Beatrice Travalca Cupillo Resp. Dir. U.O.S. Dip. di Foniatria Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedale San Martino Genova MANGIARE, BERE, METTERE “COSE IN BOCCA” FUNZIONI PRIMARIE •apporto all’organismo delle energie necessarie alla sopravvivenza ed all’esercizio di funzioni ed abilità; •mantenimento dell’ambiente idrico-salino interno indispensabile alla vita; •esplorazione dell’ambiente esterno ed interazione con esso ALTRI SIGNIFICATI •l’assunzione di farmaci •la comunicazione •l’edonismo buccale •la partecipazione alla vita sociale •ecc. IN TEMA DI TURBE DELLA FUNZIONE DEGLUTITORIA Importanza vitale della deglutizione. Notevole incidenza di soggetti colpiti da turbe della deglutizione, Conseguenze che possono costare la vita e possibilità di evitarle. Non solo problematiche di ordine nutrizionale ma anche difficoltà penalizzanti per il paziente. Necessità di adeguato percorso valutativo e rimediativi. Ripercussioni e costi sociali per nulla trascurabili. Altro. EPIDEMIOLOGIA L’analisi della letteratura evidenzia che le turbe della deglutizione: pongono gravi problematiche sociali; conducono a complicanze spesso gravi che mettono a repentaglio la vita dei pazienti; sono in progressivo aumento per -crescita dell’età media -aumento degli incidenti della strada -incremento della patologia cerebrovascolare -maggior diffusione di tecniche chirurgiche demolitive della testa e del collo; costituiscono un disturbo molto diffuso che colpisce migliaia di individui: interessa in vario modo circa il 20/% della popolazione generale con una particolare prevalenza nell’età infantile e senile; tale percentuale può essere superiore, come per esempio nel caso di soggetti anziani nelle case di riposo, nei traumatizzati cranici, in soggetti con accidenti vascolari, nei soggetti affetti da Morbo di Parkinson, nei pazienti oncologici cervico-facciali. Una notevole percentuale di decessi è da imputarsi ad aspirazione di alimenti e verosimilmente analoga è la situazione per le morti in culla. La disfagia può provocare conseguenze importantissime quali malnutrizione, disidratazione o altre conseguenze che possono risultare mortali come per esempio la polmonite ab ingestis (infiammazione seguita da infezione polmonare dovuta a passaggio di cibo nei polmoni). Le turbe della deglutizione più temibili e che si manifestano clinicamente in maniera più subdola sono verosimilmente quelle che fanno seguito a patologia cerebro vascolare acuta. La prevalenza di disfagia dopo ictus cerebrale è globalmente del 25-32%. La maggior parte dei pazienti sopravvive all’evento acuto; la mortalità è dovuta prevalentemente alle complicanze cardiovascolari e alle broncopolmoniti ab ingestis. Studi che hanno valutato la storia naturale della patologia post ictale evidenziano che nel primo anno dopo l’ictus vi è una mortalità del 20% per patologia polmonare; negli anni successivi la mortalità per complicanze respiratorie è del 10-15% per ciascun anno. Si stima che tali percentuali, estrapolate alla attuale popolazione degli Stati Uniti indichino che la polmonite ab ingesti “post-ictale” è responsabile di circa 50000 morti per anno. LA DEGLUTIZIONE: DEFINIZIONE E FASI La deglutizione è una sequenza motoria complessa dipendente dalla contrazione coordinata di muscoli della bocca, della lingua, della faringe, della laringe e dell’esofago. Essa consente la propulsione dei cibi dalla bocca allo stomaco attraverso le seguenti fasi: FASE O (preparazione extraorale delle sostanze): avviene al di fuori del corpo umano, corrisponde alla preparazione del cibo e sovente, è svolta da persone diverse da colui che deglutirà il cibo stesso. Comprende eventuale cottura, condimento, insaporimento, sminuzzamento del cibo e così via. Questa fase termina nel momento in cui il cibo viene posto in bocca. FASE 1 (preparazione orale delle sostanze da