il dosaggio dei marcatori tumorali che sono il CEA più aspecifico
ed il CA 15.3.
Per la stadiazione vedi power point da 23 a 26.
Stadio 1 se localizzato alla mammella;
Stadio 2 se c’è interessamento dei linfonodi ascellari;
Stadio 3 se localmente avanzato o perché infiammato o di grandi dimensioni o con
interessamento della parete toracica, casi non operabili candidati alla chemioterapia
primaria;
Stadio 4 malattia metastatica con diffusione agli organi a distanza .
La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi risente della presenza di linfonodi
positivi infatti essa decresce passando da zero linfonodi positivi, a 1+ 3+, o più di 4 +
.Il grafico del power point 27 mostra l’andamento della curva di sopravvivenza.
Per decidere quali pazienti sono candidate alla chemioterapia sistemica, quali
all’ormono terapia sistemica o a quella di tipo adiuvante vengono considerati vari
fattori vedi: presenza di linfonodi positivi, grandezza del nodulo, grading del tumore,
età della paziente, espressione o meno di recettori ormonali.
3