CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO
RELAZIONE TEMATICA
IMPORTANZA
SU
QUESTIONI
DI
PARTICOLARE
092025 – GIURISDIZIONE CIVILE – GIURISDIZIONE ORDINARIA E
AMMINISTRATIVA – DETERMINAZIONE E CRITERI – Dopo la sentenza n. 204 del
2004 della Corte costituzionale.
092019 GIURISDIZIONE CIVILE – GIURISDIZIONE ORDINARIA E
AMMINISTRATIVA – IN GENERE – Sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 –
Giurisdizione esclusiva di cui agli artt. 33 e 34 d.lgs. n. 8 del 1998 – Parziale incostituzionalità
– Individuazione dei limiti residui di sussistenza – In generale e con riferimento alle
fattispecie specifiche anche al di là delle materie di cui a dette norme – Significato del
riferimento ad atti e provvedimenti – Significato dell’espunzione dei comportamenti – Anche
in riferimento alle procedure espropriative.
092019 GIURISDIZIONE CIVILE – GIURISDIZIONE ORDINARIA E
AMMINISTRATIVA – IN GENERE – Sentenze della Corte Costituzionale n. 292 del 2000 e
n. 281 del 2004 – Giurisdizione esclusiva di cui agli artt. 33 e 34 d.lgs. n. 8 del 1998 – Parziale
incostituzionalità – Individuazione dei limiti residui di sussistenza – In generale e con
riferimento alle fattispecie specifiche.
092019 - GIURISDIZIONE CIVILE – GIURISDIZIONE ORDINARIA E
AMMINISTRATIVA – IN GENERE – Sentenze della Corte Costituzionale nn. 204 e 281 del
2004, n. 292 del 2000 – Pretese risarcitorie nei confronti della P.A. – Giurisdizione avanti alla
quale possono essere dedotte – Individuazione.
092057 - GIURISDIZIONE CIVILE – GIURISDIZIONE ORDINARIA E
AMMINISTRATIVA – POTERI E OBBLIGHI DEL GIUDICE ORDINARIO – Regime
scaturito dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale – Nelle azioni risarcitorie Pregiudiziale amministrativa – Configurabilità – Relativa questione.
148002 - RESPONSABILITA' CIVILE - AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - IN GENERE
– Azioni risarcitorie ex art. 2043 cod. civ. – Regime scaturito dalla sentenza n. 204 del 2004 –
Giurisdizione avanti alla quale sono esperibili – Criteri di individuazione – Nelle ipotesi di
giurisdizione amministrativa di legittimità – E nelle ipotesi di residua giurisdizione esclusiva.
148002 - RESPONSABILITA' CIVILE - AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - IN GENERE
– Azioni risarcitorie ex art. 2043 cod. civ. – Regime scaturito dalle sentenze n. 292 del 2000 e
281 del 2004 – Giurisdizione avanti alla quale sono esperibili – Criteri di individuazione.
024001 – ATTI AMMINISTRATIVI – IN GENERE – Disciplina del procedimento
amministrativo – Ex lege n. 241 del 1990 – Modifiche di cui alla l. n. 15 del 2005 – Ed al d.l. n.
35 del 2005, conv. con modifiche nella l. n. 80 del 2005 – Ricadute in relazione alle statuizioni
della sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale.
1
SOMMARIO:
§1. L’ordinanza delle SS.UU. n. 21412 del 2004 e le questioni da essa prospettate.§2. L’ordinanza delle SS.UU. n. 22893 del 2004 e le questioni da essa prospettate.§3. Breve ricognizione delle questioni il cui esame sembrerebbe necessario per rispondere ai
quesiti posti dalle ordinanze delle SS.UU. e posizione del quadro dell’indagine.§4. Il quadro normativo determinato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 281 del 2004 e
n. 292 del 2000. –
§5. Segue: il quadro emergente per effetto della l. n. 205 del 2000, anteriormente alla sentenza
della Corte costituzionale n. 204 del 2004.§6. Il quadro derivante dalla sentenza n. 204 del 2004. –
§7. I passaggi motivazionali della sentenza n. 204.§8. La ricostruzione dei limiti costituzionali della giurisdizione esclusiva in base alle
affermazioni generali della sent. n. 204. –
§9. Su come non sia vero che la giurisdizione esclusiva ridisegnata dalla sentenza n. 204
sarebbe …. una giurisdizione di legittimità!§9.1. Segue: sulla (limitatissima) residua utilizzabilità del criterio della carenza di potere
nell’ambito della nuova giurisdizione esclusiva ridimensionata.§9.2. Segue: sui limiti di utilizzabilità del criterio attività vincolata-attività discrezionale.
Inutilizzabilità del criterio della causa petendi.
§10. Il significato del riferimento della giurisdizione ad “atti e provvedimenti”. Cenni (e
problemi) sulla recentissima nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva sulla d.i.a. (dichiarazione
di inizio di attività).”§11. Gli effetti della sentenza n. 204 desumibili dalla riscrittura dell’art. 33 d.lgs. n. 80 del 1998 e
le relative implicazioni. –
§11.1. Il riferimento all’agire con strumenti di diritto privato in sostituzione del provvedimento
e la recente novità sul punto introdotta dalla legge n. 15 del 2005.§11.2. Le ipotesi risultanti dalla riscrittura dell’art. 33.§12. L’eliminazione del riferimento ai comportamenti nell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 e le
sue implicazioni.
§13. La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004 relativamente
all’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 (anche in relazione agli effetti della sentenza n. 292 del 2000).
§14.La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004 (e alla sentenza n.
281 del 2004) relativamente all’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.§15. Sull’art. 11 della l. n. 241 del 1990 e sull’art. 6 della l. n. 205 del 2000.
§16. La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004 (e alla sentenza n.
281 del 2004) relativamente all’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, cioè sul tema del risarcimento
del danno.§17. Il risarcimento del danno secondo la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale.
§18. Alcune riflessioni sulla norma dell’art. 35 nelle sue varie versioni.
§19. Il risarcimento del danno al giudice amministrativo nella Relazione di sintesi della
Commissione di studio mista fra Corte di Cassazione e Consiglio di Stato.§20. Il risarcimento del danno dopo la sentenza n. 204 del 2004: ipotesi che si ritiene più
plausibile §21. Sulle ragioni che dovrebbero indurre a respingere la teorica della c.d. pregiudiziale
amministrativa.§22. Conclusioni a proposito del regime di cui alle sentt. n. 292 del 2000 e 281 del 2004 della
Corte costituzionale: le pretese risarcitorie sia in ambito di giurisdizione esclusiva sia in
ambito di giurisdizione di legittimità sembrerebbero soltanto a certe condizioni e (ricorrendo
le stesse) elettivamente deducibili avanti al G.A.§23. Segue: le conclusioni in relazione al regime successivo alla sentenza n. 204 del 2004.2
§1. L’ordinanza delle SS.UU. n. 21412 del 2004 e le questioni da essa prospettate.
1.1. Le Sezioni Unite della Corte, con ordinanza 11 novembre 2004 n. 21412 (Corona
P.P., Luccioli Rel.), pronunciata nel procedimento rubricato al n. 14276 R.G.N. del 2000,
avente ad oggetto il regolamento preventivo di giurisdizione proposto da Vincenzo
Rosignuolo nei confronti del Comune di Verbicaro nel corso di un giudizio pendente
avanti al Tribunale di Paola, Sezione Distaccata di Scalea, hanno rilevato che il suddetto
regolamento pone questioni di particolare importanza in ordine alle conseguenze della
sentenza della Corte Costituzionale n. 281 del 20001, che ha dichiarato (per violazione
dei limiti della delega, di cui all’art. 11, comma 4, lett. g) della l. 15 marzo 1997, n. 59)
l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80 del
1998, nella parte in cui aveva istituito una giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di edilizia ed urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tali
materie la giurisdizione del giudice amministrativo, siccome esistente, alle controversie
aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno.
Le SS.UU. hanno precisato che dette questioni pervengono alla lettura dell’art. 35 del
citato d.lgs. <<resa necessaria, secondo quanto precisato dalla stessa Corte
Costituzionale, dalla intervenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 34>> e alle
<<implicazioni che tale interpretazione comporta in termini di giurisdizione con
riguardo a pretese risarcitorie per illegittimo esercizio delle funzione pubblica successive
e conseguenti a pronunce di annullamento di atti amministrativi ad opera del giudice
amministrativo>>.
In ragione della novità e complessità delle dette questioni questo Ufficio è stato richiesto
di predisporre una relazione al riguardo.
1.2. Il procedimento nel quale è stata emessa la suddetta ordinanza iniziò con citazione
notificata il 23 settembre 1999 dal Rosignuolo svolgendo domanda di condanna del
convenuto Comune di Verbicaro al risarcimento dei danni, patrimoniali e non,
conseguenti sia all’illecito diniego di una licenza edilizia inutilmente richiesta fin dal 2
aprile 1974, per l’utilizzazione di un suolo di sua proprietà sito nel territorio comunale,
sia all’illecita occupazione dello stesso suolo da parte del Comune. A sostegno della
domanda l’attore dedusse che il Consiglio di Stato, con una prima decisione pronunciata
(nel 1996) in accoglimento dell’appello avverso la contraria decisione del T.A.R.
Calabria, aveva annullato il diniego della concessione edilizia oppostogli dal Comune, e
con altra decisione (sempre nel 1996) aveva rigettato l’impugnazione della sentenza con
cui quello stesso T.A.R. aveva annullato il provvedimento dispositivo dell’occupazione
d’urgenza del suolo.
Sull’eccezione di difetto di giurisdizione dell’A.G.O. a beneficio di quella del G.A.,
sollevata dal Comune nel costituirsi in giudizio, il Rosignuolo ha proposto il
regolamento di giurisdizione chiedendo la declaratoria della giurisdizione dell’A.G.O.:
a) in relazione alla pretesa risarcitoria per il diniego della concessione, per i seguenti
motivi: ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lg.s. n. 80 del 1998 la giurisdizione del giudice
1Corte
cost. sent. 28 luglio 2004, n. 281, in Foro it., 2004, I, 2593, con le note indicate alla nota 2; in Cons. Stato, II, 2004,
1374.
3
amministrativo sul risarcimento del danno sussisterebbe soltanto quando il giudice
amministrativo annulla un atto o dichiara illegittimo un comportamento della P.A., onde
a quel giudice non poteva proporsi la domanda prescindendo dall’impugnativa di un atto
o di un provvedimento amministrativo; poiché nella specie era stata proposta domanda
di risarcimento riguardo alla quale gli atti o i provvedimento della P.A. avevano trovato
sanzione nelle citate sentenze del Consiglio di Stato, passate in cosa giudicata, il petitum
non concerneva quegli atti e provvedimenti; d’altro canto la pretesa risarcitoria fatta
valere si fondava su una fattispecie più complessa di quella della illegittimità di quegli atti
e provvedimenti, rappresentata dal reato di abuso continuato di atti d’ufficio;
b) in relazione al capo di domanda risarcitorio per l’illegittima occupazione del suolo
(che sarebbe avvenuta senza titolo, in quanto il decreto di occupazione non era stato
emesso nei confronti del Rosignuolo e non contemplava il suolo di cui trattasi)
sull’assunto che le controversie sul risarcimento del danno per occupazione senza titolo
seguirebbero la sorte di quelle sull’indennità ed apparterrebbero alla giurisdizione
dell’A.G.O.
1.3. In relazione a quanto sopra evidenziato si osserva che l’ordinanza delle SS.UU. pone
espressamente, con riferimento al regime dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come
emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 281 del 2004 ed a quello dell’art.
35 stesso d.lgs. vigente nel testo anteriore alla sostituzione operata all’art. 7 della l. n. 205
del 2000 al momento della proposizione della domanda, il problema della individuazione
della giurisdizione sulle pretese risarcitorie contro la P.A. che vengano fatte valere dopo
che il privato abbia ottenuto dal giudice amministrativo una pronuncia di annullamento
degli atti e provvedimenti amministrativi la cui illegittima adozione si assume costituire
elemento costitutivo della pretesa risarcitoria.
Trattandosi nella vicenda oggetto di giudizio di due pretese risarcitorie ricollegate
all’annullamento di due diversi atti amministrativi, l’uno consistente nel diniego
illegittimo di una licenza edilizia e l’altro in un illegittimo provvedimento dispositivo di
una occupazione d’urgenza, appare evidente che nella vicenda su cui le SS.UU. sono
chiamate a giudicare le prospettate questioni vengono in rilievo sia in riferimento ad un
illecito da lesione di un c.d. interesse pretensivo, sia con riguardo ad un illecito da
lesione di interesse c.d. oppositivo.
§2. L’ordinanza delle SS.UU. n. 22893 del 2004 e le questioni da essa prospettate.
Le Sezioni Unite, con altra ordinanza, la n. 22893 del 25 novembre 2004 (Carbone, P.P.;
Bonomo, Rel.), pronunciata nel procedimento rubricato al n. 7271 R.G. del 2003 - avente
ad oggetto il regolamento preventivo di giurisdizione proposto da Rossi Luigi nei
confronti del Comune di Spezzano della Sila, in relazione ad un giudizio pendente avanti
al Tribunale Regionale Amministrativo della Calabria, ed avente ad oggetto il
risarcimento dei danni conseguenti alla demolizione di un immobile per effetto della
costruzione di un’opera pubblica, dopo che il giudice amministrativo, con sentenza dello
stesso T.A.R. del 1998, confermata dal Consiglio di Stato nel 2000, aveva ritenuto
illegittima la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera ed annullato i conseguenti
provvedimenti di occupazione e di espropriazione - hanno rilevato l’applicabilità al
giudizio, ratione temporis, dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7,
comma 1, lett. b) della l. n. 205 del 2000, giacché il giudizio di merito oggetto del
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regolamento è iniziato nel 2003 ed hanno, quindi, registrato l’intervento della sentenza
della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, dichiarativa della illegittimità di detta norma,
nella parte in cui prevedeva la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia urbanistica ed edilizia anche delle controversie sui
comportamenti della P.A. e dei soggetti alla stessa equiparati, anziché soltanto dlle
controversie su atti e provvedimenti.
Dopo di che, sul rilievo che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, le
controversie in materia di c.d. occupazione usurpativa appartengono alla giurisdizione
dell’A.G.O. non essendo la relativa fattispecie in alcun modo riconducibile all’esercizio
di un potere amministrativo in materia urbanistica [viene citata Cass. sez. un., ord. n.
9139 del 2003], le SS.UU. hanno osservato che l’art. 7, comma 3, primo periodo, della l.
n. 1034 del 1971 (come sostituito dall’art. 35, comma 4, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
nel testo a sua volta sostituito dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000) stabilisce - con
disposizione non limitata alla giurisdizione esclusiva - che il Tribunale Amministrativo
Regionale, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce pure di tutte le questioni relative
all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma
specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali.
Le SS.UU., quindi, danno atto che nel giudizio oggetto di regolamento un’eventuale
pronuncia del giudice amministrativo sul risarcimento del danno non sarebbe
contestuale all’esercizio della sua giurisdizione di legittimità, giacché essa ha già avuto
corso (nella specie anche in epoca anteriore alla nuova normativa, allorquando il giudice
amministrativo non poteva conoscere del risarcimento del danno).
Rilevano, quindi, che l’interpretazione dell’art. 35, come modificato dall’art. 7 della l. n.
205 del 2000, pone questioni di particolare importanza con riferimento a controversie
risarcitorie collegate a precedenti pronunce di annullamento del giudice amministrativo
e, dato atto della richiesta formulata con l’ordinanza n. 21412 del 2004, hanno formulato
analoga richiesta di relazione circa le dette questioni.
§3. Breve ricognizione delle questioni il cui esame sembrerebbe necessario per
rispondere ai quesiti posti dalle ordinanze delle SS.UU. e posizione del quadro
dell’indagine.
3.1. Le questioni poste dalla prima ordinanza delle SS.UU. sono relative a diritto non più
vigente, ma applicabile soltanto ratione temporis e, quindi, ultrattivo, ai fini
dell’individuazione della giurisdizione per effetto dell’art. 5 del codice di procedura
civile, in relazione al momento di proposizione della domanda nel giudizio di merito
assoggettato a regolamento.
Più precisamente si tratta di diritto che, per effetto di Corte Costituzionale n. 281 del
2004 (in forza della nota retroattività delle pronunce di accoglimento della Corte
Costituzionale), risulta vigente nel periodo compreso fra il momento iniziale di efficacia
delle disposizioni dell’art. 34 e dell’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, rispettivamente nel
testo emendato proprio dalla sentenza n. 281 ed in quello originario e precisamente a far
tempo dal 1° luglio 1998 (in forza della norma dell’art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del
1998) e la data di entrata in vigore del testo degli stessi artt. 34 e 35 come novellati
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dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000 (cioè fino al 9 agosto 2000, essendo tale legge entrata
in vigore il 10) 2.
Viceversa, la questione prospettata dalla seconda ordinanza concerne ratione temporis il
diritto vigente, sempre relativamente agli artt. 34 e 35, con riguardo al testo di queste
norme introdotto (a far tempo dal 10 agosto 2000) dalla l. n. 205 del 2000 e, quanto alla
prima norma, retroattivamente emendato a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della
Corte Costituzionale.
3.2. In relazione alle questioni prospettate dalle ordinanze delle SS.UU. sembra
opportuno che la presente relazione si articoli attraverso i seguenti punti:
a) breve ricognizione del quadro normativo vigente per effetto della sentenza n. 281 del
20043 e di quello vigente dopo la sentenza n. 204 del 2004;
b) effetti dell’una e dell’altra sentenza rispetto all’assetto della giurisdizione (quanto alla
seconda anche con riferimento all’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998)4;
c) significato della disposizione dell’art. 35, in entrambe le versioni succedutesi, la prima
nel periodo dal 1° luglio 1998 al 9 agosto 2000 e la seconda per il periodo successivo a
tale data e tuttora vigente: è da rilevare che l’art. 35 non è stato né nell’una né nell’atra
versione toccato da alcuna pronuncia di incostituzionalità;
d) esame della questione della c.d. pregiudizialità amministrativa, cioè della eventuale
indispensabilità del previo annullamento dell’atto o provvedimento amministrativo,
perché la sua illegittimità possa essere dedotta (avanti al giudice ordinario o anche avanti
a quello amministrativo) come elemento costitutivo di una fattispecie di risarcimento del
danno contro la P.A.
e) possibili ricostruzioni della sorte delle azioni risarcitorie contro la P.A. dopo la
sentenza n. 204 del 2004 ed in generale sul significato dell’attribuzione di cognizione di
azioni risarcitorie al G.A.
§4. Il quadro normativo determinato dalle sentenze della Corte costituzionale n.
281 del 2004 e n. 292 del 2000.
1. La sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004 è intervenuta sull’art. 34 del
d.lgs. n. 80 del 1998 nel testo originario, che era stato vigente dal 1° luglio 1998 fino alla
sostituzione di detta norma operata dall’art. 7, lett. a) della l. n. 205 del 2000.
La norma dell’art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del 1998, com’è noto, aveva stabilito quanto segue: <<le controversie di
cui agli articoli 33 e 34 del presente decreto [cioè il d.lgs. n. 80 del 1998] sono devolute al giudice amministrativo a partire
dal 1° luglio 1998. Resta ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla data del
30 giugno 1998>>. E’ altrettanto noto che le SS.UU. hanno escluso che questa norma sull’efficacia delle due disposizioni
sia applicabile all’entrata in vigore dei testi delle stesse sostituiti dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000, i quali, dunque, entrarono
in vigore a far tempo dal momento dell’entrata in vigore di tale legge, cioè il 10 agosto 2000, con effetto abrogativo (salvo
l’operare dell’art. 5 c.p.c. dei testi sostituiti): si vedano in termini Cass. sez. un. 6 aprile 2001, n. 149 (RV 545643); 8 agosto
2001, n. 10957 (RV 548892); 28 novembre 2001, n. 15139 (RV 550711). Ciò, nel presupposto che l’art. 7 in tal modo
avrebbe avuto efficacia retroattiva.
3 Nonché anche di quello scaturito dopo la sentenza n. 292 del 2000, concernente l’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, posto
che la sent. n. 281 del 2004 è dipendente dalla n. 292.
4
Ancorché la materia riguardo alla quale le due prefate ordinanze delle SS.UU. si riferiscono attenga all’art. 34 del d.lgs. n. 80
del 1998, poiché le motivazioni della sentenza sono unitariamente riferite sia ad esso che all’art. 33, è giocoforza che il
chiarimento si estenda anche alla disciplina di quest’ultima norma, in quanto i problemi del risarcimento del danno debbono
risolversi unitariamente proprio perché lo impone l’uniformità dell’argomentare della sentenza.
2
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L’intervento della Consulta è stato dello stesso tenore di quello effettuato sull’art. 33 del
d.lgs. n. 80 del 1998 dalla sentenza n. 292 del 2000 (i cui effetti, peraltro, com’è noto
erano durati lo spazio di pochi giorni, cioè dal 19 luglio 2000, data di pubblicazione della
sentenza in G.U., fino al 9 agosto 2000, in ragione dell’immediato intervento del
legislatore con la l. n. 205 del 2000, entrata in vigore il 10 luglio).
E’ opportuno ricordare i testi originari delle due norme.
A) Il testo originario dell’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 così disponeva:
<<1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici
servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio
farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2 . Tali controversie sono, in particolare, quelle:
a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende
speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;
b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;
c) tra le amministrazioni pubbliche e i soci di società miste e quelle riguardanti la scelta dei soci;
d) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi;
e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti
comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;
f) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici
servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei
rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla
persona e delle controversie in materia di invalidità.
3 . All'articolo 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono soppresse le parole: "o di servizi">>.
Per effetto della sentenza n. 292 del 2000 questo testo dell’art. 33, relativamente al
comma 1, venne dichiarato incostituzionale per violazione dei limiti della delega, di cui
all’art. 11, comma 4, della l. n. 59 del 1997, nella parte in cui aveva istituito <<una
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, anziché
limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle
controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle
relative al risarcimento del danno>>. Il secondo ed il terzo comma della norma, invece,
vennero integralmente caducati.
Per effetto della declaratoria di incostituzionalità l’art. 33 risulta sostanzialmente
riscritto nel senso che <<in materia di pubblici servizi la giurisdizione, esclusiva di legittimità, del giudice
amministrativo si estende alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi compreso il
risarcimento del danno>>.
Questo testo è da considerare vigente, in forza dei noti effetti retroattivi delle sentenze
dichiarative della incostituzionalità di una norma, dal 1° luglio 1998 al 9 agosto 2000.
B) A sua volta il testo originario dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 così disponeva:
<<1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia.
2 . Agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio.
3 . Nulla è innovato in ordine:
a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque;
b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle
indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa>>.
Per effetto della sentenza n. 281 del 2004 l’art. 34, commi 1 e 2, è stato dichiarato
analogamente incostituzionale per eccesso di delega nella parte in cui aveva istituito
<<una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e
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urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice
amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi
comprese quelle relative al risarcimento del danno>>.
Di modo che, ferma la conservazione dell’originario terzo comma, l’art. 34, come
(sostanzialmente) riscritto dalla pronuncia della Corte risulta affermare che “nelle materie
dell’edilizia e dell’urbanistica la giurisdizione del giudice amministrativo, sia essa di legittimità o
esclusiva, si estende alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese
quelle relative al risarcimento del danno”. A seguito di questa manipolazione operata dalla
Consulta, essendo stato coinvolto anche il comma 2, cade la proclamazione che in esso
si faceva strumentalmente all’individuazione dell’ambito dell’istituita ed ora caducata
giurisdzione esclusiva.
Anche il testo così riscritto dell’art. 34 è da considerare vigente dal 1° luglio 1998 al 10
agosto 20005.
2. Va rilevato che, per il periodo di vigenza del testo degli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del
1998, nelle versioni manipolate dalle due pronunce della Corte Costituzionale6, la
disciplina che in funzione ancellare del testo originario delle due norme aveva dettato il
legislatore quanto al risarcimento del danno si deve (o, per il momento è meglio dire, si
dovrebbe: ci si riserva di tornare sul punto nella sede opportuna) individuare in quella
emergente dal testo dell’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 nella sua versione originaria
(anteriore alla sostituzione della norma operata dall’art. 7, lett. c) della l. n. 205 del 2000),
che era la seguente:
<<1 . Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34,
dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
2 . Nei casi previsti dal comma 1, il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l'amministrazione
pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un
congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, col ricorso previsto dall'articolo 27, primo comma, n. 4, del testo
unico approvato col regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, può essere chiesta la determinazione della somma dovuta.
3 . Il giudice amministrativo, nelle controversie di cui al comma 1, può disporre l'assunzione dei mezzi di prova previsti
dal codice di procedura civile, nonché della consulenza tecnica d'ufficio, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento.
L'assunzione dei mezzi di prova e l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio sono disciplinati, ove occorra, nel
regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, tenendo conto della specificità del processo amministrativo in
relazione alle esigenze di celerità e concentrazione del giudizio.
4 . L'articolo 7, terzo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, è sostituito dal seguente:
"Il tribunale amministrativo regionale, nelle materie deferite alla sua giurisdizione esclusiva, conosce anche di tutte le
questioni relative a diritti. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo
stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente
di falso.
5. Sono abrogati l’articolo 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, e ogni altra disposizione che prevede la devoluzione
al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi nella
materie di cui al comma 1">>.
Sugli effetti intertemporali della sent. n. 281 del 2004 si veda nel senso del testo Cass. sez. un. 29 dicembre 2004, n. 24071,
con nota di S. MAZZA, in www.giurisprudenza.it, L’art. 34 d.l.vo 31 marzo 1998 n. 80 tra giurisprudenza
costituzionale e problemi di applicazione temporale.
5
Naturalmente per i fatti esauriti ormai non attingibili dalle due sentenze i testi normativi di riferimento restanto quelli
originari delle due norme: sulla problematica creata dalle sentenze della Corte costituzionale, di veda per tutti e da ultimo, B.
CAPPONI, La legge processuale civile. Fonti interne e comunitarie (applicazione e vicende), sec. ed., Torino, 2004.
6
8
§5. Segue: il quadro emergente per effetto della l. n. 205 del 2000, anteriormente
alla sentenza n. 204 del 2004.
A seguito dell’intervento della l. n. 205 del 2000 vennero, com’è s’è già ricordato,
sostituiti i testi delle norme degli artt. 33, 34 e 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, che così
persero (a far data da quando entrarono in vigore, cioè dal 10 agosto 2000) il rango di
legge in senso materiale ed acquistarono quello di legge in senso formale.
Si ricordano anche questi testi.
A) Il testo dell’art. 33 come modificato dall’art. 7, lett. a) della l. n. 205 del 2000, così disponeva:
<<1 . Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici
servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio
farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2 . Tali controversie sono, in particolare, quelle:
a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende
speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;
b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;
c) tra le amministrazioni pubbliche e i soci di società miste e quelle riguardanti la scelta dei soci;
d) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi;
e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti
comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;
f) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici
servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei
rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla
persona e delle controversie in materia di invalidità.
3 . All'articolo 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono soppresse le parole: "o di servizi">>.
B) Il testo dell’art. 34 come modificato dall’art. 7, lett. b) della l. n. 205 del 2000, era il seguente:
<<1 . Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica
ed edilizia.
2 . Agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio.
3 . Nulla è innovato in ordine:
a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque;
b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle
indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa>>.
C) Il testo dell’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 come sostituito dall’art. 7, lett. c) della l. n. 205
del 2000 era (ed è tuttora) il seguente:
<<1. Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l'amministrazione
pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un
congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, con il ricorso previsto dall'articolo 27, primo comma, numero 4),
del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924 n, 1054, può essere chiesta la determinazione della somma
dovuta.
3. Il giudice amministrativo, nelle controversie di cui al comma 1, può disporre l'assunzione dei mezzi di prova previsti
dal codice di procedura civile, nonché della consulenza tecnica d'ufficio, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento.
L'assunzione dei mezzi di prova e l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio sono disciplinati, ove occorra, nel
regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, tenendo conto della specificità del processo amministrativo in
relazione alle esigenze di celerità e concentrazione del giudizio.
4. Il primo periodo del terzo comma dell'articolo 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, è sostituito dal seguente: "Il
tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative
9
all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali
consequenziali.
5. Sono abrogati l’articolo 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, e ogni altra disposizione che prevede la devoluzione
al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi>>.
§6. Il quadro normativo emergente dalla sentenza n. 204 del 2004.
Come si è avvertito già sopra ai fini dell’indagine affrontata da questa relazione sembra
indispensabile chiarire gli effetti che debbono attribuirsi alla sentenza n. 204 del 2004
della Corte Costituzionale sull’assetto dei rapporti fra la giurisdizione ordinaria e quella
del giudice amministrativo.
Intanto, va subito registrato che è notazione comune a tutti i numerosi commentatori7
che la sentenza abbia segnato un brusco ritorno al passato, ma, se si va a vedere in che
cosa consista tale ritorno al passato, le opinioni non sono sempre coincidenti. Ciò, lo si
rileva fin d’ora, in ragione di quella che sembra ormai una costante del dibattito sulla
I commenti sono numerosissimi. Si vedano: S. BENINI, La “medesima natura” delle controversie attribuite alla giurisdizione
esclusiva (osservazioni a Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204), in Foro it., 2004, I, 2593; A. TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli
art. 33 e 34 d.leg. 31 marzo 1998, n. 80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204; F. FRACCHIA, La parabola
del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione <<esclusiva>> alla giurisdizione del giudice amministrativo; V. CARBONE, Il
“waltzer della giurisdizione” rigira e ritorna a fine ottocento (I), C. CONSOLO, idem (II), A. DI MAIO, idem (III), in Corriere giuridico,
2004, 1125; M. CLARICH, La <<tribunalizzazione>> del giudice amministrativo evitata, in Giorn. dir. amm., 2004, 969; A.
POLICE, La giurisdizione del giudice amministrativo è piena, ma non è più esclusiva, ivi, 974; B.G. MATTARELLA, Il lessico
amministrativo della Consulta e il rilievo costituzionale dell’attività amministrativa, ivi, 979; A. PAJNO, Giurisdizione esclusiva e
<<arbitrato>> costituzionale, ivi, 983; F. TEDESCHINI, I “comportamenti” dell’amministrazione alla ricerca del giudice perduto, in
www.giurisprudenza.it; V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva e azione risarcitoria nella sentenza della Corte costituzionale n. 204
del 6 luglio 2004 (osservazioni a primissima lettura), in Dir. proc. amm., 2004, 820 e ss.; F. CINTIOLI, La giurisdizione piena del giudice
amministrativo dopo la sentenza n. 204 della Corte costituzionale, in www.giustamm.it; R. GAROFOLI, La nuova giurisdizione in tema di
servizi pubblici dopo la Corte costituzionale 6 luglio 2004, in www.LexItalia.it; F. LORENZONI, Commento a prima lettura della
sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, in www.federalismi.it; S. GIACCHETTI, Giurisdizione esclusiva, Corte costituzionale e
nodi di Gordio, in www.giurisprudenza.it e in Cons. Stato, 2004; R. VILLATA, Leggendo la sentenza n. 204 della Corte costituzionale, in
Dir. proc. amm., 2004, 832 e ss.; B. SASSANI, Costituzione ne giurisdizione esclusiva: impressioni a caldo su una sentenza storica, in
www.GiustAmm.it; F. SAITTA, Tanto tuonò che piovve: riflessione (d’agosto) sulla giurisdizione esclusiva ridimensionata dalla sentenza
costituzionale n. 204 del 2004, in www.LexItalia.it; M.A SANDULLI, Un passo avanti ed uno indietro: il giudice amministrativo è giudice
pieno ma non può giudicare dei diritti (a prima lettura a margine di Corte Cost. n. 204 del 2004), in Riv. giur. edilizia, 2004, 1230 e ss.;
G.P. ROSSI, Il vecchio interesse legittimo ringrazia la Corte costituzionale, in Servizi pubblici e appalti, 2004, n. 3; G. VIRGA, Il giudice
della funzione pubblica (sui nuovi confini della giurisdizione esclusiva tracciati dalla Corte costituzionale, in www.LexItalia.it; ID., La giustizia
nella (e non della) amministrazione (sui nuovi confini tracciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004), ivi; F. A. SCOCA,
Sopravviverà la giurisdizione esclusiva?, in Giur. cost., 2004, 2200; S. LARICCIA, Limiti costituzionali alla <<discrezionalità>> del
legislatore ordinario nella disciplina della giustizia amministrativa, ivi, 2220; P. SANDULLI, L’analisi <<critica>> della Corte
costituzionale sulla giurisdizione esclusiva per materia, in Giust. civ., 2004, I, 2217; C. DELLE DONNE, Passato e futuro della
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella sentenza della Consulta n. 204 del 2004: il ritorno al nodo gordiano diritti-interessi, ivi
2237; L. TORCHIA, Biblioteche al macero e biblioteche risorte: il diritto amministrativo nella sentenza n. 204/2004 della Corte
costituzionale, in corso di pubblicazione su un supplemento della rivista Foro amministrativo.Tar (Intervento all’Incontro di
studio organizzato da M.A. Sandulli su “Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della
giurisdizione esclusiva”, Roma, 20 ottobre 2004, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre; G. STANCANELLI,
La giurisdizione esclusiva nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 (Riflessioni “a caldo”), in www.Giust.Amm.it.; L.
MARZANO, La Corte costituzionale restituisce i comportamenti di cui all’art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998 al giudice ordinario: in tema di
occupazione appropriativi una pronuncia inutiliter data?, in Foro amm., 2004, fasc. 9; R. CAPOBIANCO, I limiti della giurisdizione
esclusiva prevista nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 6 luglio 20004, in www.giustamm.it; G. DELL’AIRA, La Corte
costituzionale, Carneade, il suo Giudice naturale e un onesto avvocato, in www.lexItalia.it.; O. FORLENZA, Con le restrizioni sui diritti
soggettivi addio al criterio dei “blocchi di materie”, in Guida al diritto, 2004, n. 29; P. CARPENTIERI, La sentenza della Consulta
204/2004 e la pregiudiziale amministrativa, in Urbanistica e appalti, 2004, 1121 e ss.; F. ELEFANTE, La pregiudizialità
amministrativa alla luce della sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale, in Foro amm. TAR, 2004, 1894 ess.; R. CHIEPPA,
Il riparto di giurisdizione dopo le sentenze n. 204 e n. 281 del 2004 della Corte costituzionale, in Dir. e form., 2004, 1629 e ss.; U. DI
BENEDETTO, Le materia della giurisdizione esclusiva dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, in www.giustiziaamministrativa.it. Adde: F. CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, sec. ed., Milano, 2005, 242 e ss. e passim; M.
SANINO, Il nuovo riparto di giurisdizione <<voluto>> dalla Corte Costituzionale, Roma, 2004; R. GIOVAGNOLI, Il contenzioso in
materia di servizi pubblici dopo la sentenza della Corte costituzionale, 6 luglio 2004, n. 204, Milano, 2004.
7
10
giustizia amministrativa in Italia: coloro che ne sono attori – raccolta la mina innescata
dalla legislazione sviluppatasi a seguito dell’art. 11 lett. g) della l. n. 59 del 1997 ed anzi
già prima, dopo l’art. 13 della l. n. 142 del 1992 (cui seguirono numerose istituzioni di
giurisdizioni esclusive, specie riguardo alle Autorità indipendenti) – in genere tendono ad
interpretare le norme e, quindi anche le sentenze della Consulta, ispirati da una (non
sempre) inconfessata (perché spesso accompagnata da veri e propri “manifesti” su come
le cose dovrebbero essere regolate) tendenza a ricostruire l’ordinamento “come si
vorrebbe che fosse”.
Prima di dare conto della notevole diversità di opinioni, è opportuno ripercorrere,
evidenziandoli, i passaggi della sentenza, la quale, come è stato da più parti notato,
rientra nel novero di quelle manipolative, tanto che taluno ha parlato di sentenza-legge8.
Secondo la tipica tecnica propria delle sentenze manipolative le due norme dichiarate
incostituzionali sono state sostanzialmente riscritte dal dispositivo della sentenza. Tale
riscrittura è certo più evidente per la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 33, che per
quella dell’art. 34.
Con riferimento a quest’ultima norma la manipolazione è, infatti, avvenuta con la
soppressione nel suo comma 1 del riferimento ai “comportamenti”.
Viceversa, con riguardo all’art. 33 alla caducazione del comma 2 si è accompagnata
l’eliminazione dell’inciso “tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli” e
l’interpolazione al posto di esso dell’inciso “le controversie in materia di pubblici servizi relative
a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero
relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in
un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative
all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché”.
A) Il nuovo testo dell’art. 33, comma 1, risulta, in conseguenza, così riscritto:
<<Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi
relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a
provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento
amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico
servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni,
al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14
novembre 1995, n. 481>>.
Il comma 2 scompare. Resta il comma 3.
B) Il nuovo testo dell’art. 34, a sua volta risulta così riscritto quanto al comma 1:
<<1 . Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti e i
provvedimenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica ed edilizia.
Restano immutati i commi 2 e 3.
§7. I passaggi motivazionali della sentenza n. 204.
Il risultato dello scrutinio di costituzionalità emergente dal dispositivo della sentenza n.
204 del 2004 va, naturalmente, apprezzato al lume della sua motivazione, com’è stato
Si veda, in particolare, per il punto di vista dei costituzionalisti, A. CELOTTO, Una sentenza-legge (in margine alla sentenza n.
204 del 2004 della Corte costituzionale),in www.giustamm.it.
8
11
con molta opportunità espressamente sottolineato9 e conforme a quanto ritiene la
giurisprudenza della Suprema Corte10.
Conviene, pertanto, ripercorrere brevemente i passaggi della motivazione che appaiono
idonei alla ricostruzione dell’effettiva portata della sentenza del giudice delle leggi.
Il primo punto che la sentenza sottolinea, condividendo quanto avevano affermato i
giudici rimettenti, è <<che la Carta costituzionale ha recepito - non senza conservare
traccia nell'art. 102, primo comma, dell'orientamento favorevole all'unicità della
giurisdizione - il nucleo dei principi in materia di giustizia amministrativa quali evolutisi a
partire dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo del 1865>>: a tale
affermazione segue la dimostrazione, con un ampia ricostruzione del dibattito svoltosi in
senso alla Costituente, e, quindi, la conclusione nel senso della conservazione della
giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
Di seguito, la Consulta rileva che invece dai lavori dell'Assemblea costituente <<non
emergono particolari elementi di chiarificazione relativamente alla previsione, nel testo
dell'art. 103 Cost., della giurisdizione esclusiva>>, pur ricordando che nell’intervento di
Ruini (nella seduta pomeridiana del 21 novembre 1947) fu evocata a sua giustificazione
<<la inscindibilità delle questioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, e […] la
prevalenza delle prime>>, come ragione che imponeva di <<aggiungere la competenza
del Consiglio di Stato per i diritti soggettivi, nelle materie particolari specificamente
indicate dalla legge>>.
Il passo successivo è l’affermazione per un verso della insostenibilità della
cristallizzazione della situazione esistente nel 1948 circa il riparto di giurisdizione tra
giudice ordinario e giudice amministrativo in punto di giurisdizione esclusiva e, per altro
verso e correlativamente della esistenza nella Costituzione dei <<confini entro i quali il
legislatore ordinario, esercitando il potere discrezionale suo proprio (più volte
riconosciutogli da questa Corte), deve contenere i suoi interventi volti a ridistribuire le
funzioni giurisdizionali tra i due ordini di giudici: a ciò non ostando la circostanza che,
per la prima volta in un testo normativo, è nella Costituzione che compare, e
ripetutamente, la locuzione "interessi legittimi">>.
Continua, poi, la Consulta, con alcune considerazioni sul riconoscimento in sede
costituente della piena dignità di giudice del Consiglio di Stato, sottolinea <<la
circostanza che l'art. 24 Cost. assicura agli interessi legittimi - la cui tutela l'art. 103
riserva al giudice amministrativo - le medesime garanzie assicurate ai diritti soggettivi
Da TRAVI, op. cit., 2599. Tutti i commentatori della sentenza, peraltro, procedono senz’altro al coordinamento fra il
dispositivo e la motivazione.
10 Si veda, da ultimo, (Cass. n. 23506 del 2004, RV 579373), secondo cui nelle sentenze dichiarative dell'illegittimità
costituzionale di una norma di legge, la statuizione precettiva avente valore di accertamento costitutivo/estintivo con
efficacia "erga omnes" è contenuta nel dispositivo della sentenza, da ritenersi, peraltro, posto in rapporto di correlazione
necessaria con la motivazione le volte in cui soltanto quest'ultima consenta di determinare con precisione, al fine di
individuare l'esatta portata e il preciso oggetto della pronuncia, quali disposizioni di legge debbano ritenersi caducate, con la
conseguenza che, qualora non sussistano dubbi o incertezze, quanto alle predette disposizioni, già dalla lettura del
dispositivo della sentenza, è vano invocare il contenuto della motivazione onde inferirne ulteriori o diverse interpretazioni.
E, meno recentemente, le SS.UU., secondo cui l'ambito dell'effetto modificativo, nell'ordinamento giuridico, delle pronunce
della corte costituzionale, dichiarative della illegittimità di una norma, va individuato non soltanto alla stregua del
dispositivo, ma anche, indipendentemente dal fatto che questo presenti un significato letterale univoco, utilizzando la
motivazione, tutte le volte in cui ciò si renda necessario per il riscontro dell'oggetto della decisione e delle disposizioni con
essa caducate, dato che motivazione e dispositivo costituiscono elementi di uno stesso atto, unitariamente inteso, reso
secondo il modello della sentenza. ciò comporta, in tema di (Cass. sez. un. 24 ottobre n. 5401, in Foro it., 1985, I, 47, con
nota di A. PIZZORUSSO, Dispositivo e motivazione delle sentenze della Corte costituzionale, RV 437104).
9
12
quanto alla possibilità di farli valere davanti al giudice ed alla effettività della tutela che
questi deve loro accordare>> e, quindi, rileva che <<si è anche sostenuto che, in
presenza di tale opzione, il principio dell'unicità della giurisdizione - espresso dall'art.
102, con riguardo al giudice, e riflesso nell'art. 113, con riguardo alle forme di tutela
garantite al cittadino - sta a significare che in nessun caso il legislatore ordinario può far
sì che la pubblica amministrazione sia, in quanto tale, assoggettata ad una particolare
giurisdizione, ovvero sottratta alla giurisdizione alla quale soggiace “qualsiasi litigante
privato”: la specialità di un giudice può fondarsi esclusivamente sul fatto che questo sia
chiamato ad assicurare la giustizia "nell'amministrazione", e non mai sul mero fatto che
parte in causa sia la pubblica amministrazione>>.
Segue il punto 3.1., nel quale, dopo l’enunciazione che è alla luce dei riassunti principi
che occorre <<valutare se la disciplina introdotta, in punto di giurisdizione esclusiva,
dalla legge n. 205 del 2000 è tale da confliggere con essi>> e che <<ciò che equivale a
chiedersi se quei principi conformino la giurisdizione esclusiva, ritenuta ammissibile
dalla Costituzione, in modo incompatibile con la disciplina dettata dalla legge de qua>>,
si ricorda, nel solco di quanto avevano rilevato i rimettenti, come la giurisdizione
esclusiva <<fino al 1990 confinata nei ristretti limiti segnati dagli artt. 29 del t.u. n. 1054
del 1924 e 5, comma 1, della legge n. 1034 del 1971 (ma adde gli artt. 11 della legge n.
1185 del 1967; 32 della legge n. 426 del 1971; 16 della legge n. 10 del 1977; 6 della legge
n. 440 del 1978; 35 della legge n. 47 del 1985; 11 della legge n. 210 del 1985) - sia stata
notevolmente estesa a partire da tale anno contemplando l'impugnazione degli atti delle
c.d. autorità amministrative indipendenti (artt. 33 della legge n. 287 del 1990; 7 del d.lgs.
n. 74 del 1992; 10 della legge n. 109 del 1994; 2 della legge n. 481 del 1995; 1 della legge
n. 249 del 1997) nonché quella degli accordi tra privati e pubblica amministrazione (artt.
11 e 15 della legge n. 241 del 1990; legge n. 537 del 1993)>>. Si rileva, di seguito come
tale estensione appaia ai rimettenti confliggente con alcun parametro costituzionale in
quanto pur sempre limitata a specifiche controversie connotate non già da una generica
rilevanza pubblicistica, bensì dall'intreccio di situazioni soggettive qualificabili come
interessi legittimi e come diritti soggettivi, mentre ciò non accadrebbe per la
giurisdizione esclusiva introdotta dalla legge n. 205 del 2000 che sarebbe
qualitativamente diversa da quella introdotta con quelle ipotesi.