inghiottire): avviene con l’ insalivazione e la masticazione che se eseguite correttamente fanno si che il boccone, d’ora in poi chiamato bolo, risulterà pronto per la deglutizione. Questa fase avviene sotto il controllo della volontà ed ha una durata variabile secondo il cibo da inghiottire: minima per i liquidi che non richiedono alcuna preparazione e massima per cibi solidi e secchi. A questa preparazione partecipano attivamente ed in coordinazione la chiusura delle labbra, il movimento laterale e rotatorio della mandibola, il tono buccale e facciale, i movimenti laterali e rotatori della lingua che aiutano a raccogliere ed a trattenere il cibo sul dorso della lingua che viene disposta come un cucchiaio mentre la punta viene spinta contro i denti incisivi superiori. FASE 2 (stadio orale): con un atto volontario della durata di circa un secondo, si verifica la spinta del bolo verso l’ostio delle fauci e l’elicitazione del riflesso della deglutizione. Questa fase implica il movimento della lingua in alto e indietro con azione propulsiva ed il contatto della lingua con l’arco palatino e l’oro faringe per stimolazione dei recettori nella regione oro-faringea e/o base lingua. Da qui in avanti la deglutizione proseguirà autonomamente al di fuori del controllo volontario. FASE 3 (stadio faringeo): il bolo, in questa fase della durata di circa un secondo, attraversa il quadrivio faringeo o incrocio della via respiratoria (ventilatoria). E’ evidente che lo svolgimento corretto di questa fase risulta di fondamentale importanza per evitare situazioni che possono mettere in pericolo la vita della persona. Questa fase implica la coordinazione di meccanismi differenti che consentono il transito del bolo evitando il passaggio di cibi liquidi e solidi nel naso e la penetrazione e/o aspirazione di cibo rispettivamente in laringe e_/o nell’apparato bronco polmonare. FASE 4 (stadio esofageo): il bolo arriva in esofago attraverso lo sfintere esofageo superiore che si apre automaticamente e, in un tempo variabile fra gli 8 ed i 20 secondi, per mezzo delle onde peristaltiche, percorre tutto l’esofago fino sfintere esofageo inferiore, porta di ingresso dello stomaco. FASE 5 (stadio gastrico): il bolo giunge nello stomaco, termina la deglutizione ed inizia la digestione. LA DISFAGIA: DEFINIZIONE Disturbo nel trasporto del cibo dalla bocca allo stomaco, dato dall’alterazione anatomo-funzionale di qualsivoglia struttura relativa al processo. ASPIRAZIONE, PENETRAZIONE E RIGURGITO O REFLUSSO ASPIRAZIONE ENTRATA DEL CIBO SOLIDO E/O LIQUIDO ALL’INTERNO DELLE VIE AEREE. L’aspirazione può: - precedere la deglutizione per mancato controllo del bolo nella fase orale (aspirazione predeglutitoria); - essere contemporanea alla deglutizione per deficit di chiusura glottica o ritardo di innesco del riflesso (aspirazione intradeglutotoria); - avvenire dopo la deglutizione, quando vi sia un ristagno nei seni piriformi o nelle vallecole glosso-epiglottiche che, durante la successiva respirazione viene aspirato nelle vie aeree (aspirazione postdeglutitoria). PENETRAZIONE ENTRATA DEL CIBO SOLIDO E/O LIQUIDO FINO AL LIVELLO DELLE CORDE VOCALI RIGURGITO E REFLUSSO Un aspetto particolare da non sottovalutare è la presenza di reflusso di succo gastrico (passaggio del succo gastrico dallo stomaco fino alle vie respiratorie) o di reflusso di cibo (passaggio di cibo dallo stomaco nelle vie respiratorie) da tenere presente quando si verifichino condizioni di particolare rilevanza, principalmente passaggio di ingesti nell’apparato broncopolmonare, flogosi faringolaringee, spasmi della glottide ecc. LE CAUSE PIU’ SIGNIFICATIVE DI DISFAGIA Le alterazioni della deglutizione possono essere classificate tenendo conto di diversi criteri: eziologico (degenerativa, infettiva, vascolare, neoplastica, traumatica, ecc.) fisiopatologico (per il deficit di una