Prof. Diego Manetti
Storia
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
1935-1936
Campagna d’Etiopia
La campagna d’Etiopia - voluta da Mussolini e vinta grazie al generale Pietro Badoglio – indica
chiaramente quale sia l’indirizzo fascista in tema di politica estera: l’espansione coloniale italiana nel
Mediterraneo (“Mare nostrum”), sulle coste africane e nei Balcani, facendo rivivere il mito della
missione civilizzatrice già propria della “romanitas”.
Tale vittoria ha poi un grande valore dal punto di vista del morale degli Italiani poiché riscatta il
disonore della sconfitta di Adua (con Crispi, 1896) e della “vittoria mutilata” (negazione della
concessione di Fiume e della Dalmazia, a dispetto degli accordi di Londra dell’aprile 1915, per
l’opposizione degli USA che temono una espansione coloniale italiana che potrebbe turbare l’equilibrio
europeo nel primo dopoguerra).
L’obiettivo italiano (espansione coloniale) è inoltre perfettamente compatibile con quello tedesco che è
definito dalla volontà di Hitler di ottenere l’egemonia in Europa, secondo la teoria dello “spazio vitale”
che lo stesso Führer avrebbe enunciato nel 1937, sostenendo che la Germania (coi suoi 85 milioni di
abitanti) necessitava ormai di nuove terre in cui potersi espandere per soddisfare i propri ineludibili
bisogni vitali. Tale teoria si poneva in linea con il pangermanesimo di Guglielmo I (l’idea di ricondurre
a unità tutti i popoli germanici in Europa) e con la politica anticoloniale di Bismarck (che affermava di
non essere “un colonialista”, limitando le conquiste tedesche in terra africana a fine Ottocento a quei
pochi Stati che fungevano più da controllo dell’altrui espansione che da manifestazione di una reale
volontà di allargamento coloniale).
La compatibilità degli obiettivi italiano e tedesco spiega perché si giunse all’asse Roma-Berlino
Ottobre 1936
Asse Roma-Berlino
L’alleanza siglata da Italia e Germania si fonda su omogeneità politiche (sistemi totalitari) e su
compatibilità di obiettivi (rispettivamente, espansione coloniale ed europea). Resta però un punto di
potenziale attrito: l’Austria. Antico dominatore in suolo italiano (il Lombardo-Veneto verrà
riconquistato solo con la Seconda e la Terza Guerra d’Indipendenza), è oggetto delle aspirazione di
rivalsa da parte italiana. Al tempo stesso, la Germania vorrebbe espandersi in territorio austriaco
(completando quella inversione di rapporti di poteri tra Prussia e Austria che, cominciata all’indomani
del 1848, si era conclusa con la nascita della Germania del Secondo Reich, nel 1871). Hitler si astiene al
momento da tale espansione (progettata fin dal 1934) per riguardo a Mussolini che mal sopporterebbe di
vedersi arrivare i Tedeschi così vicini al confine italiano (l’alleanza tra Italia e Germania raramente sarà
libera da reciproci sospetti tra i due Paesi).
1937
Patto Anticomintern (Germania, Italia, Giappone)
L’alleanza sancita dall’Asse Roma-Berlino viene rafforzata dall’adesione italiana al patto Anticomintern
cui già avevano aderito Germania e Giappone. Il Comintern è la Terza Internazionale (sorta dopo la
Prima Guerra Mondiale per proseguire l’opera della Prima, attiva dal 1864 al 1875, e della Seconda,
operante dal 1889 al 1914).
Giappone e Germania avevano siglato tale alleanza anti-comunista forti della omogeneità politica (al
Nazismo tedesco fa riscontro l’indirizzo fascista impresso alla politica giapponese dall’imperatore
Hirohito nel 1936) e del comune obiettivo: “stringere” l’URSS da ovest (Germania) e da est (Giappone:
già nel 1904-05 la Russia era entrata nelle mire del Giappone con la sconfitta che aveva posto sotto
influenza nipponica Corea e Manciuria).
Quando l’Italia aderisce a tale patto (più per ragioni di politica anti-comunista e filo-nazista che per
velleità antisovietiche), le potenze occidentali non reagiscono - coerentemente con la politica
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dell’appeasement (pacificazione a ogni costo) fino ad allora seguita dal conservatore inglese
Chamberlein – pensando che si possa trattare di una alleanza positiva anche per l’Occidente a motivo
del carattere anticomunista. Non è infatti lontano il ricordo della red scare (paura rossa) che aveva
attanagliato gli USA e l’Occidente all’inizio degli anni Venti. Si tratterà però di una pericolosa
sottovalutazione, poiché tale blocco (Italia, Germania, Giappone) corrisponderà al patto Tripartito che
scenderà in campo di lì a poco contro gli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale.
Marzo 1938
Occupazione tedesca dell’Austria
Nel Marzo del 1938, Hitler decide l’occupazione dell’Austria tramite l’invasione delle armate naziste,
cui segue un plebiscito (aprile 1938) che sancisce l’Anschluss (annessione) dell’Austria alla Germania.
Questa volta Hitler non ha esitato, senza preoccuparsi delle eventuali preoccupazioni o rimostranze di
Mussolini: ormai sono chiari i rapporti di forza tra i due Paesi, con l’Italia chiaramente in seconda
posizione al seguito del Terzo Reich tedesco.
Settembre 1938
Patto di Monaco (GB, FR, IT, GER)
Appena sei mesi dopo l’Anschluss dell’Austria, la Germania convince la Francia e la Gran Bretagna a
firmare, insieme all’Italia, il patto di Monaco. Questo risultato è raggiunto anche grazie al ruolo di
mediatore nuovamente svolto da Mussolini, dopo il precedente in occasione del patto per la pace tra le
quattro nazioni del 1933.
Tale patto concede a Hitler l’annessione della regione montuosa dei Sudeti, posta in territorio
cecoslovacco, in accordo con quella teoria dello “spazio vitale” enunciata l’anno prima da Hitler. Si
tratta di un estremo gesto di debolezza da parte delle potenze occidentali che di fatto permettono la
trasgressione dello lettera del Trattato di Saint Germain – che aveva sancito nel 1919 la nascita della
Cecoslovacchia dalle ceneri dell’Impero Austro-Ungarico – e, soprattutto, significa il venir meno dello
spirito della conferenza di pace di Parigi che aveva posto fine alla Prima Guerra Mondiale all’insegna
della ricerca di un equilibrio europeo che potesse contrastare ogni ulteriore velleità espansionistica
tedesca.
Marzo 1939
Occupazione tedesca della Cecoslovacchia
Forte della posizione debole e remissiva delle potenze occidentali, Hitler decide l’occupazione militare
della Cecoslovacchia, ponendo fine all’esistenza giuridica di tale Stato. Con tale gesto Hitler sfida
apertamente l’Occidente e fa chiaramente intendere la propria intenzione di espandersi nei territori
europei giudicati “necessari” per costituire quello “spazio vitale” minimo di cui la Germania dovrebbe
disporre. E’ la fine della politica della ambiguità, della finzione e della diplomazia che Hitler ha seguito
in Europa dall’ascesa al potere nel 1933 fino ad allora. A ragione potrebbe considerarsi come il vero
inizio del secondo conflitto mondiale, benché la guerra non sia ancora apertamente combattuta.