Dopo di che la Consulta argomenta immediatamente nel paragrafo 3.2. in questi
termini: <<Le censure che si sono sinteticamente riferite (sub 2.1.) colgono nel segno
nella parte in cui denunciano l'adozione, da parte del legislatore ordinario del 1998-2000,
di un'idea di giurisdizione esclusiva ancorata alla pura e semplice presenza, in un certo
settore dell'ordinamento, di un rilevante pubblico interesse; un'idea - come osservano i
rimettenti - che presuppone l'approvazione (mai avvenuta)11 di quel progetto di riforma
(Atto Camera 7465 XIII Legislatura) dell'art. 103 Cost. secondo il quale “la giurisdizione
amministrativa ha ad oggetto le controversie con la pubblica amministrazione nelle
materie indicate dalla legge”>>. Quindi - dopo avere escluso che la Costituzione
consenta al legislatore ordinario di fondare la giurisdizione del giudice amministrativo
soltanto sulla circostanza della presenza in una controversia della Pubblica
Amministrazione – il passo della motivazione in cui viene effettivamente individuata la
11
Si allude, com’è noto, alla proposta di legge costituzionale presentata da Cerulli Irelli sul finire della scorsa legislatura.
13
linea di confine oltre la quale il legislatore ordinario non può spingersi nell’alterare a
favore del giudice amministrativo la normale ripartizione della giurisdizione basata sulla
distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi inizia a partire dalla seconda
proposizione del suddetto punto 3.2. del “Considerato in diritto”, che inizia assumendo
<<che il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario
una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo
di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di
indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei confronti della pubblica
amministrazione" investe "anche" diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può dirsi,
al negativo, che non è ne' assoluto nè incondizionato, e del quale, in positivo, va detto
che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte, e non fondarsi
esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie>>. Da tanto la Consulta fa conseguire
che <<Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive - e cioè con
il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni
ordinaria ed amministrativa - è espresso dall'art. 103 laddove statuisce che quelle materie
devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di
legittimita: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata
dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti
della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo. Il legislatore
ordinario ben può ampliare l'area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con
riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione,
contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità,
la giurisdizione generale di legittimita: con il che, da un lato, è escluso che la mera
partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi
la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze
di giudice "della" pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo
comma, Cost.) e, dall'altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento
di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice
amministrativo>>.
§8. La ricostruzione dei limiti costituzionali della giurisdizione esclusiva in base
alle affermazioni generali della sent. n. 204.
1. Prima di passare a considerare le conseguenze applicative che, nell’esercizio del
controllo di costituzionalità in modo manipolativo, la Consulta ha tratto dalle riportate
affermazioni a carico di ciascuna delle due norme impugnate (l’art. 33 e l’art. 34 del d.lgs.
n. 80 del 1998 nel testo novellato dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000), è preliminare
domandarsi, per così dire in prevenzione, in che cosa consista, secondo i dicta della
Consulta, il limite all’estensione della giurisdizione esclusiva siccome desunto dalla vox
constitutionis.
Intanto va registrato12 ciò che per dictum della Corte la giurisdizione amministrativa
esclusiva non può essere a Costituzione invariata e precisamente: a) una giurisdizione
esistente per il solo fatto soggettivo dell’essere parte della controversia una Pubblica
12
E lo hanno puntualmente fatto numerosi commentatori della sentenza.
14
Amministrazione; b) in via esattamente consequenziale una giurisdizione esistente per il
solo fatto che nella concreta vicenda della vita e nella controversia che ne scaturisca
risulti coinvolto un interesse pubblico.
Più difficile è, viceversa, stabilire ciò che secondo la Corte può diventare giurisdizione
esclusiva per scelta del legislatore consentita dalla Costituzione, in aggiunta a quanto lo
era al momento in cui venne approvata la Costituzione13.
Gli elementi che sono rilevanti in proposito sono due e - sembrerebbe – vanno
analizzati prima separatamente e, quindi, anche al lume di ciò che la Consulta ha detto
che la giurisdizione elusiva non può essere, ponendo i due “paletti” appena sopra
indicati.
In sostanza, occorre verificare prima i limiti enunciati dalla Consulta in positivo, ma
occorre poi anche considerare gli esiti della verifica in relazione ai limiti in negativo.
2. Venendo ai limiti indicati in positivo, uno di essi è chiaro e, contrariamente a quanto
altri ha ritenuto14, parrebbe rappresentare la premessa maggiore del sillogismo con cui la
Corte Costituzionale ha tracciato sotto tale profilo i limiti all’estensione della
giurisdizione amministrativa: intanto il legislatore può creare ipotesi di giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in quanto le relative controversie risultino in
partenza assoggettate alla giurisdizione di legittimità di quel giudice. L’humus dal quale il
legislatore può far germogliare una giurisdizione esclusiva dev’essere, dunque, quello su
cui sussiste, prima della scelta del legislatore stesso, una giurisdizione di legittimità.
Ora, è risaputo che la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo nasce e vive
tuttora come giurisdizione su “atti” e “provvedimenti” e, quindi, come giurisdizione
impugnatoria: è sufficiente rinviare alla lettura degli artt. 26 e 45 del T.U. di cui al r.d. n.
1054 del 1924 ed agli artt. 2, 3 e 26, comma secondo, della l. n. 1034 del 1971 per
convincersene15.
Anche la dottrina amministrativista che propugna una costruzione del giudizio di mera
legittimità come giudizio che ormai avrebbe ad oggetto il rapporto non si spinge ad
affermare che per l’instaurazione del giudizio nella giurisdizione di sola legittimità non
occorra impugnare un atto, ma si limita a sostenere che l’impugnazione dell’atto, da
svolgersi evidentemente, nel termine di decadenza, sarebbe l’occasione perché il giudice
amministrativo possa riconoscere la tutela sul rapporto (naturalmente coinvolgente una
posizione di interesse legittimo)16.
Nei limiti in cui residua – dopo il passaggio del pubblico impiego al giudice ordinario – qualcosa di quanto era oggetto di
giurisdizione esclusiva al momento in cui veniva approvata la Costituzione. Diversa questione è quella della possibilità che
materie già riservate alla giurisdizione del G.A. in via esclusiva trasmigrino al G.O. in via esclusiva, questione che va
considerata al lume dell’art. 113 Cost.: sulla questione si veda: F. CARINGELLA, Corso di diritto process. amm., cit. 271 e ss. e
IDEM, Il problema della giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, in Trattato di giustizia amministrativa di F. CARINGELLA e R.
GAROFOLI, Il riparto di giurisdizione, II, 1189 e ss.
14 Ritiene, invece, che il riferimento all’origine da una giurisdizione di legittimità costituisca una premessa minore del
sillogismo del giudice costituzionale GIACCHETTI, Giurisdizione esclusiva, Corte costituzionale e nodi di Gordio, cit., 1657.
15 Si ricorda che l’art. 26, comma secondo, della l. n. 104 del 1971 recita che il t.a.r. <<se accoglie il ricorso per motivi di incompetenza,
annulla l’atto e rimette l’affare all’affare all’autorità competente. Se accoglie per altri motivi annulla in tutto o in parte l’atto impugnato, e quando
è investito di giurisdizione di merito può anche riformare l’atto o sostituirlo, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa>>.
16 Si veda diffusamente, da ultimo, per questa prospettiva F. CARINGELLA, Corso, cit., 938-970, le cui argomentazioni,
tuttavia, sembrano piuttosto una mozione degli affetti per come si vorrebbe trasfigurata la giurisdizione di legittimità. La
giurisprudenza del Consiglio di Stato è ferma nell’affermare che il giudizio di mero accertamento è estraneo al giudizio di
legittimità (Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 455, Foro amm., C.D.S., 2002, 74. Va ricordato che anche la disciplina
procedimentale dell’impugnazione del silenzio-inadempimento dell’amministrazione introdotta dall’art. 2 della l. n. 205 del
2000 con l’aggiunta nella l. n. 1034 del 1971 dell’art. 21-bis è costruita come giudizio di impugnazione (la norma non a caso
13
15
Il dato emergente dall’affermazione del giudice delle leggi nel senso che un’ampliamento
della giurisdizione esclusiva suppone sempre come punto di partenza l’esistenza di una
giurisdizione di legittimità su atti o provvedimenti di un plesso amministrativo
sembrerebbe comportare due specificazioni: a) l’esistenza della giurisdizione di
legittimità deve poter essere intesa anzitutto nel senso che al momento in cui avviene
l’estensione detta giurisdizione esista in via effettiva, il che significa che la situazione
dell’ordinamento è tale che sono già previsti atti e provvedimenti dell’Amministrazione,
come tali pacificamente soggetti alla giurisdizione generale di legittimità ai sensi delle
parla di “ricorsi avverso il silenzio”, anche se il giudice può poi fare luogo ad una condanna a provvedere e, per il caso di
inadempimento, alla nomina di un commissario ad acta). In ogni caso parrebbe da escludere ogni possibilità di argomentare
dall’introduzione di tale speciale procedimento (sulla specialità si veda lo scritto di TRAVI, citato di seguito, anche per
ulteriori riferimenti e ricadute sulla tradizionale costruzione della giurisdizione di legittimità come avente ad oggetto un
giudizio di impugnazione dell’atto, atteso che il procedimento di cui alla citata norma è chiaramente costruito come un
procedimento speciale, tant’è vero che ai sensi del comma 1 della norma è deciso in camera di consiglio. A ben vedere,
sembrerebbe che, in ragione degli esiti possibili, cioè in prima battuta della emanazione di un ordine all’amministrazione di
provvedere e, per il caso di inosservanza, della nomina del commissario ad acta, si tratti di un procedimento che evoca
piuttosto la logica del giudizio di ottemperanza. Né argomenti a favore dell’abbandono da parte del giudizio di legittimità
della tradizionale natura di giudizio sull’atto sembrano poter essere desunti dalla recentissima modifica introdotta alla
disciplina della conclusione del procedimento, di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l’integrale sostituzione
del suo testo da parte dell’art. 3, comma 6-bis, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (c.d. decreto sulla competitività), convertito con
modificazioni in l. 14 maggio 2005, n. 80: il nuovo comma 5 dell’art. 2, stabilisce ora che <<Salvi i casi di silenzio assenso,
decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034, puo' essere proposto anche senza necessita' di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e
comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo puo' conoscere della fondatezza
dell'istanza. E' fatta salva la riproponibilita' dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti">>. La previsione
dell’inciso per cui il giudice amministrativo adito con il procedimento di cui all’art. 21-bis può conoscere dell’istanza desta
notevoli incertezze, anche se parrebbe dettata per superare le secche in cui era finito il dibattito applicativo sui limiti del
procedimento speciale di cui alla norma. Intanto il può non chiarisce se il potere del giudice dipenda dalla domanda di parte
o sia esercitabile d’ufficio. Parrebbe più esatta la prima soluzione. Circa gli effetti della “conoscenza” della fondatezza
dell’istanza la previsione sembrerebbe evocare – se alle parole di deve dare un senso – alternativamente: a) o la possibilità
che, nell’emanare l’ordine di provvedere a carico dell’Amministrazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 21-bis, il giudice
amministrativo disponga anche come l’Amministrazione dovrà provvedere (cioè in senso positivo o negativo sull’istanza), di
modo che, per il caso di inadempienza dell’Amministrazione il commissario ad acta nominabile ad istanza di parte ai sensi
del comma 3 dello stesso art. 21-bis dovrà poi limitarsi a provvedere in conformità a quel che ha detto il G.A., fermo
restando poi, ove l’istanza sia stata rigettata la possibilità di una successiva impugnativa del provvedimento di diniego
secondo le regole normali del giudizio di legittimità; b) oppure, soltanto che nell’emanare l’ordine di provvedere il G.A. si
limiti solo a precisare in via meramente dichiarativa come l’amministrazione dovrebbe provvedere senza che, però l’ordine
estenda la sua efficacia verso l’Amministrazione a questo “come” concretandosi sotto questo aspetto solo in una sorta di
effetto persuasivo, con la conseguenza che, in caso di inadempienza, anche il Commissario ad acta resterebbe libero sul
come provvedere. Non sembra possibile, invece, considerare la novità normativa come introduttiva di una nuova ipotesi di
giurisdizione di merito, atteso che la norma non dice affatto che il giudice amministrativo può adottare il provvedimento di
accoglimento dell’istanza, se fondato: come nei casi di giurisdizione di merito, giusta l’art. 26, secondo comma, l. n. 1034 del
1971. Ora, è vero che con questa novità normativa il G.A. si ingerisce della fondatezza della pretesa, ma, oltre a farlo in un
procedimento speciale in camera di consiglio e non nella giurisdizione ordinaria di legittimità, onde su di essa per ciò solo
non se ne possono inferire conseguenze, resta fermo che l’indicazione sul come provvedere, anche se intesa in modo
vincolante all’interno del procedimento speciale per l’Amministrazione, non vale affatto a snaturare la natura di valutazione
sull’atto e non sul rapporto del potere del G.A., risolvendosi soltanto in una anticipazione del contenuto che dovrà avere
l’atto. Va ricordato che il Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad plen., 9 gennaio 2002, n. 1, in Giornale di dir. amm., 2002, 420 e
ss., con nota di M. VERONELLI, L’inerzia della pubblica amministrazione davanti alla Adunanza plenaria; Foro it., 2002, III, 227,
con nota di A. TRAVI, Giudizio sul silenzio e nuovo processo amministrativo; Giur. it., 2002, III, 1287, con nota di S. MIRATE, La
natura del giudizio ex art. 21 bis della legge n. 1034/1971: l’Adunanza plenaria limita il sindacato del giudice amministrativo all’illegittimità
del silenzio; Urb. appalti, 2002, 422, con nota di L. TARANTINO, L’epilogo del silenzio. O sancta simplicitas; adde, in senso critico
rispetto alla Plenaria, F. G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione alla luce del nuovo trattamento processuale, in Dir proc.
amm., 2002, 239 e ss.) aveva inteso l’art. 21-bis come rimedio sostanzialmente non dissimile dal giudizio impugnatorio, cioè
diretto a sfociare nell’accertamento solo di un obbligo di provvedere dell’Amministrazione e non della pretesa sostanziale.
Da ultimo per un ampio tentativo di rinvenire spunti normativi per sostenere una possibile estensione della giurisdizione
amministrativa (di legittimità ed esclusiva) alle azioni di accertamento si veda M. CLARICH, Tipicità delle azioni e azione di
adempimento nel processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, in corso di pubblicazione su Dir proc. amm.
16
generiche previsioni degli artt. 2 e 3 della l. n. 1034 del 1971 (ed eventualmente di altre
previsioni particolari); b) l’esistenza della giurisdizione di legittimità come punto di
partenza può, tuttavia, essere anche, per così dire, virtuale, nel senso che con norme di
natura sostanziale il legislatore interviene a regolare ex novo un determinato settore con la
previsione dell’attribuzione all’Amministrazione di poteri (occorrerebbe aggiungere
autoritativi: ma su questa aggettivazione, costituente la premessa minore del sillogismo
della Consulta, ci si soffermerà fra poco) estrinsecatisi in atti e provvedimenti, i quali
appunto virtualmente sarebbero soggetti alla giurisdizione generale di legittimità ai sensi
delle norme appena citate e, nel contempo, prevede che la giurisdizione del G.A. si
connoti come esclusiva.
Limitandosi sempre alla suddetta premessa maggiore del sillogismo, si deve ritenere che
invece non è possibile che il legislatore istituisca una giurisdizione esclusiva con
riferimento ad una situazione normativa già esistente o nuova nella quale non siano
individuabili atti o provvedimenti adottabili da una Pubblica Amministrazione e, quindi,
l’esistenza pregressa, effettiva o virtuale, di una giurisdizione di legittimità.
Dunque, se c’è una situazione normativa di assenza della giurisdizione di legittimità, in
quanto da essa emerge che, in relazione agli atti e provvedimenti dell’Amministrazione
dalle norme previsti si configurano (a livello normativo) soltanto diritti soggettivi nello
specifico rapporto ad essi inerente fra cittadino ed Amministrazione, il trasferimento al
giudice amministrativo della giurisdizione su quegli atti e provvedimenti con la
qualificazione di esclusività sarebbe certamente incostituzionale. In questi casi il
legislatore può istituire la giurisdizione esclusiva su atti e provvedimenti soltanto
modificando prima la loro disciplina sostanziale in modo tale da regolare il rapporto fra
cittadino e Amministrazione in relazione ad essi nel senso che dalle norme non
emergano più soltanto diritti soggettivi, ma anche interessi legittimi.
L’ipotesi formulata sopra sub b) è necessaria, in quanto la Corte costituzionale ha escluso,
come si è rilevato che la Costituzione abbia inteso cristallizzare la giurisdizione esclusiva
a quelle ipotesi esistenti all’atto in cui venne adottata.
3. L’ulteriore premessa del sillogismo della Corte Costituzionale sembrerebbe solo
apparentemente tale: si tratta della precisazione secondo cui le materie oggetto di
estensione della giurisdizione esclusiva debbono, al momento in cui avviene l’estensione,
non solo essere ricomprese nelle materie oggetto della giurisdizione di legittimità, ma
anche “partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza
che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è
accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo”.
Sembrerebbe, in realtà che questa sia una premessa “ulteriore”, cioè che aggiunge
qualcosa rispetto all’altra, soltanto in apparenza, in quanto dire che il legislatore deve far
germogliare la giurisdizione esclusiva in riferimento all’agire dell’amministrazione come
autorità è come dire che tale agire deve risultare regolato a livello normativo, al
momento in cui il legislatore interviene a creare la giurisdizione esclusiva, in modo tale
che gli atti e provvedimenti che l’Amministrazione può adottare secondo il tessuto
normativo sarebbero giustiziabili avanti alla giurisdizione di legittimità e, quindi - atteso
che la situazione giuridica normalmente giustiziabile avanti al giudice amministrativo con
la giurisdizione di legittimità è per l’appunto quella che la stessa Costituzione ha
qualificato come interesse legittimo, cioè la situazione giuridica che per definizione si
17
contrappone all’autorità – siano atti e provvedimenti di fronte ai quali la posizione del
privato si connoti come interesse legittimo.
Sotto tale profilo questa che vorrebbe essere una seconda premessa finisce allora per
essere assolutamente consequenziale alla prima ed anzi per confondersi e sovrapporsi
con essa, giacché fa parte dell’essenza stessa della figura dell’interesse legittimo la
correlazione a poteri autoritativi della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia, questa conclusione va ridimensionata, in quanto il riferimento ai poteri
autoritativi serve, come del resto si era già sopra adombrato, ad individuare i limiti che il
legislatore incontra in relazione a quella che si è indicata come ipotesi b), cioè che il
terreno di origine della giurisdizione esclusiva sia una giurisdizione di legittimità soltanto
virtuale, perché inerente atti e provvedimenti dell’Amministrazione regolati
normativamente coevamente alla stessa istituzione della giurisdizione esclusiva. In
questo caso, il riferimento al fatto che la materia debba essere contrassegnata dal porsi
dell’Amministrazione come autorità significa che, per essere legittima, l’operazione con
cui il legislatore affida l’intero nuovo settore – limitatamente agli atti e provvedimenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dev’essere un settore regolato dal
legislatore in modo tale che gli atti e provvedimenti dell’Amministrazione previsti nella
nuova disciplina implichino l’attribuzione all’Amministrazione stessa di poteri
autoritativi, cioè in modo tale che di fronte all’Amministrazione la posizione del
cittadino, a livello normativo, sia disciplinata in maniera tale che egli è titolare di interessi
legittimi, con la conseguenza, che sarebbe naturale ove il legislatore non creasse la
giurisdizione esclusiva, che sussisterebbe sull’atto o provvedimento la giurisdizione
amministrativa di legittimità (in difetto, naturalmente di una scelta del legislatore si segno
opposto a favore di una giurisdizione esclusiva dell’A.G.O., pienamente legittima ai sensi
dell’art. 113, primo e secondo comma della Costituzione).
§9. Su come non sia vero che la giurisdizione esclusiva ridisegnata dalla sentenza
n. 204 sarebbe …. una giurisdizione di legittimità.
Fra i numerosi commentatori della sentenza il riferimento alla necessità che l’humus della
giurisdizione esclusiva vada ricercato dove l’amministrazione si pone come autorità ha
provocato accenti molto critici, con i quali si è accusata anzitutto la Corte Costituzionale
di avere adoperato una concezione dell’Amministrazione non più attuale, soprattutto per
il fatto che, per come si è evoluto l’ordinamento, è sempre più frequente che essa agisca
senza spendere poteri autoritativi17.
Ma tali critiche – almeno a quel che sembra - trascurano che l’oggetto dell’attività
interpretativa, sulla base della quale la Corte Costituzionale ha svolto il suo sillogismo
ricostruttivo di che cosa il legislatore può far diventare giurisdizione esclusiva, è l’assetto
della giurisdizione così come consacrato nella Carta Costituzionale del 1948, allorquando
l’evoluzione dell’ordinamento a livello ordinario verso un agire dell’Amministrazione
senza il ricorso a poteri autoritativi era (come è difficilmente revocabile in dubbio)
ancora di là da venire.
Ne consegue che la pretesa che il giudizio di costituzionalità avesse a svolgersi adattando
la normativa di rango costituzionale (cioè gli artt. 102, 103 e 113 della Costituzione) alle
Si vedano in senso critico soprattutto: GIACCHETTI, op. cit., 1652 e ss.; R. VILLATA, op. cit., 834 e ss.; POLICE, op. cit.,
976 e ss.; B.G. MATTARELLA, op. cit., 980 e ss.; PAJNO, op. cit., 985 e ss.
17
18
emergenze dell’evoluzione della legislazione ordinaria sembra allora veramente singolare,
là dove avrebbe voluto far assumere alla Consulta come criterio di interpretazione
sistematica un confronto fra fonti di rango diverso e là dove imputa alla Consulta di non
averlo adoperato. Al contrario, pur concedendo che una fonte di rango costituzionale
possa essere interpretata evolutivamente, non è certo possibile che siffatta
interpretazione possa pervenire, in un regime di Costituzione rigida, a risultati che ne
ignorino il significato per come evidenziato dalle sue espressioni letterali.
Se il testo costituzionale non è più al passo con i tempi – i quali, secondo i fautori della
massima estensione della giustizia amministrativa (cioè affidata al giudice
amministrativo) evidenzierebbero l’emersione come tratto distintivo della Pubblica
Amministrazione non più o non solo l’autoritarietà (o imperatività che dir si voglia)
bensì il profilo della funzione pubblica - non per questo può essere aggirato. L’unica
strada per rimediare e porsi al passo con i tempi (ma è da vedere se i tempi impongano
di realizzare un apposito giudice della funzione amministrativa o non piuttosto di
ricondurre l’Amministrazione sempre e comunque nell’ambito di una giurisdizione
unitaria, sia pure con creazione di sezioni specializzate18) è quella della revisione
costituzionale (come la stessa Consulta non manca di notare, evocando il disegno di
legge costituzionale presentato da Cerulli-Irelli nello scorcio della precedente legislatura).
Non senza che debba avvertirsi comunque che l’autoritarietà, come tratto distintivo
tipico dell’agire dell’Amministrazione vive ancora e saldamente, se è vero che
recentissimamente il legislatore, nell’emanare le norme di modifica della l. n. 241 del
1990 con la l. n. 15 del 2005 lo ha ribadito, introducendo nell’art. 1 della legge un
comma 1-bis secondo il quale “La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di
natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge
disponga diversamente” . Per la verità qualcuno ha tratto spunto proprio da questa
norma per formulare nuove critiche alla sentenza n. 204 del 2005 e propugnare un
nuovo argomento a favore dell’ora caducata giurisdizione esclusiva, assumendo che
l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” lasci il tempo che trova e soprattutto
sostenendo che ormai anche l’attività di diritto privato dell’Amministrazione, divenuta
elegibile sempre (salvo norma contraria), e, quindi, l’attività non autoritativa del privato
dovrebbe assicurare il rispetto dei principi di buona amministrazione. Da tanto
deriverebbe che <<il legislatore, contrariamente all’orientamento della sentenza della
Corte Costituzionale n. 204/2004 e conformemente all’assunto dell’Adunanza plenaria
del Consiglio di Stato [con l’ordinanza n. 1 del 2000] ha ritenuto che è l’intera attività
amministrativa - sia di carattere autoritativo sia di carattere “negoziale” – a costituire
esercizio della funzione amministrativa e quindi a rientrare in quella “giustizia
nell’amministrazione” la cui tutela è costituzionalmente attribuita al giudice
amministrativo. In altre parole, il legislatore, contrariamente alla communis opinio, non ha
introdotto il diritto privato nel diritto pubblico: ha invece legittimato l’introduzione, con
un’operazione di manipolazione genetica, dei principi di discrezionalità amministrativa
propri del diritto pubblico nel nucleo di alcuni strumenti del diritto privato, svuotandoli
Come autorevolmente si è sostenuto: PROTO PISANI, Intervento breve per il superamento della giurisdizione amministrativa, in
Riv. dir. civ., 2000, 773 e ss. E, proprio commentando la sent. n. 204 del 2004, ha ribadito S. LARICCIA, op. cit., 2228 e s. Sul
tema si veda la Relazione n. 14 del 2 febbraio 2001 di questo Ufficio del Massimario e del Ruolo.
18
19
del loro contenuto originario di autonomia privata>>19. Di fronte a queste affermazioni
un solo (modesto) rilievo è da muovere: il legislatore ordinario non è il legislatore
costituzionale e, pertanto, se veramente queste fossero le implicazioni della nuova l. n.
15 del 2005 (ma lo si nega) vi sarebbe materia di intervento del giudice delle leggi.
§9.1. Segue: sulla (limitatissima) residua utilizzabilità del criterio della carenza di
potere nell’ambito della nuova giurisdizione esclusiva ridimensionata.
Nel prendere atto che la Corte ha ridimensionato nei termini indicati il potere del
legislatore ordinario di estendere la giurisdizione esclusiva secondo la Costituzione si è
detto che, una volta accolta l’idea che essa suppone l’esistenza della giurisdizione di
legittimità e quindi l’idea dell’agire della Amministrazione come autorità, non si
comprende in che cosa di diverso dalla giurisdizione di legittimità essa consista ed anzi si
è affermato che si tratterebbe in sostanza, al di là della qualificazione in termini di
esclusività, di una sorta di giurisdizione di legittimità20.
Senonché, parrebbe che questo assunto non sia condivisibile.
Esso trascura che alla qualificazione nel senso della giurisdizione esclusiva di qualcosa
che sarebbe altrimenti attratto nell’ambito della giurisdizione di legittimità può
sicuramente essere data sostanza, sì da giustificare quella qualificazione.
A questa conclusione si perviene verificando se una giurisdizione esclusiva come quella
identificata dalla Consulta esclude l’applicabilità dei normali criteri di riparto fra la
giurisdizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, che il nostro
ordinamento della giustizia amministrativa, attraverso una evoluzione sviluppatasi
nell’arco di tutta la storia unitaria, ha visto succedersi o convivere fra loro.
Sembrerebbe allora, innanzitutto che la qualificazione di esclusività, pur riferita ad una
giurisdizione su atti e provvedimenti di natura autoritativa, comporti l’impossibilità di
continuare ad applicare alla giurisdizione esclusiva germinata dalla giurisdizione di
legittimità, nei termini in cui era stato complessivamente adoperato, il criterio di riparto
della giurisdizione che, in riferimento ai settori in cui sussiste la giurisdizione di
legittimità del giudice amministrativo, da alcuni decenni ha preso piede nella
giurisprudenza del giudice ordinario, pur non essendo condiviso dal giudice
amministrativo.
Si allude al criterio di riparto fondato sulla distinzione fra atti e provvedimenti emessi in
carenza di potere (sia in astratto sia in concreto) e atti e provvedimenti emessi con
cattivo uso del potere21.
Così, recentissimamente, S. GIACCHETTI, Giurisdizione amministrativa e legge n. 15/2005: verso la riscoperta dell’unitarietà
dell’interesse pubblico o verso una riserva indiana?, in www.giurisprudenza.it. Cons. Stato, Ad. plenaria, n. 1 del 2000 si legge (fra
l’altro) in Cons. Stato, I, 767.
20 In questo senso soprattutto POLICE, op. e loc. ult. cit.; M.A. SANDULLI, op. cit., passim; S. LARICCIA, op. cit., il quale
giunge ad affermare che <<dalla sentenza deriva dunque la totale scomparsa della giurisdizione esclusiva e in futuro ogni
problema di giurisdizione riguarderà la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo>>; S. GIACCHETTI,
Giurisdizione esclusiva, Corte costituzionale e nodi di Gordio, cit., 1657 e ss., il quale afferma che <<l’applicazione generalizzata del
meccanismo condurrebbe a negare in radice ed in qualsiasi caso la possibilità astratta della giurisdizione esclusiva, in palese
violazione dell’art. 24 della Costituzione, perché quello che resta dopo l’amputazione è soltanto giurisdizione generale di
legittimità>>.
21 Per una ricognizione del criterio di riparto fondato sulla carenza e sul cattivo uso del potere vedi da ultimo F.
CARINGELLA, Corso, cit., 178 e ss.
19
20
Questo criterio parrebbe essere divenuto inapplicabile, con la sola eccezione dell’ipotesi
della carenza di potere c.d. in astratto.
Com’è noto, alla distinzione fra carenza di potere in astratto e carenza di potere in
concreto si dà sostanza contrapponendo il caso in cui l’Amministrazione eserciti con
l’atto o provvedimento un potere che non risulta ad essa attribuito a livello normativo
ed il caso in cui questo potere risulti attribuito da una norma ma sia stato esercitato
senza che ricorressero i presupposti indicati dalla norma stessa per il suo esercizio.
Entrambe le situazioni, in ambito di giurisdizione di legittimità, sono tradizionalmente
ritenute idonee dalla giurisprudenza della Suprema Corte, da giustificare la sussistenza
della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria quale giudice delle situazioni di
diritto soggettivo, in quanto l’una e l’altra comportano che l’autoritarietà del
provvedimento dell’Amministrazione non esprima le sue conseguenze sull’atteggiarsi
della situazione giuridica soggettiva del privato, di modo che non è idoneo a
determinarne la conformazione come interesse legittimo, ma ne lascia intatta la
connotazione di diritto soggettivo e, quindi, come situazione sulla quale, ai sensi del
vecchio art. 2 della legge abolitiva v’è (al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva) la
giurisdizione dell’A.G.O. e correlativamente la inoperatività della giurisdizione di
legittimità del giudice amministrativo, siccome ancorata alla connotazione della
situazione del privato come interesse legittimo.
E’ pure noto che, mentre nella prima situazione, quella di carenza di potere in astratto, il
disconoscimento dell’autoritarietà del provvedimento è riscontrabile direttamente a
livello normativo, in quanto si constata che non vi è una norma che preveda il potere
che l’Amministrazione avrebbe esercitato o – secondo una prospettazione - che tale
norma esista ma non è in alcun modo riferibile al plesso amministrativo che pretende di
avvalersene in modo eccedente il vizio di incompetenza, nella seconda situazione, quella
di carenza di potere in concreto, quel disconoscimento non avviene direttamente a
livello normativo (cioè attraverso il semplice confronto fra il provvedimento sotto il
profilo oggettivo e soggettivo e la fattispecie astratta), bensì attraverso un’operazione più
complessa, che nella norma ha solo il suo punto di arrivo, in quanto non si procede al
semplice confronto fra il provvedimento e la norma, ma si assume come termine di
confronto la situazione concreta sussunta dall’Amministrazione come oggetto del
provvedimento e si valuta se la sussunzione che ne ha fatto l’Amministrazione appare
giustificata rispetto alla previsione normativa del potere.
Nella carenza di potere in astratto i termini del confronto sono due, il provvedimento e
la norma, nella carenza di potere in concreto a questi termini si aggiunge il caso concreto
rispetto al quale il provvedimento è stato adottato.
Ora, poiché, secondo la Corte Costituzionale, il terreno sul quale può essere edificata dal
legislatore una nuova giurisdizione esclusiva è il terreno su cui si estendeva la
giurisdizione di legittimità e l’operazione con cui il legislatore può estendere la
giurisdizione amministrativa di legittimità facendola diventare esclusiva è un’operazione
che, avvenendo al livello legislativo, assume come oggetto di disciplina in senso
estensivo proprio quel livello, in quanto esprimente l’attribuzione all’Amministrazione di
poteri autoritativi, sembrerebbe che, allorquando l’amministrazione esercita un potere
che non è previsto da tale livello, cioè dall’oggetto della estensione della giurisdizione, il
criterio di riparto fondato sulla carenza di potere in astratto, una volta estesa la
21
giurisdizione e divenuta esclusiva, possa risultare ancora applicabile, poiché la
giurisdizione di legittimità da cui è stata fatta germinare quella esclusiva era insussistente
già a livello normativo.
Pertanto, ove l’amministrazione - adottando un atto o provvedimento - eserciti un
potere non previsto da alcuna norma pur in ambito di giurisdizione esclusiva ai sensi
dell’art. 34 e 35 ridimensionati dalla Consulta, dovrebbe escludersi la sussistenza di detta
giurisdizione. Nello stesso modo potrebbe opinarsi, poiché è sempre il livello normativo
che viene in giuoco, allorquando in quell’ambito venga esercitato un potere previsto sì
da una norma, che però non riguardi in alcun modo il plesso amministrativo che ponga
in essere l’atto o provvedimento.
Una indiretta conferma di quanto appena osservato in ordine alla carenza di potere in
astratto sembrerebbe ora potersi desumere dalla disciplina recentemente data dal
legislatore in termini generali alla figura della nullità del provvedimento con il nuovo art.
21-septies della l. n. 241 del 1990, introdotto in essa dall’art. 14 della l. n. 15 del 2005.
Infatti, la nuova norma, dopo avere individuato alcune ipotesi di nullità del
provvedimento e poi rinviato ad altre previsioni espresse, prevede una giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo solo nell’ipotesi espressa di nullità per violazione od
elusione del giudicato ma non per l’ipotesi di provvedimento viziato da difetto assoluto
di attribuzione22.
Viceversa, operando il criterio della carenza di potere in concreto, per come si è detto, a
livello non solo normativo, bensì al livello dell’applicazione della norma astratta al caso
concreto fatta dall’Amministrazione cui la norma stessa attribuisca il potere, l’estensione
della giurisdizione ed il suo divenire esclusiva parrebbe comportare, una volta
considerato che il significato della giurisdizione esclusiva è di comprendere sia i diritti
che gli interessi legittimi, che la manifestazione del potere autoritativo in ambito di
giurisdizione esclusiva ex artt. citati in presenza di una norma astrattamente configurante
il potere dell’Amministrazione (rectius del plesso che l’abbia esercitato) non possa più
considerarsi soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario. Se anche in tale situazione
la natura della posizione del cittadino è di diritto soggettivo, per il fatto che la fattispecie
concreta non è di quelle cui trova applicazione la fattispecie astratta prevista dalla norma
stessa, e dunque all’atto della istituzione della giurisdizione esclusiva sarebbe stata di
pertinenza dell’A.G.O. in ambito di giurisdizione di legittimità, l’introduzione della
qualificazione di esclusività della giurisdizione del giudice amministrativo, a meno di
restare del tutto apparente (cioè di non estendersi alle situazioni di diritto soggettivo,
secondo la funzione tradizionale che la Consulta ha riconosciuto sua propria), impone di
considerare comunque sussistente la giurisdizione amministrativa.
Questa della preclusione dell’applicabilità del criterio della carenza di potere in concreto
sembrerebbe una prima implicazione della sentenza della Corte, che potrebbe valere a
dare una qualche ragione della qualificazione di esclusività della giurisdizione.
Il testo del nuovo art. 21-septies (rubricato: nullità del provvedimento) è il seguente: <<1. È nullo il provvedimento amministrativo
che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato,
nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge. 2 . Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o
elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo>>.
22
22
La lettura opposta, cioè nel senso che permanga la possibilità di applicazione del criterio
della carenza di potere nella sua interezza, darebbe, invece, ragione a quei numerosi
commentatori che hanno causticamente osservato che la giurisdizione esclusiva secondo
il dictum della Consulta è, in realtà, una giurisdizione di legittimità.
§9.2. Segue: sui limiti di utilizzabilità del criterio attività vincolata-attività
discrezionale. Inutilizzabilità del criterio della causa petendi.
1. Un limite ulteriore per il legislatore, che appare desumibile, in relazione alla
ricostruzione prospettata dalla Corte Costituzionale della possibilità che il legislatore ha
di estendere la giurisdizione esclusiva (e che in parte è stato già adombrato poco sopra
nel paragrafo 8), sembrerebbe potersi individuare nel senso che, se la giurisdizione
esclusiva non può essere fatta germinare se non dal terreno su cui insiste la giurisdizione
di legittimità, allora la sua introduzione in un certo settore o in una certa materia non
può estendersi ad atti e provvedimenti che, a livello normativo, fino al momento della
istituzione della nuova giurisdizione non erano giustiziabili avanti alla giurisdizione
amministrativa perché la norma che ne prevedeva l’emanazione da parte
dell’Amministrazione considerava la posizione di quest’ultima come un obbligo vero e
proprio e, quindi, non le attribuiva nel soddisfarla alcun potere autoritativo e
correlativamente costruiva la posizione del privato come diritto soggettivo verso
l’Amministrazione e, quindi, non implicata dall’esercizio di un suo potere e degradabile
ad interesse legittimo.
Sotto tale profilo dalla nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva concernente un certo
settore o una certa materia dovrebbero essere eccettuati gli atti e provvedimenti che a
livello normativo al momento della istituzione della nuova giurisdizione esclusiva erano
considerati espressione, in base alla formulazione delle norme di diritto sostanziale, di
un’attività vincolata della P.A. Naturalmente se ed in quanto il legislatore nel compiere
l’operazione di istituzione della giurisdizione esclusiva sulle norme stesse non sia
intervenuto modificando il modo di essere del rapporto da esse precisto fra cittadino ed
amministrazione in maniera tale da non rendere più vincolata l’attività dovuta
dall’amministrazione, bensì discrezionale. Lo stesso criterio va, naturalmente, applicato
nei casi in cui l’istituzione della giurisdizione esclusiva si correli alla regolamentazione ex
novo di un determinato settore con la previsione dell’intervento dell’Amministrazione,
dapprima non previsto per l’assenza di un a qualsivoglia regolamentazione23.
Ne dovrebbe conseguire che, nei settori di giurisdizione esclusiva di cui ai ridimensionati
artt. 33 e 34 (cioè nei testi risultanti dalla sentenza della Corte) non dovrebbe bastare che
si sia in presenza di atti e provvedimenti della P.A. regolati come tale nel sistema
normativo anteriore alla l. n. 205 del 2000, per affermare la salvezza della giurisdizione
esclusiva dalla dichiarazione di incostituzionalità del sistema dei c.d. blocchi di materie,
ma occorre che quegli atti e provvedimenti fossero e risultino regolati a livello legislativo
(attesa l’ovvia incidenza del principio di legalità) in modo tale da essere espressione di un
potere discrezionale dell’Amministrazione. Questa precisazione aggiunge qualcosa al
riferimento all’esercizio del potere autoritativo dell’Amministrazione fatto in generale
come premessa del suo sillogismo dalla sentenza n. 204, perché vale a comprendere
Sul criterio di riparto fra atti vincolati e atti discrezionali si veda da ultimo sempre F. CARINGELLA, op. cit., 167 e ss.,
che riferisce ampiamente i termini del dibattito su di esso.
23
23
nell’ambito della giurisdizione non soltanto gli atti e provvedimenti che siano
espressione di un potere autoritativo stricto sensu, ma anche di un potere autoritativo lato
sensu (cioè nel senso della previsione dell’esercizio del potere da parte
dell’Amministrazione anche in funzione della realizzazione dell’interesse del privato sulla
base di valutazioni di carattere discrezionale tipiche dell’interesse pubblico da assicurarsi
da parte dell’Amministrazione: provvedimenti ampliativi)24.
Per converso, là dove la norma regolatrice dell’atto o provvedimento regolasse
l’intervento dell’Amministrazione senza attribuirle alcun potere nel senso indicato, bensì
caratterizzando la situazione dell’Amministrazione nel senso della figura di situazione
soggettiva del vero e proprio obbligo e, quindi, prevedendo l’adozione dell’atto o del
provvedimento come conseguenza del solo verificarsi di certe condizioni, allora la
giurisdizione esclusiva per come ridimensionata dalla Consulta non si può configurare
esistente per la decisiva ragione che, in relazione al modo di essere della
regolamentazione dell’intervento dell’Amministrazione non vi era possibilità di
estrinsecarsi della giurisdizione di legittimità, bensì solo della giurisdizione ordinaria,
essendo la situazione del privato a livello normativo esclusivamente di diritto soggettivo
(art. 2 della legge abolitiva)25.
2. Va precisato – anche se il rilievo fuoriesce dalla ricognizione strico sensu dei limiti posti
al legislatore per istituire la giurisdizione esclusiva e concerne l’applicazione della
giurisdizione esclusiva da parte dei giudice (ordinario ed amministrativo) - che
nell’ambito della nuova giurisdizione esclusiva ridimensionata diviene inutilizzabile il
criterio della distinzione basato sulla causa petendi: si vuol dire, cioè, che, una volta
accertato che si è nell’ambito della giurisdizione esclusiva non è possibile distinguere se
la domanda concerna un diritto soggettivo o un interesse legittimo. Il problema della
ricorrenza dell’una o dell’altra situazione non va affrontato di fronte alla domanda
giudiziale, bensì risolto a livello normativo nei sensi suindicati, cioè andando a valutare
se al momento della istituzione della giurisdizione esclusiva il tessuto normativo
prevedeva soltanto diritti soggettivi oppure anche interessi legittimi. Nel primo caso,
come si è detto, è escluso a livello normativo che vi sia stata attrazione della controversia
nell’ambito della giurisdizione esclusiva, nel secondo sono state attratte in essa tanto le
situazioni di diritto soggettivo che quelle di interesse legittimo.
§10. Il significato del riferimento della giurisdizione ad “atti e provvedimenti”.
Cenni (e problemi) sulla recentissima nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva
sulla d.i.a. (dichiarazione di inizio di attività).
La necessità di distinguere fra il potere autoritativo dell’Amministrazione in senso stretto ed il potere autoritativo quale
espressione soltanto (del dovere) dell’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione, da sempre presente nella dottrina
amministrativistica (e nelle norme specifiche di regolazione del potere), con le tradizionali distinzioni fra gli atti ablativi e gli
atti ampliativi della sfera del cittadino è oggi emersa a livello normativo per effetto delle modifiche introdotte dalla l. n. 15
del 2005 nella l. n. 241 del 1990: in questa legge è stato aggiunto un art. 21-bis che si occupa, secondo la sua rubrica,
dell’efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati, nonché un art. 21-ter che si occupa della
esecutorietà (ed anche un art. 21-quater che in generale si occupa dell’efficacia ed esecutività del provvedimento).
25 Naturalmente in relazione alla distinzione fra atti vincolati ed atti discrezionali si riproporranno i consueti problemi
concernenti la collocazione della c.d. discrezionalità tecnica e del c.d. accertamento tecnico, nonché della attività
amministrativa meramente dichiarativa. Per distinguere ciò che risulterà compreso nella giurisdizione esclusiva
ridimensionata e ciò che non lo sarà sembrerebbe comunque sempre decisivo il riferimento al modo di essere delle norme al
momento dell’istituzione della giurisdizione esclusiva.
24
24
1. Va rilevato a questo punto che nell’argomentare con cui la Consulta individua i
“paletti” che incontra il legislatore nell’individuare nuove ipotesi di giurisdizione
esclusiva scompare assolutamente26 ogni riferimento all’intreccio fra diritti soggettivi ed
interessi legittimi come terreno dal quale può originarsi la giurisdizione esclusiva. La
Corte non dà rilievo alla situazione di intreccio, che pure ha in precedenza indicato
come giustificazione storica dell’introduzione della giurisdizione esclusiva27.
Il punto di partenza “costituzionalmente corretto” vincolante per il legislatore viene
ricostruito esclusivamente sulla base della nozione di potere autoritativo
dell’Amministrazione.
Va, tuttavia, tenuto conto che l’utilizzazione della nozione di potere autoritativo
dell’Amministrazione non è fatta in modo indiscriminato, cioè con riferimento ad ogni
tipo di manifestazione di tale potere, ma è limitata ad “atti e provvedimenti”.
Questo riferimento pone – almeno sembrerebbe - due problemi.
Il primo è d’immediata percezione ed è relativo a cosa debba intendersi per “atti e
provvedimenti”.