o più fasi della deglutizione); patogenetico (meccanica, motoria-neurogena, ecc) topografico (lesione del I motoneurone, lesione del II motoneurone, ecc.) In ogni caso, indipendentemente dalla modalità con cui si classificano, non è difficile comprendere che in numerose evenienze esistono alterazioni della deglutizione. Di seguito, nell’ambito di vari raggruppamenti eziologici, vengono riportati alcuni esempi di patologie: disfagie da cause neurologiche: lesione del sistema extrapiramidale (morbo di Parkinson, Parkinsonismi e discinesie) lesione del I motoneurone SNC (sindrome pseudobulbere) lesione del I/II motoneurone SNC (sclerosi multipla, paralisi bulbare progressiva, ictus cerebro vascolare) lesione I/II motoneurone SNC e nervi cranici (tumori, traumi cranici e cervicali) lesione della placca neuromuscolare (miastenia grave) lesione del muscolo (miositi, distrofia muscolare, ecc.) ecc. disfagie da cause iatrogene: post chirurgiche (grandi interventi, in genere oncologici, del capo e del collo) da esiti di trattamenti radianti capo-collo ecc. disfagie da cause infettive (malattia di Lyme, sifilide, ecc.) disfagie da cause metaboliche (morbo di Wilson, tireotossicosi, ecc.) disfagie psichiatriche, psicogene disfagie da tumori orofaringei, da diverticoli, ecc. VALUTAZIONE CLINICO STRUMENTALE DEL PAZIENTE DISFAGICO di funzioni ed abilità • interazione con esso 1. raccolta dei dati riguardanti la storia del disturbo e di quanto si trovi in rapporto con il disturbo stesso (modalità nutrizionali, eventuale ingresso di bolo nelle vie aeree, rigurgito o reflusso, infezione polmonare ab ingestis sospetta, in corso o precedente-, salivazione, secrezione, febbre, postura generale con particolare riferimento al controllo muscolare del capo; stato di vigilanza, comunicazione, comprensione, attenzione, memoria a breve termine ecc.); 2. analisi della motricità e sensibilità delle labbra, della lingua, delle guance e del velo; 3. analisi delle funzioni respiratoria e fonatoria e in modo particolare della coordinazione respirazione-deglutizione; 4. prove di deglutizione secondo le necessità del singolo caso e con sostanze prive di rischi analizzando eventuali segni di ingresso di tali sostanze nelle vie aeree e l’efficacia o meno della tosse e di raschiare la gola; 5. fibroscopia endoscopica transnasale: minimamente invasiva, di facile esecuzione, si esegue di norma ambulatoriamente, consente in particolare una buona visualizzazione dei ristagni, l’eventuale entrata di alimenti nelle vie aeree attraverso il rilevamento di tracce del bolo nella laringe; 6. videofluorografia: metodica essenzialmente radiologica, può essere eseguita ambulatoriamente (non sono ancora molto diffusi i servizi di radiologia dotati dell’apparecchiatura necessaria), consente una diretta e puntuale valutazione di ogni fase della deglutizione; è eseguibile in qualsiasi età, dalla nascita all’età più avanzata, può essere effettuata anche senza la collaborazione del paziente. Non è invasiva, e, secondo il caso specifico del singolo paziente, può essere eseguito senza mezzo di contrasto con la deglutizione della saliva, oppure con cibi contenenti mezzo di contrasto e di consistenza liquida, semiliquida, semisolida, solida. Particolarmente affidabile è l’evidenziazione dell’ ingresso di alimenti e altro, per esempio saliva, nel vestibolo laringeo e nell’apparato bronco-polmonare; consente, inoltre, informazioni utili per il trattamento riabilitativo logopedico della deglutizione. In alcuni casi può essere ritenuto utile ricorrere anche ad altri esami, per esempio: 7. la valutazione dell’occlusione dentaria; 8. la valutazione dell’evoluzione delle abitudini alimentari; 9. la valutazione della prestazionalità generale (e cioè di tutte quelle abilità, comprese quelle comunicative e linguistiche che nel corso della vita sono soggette a comparire