Aprile 1939
Occupazione italiana dell’Albania
Seguendo l’esempio della Germania, anche l’Italia si lancia in un’azione di conquista. L’obiettivo è
l’Albania, coerentemente con l’intenzione di Mussolini di espandersi all’interno dell’area balcanica. La
battaglia, breve e violenta, si concluse con la vittoria italiana e l’occupazione dell’Albania.
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22 Maggio 1939
Storia
Patto d’Acciaio (Germania, Italia)
Per uscire dall’isolamento internazionale in cui l’Italia era caduta dopo la campagna d’Etiopia
(conseguentemente alla ferma condanna di tale aggressione espressa dalla Società delle Nazioni),
Mussolini decide di rafforzare l’Asse Roma-Berlino trasformandolo in una esplicita alleanza militare a
carattere offensivo e difensivo. Rispetto alla Triplice Alleanza (sancita nel 1882 tra Germania, Austria,
Italia) che aveva solo carattere difensivo (il che permise all’Italia di dichiararsi neutrale quando
l’Austria attaccò la Serbia in seguito all’attentato del 28 giugno 1914 in cui perse la vita Francesco
Ferdinando, erede al trono d’Austria, ucciso per mano dello studente nazionalista serbo Gavrilo
Princip), il Patto d’Acciaio ha invece anche un carattere offensivo: in caso di guerra scatenata da una
delle due potenze, l’altra è tenuta a entrare nel conflitto al suo fianco.
Per capire quanto impegnativa fosse tale clausola per l’Italia di allora occorre ricordare le condizioni in
cui versava il nostro Paese: economicamente provato dalla crisi del 1929, ancora faticava a riprendersi,
complice una politica economica fascista a carattere statalista e centralista che si era rivelata, alla fine,
meno efficace e lungimirante di quanto occorresse per risollevare i consumi e affrontare la
disoccupazione. Dal punto di vista militare, l’esercito era ancora provato dalle dure campagne d’Etiopia
(1935-36) e di Spagna (accanto all’esercito di Francisco Franco, impegnato in una sanguinosa guerra
civile dal 1936 al 1939). Il materiale bellico era antiquato (ancora si usavano le mitragliatrici FIAT della
prima guerra mondiale) e scarso (pochi – oltre che vecchi - gli aerei e i carroarmati) o non utilizzabile
(le navi, fiore all’occhiello della marina italiana, non erano impiegabili in mancanza dei piani di guerra
coordinati con aviazione ed esercito; le portaerei mancavano, essendo considerate superflue per l’Italia
che era una sorta di immensa portaerei naturale affacciata nel Mediterraneo).
Date questa situazione, perché Mussolini si impegnò in una alleanza militare a carattere offensivo? La
ragione fu che, ben consapevole delle condizioni in cui versava l’Italia, il Duce chiese e ottenne da
Hitler garanzie verbali secondo le quali la guerra non sarebbe scoppiata prima di tre anni. A fronte di tali
rassicurazioni Mussolini si sentiva tranquillo, pensando di avere il tempo di riorganizzare la macchina
bellica italiana.
Ma Hitler andava maturando altri progetti.
23 agosto 1939
Patto di non aggressione tra Germania e URSS
In preparazione all’imminente conflitto, Hitler siglò un segreto patto di non aggressione con l’URSS di
Stalin, il 23 agosto 1939, intesa che fu detta “Patto von Ribbentrop-Molotov” dal nome dei ministri
degli esteri – rispettivamente tedesco e russo – che seguirono la trattativa.
L’URSS si impegnava a non aggredire la Germania (che avrebbe così potuto dedicarsi alla campagna di
guerra sul fronte occidentale), ricevendo in cambio da questa l’autorizzazione ad espandersi e ad
annettersi la Polonia orientale e le repubbliche baltiche (Lituania, Estonia, Lettonia, divenute
indipendenti dopo la caduta dell’impero zarista, nel 1918).
Più che di un accordo di pace, si trattava in realtà di una semplice posticipazione di una aggressione che
appariva comunque inevitabile a entrambe le parti, intenzionate a prendere tempo per organizzarsi al
meglio in vista dello scontro.
26 agosto
Il non-intervento dell’Italia
Resosi conto dell’imminenza del conflitto, consapevole della grave impreparazione bellica in cui si
trovavano l’esercito e il Paese, Mussolini comunica all’alleato tedesco la decisione di non intervenire in
guerra. Hitler, altrettanto conscio della debolezza dell’Italia e sicuro della forza militare tedesca, accetta
tale richiesta.
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1 settembre 1939
Storia
Occupazione tedesca della Polonia
La Wehrmacht (esercito) tedesca occupa la Polonia. Hitler è deciso a riprendersi i territori sottratti alla
Germania in occasione della conferenza di Parigi tramite il trattato di Saint Germain che aveva appunto
sancito la nascita della Polonia. Tale attacco era stato deciso già nell’aprile del 1939: questo mostra
come Hitler non fosse realmente intenzionato ad attendere almeno tre anni prima di iniziare la guerra,
come invece aveva dichiarato a Mussolini all’epoca della firma del Patto d’Acciaio (22 maggio 1939).
Il 3 settembre Francia e Gran Bretagna abbandonano finalmente la politica dell’appeasement (che,
unitamente all’isolazionismo degli USA in seguito alla crisi del 1929, aveva giocato a tutto favore di
Hitler) e dichiarano guerra alla Germania. Ormai è però troppo tardi per tornare indietro: la Polonia è
occupata in circa due settimane.
Ha così inizio la Seconda Guerra Mondiale.
Marzo 1940
Occupazione russa della Finlandia
Iniziati gli scontri tra URSS e Finlandia nel novembre 1939, si giunge infine all’armistizio in cambio
della cessione di territori finlandesi ai sovietici
Aprile 1940
Occupazione tedesca di Norvegia e Danimarca
Nell’aprile del 1940 l’esercito nazista occupò Danimarca e Norvegia. Dopo essersi rivolte a est
(Polonia), le mire di Hitler erano ora indirizzate a nord, prima di volgersi al fronte occidentale. Le
vittorie si susseguivano rapide e facili, come se niente e nessuno potessero arrestare la potenza della
Wehrmacht.
Ci si deve però chiedere: perché, con una potenza militare così superiore alle altre potenze, la Germania
attende oltre sei mesi – dal settembre 1939 all’aprile 1940 – per proseguire la propria trionfale
campagna di conquiste? Non era un rischio inutile attendere che gli avversari si organizzassero?
Per rispondere occorre ricordare la strategia tedesca della Prima Guerra Mondiale, quando la Germania
pensava di poter occupare la Francia nel giro di sei settimane, all’insegna della guerra-lampo (BlitzKrieg) che invece, nel 1916, si sarebbe rivelata un’illusione, trasformandosi in guerra di posizionamento
e di trincea. La guerra-lampo più che una scelta era una necessità per la Germania: Paese dotato di ricchi
bacini minerari, non disponeva tuttavia delle risorse necessarie per sostenere uno sforzo bellico
prolungato (l’esercito contava oltre quattro milioni di soldati) né per combattere su più fronti
contemporaneamente. Ecco perché la scelta di attendere la primavera del 1940, cioè una stagione più
favorevole - dal punto di vista climatico - allo spostamento e al rifornimento di ingenti truppe. Ed ecco
il perché della strategia della guerra di sfondamento con le divisioni corazzate che, travolte le linee
nemiche, non erano rallentate dalla marcia della fanteria (che avrebbe annientato i nemici rimasti nelle
retrovie in un secondo momento) ma procedevano spedite per conquistare nuovi territori necessari al
successivo approvvigionamento delle truppe e per giungere rapidamente alla vittoria.