Il secondo concerne il quesito se l’estensione della giurisdizione debba riguardare (e,
quindi, nei casi dubbi, si debba intendere, in ossequio ad un’interpretazione rispettosa
della Costituzione, conforme a quanto ritenuto dal Giudice delle leggi): a) solo la
controversia direttamente relativa agli atti e provvedimenti; b) anche la controversia
sull’agire dell’Amministrazione che si concreti eventualmente nell’esecuzione dell’atto o
provvedimento, ove si tratti di atto o provvedimento che abbisogni appunto di
esecuzione; c) anche la controversia rispetto alla quale l’atto o provvedimento
rappresenti solo un antecedente e non venga in rilievo direttamente né nella sua efficacia
né nella sua – eventuale – esecuzione, in quanto ormai già verificatesi.
2. Il primo problema evoca anzitutto la questione se per atti e provvedimenti si debba
intendere una manifestazione positiva oppure anche una manifestazione di carattere
negativo. Non sembra potersi dubitare che sia valida la seconda soluzione e che,
dunque, l’oggetto della giurisdizione sia non solo l’atto o provvedimento autoritativo
(nel senso lato in precedenza indicato) in positivo (tale dovendo ritenersi anche l’ipotesi
in cui tale provvedimento positivo sia esprimibile dall’Amministrazione con il c.d.
silenzio assenso28), ma anche la sua negazione esplicita, cioè il provvedimento negativo
Anche se non tutti i commentatori lo registrano e qualcuno anzi sostiene che la Corte avrebbe individuato l’humus della
giurisdizione esclusiva proprio nell’intreccio.
27 Per la verità, di recente, è stato autorevolmente disvelato che il tralaticio insegnamento secondo cui l’origine della
giurisdizione esclusiva starebbe nel famoso “intreccio”, in realtà, non abbia fondamento, dovendosi ravvisare la ragione
giustificativa della giurisdizione esclusiva semplicemente nella trasformazione di ipotesi di giurisdizione del giudice
amministrativo c.d. di merito: si veda il recente studio di A. ROMANO, La giurisdizione amministrativa esclusiva dal 1865 al
1948, in Dir proc. amm., 2004, 417 e ss., dai cui risultati (che l’Autore, conclusivamente, enuncia richiamandosi ad un non
recente scritto di F. LEDDA, La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, in Nuova rassegna, 1971, 217) emerge che lo scarno
dibattito in sede di Costituente sulla giurisdizione esclusiva - là dove Ruini, nel chiudere definitivamente a suo sfavore la
partita aperta da Calamandrei sulla giurisdizione unica, a proposito della giurisdizione esclusiva fece riferimento al c.d.
“intreccio” e nell’aprire la strada al noto testo dell’art. 103 Cost. - in definitiva si basò su un equivoco. Nello stesso ordine di
idee sull’equivoco sull’origine della giurisdizione esclusiva si veda anche A. POLICE, La giurisdizione del giudice amministrativo,
etc., cit., 978.
28 Se ne veda ora la nuova disciplina nell’art. 20 della l. n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 3, comma 6-ter del d.l. n. 35
del 2005, convertito con modificazioni nella l. n. 80 del 2005: <<1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad
istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di
accoglimento della domanda, senza necessita' di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel
termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. 2. L'amministrazione competente
26
25
espresso, od implicita, come nel caso che essa per valutazione legale tipica assuma il
valore di silenzio-rifiuto (o rigetto: la legge e la dottrina spesso usano promiscuamente i
due termini e spesso usano il primo per il silenzio di cui all’art. 21-bis, cioè il silenzio
inadempimento all’obbligo di provvedere)29.
3. Il secondo problema si pone, in quanto vi sono atti e provvedimenti
dell’Amministrazione di natura autoritativa che non abbisognano di esecuzione per
realizzare i loro effetti, bastando a tale realizzazione la loro comunicazione ad un certo
interessato (in applicazione del principio della recettizietà: artt. 1334 e 1335 cod. civ.) ed
atti e provvedimenti che invece, oltre a produrre effetti a carico dell’interessato, abilitano
l’Amministrazione a procedere alla loro esecuzione, in difetto di esecuzione spontanea,
anche mediante operazioni materiali (si pensi ad un ordine di demolizione)30: non
dovrebbe dubitarsi che in questo secondo caso l’attività di esecuzione, trovando la sua
base direttamente nell’atto o nel provvedimento, rientri senza dubbio nella fattispecie di
giurisdizione esclusiva.
Ma oltre ciò non sembra possibile andare, una volta che la giurisdizione esclusiva è stata
ridimensionata ad atti e provvedimenti dalla Consulta: in particolare, ove l’atto o
provvedimento abbia prodotto i suoi effetti in uno dei due sensi indicati e, in relazione
a tali effetti, sia previsto successivamente l’esercizio di ulteriori poteri
dell’Amministrazione da esprimersi con altri atti e provvedimenti e tali atti o
provvedimenti non vengano adottati o, dopo essere stati adottati, siano stati rimossi,
l’operare della giurisdizione esclusiva, proprio in quanto essa è ora ancorata ad atti e
provvedimenti, non potrà sostenersi in relazione alla vicenda che ne risulta per il fatto
che in relazione agli effetti del primo atto o provvedimento, rimasti fermi, sussisteva la
giurisdizione, in quanto in tal modo quest’ultima finirebbe per affermarsi non su atti e
provvedimenti, ma su qualcosa d’altro, cioè sul rapporto del quale gli atti e i
provvedimenti originari hanno determinato l’inizio e costruiscono un lontano
presupposto.
Nemmeno può sostenersi che, in relazione agli effetti che si producono a seguito della
mancanza degli atti e provvedimenti che dovendo essere emanati (eventualmente anche
nel senso del venir meno di effetti che si erano prodotti a seguito degli atti e
provvedimenti precedenti), sussista in realtà una controversia sugli atti e provvedimenti
puo' indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo
conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati. 3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della
domanda, l'amministrazione competente puo' assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la
difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumita', ai casi in cui la normativa comunitaria impone
l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza,
nonche' agli atti e procedimenti individuati con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti. 5. Si applicano gli articoli 2, comma 4, e 10-bis>>.
29 Per precisazioni similari si veda F. G. SCOCA, op. cit., 2214, anche se giuocate in senso limitativo della nozione di
comportamenti esclusi dall’ambito della giurisdizione, in riferimento alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 34. Adde
C. E. GALLO, Silenzio e comportamento della p.a. tra giudice amministrativo e giudice ordinario, in Urbanistica e appalti, 2005, 171 e ss.
Le problematiche relative al silenzio inadempimento sono state già considerate in precedenza: si veda il paragrafo 8 e la nota
16 a proposito dell’art. 21-bis della l. n. 1034 del 1971.
30 La distinzione fra efficacia del provvedimento amministrativo e sua esecuzione ha ora trovato un assetto normativo di
una certa organicità (posto che la prima norma si riferisce solo ai provvedimenti limitativi della sfera giuridica
dell’interessato) nell’ambito della disciplina generale del procedimento amministrativo, per il tramite degli artt. 21-bis
(Efficacia del provvedimento), 21-ter (Esecutorietà) e 21-quater (Efficacia ed esecutività del provvedimento) della l. n. 241 del 1990, in essa
introdotti dalla l. n. 15 del 2005.
26
successivi che siano mancati: la controversia sulla mancanza del provvedimento, infatti,
sarebbe appunto una controversia su un non-atto, su un non-provvedimento ed
riguarda, in realtà, un mero dato storico, il non essere stato emanato l’atto o
provvedimento.
Allo stesso modo, allorquando gli effetti che si erano prodotti a seguito dell’emanazione
od esecuzione dell’atto o provvedimento vengano meno in quanto l’atto o
provvedimento successivo che era stato emanato nella sequenza procedimentale sia stato
annullato o rimosso dalla stessa Amministrazione, la controversia concerne
esclusivamente una situazione di fatto che non è più riferibile né all’atto originario né a
quello rimosso e, quindi non può considerarsi controversia su atti e provvedimenti e,
pertanto, non è ricompressa nella giurisdizione esclusiva.
Naturalmente, alla luce di questi rilievi sul significato del riferimento agli “atti e
provvedimenti” resta a maggior ragione esclusa dall’ambito della giurisdizione, ancora
prima di desumerne conferma dall’intervento soppressivo del riferimento ai
comportamenti nell’art. 34 ogni controversia che riguardi direttamente ciò che
prescinda totalmente da un atto o provvedimento, cioè i comportamenti materiali (salvo
che la norma attribuisca proprio un potere di tenere un comportamento materiale: si
pensi alle attività repressive dell’autorità di pubblica sicurezza che restino nell’ambito
dell’uso legittimo della forza di coazione).
Poiché, inoltre, la giurisdizione esclusiva è prevista per gli “atti e provvedimenti” ne
restano escluse di per sé (salvo che non sia possibile dedurle avanti al G.A. in base ad
altra norma: ma su ciò oltre) le controversie sulle possibili conseguenze negative che si
verifichino per effetto dell’adozione di atti o provvedimenti illegittimi o della loro
ritardata adozione, in quanto queste controversie non sono controversie che investono
direttamente l’atto o provvedimento.
4. Sulla base di queste puntualizzazioni sembrerebbe allora potersi convenire con quanto
autorevolmente è stato notato da uno dei primi commentatori della sentenza, sia pure
argomentando dall’insistenza della Consulta sul potere autoritativo, cioè che la
giurisdizione esclusiva è stata riportata alle sue origini, cioè ad una giurisdizione pur
sempre attizia31.
Ne consegue che il lettore della sentenza n. 204, salvo trovare una qualche smentita nelle
applicazione concrete che, in riferimento alle due norme scrutinate, la Consulta fa di
questo criterio, e salvo comunque – per evitare di dare una lettura della sentenza che
imputi alla Consulta un’incoerenza - interpretarle in conformità ai principi generali
enunciati dalla Consulta stessa come sopra riassunti ed alle loro implicazioni, deve
constatare che alla giurisdizione esclusiva secondo la Consulta è del tutto estranea la
nozione di rapporto, che, invece, secondo gli auspici di molti dovrebbe rappresentarne
la vera e propria essenza.
V. CERULLI IRELLI, op. cit., p. 823. Com’è noto il Consiglio di Stato, fino al tentativo di svolta manifestatosi con le c.d.
decisioni “Fagiolari” (ma poi ben presto rientrato), utilizzando l’eccezione all’ambito della giurisdizione esclusiva, prevista
dall’art. 30 del T.U. sul Consiglio di Stato, relativamente ai diritti patrimoniali consequenziali, aveva finito – nonostante
l’espressa precisazione del primo comma della norma dell’estendersi della giurisdizione esclusiva alle questioni sui diritti –
con il costruire la giurisdizione esclusiva essenzialmente come giurisdizione sull’atto, senza, peraltro, che la Corte di
Cassazione trovasse da ridire su questo self restraint. Soltanto intorno agli anni ottanta, specie in riferimento al pubblico
impiego, si cominciò a manifestare la tendenza a dare dei diritti patrimoniali consequenziali una lettura che non vi
ricomprendeva i diritti direttamente nascenti dallo svolgimento del rapporto.
31
27
Queste precisazioni, si avverte fin d’ora, assumeranno notevole rilievo ai fini
dell’individuazione della sorte delle pretese risarcitorie in ambito di giurisdizione
esclusiva ridisegnata.
5. Per ragioni di completezza, a conclusione dell’indagine sul significato del riferimento
agli “atti e provvedimenti” appare opportuno soffermarsi brevemente su una
recentissima novità legislativa, che, in relazione all’introduzione - sempre nell’ambito
della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo - di una fattispecie generale
di “dichiarazione di inizio attività” (c.d. D.I.A.) ha previsto una nuova ipotesi di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativamente ad ogni controversia
sull’applicazione della nuova previsione normativa.
Si tratta della norma dell’art. 19 della l. n. 241 del 1990, il cui testo è stato sostituito
dall’art. 3, comma 1, del d.l. n. 35 del 2005, convertito (sul punto senza modificazioni)
nella l. n. 80 del 200532. Come emerge dalla lettura del comma 1, la d.i.a. è prevista in
relazione tutta una serie di fattispecie nelle quali per quel che dice lo stesso legislatore
l’Amministrazione dovrebbe concedere un provvedimento di carattere abilitativo <<il
cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti
amministrativi a contenuto generale e [in relazione ai quali: questa interpolazione è necessaria
perché la fattura della norma è, com’è di tutta evidenza, scarsamente corretta
linguisticamente] non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di
programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi>>.
Si verte, dunque, in ambito in cui la situazione del privato potrebbe essere stata al
momento dell’introduzione della norma di diritto soggettivo e l’attività
dell’Amministrazione potrebbe essere carente di uno spazio sia pure minimo di
discrezionalità. La cosa andrebbe accertata caso. Orbene, se la situazione fosse di diritto
soggettivo e, quindi, di esclusione della giurisdizione di legittimità (e salvo naturalmente
Il nuovo art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ha il seguente tenore: <<1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non
costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attivita'
imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti
amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per
il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza,
all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione
del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumita', del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente,
nonche' degli atti imposti dalla normativa comunitaria, e' sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di
autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente puo' richiedere informazioni o
certificazioni relative a fatti, stati o qualita' soltanto qualora non siano attestati in documenti gia' in possesso dell'amministrazione stessa o non
siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. 2. L'attivita' oggetto della dichiarazione puo' essere iniziata decorsi trenta
giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attivita', l'interessato ne da'
comunicazione all'amministrazione competente. 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalita' e fatti
legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove cio' sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente
detta attivita' ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E` fatto comunque salvo il
potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi
in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione
dell'attivita' e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali
l'amministrazione puo' adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione e' data comunicazione
all'interessato. 4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio
dell'attivita' e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione dei
suoi effetti. 5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".
Per qualche rilievo sulla d.i.a. dopo la sent. n. 204 in ordine al nuovo art. 34, ma prima della recente modifica dell’art. 19 si
veda: M. A. SANDULLI, Un passo avanti e uno indietro, etc., cit., 1223. E della stessa autrice prima della sentenza della
Consulta, Denuncia di inizio di attività, in Riv. giur. ed., 2004, II, 121.
32
28
che una giurisdizione esclusiva o se del caso di merito non fosse già prevista a favore del
G.A.33) per , scatterebbe il limite all’estensione della giurisdizione esclusiva costituito
dalla necessità che la gemmazione della giurisdizione esclusiva avvenga da una situazione
di esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in punto di legittimità. Eppure
la controversia sulla d.i.a., cioè sulla dichiarazione di inizio dell’attività compiuta dal
privato è attribuita al comma 5 alla giurisdizione esclusiva in ogni caso. Non si discute la
previsione della giurisdizione esclusiva sulle controversie relative all’applicazione del
comma 2 e del comma 3 (specie di quest’ultimo) in quanto qui si tratta di poteri
autoritativi (o meglio si dovrebbe trattare di poteri autoritativi esistenti a monte), il cui
esercizio dava verosimilmente luogo alla giurisdizione di legittimità. Ma che la
controversia sulla d.i.a. ai sensi del comma 1 debba comunque essere di pertinenza del
giudice amministrativo in via esclusiva potrebbe indurre qualche dubbio di
costituzionalità al lume della sentenza n. 204. A tacer d’altro la dichiarazione del privato
non è certo un atto o provvedimento dell’Amministrazione34.
§11. Gli effetti della sentenza n. 204 desumibili dalla riscrittura degli artt. 33 e le
relative implicazioni.
1. Individuate quelle che sembrano le implicazioni che sembra possibile desumere dal
tessuto motivazionale della sentenza n. 204 nella sua parte generale, di tratta di passare
ora a considerare le conseguenze che ai fini dello scrutinio di costituzionalità la Consulta
ne trae sulle due norme impugnate e di individuarne le possibili implicazioni e le
eventuali conferme della bontà delle conclusioni raggiunte in via generale.
Com’è stato notato da più parti e si percepisce facilmente dalla lettura della motivazione
la Consulta si sofferma sulla norma dell’art. 33, mentre è piuttosto lapidaria sull’art. 34.
2. A proposito della prima norma la Corte così si esprime: <<La formulazione dell'art.
33 del d.lgs. n. 80 del 1998, quale recata dall'art. 7, comma 1, lettera a), della legge n. 205
del 2000, confligge con i criteri, quali si sono individuati sub 3.2. ai quali deve ispirarsi la
legge ordinaria quando voglia riservare una "particolare materia" alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. Ed infatti, non soltanto (e non tanto) il riferimento
ad una materia (i pubblici servizi) dai confini non compiutamente delimitati (se non in
relazione all'ipotesi di concessione prevista fin dall'art. 5 della legge n. 1034 del 1971),
quanto, e soprattutto, quello a "tutte le controversie" ricadenti in tale settore rende
evidente che la "materia" così individuata prescinde del tutto dalla natura delle situazioni
soggettive in essa coinvolte: sicché, inammissibilmente, la giurisdizione esclusiva si
Si pensi al c.d. nulla osta cinematografico, ai sensi dell’art. 8 della legge 21 aprile 1962, n. 161 (Revisione dei film e dei
lavori teatrali), su cui è prevista la giurisdizione di legittimità estesa al merito: in termini si veda R. DE NICTOLIS, La
giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, in Trattato di giustizia amm. di F. CARINGELLA e R. GAROFOLI, cit., 225 e
s.
34 E’ sufficiente un esempio per avvalorare i dubbi che la nuova d.i.a. comporta in punto di istituzione della nuova
giurisdizione esclusiva: l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, disciplinata dall’art. 7 della legge 8 agosto 1985, n. 443,
Legge quadro sull’artigianato, prevede che i provvedimenti amministrativi sull’iscrizione, modificazione o cancellazione
dall’apposito albo siano impugnabili avanti al giudice ordinario: si veda da ultimo DE NICTOLIS, op. cit., 197, testo e nota
171. I poteri dell’A.G.O. sono poi di piena giurisdizione: si veda da ultimo Cass. 2 dicembre 2004, n. 22609, RV 578264:
<<Nelle controversie relative alla impugnazione delle deliberazioni adottate dalle Commissioni regionali per l'artigianato in materia di iscrizione,
modificazione e cancellazione dall'Albo, l'art. 7, comma sesto, della legge n. 443 del 1985 prevede che il Tribunale possa incidere in modo diretto
sul provvedimento reso dalla Commissione regionale, ordinando, ovvero disponendo la modifica o la cancellazione della iscrizione. Ad un tal
riguardo l'onere della prova dei fatti impeditivi della iscrizione in quell'Albo incombe sul soggetto che contesta la legittimità della iscrizione, il
quale resta altresì esposto alle conseguenze negative della perdurante incertezza di tali fatti nel momento in cui la causa deve essere decisa>>.
33
29
radica sul dato, puramente oggettivo, del normale coinvolgimento in tali controversie di
quel generico pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi.
Ma, in tal modo, viene a mancare il necessario rapporto di species a genus che l'art. 103
Cost. esige allorché contempla, come "particolari", rispetto a quelle nelle quali la
pubblica amministrazione agisce quale autorità, le materie devolvibili alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. Tale conclusione è avvalorata dalla circostanza che
il comma 2 della norma individua esemplificativamente ("in particolare") controversie,
quale quella incardinata davanti al giudice a quo [n.d.r.: cioè il Tribunale di Roma, avanti al
quale pendeva una controversia inerente pagamento di somme dovute per prestazioni di ricovero
ospedaliero], nelle quali può essere del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica
amministrazione-autorità: e certamente le ipotesi specificamente censurate (lettere b ed
e) sono tali da non resistere al vaglio di costituzionalità in quanto non soltanto (come le
altre contemplate dal comma 2) travolte dalla censura che investe la previsione di "tutte
le controversie in materia di pubblici servizi", ma anche perché, ex se, integrano ipotesi
nelle quali tali controversie non vedono, normalmente, coinvolta la pubblica
amministrazione-autorità. La materia dei pubblici servizi può essere oggetto di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione
agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla
legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di
tale facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della
legge n. 241 del 1990): sicché, conclusivamente, va dichiarata l'illegittimità costituzionale
dell'art. 33, comma 1, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo <<tutte le controversie in materia di pubblici
servizi>> anziché le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di
pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (così
come era previsto fin dall'art. 5 della legge n. 1034 del 1971), ovvero relative a
provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico
servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 7 agosto
1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e
controllo nei confronti del gestore (così come era previsto dall'art. 33, comma 2, lettere c
e d). Va altresì dichiarata l'illegittimità costituzionale del comma 2 della norma in
esame>>.
3. Come si vede la Corte ribadisce la correlazione della giurisdizione esclusiva in materia
di pubblici servizi al terreno in cui l’amministrazione si pone come autorità ma fa
un’aggiunta, perché precisa che sullo stesso piano si pone il caso in cui la P.A. agisca, in
quanto glielo riconosca la legge, utilizzando strumenti di natura negoziale in sostituzione
del potere autoritativo. Inoltre, altro dato significativo è quello con cui la Corte
sottolinea che non possono essere ricomprese nell’ambito della giurisdizione esclusiva,
proprio perché in esse è del tutto estraneo il potere autoritativo della P.A. le
controversie inerenti obbligazioni della P.A.: è questo il senso del riferimento alla
controversia pendente avanti al giudice che ha sollevato la questione relativa all’art. 33.
La prima affermazione è del tutto coerente con l’impostazione generale della sentenza e
conferma che l’estensione della giurisdizione esclusiva si àncora all’esercizio di poteri
autoritativi e, quindi, ad atti e provvedimenti dell’Amministrazione (nei sensi in
precedenza precisati). Messa in relazione con la seconda affermazione e sulla base della
30
valorizzazione della nozione di autoritarietà, parrebbe confermare che, là dove vengano
in rilievo atti o provvedimenti della P.A. normativamente previsti come obbligatori si è
fuori dall’ambito della giurisdizione esclusiva. In tal modo sembrerebbe che si evochi
l’idea che estranea alla giurisdizione esclusiva debba restare l’attività vincolata.
Altra affermazione del tutto coerente con le altre generali e con le implicazioni che se ne
sono tratte sopra è quella che <<non basta a giustificare la giurisdizione esclusiva quel
generico pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi>>:
questa sottolineatura conferma l’importanza del riferimento della giurisdizione agli atti e
provvedimenti autoritativi e l’esclusione della caratterizzazione della giurisdizione come
giurisdizione sul rapporto.
§11.1. Il riferimento all’agire con strumenti di diritto privato in sostituzione del
provvedimento e la recente novità sul punto introdotta dalla legge n. 15 del 1990.
Prima di passare all’esame delle specifiche ipotesi risultanti dalla riscrittura dell’art. 33 è il
caso di soffermarsi sull’affermazione che la giurisdizione esclusiva può concernere anche
l’agire dell’Aministrazione con strumenti di diritto privato in sostituzione dell’adozione
di provvedimenti, “quando la legge glielo consenta”.
Si tratta di un riferimento chiaramente diretto a far salva un’ipotesi di giurisdizione
esclusiva già esistente, quella prevista dall’art. 11 della l. n. 241 del 199035.
Ancorché taluno, nel quadro di una critica serrata all’accento che la sent. n. 204 del 2004
ha posto sull’agire autoritativo dell’Amministrazione, bollandolo come non più
rispondente ai tempi, si sia criticato il fatto che la Consulta abbia posto sullo stesso
piano di quest’ultimo la stipulazione degli accordi in sostituzione di provvedimenti, cui
allude l’art. 11, assumendo che in ordine ad essi la giurisdizione esclusiva sembra in
ordine ad essi giustificata dal fatto che nella disciplina dell’accordo è contemplata la
possibilità del recesso dell’Amministrazione36, sembrerebbe che, in riferimento al
momento in cui è intervenuta la sentenza n. 204 la parificazione all’agire autoritativo
diretto degli accordi in questione fosse coerente con la ricostruzione dei limiti di
legittimità della giurisdizione esclusiva effettuata dalla Consulta. Infatti, in riferimento al
testo dell’art. 11 allora vigente, poiché esso ammetteva la possibilità degli accordi
sostitutivi del provvedimento soltanto <<nei casi previsti dalla legge>>, la parificazione
aveva un senso come base di partenza nell’esistenza del potere autoritativo
dell’Amministrazione in presenza del quale l’accordo veniva stipulato (fermo restando
che il provvedimento in sostituzione del quale veniva stipulato l’accordo doveva essere
di carattere autoritativo) e, per altro verso non poneva problemi di compatibilità con i
dicta della Consulta quanto all’estendersi della giurisdizione esclusiva – a norma del
comma 5 dell’art. 11 – oltre che alla formazione ed alla conclusione anche all’esecuzione,
in quanto quest’ultima attività era sempre riconducibile a quanto sarebbe stato soggetto
alla giurisdizione esclusiva sul provvedimento, atteso che si è detto che l’esecuzione del
provvedimento fa parte dell’ambito di quella giurisdizione secondo la Consulta.
Comunque, ove l’estensione all’esecuzione fosse da interpretarsi come implicante una
giurisdizione sul rapporto, in tal caso l’applicabilità in senso più ampio (rispetto a quel
Sulla giurisdizione esclusiva ex art. 11 l. n. 241 del 1990 si veda, da ultimo, F. CARINGELLA, Accordi ex artt. 11 e 15 della
legge n. 241/1990, in Trattato di giustizia amm. diretto da F. CARINGELLA e R. GAROFOLI, II, cit., 1049-1090.
36 Così B.G. MATTARELLA, op. cit., 980.
35
31
che sarebbe stato di fronte all’adozione del provvedimento) della giurisdizione esclusiva
sarebbe dipesa pur sempre dalla libera scelta del privato, che dunque consapevolmente si
sarebbe sottoposto a detta giurisdizione37.
D’altro canto, non parrebbe che sorgano dubbi sulla possibilità di considerare conforme
all’idea di giurisdizione esclusiva della sent. n. 204 del 2004 a seguito della recentissima
modifica dell’art. 11 operata dall’art. 7 della l. n. 15 del 2005 con la soppressione nel
comma 1 della norma dell’inciso <<nei casi previsti dalla legge>>38, che fa sì che la
stipula di accordi sostitutivi non dipenda più da una previsione di legge. Invero, se non è
più necessaria una previsione di legge, ma è a discrezione dell’Amministrazione stipulare
accordi sostitutivi di provvedimenti, resta pur sempre possibile individuare i limiti della
ipotesi di giurisdizione in relazione ai casi in cui il provvedimento sostituito dall’accordo
abbia carattere autoritativo, necessità che è implicata dal riferimento al contenuto
discrezionale del provvedimento contenuto nel comma 1 della norma39.
§11.2. Le ipotesi risultanti dalla riscrittura dell’art. 33.
1. Si dà qui conto delle ipotesi che risultano dalla riscrittura dell’art. 33 operata dalla
Corte costituzionale, non senza dover preliminarmente registrare (come hanno fatto
tutti i commentatori) che la Corte non si è impegnata in alcun modo nell’individuazione
della nozione di pubblici servizi, che tanto inchiostro aveva fatto scorrere, se non per
rimarcare quello che tutti avevano avvertito, cioè l’estrema difficoltà di darle confini
certi.
La prima ipotesi che viene in rilievo è quella concernente “le controversie in materia di
pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse le indennità, canoni ed
altri corrispettivi”.
Essa parrebbe determinare il mero ripristino dell’ipotesi di giurisdizione esclusiva già
contemplata dall’art. 5 della l. n. 1034 del 1971 (e che era trasmigrata nell’art. 33 una
volta creata l’onnicomprensiva ipotesi di giurisdizione esclusiva in materia di pubblici
servizi)40. Il senso dell’operazione manipolativa della Corte e dell’espressa
Quanto rilevato nel testo sembrerebbe idoneo a superare i dubbi sollevati da L. TORCHIA, Biblioteche al macero, etc., cit., la
quale si era domandata in che senso potesse allora distinguersi <<un accordo adottato “in sostituzione” di poteri
autoritativi da un accordo tout court, visto che in entrambi i casi la posizione delle parti dell’accordo è (o dovrebbe essere)
simmetrica e paritaria>>, soggiungendo :<<non si finisce così per contraddire proprio il criterio di riparto basato sulla
natura delle situazioni soggettive?>>.
37
Il nuovo testo dell’art. 11 è il seguente: <<1 . In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10,
l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi
con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero [...] in sostituzione di questo. 1-bis . al fine di
favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita,
separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati. 2 . gli accordi di cui al presente articolo debbono
essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i
principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. 3 . gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai
medesimi controlli previsti per questi ultimi. 4 . per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente
dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.
4-bis . a garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione
conclude accordi nelle ipotesi previste al comma l, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente
per l'adozione del provvedimento. 5 . le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono
riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo>>.
38
Per una fattispecie in tema di convenzioni urbanistiche si veda T.a.r. Toscana, sez. 1, 6 ottobre 2004, n. 4201, in Urb. e
appalti, 2005, 205, con nota di S. BINI e F. MONIGA, Convenzioni urbanistiche e giurisdizione: il dubbio amletico è sempre più attuale.
40 Il punto trova concordi i commentatori: si vedano: R. GAROFOLI, I servizi pubblici, in AA.VV., Il riparto di giurisdizione, I,
39
32
contemplazione di questa ipotesi nel testo di risulta dell’art. 33 si comprende appieno, se
si considera che la Corte non ha toccato il terzo comma dell’art. 33, che aveva soppresso
il riferimento alle concessioni di servizi già presente nel suddetto art. 5.
L’eccettuazione dalla giurisdizione delle controversie sulle indennità, canoni ed altri
corrispettivi è perfettamente conforme al limite della giurisdizione esclusiva individuato
dalla Corte nell’esistenza di una posizione di diritto soggettivo non deducibile al
momento dell’introduzione della giurisdizione esclusiva avanti al giudice amministrativo:
è noto, infatti, che, in ragione dell’eccettuazione espressamente prevista nel citato art. 5
quelle controversie nel 1971 erano rimaste al giudice ordinario.
I problemi posti dalla riscrittura della norma a proposito di questa ipotesi, peraltro, non
risultano esauriti dalla constatazione che si è ritornati a quanto prevedeva l’art. 5 citato.
Questa conclusione, infatti, comporterebbe che la giurisdizione esclusiva in materia di
concessioni di servizi è stata ripristinata per quello che era (o era diventata) prima che
fosse attratta nell’art. 33, cioè una giurisdizione sul rapporto estesa anche agli atti di
diritto comune dell’ente concedente, con l’unica eccezione delle indennità, dei canoni e
dei corrispettivi.
Senonché, sotto tale profilo la fattispecie si estenderebbe anche a controversie nelle quali
di per sé non è implicato il potere autoritativo della Pubblica Amministrazione o quello
del gestore, come quelle inerenti la cessazione o risoluzione del rapporto concessorio.
Sembra tuttavia difficile ipotizzare un ridimensionamento dell’ambito della giurisdizione
così come si era consolidato prima dell’art. 33 ed in particolare sostenere che tali
controversie debbano attribuirsi al giudice ordinario, con una sorta di effetto espansivo
di tale giurisdizione sicuramente non voluto dal giudice delle leggi41.
in Trattato di giustizia amministrativa diretto da F. CARINGELLA e R. GAROFOLI, Milano, 2005, 368 e ss.; IDEM, La nuova
giurisdizione in tema di servizi pubblici dopo Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204, in www.lexitalia.it; S. BENINI, op. cit., 2594; A. TRAVI,
op. cit., 2599; F. CINTIOLI, op. cit.; F. CARINGELLA, Corso, cit., 406 e ss., anche per l’indicazione di giurisprudenza
amministrativa successiva alla sentenza n. 204; che
La giurisprudenza della Corte, in riferimento all’art. 5 della l. n. 1034 del 1971 era pervenuta ad affermare che <<La
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'art. 5, primo comma, della legge n. 1034 del 1971 riguarda tutte le controversie
attinenti a concessioni di beni o di servizi pubblici, ancorché non originate da provvedimenti della pubblica amministrazione, e, quindi, anche
quelle in cui il concessionario deduca la responsabilità della controparte per allegate violazioni degli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio,
invocando pronunce di carattere risolutorio e risarcitorio. (Nella specie, relativa a zone demaniali date in concessione per la costruzione e gestione
di impianti sciistici, con impegno assunto dal Comune di provvedere alla sdemanializzazione e successiva vendita delle stesse, il concessionario,
rilevando che il comune non aveva avviato la procedura di sdemanializzazione e aveva anzi comunicato l'intenzione di non rinnovare la
concessione, aveva agito in giudizio dinanzi al giudice ordinario chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno)>> (Cass. sez.
un., ord. n. 6687 del 2002, RV 554283). Ed ancora di recente è stato ribadito che <<nel vigore della disciplina contenuta nell'art.
5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dall'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80),
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia che - senza porre in discussione l'esistenza e la validità di atti amministrativi e
senza involgere la risoluzione di questioni attinenti all'esistenza, alla durata e alla disciplina della posizione delle parti nell'ambito del rapporto
tra privato e P.A. - abbia ad oggetto unicamente pretese patrimoniali nei confronti della P.A., volte al pagamento di corrispettivi e indennizzi in
relazione ad un servizio affidato al privato. (Nella specie, la Corte Cass., in una controversia relativa a concessione di beni del demanio comunale
a scopi pubblicitari, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, pur essendo stata dedotta una situazione che avrebbe potuto
portare alla risoluzione della concessione, la domanda del concessionario aveva ad oggetto l'accertamento negativo del proprio dovere di
corrispondere all'ente concedente i canoni e la conseguente richiesta di dichiarazione di infondatezza delle relative pretese del concedente)>> (Cass.
sez. un., ord. n. 4955 del 2005). In riferimento alla situazione dopo la sentenza n. 204 del 2004 recentemente le SS.UU.
hanno sostanzialmente ribadito il ricordato orientamento statuendo che <<Il rapporto tra il privato e la P.A. avente ad oggetto il
godimento di un locale facente parte di una struttura ospedaliera destinata a pubblico servizio (rientrante tra i beni patrimoniali indisponibili) e
connesso alla concessione del servizio di distribuzione dei pasti può trovare titolo soltanto in un atto concessorio, con la conseguenza che la relativa
controversia appartiene (anche dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art.33, Comma primo del D.Lgs. 31.3.1998, n.80) alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le volte in cui (come nella specie) venga in contestazione la natura stessa del rapporto tra le
parti>> (Cass. sez. un., ord. n. 21713 del 2004, RV 578644). Sul problema sollevato nel testo si veda anche C. VOLPE,
Servizi pubblici, concessione, risoluzione e giurisdizione: certezze e incertezze del sistema, di prossima pubblicazione sul fasc. n. 5 di Urb.
41
33
2. Vengono poi in rilievo “le controversie relative a provvedimenti adottati dalla
pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento
amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241”.
La prima notazione che suggerisce questa formula è che la giurisdizione esclusiva è
ancorata a “provvedimenti” e, quindi, in questo caso le conseguenze ai fini della
riscrittura dei confini della giurisdizione esclusiva sono del tutto consonanti con le
premesse poste dalla Corte a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale.
Il fatto che la giurisdizione sia riferita ai provvedimenti non sembra, peraltro, dare
ragione al rilievo di chi ha sottolineato che in questo caso la Consulta avrebbe
individuato una giurisdizione di legittimità: questo rilievo, infatti, deve tenere conto di
quanto osservato sopra sulle conseguenze della qualificazione in termini di giurisdizione
esclusiva in riferimento al venir meno della possibilità di usare il criterio di riparto
fondato sulla contrapposizione fra carenza di potere in concreto e cattivo uso del
potere42.
Per altro verso, mentre prima della legge n. 15 del 2005, che ha modificato numerose
norme della l. n. 241 del 1990, il riferimento ai procedimenti amministrativi disciplinati
da quest’ultima legge si presentava di notevole ambiguità, in ragione della possibilità di
due diverse opzioni circa l’ambito di applicazione della legge stessa, l’una nel senso della
sua generale applicabilità, l’altra in senso contrario43, dopo la legge n. 15 l’ambiguità
sembrerebbe venuta meno, giacché l’art. 1, della legge del 1990, come modificato
dall’art. 1 delle legge n. 15 e rirubricato dall’art. 21 di essa, sembrerebbe nel primo
comma stabilire un’applicabilità generale della l. n. 241 del 1990 all’attività
dell’amministrazione (salve le eccezioni risultanti dalla stessa legge: si veda l’art. 13).
Va registrato che restano superati i dubbi che erano stati espressi a proposito del
riferimento dell’ipotesi di giurisdizione esclusiva anche ai gestori privati di pubblici
servizi, sotto il profilo che la legge n. 241 (salvo quanto al diritto di accesso, ai sensi
dell’art. 23 della legge) non era per essi obbligatoria, riguardando solo l’attività delle
amministrazioni pubbliche44: infatti, la recente legge n. 15 del 2005, nel modificare l’art.
1 della l. n. 241 del 1990, ha aggiunto nell’art. 1 un comma 1-ter, il quale espressamente
prevede che <<i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative
assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1>>45, onde per tale ragione il dubbio
parrebbe superato.
e appalti, che mette in evidenza come lo strumento concessorio sia ormai diventarto obsoleto nell’agire dell’Amministrazione
e avanza dubbi sulla conciliabilità del modello di giurisdizione sul rapporto secondo l’art. 5 l. n. 1034 del 1971 con la
giurisdizione esclusiva come ridisegnata dalla Consulta.
Di omologazione della fattispecie di giurisdizione così identificata alla giurisdizione di legittimità parla F. CINTIOLI,
ibidem, il quale osserva che <<se e nei termini in cui possa configurarsi un atto a contenuto sostanzialmente
provvedimentale, espressione di un potere pubblico, al cospetto del quale emergano situazioni soggettive di incerta
qualificazione, non vi sarebbe motivo di disputare sulla loro esatta identità, perché il collegamento con la materia del
servizio pubblico sarebbe sufficiente a fondare la giurisdizione esclusiva del g.a.>>; sulle sue orme si veda, in senso ancora
più icastico, S. GIACCHETTI, op. cit., 1659.
43 Vedi F. CARINGELLA, Corso, cit., 414.
44 Il dubbio era stato affacciato da F. CINTIOLI, ibidem, che, tuttavia, proponeva un’interpretazione diretta a superarlo.
45 A prima lettura sulla l. n. 15 del 2005 si vedano: A. CENICCOLA, Il diritto di accesso dopo la legge n. 15/2005, in
www.judicium.it; E. BATTISTI, La riforma della legge sul procedimento amministrativo, in www.federalismi.it ; G.BACOSI-F.
LEMETRE, La legge n. 15 del 2005. Spunti di riflessione, in www.giuustizia.amministrativa.it; A. CERRETO, Prime osservazioni sulla
42
34
3. In merito all’ipotesi delle controversie “relative all’affidamento di un pubblico
servizio”, è stato rilevato che la giurisdizione esclusiva risulta limitata all’ambito delle
controversie concernenti il solo affidamento e non l’esecuzione del rapporto sorto a
seguito dell’affidamento e che l’espressione usata dalla Corte sembra riecheggiare quella
già figurante nella lettera d) del secondo comma dell’art. 33, ora caducata. Il riferimento
all’affidamento andrebbe, dunque, letto come se riguardasse “le procedure di
affidamento”, ma con l’avvertenza che, in ragione dell’affermazione fatta in motivazione
dalla Corte circa l’estensione della giurisdizione esclusiva anche all’ipotesi in cui
l’Amministrazione invece che a provvedimenti autoritativi ricorra allo strumento
negoziale, sussisterebbe la giurisdizione esclusiva anche quando l’Amministrazione
ricorra a tale strumento sostitutivo46.
Peraltro, sembrerebbe che quest’ultima ipotesi presenti qualche problema di
coordinamento con l’art. 11 della l. n. 241 del 1990, il quale, nell’ultimo comma, prevede
che in riferimento agli “accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento” la
giurisdizione esclusiva riguardi la materia della “formazione, conclusione ed esecuzione
degli accordi” stessi: il concetto di “esecuzione” potrebbe abbracciare in questo caso
(anche in relazione a quanto si è osservato nel paragrafo precedente) pure l’attuazione
dei rapporti puramente obbligatori nell’ambito dell’accordo e, quindi, le pretese
meramente patrimoniali all’adempimento del rapporto, salvo darne una lettura
restrittiva, cioè meramente limitata alla esecuzione delle attività inerenti la realizzazione
delle condizioni per l’inizio dello svolgimento dell’accordo, cioè in pratica a ciò che
effettivamente ha sostituito l’adozione del provvedimento47. Il punto è tuttavia di incerta
soluzione, atteso che l’ipotesi risultante dalla riscrittura operata dalla Consulta va
coordinata con l’altra concernente le concessioni di pubblico servizio, riguardo alla quale
si è poco sopra evidenziato che sono parimenti possibili due diverse letture, una
tendente ad intendere la giurisdizione sul rapporto e l’altra no. Problemi di
coordinamento sorgono pure con la norma dell’art. 6 della l. n. 205 del 2000, non
toccata dalla pronuncia della Consulta: vedi di seguito il n. 5.
4. Con riferimento “alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore [evidentemente di
un pubblico servizio] nonché afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al
mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai
servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481”, fermo che si tratta di ipotesi
recuperate dal testo dello stesso art. 33 com’era prima della falcidia fattane dalla sentenza
della Consulta, fra i commentatori si è subito prospettato un contrasto fra una lettura
coerente con l’impianto generale della motivazione della sentenza ed una lettura che,
valorizzando sia la circostanza che non si limita la giurisdizione all’affidamento sia il
fatto che si parla di “vigilanza” e che il “nonché” non è seguito dal termine
“provvedimenti”, tenderebbe a ritenere che in queste ipotesi vi sia una sorta di
giurisdizione sul “rapporto”, con l’ulteriore conseguenza che sarebbero venute meno
anche le limitazione che in taluni di quei settori il testo dell’art. 33 prevedeva nel
L. n. 15/2005 di modifica della legge 241/1990:”Il nuovo ruolo delle pubbliche amministrazioni”. Da ultimo ampiamente S.
GIACCHETTI, Giurisdizione amministrativa e legge n. 15/2005: verso la iscoperta, etc., cit.
46 TRAVI, op. cit., 2602; si veda anche F. CARINGELLA, op. cit., 416.
47 In tale prospettiva riceverebbe legittimità l’assunto di T.A.R. Lazio, Latina, 20 luglio 2004, www.lexItalia.it, che ha declinato
la giurisdizione sulla domanda di condanna di un comune al pagamento ad altro comune, affidatario di un servizio di
trasporto, refezione e fornitura di libri di testo, in favore di alunni frequentanti la scuola dell’obbligo.
35
secondo comma ora caducato, con una sorta di singolare effetto espansivo della
giurisdizione amministrativa48.
Parrebbe senz’altro preferibile la prima soluzione ricostruttiva, perché la seconda, nel
silenzio totale della sentenza sul punto, contraddice manifestamente i paletti segnati alla
giurisdizione esclusiva con il riferimento al potere autoritativo dell’Amministrazione (o
del suo sostituto). Non solo, posto che talune delle figure in discorso possono
esprimersi anche con lo strumento concessorio (ad esempio, si pensi al servizio
farmaceutico), si verificherebbe un’intrinseca incoerenza con la riserva alla giurisdizione
ordinaria delle controversie su canoni, indennità e corrispettivi. Inoltre, la prima
soluzione è inaccettabile anche là dove implica l’esclusione dell’operare come limite
all’estensione della giurisdizione esclusiva dell’esistenza di ipotesi, nelle quali l’attività
amministrativa si estrinseca in un provvedimento e, quindi, in una manifestazione di
autorità, ma è normativamente regolato in termini di vincolatività e, dunque, ha (ed
aveva) di fronte un diritto soggettivo del privato. In tal modo, sembrerebbero dover
restare escluse dall’ambito della giurisdizione esclusiva, non diversamente da quanto
accadeva secondo il vecchio testo dell’art. 33, le controversie in tema di c.d. rapporti
individuali di utenza ed in genere su diritti di prestazione ed anche le controversie in
materia di sanzioni amministrative (sia alla stregua della l. n. 689 del 1981, che in base ad
altre disposizioni)49.
5. E’ da avvertire che la sentenza non ha direttamente considerato la fattispecie di
giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 6 della l. n. 205 del 2000 (che com’è noto trovava
un suo doppione, per un difetto di coordinamento della frettolosa redazione della l. n.
