tre giorni

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“Non si cresce
se non insieme”
Il Vescovo alla tre giorni del clero rilancia la “pastorale della comunione”:
sono molti i segni di speranza che vedo nella nostra diocesi
Spiritualità della comunione e sinergia pastorale: sono queste le parole - chiave dell’intervento del
vescovo mons. Gianni Ambrosio alla tre giorni del clero al Collegio Alberoni. Parole che indicano
la sua linea di lavoro in questo anno: nessuno di noi è un’isola e ciascun prete è chiamato a lavorare
non in modo isolato ma in sintonia con la Chiesa. La Chiesa si realizza dove c’è la comunione e
senza comunione non c’è la comunità cristiana. La spiritualità della comunione – ha detto il
Vescovo citando la “Tertio Millennio Ineunte” di Giovanni Paolo II - rende infatti credibile la
Chiesa e il suo cammino nel mondo.
In comunione
La comunione è l’ingrediente principale – sintetizziamo il pensiero del Vescovo – dello stile
ecclesiale. E per noi, sempre alla ricerca di novità, è la comunione la vera novità di sempre.
La comunione – ha detto Ambrosio – nasce innanzitutto dalla nostra comunione con Gesù Cristo. È
lui a rendere ciascuno di noi immagine di Dio e quindi aperti alla relazionalità e alla donazione.
Non è bene che l’uomo sia solo, dice a questo proposito il libro della Genesi nei suoi primi capitoli.
Ciascun uomo esiste pienamente con gli altri e per gli altri.
Guardare a Cristo significa anche saper cogliere i molti segni di speranza che ci sono nelle nostre
comunità e tra noi preti, chiedendo a Dio che questi stessi segni siano sempre più visibili. È un
modo questo per combattere la tristezza e la stanchezza. Quella stessa stanchezza che era dipinta sul
volto dei discepoli di Emmaus che, come racconta il Vangelo, la sera di Pasqua se ne tornavano
pian piano a casa loro perché tutto era finito: Gesù era morto, qualcuno diceva che era risorto, ma
per loro tutto finiva lì. Tornare a Emmaus – ha detto il Vescovo – significa lasciarci soffocare dalle
difficoltà personali e da quelle che caratterizzano la vita delle nostre parrocchie. Eppure – ha
aggiunto – le difficoltà ci sono state agli inizi della Chiesa e ci saranno sempre; non devono
spaventarci.
Non dimentichiamo – ha aggiunto il Vescovo – le parole pronunciate da Benedetto XVI al
convegno ecclesiale di Verona nel 2006: la Risurrezione di Cristo è la più grande mutazione mai
accaduta nella storia. È Cristo che ci aiuta a camminare nella storia con uno sguardo rivolto oltre la
storia.
Comunicare
La parola “comunione” accompagna anche la scelta del Vescovo di non scrivere all’inizio del
nuovo anno la lettera pastorale. Sto conoscendo la diocesi in questi mesi – ha sottolineato -. La
lettera la scriveremo insieme perché sarà non una lettera calata dall’alto, ma che parte dal basso, che
nasce cammin facendo. Una lettera che uscirà dal cuore della nostra Chiesa, della preghiera fatta
insieme, delle esperienze vissute nelle nostre comunità.
Dalla comunione alla comunicazione: dobbiamo scoprire il tesoro nascosto di tante esperienze
ecclesiali di cui è ricca la nostra Chiesa e comunicarcele a vicenda perché “non si cresce se non
insieme”. Il che - ha detto ancora - ci aiuterà a superare quel triste pregiudizio individualistico che
caratterizza la nostra cultura e può bloccare, nella Chiesa e nella società, il compito educativo.
Educare
E proprio all’educazione è dedicato il nuovo anno pastorale della diocesi. Educare – ha precisato
mons. Ambrosio – è generare alla vita. La famiglia è il luogo originario dell’educazione: qui ogni
figlio che viene al mondo si sente generato non dal caso, ma da un gesto di amore.
Anche la vita pastorale della comunità cristiana è educazione. In questo anno che il Papa ha voluto
dedicare a San Paolo, proprio l’Apostolo – ha aggiunto il Vescovo – ci aiuta a mettere a fuoco gli
elementi su cui poggia l’educazione: l’affetto, l’amore per coloro a cui ci rivolgiamo (“ci siete
diventati cari” – scrive lui stesso in una sua lettera); e il coinvolgere l’altro in un destino comune
nel cammino verso Cristo.
Comunicare il Vangelo significa dare la vita per l’altro. Noi siamo debitori verso i giovani – ha
detto il Vescovo citando Benedetto XVI – dei valori che fondano la vita. Valori che spingono
genitori, insegnanti ed educatori a non arrendersi mai.
D. M.
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