La debole resistenza degli Stati Scandinavi sembrava dare ragione a Hitler.
Maggio – Giugno 1940
Occupazione tedesca della Francia
Era così giunto il momento di muoversi sul fronte occidentale. Forte dell’accordo di non aggressione
firmato con l’URSS, Hitler poteva dunque concentrarsi su un solo fronte, certo di non esser minacciato a
est.
Il 10 maggio oltre 80 divisioni corazzate mossero contro la Francia, attraversando e occupando Belgio,
Lussemburgo e Olanda. Tale strategia ricalcava quella già messa in opera durante il Primo Conflitto
Mondiale: aggirare la linea Maginot (400 km di trincee difensive poste al confine tra Francia e
Germania) lungo il mare del Nord (violando ancora una volta territori neutrali), giungendo così in
territorio francese velocemente e senza incontrare resistenze.
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Il 24 maggio le divisioni di Hitler giunsero a Dunkerque, sul canale della Manica. Contemporaneamente
la Germania travolse gli avversari sulle colline delle Ardenne, intrappolando così gli Anglo-Francesi in
una sacca lungo il mare. Il massacro fu evitato grazie alla organizzazione e alla disciplina degli oltre
340.000 soldati inglesi e francesi che, in circa 10 giorni, riuscirono tutti a imbarcarsi da Dunkerque,
trovando la salvezza in territorio inglese, oltremanica.
Il 14 giugno Parigi veniva però occupata, lasciando formalmente in vita un governo indipendente nella
Repubblica di Vichy (Francia centro-meridionale) retto dal maresciallo Pétain, disposto a collaborare
con i Tedeschi. Pochi giorni dopo, tramite Radio Londra faceva sentire la sua voce il generale Charles
De Gaulle che, avversando Pétain, invitava tutti i “Francesi liberi” alla resistenza.
Nonostante tale appello, la Francia si arrese il 22 giugno 1940. Conquistata in sei settimane, come
previsto – invano - già in occasione della Prima Guerra.
Al collaborazionismo di Vichy e all’occupazione tedesca si opponeva l’azione dei gruppi della
resistenza che andavano organizzandosi in tutto il Paese.
10 Giugno 1940
L’entrata in guerra dell’Italia
Impressionato dalla rapidità delle vittorie tedesche, Mussolini decise l’entrata in guerra. Sapeva bene
che l’Italia non era militarmente pronta, ma confidava nella brevità del conflitto. Perché non si poteva
stare a guardare mentre la Germania stava trionfando, con il rischio che, in caso di vittoria, l’influenza
tedesca sull’Italia fosse ancora maggiore di quanto già non risultasse allora quando il 60% del carbone
per combustibile era fornito all’Italia dalla stessa Germania (che non riusciva, con le proprie scorte
minerarie, a bastare a se stessa, ma che neppure intendeva rinunciare alla possibilità di rendere, con tali
forniture energetiche, l’Italia un Paese dipendente dalla Germania).
Inoltre Mussolini era alla ricerca di “un pugno di morti da mettere sul tavolo delle trattative”: convinto
che la Germania avrebbe vinto facilmente, non voleva rinunciare a vantare qualche merito negli scontri
diretti contro Francia e Gran Bretagna.
Infine, la scelta di entrare in guerra era dettata anche dall’esigenza di condurre una “guerra parallela”:
aiutare sì la Germania, ma intanto concentrarsi sui disegni di espansione coloniale in Africa e nei
Balcani.
21-24 Giugno 1940
L’Italia contro la Francia
La prima azione militare italiana fu dunque portata contro la Francia: sfondata la linea difensiva sulle
Alpi occidentali, gli italiani entrarono in territorio francese. Il prestigio della vittoria italiana fu più un
fatto di propaganda che effettivo: la penetrazione oltre confine era stata di appena 6 km e i Francesi
stessi si erano arresi perché la Francia tutta si era arresa alla Germania proprio il 22 giugno 1940. Venne
dunque firmato un armistizio italo-francese che segnava la prima vittoria italiana.
Luglio 1940
Bombardamento dell’Inghilterra
Fu quindi la volta dell’Inghilterra. Hitler decise il bombardamento a tappeto delle principali città
inglese, radendo al suolo – tra le altre – Coventry e Birmingham. Si trattava di una tecnica bellica che
avrebbe avuto grande diffusione durante il secondo conflitto da entrambe le parti: si sganciavano
migliaia di tonnellate di bombe sulle città, mirando alla distruzione di almeno il 90% degli edifici e
senza distinguere tra obiettivi militari e civili. Coventry fu rasa la suolo in modo tale che i Tedeschi
usarono successivamente l’espressione “coventrizzare” una città per alludere alla completa distruzione
di un obiettivo.
L’uso del radar e l’efficacia del servizio di avvistamento aereo permisero però una incisiva resistenza da
parte inglese. E furono circa 2.000 gli aerei della Luftwaffe che furono distrutti dalla contraerea
britannica. Fino a che Hitler deciderà di sospendere ogni azione di bombardamento contro la Gran
Bretagna, vista l’evidente inefficacia (novembre 1940)
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13 settembre 1940
Storia
Offensiva italiana contro la Gran Bretagna
Fu quindi la volta della Gran Bretagna. Spinto dalla necessità (aviazione insufficiente e non preparata) e
dalla convenienza (“guerra parallela” e mire di espansione coloniale), Mussolini si astenne da campagne
di bombardamento sulle città inglesi (come stava facendo, senza troppo successo, l’aviazione tedesca),
optando invece per l’invasione dell’Egitto. La penetrazione questa volta fu di circa 70 km (provenendo
dalla Libia), ma la vittoria fu di breve durata poiché nel febbraio del 1941 la controffensiva inglese
costringerà l’Italia ad abbandonare l’intera Cirenaica (zona libica confinante con l’Egitto a est), con
oltre 140.000 perdite per l’esercito italiano.
27 settembre 1940
Il Patto Tripartito (Germania, Italia, Giappone)
La resistenza inglese fece capire a Hitler che il conflitto sarebbe durato più di quanto avesse previsto. E
che, non potendo la Germania sostenere la battaglia su più fronti contemporaneamente, il Terzo Reich
avrebbe dovuto trovare altri Paesi alleati, portando a un allargamento del conflitto stesso (che assumerà
infatti dimensioni planetarie, anche per la necessità di conquistare quei Paesi che erano ricchi delle
materie prime e delle risorse essenziali per reggere l’enorme sforzo bellico delle grandi potenze: da qui
l’espressione: secondo conflitto “mondiale”).
Da qui la decisione di coinvolgere nell’alleanza militare anche il Giappone, oltre all’Italia che intanto
era scesa in guerra (10 giugno 1940), siglando il Patto Tripartito che esplicitamente affermava l’alleanza
militare tra i tre regimi (nazista, fascista italiano e fascista nipponico).
Oltre a motivi di natura politica (identico regime totalitario), l’interesse del Giappone era ovviamente
rivolto contro l’URSS, primo obiettivo di una espansione che avrebbe permesso al Giappone di
costituire la cosiddetta “Grande Asia”, dalla Manciuria (occupata nel 1931 e ridefinita Manchukuo) alla
Nuova Guinea, dominando così tutto il Pacifico. Tale volontà emerse chiaramente allorché, appena
firmato tale Patto, il Giappone invase l’Indocina Francese, approfittando del vuoto di potere anglofrancese nel Pacifico e continuando la campagna di conquiste inaugurata con la invasione della Cina
(1937)
Si trattava dunque di un patto anti-comunismo (come già era stato il Patto Anti-Comintern) e anti-USA
(che il Giappone voleva spodestare dalle posizioni occupate nel Pacifico).