205 del 2000, nella lett. d) del comma 2 dell’art. 33, ora venuto meno), ma parrebbe
evidente che, allo stesso modo di come la ricomprensione della sua fattispecie
(“controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da
soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della
normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti
dalla normativa statale o regionale”) nell’ambito della ormai defunta giurisdizione per
blocchi di materie comportava sicuramente effetti in ordine alla sua interpretazione, il
riscritto testo dell’art. 33 ne comporta anch’esso. Tali effetti sono imputabili, oltre che
all’impianto generale della sentenza n. 204 per come evidenziato in precedenza e,
particolarmente al riferimento della giurisdizione esclusiva solo ad atti e provvedimenti,
alla ipotesi specifica dell’affidamento di un pubblico servizio. Invero, così come nel
vigore del testo dell’art. 33 anteriore alla dichiarazione di incostituzionalità la previsione
della suddetta lett. d) poteva indurre, ancorché il termine “affidamento” potesse
significare il restringimento della giurisdizione solo alla fase genetica del rapporto, a
privilegiare una lettura ampia della giurisdizione di cui all’art. 6, cioè nel senso che essa
riguardasse, in realtà, anche la fase dello svolgimento ancorché il suo titolo potesse
essere il contratto e gli strumenti di svolgimento privatistici, dopo la riscrittura operata
dalla sentenza n. 204 può valere l’opzione interpretativa contraria, cioè quella di limitare
la giurisdizione esclusiva solo alla fase genetica, escludendone non solo la fase di
svolgimento (e, quindi, certamente l’esercizio delle pretese patrimoniali nascenti dal
Si veda decisamente in questo senso F. CARINGELLA, op. cit., 417 e ss.
A favore dell’opzione restrittiva si veda A. TRAVI, op. cit., 2603 e ss. Sulla questione dei rapporti individuali di utenza
prima della sent. n. 204 del 2004 si veda la Relazione n. 1 dell’8 gennaio 2003 di questo Ufficio del Massimario e del Ruolo.
48
49
36
rapporto), ma anche, verosimilmente, lo scioglimento del rapporto per risoluzione e
l’eventuale recesso dell’Amministrazione. Questa opzione si lascia sicuramente preferire
attesa la sottolineatura della correlazione della giurisdizione esclusiva al potere
autoritativo della P.A. che, salvo eccezioni, non viene in rilievo né in ordine alle pretese
patrimoniali, né rispetto allo scioglimento del rapporto.
Non manca, tuttavia, qualche voce contraria in giurisprudenza, particolarmente per la
risoluzione del contratto50.
6. Un rilievo conclusivo che parrebbe opportuno è che le problematiche evidenziate in
riferimento alla parte del riscritto art. 33 relativa all’affidamento di pubblici servizi e alle
concessioni di servizi ed alle relazioni con la fattispecie di cui all’art. 6 citato ed all’art. 11
della l. n. 241 del 1990 vanno affrontate unitariamente in modo da pervenire a soluzioni
coerenti.
§12. L’eliminazione del riferimento ai comportamenti nell’art. 34 del d.lgs. n. 80
del 1998.
1. Passando alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 34 si è già detto (ed è notazione
comune a tutti i commentatori) che la Corte Costituzionale è stata qui molto più
lapidaria
Si è, infatti, limitata a dire che <<analoghi rilievi [rispetto a quelli svolti a proposito dell’art.
33] investono la nuova formulazione dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, quale recata
dall'art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 205 del 2000: formulazione che si pone in
contrasto con la Costituzione nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione
esclusiva - oltre "gli atti e i provvedimenti" attraverso i quali le pubbliche
amministrazioni (direttamente ovvero attraverso "soggetti alle stesse equiparati")
svolgono le loro funzioni pubblicistiche in materia urbanistica ed edilizia - anche "i
comportamenti", la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non
esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti
intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere. Poiché, mutatis mutandis, a tale
previsione dell'art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998 si attagliano le medesime
considerazioni che si sono esposte (sub 3.4.2.) a proposito dell'art. 33, comma 1, deve
dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998,
come sostituito dall'art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 205 del 2000, nella parte in
cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi
per oggetto <<gli atti, i provvedimenti e i comportamenti>> in luogo che <<gli atti e i
provvedimenti>> delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse
equiparati>>.
2. A dispetto della chiarezza del ridimensionamento che l’art. 34 ha subito, una parte
considerevole degli interpreti, ha voluto ridimensionare …. il ridimensionamento e,
quindi, gli effetti della pronuncia, tentando di far dire alla sentenza non già quello che
dice, cioè che la giurisdizione esclusiva ai sensi del riscritto art. 34 (e, si badi, il discorso
per ora si limita esclusivamente a questa norma siccome ancora attributiva di una
Per approfondimenti si vedano: F. CARINGELLA, Corso, cit., 475 e ss., specie 548; nonché ampiamente R. DE
NICTOLIS, Affidamento di lavori, servizi e forniture, in Trattato di giustizia amm. diretto da F. CARINGELLA e R. GAROFOLI,
cit., 737 e ss. In giurisprudenza si vedano: T.a.r. Calabria Catanzaro, sez. Ii, 17 novembre 2004, n. 2111, in www.lexitalia.it e
T.a.r. Sardegna, n. 1058 del 2004.
50
37
giurisdizione esclusiva e tralascia il possibile rilievo della norma dell’art. 35, di cui si dirà
successivamente) non concerne di per sé i comportamenti, cioè le manifestazioni
dell’agire dell’Amministrazione che non si concretino in “atti o provvedimenti”51, bensì
qualcosa d’altro, cioè, in definitiva che essa non concerne soltanto i comportamenti che
in alcun modo, cioè nemmeno mediatamente, possano riconnettersi ad un atto o
provvedimento amministrativo, e, quindi, nemmeno mediatamente possano considerarsi
espressione dell’esercizio di un potere autoritativo.
Il dibattito si è, in tale ottica, incentrato soprattutto sulla sorte delle figure delle azioni
con le quali si deduca un fenomeno di c.d. occupazione usurpativa o di occupazione
acquisitiva.
Secondo le ricostruzioni dichiaratamente minimizzatrici della portata della sentenza della
Corte Costituzionale la soppressione del riferimento ai comportamenti riguarderebbe
soltanto i comportamenti della Pubblica Amministrazione di natura meramente
materiale, come tali non riconducibili in alcun modo all’esercizio di un pubblico potere.
Viceversa, nonostante quella soppressione, sia in ragione della conservazione del
secondo comma dell’art. 34, sia in ragione della limitatezza delle eccezioni alla
giurisdizione esclusiva risultanti dal terzo comma della norma, sarebbero rimaste sempre
ricomprese all’interno della giurisdizione esclusiva quelle controversie inerenti quei
comportamenti, i quali, in quanto posti in essere sulla base di provvedimenti autoritativi,
sarebbero da ritenere pur sempre espressione dell’esercizio del potere pubblico,
ancorché debbano essere apprezzati quando quei provvedimenti risultino rimossi o
caducati52.
3. Sulla base di tale ricostruzione degli effetti della sentenza n. 204 del 2004, si ammette
anzitutto che sarebbero rimasti sottratti alla giurisdizione esclusiva i comportamenti
tenuti dall’amministrazione in via di mero fatto e senza titolo, avverso i quali sarebbe
(eventualmente) esperibile l’azione possessoria o comunque l’azione di occupazione
senza titolo53.
Sotto tale profilo la soppressione del riferimento ai “comportamenti” non sarebbe stata
inutile, in quanto nella giurisprudenza delle SS.UU. la sorte delle azioni possessorie era
rimasta incerta54.
Nozione questa sulla cui interpretazione ci si è fermati nel paragrafo 10, cui si rinvia.
Naturalmente, non ci pone nemmeno il problema della configurabilità o meno della giurisdizione esclusiva allorquando
quei provvedimenti non siano stati ancora rimossi, in quanto il privato se ne sia disinteressato e ne invochi la illegittimità
incidenter, problema che evoca la questione della pregiudiziale amministrativa.
53 In questo senso da ultimo T.a.r. Lombardia, Milano, sez. III, 2 agosto 2004, n. 3232, in Urbanistica e appalti, 2005, 80 e ss.,
con nota di M. L. MADDALENA, Comportamenti della p.a. in materia urbanistica e riparto di giurisdizione dopo Corte cost. 204/2004.
51
52
Da ultimo (prima della sent. n. 204 del 2004) Cass. sez. un. 19 maggio 2004, n. 9532 (RV 572959) aveva affermato: <<In
tema di espropriazione per pubblico interesse, la mancanza iniziale dei termini di cui all'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n.
2359, e segnatamente dei termini per l'inizio e il compimento delle espropriazioni, vizia in radice la dichiarazione di pubblica
utilità, comportandone l'originaria invalidità (che si traduce in giuridica inesistenza per carenza di un suo carattere essenziale
tipico), con conseguente inidoneità del decreto di occupazione, siccome non collegato ad un fine di pubblico interesse
legalmente dichiarato, a sottrarre alla parte privata la disponibilità del bene. Ne deriva che, in tal caso - non risultando
l'occupazione del bene collegabile ad un provvedimento amministrativo emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri
autoritativi e discrezionali della P.A., ma concretandosi essa in una mera attività materiale disancorata e non sorretta da un
provvedimento amministrativo formale - la domanda proposta dal privato in sede possessoria, diretta alla tutela di tale bene,
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendosi al di fuori dell'ambito applicativo della riserva di giurisdizione in
favore del giudice amministrativo, prevista dall'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7 della
legge 21 luglio 2000, n. 205>>. Invece, altre due decisioni si erano espresse nel senso della sussistenza della giurisdizione
esclusiva: Cass. sez. un. 11 aamrzo 2004, n. 5055 (Rv 571043), in Corr. Giur., 2004, 889, con nota di G. DI MARZO, Azione
54
38
Con specifico riferimento alle vicende ablative, riguardo alla c.d. occupazione usurpativa
si propone di distinguere fra il caso in cui il fatto usurpativo sia stato posto in essere
senza che a monte vi fosse una dichiarazione di pubblica utilità ed il caso in cui invece
quel fatto sia stato posto in essere a seguito di una dichiarazione di pubblica utilità,
successivamente dichiarata illegittima.
Mentre nel primo caso la reazione avverso il comportamento usurpativo, si estrinsechi
essa con una richiesta recuperatoria, o con una richiesta risarcitoria, sarebbe da far
valere avanti alla giurisdizione ordinaria, in quanto si tratterebbe di un mero
comportamento (e, quindi, sarebbe fattispecie riconducibile all’espunzione operata dalla
sent. n. 204), invece nell’altra ipotesi sarebbe rimasta comunque sussistente la
giurisdizione amministrativa, in quanto non si avrebbe un comportamento mero, bensì
un comportamento che dovrebbe considerarsi espressione di una volontà
provvedimentale55. Da qui l’affermazione della sussistenza della giurisdizione esclusiva.
In senso contrario, altra parte della dottrina ha sottolineato, invece, che in tal modo la
sentenza della Corte risulterebbe quasi inutiliter data e propende, invece, per la totale
soggezione dell’occupazione usurpativa all’ambito della giurisdizione ordinaria56.
possessorie e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nonché in Riv. giur. ed., 2004, 1643, con nota di M. ANNUNZIATA,
La tutela possessoria avanti al giudice amministrativo, aveva così statuito: <<L'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito
dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel devolvere in via esclusiva al giudice amministrativo "le controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia", abbraccia,
in considerazione della sua espressa onnicomprensività, la totalità degli aspetti dell'uso del territorio, nessuno escluso, e quindi riserva alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche la controversia possessoria con la quale il privato chieda la reintegrazione o la
manutenzione nel possesso a fronte del comportamento della P.A. che, diretto alla realizzazione od alla modifica di un'opera pubblica mediante
trasformazione del territorio, si sia risolto nell'occupazione, permanente o temporanea, di un fondo di sua proprietà, come condotta strumentale
alla realizzazione della suddetta finalità pubblica. Nè il rilievo della specificità della tutela possessoria, esprimentesi, in particolare, nella
possibilità di ottenere provvedimenti interdittali in attesa della decisione sul merito, costituisce ragione idonea a negare che la tutela possessoria in
materia urbanistica sia compresa nella giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo, atteso che al giudice amministrativo è ora
attribuito (a seguito della citata legge n. 205 del 2000) il potere di adottare le misure cautelari che appaiono più idonee ad assicurare
interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso. In precedenza nello stesso senso si veda, inoltre, Cass. 27 giugno 2003, n. 10289
(Rv 564667), in Giur. it., 2004, 635 e in Cor. Giur., 2003, 1593. la tesi favorevole alla sussistenza della giurisdizione
amministrativa era stata condivisa anche nella Relazione di sintesi della Commissione di studio fra Corte di Cassazione e
Consiglio di Stato (punto 4.3.). Per un’ampia panoramica sullo stato della questione prima della sent. n. 204 si vedano: M. L.
MADDALENA, op. cit., 87 e ss. e L. MARZANO, La Corte cost. restituisce, etc., cit., passim. Per lo stato della giurisprudenza
amministrativa si veda F. CARINGELLA, Corso, cit., 647 e ss.
Per questa lettura si veda R. CONTI, Corte costituzionale, riparto delle giurisdizioni e art. 34 d.lgs. n. 80/1998: fu vera rivoluzione?,
in ; IDEM, in La Responsabilità civile della pubblica amministrazione, diretta da F. CARINGELLA e M. PROTTO, Bologna,
2005, 1110; F. CARINGELLA, Corso, cit., 612 e ss.; F. CINTIOLI, op. cit.; F. SAITTA, Tanto tuonò, cit. Da ultimo si veda
M.L. MADDALENA, op. cit., specie 84 e ss. Si rileva, infine, che recentemente la questione della sorte dell’occupazione
usurpativa è stata rimessa da C.d.s., IV sez., 17 marzo 2005 (in www.giurisprudenza.it, con nota di M. CECCHINI, Occupazione
usurpativa e giurisdizione: è il turno dell’adunanza plenaria di valutare la reale portata della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del
2004.
56 V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva, cit.; O. FORLENZA, op. cit., 105; S. BENINI, op. cit., 2598; L. MARZANO,
op. cit.; A. PAJNO, op. cit., 986; G. VIRGA, op. cit.;, S. GIACCHETTI, Giurisdizione esclusiva, Corte costituzionale, etc., cit., 1660. ;
V. POLI, Edilizia, urbanistica, espropriazione, in Trattato di giust. amm. diretto da F. CARINGELLA e R. GAROFOLI, Il riparto
di giur., II, cit. 962 e s. Le SS.UU., prima dell sent. n. 204, avevano ritenuto l’occupazione usurpativa riconducibile alla
giurisdizione ordinaria: Cass. sez. un. (ord.) 6 giugno 2003, n. 9139 (in Corr. Giur., 2004, 1594, con nota di G. DE MARZIO,
Giurisdizione esclusiva in materia urbanistica e comportamenti della P.A., nonché in Riv. giur. ed., 889), aveva così statuito: <<Non
tutti i comportamenti implicanti un uso del territorio sono riconducibili alla materia urbanistica, ma solo quelli che, esprimendo l'esercizio di un
potere amministrativo, siano collegati ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato; in difetto di ciò, si è al di fuori dell'ambito
applicativo della riserva di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, prevista dall'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo
sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205. Ne consegue che nelle controversie aventi ad oggetto fattispecie di occupazione c.d.
usurpativa - nelle quali, mancando una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta
l'occupazione di un fondo, non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito generatore di danno - sussiste la
giurisdizione del giudice ordinario, non essendo tali fattispecie in alcun modo riconducibili all'esercizio di un potere amministrativo in materia
urbanistica>>. Tale sentenza venne seguita da numerose altre conformi.
55
39
Un contrasto di opinioni si coglie, se del caso con ancora maggiore contrapposizione, a
proposito della fattispecie dell’occupazione appropriativa (o acquisitiva).
Parte della dottrina ipotizza, infatti, sempre sulla scorta di un argomento similare a
quello svolto a proposito della occupazione usurpativa, che l’occupazione appropriativa
andrebbe apprezzata come comportamento che si ricollega all’esercizio di un potere
pubblico, espresso con la dichiarazione di pubblica utilità, onde non rientrerebbe nel
novero dei comportamenti esclusi dall’ambito della giurisdizione esclusiva e ciò tanto
nell’ipotesi in cui la fattispecie acquisitiva conseguente all’irreversibile trasformazione del
fondo in costanza di dichiarazione di pubblica utilità si verifichi una volta che sia
mancata la tempestiva adozione del decreto di esproprio, quanto in quello in cui il
decreto di esproprio vi sia stato ma sia stato annullato o su ricorso del privato o
nell’esercizio di poteri autotutela della stessa amministrazione57.
Altra parte della dottrina ritiene (quando non si tratti di coloro che già prima della
sentenza n. 204 del 2004 ritenevano che su di essa sussistesse giurisdizione ordinaria per
comunicazione della riserva di cui al terzo comma dell’art. 34 circa le controversie
indennitarie) che l’occupazione acquisitiva sia stata restituita al giudice ordinario58.
3. Sembrerebbe che la soluzione al dibattito sulla questione non sia ricercabile, o meglio
non lo sia esclusivamente, nel testo dell’art. 34 come riscritto dalla Consulta, ma debba
essere cercata anche nell’interpretazione da darsi all’art. 35.
Infatti, se si considera la questione sulla base del solo art. 34 sembrerebbe che, in quanto
questa norma prevede una giurisdizione su “atti e provvedimenti” e, quindi, esige che
essi siano l’oggetto della giurisdizione in via diretta, non è dall’art. 34 che può farsi
discendere la giurisdizione del giudice amministrativo su una fattispecie come
l’occupazione acquisitiva, la quale non si esprime in un atto o in un provvedimento,
bensì è la risultante della qualificazione di un evento, l’irreversibile trasformazione del
fondo, e si connota a sua volta come fattispecie fattuale.
Quest’ultima riceve la particolare qualificazione datagli da una nota giurisprudenza della
Suprema Corte a far tempo dalla sent. n. 1464 del 1983, in dipendenza di una vicenda
complessa, riguardo alla quale i provvedimenti amministrativi che vengono in rilievo a
monte, cioè la dichiarazione di pubblica utilità ed il successivo provvedimento di
occupazione d’urgenza, non vengono più in considerazione nella loro efficacia
autoritativa, la quale ha giocato esclusivamente prima del compimento della fattispecie,
cioè fino a quando, dopo che si è verificato l’inglobamento del bene nell’opera pubblica,
non sia scaduto il termine entro il quale avrebbe dovuto essere emesso il provvedimento
ablativo.
Scaduto tale termine detti provvedimenti non possono essere apprezzati nella loro
efficacia autoritativa e ciò che viene in rilievo è lo stato di fatto verificatosi a seguito
della irreversibile trasformazione congiuntamente alla mancanza dell’adozione del
provvedimento ablatorio, cioè una fattispecie in cui non si coglie la manifestazione di
alcun potere autoritativo.
Né si dica che venendo in rilievo la mancata adozione del provvedimento ablativo, pur
sempre ricorre una fattispecie di coinvolgimento del potere autoritativo, per così dire per
omissione. Infatti, anche sotto tale profilo la controversia con cui si postula il
57
58
Si vedano in questo senso gli autori citati alla nota n. 55.
Si vedano soprattutto gli autori citati alla nota n. 56.
40
risarcimento del danno da illecito acquisitivo non riguarda direttamente la mancanza
dell’emanazione del provvedimento, ma la assume soltanto come elemento fattuale
determinativo della verificazione dell’illecito.
Sulla base d tali rilievi occorre, dunque, concludere che la controversia di occupazione
acquisitiva non è una controversia su atti o provvedimenti alla stregua del novellato art.
34, dovendo per tale intendersi (come si è in generale rilevato innanzi) la controversia
che riguarda direttamente l’atto o il provvedimento, cioè la manifestazione del potere
autoritativo, nonché, ove il provvedimento ne abbisogni, la sua esecuzione.
Né può sostenersi che la controversia verta comunque sull’esecuzione dei
provvedimenti di dichiarazione di pubblica utilità e di occupazione d’urgenza, onde per
tale ragione è riconducibile alla giurisdizione esclusiva.
L’oggetto della controversia, infatti, non è l’esecuzione di quei provvedimenti (per la
verità riferibile solo al secondo provvedimento), pacificamente ormai avvenuta, ma la
situazione di fatto da essa creata, il cui apprezzamento avviene però esclusivamente nel
presupposto di quanto non è successivamente avvenuto (mancata emanazione dell’atto
ablativo) o di quanto è avvenuto (annullamento dell’atto ablativo) e dà nuova
qualificazione giuridica alla situazione di fatto (o – se non si condivide la pregiudiziale
amministrativa e si ammetta che l’illegittimità dell’atto ablatorio possa dedursi senza
previamente chiederne l’annullamento, come si sosterrà nelle conclusioni di questa
Relazione – sulla base della idoneità della valutazione della illegittimità del
provvedimento compiuta in via incidentale a qualificare la situazione stessa).
D’altro canto, poiché in caso di occupazione acquisitiva non è possibile postulare il
recupero del bene (ma si veda quanto si osserverà al successivo punto 4. a proposito di
una recentissima Plenaria) emerge anche per questo, al di là dell’assorbenza di quanto
appena rilevato, che l’esecuzione del provvedimento non viene nemmeno in fatto messa
in discussione (cosa che comunque farebbe scattare i limiti interni alla giurisdizione, di
cui al secondo comma dell’art. 4 della legge abolitiva dl contenzioso): dunque, i suoi
effetti (gli effetti cioè dell’esecuzione) permangono.
A maggior ragione, quando viene in rilievo una fattispecie di occupazione usurpativa, sia
da mancanza di dichiarazione di pubblica utilità, sia da successivo suo annullamento, in
entrambi i casi e non solo nel caso di mancanza59 è soltanto la situazione fattuale che
viene in rilievo ai fini dell’azione recuperatoria, poiché anche nel caso di annullamento è
essa e non l’esecuzione dei provvedimenti che sulla base della dichiarazione di pubblica
utilità sono stati compiuti a venire coinvolta. L’annullamento, infatti, esclude che la
situazione fattuale possa essere ormai apprezzata come attività di esecuzione del vincolo
creato dalla dichiarazione di pubblica utilità.
La giurisdizione esclusiva, in quanto concerne l’atto o provvedimento e, se esso ne
abbisogna, anche la sua esecuzione suppone sempre, come si è sostenuto nel paragrafo
10, che l’oggetto del giudizio sia comunque l’atto o provvedimento. Si vuol dire, cioè
che, in quanto sia impugnato l’atto o provvedimento oggetto del giudizio è anche la sua
esecuzione. Tuttavia, se quest’ultima non potrebbe essere sottratta alla giurisdizione
esclusiva sulla base di una separata considerazione dall’atto o provvedimento, nemmeno
potrebbe esserne oggetto indipentemenrte dall’impugnazione dell’atto o provvedimento.
59
Come invece ritiene M.L. MADDALENA, op. cit., 86.
41
Una volta che l’atto o provvedimento è stato impugnato è automaticamente coinvolta la
sua esecuzione e, a seguito dell’accoglimento dell’impugnazione e dell’annullamento
dell’atto o provvedimento, la sua attività di esecuzione non resta rimossa a sua volta, in
relazione alla natura impugnatoria del giudizio, ma non è più ormai qualificabile come
attività di esecuzione dell’atto o del provvedimento, atteso che esso è venuto meno
(anche in relazione all’occupazione usurpativa, naturalmente, ove si condivida l’idea che
si esporrà alla fine di questa Relazione circa la possibilità di valutazione dell’illegittimità
del provvedimento in funzione dell’azione risarcitoria a prescindere dal suo
annullamento, si ripropone il problema della possibilità di apprezzare la fattispecie di
occupazione usurpativa da illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità ai soli fini
dell’azione risarcitoria e non in funzione del recupero del bene in via incidentale nel
giudizio risarcitorio a prescindere da una pronuncia di annullamento del G.A.).
Concludendo sul punto non può non rilevarsi che le teoriche ridimensionatici della
soppressione del riferimento ai comportamenti peccano allora per un vizio di fondo:
quello di tralasciare di considerare che la giurisdizione esclusiva di cui all’art. 34 non è
più una giurisdizione sul rapporto.
4. Va ricordato, infine, che la sentenza n. 204 del 2004 ha aperto un dibattito sulle
possibili ricadute sulla disciplina che in tema di fattispecie espropriative detta il t.u. n.
327 del 2001, sostenendosi da taluno un’immediata ricaduta sull’art. 53 di detto t.u., il
quale prevede una giurisdizione esclusiva su comportamenti in relazione alla fattispecie
di cui all’art. 43 del t.u.60, con la conseguenza della loro incostituzionalità e da altri
l’insorgenza di una questione di costituzionalità: la seconda soluzione sembra
sicuramente preferibile, tenuto conto dell’esistenza della pronuncia di incostituzionalità
L’art. 53 prevede: <<1 . Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle
disposizioni del testo unico. 2 . Si applicano le disposizioni dell'articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall'articolo
4 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per i giudizi aventi per oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle
aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità. 3 . Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie
riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa>>.
L’art. 43, a sua volta, dispone - sotto la rubrica “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”: << 1.
Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed
efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che
al proprietario vadano risarciti i danni. 2. L'atto di acquisizione: a) può essere emanato anche quando sia stato annullato l'atto da cui sia sorto
il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio; b) dà atto delle circostanze
che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area, indicando, ove risulti, la data dalla quale essa si è verificata; c) determina la misura del
risarcimento del danno e ne dispone il pagamento, entro il termine di trenta giorni, senza pregiudizio per l'eventuale azione già proposta; d) è
notificato al proprietario nelle forme degli atti processuali civili; e) comporta il passaggio del diritto di proprietà; f) è trascritto senza indugio
presso l'ufficio dei registri immobiliari; g) è trasmesso all'ufficio istituito ai sensi dell'articolo 14, comma 2. 3. Qualora sia impugnato uno dei
provvedimenti indicati nei commi 1 e 2 ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico,
l'amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della
domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo. 4. Qualora il giudice
amministrativo abbia escluso la restituzione del bene senza limiti di tempo ed abbia disposto la condanna al risarcimento del danno, l'autorità che
ha disposto l'occupazione dell'area emana l'atto di acquisizione, dando atto dell'avvenuto risarcimento del danno. Il decreto è trascritto nei registri
immobiliari, a cura e spese della medesima autorità. 5. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano, in quanto compatibili, anche
quando un terreno sia stato utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata nonché quando sia imposta una
servitù di diritto privato o di diritto pubblico ed il bene continui ad essere utilizzato dal proprietario o dal titolare di un altro diritto reale. 6.
Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, nei casi previsti nei precedenti commi il risarcimento del danno è determinato: a) nella misura
corrispondente al valore del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle
disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7; b) col computo degli interessi moratori, a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato
occupato senza titolo.>>.
60
42
consequenziale, che la Corte Costituzionale non ha ritenuto di utilizzare nella sentenza
n. 20461. ma non è questa la sede per occuparsi del problema).
Merita, tuttavia, segnalare che, proprio sulla base delle disposizioni del d.p.r. n. 327
del 2001, recentissimamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato62 ha
decretato sostanzialmente la morte immediata (cioè anche in relazione a fattispecie
anteriori al d.P.R. n. 327) dell’occupazione appropriativa nella concezione
tradizionale, cioè come fattispecie tutelabile solo per via risarcitoria e non con il
recupero del bene. Ha, infatti, ritenuto che in ipotesi di dichiarazione di pubblica utilità
anteriore all’efficacia del d.P.R., la declaratoria della sua nullità comporti che il terreno
debba essere restituito senza eccezioni, anche se nel frattempo la P.A abbia costruito
un'opera pubblica. La richiesta di riconsegna potrebbe essere avanzata anche in sede di
ottemperanza e, di fronte alla richiesta di restituzione la P.A. non avrebbe scampo, cioè
dovrebbe riconsegnare il fondo anche nel caso che sulla sua superficie sia stata realizzata
un'opera pubblica.
A tale convincimento il giudici di Palazzo Spada sono pervenuti sulla base di asseriti
vincoli nascenti a carico dell’ordinamento italiano dalle note decisioni CEDU63 che
hanno ritenuto che non possa costituire (com’era nella logica della c.d. occupazione
appropriativi) impedimento alla restituzione dell'area illegittimamente espropriata la
circostanza che l'opera sia stata realizzata.
Una volta negata per queste ragioni la peculiarità propria della fattispecie di occupazione
acquisitiva in riferimento ad una dichiarazione di pubblica utilità pur intervenuta ben
prima del cennato d.P.R., la Plenaria ne ha inferito che la fattispecie, di fronte all’art. 57
di esso64 non fosse più soggetta al comma 1 di tale norma, ma fosse riconducibile ala
norma dell’art. 43 del d.P.R. e, quindi, di fronte alla domanda del privato che chiedeva la
restituzione del bene valendosi del formato giudicato ottenuto con l’annullamento della
dichiarazione di pubblica utilità ha ritenuto di ordinare la restituzione, peraltro facendo
salva l’attivazione da parte dell’Amministrazione della procedura prevista per
l’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico dallo stesso art. 43.
Non sembra che in tal modo si sia fatto luogo ad una applicazione retroattiva della
norma. E’ vero, invece, che si è sostanzialmente disapplicato per contrasto con la
decisione della CEDU e quindi con la relativa Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo, per come da quella Corte valutata, la norma dell’art. 57, comma 1, la quale è
chiarissima nel non distinguere fra dichiarazioni di pubblica utilità valide e dichiarazioni
dichiarate nulle dopo l’efficacia del d.P.R.
La strada della questione di costituzionalità è stata già seguita: pende infatti – non ancora calendarizzata - questione di
costituzionalità sollevata da T.a.r. Calabria, Catanzaro 22 ottobre 2004 (Num.Reg.Ord. 20050036, in Gazzetta Ufficiale num.
007 del 16/02/2005).
62 Si tratta di Consiglio di Stato, Ad. Plen. 29 aprile 2005, n. 2, in www.esproprionline e in www.dirittoegiustizia.it.
63 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 30 maggio 2000, Carbonara e Ventura (ricorso 24638/94) e 30 maggio 2000, Società
Belvedere (ricorso 31524/96), in Foro it., 2001, IV, 233 e ss., con Osserv. di R. SABATO; Urb. e Appalti, 2001, 283, con nota
di BENIGNI; Riv. it. Dir. pubblico com., 2001, 1101, con nota di BONATTI.
64
L’art. 57 dispone: <<1 . Le disposizioni del presente testo unico si applicano anche se è stato già apposto su un bene un vincolo preordinato
all'esproprio, ovvero se già vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, per le fasi procedimentali non ancora concluse. 2 . Restano in
vigore le disposizioni regionali che attribuiscono ad autorità diverse dal presidente della Regione la competenza ad adottare atti del procedimento
espropriativo)>>.
61
43
Quale che sia il grado di validità del ragionamento della Plenaria, è evidente che il
problema della giurisdizione sulla occupazione appropriativa, ove il ragionamento di
dovesse condividere, in relazione alle dichiarazioni di pubblica utilità anteriori (anche di
molto) all’efficacia del d.P.R., viene meno sia per quanto attiene al profilo recuperatorio,
essendo questo certamente coltivabile avanti al G.A. a’ termini dell’art. 53, cioè in
assenza di adozione da parte dell’Amministrazione del procedimento di acquisizione, sia
per quanto attiene al profilo risarcitorio che il privato decidesse di azionare, nell’inerzia
dell’Amministrazione ad adottare quella procedura e fintanto che essa non si decida ad
adottarla (ammesso che il privato ciò non possa fare e non debba – invece – ricorrere,
come parrebbe più probabile, alla disciplina del silenzio, provocando un provvedimento
dell’Amministrazione positivo o negativo su quella adozione!): essendo la giurisdizione
di cui all’art. 53 onnicomprensiva, inerendo anche ai comportamenti, è di tutta evidenza
che l’unica giurisdizione sarebbe nell’uno come nell’altro caso quella del G.A. (e, si badi,
trattandosi di giurisdizione sul rapporto verrebbe meno quella possibilità che si sosterrà
alla fine di questa esposizione, di configurare soltanto una giurisdizione concorrente per
elezione del privato limitatamente al profilo risarcitorio).
Essendo manifesto il contrasto dell’art. 53 con la viva vox Constitutionis per come orante
per il tramite del suo Giudice, cioè attraverso la sentenza n. 204 (indipendentemente dai
dubbi di costituzionalità che, a petto del principio di legalità, pone certamente lo stesso
art. 43), diventa allora ancora più urgente che la Costituzione parli ancora ed al è più
presto.
Naturalmente, è appena il caso di avvertire che i problemi evocati dalla Plenaria sono
trasferibili alla stessa occupazione usurpativa (e quella scrutinata nella decisione era
proprio un’usurpativa, secondo le SS.UU.!) per ciò che attiene al profilo risarcitorio,
essendo già ammesso dall’ordinamento prima del dictum della CEDU il profilo
recuperatorio per essa.
§13.La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004
relativamente all’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 (anche in relazione agli effetti
della sent. n. 292 del 2000).
Si dà conto di seguito delle pronunce delle SS.UU. ai fini dell’applicazione dell’art. 33 del
d.lgs. n. 80 del 1998, come emendato dalla sentenza n. 204 del 2004.
In tema di erogazione di contributi e con significativo riferimento al carattere vincolato
dell’attività dell’Amministrazione:
<<La controversia promossa dal privato per il riconoscimento e la quantificazione dei contributi contemplati dal decretolegge 19 marzo 1981, n. 75, convertito dalla legge 14 maggio 1981, n. 219, e successive modificazioni, al fine della
ricostruzione o riparazione di immobili colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, spetta alla
cognizione del giudice ordinario, vertendosi in tema di erogazioni in cui l'attività dell'amministrazione è rigorosamente
vincolata dai criteri predisposti dalla legge, a tutela dei soggetti danneggiati, le quali hanno consistenza di diritti soggettivi,
senza che rilevi in senso contrario la censura mossa alla regolarità del procedimento amministrativo volto a stabilire le
priorità in ordine all'erogazione dei finanziamenti. Né la devoluzione di siffatta controversia al giudice amministrativo
può essere fondata sull'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo novellato dall'art. 7 della legge 21 luglio
2000, n. 205), giacché - a prescindere dalla non riconducibilità dell'erogazione dei contributi per il terremoto, la quale
fuoriesce dalle attività di protezione civile, alla materia dei pubblici servizi - la Corte costituzionale, con la sentenza n.
204 del 2004, dichiarando l'illegittimità costituzionale, "in parte qua", di detta norma, ha fatto cadere la previsione
44
della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutta la materia dei servizi pubblici>> (Sez. U,
Ordinanza n. 466 del 13/01/2005 (Rv. 578995).
In tema di concessione e gestione di pubblico servizio:
<<In tema di concessione di pubblico servizio avente ad oggetto la riscossione d'entrate patrimoniali, rientra nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione della domanda con la quale il concessionario chieda la
condanna dell'ente concedente al risarcimento dei danni per avere quest'ultimo affidato a terzi, mediante il rilascio d'altra
concessione, l'esazione dei canoni d'acqua che sarebbero dovuti rientrare nella riscossione delle entrate patrimoniali; rientra
del pari nella giurisdizione esclusiva del medesimo giudice la cognizione della domanda di garanzia e di manleva proposta
dall'ente concedente nei confronti del terzo nuovo concessionario>> Sez. U, Ordinanza n. 5336 del 11/03/2005,
Rv. 579832)
<<Il rapporto tra il privato e la P.A. avente ad oggetto il godimento di un locale facente parte di una struttura
ospedaliera destinata a pubblico servizio (rientrante tra i beni patrimoniali indisponibili) e connesso alla concessione del
servizio di distribuzione dei pasti può trovare titolo soltanto in un atto concessorio, con la conseguenza che la relativa
controversia appartiene (anche dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art.33, Comma primo del D.Lgs.
31.3.1998, n.80) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le volte in cui (come nella specie) venga in
contestazione la natura stessa del rapporto tra le parti>> (Sez. U, Ordinanza n. 21713 del 17/11/2004, Rv.
578644)
<<In tema di servizi pubblici, a seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 33 del D.Lgs.
31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, è devoluta alla cognizione del
giudice ordinario la controversia, promossa dal Comune concedente, la quale, senza coinvolgere provvedimenti resi
nell'esercizio di poteri autoritativi, sia diretta a reclamare l'adempimento di un obbligo di pagamento, assunto dalla
società concessionaria del servizio idrico municipale con i patti accessivi al rapporto di concessione, ed avente natura di
corrispettivo della concessione medesima, in ragione della sua funzione remunerativa dell'acquisizione in uso degli impianti
e delle attrezzature del concedente mediante le quali detto servizio viene espletato. Tale controversia, invero, rientra nella
espressa esclusione, conseguente a detta declaratoria, della giurisdizione del giudice amministrativo per le cause in tema di
"indennità, canoni ed altri corrispettivi">> (Sez. U, Ordinanza n. 21773 del 18/11/2004 Rv. 578061).
<<La controversia avente ad oggetto il pagamento della somma per l'utilizzazione dei servizi di navigazione aerea e di
rete, resi ad un vettore da parte dell'ENAV (Ente Nazionale di Assistenza al Volo), che è ente di diritto pubblico,
spetta alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella amministrativa (esclusiva), a norma dell'art. 33, commi
primo e secondo, lett. e), D. Lgs. n. 80 del 1998, nel testo modificato dall'art. 7 legge n. 205 del 2000, anche
considerando la natura di servizio pubblico dell'attività di assistenza al trasporto aereo svolta dall'ENAV. Infatti, alla
luce della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, sopravvenuta nel corso del giudizio (con la quale è stata
dichiarata l'illegittimità dell'art. 33 D. Lgs. predetto, comma secondo, e del comma primo, nella parte relativa alla
devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. di tutte le controversie in materia di pubblici servizi, <anziché> delle
controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità,
canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un
pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, ovvero ancora relative
all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore) secondo la quale la materia
dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del G.A. quando la P.A. agisca esercitando il suo potere
autoritativo, ovvero, attesa la facoltà riconosciutale dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere
autoritativo, ove si avvalga di tale facoltà, è insufficiente il generico coinvolgimento nella controversia di un pubblico
interesse per giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo (In applicazione di tale principio, la Corte di
cassazione ha affermato che, nella specie era del tutto assente ogni profilo riconducibile alla P.A.-autorità, consistente
nell'esercizio del potere di supremazia della P.A., in quanto le prestazioni svolte dall'ENAV, di assistenza alla
navigazione aerea in rotta - in relazione alle quali è stato demandato ad Eurocontrol, dalla legge n. 575 del 1995, di
adesione dell'Italia alla Convenzione internazionale di cooperazione per la sicurezza della navigazione aerea, firmata a
Bruxelles il 13 dicembre 1960, il compito di riscuotere le tariffe dovute dall'utente - attenevano all'erogazione di un
servizio pubblico svolto in posizione paritaria con il soggetto che usufruiva del servizio stesso, nonché che le pretese
creditorie correlate a tali prestazioni, fatte valere nel giudizio di merito da Eurocontrol, inerivano unicamente a diritti
45
patrimoniali di derivazione convenzionale per sè idonei, secondo il criterio generale di riparto della giurisdizione, a
radicare la giurisdizione del giudice ordinario)>> (Sez. U, Ordinanza n. 20959 del 29/10/2004 (Rv. 577890)
In tema di concessioni demaniali:
<<Nel vigore della disciplina contenuta nell'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (nel testo anteriore alle
modificazioni introdotte dall'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80), appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario la controversia che - senza porre in discussione l'esistenza e la validità di atti amministrativi e senza involgere la
risoluzione di questioni attinenti all'esistenza, alla durata e alla disciplina della posizione delle parti nell'ambito del
rapporto tra privato e P.A. - abbia ad oggetto unicamente pretese patrimoniali nei confronti della P.A., volte al
pagamento di corrispettivi e indennizzi in relazione ad un servizio affidato al privato. (Nella specie, la Corte Cass., in
una controversia relativa a concessione di beni del demanio comunale a scopi pubblicitari, ha dichiarato la giurisdizione
del giudice ordinario, in quanto, pur essendo stata dedotta una situazione che avrebbe potuto portare alla risoluzione della
concessione, la domanda del concessionario aveva ad oggetto l'accertamento negativo del proprio dovere di corrispondere
all'ente concedente i canoni e la conseguente richiesta di dichiarazione di infondatezza delle relative pretese del concedente)
(Sez. U, Sentenza n. 4955 del 08/03/2005, Rv. 579814)
In tema di rapporti contrattuali:
<<Ai sensi dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e succ. modif., nel testo risultante dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 204 del 2004, spetta al giudice ordinario conoscere della controversia originata dall'impugnativa della
determinazione del comitato di gestione della SACE - Sezione speciale per il credito all'esportazione (all'epoca ente
pubblico economico) recante, in relazione ad una polizza per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dall'esecuzione
di un contratto d'appalto, il rigetto della richiesta di proroga della garanzia assicurativa, trattandosi di controversia
vertente sull'interpretazione della disciplina applicabile ad un rapporto contrattuale instaurato tra soggetti operanti su un
piano di parità e legati, pertanto, da diritti ed obblighi reciproci>> (Sez. U, Ordinanza n. 8213 del
20/04/2005, Rv. 580320)
<<Spetta al giudice ordinario conoscere della controversia originata dall'impugnativa della determinazione del comitato di
gestione della SACE - Sezione speciale per il credito all'esportazione (all'epoca ente pubblico economico) recante, in
relazione ad una polizza per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dall'esecuzione di un contratto d'appalto, il
rigetto (nella specie, per motivi attinenti alla posteriorità del sinistro rispetto alla scadenza del termine di durata stabilito
dalla polizza medesima) della domanda di indennizzo, avanzata dalla società assicurata, e ciò trattandosi di controversia
relativa ad un rapporto di natura patrimoniale, reso nell'espletamento di un pubblico servizio, la cui fonte regolatrice è di
natura negoziale e non amministrativa. (Principio enunciato in relazione a controversia promossa, dinanzi al giudice
amministrativo, dopo il 30 giugno 1998 e prima del 10 luglio 2000, data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000,
n. 205; enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno escluso la giurisdizione del giudice amministrativo in
base tanto al testo originario dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come risultante a seguito della sentenza
della Corte costituzionale n. 292 del 2000, quanto al testo della medesima disposizione novellato dalla citata legge n.
205 del 2000, come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004)>> (Sez. U, Ordinanza n.
8212 del 20/04/2005, Rv. 580319).
<<In tema di riparto di giurisdizione, nel nuovo quadro conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale del
testo novellato dell'art. 33 del. D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (Corte cost., sentenza n. 204 del 2004), la controversia
sulla risoluzione di un contratto di appalto di somministrazione di pasti ad un Comune da parte di un privato spetta alla
giurisdizione del giudice ordinario, giacché in tale controversia non sono in contestazione atti autoritativi della P.A., né
posizioni giuridiche inerenti ad un rapporto di concessione di pubblico servizio, per cui fa difetto sia la giurisdizione di
legittimità del giudice amministrativo, sia quella esclusiva stabilita dall'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034>>
(Sez. U, Sentenza n. 2202 del 04/02/2005, Rv. 578980)
In tema di controversie di natura meramente patrimoniale:
<<La controversia riguardante la domanda di pagamento di crediti per prestazioni sanitarie, che gli assistiti dal Servizio
sanitario nazionale abbiano ceduto a soggetto privato esercente attività sanitaria in regime di convenzione con l'azienda
sanitaria locale, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, se non coinvolge la validità della convenzione o la
46
determinazione del prezzo della prestazione. In relazione a detta controversia, invero, deve escludersi che ricorra la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo
sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), perchè la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale
ha determinato la caduta della lettera e) del citato art. 33 (che si riferiva alle controversie riguardanti le prestazioni d'ogni
genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del
Servizio sanitario nazionale), ed ora la giurisdizione esclusiva in tema di pubblici servizi ricorre soltanto nelle seguenti
controversie: controversie in materia di concessioni, ad esclusione di quelle relative ad indennità, canoni ed altri
corrispettivi; controversie in materia d'affidamento del servizio; controversie concernenti l'esercizio del potere di vigilanza e
controllo nei confronti del gestore; controversie relative ai poteri autoritativi di direzione e controllo su settori già
determinati dalla citata norma, quali il servizio farmaceutico, i trasporti, le telecomunicazioni, ecc.; controversie relative a
provvedimenti adottati dalla P.A. in uno dei procedimenti disciplinati dalla legge n. 241 del 1990; mentre, negli altri
casi, l'attribuzione della giurisdizione è regolata dal criterio del "petitum" sostanziale dell'azione. Sicchè quando si
dibatte, come nella specie, dell'attuazione d'obbligazioni che hanno fonte nel rapporto di concessione non rientrante nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la controversia, attenendo alla sfera privatistico - patrimoniale delle
parti, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, competente a conoscere i diritti soggettivi derivanti dal rapporto in
contestazione (Sez. U, Sentenza n. 6330 del 24/03/2005, Rv. 579983)
Fattispecie particolare:
<<Ai sensi del testo novellato dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come inciso dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 204 del 2004, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario conoscere della controversia avente ad
oggetto la quantificazione dei contributi ENPAM dovuti dall'AUSL sulle competenze relative alle prestazioni erogate
dal direttore sanitario di un centro convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, e ciò mancando qualunque
esplicazione di poteri autoritativi da parte dell'Azienda sanitaria>> (Sez. U, Sentenza n. 6405 del 25/03/2005
Rv. 579976).