e ad evolvere) soprattutto negli insufficienti mentali, in pazienti molto debilitati, nei post comatosi, ecc. 10.in presenza di ipotesi di disfagia neurogena: la visita neurologica, gli esami neuroradiologici (RM, TC), l’elettromiografia, gli esami ematochimici, ecc.; 11..in presenza di alterazioni organiche esofagee: l’esofagogastroscopia; 12..per le discinesie esofagee e per le alterazioni della contrattilità degli sfinteri UES e LES: la manometria esofagea; 13.13.nelle sindromi da o con reflusso: la pH-metria ed eventualmente la bilimetria. LE INDICAZIONI CHE SEGUONO ALLA VALUTAZIONE FONIATRICA-LOGOPEDICA DEL PAZIENTE DISFAGICO Modalità di nutrizione possibile e relative caratteristiche nutrizionali. Posizione in cui il paziente deve alimentarsi od essere alimentato. Alcune precauzioni comportamentali da utilizzare salvo diverse indicazioni. Principali elementi di sospetto nei confronti dell’aspirazione. Modalità di rilevamento dei segni di eventuale aspirazione (anche in presenza di tracheotomia). Eventuale trattamento logopedico. Modalità di igiene riguardanti bocca, denti e protesi. Adozione di eventuali ausilii. Come assumere l’eventuale terapia farmacologia. Cosa fare in caso di soffocamento di cibo. DEVONO ESSERE INTERPRETATI COME CAMPANELLI D’ALLARME DI DISFAGIA E’ importante prestare attenzione ad alcuni campanelli d’allarme per accedere eventualmente ad indagini specifiche; non devono dunque essere sottovalutati: dolore o fastidio alla deglutizione percezione di senso di corpo estraneo in gola impiegare più tempo per mangiare presenza di febbre cambiamento delle abitudini alimentari con tentativi inconsapevoli per bilanciare il disturbo riduzione di peso corporeo o dimagrimento senza causa apparente presenza di tosse non episodica PRINCIPALI ELEMENTI DI SOSPETTO NEI CONFRONTI DELL’ASPIRAZIONE Se è intuibile che difficilmente possano sfuggire i casi di evidente passaggio del cibo nelle vie aeree quando esso si manifesta con senso di soffocamento, tosse insistente e comparsa di colorito rosso o cianotico al volto, molto più complesso può risultare rilevare i segni di un passaggio di piccole quantità di alimenti nei bronchi, sovente non avvertito neppure dallo stesso paziente, in questo senso devono indurre in sospetto: comparsa costante di alcuni colpi di tosse involontaria anche leggeri, subito dopo o, comunque, entro 2-3 minuti dalla deglutizione di un boccone; comparsa di una velatura della voce o di franca raucedine dopo la deglutizione di un boccone; fuoriuscita di liquido o cibo dal naso o, in presenza di tracheotomia, dal tracheostoma o dalla cannula tracheale (determinate manovre consentono il rilevamento dei segni di ingresso tracheobronchiale di alimenti nel paziente disfagico con tracheotomia); presenza di febbre, anche non elevata, (37,5-38°c) senza cause evidenti; tale febbre può infatti essere segno di infiammazione od irritazione dovuta ad alimenti passati nelle vie aeree; l’aumento di salivazione; la presenza di catarro; elevata frequenza di episodi bronco-polmonari; mancato innalzamento della laringe; deficit sensitivo-motorio della lingua e delle guance; presenza di residui alimentari alla base della lingua e nei seni piriformi. E’ bene che oltre agli operatori sanitari che si occupano di disfagia anche i famigliari e, quando possibile lo stesso paziente, non sottovalutino anche solo uno dei segni riportati e, in modo particolare è necessario che famigliare o paziente consultino subito il medico curante circa l’opportunità di chiedere una valutazione specialistica. E’ utile sottolineare che la disfagia può dunque manifestarsi con segni clinici evidenti ma può anche progredire in modo subdolo e quindi rischioso per cui, per esempio, un rialzo febbrile anche modesto, può essere il primo segno di una complicanza la cui conseguenza può essere la polmonite ab ingestis. Non