A tale patto aderirono Ungheria, Slovacchia e Romania prima, Bulgaria e Jugoslavia successivamente.
Ottobre 1940
Campagna italiana in Grecia
La debolezza dell’esercito italiano emerse però in tutta la sua gravità solo nell’ottobre 1940, in
occasione della campagna in Grecia, intrapresa da Mussolini coerentemente con il disegno di espansione
balcanica. Non solo gli Italiani non riuscirono ad avere ragione del piccolo esercito greco nella
guerriglia combattuta sulle montagne del conflitto greco-albanese, ma addirittura riuscirono a stento a
bloccare la controffensiva dell’armata greca che minacciava di invadere la stessa Albania.
Da questo momento le scelte belliche di Mussolini saranno esplicitamente subordinate alle decisioni di
Hitler.
Aprile 1941
L’intervento della Germania in appoggio all’Italia
Vista la difficoltà in cui versava l’esercito italiano, Hitler decise di intervenire.
Dapprima (aprile 1941) gli Inglesi furono respinti dalla Cirenaica grazie all’abile strategia di Rommel,
la “volpe del deserto” che guidava le truppe tedesche (gli Inglesi riconquisteranno la Cirenaica solo nel
dicembre 1941).
Dove le truppe tedesche non intervennero (poiché non ritenevano l’obiettivo di rilevanza strategica), gli
Inglesi ebbero la meglio: fu il caso dell’area etiopica, dove il Negus (sovrano locale), appoggiato dalle
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truppe britanniche, riuscì a sconfiggere l’esercito italiano, ponendo fine al dominio coloniale nell’Africa
Orientale Italiana e all’Impero d’Etiopia, durato appena cinque anni (campagna del 1935-36).
Travolgente fu poi la discesa nazista nei Balcani: dapprima fu occupata la Jugoslavia (che cessò di
esistere come stato autonomo, dopo esser stata riconosciuta come tale con il trattato di Saint Germani
del 1919), quindi fu la volta della Grecia che, sconfitta, fu sottoposta a un protettorato congiunto italotedesco (aprile 1941).
In un solo mese la Germania aveva riconquistato ciò che l’Italia aveva perso, mostrando la netta
superiorità della Wehrmacht. E ancora una volta la campagna veniva condotta in primavera, stagione
propizia agli spostamenti e ai rifornimenti delle truppe tedesche.
Spostatosi nuovamente il fronte della guerra a est, toccava ora all’URSS.
22 giugno 1941
Nonostante la firma del patto di non aggressione con l’URSS (23 agosto 1939), lo scontro era
inevitabile. Ed entrambe le parti in causa lo sapevano. I regimi politici delle due potenze si opponevano
radicalmente (nazismo contro comunismo). E la Germania di Hitler aveva bisogno delle riserve
petrolifere del Caucaso e delle immense distese di grano dell’Ucraina per continuare la guerra che,
ormai, era tutto fuorché la “guerra lampo” inizialmente preventivata.
Furono così mossi tre milioni di uomini verso il confine sovietico. La potenza della macchina da guerra
messa in movimento (10.000 carri armati, 3.000 aerei) fu tale che nel volgere di breve tempo l’URSS
perse enormi territori e la Wehrmacht giunse fino in prossimità di Mosca.
A questo punto qualcosa però cambiò: nelle retrovie la resistenza sovietica organizzava una efficace
guerriglia che, tagliando le lunghissime linee di rifornimento, sottraeva risorse preziose all’esercito
tedesco. Sul fronte avanzato, la tecnica della “terra bruciata” faceva sì che, giungendo in nuovi territori,
i soldati tedeschi non trovassero di che rifornirsi, essendo tutti i raccolti e le riserve stati bruciati dai
Russi in ritirata.
All’inizio del 1942 il fronte orientale si poteva dunque dire stabilizzato, tanto che i nazisti si videro
costretti a rinunciare ai loro progetti di un rapido e totale annientamento dell’URSS.
Agosto 1941
L’alleanza tra Gran Bretagna e Stati Uniti
Nell’agosto del 1941 il presidente degli Usa, Roosevelt, e il primo ministro inglese Winston Churchill
(succeduto a Chamberlein) si incontrarono. Roosevelt espresse la volontà di fare degli Usa il Paese
capofila nello sforzo bellico contro Hitler, all’insegna dei valori già espressi dai famosi “14 punti di
Wilson” che vennero ripresi nella “Carta Atlantica” – siglata da Usa e GB proprio nell’agosto del 1941
– in cui si affermavano nuovamente il principio dell’autodeterminazione dei popoli, la libertà dei mari, il
valore della democrazia, l’inefficacia della guerra come via di risoluzione delle controversie
internazionali. All’inizio il sostegno americano fu solo economico, per poi diventare esplicitamente
militare dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbor.
Dicembre 1941
L’Entrata in guerra degli Stati Uniti
Il 7 dicembre 1941 il Giappone sferrò un attacco senza precedenti alla flotta americana ancorata nella
baia di Pearl Harbor (isole Hawaii, Oceano Pacifico).
All’alba di quel giorno, nello stesso momento in cui l’ambasciatore giapponese consegnava la
dichiarazione di guerra agli Usa, circa 200 bombardieri colsero di sorpresa la flotta americana, colpendo
circa 100 navi, distruggendo oltre 200 aerei, uccidendo oltre 4.000 soldati. Pearl Harbor segnava il
fallimento della trattative diplomatiche che i due Paesi, nel 1940 e nel 1941, avevano condotto a ritmi
serrati per evitare la guerra. Fino a che in Giappone era prevalsa la linea che vedeva nello scontro diretto
con gli Usa la chiave di svolta per dominare tutto il Pacifico.
L’11/12/41 anche le altre potenze del patto Tripartito, Germania e Italia, dichiararono guerra agli Usa.
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Gennaio 1942
Storia
Nascita delle Nazioni Unite
Il 1 gennaio 1942 Roosevelt organizza le Nazioni Unite, affiancando agli Usa anche Gran Bretagna,
URSS, Cina, Stati Americani, dominions britannici, governi europei costretti all’esilio da Germania e
Italia.
Primavera 1942
Dopo Pearl Harbor l’offensiva giapponese proseguì con la conquista delle Filippine (sottratte agli Usa),
di Hong Kong, di Singapore, fino a giungere in Nuova Guinea e da qui minacciare addirittura
l’Australia.
A metà del 1942 la guerra volgeva dunque decisamente a favore della potenze del Patto Tripartito:
Germania, Italia, Giappone.
L’espansione nipponica – verso l’Australia (dalla Nuova Guinea) e verso l’India (dalla Birmania) – non
prevede operazioni in Asia per evitare complicazioni. Tale strategia è assicurata da un patto di non
aggressione firmato da URSS e Giappone nell’aprile 1941.
Scontro tra ideologie
Fu proprio quando la guerra volgeva a favore dei Paesi del Patto Tripartito (metà del 1942) che
emersero con maggiore nitidezza gli aspetti ideologici del conflitto. Per il Fascismo e per il Nazismo la
guerra era lo strumento fondamentale per realizzare i propri progetti totalitari: per Mussolini la guerra
era “sigillo di nobiltà dei popoli”, mentre Hitler già nel 1937 aveva enunciato la sua teoria dello “spazio
vitale” secondo la quale la Germania era autorizzata ad annettersi tutti i territori necessari a soddisfare le
esigenze – di spazio e risorse prime – della popolazione tedesca.