Con specifico riferimento al regime dipendente dalla sent. n. 292 del 2000, dopo la sent. n. 204
del 2004:
<<La controversia avente ad oggetto un contratto di fornitura di acqua potabile per uso domestico, introdotta nella
vigenza dell'art. 33, D.Lgs. n. 80 del 1998, ma anteriormente alla modifica realizzata con l'art. 7, legge n. 205 del
2000, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 2000, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell'art. 33, cit., e della inapplicabilità dell'art. 7, cit., deve ritenersi attribuita al giudice ordinario, qualora il privato
contesti la legittimità del provvedimento amministrativo di fissazione delle tariffe, in base al quale deve essere determinato
il corrispettivo, chiedendone la disapplicazione, in quanto ha ad oggetto diritti soggettivi di fonte contrattuale (Sez. U,
Sentenza n. 5217 del 10/03/2005, Rv. 579900).
<<La cognizione della domanda proposta successivamente all'entrata in vigore dell'art. 33, D.Lgs. n. 80 del 1998, ma
prima della sua modifica da parte dell'art. 7, legge n. 205 del 2000, dal titolare di una farmacia nei confronti della
A.s.l., allo scopo di ottenere il pagamento del corrispettivo per la vendita di medicinali agli utenti del S.s.n., in base ad
una convenzione stipulata ai sensi della legge n. 833 del 1978, è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario (art.
5, comma secondo, legge n. 1034 del 1971), in quanto la sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 2000 ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 33, cit., nella parte in cui istituiva una giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di pubblici servizi, anzichè limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice
amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno, e questa sentenza è applicabile ai rapporti pendenti alla data in cui è stata pronunciata, quindi
anche a quelli oggetto di giudizi non ancora definiti, non potendo la giurisdizione del giudice amministrativo essere
neppure fondata sull'art. 33, cit., nel testo modificato dall'art. 7, legge n. 205 del 2000, in quanto quest'ultima norma
peraltro anch'essa dichiarata in parte costituzionalmente illegittima (sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004)
non ha efficacia retroattiva e, quindi, non è applicabile ai giudizi già iniziati alla data in cui è entrata in vigore>> (Sez.
U, Sentenza n. 22119 del 24/11/2004, Rv. 578457).
47
In tema di sanzioni amministrative e con significative implicazioni nel senso della lettura della
residua giurisdizione in ogni caso come relativa ad atti e provvedimenti anche nei settori delle
vigilanza, etc.:
<<Anche dopo l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205 - il cui art. 7 ha introdotto un nuovo testo dell'art.
33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (dichiarato in parte costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 204 del
2004 della Corte costituzionale) - le controversie relative all'applicazione delle sanzioni amministrative irrogate, ai sensi
dell'art. 195 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, per la violazione delle norme relative alla disciplina dell'attività di
intermediazione finanziaria, continuano ad essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (Sez. U, Sentenza n.
1362 del 24/01/2005, Rv. 578989).
<<La competenza giurisdizionale a pronunciare sull'opposizione - promossa dall'ENEL S.p.A., pubblico gestore del
servizio elettrico, ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - ad ordinanza-ingiunzione per il pagamento
di sanzione amministrativa pecuniaria conseguente a violazione delle norme sul deposito a discarica delle ceneri derivanti
dalla combustione ai fini della produzione di energia elettrica ("ex" art. 3, trentaduesimo comma, della legge 28 dicembre
1995, n. 549), appartiene al giudice ordinario, tenuto conto sia della circostanza che si verte in tema di sanzione
amministrativa pecuniaria, in relazione alla quale il riferimento (contenuto nel citato art. 3, comma trentaduesimo, della
legge n. 549 del 1995) al tributo dovuto individua soltanto il criterio per determinare il "quantum" della sanzione stessa,
e tale determinazione avviene sulla base di un calcolo stabilito dalla legge, senza alcun margine di discrezionalità per la
P.A.; sia del fatto che, promuovendo l'opposizione, l'opponente fa valere il diritto a non essere sottoposto ad una
prestazione patrimoniale ritenuta non conforme a legge, ossia una situazione avente consistenza di diritto soggettivo.
(Enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno altresì escluso la rilevanza, ai fini dell'attribuzione della
controversia "de qua" al giudice amministrativo, degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, atteso che dette
norme, nel loro testo originario, sono state dichiarate parzialmente incostituzionali dalla Corte costituzionale con le
sentenze n. 292 del 2000 e n. 281 del 2004, nella parte in cui istituivano una giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di pubblici servizi e di edilizia ed urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tali materie la
giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali). Sez. U,
Ordinanza n. 2205 del 04/02/2005 (Rv. 578986)
Una particolare fattispecie in relazione a qualificazione della situazione giuridica derivante da
diritto comunitario:
<<La domanda con cui il laureato in medicina, ammesso alla frequenza di un corso di specializzazione (nella specie, a
partire dal 1990), chieda la condanna della P.A. al pagamento in suo favore del trattamento economico pari alla borsa
di studio per la frequenza di detto corso - fondando detta richiesta o sull'obbligo dello Stato di risarcire il danno derivante
dalla mancata trasposizione, nel termine prescritto, delle direttive comunitarie (ed in particolare, della direttiva
82/76/CEE) prevedenti l'obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando, ovvero sull'applicazione
retroattiva della normativa nazionale di trasposizione (D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257) -, spetta alla giurisdizione del
giudice ordinario, atteso che - come riconosciuto dalla Corte di giustizia di Lussemburgo - le dette direttive hanno natura
incondizionata e sufficientemente precisa, di tal che la natura della situazione giuridica che esse attribuiscono, in favore
degli specializzandi, ad una adeguata remunerazione non può che avere natura e consistenza di diritto soggettivo, laddove
una qualificazione in termini di interesse legittimo, presupponendo la presenza di una scelta discrezionale della P.A., non
sarebbe idonea ad assicurare una soddisfazione incondizionata della pretesa nascente dal diritto comunitario. Né la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo potrebbe fondarsi sull'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, di
novellazione dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, atteso che detta norma è stata dichiarata in parte
costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, la quale ha fatto così cadere la
previsione della giurisdizione ecslusiva del giudice amministrativo per tutta la materia dei servizi pubblici>> (Sez. U,
Sentenza n. 2203 del 04/02/2005, Rv. 578981).
Una fattispecie in cui si è fatto riferimento – in relazione al contratto locativo - all’edilizia
residenziale pubblica come ricompressa nell’ambito della nozione di servizio pubblico:
<<In base alla disciplina di cui all'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7 della legge
21 luglio 2000, n. 205, come risulta a seguito della sentenza di illegittimità costituzionale parziale n. 204 del 2004
della Corte costituzionale, nella materia dell'edilizia residenziale pubblica - senz'altro ricompresa, per la finalità sociale
48
che la connota, in quella dei servizi pubblici - la giurisdizione del giudice amministrativo non è configurabile nella fase
successiva al provvedimento di assegnazione, giacchè detta fase è segnata dall'operare della P.A., non quale autorità che
esercita pubblici poteri, ma nell'ambito di un rapporto privatistico di locazione, tenuto conto che i provvedimenti adottati,
variamente definiti di revoca, decadenza, risoluzione, non costituiscono espressione di una ponderazione tra l'interesse
pubblico e quello privato, ma si configurano come atti di valutazione del rispetto da parte dell'assegnatario di obblighi
assunti al momento della stipula del contratto, ovvero si sostanziano in atti di accertamento del diritto vantato dal terzo al
subentro sulla base dei requisiti richiesti dalla legge. Rientra pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario la
cognizione della controversia avente ad oggetto la legittimità o meno della pretesa del figlio dell'assegnatario, che prospetti
di avere i requisiti di legge - tra cui quello della convivenza - per il subingresso nel rapporto, di subentrare al genitore
deceduto nell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica>> (Sez. U, Ordinanza n. 23830 del
23/12/2004, Rv. 578532)
In tema di rapporti di utenza:
<<A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, con cui è stata dichiarata l'illegittimità
costituzionale parziale dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio
2000, n. 205), la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo
se in essa la P.A. agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di
adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se essa si avvale di tale facoltà, il cui esercizio,
tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo. Pertanto, in tema di contratto di somministrazione di energia
elettrica, qualora l'utente contesti l'indebita riscossione, da parte dell'ENEL, di somme di danaro a titolo di
maggiorazione della tariffa base - cosiddetta "quota prezzo" - in epoca successiva alla data di esaurimento degli effetti del
provvedimento del CIP n. 32 del 1986, che aveva autorizzato l'applicazione di tale maggiorazione, la relativa
controversia - non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi in cui, alla stregua del testo del citato art. 33 risultante
dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale, può ritenersi sussistente la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo - è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, avendo tale controversia ad oggetto diritti soggettivi di
fonte contrattuale, in quanto l'utente mette in discussione il rapporto di utenza e le posizioni giuridiche ad esso correlate,
contestando la pretesa del gestore del servizio alla percezione di prestazioni pecuniarie supplementari per il servizio
erogato>> (Sez. U, Sentenza n. 23645 del 21/12/2004, Rv. 578365)
§14.La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004 (e
alla sentenza n. 281 del 2004) relativamente all’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998. A) Regime scaturito dalla sent. n. 204 del 2004.
Nel senso della rilevanza ai fini della sussistenza della giurisdizione ordinaria del carattere
vincolato per legge dell’attività da tenersi dall’Amministrazione:
<<In tema di interventi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto, la controversia relativa alla (mancata)
acquisizione al patrimonio del Comune, secondo la previsione di cui all'art. 6, quarto comma, della legge 5 ottobre 1962,
n. 1431, dell'area, su cui insisteva l'edificio distrutto o danneggiato, rimasta inutilizzabile per motivi tecnici, è devoluta
alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché in detta controversia l'atto amministrativo del Comune, chiamato ad
accertare l'avvenuta acquisizione del bene al patrimonio dell'ente locale, non esprime l'esercizio di alcun potere
discrezionale, essendo il passaggio dell'area al patrimonio comunale stabilito direttamente dalla legge (di tal che la
posizione giuridica soggettiva del privato proprietario è di diritto soggettivo). Deve, pertanto, escludersi che la cognizione di
detta controversia, che pure rientra nell'ambito della materia urbanistica ed edilizia, spetti alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo novellato dall'art. 7 della legge
21 luglio 2000, n. 205), atteso che - dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - una determinata
materia può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo soltanto se in essa la P.A. agisce
esercitando il suo potere autoritativo (ovvero se si avvale della facoltà di adottare strumenti negoziali in sostituzione del
potere autoritativo)>> (Sez. U, Ordinanza n. 8207 del 20/04/2005, Rv. 580315).
49
Per una particolare valorizzazione del riferimento della giurisdizione ridimensionata ad “atti e
provvedimenti”:
<<In tema di riparto di giurisdizione in materia di urbanistica ed edilizia, poiché in base all'art. 34 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80, come sostituito dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 - nel testo vigente a seguito dell'intervento della
Corte costituzionale, che con la sentenza n. 204 del 2004 ha espunto dalla norma soltanto il riferimento ai
"comportamenti" della pubblica amministrazione, riservando a tale disposizione un ambito contraddistinto dall'esercizio
di un pubblico potere - spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione delle controversie aventi
per oggetto gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni pubbliche in detta materia, e poiché all'espressione "materia
urbanistica" va attribuita una valenza tendenzialmente omnicomprensiva, in quanto abbracciante la totalità degli aspetti
dell'uso del territorio, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la
domanda proposta contro il Comune per l'annullamento (o la declaratoria di nullità) del provvedimento con il quale l'ente
pubblico locale ordini lo sgombero di un suolo al di sotto del quale si trovi ubicata la condotta comunale di alimentazione
della rete idrica, essendo in tal caso il provvedimento emesso dal Comune espressione dell'esercizio di pubblico potere e
attenendo esso al governo dell'uso del territorio. Nè rilevano in senso contrario la presunta carenza nel caso specifico di
qualsiasi potere autoritativo ovvero l'intervenuta sdemanializzazione dell'area occupata, trattandosi di circostanze
attinenti al merito della controversia, ossia alla fondatezza della domanda, del tutto ininfluenti ai fini della
determinazione della giurisdizione>> (Sez. U, Ordinanza n. 22890 del 07/12/2004, Rv. 578172).
In tema di ordinanza-ingiunzione:
a) emessa per ritardata corresponsione di contributi edilizi:
<<Salve le ipotesi di giurisdizione esclusiva espressamente previste e diversamente disciplinate dall'ordinamento, sussiste
la giurisdizione del giudice ordinario ogniqualvolta la P.A. introduca una procedura esecutiva per la realizzazione di un
credito da sanzione ed accessori precedentemente determinato in sede autoritativa ed il privato vi resista proponendo
opposizioni esecutive intese a contestare, non l'esercizio del potere ed il provvedimento sanzionatorio nel quale esso si è
tradotto, ma la persistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata per la riscossione coattiva di quel credito ovvero le
modalità del relativo esercizio. Ne consegue che, in tema di sanzioni per ritardata corresponsione del contributo afferente a
concessione edilizia in sanatoria, ove il Sindaco emetta ordinanza-ingiunzione nei confronti del trasgressore, l'opposizione
dell'intimato rientra nella cognizione del giudice amministrativo allorchè sia contestato il momento autoritativo del
rapporto tra P.A. e privato, richiedendosi al giudice di valutare la ricorrenza o meno dei presupposti legittimanti
l'adozione dell'ordinanza -ingiunzione, ossia la correttezza dell'attività d'accertamento della sussistenza dell'illecito
("an") e la determinazione dell'entità delle prestazioni economiche consequenziali ("quantum"); mentre sussiste la
giurisdizione del giudice ordinario ove la contestazione sollevata con l'opposizione investa la validità formale
dell'ordinanza - ingiunzione stessa o la sopravvenienza di fatti estintivi del diritto per il quale sia stato iniziato, con la
notificazione del detto provvedimento, il procedimento di riscossione coattiva. (Nella specie, proponendo opposizione
all'ordinanza-ingiunzione per la ritardata corresponsione del contributo relativo a concessione edilizia in sanatoria,
l'intimato aveva dedotto che il diritto di riscuotere la somma pretesa dal Comune per ritardato versamento dell'oblazione
si era estinto per prescrizione e aveva inoltre contestato la validità dell'atto notificatogli per omessa indicazione degli
elementi necessari all'eventuale opposizione; enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno dichiarato la
giurisdizione del giudice ordinario a conoscere detta controversia)>> (Sez. U, Sentenza n. 5332 del 11/03/2005,
Rv. 579827)
b) in altre fattispecie:
<<La competenza giurisdizionale a pronunciare sull'opposizione - promossa dall'ENEL S.p.A., pubblico gestore del
servizio elettrico, ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - ad ordinanza-ingiunzione per il pagamento
di sanzione amministrativa pecuniaria conseguente a violazione delle norme sul deposito a discarica delle ceneri derivanti
dalla combustione ai fini della produzione di energia elettrica ("ex" art. 3, trentaduesimo comma, della legge 28 dicembre
1995, n. 549), appartiene al giudice ordinario, tenuto conto sia della circostanza che si verte in tema di sanzione
amministrativa pecuniaria, in relazione alla quale il riferimento (contenuto nel citato art. 3, comma trentaduesimo, della
legge n. 549 del 1995) al tributo dovuto individua soltanto il criterio per determinare il "quantum" della sanzione stessa,
e tale determinazione avviene sulla base di un calcolo stabilito dalla legge, senza alcun margine di discrezionalità per la
50
P.A.; sia del fatto che, promuovendo l'opposizione, l'opponente fa valere il diritto a non essere sottoposto ad una
prestazione patrimoniale ritenuta non conforme a legge, ossia una situazione avente consistenza di diritto soggettivo.
(Enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno altresì escluso la rilevanza, ai fini dell'attribuzione della
controversia "de qua" al giudice amministrativo, degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, atteso che dette
norme, nel loro testo originario, sono state dichiarate parzialmente incostituzionali dalla Corte costituzionale con le
sentenze n. 292 del 2000 e n. 281 del 2004, nella parte in cui istituivano una giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di pubblici servizi e di edilizia ed urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tali materie la
giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali)>> (Sez.
U, Ordinanza n. 2205 del 04/02/2005, Rv. 578986).
Nel senso che l’occupazione usurpativa è del giudice ordinario in ambito di art. 34
ridimensionato dalla sent. n. 204 del 2004:
<<Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario - anche a prescindere dalla declaratoria di illegittimità costituzionale
parziale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n.
205, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - in ordine alla domanda di risarcimento del
danno o, in subordine, di indebito arricchimento proposta dal privato nei confronti del Comune in relazione ad un
condotta di questo consistente in occupazione usurpativa, essendo detta condotta manifestamente insuscettibile di
ricollegarsi all'esercizio di un potere amministrativo>> (Sez. U, Ordinanza n. 2198 del 04/02/2005, Rv.
578976).
In tema di azione restitutoria per scadenza del periodo di occupazione legittima
(evidentemente in assenza di irreversibile trasformazione):
<<A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (sentenze
n. 204 e n. 281 del 2004), spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda del privato di restituzione di un
fondo di sua proprietà trattenuto senza titolo dalla P.A. dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima, nonché di
risarcimento dei danni derivanti dalla indebita perdurante occupazione del fondo medesimo>> (Sez. U, Ordinanza n.
21635 del 16/11/2004, Rv. 578044).
In tema di requisizione:
<<Ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo, novellato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n.
205, inciso dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, dichiarativa della illegittimità costituzionale "in parte
qua"), la domanda di restituzione del bene requisito in uso (nella specie, per essere adibito dal Comune ad alloggi per i
terremotati), basata sulla cessazione delle esigenze che avevano determinato la requisizione stessa, rientra nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che essa ha per oggetto un provvedimento della P.A., espressione
di un potere autoritativo, riguardante l'uso del territorio; come pure è devoluta al giudice amministrativo la domanda di
risarcimento del danno da ingiustificata detenzione di detto bene, giacché, in base al primo comma dell'art. 35 del D.Lgs.
citato, tale giudice, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone il risarcimento del danno ingiusto.
Appartiene invece alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di condanna della P.A. al pagamento
dell'indennità di requisizione, e ciò ai sensi del terzo comma, lettera b), del citato art. 34 - secondo cui nulla è innovato in
ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle
indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa -, rientrando la requisizione tra gli atti
di tale natura>> (Sez. U, Ordinanza n. 463 del 13/01/2005 (Rv. 578545)
Sull’inerenza alla giurisdizione ordinaria delle controversie sulla reiterazione di vincoli
urbanistici:
<<Le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilità
assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla sentenza della Corte cost. n. 179 del
1999, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che esse rientrano nell'ampia previsione di salvezza di
detta giurisdizione - contenuta nell'art. 34, comma terzo, lett. b), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 - per le controversie
riguardanti "indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", ben potendo anche la
51
cosiddetta espropriazione "di valore" essere ricompresa nella nozione di "atto ablativo">> (Sez. U, Ordinanza n.
22997 del 09/12/2004, Rv. 580240)
In tema di opposizione alla stima:
<<In tema di determinazione dell'indennità di esproprio, il giudizio di opposizione alla stima, avendo ad oggetto la
quantificazione del debito dell'espropriante e del corrispondente credito dell'espropriato, inerisce a posizioni di diritto
soggettivo ed è, quindi, devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, ancorché proposto come impugnazione del
provvedimento di stima volto a contestare la sua legittimità o la ritualità dell' "iter" procedimentale in esito al quale esso è
stato reso, giacché la stima costituisce espressione di mera valutazione tecnica nell'applicazione di criteri liquidatori
direttamente fissati dalla legge, e non è, pertanto, atto suscettibile di degradare o di affievolire le posizioni soggettive che
vengono in discussione nel giudizio di opposizione>> (Sez. U, Ordinanza n. 23235 del 14/12/2004 (Rv.
578368).
B) Regime scaturito dalla sent. n. 281 del 2004.
Nel senso che le azioni possessorie sono soggette alla giurisdizione ordinaria nel regime
scaturito dalla sent. n. 281 del 2004:
<<A seguito e per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale parziale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80 (Corte cost., sent. n. 281 del 2004), sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla
domanda possessoria promossa dal privato nei confronti della P.A. in conseguenza dell'attività materiale, disancorata e
non sorretta da alcun provvedimento formale, da questa posta in essere in ambito urbanistico(consistente, nella specie,
nella apposizione di un segnale limitazione del traffico su area privata)>> (Sez. U, Ordinanza n. 730 del
17/01/2005, Rv. 578536).
<<In seguito e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004 - con cui è stata dichiarata
l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 34 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80, nel testo originario -, rientra nella
giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della domanda proposta dal privato per ottenere la reintegrazione nel
possesso di un terreno, di sua proprietà, occupato senza titolo dalla P.A. espropriante, in quano non ricompreso nell'area
oggetto dell'attivata procedura ablatoria>> (Sez. U, Sentenza n. 24071 del 29/12/2004, Rv. 578531)>>.
<<La domanda di reintegrazione nel possesso proposta da un privato nei confronti di un Comune, prospettando di avere
subito uno spossessamento in mancanza della adozione di un provvedimento amministrativo adottato per fini di pubblica
utilità, quindi facendo valere una posizione di diritto soggettivo ("ius possessionis") e deducendo un mero comportamento
materiale della p.a., non connesso neppure implicitamente all'esercizio di poteri d'imperio, deve ritenersi riservata alla
giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi degli artt. 2 ss., legge n. 2248 del 1865, all. E; in quanto la regola generale
stabilita in materia di riparto di giurisdizione non è stata derogata nella materia edilizia ed urbanistica dall'art. 34,
commi primo e secondo, D.Lgs. n. 80 del 1998 - nel testo anteriore alla modifica introdotta dall'art. 7, legge n. 205 del
2000, applicabile nella specie 'ratione temporis', stante l'irretroattività di quest'ultima norma - poiché la Corte
costituzionale, con la sentenza n. 281 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 34, commi primo e
secondo, cit., nella parte in cui aveva istituito una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia
e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie
aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, con pronuncia
che ha riconosciuto la rilevanza della questione di illegittimità costituzionale sollevata sulla norma nel testo originario,
anche dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni che la hanno sostituita (sentenza n. 204 del
2004)>> ( Sez. U, Ordinanza n. 21099 del 04/11/2004, Rv. 577947).
Nel senso che l’occupazione appropriativa è soggetta alla giurisdizione ordinaria nel regime
scaturito dalla sent. n. 281 del 2004:
52
<<A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale (Corte cost. sent. n. 281 del 2004) dell'art. 34, primo e
secondo comma, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo anteriore alla sostituzione ad opera dell'art. 7 legge 21 luglio
2000, n. 205), nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e
urbanistica, è soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda - proposta dopo l'entrata in vigore del D.Lgs.
n. 80, cit., e prima dell'entrata in vigore della legge n. 205, cit. - con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la
perdita del suo diritto per effetto di accessione invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo in un'opera
pubblica su di esso eseguita, faccia valere la pretesa al risarcimento dei danni>>. (Sez. U, Ordinanza n. 21411 del
11/11/2004, Rv. 578004)
<<All'esito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. D.Lgs n. 80 del 1998 emessa da Corte Cos. n.
281 del 2004, la domanda di risarcimento del danno da illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione di terreno
utilizzato per finalità di opera pubblica, attenendo a comportamento fattuale posto in essere in carenza (nel caso,
sopravvenuta) di potere (nella specie, per illegittima protrazione dell'occupazione del suolo irreversibilmente asservito ad
opera pubblica, senza previa adozione di decreto di esproprio entro i termini di scadenza della procedura ablatoria) e non
anche ad esercizio di pubbliche potestà, rientra nella giurisdizione dell'a.g.o., a nulla rilevando al riguardo la circostanza
che il decreto di esproprio venga quindi (come appunto nel caso) tardivamente adottato, giacchè proprio in ragione di detta
tardività l'esistenza e la validità del decreto non assumono rilievo, atteso che l'illecita distruzione del bene originario
risulta verificatasi già prima della (ed indipendentemente dalla) emanazione del provvedimento ablatorio, il quale incide
pertanto sul "diverso" bene risultante dall'irreversible trasformazione di quello inizialmente occupato, ormai
dall'occupante acquisito in proprietà in virtù dell'operare della regola dell'accessione cosiddetto invertita>> (Sez. U,
Ordinanza n. 21944 del 22/11/2004 (Rv. 578229)65.
<<In tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di edilizia ed urbanistica,
ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 - nel testo originario, dichiarato parzialmente illegittimo dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 281 del 2004, nella parte in cui esso istituiva una giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo anziché limitarsi, in tale materia, ad estendere la giurisdizione amministrativa alle controversie
aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, incluse quelle relative al risarcimento del danno, - rientra nella
giurisdizione ordinaria la controversia avente per oggetto il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, posto che
essa concerne un fatto illecito lesivo del diritto di proprietà e, dunque, non comporta l'esame di una pretesa patrimoniale
consequenziale ad una tutela da chiedersi al giudice amministrativo>> (Sez. U, Ordinanza n. 22891 del
07/12/2004, Rv. 578173).
<<La domanda con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la perdita del suo diritto per effetto di accessione
invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo ad un'opera pubblica su di esso eseguita, faccia valere la
pretesa di pagamento del controvalore del terreno occupato e di risarcimento del danno, attiene ad un diritto soggettivo ed è,
pertanto, soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che si riveli idonea a fondare la giurisdizione
amministrativa l'intervenuta adozione del decreto di espropriazione, ove questo intervenga dopo che la perdita del diritto di
proprietà si sia già verificata per effetto dell'irreversibile trasformazione dell'immobile. Tale regola, costituente diritto
vivente prima dell'emanazione dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (che ha devoluto alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto anche i comportamenti delle amministrazioni
pubbliche in materia urbanistica ed edilizia), continua ad essere operante anche a seguito dell'entrata in vigore di detto
art. 34, giacché l'ampliamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, da tale norma operato, è venuto
meno per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale (Corte cost., sentenza n. 281 del 2004), del predetto
art. 34, nella parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutta la materia dell'edilizia e dell'urbanistica, e non si è limitato ad estendere la giurisdizione
amministrativa - nei limiti in cui essa, in base alla disciplina vigente, già conosceva di quella materia, sia a titolo di
legittimità che in via esclusiva - alle controversie concernenti i diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle
relative al risarcimento del danno (Sez. U, Ordinanza n. 600 del 14/01/2005, Rv. 579046).
<<Nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica, il testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, per
effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, innova in tema di giurisdizione limitatamente
L’ordinanza si legge in Urbanistica e appalti, 2005, 316, con nota di R. CONTI, Il ritorno al passato "con uno sguardo al futuro"
delle sezioni unite in tema di occupazione acquisitiva).
65
53
all'estensione ai diritti patrimoniali conseguenziali della giurisdizione di legittimità od esclusiva che già apparteneva al
giudice amministrativo. Ne consegue che spetta al giudice ordinario conoscere della domanda - introdotta in epoca
successiva al 30 giugno 1998 e precedente il 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n.
205) - con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la perdita del suo diritto per effetto di accessione invertita
derivante da irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica su di esso eseguita, faccia valere la pretesa al
risarcimento dei danni: detta domanda, infatti, non integra impugnazione di atti o provvedimenti autoritativi della P.A.,
né fa valere posizioni di interesse legittimo devolute alla cognizione del giudice amministrativo secondo la normativa
anteriore al D.Lgs. n. 80 del 1998 (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e legge 6 dicembre 1971, n. 1034), ma denuncia
fatti lesivi della proprietà, nella carenza di provvedimenti idonei a determinarne l'affievolimento o la traslazione, e così si
ricollega ad un diritto soggettivo tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, in mancanza di deroghe ai comuni
canoni sul riparto della giurisdizione>> (Sez. U, Ordinanza n. 8209 del 20/04/2005 (Rv. 580289).
Nel senso che l’occupazione usurpativa è del giudice ordinario nel regime scaturito dalla sent.
n. 281 del 2004 (con utilizzazione del concetto di carenza di potere in concreto):
<<Nelle fattispecie di cosiddetta occupazione usurpativa - originata dalla mancanza iniziale dei termini per l'inizio e il
compimento delle espropriazioni e dei lavori, come tale viziante in radice la dichiarazione di pubblica utilità,
comportandone l'originaria invalidità; ovvero dall'inutile decorso del termine triennale per l'inizio dei lavori di cui all'art.
1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, determinante, con la cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, una
situazione di carenza di potere che esclude l'utile prosecuzione della procedura ablatoria -, la domanda di risarcimento del
danno promossa dal privato verte su diritti soggettivi del proprietario dell'immobile, ed è soggetta alla giurisdizione del
giudice ordinario. (Principio espresso in relazione a controversia promossa dopo il 30 giugno 1998, ma anteriormente al
10 agosto 2000, alla quale era applicabile il testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, inciso dalla
sentenza - di illegittimità costituzionale "in parte qua" - n. 281 del 2004 della Corte costituzionale)>> (Sez Un.
ord. n. 600, cit., Rv. 579045; seguita dalle conformi n. 605 e 465 del 2005).
<<A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004 - con cui è stata dichiarata l'illegittimità
costituzionale del testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998, nella parte in cui istituiva una giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la
giurisdizione del giudice amministrativo alle sole controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi
comprese quelle relative al risarcimento dei danni -, spetta al giudice ordinario la cognizione della controversia avente per
oggetto la domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla radicale trasformazione del suolo per effetto della
realizzazione dell'opera pubblica fuori di qualunque procedimento espropriativo e prima dello stesso provvedimento di
occupazione d'urgenza, ovvero in carenza di qualunque potestà amministrativa>> (Sez. U, Ordinanza n. 21637 del
16/11/2004, Rv. 578046)
Giurisdizione amministrativa su domanda di annullamento di provvedimento di occupazione
d’urgenza:
<<Il testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, per effetto della declaratoria di parziale
illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, innova in tema di
giurisdizione del giudice amministrativo, con riguardo alla materia dell'edilizia e dell'urbanistica, nel periodo intercorrente
fino all'entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205, limitatamente all'estensione ai diritti patrimoniali
consequenziali della giurisdizione di legittimità od esclusiva già appartenente al medesimo giudice. Spetta pertanto alla
cognizione del giudice amministrativo l'azione - introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 ma precedente il 10
agosto 2000 - con la quale il privato tenda in via principale all'annullamento del provvedimento di occupazione d'urgenza
disposto dal prefetto, ossia di un atto autoritativo idoneo alla degradazione del diritto dominicale in interesse legittimo, e
poi formuli richieste di tipo recuperatorio e risarcitorio consequenziali a tale annullamento>> (Sez. U, Ordinanza n.
21710 del 17/11/2004, Rv. 578052)66.
Peraltro, l’ordinanza asserisce in motivazione (e la massima a ciò si conforma) che la domanda
proposta dalla società attrice nel giudizio assoggettato a regolamento preventivo aveva ad oggetto
L’ordinanza di legge in Foro it., 2005, I, 372, con Osserv. di A. TRAVI e nota di A. LAMORGESE, Il concorso delle
giurisdizioni nella tutela risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione.
66
54
l’annullamento del provvedimento di occupazione d’urgenza (oltre alla pretesa risarcitoria), ma, in
realtà, intende alludere non già ad un’effettiva proposizione come petitum della richiesta di
annullamento, bensì solo alla prospettazione della sola cognizione in via incidentale della illegittimità
del provvedimento, pur non adoperando per descrivere il fenomeno detto concetto. Nella parte finale
della motivazione il riferimento alla proposizione di una domanda di annullamento (già non
corrispondente alla descrizione nel fatto delle domande formulate dall’attrice) viene chiarito
precisandosi che si allude alla circostanza che erano stati dedotti vizi del procedimento amministrativo
e dell’esercizio del potere al fine di giustificare la domanda di risarcimento del danno. Sicché, appare
evidente che, in realtà, le SS.UU., pur senza affrontare direttamente il relativo problema e senza
valutarlo al lume del complessivo modo di essere del nostro ordinamento di giustizia amministrativa,
hanno escluso la cognizione in via incidentale dell’illegittimità del provvedimento amministrativo.
Fattispecie particolare:
<<È devoluta alla Giurisdizione ordinaria la controversia, promossa dopo l'entrata in vigore dell'art. 34 D. Lgs. n. 80
del 1998, riprodotto nell'art. 7 legge n. 205 del 2000, con la quale un Istituto diocesano per il sostentamento del clero
deduca, ai sensi degli artt. 34 e 35 del D. Lgs. n. 80 del 1998, l'illegittimità del comportamento del Ministero dei
Lavori Pubblici per avere, quest'ultimo, provveduto, a distanza di oltre un anno dall'emissione del decreto prefettizio di
esproprio, relativo ad un terreno di proprietà del predetto Istituto, alla corresponsione della seconda parte (nella specie: la
metà) della relativa indennità, definitivamente fissata nel provvedimento ablatorio, ove, come nella specie, con la domanda,
da identificarsi non soltanto in base alla concreta statuizione chiesta al giudice adito, ma anche con riguardo alla <causa
petendi>, il ricorrente abbia fatto valere in giudizio una pretesa inerente ai soggetti dell'obbligazione indennitaria e alle
modalità (termini e forme) del relativo adempimento, esplicitamente riservata alla giurisdizione del giudice ordinario,
perché diretta a conseguire una tutela integrativa, ulteriore e complementare, e correlativamente, a sollecitare il potere del
giudice di disporla, considerato che essa non configura una nuova materia che non sia già compresa in quelle spettanti alla
giurisdizione del predetto giudice (Nell'enunciare tale principio, la Corte ha anche affermato che, nel caso esaminato,
nessun rilievo assumono, ai fini del decidere, le pronunce della Corte costituzionale con le quali è stata dichiarata
l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, commi primo e secondo, del D. Lgs. n. 80 del 1998 - sentenza n. 281 del 2004
- e dell'art. 34, comma primo, del predetto D. Lgs., come sostituito dall'art. 7, lett. b), della legge n. 205 del 2000 - sent.
n. 204 del 2004 - in quanto le stesse non avrebbero inciso in alcun modo sul quadro normativo applicabile nella
fattispecie)>>( Sez. U, Ordinanza n. 20958 del 29/10/2004, Rv. 577888).
Fattispecie particolare di rapporto privatistico:
<<A seguito e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, che ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale parziale del testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (applicabile alle controversie
promosse anteriormente al 10 agosto 2000), in materia urbanistica ed edilizia la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo resta contenuta nei limiti oggettivi segnati dalla legislazione previgente all'entrata in vigore del citato art.
34, fermo restando che, in virtù della parte della norma sopravvissuta alla decisione della Corte costituzionale, detta
giurisdizione esclusiva, al pari di quella generale di legittimità nella stessa materia, è divenuta piena, essendosi estesa ai
diritti consequenziali, compreso quello al risarcimento del danno. Ne deriva che è devoluta alla cognizione del giudice
ordinario la controversia promossa dal privato (dopo il 30 giugno 1998 e prima del 10 agosto 2000) avente ad oggetto
l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare con il quale il Comune si sia obbligato ad acquistare, a titolo
oneroso, una porzione di terreno eccedente le esigenze connesse alla attuazione del piano di lottizzazione presentato, per
l'approvazione, dal privato medesimo, essendo in particolare da escludere l'annoverabilità di tale contratto preliminare,
svincolato dall'esigenza urbanistica (in quanto concluso dal Comune medesimo "iure privatorum" al fine di incrementare
il proprio patrimonio, senza alcun collegamento funzionale col provvedimento di approvazione del piano di lottizzazione),
in alcuna delle categorie di atti rientranti, ai sensi di precedenti disposizioni di legge (art. 11 della legge 7 agosto 1990, n.
241; art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10), nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Né - a mutare
la natura del negozio "de quo" e, conseguentemente, delle posizioni giuridiche soggettive da esso nascenti - rileva la
circostanza che il prezzo della futura vendita sia stato dalle parti fissato con riferimento all'indennità di espropriazione
calcolabile sulla base della emanande norme in materia, e ciò trattandosi solo di un criterio voluto dalle parti per rendere
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determinabile, ai sensi dell'art. 1346 cod. civ., l'oggetto dell'obbligazione principale assunta dal Comune>> (Sez. U,
Sentenza n. 23827 del 23/12/2004 (Rv. 578360)
§15. Sull’art. 11 della l. n. 241 del 1990 e sull’art. 6 della l. n. 205 del 2000.
In riferimento alla giurisdizione di cui al comma 5 dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990:
<<Spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione della controversia, promossa dal privato nei
confronti del Comune, avente ad oggetto l'adempimento o, in subordine, la risoluzione di una convenzione di
lottizzazione, detta giurisdizione trovando fondamento normativo - a prescindere dalla portata dell'art. 34 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80, a seguito e per effetto della sentenza di illegittimità costituzionale parziale n. 281 del 2004, in
relazione ad ipotesi di preesistente giurisdizione amministrativa nella materia urbanistica - nell'art. 11, Comma quinto,
della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale, con norma immediatamente applicabile anche in relazione ad accordi conclusi
prima della sua entrata in vigore, nel devolvere al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie
relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi conclusi, nel pubblico interesse, dalla P.A. con gli
interessati, al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, se previsto dalla legge, in
sostituzione di questo, configura un'ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo correlata, non ad una
determinata materia, bensì ad una determinata tipologia di atto, quale che sia la materia che ne costituisce oggetto. Nè
osta all'attribuzione di una siffatta controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo la congiunta proposizione di
una richiesta di condanna della P.A. al risarcimento dei danni, trattandosi di questione attinente, non all'ambito della
giurisdizione, ma solo all'estensione dei poteri del giudice amministrativo>> (Sez. U, Ordinanza n. 732 del
17/01/2005, Rv. 578540).
In riferimento alla giurisdizione ex art. 6 della l. n. 205 del 2000:
<<Gli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici, si riferiscono alla sola fase pubblicistica
dell'appalto (compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dei concorrenti), ma non riguardano
anche la fase relativa alla esecuzione del rapporto: in questa seconda fase resta, quindi, operante la competenza
giurisdizionale del giudice ordinario come giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alla normativa positiva delle
regole attraverso cui i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi e delle relative condotte attuative>> (Sez.
U, Sentenza n. 6743 del 31/03/2005, Rv. 579975).
§16. La giurisprudenza delle SS.UU. successiva alla sentenza n. 204 del 2004 (e
alla sentenza n. 281 del 2004) relativamente all’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998,
cioè sul tema del risarcimento del danno).
Si premette una notazione, che emerge dalla lettura delle decisioni rassegnate anche nelle
relative motivazioni: le SS.UU. non sembrano volutamente ancora essersi impegnate
funditus sulla questione della sorte delle pretese risarcitorie. Pertanto, al di là di quel che
risulta dalle massime non è dato rintracciare nelle motivazioni delle decisioni ulteriori
significative argomentazioni a sostegno di quanto da esse emerge.
Per un’affermazione della riconducibilità alla giurisdizione del G.A. delle pretese risarcitorie
dopo la sentenza n. 204, sia in ambito di giurisdizione di legittimità, sia in ambito di
giurisdizione esclusiva:
<<L'art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge 21 luglio
2000, n. 205, ha attribuito al giudice amministrativo la cognizione delle pretese risarcitorie per lesione, di posizioni
56
soggettive del privato, conseguente all'adozione di provvedimenti amministrativi di cui quel giudice sia chiamato a conoscere
in sede di giurisdizione sia esclusiva (primo comma) sia generale di legittimità (terzo comma), in tal modo quindi
configurandosi, ora, la giurisdizione speciale amministrativa (in entrambi tali sue forme) come giurisdizione piena, per il
profilo, appunto, della sua estensione alla cognizione (espressamente in precedenza, invece, esclusa) anche delle controversie
concernenti diritti patrimoniali consequenziali. (Enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno dichiarato, in
sede di regolamento preventivo, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda, introdotta in epoca
successiva al 10 agosto 2000, con cui il privato aveva chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni
conseguenti alla adozione di un illegittimo provvedimento, annullato dal TAR, di autorizzazione commerciale alla
rivendita di giornali)>> (Sez. U, Ordinanza n. 3822 del 24/02/2005, Rv. 579449).
Si veda anche Sez. un. n. 463 del 2005, già riportata al paragrafo precedente.
Per una interessante sottolineatura dell’importanza del riferimento agli atti e provvedimenti ai
fini dell’individuazione dei limiti della giurisdizione del G.A. sulle pretese risarcitorie ed in
particolare nel senso della irrilevanza del fatto che la fattispecie risarcitoria trovi “occasione”
nell’atto o provvedimento:
<<A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - con cui è stata dichiarata l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000,
n. 205), nella parte in cui, in materia urbanistica ed edilizia, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie aventi per oggetto "gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti", anzichè "gli atti ed i
provvedimenti" delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati -, sussiste la giurisdizione del giudice
ordinario, in assenza di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, rispetto alla domanda rivolta, non ad
impugnare atti o provvedimenti della procedura espropriativa, ma a denunciare lesioni del diritto di proprietà per meri
comportamenti posti in essere dalla P.A. - ovvero da suoi incaricati o delegati - (nella specie trattavasi di lesioni derivanti
dallo sconfinamento dei lavori inerenti alla realizzazione di un collegamento stradale in aree contigue ai fondi
legittimamente occupati, e ciò attraverso scavi, riversamenti dei materiali di risulta, alterazioni del regime delle acque,
sradicamenti di piante), indipendentemente dall'eventualità che i fatti trovino o meno occasione in quella procedura. Nè
incide sulla giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che detta domanda abbia un "petitum" di carattere
recuperatorio o risarcitorio, atteso che l'art. 35, primo comma, del D.Lgs. n. 80 del 1998 (anch'esso sostituito dall'art. 7
della legge n. 205 del 2000), nello stabilire che il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la reintegrazione in
forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto, espressamente si riferisce alle controversie devolute alla sua giurisdizione
esclusiva, e dunque non introduce, sotto alcun profilo, una nuova materia attribuita a detta giurisdizione, ma conferisce
soltanto al cittadino uno strumento ulteriore di tutela, nel rapporto per il quale sia da altra norma contemplata la
medesima giurisdizione esclusiva>> (Sez. U, Ordinanza n. 386 del 12/01/2005 (Rv. 578557)
Per una particolare sottolineatura del rilievo della nozione di diritto patrimoniale
consequenziale, ai fini dell’individuazione dei limiti della deducibilità avanti al G.A.
dell’azione risarcitoria:
<<Spetta al giudice ordinario conoscere della domanda con cui il privato, acquirente di un terreno sul quale era stata
rilasciata una concessione edilizia e successore nella titolarità del permesso di costruire, chieda la condanna del Comune al
risarcimento dei danni da esso subiti in seguito al rilascio, in favore del proprio dante causa, di una concessione edilizia
ritenuta illecita dal giudice penale (in un procedimento penale per il reato, tra l'altro, di cui all'art. 20, lettera c, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47) ed illegittima in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato promosso dal
proprietario confinante, ma sulla cui piena regolarità egli abbia fatto invece affidamento per l'esecuzione del programma di
costruzione dell'edificio. Detta domanda, infatti, non rientra nel campo applicativo dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo
1988, n. 80, nè sollecita la tutela di un situazione configurabile come diritto patrimoniale consequenziale, giacchè non
postula alcun accertamento sull'esercizio del potere amministrativo (autoritativo) in materia urbanistica ed edilizia, che ha
portato al rilascio della concessione edilizia, ma, sul presupposto che questa resti caducata, ascrive al comportamento del
Comune convenuto la responsabilità per la sopravvenuta impossibilità di realizzare il programma costruttivo (Sez. U,
Ordinanza n. 4805 del 07/03/2005, Rv. 579431)
Si veda anche SS.UU. n. 6332 del 2005, riportata di seguito.
57
Nel senso dell’esclusione di una concorrenza di giurisdizioni nelle materie dell’edilizia e
dell’urbanistica come ridimensionate dalla sentenza n. 204 (in quanto l’ordinamento
precluderebbe che la scelta del giudice possa dipendere dalla strategia processuale della parte
attrice) e nel senso della sussistenza della giurisdizione del G.A. (fattispecie di proposizione di
domanda di danno da ritardo):
<<In materia edilizia ed urbanistica, l'art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo novellato dall'art. 7 della
legge 21 luglio 2000, n. 205, esclude una concorrenza delle giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa, nell'area del
risarcimento del danno da esercizio di poteri amministrativi; spetta pertanto al giudice amministrativo conoscere della
domanda con cui il privato chieda, previo accertamento del colpevole ritardo del Comune nel rilascio di una concessione
edilizia in sanatoria, la condanna dell'ente locale al risarcimento dei danni>> (Sez. U, Ordinanza n. 6745 del
31/03/2005, Rv. 580154).