si dimentichi che esistono le disfagie in cui a seguito di entrata del bolo nel vestibolo laringeo vi può essere aspirazione silente, cioè non seguita da meccanismi riflessi di protezione (tosse), con conseguente patologia polmonare anche grave; in questi casi è dunque evidente il rilevamento di segni come, per esempio, l’aumento della salivazione o una disfonia gorgogliante. In presenza di dubbi in tal senso è naturalmente consigliabile l’effettuazione della videofluorografia. ALCUNE PRECAUZIONI COMPORTAMENTALI DA ADOTTARE CON IL PAZIENTE DISFAGICO NEL CORSO DELL’ALIMENTAZIONE PER BOCCA, SALVO DIVERSE INDICAZIONI 1. Il paziente deve mangiare in posizione seduta, con avambracci comodamente appoggiati e, salvo diversa indicazione, con capo in asse. 2. Se il paziente è allettato porlo con il busto a 80-90°, con le gambe lievemente flesse ed un cuscino fra i piedi e la sponda del letto. 3. Durante l’alimentazione lo stato di coscienza del paziente deve essere adeguato; far interrompere l’alimentazione ai primi segni di stanchezza. 4. L’alimentazione deve procedere lentamente, con piccole quantità alla volta e solo se il boccone precedente è stato deglutito; 5. Non far parlare il paziente durante il pasto, se non dopo aver fatto detergere la gola con qualche colpo di tosse ed aver fatto deglutire a vuoto. 6. Ogni 2-3 deglutizioni far eseguire qualche colpo di tosse e dopo far deglutire a vuoto; il pasto potrà riprendere soltanto dopo completa pulizia del faringe. 7. Se il paziente può assumere liquidi prima di farlo bere accertarsi che in bocca non siano presenti residui di cibo e far eliminare i residui in faringe secondo la modalità sopra descritta. 8. Non far distrarre il paziente durante il pasto (per esempio evitare di farlo parlare, di fargli guardare la televisione, di farlo leggere, ecc.). 9. In caso di comparsa di tosse riflessa (che si manifesti, cioè, al di fuori della volontà) riportare l’atto sotto il controllo volontario coordinando la respirazione e la spinta diaframmatici. 10.L’ambiente ove viene consumato il pasto deve essere tranquillo, silenzioso e ben illuminato. CON IL PAZIENTE DISFAGICO CHE PRESENTA TRACHEOSTOMIA oltre a quanto sopra riportato si fa presente che: durante la deglutizione la cannula tracheale dovrà essere tenuta chiusa; chi assiste il paziente dovrà tenere costantemente sotto controllo la cannula tracheale durante l’alimentazione. COME RILEVARE I SEGNI DI ENTRATA DI ALIMENTI IN SEDE TRACHEOBRONCHIALE NEL PAZIENTE DISFAGICO CON TRACHEOSTOMIA Nei confronti del paziente disfagico con tracheotomia e al quale sia stato consentito di alimentarsi per bocca, chi assiste il paziente dovrà rilevare ogni segno di eventuale ingresso tracheobronchiale di alimenti, eseguendo con la canula tracheostomica le seguenti manovre in caso di tosse riflessa prima, durante o dopo la deglutizione di un boccone: 1) mettere una garza piegata a contatto con la pelle, sotto il "pacchetto" delle garze della cannula, sospingendola fino ai margini della tracheostomia. 2) inizialmente dopo 2-3 deglutizioni e, successivamente, in caso di negatività delle seguenti prove, al termine di ogni "portata": togliere e osservare l'aspetto della garza precedentemente posizionata; aspirare con l'aspiratore dalla cannula; 3) riposizionare una nuova garza e ripetere le manovre descritte al punto 2 dopo 15 minuti circa. Interpretazione dei risultati: - se sulla garza e nel secreto aspirato non si rileva presenza di cibo, difficilmente il paziente ha aspirato; - se sulla garza o nel sondino dell'aspiratore, il secreto appare frammisto a tracce di alimenti, si deve aspirare accuratamente dalla cannula ogni particella di cibo e consultare subito il foniatra e la logopedista (in mancanza di questi l’otorino) affinché valutino se è opportuno procedere ad alimentare il paziente e/o se devono essere effettuate delle