Logica conseguenza di una tale impostazione fu il progetto nazista di distruzione totale dell’URSS, da
cui la Germania sperava di ricavare grano (Ucraina), petrolio (Caucaso) e manodopera. Ad eccezione
dei popoli baltici, della Finlandia e della Russia bianca, tutti gli altri popoli sovietici erano considerati
da Hitler come potenziale riserva di schiavi.
Durante il conflitto furono dirottati in Germania dai Paesi conquistati oltre 125 miliardi di marchi, oltre
a materie prime e rifornimenti alimentari. Solo nel 1942 giunsero in Germania ben 5 milioni di
lavoratori stranieri, dei quali solo 1,5 mln di prigionieri di guerra mentre il resto era un vero e proprio
esercito di deportati per il lavoro servile.
Il nuovo ordine europeo che Hitler intendeva costruire prevedeva un sistema piramidale: al vertice la
Grande Germania (con oltre 100 mln di abitanti), poi i Paesi amici (Italia, Ungheria, Romania,
Bulgaria), poi quelli satelliti (la Francia di Vichy, la Slovacchia), quindi quelli neutrali (Svizzera e
Svezia) e infine quelli occupati militarmente. Una realtà di oltre 2,5 mln di kmq e 250 mln di abitanti; al
fondo di tale gerarchia stavano Slavi ed Ebrei, destinati rispettivamente al lavoro coatto e allo sterminio.
L’occupazione tedesca era però destinata a scontrarsi con la resistenza delle popolazioni: accanto
all’esercito regolare (in URSS) o per conto proprio (Grecia, Jugoslavia, Polonia, Francia, Olanda) le
popolazioni civili si schierarono anche militarmente contro i tedeschi, originando quel fenomeno tipo
della seconda guerra mondiale che furono i movimenti partigiani (Resistenza europea) impegnati a
difesa di libertà e democrazia, contro il totalitarismo fascista e nazista, spesso intrecciando – è il caso
dell’Italia – guerra civile, patriottica e di classe.
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Storia
I lager e lo sterminio degli Ebrei
Per i Tedeschi fin dai tempi del primo cancellierato di Hitler gli Ebrei erano il male assoluto, colpevoli
di ogni danno economico-militare che fosse occorso alla Germania. L’odio contro il comune nemico (gli
Ebrei, individuati come capro espiatorio di ogni male del Terzo Reich) fu il fattore decisivo che permise
di unire le diverse anime della Germania in sostegno di Hitler.
Nel 1941 si cominciò a parlare di “soluzione finale” come del progetto di internare tutti gli Ebrei in
campi di lavoro, preludio di quell’annientamento che farà dei campi di concentramento dei campi di
sterminio, in cui venivano utilizzate le camere a gas per le eliminazioni di massa e, in seguito, forni
crematori per eliminare le salme.
La Gestapo (Geheime Staats-Polizei – Polizia segreta di Stato) arrestava gli Ebrei in tutta l’Europa
occupata, applicando una stella gialla che rendeva immediatamente riconoscibili gli Untermenschen (i
“sottouomini” ebrei). Tra i numerosi campi di sterminio (900 lager si conteranno a fine guerra)
ricordiamo quelli di Buchenwald, di Mauthausen (operativo già dal 1938 come cava di estrazione di
granito con cui si lastricavano le strade tedesche, dal 1943 divenne campo di sterminio in cui perirono
oltre 40.000 Italiani), di Auschwitz, di Treblinka, di Dachau. Oltre 6 mln di Ebrei furono sterminati dai
nazisti in tali campi. E stessa sorte toccò ai 40.000 Ebrei del ghetto di Varsavia che si ribellarono ai
Tedeschi nell’aprile 1943.
Tra le testimonianze sullo sterminio degli Ebrei, ricordiamo il Diario di Anna Frank, bambina di 13 anni
che per fuggire ai Tedeschi si rifugiò in un appartamento segreto ad Amsterdam insieme alla famiglia
dal luglio del 1942 fino all’agosto 1944, quando il nascondiglio fu scoperto e la piccola Anna deportata
nel campo di Bergen Belsen dove morì di tifo a 16 anni nel marzo 1945. Nelle pagine del suo diario
leggiamo messaggi carichi di speranza e fiducia nel futuro (“continuo a credere nell’intima bontà
dell’uomo”, “anche questa spietata durezza cesserà, ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità”).
Prime sconfitte dell’Asse
Le sconfitte subite da URSS e GB non erano state definitive; il potenziale bellico italiano non era
adeguato al conflitto in corso; Germania e Giappone non erano tra loro coordinati per un attacco
congiunto all’URSS (anzi, nell’aprile 1941 il Giappone aveva sottoscritto un patto di non aggressione
con l’URSS per potersi concentrare sull’espansione nel Pacifico, già rischiosa di per sé a causa delle
migliaia di piccole isole difficilmente difendibili singolarmente).
A far capire che l’andamento della guerra stava volgendo in favore degli Anglo-Americani furono le
battaglie di Stalingrado ed El Alamein.
Stalingrado – Nel settembre 1942 i Tedeschi decisero di portare l’attacco decisivo a Stalingrado,
l’ultima città da conquistare prima di poter giungere a Mosca, un vero e proprio “collo di bottiglia”
attraversato dalle principali vie di comunicazione verso la capitale sovietica. Fu una battaglia feroce,
combattuta casa per casa (come racconta Vasilij Grossman in Vita e destino), finché nel novembre 1942
scattò la controffensiva russa che, nel dicembre 1942, sfondò il fronte sul fiume Don, a nord di
Stalingrado, tenuto dall’VIII armata italiana. Tutto lo schieramento nazista fu costretto ad arretrare al di
là del Don, iniziando quella ritirata che si concluderà solo tra le rovine di Berlino, incalzati dall’Armata
Rossa. Intanto, cominciava pure la tragica ritirata a piedi dei soldati italiani (800 km per giungere al
confine tra area tedesca e area sovietica, in Polonia): inizialmente partiti in 60.000, Mussolini era stato
abbagliato dalle facili e rapide vittorie della Wehrmacht e aveva deciso di portare a 220.000 i soldati
presenti al fronte per partecipare “alla pari” con la Germania a una vittoria che appariva scontata. E che
invece si rivelò l’inizio della fine per i Paesi dell’Asse.
El Alamein – La località egiziana, posta a 100 km da Alessandra d’Egitto, costituiva l’ultima difesa
prima della capitale. Le truppe italo-tedesche vi erano giunte nel luglio 1942 per quella che doveva esser
l’ultima offensiva.
Ricordiamo che in terra d’Africa la Cirenaica (zona libica confinante a est con l’Egitto) era stata area dei
primi scontri tra Italia e Inghilterra: prima vinsero gli Italiani (settembre 1940), poi gli Inglesi (febbraio
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1941, con 140.000 perdite per il nostro esercito), poi ancora gli Italiani (con l’appoggio della
Wehrmacht, aprile 1941), quindi ancora gli Inglesi (dicembre 1941).