Ed invece per affermazioni che sembrerebbero (se mal non si intende) evocare l’idea della
giurisdizione concorrente elettiva (a scelta del privato) in ragione della qualificazione del
risarcimento del danno come strumento di tutela operata dalla sentenza n. 204 del 2004:
<<Posto che la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già
in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ma alla stregua del "petitum" sostanziale, ossia
considerando l'intrinseca consistenza della posizione soggettiva addotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con
riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest'ultima dal diritto positivo, va dichiarata la giurisdizione del giudice
ordinario a conoscere della domanda con cui la società concessionaria di lavori pubblici chieda l'annullamento per
illegittimità (ed il risarcimento dei danni subiti per effetto) del decreto dell'assessore regionale, adottato senza rimettere in
discussione la precedente aggiudicazione, recante la risoluzione, per impossibilità sopravvenuta, della convenzione, relativa
a lavori di sfangamento di un lago, in precedenza stipulata con essa società; ciò in quanto la posizione soggettiva incisa dal
provvedimento impugnato ha la consistenza non già del mero interesse legittimo (cui si correla la giurisdizione generale di
legittimità del giudice amministrativo), sibbene quella, piena (e conoscibile dal giudice ordinario), del diritto soggettivo. Nè
l'esclusione della giurisdizione del giudice ordinario può fondarsi sull'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,
prevedente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni amministrative: ciò in quanto
l'art. 31- bis della legge 11 febbraio 1994, n.109 (avente portata derogatoria rispetto alla "lex generalis" costituita dal
citato art. 5) assoggetta le concessioni in materia, come nella specie, di lavori pubblici agli ordinari criteri di riparto
giurisdizionale operanti in materia di appalti di opere pubbliche. Nè, in relazione al concorrente "petitum" risarcitorio
della domanda, può venire in rilievo, al fine di incardinare la giurisdizione del giudice amministrativo, la disposizione di
cui all'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205: essa infatti - nel prevedere, con la sostituzione dell'art. 35 del D.Lgs.
31 marzo 1998, n. 80 e con la modifica dell'art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, rispettivamente che il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone il risarcimento del danno ingiusto, e che
il TAR, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del
danno - è norma che non attiene alla giurisdizione, ma all'estensione dei poteri del giudice amministrativo, nel senso che,
per un principio di concentrazione, essa configura ora come "piena" la giurisdizione, sia esclusiva che generale di
legittimità, del giudice amministrativo, autorizzando quel giudice a conoscere, quindi, anche delle domande risarcitorie,
connesse all'impugnazione dell'atto, ma ove appunto sussista, in relazione a questo, la sua giurisdizione, e non già in
relazione a qualsiasi istanza risarcitoria formulata nei confronti della P.A. (Enunciando il principio di cui in massima,
le Sezioni Unite hanno altresì escluso che il diniego implicito alla stipula di una convenzione integrativa, ravvisabile nel
decreto impugnato, fosse nel caso riferibile al "momento genetico" di tale seconda convenzione, atteso che la stipula
d'appositi successivi accordi, che si fossero resi necessari per l'esecuzione di lavori ulteriori eccedenti il finanziamento
iniziale, era espressamente prevista come clausola della convenzione iniziale, sicchè, anche sotto questo profilo, il decreto
impugnato doveva ritenersi pur sempre incidente su posizioni di diritto perfetto negozialmente acquisite dalla società
concessionaria>> (Sez. U, Sentenza n. 6743 del 31/03/2005, Rv. 579974).
In tema di spettanza all’A.G.O. dell’azione risarcitoria per scadenza del periodo di
occupazione legittima:
58
<<A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (sentenze
n. 204 e n. 281 del 2004), spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda del privato di restituzione di un
fondo di sua proprietà trattenuto senza titolo dalla P.A. dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima, nonché di
risarcimento dei danni derivanti dalla indebita perdurante occupazione del fondo medesimo>> (Sez. U, Ordinanza n.
21635 del 16/11/2004, Rv. 578044).
Nel senso della riconducibilità alla giurisdizione del G.A. della controversia risarcitoria sul
danno da lesione di interesse pretensivo (nella specie fatto valere con postulazione in via
incidentale della valutazione dell’illegittimità del provvedimento denegatorio; peraltro la
decisione non prende posizione sulla c.d. pregiudiziale, ma implicitamente parrebbe negarla,
in quanto, di fronte alla prospettazione del controricorrente di avere dedotto nel giudizio
assoggettato a regolamento l’agire dei funzionari amministrativi come comportamento e di
non avere invece postulato come oggetto dell’azione il provvedimento, si replica che si è fatta
valere pur sempre “l’illegittimità dell’azione amministrativa”):
<<La giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interessi pretensivi conseguente ad atti adottati
da un ente pubblico non economico spetta al giudice amministrativo alla stregua di quanto disposto dall'art. 35, comma
primo, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, - a norma del
quale, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto - e dall'art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,
come modificato dall'art. 7 della citata legge n. 205 del 2000 - a norma del quale il tribunale amministrativo regionale,
nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno -,
avendo il legislatore con tali disposizioni, coerenti con la piena dignità di giudice riconosciuta al Consiglio di Stato dalla
Costituzione e in attuazione dell'art. 24 Cost., inteso concentrare presso il medesimo giudice, sia nell'ambito delle materie
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità di
tale giudice, anche la decisione sulla domanda di risarcimento del danno che il privato proponga congiuntamente o
alternativamente a quella di annullamento dell'atto amministrativo che affermi illegittimo>> (Sez. U, Ordinanza n.
5078 del 09/03/2005, Rv. 579815).
Danno da rilascio di concessione di servizio ed altri: giurisdizione del G.A. (e spostamento
avanti a detta giurisdizione anche della pretesa di maleva della P.A. verso il terzo beneficiario
della concessione):
<<In tema di concessione di pubblico servizio avente ad oggetto la riscossione d'entrate patrimoniali, rientra nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione della domanda con la quale il concessionario chieda la
condanna dell'ente concedente al risarcimento dei danni per avere quest'ultimo affidato a terzi, mediante il rilascio d'altra
concessione, l'esazione dei canoni d'acqua che sarebbero dovuti rientrare nella riscossione delle entrate patrimoniali; rientra
del pari nella giurisdizione esclusiva del medesimo giudice la cognizione della domanda di garanzia e di manleva proposta
dall'ente concedente nei confronti del terzo nuovo concessionario>> (Sez. U, Ordinanza n. 5336 del 11/03/2005,
Rv. 579832).
Danno da mancata assegnazione di posto di gestore di pubblico servizio dopo utile
collocazione nel relativo concorso:
<<A seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (come
sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), avutasi con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte
costituzionale, applicabile ai giudizi in corso, l'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia
di pubblici servizi si estende, non più a tutte le controversie, ma a classi di controversie, ed alla classe delle controversie,
devolute al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, riguardanti concessioni di pubblici servizi, non
appartiene più quella riguardante le controversie relative ai rapporti individuali di utenza ed alle domande meramente
risarcitorie, che era stata impiegata dal legislatore per delimitare l'ambito delle controversie, invece devoluta, che
concernevano le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici
servizi. Appartiene pertanto alla cognizione del giudice ordinario la domanda con la quale il privato - che deduca di
essersi utilmente classificato nella graduatotria di pubblico concorso per l'assegnazione di un posto vacante nel gruppo
59
ormeggiatori - chieda la condanna della P.A. (nella specie, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Capitaneria di
porto) al risarcimento dei danni subiti per la mancata nomina ad ormeggiatore portuale>> (Sez. U, Ordinanza n.
598 del 14/01/2005, Rv. 578534)
In riferimento a danni da omessa attività manutentiva di strade:
<<A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 (applicabile anche ai giudizi in corso) - con la
quale è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo
novellato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), nella parte in cui devolveva alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo le controversie, in materia urbanistica ed edilizia, nelle quali vi sia stato, non già un atto o un
provvedimento dell'amministrazione, ma un comportamento di questa non altrimenti qualificato -, l'inosservanza da parte
della P.A., nella sistemazione e manutenzione di una strada, delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e
prudenza, può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario, sia quando tenda a conseguire la condanna ad
un "facere", sia quando abbia per oggetto la richiesta del risarcimento del danno patrimoniale, giacché una siffatta
domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma un'attività, soggetta al rispetto del principio del
"neminem laedere">> (Sez. U, Ordinanza n. 599 del 14/01/2005, Rv. 578535).
Danno da attraversamente di fauna selvatica (la sentenza si segnala per la sottolineatura
dell’ancoraggio della giurisdizione risarcitoria del G.A. alla congiunta richiesta di
annullamento dell’atto):
<<Spetta al giudice ordinario la cognizione della domanda promossa dal privato per conseguire dalla P.A. il
risarcimento dei danni da esso subiti dall'improvviso attraversamento della sede stradale da parte di fauna selvatica. Nè
la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine a detta domanda risarcitoria può trovare fondamento nel testo
novellato dell'art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034: infatti detta norma - la quale prevede che quando è chiesto al
giudice amministrativo, facendosi valere un interesse legittimo, l'annullamento del provvedimento amministrativo, alla
domanda principale d'annullamento può essere cumulata una domanda di risarcimento del danno, in tal modo evitandosi
la necessità del doppio processo (il primo, dinanzi al giudice amministrativo, per l'annullamento dell'atto; il secondo,
dinanzi al giudice ordinario, per il risarcimento del danno) - non opera allorchè, come nella specie, difettando un
provvedimento amministrativo, manchi una domanda d'annullamento, ed il privato proponga esclusivamente una
domanda di risarcimento del danno nei confronti della P.A., nella quale ciò che rileva è la liceità e non la legittimità
dell'azione amministrativa>> (Sez. U, Sentenza n. 6332 del 24/03/2005, Rv. 579984).
Sugli effetti della sent. n. 281 del 2004 sulle azioni risarcitorie:
<<In ordine alla domanda di risarcimento del danno da comportamento della p.a. ex art. 2043, cod. civ., proposta
prima delle modificazioni del sistema di riparto della giurisdizione introdotte con il D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo
modificato dalla legge n. 205 del 2000, che non ha efficacia retroattiva, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, non
essendo configurabile, in linea generale ed astratta, in quel regime normativo la giurisdizione del giudice amministrativo
sulle domande di risarcimento del danno. Quanto poi agli artt. 33 e 34 del succitato D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo
risultante a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 292 del 2000 e n. 281 del 2004, essi hanno prodotto il
limitato effetto di estendere la giurisdizione amministrativa di legittimità ed esclusiva (già esistente nelle materie previste
dagli artt. 33 e 34, cit.) alle controversie -in precedenza riservate al giudice ordinario- aventi ad oggetto diritti
patrimoniali consequenziali all'annullamento di atti amministrativi, in queste comprese quelle relative al risarcimento del
danno, rendendo in tal modo 'piena' la preesistente giurisdizione del giudice amministrativo, non altrimenti ampliata a
seguito del D.Lgs. n. 80 del 1998 Sez. U, Ordinanza n. 21097 del 04/11/2004 (Rv. 577945)
<<Le domande di risarcimento dei danni proposte nei giudizi iniziati successivamente al 30 giugno 1998 e fino al 9
agosto 2000, aventi ad oggetto atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni, e dei soggetti alle stesse equiparati, in
materia urbanistica ed edilizia, in virtù dell'art. 34 D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo anteriore alla modifica introdotta
dalla legge n. 205 del 2000 - che non ha efficacia retroattiva- e quale risultante dalla sentenza della Corte costituzionale
n. 281 del 2004, di tipo "manipolativo", che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale parziale, nonché della
disciplina derivata da detta pronuncia, spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo, qualora riguardino
controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo già prima del D.Lgs. n. 80/98, ovvero
riconducibili alla giurisdizione generale di legittimità, poiché la norma ha realizzato una mera estensione della preesistente
60
giurisdizione amministrativa, divenuta 'piena', poiché concerne anche la cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali,
quindi la tutela risarcitoria, in precedenza riservata alla giurisdizione ordinaria. Pertanto, la domanda di risarcimento
dei danni proposta congiuntamente alla domanda di annullamento del diniego di concessione edilizia per la realizzazione
di una stazione radio base per telefonia cellulare ed alla domanda di annullamento dell'ordinanza sindacale che vieta
l'installazione di antenne sul territorio comunale spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la seconda
domanda era già attribuita a questo giudice dall'art. 16, legge n. 10 del 1987, e la terza, ove ritenuta non compresa in
quest'ultima norma, rientra, comunque, nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo>> (Sez. U,
Ordinanza n. 22274 del 26/11/2004, Rv. 578127).
Sempre in ambito di efficacia della sent. n. 281 del 2004 nel senso della giurisdizione
dell’A.G.O. su fattispecie di proposizione di domanda risarcitoria connessa ad accessione
invertita e di domanda subordinata di restituzione del bene per il caso di esclusione della
ricorrenza dell’accessione:
<<Nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica, il testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, per
effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, innova in tema di giurisdizione limitatamente
all'estensione ai diritti patrimoniali consequenziali alla giurisdizione di legittimità od esclusiva che già apparteneva al
giudice amministrativo. Ne consegue che spetta al giudice ordinario, non implicando l'esame di una pretesa consequenziale
ad una tutela da chiedersi al giudice amministrativo, conoscere della domanda - introdotta in epoca successiva al 30 giugno
1998 e precedente il 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205) - con la quale il
privato chieda, in via principale, il risarcimento dei danni conseguenti alla perdita della proprietà del fondo ad esso
appartenente su cui sia stata eseguita un'opera pubblica senza che sia stato emesso il decreto di esproprio, ovvero - in via
subordinata, e per il caso in cui non ricorra un'ipotesi di accessione invertita - la restituzione del fondo medesimo>> (Sez.
U, Ordinanza n. 8204 del 20/04/2005, Rv. 580313).
Per una lettura del tutto “particolare” della sentenza n. 281 del 2004 (che sembrerebbe limitare
l’effetto della sentenza alle sole ipotesi di giurisdizione esclusiva esistenti al 30 giugno 1998):
<<In tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, per effetto dell'operazione
manipolatrice compiuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 281 del 2004 sul testo originario dell'art. 34 del
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, in tanto si ha l'ampliamento dei poteri del giudice amministrativo in tema di
risarcimento del danno nella materia urbanistica ed edilizia, in quanto, nella detta materia, al giudice amministrativo
fosse in precedenza attribuita, su determinate controversie (come nel caso dell'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10),
una giurisdizione esclusiva (ma non piena), ovvero fosse in essa configurabile, in ragione della natura della controversia
(volta a conseguire, avverso provvedimenti autoritativi della pubblica amministrazione lesivi di interessi legittimi, la tutela
demolitoria e/o conformativa), la sua giurisdizione generale di legittimità. Avuto riguardo a tale regola di riparto,
destinata ad operare per i giudizi iniziati dopo il 30 giugno 1998 e fino al 9 agosto 2000 (data di entrata in vigore della
nuova legge n. 205 del 2000), la domanda di risarcimento del danno in forma specifica (demolizione e riduzione in
pristino) e per equivalente nei confronti di pubbliche amministrazioni a tutela di una posizione giuridicamente rilevante
(diritto di proprietà) lesa da comportamenti materiali consistenti nello svolgimento di una attività edilizia (nella specie:
ristrutturazione di un edificio adibito a teatro) è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti
soggettivi, tra i quali è compreso il diritto al risarcimento del danno, distinto dalla posizione giuridica la cui lesione è fonte
di danno ingiusto. In relazione a siffatta controversia, infatti, non è ravvisabile una preesistente giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, esulando essa dall'ambito fissato dall'art. 16 della legge n. 10 del 1977, ne' è configurabile la
giurisdizione di legittimità del detto giudice, non essendo fatta valere, mancando l'impugnazione di provvedimenti
autoritativi per ottenerne l'annullamento, una posizione avente consistenza di interesse legittimo>> (Sez. U,
Ordinanza n. 22490 del 29/11/2004, Rv. 578149).
Per la sussistenza della giurisdizione del G.A. in caso di domanda risarcitoria consequenziale
e congiunta a domanda di annullamento, nel regime derivante dalla sent. n. 281 del 2004:
<<Il testo originario dell'art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, per effetto della declaratoria di parziale
illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, innova in tema di
giurisdizione del giudice amministrativo, con riguardo alla materia dell'edilizia e dell'urbanistica, nel periodo intercorrente
61
fino all'entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205, limitatamente all'estensione ai diritti patrimoniali
consequenziali della giurisdizione di legittimità od esclusiva già spettante al medesimo giudice. Spetta pertanto alla
cognizione del giudice amministrativo la domanda risarcitoria - introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 ma
precedente il 10 agosto 2000 - proposta in via consequenziale alla denunciata illegittimità, dinanzi al medesimo giudice,
di un atto amministrativo (nella specie, D.M. di imposizione di vincolo su un immobile ai sensi della legge n. 1089 del
1939, per effetto del quale al privato era stata ritirata la concessione edilizia, precedentemente rilasciata in relazione al
medesimo immobile)>> (Sez. U, Sentenza n. 597 del 14/01/2005, Rv. 578538).
Di particolare importanza per il fatto che ribadisce l’inquadramento della pretesa risarcitoria
verso la P.A. nei termini indicati dalla sent. n. 500 del 1999:
<<In ordine alla domanda di risarcimento del danno "ex" art. 2043 cod. civ. da comportamento della P.A.
(consistente, nella specie, nella mancata esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ad alloggi costruiti dal
privato in virtù della concessione edilizia rilasciatagli), proposta prima delle modificazioni del sistema di riparto della
giurisdizione introdotte con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e succ. modif., sussiste la giurisdizione del giudice
ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo,
tale essendo la natura della pretesa risarcitoria, che è distinta dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di
danno ingiusto (la quale può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie configurazioni,
correlate alle diverse forme di protezione, o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento). (Enunciando il principio di
cui in massima, le S.U. hanno precisato che la configurabilità, nella fattispecie, della responsabilità della P.A. ai sensi
dell'art. 2043 cod. civ. è soltanto questione di merito)>> (Sez. U, Sentenza n. 2206 del 04/02/2005, Rv.
579018).
Si veda anche:
<<In materia di responsabilità civile, in presenza delle condizioni di risarcibilità richieste dall'art. 2043 cod. civ. il
danneggiato è titolare di un diritto soggettivo (di credito) al risarcimento del danno ingiusto autonomo e distinto dalla
posizione giuridica violata, dalla cui natura (di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo o di altro interesse
giuridicamente rilevante) esso invero prescinde. Ne consegue che l'azione di risarcimento deve essere proposta avanti al
giudice ordinario anche quando la lesione abbia riguardo ad una posizione di interesse legittimo, fatta eccezione per i casi
in cui sussista una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo estesa ai diritti patrimoniali conseguenziali (Nel fare
applicazione del suindicato principio le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno dichiarato nel caso
sussistere la giurisdizione dell'A.g.o. in ordine ad una domanda di risarcimento dei danni avanzata dai titolari e gestori
di un'azienda agricola con impianto di itticoltura in ragione della moltiplicazione di uccelli ittiofagi, asseritamente
conseguente all'istituzione da parte della Regione Veneto del Parco nazionale del fiume Sile, che assaltavano le specie
ittiche da essi coltivate)>> (Sez. U, Sentenza n. 19200 del 24/09/2004, Rv. 577338) 67.
§17. Il risarcimento del danno secondo la sentenza n. 204 del 2004 della Corte
costituzionale.
1. Com’è noto la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 204 del 2004, dopo avere
ridimensionato le norme degli arttt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, nel testo sostituito
dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000, più che con una sorta di obiter con quella che dovrebbe
considerarsi una valutazione espressa per superare un’eventuale illegittimità
consequenziale (ai sensi dell’art. 27 della l. n. 87 del 1953, ancorché la Consulta non
evochi questa norma) si è soffermata – nel punto 3.4.1. del Considerato in diritto –
sull’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui con la lettera c) ha sostituito l’art.
La sentenza si legge in Giornale di dir. amm., 2005, 287 e ss., con nota di A. BARTOLINI, Giudice ordinario ed autonomia del
rimedio risarcitorio: gli orientamenti della Corte di Cassazione, nonché in Dir. giust., con nota di R. PROIETTI, Risarcimento di
interessi legittimi, decide il giudice ordinario). [va notato che la sentenza venne deliberata il 17.6.2004, prima cioè della sent. n. 204
del 2004].
67
62
35 del d.lgs. n. 80 del 1998, cioè sulla norma concernente il risarcimento del danno, in
relazione alla quale, pur senza impugnarla alcune delle ordinanze di rimessione avevano
argomentato l’incostituzionalità degli artt. 33 e 34.
La Corte, in proposito, ha affermato che <<la dichiarazione di incostituzionalità
[adottata rispetto agli artt. 33 e 34] non investe in alcun modo>> il suddetto art. 7: in
questo modo è evidente che si è, sostanzialmente, voluto escludere che dalla
dichiarazione di incostituzionalità di quelle norme fosse originata in via consequenziale
una ricaduta sull’altra.
La Corte ha motivato questo suo convincimento osservando quanto segue: <<il potere
riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in
forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo
una nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela
ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per
rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. L'attribuzione
di tale potere non soltanto appare conforme alla piena dignità di giudice riconosciuta
dalla Costituzione al Consiglio di Stato (sub 3), ma anche, e soprattutto, essa affonda le
sue radici nella previsione dell'art. 24 Cost., il quale, garantendo alle situazioni soggettive
devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela, implica che il giudice
sia munito di adeguati poteri; e certamente il superamento della regola (avvenuto,
peraltro, sovente in via pretoria nelle ipotesi olim di giurisdizione esclusiva), che
imponeva, ottenuta tutela davanti al giudice amministrativo, di adire il giudice ordinario,
con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali
consequenziali e l'eventuale risarcimento del danno (regola alla quale era ispirato anche
l'art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, che pure era di derivazione comunitaria),
costituisce null'altro che attuazione del precetto di cui all'art. 24 Cost.>>.
2. I punti che in queste brevi proposizione del giudice della Consulta servono a delineare
come si rapporti il risarcimento del danno alla giurisdizione esclusiva ridimensionata
dalla sentenza n. 204 sembrerebbero i seguenti:
a) il risarcimento del danno non è una materia, ma uno strumento di tutela;
b) come tale si tratta, però, di uno strumento di tutela “ulteriore” rispetto a quello
classico sperimentabile avanti al giudice amministrativo in senso – dice la Corte demolitorio o conformativo (espressione che non è chiaro a cosa alluda e precisamente
se al giudizio di ottemperanza o a giudizi nei quali non viene in rilievo stricto sensu un atto
o provvedimento da annullare ma si richieda al giudice amministrativo di dire come
l’Amministrazione deve comportarsi);
c) tale strumento risulta attribuito al giudice amministrativo in funzione della garanzia
della effettività del diritto di azione;
d) l’attribuzione dell’utilizzabilità di tale strumento avanti al giudice amministrativo
investito della giurisdizione esclusiva come ridimensionata dalla Corte serve per evitare
che il cittadino sia costretto ad adire prima la giurisdizione amministrativa per vedersi
riconosciuta la tutela demandata in via esclusiva al giudice amministrativo e poi il giudice
ordinario per ottenere il risarcimento del danno.
Per la verità, nonostante la sentenza della Consulta suggerisse – almeno come sembra –
l’opportunità di una riflessione sui singoli punti sopra indicati e, quindi, sulla loro
combinazione, al fine di ricostruirne il vero significato e le effettive implicazioni, i
63
numerosi commenti della dottrina alla sentenza si sono limitati a registrare (per lo più
con entusiasmo) la salvezza a favore della giurisdizione amministrativa delle controversie
sul risarcimento del danno, preoccupandosi di due implicazioni, quella sull’estensione di
tale salvezza anche all’ambito della giurisdizione di legittimità (atteso la Consulta non ha
detto espressamente se quanto osservato rispetto alla tutela risarcitoria concerna anche
questa giurisdizione) e quella del carattere di esclusività di detta salvezza.
Secondo alcuni commentatori le considerazioni svolte dalla Consulta sarebbero valide
soltanto per la giurisdizione esclusiva, anche se non si spiega la giustificazione di tale
assunto68.
E’ piuttosto diffusa l’affermazione che le parole della Consulta vadano interpretate nel
senso che Essa si sia voluta riferire al risarcimento del danno da lesione dell’interesse
legittimo69.
2. Prima di passare ad una ricognizione dell’ordinamento, per come ridisegnato dalla
sentenza in relazione alle pretese risarcitorie verso la P.A.70, appare allora opportuno –
pur nella consapevolezza che le affermazioni fatte dalla Consulta non sono vincolanti
per l’interprete salvo che per quanto implichi l’interpretazione della Costituzione, atteso
che sull’interpretazione della legge ordinaria è pur sempre vigente l’art. 65 dell’Ord. giud.
– soffermarsi su ciascuno dei singoli passaggi della motivazione della sentenza della
Consulta, per individuarne le possibili implicazioni, anche sistematiche.
Intanto è da rilevare che, nonostante una qualche ambiguità, derivante dalla genericità
del riferimento all’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui ha sostituito l’art.
35 del d.lgs. n. 80 del 1998, l’espressa precisazione che la dichiarazione di
incostituzionalità non investe l’art. 7 sembra comportare che il riferimento al carattere
strumentale della tutela risarcitoria ed il suo non essere materia debbano indurre a
ritenere che la Consulta abbia inteso riferirsi soltanto all’art. 35, comma 1, cioè solo al
risarcimento del danno in ambito di giurisdizione esclusiva.
Questa conclusione, attesa l’estrema lapidarietà dell’affermazione si impone sia per il
riferirsi della dichiarazione di incostituzionalità soltanto a due norme di previsione della
giurisdizione esclusiva (artt. 33 e 34), sia per il fatto che a sostegno dell’argomentazione
si evoca il sistema imposto dall’abrogato art. 13 della l. n. 142 del 1992 (che concerneva
una fattispecie di giurisdizione esclusiva), imperniato sul doppio binario, sia per il fatto
– che dovrebbe considerarsi assolutamente assorbente – che la Corte non avrebbe avuto
ragione di porsi il problema della consequenzialità ai sensi dell’art. 27 cit. in relazione
all’ambito della giurisdizione di legittimità e ciò per la semplicissima ragione che la
sentenza n. 500 del 1999 (i cui principi di diritto erano da considerare all’epoca diritto
vivente, non essendo stati in alcun modo smentiti dalle SS.UU.) aveva affermato il
principio dell’inesistenza della c.d. pregiudizialità amministrativa, onde il doppio binario
non poteva ritenersi imposto (ove non previsto) sia nella giurisdizione esclusiva che in
quella di legittimità.
V. CERULLI IRELLI, Leggendo, etc., cit.
F. CINTIOLI, op. cit.; e soprattutto P. CARPENTIERI, La sentenza della Consulta 204/2004 e la pregiudiziale amministrativa,
in Urbanistica e appalti, 1121 e ss.
70 In generale sul tema della responsabilità civile della p.a. sotto il profilo del riparto si veda recentissimamente: C.
CONTESSA, Il riparto di giurisdizione in materia di responsabilità della Pubblica Amministrazione, in La responsabilità civile della
Pubblica Amministrazione a cura di F. CARINGELLA e M. PROTTO, Bologna, 2005, 511-635.
68
69
64
Sotto questi profili non si comprende come il rilievo della Corte possa con tanta
disinvoltura intendersi riferito nelle sue intenzioni alla giurisdizione di legittimità.
Risponde alla logica della valutazione di cui al cennato art. 27 che invece la Corte l’abbia
fatto per escludere ogni dubbio di costituzionalità sulla permanenza nelle materie di
giurisdizione esclusiva ridimensionate, siccome emergenti dalla riscrittura degli artt. 33 e
34, della attribuzione (salvo a vedere in che limiti) del risarcimento del danno al giudice
amministrativo. Novità del d.lgs. n. 80 del 1998 poi allargata all’ambito di tutta al
giurisdizione esclusiva dalla l. n. 205 del 2000, che rappresentava una rottura con il
sistema che in precedenza (sulla scorta del testo dell’art. 7, l. n. 1034 del 1971 e dell’art.
30 del T.U. sul Consiglio di Stato) escludeva espressamente che nell’ambito della
giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo conoscesse delle pretese risarcitorie. E
sulla quale, quindi, una volta sconfessato il sistema dei blocchi per materie e fortemente
rimarcato che il nostro sistema della giustizia amministrativa a livello costituzionale
risente ancora della sua origine, cioè della legge abolitiva del contenzioso, si poteva
adombrare il dubbio (consequenziale) che si trattasse di “materia”.
3. Venendo ora alla prima affermazione della Consulta, cioè essere il risarcimento del
danno uno strumento di tutela e non una materia, sembrerebbe innanzitutto da
escludere, contrariamente a quanto numerosi commentatori hanno ritenuto71, che la
qualificazione in termini di strumento di tutela si presti ad essere intesa nel senso della
sconfessione della qualificazione che al risarcimento del danno nei confronti della
Pubblica Amministrazione avevano innovativamente ritenuto di dare le SS.UU. nella
famosa sentenza n. 500 del 199972, cioè quella di un diritto soggettivo, rispetto al quale la
lesione della situazione giuridica può caratterizzarsi indifferentemente come diritto
soggettivo o interesse legittimo, rilevando essa soltanto ai fini della c.d. ingiustizia del
danno, da intendersi in senso evocativo della necessità della lesione di un interesse
giuridicamente protetto73.
Al contrario, l’affermazione della Consulta, una volta richiamate le ragioni che inducono
a ritenere che Essa abbia inteso riferirsi solo alla giurisdizione esclusiva nell’affrontare ed
escludere il dubbio sulla possibile questione consequenziale, sembrerebbe da intendere
diversamente: infatti, se si tiene conto che - come si è detto poco sopra - la Corte si
preoccupa di rispondere al dubbio che, in riferimento alla giurisdizione esclusiva
ridimensionata di cui agli artt. 33 e 34 ed in genere alla giurisdizione esclusiva, la norma
dell’art. 35, comma 1, potesse essere intesa come essa stessa attributiva di una “materia”,
l’affermazione de qua vuole soltanto sottolineare il carattere meramente servente della
Si vedano per tutti quelli indicati nella nota 63 e, particolarmente CARPENTIERI per ulteriori riferimenti.
Onde non appesantire si omette la citazione dei numerosissimi commenti che la sentenza ha avuto.
73 Il principio di diritto sul punto risulta così massimato dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo: <<La normativa sulla
responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno
arrecato "non iure", il danno, cioè, inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per
l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini
di diritto soggettivo. Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 cod. civ., non è possibile individuare in
via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto,
accertare se, e con quale intensità, l'ordinamento appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in
considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo,
al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar
luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell'attività illegittima della P.A., l'interesse al bene della
vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo>> (RV 530553).
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72
65
norma rispetto alle norme degli artt. 33 e 34, esse sole individuatici della “materia”
oggetto di estensione della giurisdizione esclusiva.
Ed allora, poiché è di tutta evidenza che nell’ambito della giurisdizione esclusiva il
giudice amministrativo conosce sia di diritti sia di interessi legittimi, dire che la norma
dell’art. 35, comma 1, regola uno strumento di tutela della situazione tutelabile avanti al
giudice amministrativo con la giurisdizione esclusiva implica che tale strumento svolga la
sua funzione sia con riguardo ad una situazione (l’interesse leso) di diritto soggettivo, sia
di interesse legittimo. Onde, la costruzione della sentenza n. 500 del 1999 non risulta
affatto messa in crisi, potendo nell’uno e nell’altro caso il risarcimento del danno
continuare ad intendersi - nonostante il suo essere strumento di tutela - come diritto
soggettivo.
In altri termini il fatto che la Corte abbia detto che il risarcimento del danno è
strumentale alla tutela della situazione in relazione alla quale è regolata la giurisdizione,
non implica affatto una presa di posizione nel senso che esso ripeta la natura della
situazione stessa e che, quindi, non sia un diritto soggettivo, come disse la sent. n. 500
del 1999, ma implica solo che non è la situazione che il legislatore può prendere in
considerazione per creare la giurisdizione esclusiva.
Non a caso la Corte non qualifica il risarcimento del danno, non lo chiama diritto
soggettivo, ma non lo chiama nemmeno in altro modo e non dice che esso ha natura
variabile74
Tuttavia, quand’anche l’affermazione della Corte costituzionale, superando gli scogli
ermeneutici sopra indicati e supervalutando la sua lapidarietà, si intendesse riferibile
anche alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, l’entusiasmo con cui
taluni interpreti hanno visto in ciò la sconfessione delle SS.UU. oranti con la storica
sentenza n. 500, si presenterebbe ancora tutto da giustificare.
Invero, sostenere che l’affermazione della Consulta circa la strumentalità del
risarcimento del danno, in quanto riferita alla giurisdizione di legittimità, implichi un
disconoscimento della qualificazione della pretesa risarcitoria sempre come diritto
soggettivo, atteso che l’ambito di questa giurisdizione è per definizione quello relativo
alla tutela degli interessi legittimi e considerato che la strumentalità della pretesa
risarcitoria dovrebbe farla partecipe della stessa natura della situazione cui si correla, non
sembra affatto una conclusione automatica.
Che la situazione giuridica avente ad oggetto il risarcimento del danno fatto valere avanti
al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, comma terzo, primo inciso della l. n. 1034
del 1971, come sostituito dall’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 80 del 1998, come a sua
volta sostituito dall’art. 7 lett. c) della l. n. 205 del 2000, si debba ritenere
necessariamente di interesse legittimo va, in realtà, verificato confrontando la prima delle
affermazioni della Consulta con le altre e comunque sulla base di un’attenta
considerazione del tenore della norma dell’art. 35, anche al lume del sistema normativo
della giustizia amministrativa nel suo complesso.
4. Venendo alla seconda affermazione della Consulta – che il risarcimento del danno è
uno strumento di tutela “ulteriore” rispetto a quello classico sperimentabile avanti al
E’ opportuno ricordare gli esempi “gustosi” fatti da F.P. LUISO, Pretese risarcitorie verso la Pubblica Amministrazione fra
giudice ordinario e amministrativo, in Riv. dir. proc., 2002, 43 e ss. per giustificare l’assunto della n. 500 del 1999 circa
l’indipendenza della qualificazione della pretesa risarcitoria dalla qualificazione della situazione lesa (pp. 45-46).
74
66
giudice amministrativo in senso demolitorio o conformativo – ribadito che l’anodino
riferimento allo strumento conformativo sembrerebbe evocare sia la tutela contro la
lesione dell’interesse pretensivo sia quella inerente il giudizio di ottemperanza - si
osserva che l’accento sulla ulteriorità appare ambivalente, potendo significare: a) sia che
si tratta di uno strumento di tutela che deve accompagnarsi a quelli tradizionali, cioè che
può o deve essere azionato soltanto congiuntamente a tali strumenti; b) sia che si tratti di
uno strumento che è ulteriore in astratto, nel senso che rientra a livello normativo tra le
possibilità di tutela spendibili avanti al giudice amministrativo accanto a quelle indicate
come tradizionali, ma che non necessariamente deve spendersi insieme ad esse, potendo
azionarsi anche autonomamente.
5. La terza affermazione – cioè essere lo strumento risarcitorio attribuito al giudice
amministrativo in funzione della garanzia della effettività del diritto di azione – è chiara
ed appare particolarmente importante, perché fornisce una chiave di lettura della
deducibilità della pretesa risarcitoria avanti al giudice amministrativo: la chiave di lettura
è che essa è funzionale esclusivamente all’interesse del cittadino e, quindi, non può
essere intesa come una sorta di norma di favore per l’Amministrazione: aa) sia nel senso
della attribuzione ad un unico giudice, quello amministrativo, del sindacato sull’agire
autoritativo dell’Amministrazione stessa sotto tutti i suoi profili ed in tutti i suoi aspetti,
diretti ed indiretti (e di quest’ultima natura è il sindacato allorquando serve ai fini della
valutazione della pretesa risarcitoria); bb) sia nel senso che l’individuazione del significato
della regola deve avvenire esclusivamente ponendosi dal punto di vista del cittadino.
Non solo: la logica evocata dalla Consulta, cioè quella dell’effettività del diritto di azione,
sottende un valore inerente esclusivamente la tutela processuale, cioè una
funzionalizzazione della regola al miglior svolgimento del processo a servizio della
soddisfazione della pretesa del cittadino. La possibilità di far valere la tutela risarcitoria
avanti al giudice amministrativo intanto esiste perché serve o deve servire al cittadino
per meglio tutelare le sue situazioni giuridiche allorquando coinvolte dall’agire
dell’Amministrazione. Tanto comporta che non si tratta di regola di natura sostanziale
ed evidenzia un ulteriore (rispetto a quelli già evidenziati) profilo di problematicità della
tesi che ritiene sconfessate le SS.UU. in punto di qualificazione della pretesa risarcitoria
come diritto soggettivo.
6. E’ semmai la quarta affermazione della Consulta - quella con cui si spiega che
l’attribuzione dell’utilizzabilità dello strumento risarcitorio avanti al giudice
amministrativo serve per evitare che il cittadino sia costretto ad adire prima la
giurisdizione amministrativa per vedersi riconosciuta la tutela demandata in via esclusiva
al giudice amministrativo e poi il giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno
– a suggerire che il modo di pensare la tutela risarcitoria della Consulta segna un
dissenso dalla ricostruzione operata sentenza n. 500 del 1999: dire, infatti, che l’azione
risarcitoria avanti al giudice amministrativo serve ad evitare che il cittadino debba prima
adire quel giudice, evidentemente per ottenere una decisione sul potere esercitato
dall’Amministrazione e solo dopo possa svolgere la pretesa risarcitoria avanti al giudice
ordinario, equivale ad avallare l’idea che sussista nell’ordinamento la regola della c.d
pregiudizialità amministrativa, cioè che il nostro sistema di giurisdizione amministrativa,
prima della introduzione della possibilità di esperire l’azione risarcitoria avanti al giudice
amministrativo, esprimesse una regola per cui una pretesa risarcitoria contro la Pubblica
67
Amministrazione in relazione a vicende implicate dal suo agire mediante atti o
provvedimenti autoritativi fosse possibile soltanto a condizione che il cittadino avesse
prima utilmente sottoposto a sindacato avanti al giudice amministrativo l’atto o il
provvedimento e ne avesse ottenuto l’annullamento.
§18. Alcune riflessioni sulla norma dell’art. 35 nelle sue varie versioni.
1. Nel testo dell’art. 35 nella sua versione originaria si diceva nel comma 1 che “il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli
articoli 33 e 34, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il
risarcimento del danno ingiusto”. La previsione della possibilità che il giudice
amministrativo conoscesse del risarcimento del danno riguardava soltanto le ipotesi di
giurisdizione esclusiva di cui alle norme degli artt. 33 e 34. In base alla lettera della
disposizione questa possibilità era correlata all’esistenza di una controversia devoluta alla
giurisdizione esclusiva, cioè poteva avvenire ove fosse stata pendente una controversia ai
sensi dell’art. 33 e 34 e, quindi, si trattava di una forma di tutela di cui il giudice
amministrativo poteva essere investito unitamente ad una controversia ai sensi di quelle
norme. Per converso doveva verosimilmente escludersi che fosse introducibile una
controversia risarcitoria indipendentemente ed autonomamente da una di quelle
controversie, tenuto conto che del resto nessuna innovazione nel processo
amministrativo, diretta a permettere la possibilità della introduzione di un’azione
condannatoria indipendentemente da quella di impugnativa di un atto era stata
introdotta.
L’interpretazione letterale in detto senso trovava conferma in due ulteriori argomenti
desumibili dallo stesso art. 35:
a) nella circostanza che il comma 4 dell’art. 35, nel sostituire l’art. 7, comma terzo della l.
n. 1034 del 1971 e particolarmente nell’innovare la prima proposizione di quel comma,
stabilendo che nelle materie deferite alla sua giurisdizione esclusiva il tribunale
amministrativo conosce anche di tutte le questioni relative a diritti, avesse
sostanzialmente soppresso la prima parte della seconda proposizione, la quale recitava:
“Restano, tuttavia, sempre riservate all’autorità giudiziaria ordinaria le questioni attinenti
a diritti patrimoniali consequenziali alla pronuncia di illegittimità dell’atto o
provvedimento contro cui si ricorre, …” (formula assolutamente identica a quella
ancora oggi presente nell’art. 30, secondo comma, del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054,
Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato);
b) nel fatto che l’art. 35, comma 5, abrogò espressamente l’art. 13 della l. n. 142 del 1992
e ogni altra disposizione prevedente la devoluzione al giudice ordinario delle
controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di altti
amministrativi nelle materie di cui al comma 1 (cioè sempre quelle di cui agli artt. 33 e
34).
Entrambe le disposizioni richiamate, poiché abrogarono o sostituirono norme che
prevedevano che dopo la cognizione dell’atto avanti al giudice amministrativo si dovesse
attivare quella ordinaria sui diritti patrimoniali consequenziali e sul risarcimento del
danno avrebbero potuto essere lette nel senso che solo all’ipotesi che dovesse farsi
valere una pretesa risarcitoria conseguentemente all’esercizio della tutela normalmente
deducibile avanti al giudice amministrativo il legislatore intendesse riferirsi.
68
Questa la conclusione che poteva certamente ed agevolmente sostenersi in relazione al
rapporto fra l’art. 35 e gli artt. 33 e 34 nel loro testo originario75.
In sostanza, è questo che si vuole sottolineare, esercitare una pretesa risarcitoria avanti al
giudice amministrativo sembrava ipotesi ristretta all’attivazione avanti a quel giudice
della tradizionale tutela attizia.
Non solo: questa stessa ipotesi si presentava essa stessa come una possibilità.
Infatti, nessuna espressa previsione nel senso che, sia pure in relazione ad una pretesa
risarcitoria fatta valere in una con l’impugnazione dell’atto, la giurisdizione del giudice
amministrativo fosse la sola giurisdizione presso la quale la pretesa poteva farsi valere si
coglieva nella norma dell’art. 35.
In particolare:
aa) l’espressione usata nel comma 1 dell’art. 35 (cioè quella “il giudice amministrativo,
nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34,
dispone …”) non conteneva alcuna affermazione di esclusività dell’affidamento di
questo potere al giudice amministrativo;
bb) non solo: il secondo comma ed il terzo comma dell’art. 35, prevedendo forti poteri
del giudice amministrativo di intervento nella gestione della lite, rendevano problematica
la ricostruzione nel senso che la pretesa risarcitoria, sia pure correlata alla richiesta di
annullamento dell’atto, fosse da farsi valere necessariamente avanti a quel giudice,
perché i suddetti poteri si presentavano tali da operare sullo stesso profilo sostanziale
della pretesa risarcitoria, di modo che, al di fuori dell’opzione che ne rimetteva l’utilizzo
alla decisione della parte privata, la norma dell’art. 35 avrebbe dovuto essere letta come
norma diretta all’introduzione di un particolare regime della responsabilità civile della
Pubblica Amministrazione nei casi di cui all’art. 33 e 34;
cc) nemmeno il secondo inciso del terzo comma dell’art. 7 cit., là dove continuava a
riservare all’autorità giudiziaria ordinaria “le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e
la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la
risoluzione dell’incidente d falso”, era decisivo per intendere come esclusiva
l’attribuzione delle pretese risarcitorie sia pure collegate all’annullamento di atti, in
quanto la previsione di quella riserva, letta a contrario, poteva essere considerata implicare
che per le pretese risarcitorie la riserva non vi fosse ed il privato restasse libero di adire
l’una e l’altra giurisdizione;
dd) la stessa abrogazione, disposta dal comma 4 dell’art. 35, dell’art. 13 della l. n. 142 del
1990 e di ogni altra disposizione che prevedesse la devoluzione al giudice ordinario delle
controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti
amministrativi nelle materie di cui al comma 1 presentava di per sé notevole ambiguità,
in quanto per un verso rafforzava l’ipotesi che il risarcimento del danno devoluto al
giudice amministrativo fosse solo quello fatto valere congiuntamente all’impugnazione
dell’atto, e, per altro verso, lasciava il dubbio che la soppressione delle dette disposizioni
determinasse l’impossibilità di far valere avanti al giudice ordinario comunque la pretesa
Per evitare appesantimenti si omette di citare la copiosa dottrina formatasi sul d.lgs. n. 80 del 1998 in ordine all’art. 35,
nella quale l’opzione interpretativa indicata era comunque presente accanto a quella che ipotizzava la deducibilità in via
autonoma della pretesa risarciroria. D’altro canto nei confusi lavori parlamentari preparatori della delega di cui all’art. 11,
comma 4, lett. g) alla fine nella formulazione della delega, com’è noto, prevalse proprio una logica che, evocando i diritti
patrimoniali consequenziali ivi compreso il risarcimento del danno, induceva a spiegare l’adempimento della delega nell’art.
