Le Camere a Fili e il prototipo della camera a deriva dell’esperimento KLOE ai Laboratori Nazionali di Frascati Le Camere a Fili costituiscono una particolare varietà di rivelatori a gas. In un generico rivelatore a gas una particella carica che attraversa il gas vi rilascia energia ionizzandone gli atomi o le molecole. Se un campo elettrico viene applicato nel volume di gas la carica libera (elettroni e ioni) prodotta dalla ionizzazione viene accelerata nel campo e raccolta dai fili o gli elettrodi che generano il campo. Il segnale rivelato sui fili o gli elettrodi di raccolta fornisce informazioni che consentono sia di ricostruire la traiettoria della particella che, eventualmente, di stabilirne il tipo. Con una o più camere a “molti fili” (MWPC = “Multi-Wire Proportional Chambers”, come quella illustrata in Fig. ?????, realizzata nel laboratorio di Alte Energie della Sezione di Lecce dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università, per effettuare misure al Paul Scherrer Institute di Villigen, nei pressi di Zurigo) è dunque possibile rivelare il passaggio di una particella, “tracciarla”, con metodi più o meno complessi e, se tutto il dispositivo lavora in presenza di campo magnetico, misurarne l’impulso (o quantità di moto) con grande accuratezza. In particolare, in una “camera a deriva” si misura il tempo impiegato dagli elettroni di ionizzazione ad arrivare sul filo di raccolta rispetto ad un segnale di riferimento (“trigger”) prodotto dal passaggio di una particella. Dalla misura di tale tempo per ogni filo “colpito” nella camera si risale alla distanza rispetto al filo a cui la particella è passata e, di conseguenza, alla sua traiettoria. I fili utilizzati per costruire tali dispositivi sono sottilissimi, con diametri ~1/4 di quello di un capello, e le accuratezze raggiunte nella ricostruzione dei punti spaziali della traiettoria sono di alcune decine di millesimi di mm! La camera a deriva dell’esperimento KLOE ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), di ~4 m di diametro e ~3.3 m di lunghezza e con ~52000 fili tesi nel volume sensibile è la più grande camera a deriva finora costruita. È riempita da una miscela di gas prevalentemente costituita da elio, gas leggero ed estremamente difficile da contenere. Il suo scopo è quello di tracciare le particelle cariche provenienti dai decadimenti del mesone , una particella prodotta nelle interazioni elettrone-positrone all’acceleratore DANE, e ricostruire i “vertici di decadimento”. L’esperimento KLOE è una collaborazione internazionale tra istituti di ricerca italiani, tedeschi, russi, americani e cinesi e, per la parte italiana, è finanziato dall’INFN. La sezione INFN di Lecce ha partecipato a tutte le fasi dell’esperimento: progettazione del rivelatore, presa dati e analisi. L’obiettivo dell’esperimento è quello di studiare i decadimenti del mesone , estraendo misure di parametri fondamentali per teorie quali “il Modello Standard delle particelle elementari” e “la teoria perturbativa chirale”, che modellizzano natura e interazioni delle particelle elementari. In particolare, una grande attenzione è stata rivolta dall’esperimento allo studio dei meccanismi secondo i quali i mesoni K prodotti dal decadimento della violano, decadendo a loro volta, la “simmetria CP”, normalmente conservata in natura. La violazione di CP può, in parte, spiegare la manifesta asimmetria fra materia e antimateria che si osserva nell’universo. Oltre che dalla camera a deriva il rivelatore KLOE è costituito da un calorimetro elettromagnetico per la rivelazione e la misura dell’energia di elettroni, positroni e fotoni e da un magnete superconduttore. Le varie componenti sono disposte in strati cilindrici coassiali attorno al punto d’interazione di elettroni e positroni nell’acceleratore. Poiché il progetto della camera a deriva di KLOE, realizzato dalla sezione INFN di Lecce, è stato, per molti versi, estremamente innovativo sia per le dimensioni e la particolare geometria con cui i fili sono disposti nel rivelatore (geometria “completamente stereo”) che per la miscela di gas impiegata, un prototipo in scala reale della camera è stato progettato, costruito e testato sotto raggi cosmici a Lecce. In un secondo momento (1995) è stato trasportato al CERN di Ginevra per studiarne estensivamente la risposta sotto fasci di particelle. Il prototipo, che compare nelle Figg.??????? nella camera “bianca” opportunamente allestita presso la Sezione INFN di Lecce per consentirne la filatura in ambiente controllato, è un settore cilindrico di ~ 1 m di raggio e lungo ~3 m, all’interno del quale ~2300 fili sono stati tesi in una configurazione geometrica (che definisce quella elettrostatica) molto simile a quella della camera finale. La realizzazione del prototipo, che per dimensioni e complessità è confrontabile solo a pochi sistemi traccianti oggi in uso in grandi esperimenti, ha costituito un vero e proprio banco di prova per i materiali e le tecnologie impiegate, per le metodologie di filatura adottate e, infine, per le strategie di “calibrazione” del rivelatore e “tracciamento” delle particelle che lo attraversano. A tutti gli effetti, il prototipo ha dato un enorme contribuito a decretare il successo della camera a deriva di KLOE, che dal 1999 ad oggi lavora per la ricostruzione delle tracce nell’esperimento garantendo altissima affidabilità di operazioni e il completo soddisfacimento delle specifiche di progetto. Fig. ???? Camera proporzionale “Multi-Wire” costruita presso la Sezione INFN di Lecce, Dipartimento di Fisica dell’Università, per tracciare particelle in un test su fascio effettuato all’istituto Paul Scherrer, vicino Zurigo. Figg. ?????????? Il prototipo della camera a deriva dell’esperimento KLOE, progettato e realizzato presso la Sezione INFN di Lecce, nella camera “bianca” in cui sono stati “tesi” i fili, prima di essere trasportato al CERN di Ginevra per un test su fascio di particelle.