Si trattava ora di sferrare l’attacco decisivo all’Egitto. La “volpe del deserto”, il generale nazista Erwin
Rommel, non riuscì però né ad aggirare verso il deserto le scoscese scarpate della depressione desertica
presso El Alamein, né a forzare lo strettissimo varco (circa 50 km) che si apriva tra questa e il mare. Il
fronte si stabilizzò con trincee che ricordavano quelle della Prima Guera Mondiale. Finché il generale
inglese Montgomery passò al contrattacco e riuscì a sfondare le linee italo-tedesche (novembre 1942)
con terribili combattimenti all’arma bianca. Nel gennaio 1943 le truppe dell’Asse avevano perso la Libia
e si trovavano arroccate in Tunisia, incalzate a est dagli Inglesi e a ovest dagli Americani, sbarcati in
Algeria e Marocco nel novembre 1942. Italiani e Tedeschi dovettero arrendersi nel maggio 1943. La
loro resa spalancherà le porte dell’Italia agli Alleati.
Guadalcanal – Per quanto concerne il fronte sul Pacifico, si ricorda la battaglia di Guadalcanal (agosto
1942 – febbraio 1943), isola della Nuova Guinea, in cui l’offensiva nipponica contro l’Australia fu
definitivamente fermata. E anche per il Giappone le sorti della guerra stavano per cambiare.
Fine 1942
Occupazione tedesca della Francia meridionale
In seguito alla sbarco degli Alleati sulla costa nordafricana (Algeria e Marocco) i Tedeschi decidono di
occupare anche la parte meridionale della Francia (la repubblica di Vichy) per poter controllare meglio
la zona in prospettiva difensiva, cercando di rinforzare le aree nelle quali era previsto lo sbarco alleato
(sbarco che invece avverrà in Normandia, nel nord della Francia, nel giugno 1944)
Vivere con le bombe
La seconda fase della Seconda Guerra Mondiale (1942-1945) fu caratterizzata dai bombardamenti,
fenomeno che contribuì a fare del conflitto una “guerra totale”, nel senso che non si distinguevano più
civili e militari nell’attuare i bombardamenti a tappeto destinati ad annientare le città nemiche.
I Italia le prime bombe inglesi erano cadute su Torino l’11 giugno 1940 (il giorno dopo l’entrata in
guerra). Alla fine del conflitto saranno circa 70.000 le vittime italiane dei bombardamenti sulle città. La
prima città a subire un parziale bombardamento a tappeto fu Genova (ottobre 1942), poi toccò a Milano
che, colpita da oltre 2.000 tonnellate di bombe, fu trasformata in orrendo braciere: solo la esigua forza
dei venti risparmiò la Feuersturm (tempesta di fuoco) che aveva annientato diverse città tedesche.
Le città italiane apparivano inermi di fronte alle incursioni dei Liberators americani e dei bombardieri
inglesi. A Torino vi erano solo una trentina di rifugi pubblici per una popolazione di oltre 700.000
persone, metà della quale all’inizio del luglio 1943 sfollò dalla città alla campagna.
Gennaio 1943 – Le sconfitte dell’Asse e l’inadeguatezza del reparto militare italiano fecero emergere
molti dubbi sull’opportunità di proseguire la guerra e sia esponenti di casa Savoia sia le massime
autorità militari cominciarono a fare pressioni su re Vittorio Emanuele III affinché portasse fuori dalla
guerra l’Italia ormai stremata.
Marzo 1943 – Un segnale importante della volontà di pace diffusa tra la popolazione si ebbe con lo
sciopero di oltre 200.000 operai del triangolo industriale Torino-Milano-Genova, che paralizzò la
produzione a sostegno dello sforzo bellico italiano. Fu il primo sciopero da quando il Fascismo, con le
Leggi Fascistissime, aveva definitivamente posto fuori legge i sindacati e vietata ogni manifestazione
dei lavoratori. Si trattò di una sconfitta politica importante per il Fascismo che dimostrava di non saper
più controllare le masse popolari.
Maggio 1943 – La sconfitta di El Alamein e la perdita dell’Africa (dall’Algeria all’Egitto sotto controllo
alleato) fece preoccupare fortemente anche Mussolini, mentre nascevano sospetti reciproci tra Italia e
Germania e quest’ultima studiava un piano di occupazione dell’Italia e dei Balcani in caso di ritiro dalla
guerra di Mussolini.
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Maggio 1943 – Scioglimento del Comintern
Per favorire la causa comune antifascista e antinazista, Stalin decide di sciogliere il Comintern (Terza
Internazionale Comunista) per facilitare le alleanze tra forze comuniste e forze moderate contro i regimi
totalitari di destra. Il Comintern “rinascerà” poi - in una versione più blanda - come Cominform (ufficio
di informazione centrale comunista) nel 1947.
9/10 luglio 1943 – Gli Alleati sbarcano in Sicilia e l’isola è conquistata dopo circa un mese di
combattimenti. Abituati a considerare gli Americani dei “liberatori”, non dobbiamo dimenticare che le
prime fasi di tale liberazione furono una vera e propria guerra contro l’esercito italiano, considerato un
nemico ormai allo stremo delle forze.
19 luglio 1943 – Visto il precipitare della situazione, Mussolini incontra Hitler in Italia ma il Führer
rifiuta all’Italia il permesso di uscire dal conflitto e anzi inizia a valutare l’ipotesi di assumere il totale
controllo militare del territorio italiano come fronte difensivo avanzato a protezione della Germania.
25 luglio 1943 – Fu a quel punto che finalmente Vittorio Emanuele III decise di rompere gli indugi e,
destituito Mussolini da capo del governo, lo fece arrestare. Al suo posto insediò il vecchio maresciallo
d’Italia, Pietro Badoglio, già vittorioso protagonista della sanguinosa battaglia d’Etiopia (1935-36),
simbolo di un’Italia vittoriosa, militarmente capace, benché “uomo del regime” (proprio la campagna in
Etiopia aveva rappresentato una vittoria dell’imperialismo fascista voluto da Mussolini).
Finiva dopo oltre un ventennio (dalla marcia su Roma del 1922) il binomio Fascismo-Monarchia, forse
più per la volontà di Casa Savoia di salvaguardare la Corona che per una reale consapevolezza della
necessità di prendere le distanze dal Fascismo e da tutto il male da esso prodotto.
8 settembre 1943 –Viene dato l’annuncio ufficiale dell’Armistizio con gli Anglo-Americani, firmato a
Cassibile (Sicilia) il 3 settembre 1943. Badoglio avrebbe voluto attendere di più prima di renderlo
pubblico, per evitare rappresaglie e ritorsioni da parte dei Tedeschi presenti in Italia, ma gli Alleati
resero pubblico l’accordo per dare un segnale forte all’Europa: l’Asse stava perdendo e uno dei
principali alleati della Germania, l’Italia, si era arreso.
Dopo l’annuncio, ci fu il totale sfaldamento dell’esercito poiché mancavano direttive precise: molti
furono i reparti in fuga e allo sbando, contingenti italiani furono massacrati dai Tedeschi nelle isole
greche di Corfù e Cefalonia, mentre circa 600.000 furono gli Italiani catturati dalla Wehrmacht e
deportati in Germania. Quello stesso giorno Vittorio Emanuele III e Badoglio lasciarono Roma e si
rifugiarono a Brindisi, presso gli Alleati.
24 settembre 1943 – Mussolini viene liberato dai Tedeschi e posto a capo di un nuovo stato fascista, la
Repubblica Sociale Italiana, esteso a tutto il nord Italia. Il Paese si trova così spaccato in due
militarmente, geograficamente, politicamente.