35 nei termini indicati nel testo.
75
69
risarcitoria anche ricollegata all’annullamento dell’atto (dopo l’annullamento),
prestandosi ad un’interpretazione nel senso che fosse stata eliminata solo l’obbligatorietà
di tale trafila.
In definitiva, leggendo l’art. 35 nel testo originario non sembrava possibile affermare
con sufficiente certezza non solo che il potere di disporre il risarcimento del danno del
giudice amministrativo fosse ad esso stato attribuito sempre e comunque e, soprattutto,
che si trattasse di un’attribuzione in via esclusiva.
L’unico elemento che poteva effettivamente giustificare questa conclusione si poteva
rinvenire solo al di fuori dell’art. 35 e precisamente nel suo collegamento agli artt. 33 e
34, cioè ad ipotesi di giurisdizione esclusiva per blocchi di materie e, quindi, come tali
sull’intero rapporto inerente le stesse. Poteva valere, pertanto, una sorta di argomento di
coerenza, per cui l’esclusività della giurisdizione e la sua onnicomprensività (salve le
eccezioni previste da dette norme) implicava che in essa fossero ricompresse anche le
controversie risarcitorie, tanto più che nell’art. 33 lett. f) tra le eccezioni alla giurisdizione
esclusiva si prevedeva espressamente un caso di azioni meramente risarcitorie76.
2. Sul quadro normativo come sopra ricostruito, com’è noto, sono intervenute le
sentenze n. 292 del 2000 e n. 281 del 2004, le cui statuizioni hanno ridimensionato le
norme degli artt. 33 e 34 riducendole (per il periodo di vigenza fino al 9 luglio 2000, e
salva l’ultrattività ricollegata all’operare dell’art. 5 cod. proc. civ.) alla sola estensione
della giurisdizione del giudice amministrativa, esistente alla data del 30 giugno 1998 in
materia di pubblici servizi e di urbanistica ed edilizia, fosse essa esclusiva o di mera
legittimità, alle controversie su diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle sul
diritto al risarcimento del danno.
I dispositivi di queste sentenze, ancorando l’estensione della giurisdizione sulle
controversie inerenti diritti patrimoniali consequenziali, ivi compreso il risarcimento del
danno, alla giurisdizione esistente del giudice amministrativo nelle indicate materie,
determinano – almeno a quel che sembra - un quadro normativo che, eliminando le
fattispecie di giurisdizione esclusiva per blocchi di materie e, quindi, per definizione sul
rapporto, elide il valore dell’unico elemento che, in relazione al tenore originario delle
norme degli artt. 33, 34 e 35, permetteva di superare i dubbi sopra indicati a proposito
della novità dell’attribuzione al giudice amministrativo di poteri sulle pretese risarcitorie.
L’interprete, di fronte al dato normativo riscritto, è indotto, pertanto, a domandarsi se
l’estensione di cui parla la Corte Costituzionale nelle due sentenze concerne il solo caso
di sollecitazione del giudice amministrativo con l’azione di impugnativa di atti e
provvedimenti e, soprattutto, se essa si debba intendere come estensione-sottrazione al
giudice ordinario o semplicemente come attribuzione di una mera facoltà al privato.
Le formulazioni risultanti dai dispositivi parzialmente demolitori delle due sentenze non
consentono certo di affermare con certezza la prima soluzione e nemmeno lo
Fu questa, com’è noto, la soluzione affermata dalle SS.UU. nella sentenza n. 500 del 1999, la quale, in relazione alle nuove
ipotesi di giurisdizione esclusiva espressamente affermò che si trattava di ipotesi di giurisdizione “piena, in quanto non più
limitata all'eliminazione dell'atto illegittimo, ma estesa alla reintegrazione delle conseguenze patrimoniali dannose dell'atto,
perché comprensiva del potere di disporre il risarcimento del "danno ingiusto" (già precluso dall'art. 7, comma 3, della legge
n. 1034 del 1971, che riservava al giudice ordinario, anche nelle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, le questioni relative ai diritti patrimoniali consequenziali, comunemente identificati con il risarcimento del
danno, e che è stato abrogato in tale parte dall'art. 35, comma 4, con conseguente estensione dei poteri del giudice
amministrativo anche nelle ulteriori ipotesi di giurisdizione esclusiva previste da altre norme precedenti)”.
76
70
consentono le motivazioni, le quali ricordano che lo scopo della delega in base alla quale
erano stati emanati gli originari artt. 33 e 34 era di evitare che il cittadino dovesse prima
esercitare la tutela demolitoria contro l’atto o provvedimento e quindi la tutela
risarcitoria avanti al giudice ordinario77.
Ora, alla realizzazione di questo scopo non era affatto coessenziale per un verso che il
cittadino diventasse onerato di esercitare l’una e l’altra tutela davanti al giudice
amministrativo e non fosse da considerare depositario, al contrario, di una libera scelta,
atteso che lo si voleva agevolare nel conseguimento della piena tutela; per altro verso
restavano (e restano, naturalmente per i processi iniziati fra il 30 giugno 1998 ed il 9
agosto 2000) tutti i dubbi sulla riferibilità dell’oggetto dell’estensione al solo caso che la
pretesa risarcitoria fosse correlata alla pretesa di annullamento di un atto o
provvedimento. Dubbi rinfocolati, se del caso, dall’espressa affermazione (conforme alla
delega) dell’estensione della giurisdizione esistente al risarcimento del danno in quanto
compreso nella formulazione “diritti patrimoniali consequenziali”, tradizionalmente
intesa, com’è noto, come ancorata all’annullamento dell’atto o provvedimento78.
3. Passando alla formulazione assunta dagli artt. 33, 34 e 35 a seguito della l. n. 205 del
2000, i dubbi prospettati sopra a proposito della versione originaria di tali norme
restavano gli stessi, nonostante che il comma 1 dell’art. 35 fosse stato esteso alla
giurisdizione esclusiva in genere ed ancorché con il comma 4 dell’art. 35 l’art. 7, terzo
comma, della l. n. 1034 del 1971 fosse stato nuovamente sostituito con la previsione che
<<il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce
anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso
la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali>>, con
la conseguenza dell’estensione della giurisdizione del giudice amministrativo sulle pretese
risarcitorie, almeno secondo l’interpretazione più diffusa, anche alla giurisdizione
generale di legittimità79.
Detti dubbi potevano essere superati soltanto valorizzando ancora una volta
l’argomento di coerenza innanzi indicato, che, però, poteva valere soltanto per la
giurisdizione esclusiva, confermata e rafforzata (si veda l’espressa estensione nell’art. 34
D’altro canto, sia la sent. n. 292 (punto 5.4. del Considerato in diritto), sia la sent. n. 281 (punto 3.3.) nell’affermare che l’art.
35 dev’essere interpretato nel senso che la sua operatività è limitata a quanto conforme ai dispositivi di incostituzionalità
dell’art. 33 e 34 non contengono alcun elemento a favore dell’una o dell’altra interpretazione di cui si discorre nel testo, ma
rinviano appunto all’interprete ogni chiarimento.
78 Sulla genesi della formula “diritti patrimoniali consequenziali” e sulla sua correlazione alle pretese nascenti dal rapporto
oggetto della giurisdizione esclusiva e come tale rappresentante la giustificazione per cui la giurisdizione esclusiva restò
sempre attizia si veda A. ROMANO TASSONE, Sulla genesi della formula “diritti patrimoniali consequenziali”, in Studi per Lorenzo
Campagna, II, Milano, 1980.
79 Naturalmente per i residui spazi in cui, in ragione dell’ampiezza della giurisdizione per blocchi di materie, di cui agli artt.
33 e 34, nonché della sussistenza di una serie numerosa di previsioni di esclusività della giurisdizione speciali, fosse stata
sussistente e configurabile ancora una giurisdizione di mera legittimità: è singolare che nella copiosa manualistica sul
processo amministrativo occasionata dalla legislazione degli anni 1998-2000 non si rinvenisse una specifica trattazione volta
ad inventariare ipotesi di giurisdizione amministrativa di legittimità: si veda ora un tentativo in questo senso compiuto da R.
DE NICTOLIS, La giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: casistica giurisprudenziale e normativa, in Trattato di Giustizia
Amministrativa, diretto da F. CARIINGELLA e R. GAROFOLI, Il riparto di giurisdizione, I, Milano, 2005, 110 e ss., specie
158 e ss., ove si percepisce la estrema residualità della giurisdizione di legittimità. E’ comunque da ricordare che non era
mancata un’interpretazione che, facendo leva sull’uso della formula “diritti patrimoniali consequenziali” nel terzo comma
novellato dell’art. 7 della l. n. 1034 del 1971, tradizionalmente correlata alla giurisdizione esclusiva, aveva prospettato che la
norma si riferisse soltanto alla giurisdizione esclusiva costituendo soltanto la ripetizione del principio espresso nel comma 1
dell’art. 35 nell’ambito della legge generale sul processo di primo grado avanti al G.A. Ma questa interpretazione rimase
minoritaria. Nessun lume si evinceva dai frettolosi lavori preparatori finali della l. n. 205 del 2000.
77
71
ai soggetti equiparati alle pubbliche amministrazioni) nella logica dei blocchi di materie,
ma non invece per quella di legittimità.
Non a caso, proprio in relazione alla giurisdizione di legittimità, un’opinione rimasta
minoritaria, ma, per la verità, senza che i suoi argomenti fossero stati oggetto di
meditazione (almeno a quel che sembra) nella corsa generale al favor per la giurisdizione
esclusiva, aveva decisamente negato che in ambito di giurisdizione di legittimità
l’attribuzione delle pretese risarcitorie al giudice amministrtativo fosse esclusiva.
Secondo questa opinione il novellato terzo comma dell’art. 7 della l. n. 1034 del 1971
andava, in realtà, interpretato come norma legittimante chi impugnava l’atto
amministrativo avanti al giudice amministrativo nella giurisdizione di legittimità ad
investire quel giudice, del tutto facoltativamente, della pretesa risarcitoria, sulla base di
una regola di deroga alla giurisdizione per ragioni di connessione80, con la conseguenza
che la pretesa risarcitoria in ambito di giurisdizione di legittimità non solo restava
deducibile avanti al giudice ordinario quando non vi fosse un atto da impugnare, ma lo
era anche indipendentemente dall’esistenza e dall’eventuale impugnazione dell’atto
stesso, ove un atto vi fosse, restando così in quell’ambito di giurisdizione pienamente
valida la costruzione della sentenza n. 500 del 1999.
I fautori della massima estensione della giurisdizione amministrativa, naturalmente,
optavano per la lettura contraria81, assumendo che l’art. 7, terzo comma, l. n. 1034 del
1971, come novellato dalla l. n. 205 del 2000, si riferisse alla giurisdizione di legittimità
Questa tesi venne esposta autorevolmente, con estrema lucidità e con la consueta capacità di convincimento anche per il
tramite di esempi sistematici, da F.P. LUISO, Pretese risarcitorie, etc., cit., il quale – giustamente – negava che l’ipotesi della
deroga alla giurisdizione per volontà dell’attore fosse una stranezza, rinvenendone già un’applicazione normativa nella
disciplina di cui all’art. 6 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ratificata in Italia con la l. 21 giugno 1971,
n. 804. Secondo l’autore <<tale norma [cioè l’art. 7, comma terzo, della l. n. 1034 del 1971, come sostituito dall’art. 35 del
d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito a sua volta dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000] introduce - per la prima volta nei rapporti
fra giudice ordinario e giudice amministrativo – una deroga alla giurisdizione amministrativo per ragioni di connessione.
Quando, cioè, è chiesto al giudice amministrativo – facendo valere un interesse legittimo – l’annullamento dl
provvedimento amministrativo, può essere cumulata alla domanda principale di annullamento una domanda di risarcimento
del danno. In tale modo si evita la necessità del doppio processo: il primo, dinanzi al giudice amministrativo, per
l’annullamento dell’atto; ed il secondo, dinanzi al giudice ordinario, per il risarcimento dei danni prodotti dall’illiceità
dell’azione amministrativa, danni che l’annullamento dell’atto non ha eliminato>> (op. cit., p. 47). L’autore precisava, altresì,
che la decidibilità della domanda risarcitoria da parte del giudice amministrativo si doveva verosimilmente ritenere limitata al
caso in cui la domanda di annullamento fosse stata accolta, in analogia all’ipotesi di esercizio dell’azione civile in sede penale
(op. cit., p. 48). Uno spunto ipotetico in una logica similare a quella del Luiso era stato anticipato già da altri: C. CONSOLO,
Il processo amministrativo fra snellezza e “civilizzazione”, in Corr. Giur., 2000, 1265 e ss., in particolare, p. 1266, n. 2; e soprattutto
da F. TRIMARCHI BANFI, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000, 43 e ss.; si vedano anche E.
CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, terza ed., Milano, 2001, 613 e A. ROMANO, Giurisdizione ordinaria e giurisdizione
amministrativa dopo la legge n. 205 del 2000) (epitaffio per un sistema), in Riv. dir. proc., 2001, 614 e ss.; V. CARBONE, Quale tutela
garantisce al cittadino il giudice amministrativo in tema di risarcimento del danno nei confronti della P.A.?, in Corr. Giur., 2002, 883 e ss. A
favore della idea che <<la domanda di risarcimento del danno può essere proposta dinanzi al giudice amministrativo
soltanto congiuntamente a quella di annullamento (cioè nell’ambito dello stesso giudizio amministrativo) mentre, altrimenti,
dev’essere proposta dinanzi al giudice ordinario in via autonoma (in prima battuta e cioè a prescindere dall’impugnazione
dell’atto ovvero dopo che l’atto sia stato annullato da giudice amministrativo in un precedente giudizio) quasi coevamente al
Luiso si era pronunciato anche A. LAMORGESE, Il ritorno della pregiudizialità amministrativa e problemi di giurisdizione nelle azioni
risarcitorie contro la P.A., in Corr. Giur., 2002, 1645 e ss., specie 1654. Attribuisce, se mal non si intende ma inesattamente, al
Luiso l’affermazione della validità della costruzione circa la deroga per ragioni di connessione anche per la giurisdizione
esclusiva F. VOLPE, Norme di relazione e norme d’azione e sistema italiano di giustizia amministrativa, Padova, 2004, 423, n. 75.
81 Si ricorda (come già osservato nella nota n. 72) che una terza interpretazione, ulteriormente minoritaria, aveva addirittura
ipotizzato che l’art. 7, terzo comma, della l. n. 1034 del 1971, come novellato dalla l. n. 205 del 2000, in realtà non fosse
riferibile affatto alla giurisdizione di legittimità, dovendosi intendere il riferimento all’ambito della giurisdizione come
relativo alla giurisdizione esclusiva: per gli argomenti a favore di questa ipotesi si veda riassuntivamente A. LAMORGESE,
op. cit., 1651 e s.
80
72
del giudice amministrativo anche al di là del caso in cui l’azione risarcitoria fosse
introdotta con l’azione di annullamento dell’atto, di modo che il giudice amministrativo
doveva considerarsi sempre ed in ogni caso ormai l’unico giudice delle pretese di
risarcimento danni nei confronti dell’Amministrazione82.
Questa lettura estensiva della norma era sicuramente quella prevalente, tanto che chi
avesse considerato il panorama dottrinale avrebbe dovuto senz’altro dare ragione
all’affermazione di chi, a caldo, riferendosi ai principi enunciati dalla sent. n. 5000 del
1999, aveva affermato che “la giurisdizione del giudice ordinario sul risarcimento del
danno da illegittimità dell’atto amministrativo è durata una sola estate” (cioè fra la sent.
n. 500 del 1999 e l’entrata in vigore della l. n. 205 del 2000)83.
§19. Il risarcimento del danno al giudice amministrativo nella Relazione di
sintesi della Commissione di studio mista fra Corte di Cassazione e Consiglio di
Stato.
E’ opportuno qui ricordare brevemente le conclusioni cui, sul tema delle pretese
risarcitorie, pervenne la Relazione di sintesi dei lavori della Commissione di studio
istituita dai Presidenti della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato per
l’approfondimento dei problemi di maggiore rilievo in tema di riparto di giurisdizione
(Roma, 11 dicembre 2003)84.
Nel paragrafo 1 essa si occupò del risarcimento del danno, pervenendo alle seguenti
conclusioni:
a1) in relazione alla giurisdizione esclusiva la Relazione concluse che doveva escludersi
che la giurisdizione risarcitoria fosse ancorata alla giurisidizione sugli atti, ritenne che i
suoi confini fossero definiti dalla materia e, in relazione ai comportamenti materiali
concluse che sussistesse solo se essi erano <<connessi direttamente e immediatamente
con i poteri pubblici di intervento>>, rifiutando, peraltro, sia pure implicitamente, ogni
lettura in senso riduttivo, cioè nel senso che si trattasse di una giurisdizione
elettivamente concorrente;
a2) con riferimento alla giurisdizione risarcitoria in ambito di giurisdizione di legittimità,
la Relazione osservò: a2a) che, in riferimento all’espressione dell’art. 7, comma terzo,
Per riferimenti ai sostenitori di questa opinione estensiva si veda per tutti sempre lo scritto di A. LAMORGESE da ult.
cit., 1652 e ss., cui si può utilmente aggiungere: D. DE PETRIS, Azione di annullamento e azione risarcitoria nel processo
amministrativo, in Studium iuris, 2002, 1685 e ss.
83 V. CARBONE, Le <<nuove frontiere>> della giurisdizione sul risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo della P.A., in
Corr. Giur., 2000, 1143; sostanzialmente nel medesimo senso: F. CARINGELLA, in CARINGELLA – DE MARZO –
DELLA VALLE – GAROFALI, La nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, Milano, 2000, 410 e ss.; F.
CARINGELLA-M. PROTTO, Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 205/2000, 653 e ss.; CERULLI IRELLI (a cura di),
Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000, 26; VARRONE, Giurisdizione amministrativa e tutela risarcitoria, in CERULLI
IRELLI, op. cit., 64 e ss.; A. PROTO PISANI, Intervento breve per il superamento della giurisdizione amministrativa, in Riv. dir. civ.,
2000, I, 781; FRANCO, in ITALIA (a cura di), La giustizia amministraiva, Milano, 2000, 226 e ss.; VACIRCA, Appunti sul
risarcimento del danno nella giurisdizione amministrativa di legittimità, in Giust. civ., 2001, II, 348; MODICA, Sovvenzioni, attività
amministrative e posizioni giuridiche soggettive, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 566; P. STELLA RICHTER, Il principio di
concentrazione nella legge di riforma della giustizia amministrativa, in Giust. civ., 2000, II, 438 e s.; A. POLICE, Il ricorso di piena
giurisdizione, II, Milano, 2001, passim; A. ROMANO TASSONE, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, in www.giust.it, n.
3/2001. All’interno dei sostenitori della tesi estensiva era, peraltro presente da un lato una posizione che configurava la
giurisdizione del giudice amministrativo sul risarcimento del danno come una vera e propria nuova ipotesi di giurisdizione
esclusiva e dall’altro una posizione che, ipotizzando che già in sé la giurisdizione amministrativa di legittimità avesse la
potenzialità per occuparsi di pretese risarcitorie preferiva parlare di mera estensione.
84 La si legge in Foro it., 2004, V, 18 e ss.
82
73
novellato dalla l. n. 205 del 2000, nell’ambito della sua [cioè del giudice amministrativo]
giurisdizione “in primo luogo, non è parsa sostenibile la lettura riduttiva secondo la quale
detta espressione evocherebbe un criterio di competenza per connessione, alla stregua
del quale le controversie sul risarcimento del danno cagionato dall’illegittimo uso di
poteri spettanti alla P.A. sarebbero devolute al G.A. solo se connesse al giudizio
amministrativo di annullamento, in quanto introdotte dalla parte nello stesso processo
amministrativo di annullamento, in quanto permarrebbe la giurisdizione ordinaria ove
detta connessione non venga in rilievo, ossia nell’ipotesi di danno da provvedimento
inoppugnato nel termine decadenziale, ovvero dopo che l’annullamento sia stato
pronunciato, dal giudice amministrativo o dalla stessa amministrazione”; a2b) era da
escludere ogni configurabilità di una giurisdizione concorrente; a2c) la giurisdizione
dell’A.G.O. non era configurabile nemmeno in relazione alle controversie da ritardo nel
provvedere o alla violazione delle regole del procedimento; a2d) doveva in conclusione
ritenersi decisivo “il collegamento (secondo il criterio del petitum sostanziale) tra danno e
potere, sicuramente ravvisabile quante volte sia in discussione la definizione delle
modalità cronologiche di svolgimento della funzione, l’adempimento di obblighi
procedimentali, la conformità alle norme di un atto, ancorché successivamente annullato
dalla stessa P.A.”; a3) un residuo spazio per la giurisdizione ordinaria in ambiti esulanti
dalla giurisdizione esclusiva del G.A. si riteneva individuabile in relazione ai
comportamenti materiali della P.A., ivi comprese le situazioni di c.d. carenza di potere,
alle attività di diritto privato ancorché assumessero a loro presupposto un
provvedimento amministrativo, eventualmente disapplicabile dall’A.G.O. e da attività di
poteri pubblici estranei alla P.A.
§20. Il risarcimento del danno dopo la sentenza n. 204 del 2004: ipotesi che si
ritiene più plausibile.
Il ridimensionamento della giurisdizione esclusiva operato dalla sentenza n. 204 del
2004, le ragioni giustificative addotte dalla Consulta a fondamento della sentenza e le
argomentazioni che sono state dedicate al risarcimento del danno, ove si colleghino al
tenore delle norme che regolano la deducibilità della pretesa risarcitoria avanti al giudice
amministrativo, nonché ad un dato normativo sovente ignorato – quello emergente dalle
norme della l. abolitiva del contenzioso amministrativo - e con il quale tuttavia occorre
fare i conti, considerato che la stessa Consulta ne ha sottolineato la permanente
impronta che esso dà, tramite il recepimento nel testo costituzionale, al nostro
ordinamento, inducono a prospettare l’ipotesi che, per effetto della sentenza, la
ricostruzione più corretta della dimensione della pretesa risarcitoria verso la P.A. in
riferimento all’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, nella versione vigente, possa essere, tanto
in ambito di giurisdizione esclusiva quanto in ambito di giurisdizione di legittimità,
quella che, sia pure in riferimento a quest’ultima, era stata prospettata da parte di una
dottrina rimasta minoritaria, cioè l’esistenza di una giurisdizione del giudice
amministrativo limitatamente concorrente con quella del giudice ordinario, per scelta
elettiva (a certe condizioni) rimessa al privato.
Prima di indicare gli argomenti che sembrerebbero militare a favore di tale soluzione in
relazione alla riscrittura dell’ordinamento effettuata dalla sentenza n. 204 del 2004, è,
74
tuttavia, preliminare considerare una questione che appare per così dire pregiudiziale, in
quanto la sua soluzione in senso negativo consente di ipotizzare ed avallare quella
soluzione, mentre la sua soluzione positiva ne rende difficile la praticabilità.
Si allude alla c.d. pregiudiziale amministrativa.
§21. Sulle ragioni che dovrebbero indurre a respingere la teorica della c.d.
pregiudiziale amministrativa.
1. Com’è noto la pregiudiziale, cioè il fatto che, ai fini dell’esame di una pretesa
risarcitoria contro l’Amministrazione da illegittimo esercizio dell’azione amministrativa
possa discutersi soltanto dopo avere ottenuto l’annullamento dell’atto, era stata negata
dalla sentenza n. 500 del 1999, sia pure sostanzialmente in obiter85, ma in precedenza era
stata sostanzialmente considerata come un punto acquisito.
La ragione che la ispirava, oltre a non derivare (come tante volte nella storia anche
recente del nostro ordinamento di giustizia amministrativa) da una qualche norma
espressa, discendeva però stranamente non da motivi di natura sostanziale, come ci si
sarebbe dovuto aspettare (in quanto dire al privato che una sua pretesa risarcitoria può
sorgere solo se ottiene l’annullamento dell’atto amministrativo alla cui emanazione essa
si ricollega equivale a porre una regola di quella natura), bensì da argomentazioni tutte di
natura processuale.
Ed infatti, la ragione che rendeva quasi fisiologica la pregiudizialità era ( naturalmente al
di fuori dei casi in cui ricorresse una situazione legittimante la giurisdizione ordinaria,
come la carenza di potere, in presenza della quale la situazione era di diritto soggettivo)
che, fintanto che non era rimosso l’atto, la situazione giuridica del privato era di
interesse legittimo e pertanto scattava (prima ancora del famoso dogma della
irrisarcibilità della sua lesione) la non configurabilità della giurisdizione del giudice
ordinario in ragione di detta qualificazione della sua posizione. Solo dopo
l’annullamento dell’atto lesivo di un interesse oppositivo o (a certe condizioni) dell’atto
che aveva inciso illegittimamente su una situazione di c.d. diritto fievole ab origine
realizzatasi per effetto del riconoscimento dell’Amministrazione con un provvedimento
ampliavo facendola venir meno, si riteneva che la situazione del privato, rispettivamente
incisa dal provvedimento si riespandeva (dopo essere stata eventualmente prima
degradata) o, a seguito dell’annullamento del provvedimento, riacquistava la sua
dimensione di diritto riconosciuto dall’Aministrazione, e, nell’uno e nell’alto caso,
riacquistava la dimensione del diritto soggettivo, onde si configurava la dimensione
dell’ingiustizia del danno di cui all’art. 2043, collegata alla lesione del diritto soggettivo.
Era la logica dei diritti affievoliti che si riespandevano e dei diritti fievoli ab origine
consolidatisi con il provvedimento di riconoscimento dell’Amministrazione e, quindi, a
seguito del provvedimento incisivo illegittimo lesi come tali86.
Nei casi in cui la situazione del privato non era riconducibile ad alcuna delle due
situazioni indicate, cioè fosse stata soltanto di interesse legittimo, il problema della
Per tutti si veda D. DE PETRIS, op. cit., 1689, testo e nota 13.
Per un’ampia analisi retrospettiva di queste vicende nella giurisprudenza della Corte si veda da ultimo R. GAROFOLI,
Responsabilità dell’amministrazione e del singolo dipendente, in Trattato di giustizia amministrativa, cit., II, 1335 e ss. D’altro canto,
va ricordato che la tesi della pregiudizialità era stata avallata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 165 del 1998
(in Foro it., 1998, I, 3485, con nota di R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi: la Corte costituzionale prende ancora tempo.
85
86
75
pregiudizialità nemmeno si poneva, atteso il dogma della irrisarcibilità della lesione
dell’interesse legittimo.
2. Dopo la sent. n. 500 del 1999 la tesi della pregiudizialità è stata, tuttavia, rinverdita sia
dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che anzi vi aveva accompagnato l’ulteriore
corollario della soggezione della stessa azione risarcitoria al termine per l’impugnazione
dell’atto87, sia da una sentenza della Seconda Sezione della Corte (che si pose in
consapevole dissenso da Cass. sez. un. n. 500 del 1999)88.
Successivamente e più di recente, peraltro, si è espressa nel senso dell’esclusione della
pregiudizialità la Sezione Lavoro89 ed anche, sia pure in ambito di giurisdizione sul
pubblico impiego per i profili residui riservati al G.A, le SS.UU.90.
Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4, in Foro it., 2003, III, 433, con osservazioni di A. TRAVI; Urbanistica e
Appalti, 2003, 679, con commento di P. GALLO; Giornale di dir. amm., 2003, 567, con commento di L. TORCHIA; Dir. proc.
amm., 2003, 806, con nota di A. D’ATTI, Il <<diritto europeo>> e la questione della c.d. <<pregiudizialità amministrativa>>, che si
segnala perché pone in evidenza la inconciliabilità della tesi della pregiudizialità con il diritto europeo; Corriere giur., 2004,
345, con nota di F. VOLPE, Una falsa soluzione al problema del pregiudiziale annullamento dell’atto amministrativo illegittimo nelle azioni
risarcitorie per lesione di interesse legittimo; Foro amm., 2003, 877 e ss., con nota di G. P. CIRILLO, L’annullamento dell’atto
amministrativo e il giudizio sull’antigiuridicità ingiusta dell’illecito derivante dall’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa; Guida al dir.,
2003, fasc. 14. 94, con nota di O. FORLENZA; Rass. Giur. dell’energia elettrica, 2003, 221, con nota di RUSSO Diritti soggettivi,
interessi legittimi e domande di risarcimento; Nuovo dir., 2003, I, 859, con nota di BUSICO; Rivista amm. della Rep. Italiana, 2003, III,
373 e ss., con nota di F. PASCUCCI, L’Adunanza Plenaria conferma l’orientamento prevalente: è fatta salva la pregiudiziale
amministrativa.
87
Si tratta di Cass. 27 marzo 2003, n. 4538 (RV 561496), in Foro it., 2003, I, 2073, con Osservazioni di A. TRAVI,
Pregiudizialità dell'annullamento e risarcimento per lesione di interessi legittimi; Urbanistica e Appalti, 2003, 684, con Commento di P.
GALLO; Dir. e giust., 2003, fasc. 17, 21, con nota di M. ROSSETTI, Pregiudiziale amministrativa: d'accordo cassazione e consiglio di
Stato per il risarcimento è necessaria la previa impugnazione; Guida al dir., 2003, fasc. 22, 46, con nota di O. FORLENZA, Via libera
al riconoscimento di un ristoro solo dopo l'eliminazione del provvedimento; Rass. Giur. dell’energia elettrica, 2003, 221, con nota di RUSSO,
Diritti soggettivi. etc., cit.; Corr. Giur., 2004, 643, con nota di D. SIMEOLI, La Corte di Cassazione sulla pregiudiziale amministrativa.
In particolare, la suddetta decisione enunciò espressamente il principio di diritto per cui <<La non conformità di una situazione
giuridica al diritto oggettivo (c.d. antigiuridicità in senso oggettivo), quale elemento costitutivo della fattispecie attributiva del diritto al risarcimento
del danno ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., non può essere accertata in via incidentale e senza efficacia di giudicato, sicché, ove l'accertamento in via
principale sia precluso nel giudizio risarcitorio, in quanto l'interessato non sperimenta, o non può sperimentare (a seguito di giudicato, decadenza,
transazione, ecc.), i rimedi specifici previsti dalla legge per contestare la conformità a legge della situazione medesima, la domanda risarcitoria deve
essere rigettata perché il fatto produttivo del danno non è suscettibile di essere qualificato illecito>>.
88
Cass. sez. lav. 13 aprile 2004, n. 7043 (RV 572035), secondo cui <<La lesione di un interesse legittimo può essere fonte
di responsabilità aquiliana, e quindi dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, senza che rispetto al giudizio relativo al
risarcimento del danno sia pregiudiziale l'accertamento dell'illegittimità dell'azione amministrativa da parte del giudice
amministrativo. (Nella specie, la sentenza di merito, cassata sul punto, aveva sospeso il giudizio relativo al risarcimento del
danno per mancata percezione di compensi da parte di direttore generale di azienda sanitaria locale, al quale la Regione
aveva revocato la nomina a direttore generale e risolto il relativo contratto, ritenendo che fosse pregiudiziale l'accertamento
dell'illegittimità del provvedimento di revoca)>>.
89
Cass. sez. un. (ord.) 26 maggio 2004, n. 10180 (Rv. 573202) (in Foro it., 2004, I, 2738, con Osservazioni di F. FRACCHIA;
Cons. Stato, 2004, II, 1123, con nota di G. SCIARROTTA, Responsabilità aquiliana e pregiudiziale amministrativa: contrasto tra
adunanza plenarie e Sezioni Unite, nonché di F. MARZIA, La pregiudiziale amministrativa dopo la legge n. 205 del 2000), la quale in
riferimento all’ambito del pubblico impiego, ha sostenuto che la residua giurisdizione del G.A. si estende anche alla pretese
risarcitorie ed ha, però, negato validità alla pregiudiziale, affermando il principio così massimato da questo Ufficio:<<Posto
che la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già in base al criterio cosiddetto della
soggettiva prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione compiutane dall'interessato), ma alla stregua del "petitum" sostanziale
individuato dagli elementi oggettivi che caratterizzano la sostanza del rapporto giuridico posto a fondamento delle pretese, va dichiarata la
giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda con la quale un candidato ad un concorso di professore universitario di prima
fascia chieda il risarcimento del danno da perdita di "chance", in relazione al pregiudizio della propria posizione nel procedimento di valutazione
comparativa a causa della illegittima nomina suppletiva, a seguito della intervenuta decadenza di un membro della commissione esaminatrice, di
altro componente in luogo della sostituzione della intera commissione. Nella controversia in esame - il cui oggetto si individua in una denunzia di
illegittimità di una serie di atti amministrativi attinenti al concorso per la nomina a professore universitario, cui l'attore ricollega eziologicamente
la richiesta di risarcimento dei danni - trova infatti applicazione il disposto dell'art. 68, comma quarto, del D.Lgs. n. 29 del 1993, sostituito
dall'art. 29 del D.Lgs. n. 80 del 1998, ed ora dall'art. 63, comma quarto, del D.Lgs. n. 165 del 2001, in base al quale restano devolute alla
90
76
La ragione per cui, a seguito dell’intervento di ridimensionamento della giurisdizione
esclusiva dovuto a Corte Cost. n. 204 del 2004 (e, ratione temporis, a Corte cost. n. 292 del
2000 e 281 del 2004) parrebbe opportuno interrogarsi sulla configurabilità della
pregiudiziale ai fini della delimitazione degli spazi entro i quali l’A.G.O. può occuparsi
dopo tali decisioni di pretese risarcitorie verso la P.A. traenti origine dall’esercizio del
potere da parte di essa, si rinviene – come si è già avvertito - nel fatto che una risposta
positiva comporterebbe, proprio a fronte delle argomentazioni svolte dalla Corte
costituzionale in detta sentenza circa la strumentalità alla miglior tutela del cittadino
dell’azione risarcitoria avanti al giudice amministrativo, in funzione dell’eliminazione
della necessità di percorrere prima la strada di una giurisdizione e poi quella dell’altra,
una forte ragione, se non per escludere del tutto che permangano quegli spazi,
quantomeno per ridimensionarli al massimo.
3. Sembrerebbe che il tema della possibilità di esercitare l’azione risarcitoria
indipendentemente dall’esito favorevole della impugnazione del provvedimento
amministrativo evochi un problema di natura più generale.
Il problema riguarda la possibilità che - in presenza di norme dell’ordinamento, le quali
prevedano che la eliminazione di effetti costitutivi di natura sostanziale ricollegati ad una
certa fattispecie sia conseguibile attraverso un’apposita azione di impugnativa, il cui utile
esercizio abbia l’effetto di riportare la situazione a prima del verificarsi di quegli effetti,
attraverso la loro eliminazione - possa concepirsi che il soggetto che risenta
negativamente di quegli effetti possa, senza ed a prescindere dall’esercizio dell’azione di
impugnativa prevista o anche quando l’eventuale termine per l’esercizio di quell’azione è
decorso, esercitare l’azione di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 e ss.
cod. civ., postulando il riconoscimento della verificazione di danni proprio per effetto
del prodursi di quegli effetti costitutivi ed adducendo che tali effetti si sono prodotti
illegittimamente come uno dei fatti costitutivi dell’azione di responsabilità.
Questo problema, poi, si inserisce – almeno a quel che sembra – all’interno di uno più
generale, quello della possibilità che là dove l’ordinamento preveda che la produzione di
un certo effetto giuridico sia ottenibile attraverso l’esercizio di un’azione di carattere
costitutivo (salva la possibilità che l’effetto sia realizzato su base consensuale dai soggetti
coinvolti), sia ammissibile la cognizione dell’effetto costitutivo in via incidentale, cioè
indipendentemente dall’esercizio dell’azione ed anche allorquando essa sia in via diretta
preclusa.
E’ appena il caso di rilevare che talvolta è lo stesso ordinamento che prevede questa
possibilità: si pensi alle norme degli artt. 1442, ultimo comma, civ. civ., all’art. 1495,
terzo comma, cod. civ. e all’art. 1667, terzo comma cod. civ.91
Sembrerebbe, dunque, di dover rilevare che una risposta di carattere generale non sia
rinvenibile nell’ordinamento, ma occorra valutare caso per caso.
giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti delle pubbliche
amministrazioni. Detto giudice, a norma dell'art. 7, comma terzo, della legge n. 205 del 2000, ha altresì il potere, anche nelle controversie che
rientrano nella giurisdizione generale di legittimità, e non solo in quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di
condannare l'amministrazione al risarcimento del danno, in tal modo concentrandosi in un unico giudizio le questioni relative all'annullamento
degli atti illegittimi e quelle attinenti al ristoro dei danni da questi determinati, senza che all'uopo sia necessaria in via pregiudiziale la
declaratoria di illegittimità del provvedimento, ed eliminandosi altresì il pericolo di contrasto tra giudicati>>.
91 Recente dottrina processualcivilistica è pervenuta ad ipotizzare anche la stessa deducibilità in via di eccezione della
fattispecie di risolubilità del contratto per inadempimento: si veda I. PAGNI, Le azioni di impugnativa contrattuale. Contributo
allo studio della tutela costitutiva, Milano, 1998, 337 e ss.
77
E’ vero che gli esempi fatti sono ipotesi nelle quali l’effetto costitutivo è deducibile
indipendentemente dall’esercizio dell’azione costitutiva in via però di reazione contro
pretese altrui.
Ma, ritornando al tema che qui più interessa, l’ordinamento prevede espressamente un
caso in cui l’azione di risarcimento del danno è esercitabile nonostante che non si sia
esercitata l’azione costitutiva di impugnativa ed indipendentemente da essa. Il caso è
quello dell’art. 1453 cod. civ., secondo il quale nei contratti con prestazioni corrispettive,
quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni l’altro può, a sua scelta
chiedere l’adempimento o la risoluzione, salvo in ogni caso il risarcimento del danno92.
Non solo: quando l’azione di risarcimento del danno è assoggettata alla stessa sorte di
tutele costitutive, ciò avviene nell’ambito di fattispecie espresse, che si occupano
congiuntamente della pretesa costitutiva e del profilo risarcitorio: si pensi alle azioni di
risarcimento collegate all’esercizio della garanzia nella vendita o nell’appalto, dove la
pretesa di risarcimento danni per i vizi è costruita come tutela interna alla garanzia e,
quindi, è assoggettata alla disciplina decadenziale e prescrizionale della garanzia; si pensi
ancora alla disciplina del licenziamento, nell’ambito della quale il risarcimento del danno,
tanto nella logica dell’art. 8 della l. n. 604 del 1966, quanto in quella dell’art. 18 della l. n.
300 del 1970 è espressamente regolato come tutela dipendente dall’impugnazione del
licenziamento93.
Del tutto fuori luogo, poi, è il riferimento a casi nei quali l’ordinamento prevede un
rimedio non di carattere impugnatorio, bensì di carattere oppositorio, cioè non per
reagire contro un atto dell’amministrazione di per sé efficace e che abbia realizzato i suoi
effetti, al fine della sua rimozione, bensì per impedire che l’atto produca tali effetti, dei
quali è appunto prevista la produzione in difetto di attivazione del rimedio oppositivo
previsto: è questo il caso dell’opposizione a sanzione amministrativa di cui alla l. n. 689
del 1981. E’ evidente che se la tutela giurisdizionale è costruita dal legislatore secondo un
modello che non è diretto a rimuovere un atto che abbia già prodotto i suoi effetti in via
autoritativa, bensì per impedire che esso li produca, è ragionevole ritenere che il
legislatore abbia inteso attribuire all’esercizio dell’azione giurisdizionale carattere di
E’ giurisprudenza consolidata che <<la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta
congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l'art. 1453 cod. civ., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude
che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto>> (Cass. 11 giugno 2004, n. 11103,
RV 573580; 23 dicembre 2004, n. 23966, RV 579138, da ultimo).
93 Il riferimento alle pretese risarcitorie da licenziamento venne, pertanto, fatto – sembrerebbe – in modo non condivisibile
da Cass. n. 4538 del 2003 come esempio per avvalorare la tesi della pregiudizialità, atteso che rispetto ad esse vi sono
previsioni di legge espresse che orientano, o almeno potrebbero orientare in tal senso. Peraltro, va rilevato (lo nota, di
recente, autorevolmente A. ORSI BATTAGLINI, Alla ricerca dello Stato di diritto. Per una giustizia “non
amministrativa”(Sontagsgedanken), Milano, 2005, 173 e s., testo e nota n. 257) che nei pochi precedenti della Corte sul punto
emerge, al contrario, un orientamento favorevole all’ammissibilità del risarcimento del danno anche se il lavoratore abbia
lasciato decorrere il termine per l’impugnazione del licenziamento: Cass. 2 marzo 1999, n. 1757, RV 523771 ha ritenuto che
<<la mancata impugnazione del licenziamento nel termine fissato non comporta la liceità del recesso del datore di lavoro bensì preclude al
lavoratore soltanto la possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento ai sensi dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Ne
consegue che, nell'ipotesi di licenziamento illegittimo, qualora si sia verificata la decadenza dall'impugnazione è concesso al lavoratore di esperire la
normale azione risarcitoria in base ai principi generali che governano questa azione, sempre che ne ricorrano (e siano dal lavoratore allegati) i
relativi presupposti. (Nel caso di specie il lavoratore, con l'atto introduttivo del giudizio, non aveva esercitato l'azione risarcitoria da fatto illecito
produttivo di danno, ma espressamente aveva voluto attivare la procedura di cui all'art. 6 della legge n. 604 del 1966 impugnando il
licenziamento del quale contestava la legittimità e richiedendo al giudice di applicare, in proprio favore, il citato art. 18 dello Statuto dei
lavoratori; pertanto, nella relativa sentenza - confermata dalla S.C. - era stata esclusivamente dichiarata l'inammissibilità dell'impugnazione a
causa dell'accertata decadenza dall'esercizio del relativo diritto).non l’affermazione>>. In precedenza nello stesso senso: Cass. n. 817 del
1985 (Rv. 439004) e n. 5532 del 1987 (Rv. 454049).
92
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mezzo esclusivo per discutere della legittimità dell’atto destinato altrimenti a produrre i
suoi effetti. In altri termini, se la tutela giurisdizionale è richiesta a pena di verificazione
degli effetti costitutivi, nella specie dell’insorgenza dell’obbligo di pagare la sanzione,
sarebbe contraddittorio che, una volta non attivato il rimedio, possa pretendersi di
discuterne, cioè possa discutersi della legittimità della sanzione. In questo caso è lo
stesso ingiunto che ha con il suo comportamento determinato gli effetti costitutivi94.
Va, inoltre, rilevato che di recente il legislatore, nel prevedere il risarcimento del danno
come unica forma di tutela del socio “minore” nel nuovo regime del diritto societario ha
ritenuto, dopo aver dettato la previsione di tale tutela come omologa della tutela
impugnatoria attribuita al socio “maggiore”, di prevedere con norma espressa
l’assoggettamento della tutela risarcitoria allo stesso termine previsto per la tutela
impugnatoria (art. 2377, terzo e quinto comma, come modificati dalla Riforma del
diritto societario): ciò conferma che altrimenti la regola sarebbe stata quella normale
dell’esperibilità nel normale termine di prescrizione.
4. Ora, se si considera la situazione del privato di fronte all’atto o provvedimento
amministrativo nell’ambito del nostro sistema di giustizia amministrativa in generale (e,
quindi, prescindendo da casi particolari che possono essere regolati diversamente) si
constata che, a seguito della introduzione della tutela giurisdizionale avanti al giudice
amministrativo, con l’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, e nel corso dei
successivi svolgimenti fino ai nostri giorni non solo non è mai stata introdotta una
norma che escluda la cognizione della illegittimità dell’atto a prescindere dal suo
annullamento avanti al giudice amministrativo, ma è sempre rimasta vigente una norma,
la quale – almeno sembrerebbe – espressamente prevedeva che un giudice diverso da
quello amministrativo potesse conoscere di quella illegittimità indipendentemente
dall’annullamento: questa norma è rappresentata dall’art. 4, primo comma, della legge
abolitiva, secondo il quale <<quando la contestazione cade sopra un diritto che si
pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a
conoscere degli effetti dell’atto stesso in relazione all’oggetto dedotto in giudizio>>.