modificazioni delle procedure; - se i segni di aspirazione sono più evidenti, è indispensabile una temporanea sospensione dell'alimentazione; si effettua un'accurata aspirazione dalla cannula e si consulta, quanto prima, il medico foniatra ed il logopedista o l’otorino affinché decidano i provvedimenti più opportuni del caso. LA SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI NEL SOGGETTO DISFAGICO La tendenza a polverizzare i farmaci e a somministrarli con un po’ d’acqua presenta numerosi punti negativi che possono portare a varie conseguenze, fra cui: • non corretto dosaggio del medicinale (per lo più un sotto dosaggio) • inattivazione del medicinale • formazione di composti dannosi • creazione di un “boccone” misto acqua/ polvere che, a sua volta, mette in difficoltà il paziente con possibile inalazione. Ricordiamo che: a) le polveri prodotte dalla polverizzazione del medicinale possono essere insolubili in acqua, restare in sospensione ed andare ad appiccicarsi alle pareti della bocca o lungo le prime vie digestive senza venire assorbiti se non in minima parte; inoltre, nel caso della PEG i frammenti potrebbero tappare la sonda; b) molti farmaci hanno un involucro destinato a proteggerli dall’acidità dello stomaco che li renderebbe inattivi: polverizzandoli si distrugge tale involucro esponendo così il principio attivo all’acidità gastrica; c) alcuni farmaci sono, in realtà, composti da più prodotti disposti l’uno sull’altro a buccia di cipolla o micro incapsulati in maniera separata e distinta al fine di venire liberati in momenti e punti diversi del corpo (ad esempio parte nello stomaco e parte nell’intestino): polverizzandoli si elimina la separazione con relativa perdita di tali caratteristiche; Per la somministrazione di farmaci nel soggetto disfagico sono necessari accorgimenti specifici; eccone alcuni. Evitare, innanzitutto, qualsiasi manipolazione delle medicine non esplicitamente autorizzata dal medico che ha prescritto il medicinale: devono infatti essere valutate caso per caso le eventuali incompatibilità; Per definizione confetti e capsule non vanno mai frantumati. Le compresse possono essere polverizzate solo quando riportano la dicitura “compressa divisibile” presentando, in genere, sulla loro superficie la pre-divisione in 2 o 4 parti; in tal caso, sempre in base alle possibilità deglutitorie del paziente, tenendo conto del fatto che il farmaco possa essere associato ad una, sebbene modica, quantità di cibo e con il consenso del medico, la compressa polverizzata, piuttosto che essere somministrata con acqua, potrebbe essere inglobata in un piccolo boccone semi solido (per esempio passati e frullati densi, budini) o con acqua con addensante (in tal caso, oltre alle precauzioni già indicate è necessario escludere che l’addensante possa interferire con l’azione del farmaco). La moderna industria farmaceutica, anche nell’ottica della concorrenza fra più ditte che producono la stessa sostanza, propone ormai l’identico principio attivo sotto varie forme che non necessariamente richiedono l’assunzione per bocca. Lo stesso farmaco antiinfiammatorio, ad esempio, è sovente disponibile come compressa, gocce o sciroppo ma anche come supposta, come crema e in preparato per iniezioni intramuscolari. Lo stesso dicasi per alcuni tipi di antibiotici disponibili non solo come compresse ma anche sotto forma di bustine, sospensione od iniezione intramuscolare. Molti farmaci ad uso pediatrico sono prodotti come sciroppi, sospensioni o bustine per facilitarne l’assunzione da parte dei più piccoli ed “inappetenti” pazienti; con il consenso del medico, correggendo opportunamente le dosi, la stessa medicina può essere somministrata anche ad un adulto. Nei casi in cui non vi sia altra scelta si può prendere in considerazione la possibilità di modificare la consistenza di medicine liquide con