Mussolini avrebbe fatto a meno di questa reviviscenza del Fascismo: si dice che, vedendo arrivare i
tedeschi che lo avrebbero sottratto al carcere, si sia rammaricato con le guardie che lo avevano in
custodia, forse presagendo che a quel punto non ci sarebbe più stata salvezza per lui. Condotto a Salò
(sul lago di Garda, in provincia di Brescia), instaurò qui la capitale della RSI che – come si evince dal
nome stesso – fu per Mussolini un “ritorno alle origini” nel nome del repubblicanesimo (dopo vent’anni
di fedeltà alla monarchia in cambio dell’appoggio di Vittorio Emanuele III al regime fascista) e del
socialismo (da cui Mussolini proveniva).
In realtà la RSI non riuscì mai ad avere una propria autonomia, essendo piuttosto una zona occupata dai
Tedeschi come fronte difensivo avanzato contro gli Alleati. Né fu permesso alla RSI di dotarsi di un
proprio esercito, impiegando invece i vari reparti (Guardia Nazionale Repubblicana, Brigate Nere, X
Mas) essenzialmente nella repressione antipartigiana.
13 ottobre 1943 – Badoglio dichiara guerra alla Germania e l’Italia viene considerata dagli Alleati come
Paese “cobelligerante”.
L’esercito italiano si affianca agli anglo-americani (sbarcati nella piana di Salerno all’inizio del
settembre 1943) nelle azioni di sfondamento della linea “Gustav” (all’altezza del confine tra Campania e
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Lazio), presso la quale la difesa tedesca impegnerà gli Alleati fino all’estate del 1944 (presso tale linea,
ricordiamo la battaglia di Montecassino, in cui gli Alleati causarono la distruzione dell’Abbazia con
bombardamento a tappeto).
16 ottobre 1943 – Oltre 1.000 ebrei di Roma – una delle comunità più antiche al mondo – vengono
deportati ad Auschwitz. Pochissimi sopravvivranno.
Marzo 1944 – Strage delle Fosse Ardeatine – In risposta a un attentato antitedesco ordito da un nucleo
dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) nel quale hanno perso la vita 33 ufficiali tedeschi (uccisi in via
Raselli, a Roma), la reazione tedesca porta alla cattura e alla fucilazione di 335 italiani (10 per ogni
tedesco ucciso).
Aprile 1944 – Mentre la guerra infuria in Italia presso la linea “Gustav”, le forse politiche del Paese
(liberali, comunisti, socialisti, cattolici della DC) decidono di collaborare con il governo Badoglio in
cambio dell’impegno da parte di Vittorio Emanuele III a cedere i poteri al figlio Umberto e a indire un
referendum a fine conflitto per decidere tra monarchia e repubblica.
Giugno 1944 – Sfondata la linea Gustav, gli Alleati liberano Roma (prima tra le capitali europee a esser
liberate dall’occupazione nazista). Umberto di Savoia assume la carica di Luogotenente del Regno.
Badoglio è sostituito da Bonomi, antifascista fin dai primi anni del regime: è un chiaro segno del
cambiamento, dl ritorno alla democrazia, della voglia di affidare a un politico (e non a un militare) il
compito di riportare il Paese a una vita normale in tempo di pace.
5/6 Giugno 1944 – Sbarco degli Alleati in Normandia.
Da tempo Stalin aveva chiesto agli Alleati di aprire un secondo fronte contro Hitler, sapendo che la
Germania non sarebbe stata in grado di fronteggiare un attacco da due parti. Churchill (Primo Ministro
inglese) all’inizio si oppose, non fidandosi dell’URSS, cui l’Inghilterra si opponeva – come le altre
democrazie occidentali – per un profondo contrasto ideologico che non poteva esser dimenticato
semplicemente perché uniti contro il comune nemico (il Nazismo e il Fascismo). Quando Churchill vide
che le sorti di Hitler esano segnate, decise di acconsentire alle richieste di Stalin, orientandosi verso
l’apertura di un fronte sui Balcani: se dal punto di vista militare tale scelta poteva essere meno efficace
rispetto all’apertura di un fronte a ovest (che avrebbe posto la Germania tra due fuochi contrapposti),
tuttavia aveva il vantaggio di permettere una vicinanza strategica delle truppe Alleate all’Armata Rossa,
in modo da poter contenere ogni eventuale mira espansionistica sovietica in Europa dopo la sconfitta
della Germania.
Roosevelt era invece assertore della tesi di Stalin secondo cui un secondo fronte opposto a quello
orientale (da cui stava provenendo il contrattacco dell’Armata Rossa) sarebbe stato molto più efficace di
un unico fronte da sud-est (balcano-orientale, come desiderava Churchill). E il peso del presidente degli
USA fu decisivo per attuare lo sbarco in Normandia, decisione presa nella Conferenza di Teheran
(novembre-dicembre 1943)
Nella zona situata nel nord della Francia, presso il canale della Manica, sbarcarono tra il 5 e il 6 giugno
1944 circa 3 mln di uomini al comando del generale americano Eisenhower, impiegando 1200 navi da
guerra, 6500 mezzi anfibi, 13000 aerei. La difesa dell’Asse contrattaccò pesantemente, soprattutto il
primo giorno, impedendo il raggiungimento degli obiettivi prefissati dagli Alleati che furono a lungo
costretti sulle zone dello sbarco.
Luglio 1944 - In circa un mese le forze Alleate erano già attestate con 1 mln di uomini al di là dello
schieramento difensivo tedesco.
Per la prima volta i nazisti usarono le armi segrete, le bombe V1 e V2 telecomandate, che però si
rivelarono poco efficaci.
Agosto 1944 – Mentre gli Alleati liberavano la Francia dal nord, dopo lo sbarco in Normandia, il
generale De Gaulle sbarcò con le sue truppe in Provenza, cominciando a risalire vittoriosamente la
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Francia meridionale. Il 26 agosto le truppe di De Gaulle entrarono in una Parigi che si era già liberata
dai Tedeschi grazie ai moti spontanei dei partigiani.
Settembre 1944 – A metà settembre 1944 quasi tutta la Francia e il Belgio erano stati sottratti al
dominio nazista.
Settembre 1944 – Strage di Marzabotto – Sull’Appennino bolognese l’esercito tedesco massacra per
rappresaglia circa 770 civili italiani
L’offensiva sovietica – Prima ancora dello sbarco in Normandia, l’Armata Rossa aveva continuato a
progredire verso la Germania con una serie di vittorie decisive (agosto 1943 – aprile 1944), respingendo
i Tedeschi fino in Polonia.
Agosto 1944 – Riprende l’offensiva sovietica: l’Armata Rossa giunge alle porte della Gemania. Inizia a
sfaldarsi il dominio tedesco a mano a mano che le truppe sovietiche giungono nei Paesi occupati: prima
la Romania dichiara guerra agli ex alleati nazisti (agosto 1944), poi è la volta della Bulgaria (settembre
1944), quindi tocca all’Ungheria che firma un armistizio con i sovietici (ottobre 1944). Unica vittoria
tedesca è la repressione della rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944).
Ottobre 1944 – Mentre i Tedeschi sono cacciati anche da Atene (Grecia) e Belgrado (Jugoslavia), gli
Alleati giungono fino alla linea “Gotica”, il confine immaginario che legava La Spezia con Rimini
(presso Ravenna, antica capitale del regno dei Goti), a ridosso della RSI. La risalita della penisola ha
richiesto agli Alleati oltre un anno (luglio 1943 – agosto 1944).