Questa norma aveva visto origine in un sistema in cui, a fronte della soppressione dei
tribunali del contenzioso95, non era prevista – com’è noto - la possibilità di una tutela
giurisdizionale contro gli atti dell’amministrazione (naturalmente esulanti dalle questioni
direttamente concernenti diritti civili o politici ai sensi dell’art. 2 stessa legge).
Senonché, una volta istituita la Quarta Sezione, essa rimase pienamente in vigore.
Essa, ove posta in relazione con l’espressa precisazione di cui al secondo comma che
<<l’atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso al
competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali
in quanto riguarda il caso deciso>>, evidenziava un modello nel quale la cognizione
degli effetti dell’atto amministrativo e, quindi, indirettamente di quest’ultimo era
possibile prescindendo dalla sua rimozione, che anzi al giudice ordinario era vietata96.
Sotto tale profilo sembrerebbe non condivisibile l’altro esempio che Cass. n. 4538 del 2003 adduceva per giustificare la
sua ricostruzione. Non sembrano, invece, convincenti le critiche rivolte alla sentenza da A. TRAVI, op. ult. cit., 2076, nel
senso che ammettere l’azione risarcitoria da parte di chi non ha proposto l’opposizione servirebbe a porre in discussione la
debenza della sanzione.
95 Peraltro, non integrale: si veda sul punto da ultimo F. CARINGELLA, Corso, cit., 126 e ss.
96 Né, ove fosse stata data questa lettura si sarebbe configurato un riparto di giurisdizione secondo la regola del petitum,
atteso che l’azione di annullamento e l’azione risarcitorie non sono diverse soltanto per il petitum, ma anche e soprattutto
94
79
Nessuna regola esplicita venne introdotta per imporre al privato, dato che era stata
istituita una giurisdizione sul provvedimento, di giocare la partita prima e
necessariamente davanti al G.A. e solo dopo giocare l’altra relativa solo agli effetti avanti
all’A.G.O.
Ebbene, il primo comma dell’art. 4 è certamente tuttora in vigore (lo ritiene anche la
Consulta).
Nessuno degli interpreti ha sostenuto che esso sia stato abrogato e lo stesso legislatore
contemporaneo ne è consapevole97.
Non sembra contestabile che quando la norma parla degli effetti dell’atto non può che
alludere anche ai danni che esso abbia potuto produrre in conseguenza della sua
illegittimità. E’ vero che si parla di lesione del diritto e con ciò potrebbe evocarsi l’ipotesi
in cui la giurisdizione del giudice ordinario sussista perché la questione riguarda un
diritto soggettivo e – da quando venne creata la giurisdizione esclusiva - un diritto
soggettivo non attribuito alla cognizione del giudice amministrativo in via esclusiva, ma
questa lettura restrittiva, agli effetti del risarcimento del danno deve fare i conti con la
lettura che dell’ordinamento aveva dato la sentenza n. 500 del 1999, la quale aveva
configurato il diritto al risarcimento del danno sempre come diritto soggettivo anche
quando l’interesse leso era un interesse legittimo98.
Sembrerebbe, dunque, rinvenirsi nell’ordinamento, al di là degli svolti argomenti di
natura generale, la presenza di una regola tuttora vigente che esclude espressamente la
pregiudiziale amministrativa e che consente di discutere della legittimità dell’atto
amministrativo quale elemento di un illecito dell’amministrazione99 prescindendo dalla
sua impugnativa100.
Un’ulteriore ragione che milita contro la pregiudiziale si può – sembrerebbe – rinvenire
anche nell’esistenza del potere di annullamento di ufficio dell’amministrazione.
L’esistenza di questo potere (ora regolato dall’art. 21-novies della l. n. 241 del 1990,
introdotto dalla l. n. 15 del 2005) e la possibilità del suo esercizio dopo la scadenza del
termine di impugnativa del provvedimento (“entro un termine ragionevole e tenendo
conto degli interessi dei destinatarie e dei controinteresati”, dice la norma) appare
difficilmente conciliabile con il fatto che il privato non possa postulare l’illegittimità del
provvedimento a fini diversi da quello della sua rimozione, in quanto la situazione si
per la causa petendi, essendo la relativa fattispecie (riconducibile, nell’ambito dei criteri di identificazione delle azioni alla
nota categoria dei diritti, ma qui si dovrebbe dire, delle situazioni eterodeteerminate) fondata su elementi soltanto
parzialmente coincidenti.
97 Basti pensare che l’art. 4 è stato espressamente oggetto di deroga (relativamente al suo secondo comma) dall’art. 152 del
d.lgs. 30 giungo 2003, n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali).
98 Si è rilevato in precedenza che le SS.UU. dopo la sent. n. 204 hanno talvolta affermato la validità della qualificazione della
pretesa risarcitoria sempre come diritto soggettivo.
99 Ma la prospettiva non cambierebbe nell’ipotesi in cui la responsabilità dell’Amministrazione si spostasse sul piano
“contrattuale”, nella logica della responsabilità da attività procedimentale: su cui ampiamente si veda G. D. COMPORTI,
Torto e contratto nella responsabilità delle pubbliche amministrazioni, Torino, 2003. Com’è noto questa logica era stata perseguita
dalla sentenza che intervenne dopo la decisione sul rinvio disposto da Cass. sez. un. n. 500 del 1999, cioè da Cass. 10
gennaio 2003, n. 157 (per evitare appesantimenti si omette il richiamo dei numerosi commenti ricevuti dalla sentenza).
Per dovere di completezza va registrato che sono numerosi anche fra gli amministrativisti che danno letture estensive
della tutela risarcitoria avanti al giudice amministrativo anche dopo la sent. n. 204 del 2004 coloro che contestano la
pregiudizialità, ipotizzandone temperamenti in relazione al profilo dell’esperibilità dell’azione risarcitoria nel termine per
l’impugnazione: per tutti si veda F. CARINGELLA, Corso, cit.
100
80
sarebbe oggettivizzata nel senso della sua conformità sotto tutti gli aspetti
all’ordinamento. L’esistenza del potere unilaterale di rimuovere l’atto annullandolo,
invece, contraddice l’idea di tale oggettivizzazione101.
Ma vi è anche un ulteriore argomento desumibile da recente innovazione legislativa che
potrebbe rafforzare l’idea che non esista la pregiudiziale amministrativa. La recente l. n.
15 del 2005, nel modificare la disciplina della l. n. 241 del 1990 sul procedimento
amministrativo ha introdtto una norma, l’art. 21-septies che, nel dettare una disciplina
dell’ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, ha previsto la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo solo sull’ipotesi di nullità derivante dal fatto che il
provvedimento sia stato emesso in violazione o in elusione del giudicato. Nella altre
ipotesi di nullità non è prevista la giurisdizione esclusiva e, poiché fra di esse vi è quella
del difetto di attribuzioni (riconducibile alla c.d. carenza di potere in astratto), è evidente
che la mancata riserva alla giurisdizione esclusiva di queste altre ipotesi ed in particolare
di quella ora detta suona come una smentita alla pregiudiziale, là dove postula che un
giudice diverso possa dichiarare la nullità102.
Dunque, anche se l’atto amministrativo è divenuto inoppugnabile è possibile che la sua
illegittimità venga dedotta nel giudizio risarcitorio per essere valutata come elemento
costitutivo della fattispecie di illecito103.
E’ poi appena il caso di avvertire che esiste anche un forte argomento contro la
pregiudiziale derivante dalla sua sicura non conformità all’ordinamento comunitario104.
5. Infine va rilevato che dovendo la pregiudiziale – ove esistente - considerarsi
espressione di una regola di diritto sostanziale, impositiva al privato che vuole far valere
il risarcimento del danno originato da un provvedimento amministrativo o dalla sua
esecuzione (quando ricorre), di far valere prima la pretesa di annullamento, a tutto voler
concedere essa dovrebbe implicare, non vertendosi in tema di diritti indisponibili, la
possibilità che il privato possa nel termine per l’impugnazione del provvedimento
comunicare all’Amministrazione che non intende impugnare l’atto ma soltanto far valere
la pretesa risarcitoria.
Non si vede come potrebbe contestarsi questa possibilità e da quale norma sia vietata.
Ed allora risulta evidente che in detta ottica la pregiudiziale potrebbe precludere
l’esperibilità dell’azione risarcitoria soltanto qualora non si sia fatta tale riserva, ma non
la potrebbe precludere ove la riserva sia effettuata105.
Per una difesa della pregiudiziale da ultimo P. CARPENTIERI, op. cit., passim, cui si rinvia per altri riferimenti.
Sull’art. 21-septies e sui problemi che pone per una prima ricognizione si veda S. DE FELICE, Della nullità del provvedimento
amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it.
103 Contro la pregiudiziale da ultimo ampiamente F. VOLPE, Norme di azione e norme di relazione, cit., 369 e ss., nel quadro di
un’approfondita indagine che palesa taluni fraintendimenti della tradizionale distinzione guicciardiana; si veda anche A.
BARTOLINI, Giudice ordinario ed autonomia del rimedio risarcitorio: gli orientamenti della Cassazione; in Giornale di dir. amm., 2005,
289 e ss., che evidenzia anche come la pregiudiziale ponga problemi di compatibilità con l’ordinamento comunitario. A Tale
scritto si rinvia per i riferimenti alla giurisprudenza comunitaria. Una posizione originale era stata sostenuta prima della sent.
n. 204 del 2004 autorevolmente da G. VERDE, La pregiudizialità dell’annullamento nel processo amministrativo per risarcimento del
danno, in Dir proc. amm., 2003, 963 e ss., il quale l’aveva negata per l’annullamento degli atti amministrativi lesivi di interessi
oppositivi e ammessa in riferimento agli interessi pretensivi puri (ma non per quelli concernenti i vecchi diritti in attesa di
espansione), ritenendo che nel giudizio di risarcimento danni per lesione di interesse pretensivo l’accertamento
dell’illegittimità dell’atto non sia possibile incidenter tantum (come dovrebbe fare l’A.G.O), ma costituisca oggetto diretto della
cognizione. Senonché, se ciò fosse vero – come non si crede – non si tratterebbe di problema di pregiudizialità ma, a
monte, di problema di giurisdizione.
104 Si veda lo scritto di D’ATTI, cit. alla nota 87, nonché quello di BARTOLINI, citato alla nota precedente.
105 E’ da avvertire che suppone superata la questione della pregiudizialità la problematica della possibilità di apprezzare la
101
102
81
Le svolte considerazioni implicano adesione all’idea esposta dalla sent. n. 500 del 1999
della possibilità di discutere della pretesa risarcitoria indipentemente dall’annullamento
dell’atto. Come ciò si possa avvenire sotto il profilo processuale era stata
esaurientemente – almeno si crede – spiegato da una dottrina processulcivilistica, sia
pure in riferimento alla situazione antecedente alla l. n. 205 del 2000: la cognizione
dell’atto avviene in via incidentale con applicazione della norma dell’art. 34 cod. proc.
civ., conoscendo della illegittimità dell’atto il G.O. quale elemento costitutivo dell’illecito
integrante vera e propria possibile questione pregiudiziale (suscettibile di cognizione
piena avanti al giudice amministrativo)106.
§22. Conclusioni a proposito del regime di cui alle sentt. n. 292 del 2000 e 281 del
2004 della Corte costituzionale: le pretese risarcitorie sia in ambito di
giurisdizione esclusiva sia in ambito di giurisdizione di legittimità
sembrerebbero soltanto a certe condizioni e (ricorrendo le stesse) elettivamente
deducibili avanti al G.A.
A questo punto si tratta di dar conto delle ragioni che potrebbero giustificare l’ipotesi
avanzata all’inizio del paragrafo 20, cioè che sia in ambito di giurisdizione esclusiva, sia
in ambito di giurisdizione di legittimità, le norme che via via, a partire dall’evoluzione
normativa iniziata con il d.lgs. n. 80 del 1998 ed in relazione agli interventi della Corte
costituzionale hanno previsto tutela risarcitoria avanti al giudice amministrativo, non
abbiano mai detto in modo chiaro e sicuro che tale tutela dovesse esperirsi
necessariamente e sempre avanti al giudice amministrativo.
In riferimento alla situazione normativa determinata per il periodo fra il 1° luglio 1998
ed il 9 agosto 2000 dalle sentenze n. 292 del 2000 e 281 del 2004 della Corte
costituzionale, cooordinando la riscrittura delle norme degli artt. 33 e 34 nei sensi
emergenti dai dispositivi delle due sentenze con il dato normativo di cui all’art. 35,
commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 80 del 1998 nel testo originario, sembrerebbe potersi
affermare i seguenti punti:
a) i dispositivi delle due decisioni, attraverso il ridimensionamento degli artt. 33 e 34
estendono la giurisdizione del giudice amministrativo nelle materie dei pubblici servizi e
dell’urbanistica ed edilizia, fosse essa – al 1 luglio 1998 - di legittimità o esclusiva, ai
diritti patrimoniali consequenziali, “ivi compreso il risarcimento del danno”;
mancata impugnazione dell’atto o provvedimento agli effetti dell’art. 1227, secondo comma, cod. civ.: essa viene in rilievo
solo dopo, agli effetti della determinazione del danno risarcibile: in termini, in senso negativo, F.P. LUISO, op. cit., 53 e ss.;
passim; R. TRIMARCHI BANFI, Tutela specifica, etc., cit., 47 e ss. La stessa cosa dicasi del noto problema dell’elemento
soggettivo dell’illecito dell’Amministrazione, sul quale, peraltro, va tenuto conto che Corte Giustizia CE 14 ottobre 2004, C275/03, in Urb. e appalti, 2005, 36 e ss. con nota di M. PROTTO, Per il diritto europeo la responsabilità della p.a. non richiede la
prova dell’elemento soggettivo, ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo sui mezzi di tutela in materia di pubblici appalti
(direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE) la norma del diritto nazionale che subordina il risarcimento dei danni alla
dimostrazione da parte del danneggiato del dolo o della colpa della p.a.
106 Si allude ad uno scritto di S. MENCHINI, Il nuovo assetto delle tutele giurisdizionali avverso gli atti amministrativi illegittimi, in Dir.
pubblico, 2000, 81 e ss. (questo autore, scrivendo prima della l. n. 205 del 2000 aveva ritenuto perdurare la giurisdizione sulle
pretese risarcitorie dell’A.G.O. senza previo annullamento dell’atto, come avevano ritenuto le SS.UU. nella sentenza n. 500
del 1999), con il quale non si concorda tuttavia sull’assunto che, allorquando l’illegittimità dell’atto viene valutata incidenter
tantum ai sensi dell’art. 34 cod. proc. civ., si avrebbe un fenomeno di disapplicazione dell’atto amministrativo ai sensi dell’art.
5 l. abolitiva del contenzioso. Invece, si ha l’applicazione dell’atto illegittimo, perché di esso vengono valutate le
conseguenze ai sensi del primo comma dell’art. 4 della stessa legge. In critica al MENCHINI sul punto della disapplicazione
si vedano: R. TISCINI, La giurisdizione esclusiva, in Il processo davanti al giudice amministrativo a cura di R. VILLATA e B.
SASSANI, Torino, 2001, 357 e ss., specie nota 134; si veda anche esaurientemente F. TRIMARCHI BANFI, op. cit., 53 e ss..
82
b) tale formula, evocando il risarcimento del danno come diritto patrimoniale
consequenziale, per quel che attiene ai casi in cui vi fosse stata una giurisdizione di
legittimità, essendo tale giurisdizione una giurisdizione per definizione attizia (cioè su
atti, ivi compreso il silenzio, non ancora disciplinato espressamente ai fini della tutela
giurisdizionale come lo sarà dall’art. 21-bis della l. n. 205 del 2000, che, peraltro l’ha
assoggettato ad un procedimento speciale), non può che essere interpretata nel senso
che l’estensione disposta dalle sentenze della Consulta (in conformità alla lettura
costituzionale dei limiti della delega) si riferisce al solo caso in cui la pretesa risarcitoria
venga fatta valere congiuntamente all’impugnazione dell’atto e, quindi, in via accessoria
per (eventuale) subordinazione all’esito positivo di tale impugnazione, conforme al
significato che tradizionalmente si era da sempre attribuito alla formula “diritti
patrimoniali consequenziali”;
c) la stessa conclusione, dovrebbe, però, valere in relazione alle ipotesi di giurisdizione
esclusiva esistenti al 30 giugno 1998 nelle materie di cui agli artt. 33 e 34, poiché anche
in riferimento a questo tipo di giurisdizione quella formula era sempre stata intesa nello
stesso modo e considerato che il processo amministrativo di giurisdizione esclusiva non
è mai stato disciplinato e non è tuttora disciplinato in modo da sganciarsi
dall’impugnazione dell’atto;
d) non dovrebbe essere possibile leggere l’estensione nel senso che la pretesa risarcitoria
possa essere fatta valere, dopo avere ottenuto l’annullamento dell’atto, in via autonoma,
tenuto conto: c1) che il processo amministrativo di primo grado, per come disciplinato
nella vigenza dei testi emendati dalle sentenze della Consulta, è processo costruito in
funzione dell’impugnazione di un atto: si veda, in particolare, l’art. 20; si veda, inoltre,
l’art. 26, secondo comma; c2) l’estensione della giurisdizione, se le parole hanno un
senso, evoca non un’attribuzione di giurisdizione autonoma, ma suppone che il giudice
amministrativo possa conoscere dei diritti consequenziali (e, quindi, del risarcimento) in
quanto sia investito in concreto a monte della sua giurisdizione;
e) a maggior ragione non è possibile immaginare che il giudice amministrativo possa
essere investito autonomamente dell’azione risarcitoria a prescindere dall’annullamento
dell’atto, con richiesta di valutazione della sua illegittimità quale elemento dell’illecito:
ciò, perché valgono sempre le argomentazioni sub c1 e c2;
f) ciò non è men vero per la giurisdizione esclusiva nelle materie di cui agli artt. 33 e 34
per come ridimensionate in modo generico dalla Consulta, atteso il valore attribuito alla
formula “diritti patrimoniali consequenziali”;
g) la permanente vigenza dell’art. 4, primo comma, della legge abolitiva del contenzioso,
unita al fatto che la ratio delle norme degli artt. 33 e 34 per come ridimensionate dalla
Consulta in conformità alla delega era – come avvertono le due sentenze citate – di
evitare la tutela bifasica del cittadino e alla possibilità di una discussione avanti al giudice
ordinario sulla legittimità dell’atto a prescindere dalla sua impugnazione avanti al giudice
amministrativo, impongono di intendere l’estensione della giurisdizione al risarcimento
del danno, sia pure nei limiti suindicati, come funzionale alla tutela del privato e quindi
meramente rimessa alla sua libera iniziativa: il privato ha solo facoltà, entro quei limiti
(cioè quando impugna l’atto amministrativo), di adire la giurisdizione amministrativa;
h) questa conclusione, applicata alla giurisdizione esclusiva, non è in contraddizione con
la logica sua propria, che vuole il giudice amministrativo unico giudice, in quanto la
83
dipendenza della attribuzione della pretesa risarcitoria al giudice amministrativo
dall’impugnazione dell’atto, emergente dalla previsione della consequenzialità, palesa che
essa non è fatta dal legislatore secondo la logica della giurisdizione esclusiva, perché
altrimenti il legislatore (come ricondotto nei limiti della Costituzione) avrebbe usato una
formula evidenziante l’attribuzione tout court delle pretese risarcitorie; onde l’accessorietà
della possibilità di far valere la pretesa risarcitoria ad una giurisdizione esclusiva non
partecipa della natura di questa e non vale a derogare alla norma dell’art. 4, primo
comma, della legge abolitiva del contenzioso;
i) d’altro canto, la ricostruzione nel senso della facoltatività dell’adizione della
giurisdizione amministrativa si impone per la ragione che, alla stregua del comma 2
dell’art. 35, la prospettiva di tutela del privato avanti al giudice amministrativo è diversa
da quella avanti al giudice ordinario, in quanto detta norma prevede che la situazione
giuridica azionata avanti al giudice amministrativo, sia soggetta ad un potere di
intervento officioso del giudice, il quale può innestare uno svolgimento del processo in
cui la pretesa risarcitoria sfugge alle regole processuali normali ed addirittura, con una
singolare reazione del processo sul diritto sostanziale, diviene oggetto di una forzata
trattativa con l’Amministrazione, al cui esito negativo segue non il ritorno alle regole
processuali normali, bensì una sorta di trasformazione del processo, che deve seguire le
regole dell’ottemperanza107: ebbene, la soggezione della pretesa risarcitoria, una volta
fatta valere dal privato avanti al giudice amministrativo a tali speciali regole processuali,
dagli insoliti risvolti sostanziali (in quanto la loro applicazione, rimessa al potere del
giudice) assegna alla pretesa una nuova e diversa dimensione di tutela, non sembra possa
considerarsi – in difetto di una scelta chiara dell’ordinamento, che, in definitiva, di fronte
all’agire illecito dell’Amministrazione renderebbe i cittadini meno eguali – necessitata a
fronte dei numerosi elementi contrari innanzi indicati e se così fosse intesa presterebbe il
fianco a non peregrine obiezioni di costituzionalità108.
Viceversa, se considerata oggetto di una scelta elettiva del privato, cui, a fronte della
possibilità di coltivare sia la tutela demolitoria (o comunque volta ad ottenere una
decisione diretta sull’illegittimità dell’atto o provvedimento), sia quella risarcitoria avanti
ad un unico giudice, fa da contrappeso il rischio dei poteri ufficiosi del giudice e di ciò
che ne consegue, dette obiezioni vengono meno; non va poi sottaciuto che il comma 3
dell’art. 35 rende l’attività istruttoria esperibile nel processo amministrativo
compatibilmente con le non meglio identificate specificità di tale processo “in relazione
alle esigenze di celerità e concentrazione del giudizio”109;
l) si aggiunga che intendere l’attribuzione di tutela risarcitoria avanti al giudice
amministrativo come l’unica strada giurisdizionale percorribile (salvo che non si
consideri la pretesa risarcitoria azionabile anche dopo la scadenza del termine di
impugnativa dell’atto o provvedimento ed autonomamente, come invece è contrario agli
Sul comma 2 dell’art. 35 si veda, da ultimo, ampiamente F. CARINGELLA, Corso di diritto proc. amm., cit., 905 e ss.
Va registrato che, sciogliendo ogni ambiguità, recentemente si è espressamente sostenuto (P. CAPENTIERI, op. cit.,
1024) che il diritto al risarcimento del danno ingiusto cui allude l’art. 35, comma 1, è qualcosa di diversa dal diritto alla tutela
aquiliana di cui all’art. 2043 cod. civ. e questo dimostra come il rilievo svolto nel testo non sia peregrino.
109 Non sembra fuor di luogo notare che è sicuramente poco chiovendiana l’idea di una concentrazione non funzionale
all’esigenza di tutela ma al processo, a meno di intendere la funzionalità come relativa all’interesse dell’Amministrazione.
Scelta possibile, forse foriera di qualche dubbio di costituzionalità, ma comunque da stabilire con norma chiara e non tra le
righe e lasciando completamente agli interpreti di desumerla..
107
108
84
elementi sopra indicati e comunque, sulla base di una lettura rigida della pregiudiziale
amministrativa, il Consiglio di Stato rifiuta di ritenere) costringe il privato a portare in
giudizio la pretesa risarcitoria sulla base di un termine brevissimo (in assenza di una
norma sostanziale che espressamente lo preveda!), ma anche sulla base di una situazione
di assoluta incertezza, tenuto conto che le conseguenze dannose possono ancora non
essersi verificate: è vero che potrebbero poi essere dedotte nel corso del processo, ma
tale prospettiva deve fare i conti con la possibilità che intervenga il potere ufficioso del
giudice di cui si è detto e con la segnalata specificità del processo amministrativo.
Nella ricostruzione che si è prospettata:
aa) la scelta di adire la giurisdizione amministrativa è espressione di una deroga alla
giurisdizione per ragioni di connessione del tutto facoltativa da parte del privato;
bb) poiché l’esercizio dell’azione risarcitoria avviene in via accessoria per subordinazione
all’annullamento dell’atto, la decisione sulla pretesa risarcitoria da parte del giudice
amministrativo sarà possibile solo per il caso di accoglimento della domanda di
annullamento dell’atto; in caso contrario, cioè sia nell’ipotesi di rigetto della richiesta di
annullamento dell’atto, sia nel caso che il processo amministrativo si chiuda con una
decisione in rito, la domanda risarcitoria non potrà essere decisa, con la conseguenza che
la pretesa risarcitoria del privato potrà senz’altro essere fatta valere davanti al giudice
ordinario, fermo restando, tuttavia, che, se la decisione del giudice amministrativo di
rigetto dell’impugnativa è passata in cosa giudicata, nell’eventuale giudizio risarcitorio
detta decisione spiegherà vincolo di cosa giudicata e, pertanto, il privato non potrà
sostenere l’illegittimità dell’atto come elemento dell’illecito110;
cc) essendo la facoltà del privato di adire la giurisdizione amministrativa con l’azione
risarcitoria esercitabile unitamente all’impugnazione dell’atto e trattandosi appunto di
una facoltà dovrebbe senz’altro ritenersi che, nei casi in cui la giurisdizione del giudice
amministrativo fosse già stata esercitata e fosse stato ottenuto l’annullamento dell’atto al
momento in cui sopravveniva il d.lgs. n. 80 del 1998, o meglio al momento in cui
divenivano efficaci le disposizioni dell’art. 33 e 34, cioè al 1° luglio 1998, l’azione
risarcitoria sia successivamente esperibile soltanto avanti al giudice ordinario, tenuto
conto che si è sostenuto sopra che non ne è possibile l’esercizio autonomo e che nella
specie non può avere luogo la deroga alla competenza del giudice ordinario per ragioni
di connessione, essendosi già avuta una decisione sull’impugnazione dell’atto;
dd) del tutto al di fuori della stessa ipotizzata deroga alla giurisdizione a scelta del privato
sono le ipotesi nelle quali l’azione risarcitoria non si caratterizzi come pretesa
consequenziale all’annullamento di un atto o provvedimento, ma come pretesa
ricollegata al ritardo nella sua adozione (o nel suo rigetto) o comunque all’inosservanza
di doveri dell’Amministrazione di natura procedimentale.
Nell’ipotesi in cui il privato abbia adito contemporaneamente la giurisdizione ordinaria con l’azione risarcitoria e, avanti a
quella amministrativa, abbia impugnato l’atto e fatto valere anche la (stessa) pretesa risarcitoria è da ritenere che, non
potendo trovare formale applicazione la disciplina della litispendenza, attesa la diversità delle giurisdizioni, debba trovare
comunque applicazione il principio da essa espresso, cioè quello per cui il processo da trattarsi sarà quello iniziato per primo
ed il secondo giudice dovrà ritenere inammissibile la domanda avanti di lui. La pronuncia, ove emessa dal giudice ordinario
(adìto per secondo), avendo natura processuale e, per il caso in cui si verifichi la situazione indicata nel testo sub g), non
precluderà che l’azione risarcitoria possa essere riproposta alle condizioni ivi indicate.
110
85
Queste le conclusioni che sembrano sostenibili per quanto attiene alla situazione
normativa determinata dalle sentenze n. 292 del 2000 e 281 del 2004111.
§23. Segue: le conclusioni in relazione al regime successivo alla sentenza n. 204
del 2004.
1. Deve a questo punto passarsi all’esame delle ipotesi ricostruttive che si possono
avanzare a proposito della tutela risarcitoria dopo la sentenza n. 204 del 2004.
Come si vide a suo tempo è dubbio che le considerazioni svolte dalla Consulta nel
paragrafo 3.4.1., riguardo al tema del risarcimento del danno, si riferiscano tanto alla
giurisdizione di legittimità che a quella esclusiva (come ridimensionata dalla sentenza
stessa).
Se anche la Corte non avesse inteso riferirsi alla giurisdizione di legittimità, come si è
creduto verosimile in precedenza è indubbio che elementari esigenze di eguaglianza fra i
cittadini che agiscano avanti alla giurisdizione di legittimità e davanti alla giurisdizione
esclusiva impongano di considerare le affermazioni della Corte comunque idonee a
connotare anche la tutela risarcitoria in ambito di giurisdizione di legittimità.
Se così è e quelle affermazioni sono pertinenti anche alla giurisdizione di legittimità
sembrerebbe che, in relazione ad essa, la sentenza abbia rafforzato l’idea che la
giurisdizione del giudice amministrativo abbia soltanto carattere concorrente per scelta
del privato con quella ordinaria e sia limitata esclusivamente al caso in cui la pretesa
risarcitoria venga fatta valere come diritto consequenziale alla domanda di annullamento
dell’atto o provvedimento112.
Infatti, avendo la sentenza n. 204 del 2004 posto l’accento sulla caratterizzazione della
tutela risarcitoria in termini di strumento di tutela ulteriore riconosciuto al privato e non
come nuova materia e, quindi, non come oggetto diretto – se le parole hanno un senso di delimitazione della giurisdizione del giudice, appare consequenziale desumerne:
1a) che, in relazione alle ragioni che sono state svolte a proposito del regime scaturito
dalle sentenze n. 292 e n. 281, la connotazione come strumento di tutela (per evitare la
tutela bifasica) dev’essere interpretata nel senso che la strumentalità è nell’interesse del
privato e non dell’Amministrazione e, dunque, è al privato che spetta la scelta del se
avvalersi dello strumento stesso;
1b) la sottolineatura del carattere ulteriore dello strumento di tutela, implicando che si
tratta di tutela che si aggiunge ad una forma di tutela diversa, conferma, se ve ne fosse
bisogno, che si tratta di tutela accessoria all’azione di annullamento del provvedimento,
cioè all’oggetto diretto della tutela esperibile nella giurisdizione di legittimità.
Per il resto non possono che valere le stesse considerazioni e argomentazioni svolte a
proposito del regime scaturito dalle sentenze n. 292 e 281.
Va notato che, con riferimento all’ipotesi di fattispecie di occupazione appropriativa conseguente (in presenza della
irreversibile trasformazione) all’annullamento del decreto di esproprio, chi volesse considerare la pretesa del privato alla
relativa indennità esclusivamente nel suo carattere risarcitorio e ne postulasse la qualificazione come compreso nel diritto
patrimoniale consequenziale potrebbe, dunque, al più sostenere che la relativa pretesa potesse – nel regime retroattivamente
posteriore alla sent. n. 281 del 2004 - esser fatta valere (facoltativamente) avanti al giudice amministrativo congiuntamente
all’azione di annullamento del decreto di esproprio, ma, ove non fatta valere avanti a quel giudice essa restava certamente
deducibile avanti al giudice ordinario, come si era sempre ritenuto prima dell’introduzione dell’art. 34 nel testo censurato
dalla sentenza n. 281 del 2004.
112 Questa tesi era stata sostenuta da una parte minoritaria delle dottrina, come si è visto sopra.
111
86
Infatti, il primo inciso del terzo comma dell’art. 7 della l. n. 1034 del 1971, come
sostituito dal comma 4 dell’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, siccome sostituito dalla
lettera c) dell’art. 7 della l. n. 205 del 2000, comprende chiaramente il diritto al
risarcimento del danno tra i diritti patrimoniali consequenziali, onde permangono tutti i
rilievi che tale formula suggerisce nel senso di ancorare l’esperibilità della tutela
risarcitoria al contemporaneo esperimento di quella di annullamento.
Inoltre, una volta negata validità alla teorica della pregiudiziale amministrativa
l’interprete vede rafforzate tali conclusioni, tanto più in un contesto nel quale il giudice
delle leggi ha rimarcato che a livello di fonti costituzionali è ancora centrale l’impianto
della legge abolitiva del contenzioso e, quindi, l’art. 4, primo comma, quale norma
ancora vigente e non abrogata (per come si è notato sopra), la cui proclamazione
costringe ad intendere l’estensione della giurisdizione del giudice amministrativo nel
senso della concorrenzialità, atteso che altrimenti con riferimento alla giurisdizione del
giudice amministrativo (e, quindi, all’intera sua giurisdizione, atteso che ciò che vale per
quella di legittimità non potrebbe che valere per l’esclusiva), si dovrebbe intendere, sia
pure relativamente alla tutela risarcitoria consequenziale, abrogata.
Ove poi la pregiudiziale si ritenga esistente, non potrà che valere l’ipotesi sopra
formulata per cui il privato ben potrebbe nel termine di impugnativa del provvedimento
fare riserva di risarcimento del danno comunicando di non voler impugnare l’atto.
Sempre qualora si ritenga esistente la pregiudiziale nulla dovrebbe ostare a che,
nell’impugnare l’atto si faccia riserva di azione risarcitoria e quindi tale azione venga
esercitata solo successivamente.
2. Appare opportuno a questo punto farsi carico degli argomenti con i quali a suo tempo
la Commissione congiunta fra la Corte ed il Consiglio di Stato aveva concluso nel senso
dell’esclusione della giurisdizione concorrente in riferimento alla giurisdizione di
legittimità conservino validità dopo la sentenza n. 204 ed anche nel senso di intendere
l’attribuzione della giurisdizione sulle pretese risarcitorie come onnicomprensiva, cioè
non relativa al solo caso del diritto di risarcimento del danno fatto valere con la richiesta
di annullamento del provvedimento.
In primo luogo, le tre ragioni sulla base delle quali era stata esclusa la validità della lettura
riduttiva basata sul rilievo dell’uso dell’espressione diritti patrimoniali consequenziali,
siccome evocativa di un criterio di competenza per connessione, (già dubbie prima,
come non manca di riconoscere la Commissione) non sembravano affatto condivisibili
e, ammesso che lo fossero nella situazione normativa in cui venne redatto il concordato,
non lo sono più nel nuovo contesto normativo ridimensionato e riletto dal Giudice delle
leggi.
In particolare, il riferimento letterale espresso dalla norma con la frase “nell’ambito della
sua [cioè del giudice amministrativo] giurisdizione” senza altre indicazioni non sembra
utilizzabile per escludere la fondatezza dell’opinione limitativa alla pretesa risarcitoria
consequenziale: è sufficiente osservare che l’altra indicazione che limita il significato del
riferimento all’ambito della giurisdizione è proprio l’espressione diritti patrimoniali
consequenziali, che ha proprio tale funzione in quanto contenuta in una stessa
disposizione.
87
L’obiezione circa l’inconcepibilità della deroga alla giurisdizione per ragioni di
connessione trova smentita nell’esempio fatto da autorevole dottrina113 nonché nella
stessa possibilità di inserimento dell’azione civile in sede penale (a parte il fatto che
venne fatta, sia pure con la riserva di un “a prescindere”, con un occhio rivolto alla
questione della pregiudiziale amministrativa)114.
L’argomento che dai lavori preparatori della l. n. 205 del 2000 si evinceva che
l’estensione della tutela risarcitoria tendesse alla concentrazione della tutela avanti ad un
unico giudice, onde non sembrava compatibile con la volontà dei conditores ipotizzare che
la realizzazione della concentrazione fosse rimessa alla volontà della parte, appare oggi
improponibile in quanto la Consulta ha posto l’accento sulla strumentalità nell’interesse
del cittadino della deducibilità della tutela risarciroria avanti al giudice amministrativo,
circostanza che – per le ragioni innanzi esposte – giustifica pienamente che sia il
cittadino a decidersi “dove giocarsi la partita”.
Tutti questi tre argomenti trascuravano, poi, totalmente il valore della mancata
abrogazione dell’art. 4, secondo comma, norma la quale, in un contesto in cui la tutela
risarcitoria in ambito di giurisdizione di legittimità si accompagnava a quella in ambito di
giurisdizione esclusiva, sì da divenire totalitaria, avrebbe dovuto, perché i conditores
raggiungessero lo scopo, essere abrogata.
Inoltre, dopo la sentenza della Consulta, fermo quanto osservato sulla insostenibilità
dell’argomento della concentrazione già in precedenza, diventa impercorribile
l’argomento della funzionalizzazione della concentrazione avanti ad un unico giudice del
controllo dell’esercizio del potere pubblico, atteso che la concentrazione, per quello che
ha detto la Corte è comunque funzionale all’esigenza di tutela del privato.
Può aggiungersi che, quand’anche la sentenza della Corte fosse leggibile nel senso che la
giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che come giurisdizione di legittimità
suppone l’esistenza di un potere autoritativo, è una giurisdizione cui è riservato il
controllo sull’esercizio del potere autoritativo, andrebbe rilevato che la giurisdizione che
si estrinseca sulla pretesa risarcitoria contro la Pubblica Amministrazione non ha ad
oggetto diretto l’esercizio del potere, posto che quando una giurisdizione si esercita su di
esso deve individuare la volontà di legge secondo la quale il potere doveva essere
esercitato e trarne le conseguenze sulla manifestazione di tale esercizio (annullamento o
conformazione), bensì concerne le conseguenze dell’esercizio del potere.
In relazione ad esse l’intervento della giurisdizione con la pretesa risarcitoria per
equivalente (ma anche con la tutela specifica in senso civilistico alla stregua dell’art. 2058
cod. civ.) non postula in via diretta il controllo dell’esercizio del potere e l’intervento
sulla sua manifestazione, ma soltanto l’accertamento delle sue conseguenze sulle
situazioni giuridiche coinvolte.
Cadono pure, in quanto fondati sull’esigenza di concentrazione, i rilievi mossi agli
orientamenti che avevano cercato di sottrarre alla giurisdiziose del giudice
Si allude all’opinione del LUISO, riferita sopra. Si ricorda, poi che le SS.UU. hanno ritenuto ammissibili deroghe espresse
alla giurisdizione per connessione, affermando che <<salvo deroghe normative espresse, vige nell'ordinamento processuale il principio
generale dell'inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante
operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole della sospensione del
procedimento pregiudicato>>(Sez. U, Ordinanza n. 7621 del 15/05/2003, Rv. 563148).
114 In termini si veda M. ROSSETTI, op. cit., passim.
113
88
amministrativo il danno da ritardo e – ove configurabile - il danno da violazione di
regole del procedimento.
3. In riferimento alla giurisdizione esclusiva nei termini in cui è stata ridimensionata dalla
sent. n. 204 del 2004 l’interprete si trova ora, quando si ponga di fronte alle norme senza
essere mosso da opzioni di valori o mozioni degli affetti circa il come si vorrebbe che
fosse il sistema della nostra giurisdizione amministrativa, di fronte ai seguenti dati
normativi:
1) la giurisdizione amministrativa esclusiva, a seguito del ridimensionamento operato
dalla sentenza, è una giurisdizione che concerne atti e provvedimenti di natura
autoritativa e non una giurisdizione sul rapporto (si veda il precedente paragrafo 10);
2) è diventata una giurisdizione fortemente caratterizzata (salvo che non risulti
diversamente) in senso attizio, pur senza ridursi ad una giurisdizione di legittimità115;
3) l’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998 nella versione introdotta dall’art. 7, lett. c)
della l. n. 205 del 2000 dispone che <<il giudice amministrativo, nelle controversie
devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in
forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto>>;
4) la norma si riferisce ad ogni specie di giurisdizione esclusiva;
5) la norma non è formulata nel senso di esprimere una attribuzione di giurisdizione, ma
suppone risolto a monte il problema della giurisdizione;
6) la Corte costituzionale ha qualificato il risarcimento del danno come strumento di
tutela e, quindi, anche in relazione alla giurisdizione esclusiva non possono che valere le
ragioni che giustificano l’affidamento esclusivo alla scelta del privato sul se far valere la
pretesa risarcitoria avanti al giudice amministrativo: in alcun modo può giocare il fatto
che si verta in tema di giurisdizione esclusiva, atteso che le pretese risarcitorie non
partecipano della fattispecie che individua il contenuto della giurisdizione esclusiva,
essendo esse ancorate agli atti e provvedimenti e, quindi, al sindacato demolitorio
(configurabile anche nei casi in cui il provvedimento viene denegato);
7) l’essere stata ridimensionata la giurisdizione esclusiva a dimensioni attizie, ancorché
nel comma 1 dell’art. 35 non si faccia riferimento ai diritti patrimoniali consequenziali (e
sempre che, come sostiene qualcuno in realtà l’art. 35, comma 1 non vada integrato con
l’art. 7, comma 3, della l. n. 1034 del 1971, come novellato dalla l. n. 205 del 2000; nel
senso che il riferimento all’ambito della giurisdizione in questa norma contenuto
abbracci l’intera giurisdizione del giudice amministrativo, ipotesi che potrebbe ora essere
avvalorata proprio dall’essere ridiventata la giurisdizione esclusiva giurisdizione attizia,
salvo deroghe e fermo il conseguente possibile dubbio di costituzionalità che le
attingerebbe) e, quindi, non si evochi la pretesa risarcitoria come accessoria
all’annullamento dell’atto, sembrerebbe giustificare senz’altro un’interpretazione per cui
la pretesa risarcitoria possa essere fatta valere solo se il giudice amministrativo è investito
della materia di giurisdizione esclusiva e, quindi della richiesta di annullamento dell’atto
o provvedimento (che nella specie potrebbe essere costituita anche da una richiesta di
declaratoria di nullità dell’atto, atteso che, per quanto si è a suo tempo osservato, la
giurisdizione esclusiva, se deve avere un senso, comprende anche i casi di atto o
provvedimento emesso in carenza di potere in concreto);
Si è cercato di indicare le ragioni che sembrerebbero ancora dare un senso alla qualificazione nel senso della esclusività
della giurisdizione di cui agi riscritti artt. 33 e 34.
115
89
8) tutti gli argomenti fatti valere a proposito del risarcimento del danno nel periodo di
vigenza del d.lgs. n. 80 del 1998 ridimensionato dalle sentenze n. 292 e 281, sono
pienamente idonei a giustificare la soluzione sub 7 e si intendono pienamente validi e
riproposti per sostenerla;
9) anche nella nuova giurisdizione esclusiva, dunque, sembrerebbe doversi ritenere che
lo svolgimento della pretesa risarcitoria avanti al giudice amministrativo si configuri
come deroga della giurisdizione ordinaria rimessa alla scelta del privato possibile soltanto
congiuntamente all’impugnazione di atti e provvedimenti e non in via autonoma e meno
che mai quando un atto dell’Amministrazione non vi sia o la pretesa risarcitoria si
ricolleghi ad una illegittimità (o inadempienza?) di norme procedimenali116:
10) il richiamo di Corte Cost. n. 204 del 2004 all’effettività della tutela ed il collegamento
all’art. 24 Cost., potrebbe indurre a preferire un sistema di accesso alla giustizia che ne
allarghi la gamma di possibilità, piuttosto che attribuirne alcune per toglierne altre, in
nome di un’esigenza di coerenza di sistema, che il mancato richiamo della Consulta
all’art. 97 Cost., rende nella prospettiva del giudice delle leggi secondaria;
11) il fatto, infine, che la tutela di cui all’art. 35, commi 2 e 3 (applicabile verosimilmente
anche alla giurisdizione di legittimità) dia qualcosa d’altro dalla tutela di cui all’art. 2043
cod. civ. e comunque alla tutela civilistica esclude poi che il sistema prospettato
comporti una scelta dell’attore della giurisdizione. Non di scelta della giurisdizione si
tratta, bensì di scelta della tutela, proprio come nella logica della vecchia legge abolitiva
del contenzioso e dell’istituzione della IV Sezione;
12) infine, il sistema della concorrenza elettiva pone sullo sfondo il problema dell’unitaà
della giurisdizione, dando ancora un senso alla permanenza della giurisdizione
amministrativa, là dove, se quel qualcosa che il giudice amministrativo può attribuire
secondo l’art. 35 è diverso dalla tutela di cui alla lex aquilia e si rimette alla scelta del
cittadino di valersene, diminuiscono grandemente, in dipendenza del ridimensionamento
della giurisdizione esclusiva operato dalla sentenza n. 204 del 2004 i rischi paventati
immediatamente a ridosso del d.lgs. n. 80 del 1998 di una confusione di ruoli fra
Cassazione e Consiglio di Stato e di una confusione dei principi117.
Roma, 23 maggio 2005.
(Il redattore)
Raffaele Frasca
Il Direttore dell’Ufficio del
Massimario e del Ruolo
Cons. Stefano Evangelista
In questa ricostruzione, è evidente che la fattispecie dell’occupazione appropriativa, quando si origini per effetto della
mancata emanazione del decreto di esproprio in termini o a seguito del suo annullamento, non potrebbe, ove considerata
come pretesa risarcitoria considerarsi attratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, se non in questo
secondo caso, ma – sia chiaro – non automaticamente, bensì esclusivamente sulla base di una scelta di derogare alla
giurisdizione ordinaria del privato. Si ricordano comunque le notazioni svolte a proposito della recentissima Ad. Plen. N. 2
del 2005: vedi § 12 in chiusura.
117 Ci si riferisce alla preoccupazione espressa pacatamente, ma autorevolmente da F. BILE, Qualche dubbio sul nuovo riparto di
giurisdizione, in Giust. civ., 1999, II, 17 e ss.
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