Le sorti del conflitto per la Germania sono ormai segnate. Mentre i generali della Wehrmacht chiedono
al Führer di firmare almeno un armistizio con gli Anglo-Americani, in modo da potersi concentrare sul
fronte orientale antisovietico, Hitler decide che è giunto il momento della mobilitazione generale:
vengono arruolati tutti, persino i ragazzini fino a 12 anni, mentre Göbbels, ministro della propaganda
nazista, diffonde voci infondate sul presunto possesso da parte della Germania di armi segrete (modelli
perfezionati delle V1 e V2). Fu l’ultimo sforzo di un Paese già virtualmente sconfitto. E a nulla valse.
Febbraio 1945 – a Jalta (Crimea) i tre grandi (Churchill, Roosevelt e Stalin) si trovano per discutere
del futuro dell’Europa. Uniti dalla comune causa anti-nazista, diverse sono le idee relativi agli equilibri
europei post-bellici. E’ un parlare di pace (mentre ancora infuria la guerra) che rivela quanto difficile sia
trovare un accordo. E alla fine si opta per il principio del “fatto compiuto”: dove sono arrivati gli eserciti
vincitori, quella è zona d’influenza del rispettivo Paese. In tale ottica, si rivelavano fondate le
preoccupazioni di Churchill rispetto alla difficoltà di controllare l’espansione Sovietica nell’Europa
dell’Est, area interamente liberata/occupata dall’Armata Rossa.
Marzo 1945 – Gli Alleati oltrepassano il Reno e dilagano fino alla Germania centrale.
Aprile 1945 – In Italia comincia lo sfondamento della linea “Gotica” che, con la contemporanea
insurrezione partigiana delle città del Nord, porterà alla Liberazione (25 aprile 1945) e alla cattura e
fucilazione di Mussolini da parte dei Partigiani (a Milano, piazzale Loreto, 28 aprile 1945).
Il 4 maggio 1945 i Tedeschi presenti in Italia si arrendono.
Artefice di tale liberazione è senz’altro la Resistenza che, sporadicamente presente al Sud, si era invece
andata organizzando nel 1944 al Nord.
Dapprima vi erano stati i GAP (Gruppi di Azione Patriottica), cioè nuclei partigiani ridotti e
specializzati in agguati e attentati. Attentati come quello di via Rasella a Roma nel marzo 1944 dove
persero la vita 32 militari tedeschi e per rappresaglia i nazisti fucilarono 335 Italiani nelle cave presso la
via Ardeatina, da allora note come “Fosse Ardeatine”.
In seguito le brigate erano andate differenziandosi: quelle che reclamavano un’Italia rinnovata in senso
più democratico (le “Garibaldi” comuniste, le “Matteotti” socialiste, le “Giustizia e Libertà” del Partito
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d’Azione, di ispirazione liberal-socialista) e quelle che invece miravano essenzialmente alla liberazione
dell’Italia dai Tedeschi (gli ex militari fedeli al re, i gruppi liberali, quelli organizzati dalla DC). Tutte
queste bande erano state coordinate dal CNLAI (Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia),
riconosciuto nel dicembre 1944 dagli Alleati come legittimo rappresentante al Nord del governo
insediato a Roma liberata. Nell’aprile del 1945 i partigiani – inquadrati nel CVL (Corpo Volontari della
Libertà) erano circa 200.000.
Aprile 1945 – L’Armata Rossa sferra l’offensiva sulla Polonia, puntano direttamente su Berlino. Il 30
aprile, nella capitale invasa ormai dai sovietici, Hitler si suicida nel bunker sottostante la Cancelleria,
dopo aver sposato Eva Braun. Il corpo del Führer non verrà mai ritrovato, alimentando negli anni a
seguire voci leggendarie su improbabili fughe in vista di un futuro ritorno.
7 maggio 1945 – La Germania firma la resa incondizionata su tutti i fronti. E’ la fine della guerra in
Europa.
26 giugno 1945 – Viene costituita l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con un Consiglio di Sicurezza
con i 5 Paesi permanenti (USA, GB, FR, URSS, Cina) con i diritto di intervento in caso di conflitto tra i
Paesi aderenti (51 in tutto).
Agosto 1945 – Il conflitto intanto è proseguito nel Pacifico, dove al Giappone si oppongono gli Usa.
Conquistate tutte le aree occupate dai Giapponesi prima del conflitto, gli Usa stringono il cerchio
intorno al territorio del Giappone stesso. Dopo aver bombardato Tokyo (marzo 1945), la capitale, e
Okinawa (aprile 1945), ultimo baluardo difensivo del Giappone verso la Russia, vengono sganciate due
bombe atomiche su Hiroshima (6 agosto 1945, con oltre 90.000 vittime immediate) e Nagasaki (9
agosto 1945, 60.000 vittime). Decisivo per tale scelta il parere del neo Presidente Truman (succeduto a
Roosevelt, scomparso nell’aprile 1945), impressionato dalle perdite statunitensi prospettatigli nel caso
di un proseguimento del conflitto diretto Usa-Giappone. La motivazione ufficiale di Truman per la
scelta delle bombe atomiche sarà proprio la volontà di porre una fine immediata al conflitto per evitare
conseguenze e perdite peggiori. Di fatto tale scelta crea le basi per il dominio incontrastato degli Usa nel
Pacifico.
2 settembre 1945 – Il Giappone firma la resa. È la fine della seconda Guerra Mondiale.
Novembre 1945 – ottobre 1946 – Si tiene il processo di Norimberga contro i gerarchi nazisti (tra cui
von Ribbentrop, Bormann, Göring, Hess) accusati di “nuovi” reati: crimini contro la pace, crimini
contro l’umanità. Per la prima volta è un tribunale internazionale che li giudica, sottraendoli alla
giurisdizione del loro Paese. La sentenza è emessa a nome dell’umanità. Alla fine di saranno 12
condanne capitali, 7 condanne a pene detentive e 3 assoluzioni.
Febbraio 1947 – Vengono finalmente firmati i trattati di pace di Parigi in cui, tra gli altri Pesi della
coalizione tedesca, vengono definite le condizioni per l’Italia e per la stessa Germania.
L’Italia deve rinunciare a Briga e Tenda in favore della Francia e cedere la Venezia Giulia alla
Jugoslavia. Il territorio di Trieste viene divisa in due zone (già nel 1945): la zona A (Trieste, parte del
Carso, Gorizia) sotto il controllo politico-amministrativo degli Alleati, la zona B (parte orientale della
provincia di Gorizia, l’Istria – tranne Pola – e Fiume) controllata dagli Jugoslavi. Tale divisione di fatto
permane anche quando viene formalmente riconosciuto il Territorio Libero di Trieste (TLT – 1947).
Solo gli accordi diretti tra Italia e Jugoslavia del 1954 sanciranno il ritorno di Trieste all’Italia (benché
per la regolazione definitiva della questione si dovrà attendere un successivo trattato del 1975).
La Germania – non trovando un accordo le potenze vincitrici e prevalendo il principio del “fatto
compiuto” cioè dell’occupazione militare al termine della guerra - viene divisa in due aree: una
occidentale controllata dagli Alleati (e a sua volta divisa in tre zone assegnate a USA, GB, FR) e una
orientale controllata dall’URSS. Berlino fu a sua volta divisa in due sezioni (ovest ed est) pur essendo
compresa interamente nella parte sovietica della Germania.