l’aggiunta di addensanti: questa possibilità va comunque valutata prima con il medico per escludere, come già detto, che il tipo di addensante utilizzato possa interferire con il farmaco. Si ricorda di non somministrare contemporaneamente due medicine sotto qualsiasi forma se non esplicitamente consentito. LA SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI ATTRAVERSO SONDINO NASOGASTRICO O PEG scegliere nell’ordine farmaci: • • • • in soluzione in sciroppo in bustina (da sciogliere in acqua) in gocce (da sciogliere in acqua) • Per definizione confetti e capsule non vanno mai polverizzate. Le compresse possono essere polverizzate solo quando riportano la dicitura “compressa divisibile” presentando, in genere, sulla loro superficie la pre-divisione in 2 o 4 parti; in tal caso, possono essere polverizzate e sciolte in acqua e poi inserite nel sondino naso gastrico o nella PEG.. • Sia il sondino nasogastrico sia la sonda della PEG vanno sempre lavate con acqua tiepida dopo l’infusione e la somministrazione di farmaci. LE FIGURE CHE SI OCCUPANO DEL PAZIENTE CON DISTURBO DELLA DEGLUTIZIONE Da quando ci si occupa di deglutizione, foniatri e logopedisti sono stati considerati gli operatori dotati di maggior famigliarità con questo tipo di problema; è anche vero però che in questo campo si rende necessario l’intervento di altre figure. E’ così che al foniatra e al logopedista si affiancano sostanzialmente il radiologo ed il nutrizionista con il dietista. A seconda delle necessità poi altre figure portano il loro contributo, fra queste il neurologo, l’otorinolaringoiatra, il chirurgo dell’apparato digerente, il fisiatra, il fisioterapista, il geriatra, il gastroenterologo, il rianimatore, il pediatra ma anche altri. Inoltre nella gestione di questo disturbo, infermieri, famigliari ed eventuali altri operatori, che si prendono cura del paziente, assumono un ruolo importante. In particolare la collaborazione dei famigliari risulta irrinunciabile per aspetti che riguardano l’assistenza in senso pratico e per il sostegno dell’aspetto emotivo e relazionale. Si tenga presente, inoltre, che nei confronti del paziente va usata comprensione per il disagio presentato, vanno prese tutte le precauzioni perché egli venga assistito in sicurezza e clima sereno in modo da offrirgli la miglior qualità di vita possibile. E’ necessario che i famigliari ricevano dai sanitari, particolarmente dal foniatra, nutrizionista, logopedista e dietista, tutte quelle informazioni e consigli che consentono loro di assistere il paziente portando un contributo effettivo secondo quanto la singola situazione richiede e rende possibile. Anche il logopedista contribuisce a garantire una approfondita e chiara informazione ai famigliari circa: l’inquadramento del sintomo nel quadro clinico i rischi che il sintomo comporta le modalità di facilitazione e di compenso le possibilità di controllo della situazione (rilevazione della temperatura corporea, segni immediati di ingresso di alimenti in trachea- bronchipolmoni, diario delle assunzioni giornaliere di alimenti, controllo dei tempi di alimentazione, controllo del peso corporeo). Il logopedista fornisce ai famigliari, inoltre, le informazioni necessarie per realizzare la dieta indicata e verificare e supportare l’aspetto emotivo-relazionale, in modo che il problema della deglutizione, anche nei casi più importanti, non diventi l’unico o il predominante argomento della relazione famigliare. IL TRATTAMENTO Secondo il caso specifico il trattamento potrà essere: FARMACOLOGICO CHIRURGICO PROTESICO EDUCATIVO-RIABILITATIVO LOGOPEDICO In particolare, per quanto riguarda l’intervento educativo-riabilitativo logopedico il foniatra, al termine della valutazione, stabilirà se è necessario il trattamento logopedico che nel caso sarà effettuato dal logopedista, l’esclusivo competente della riabilitazione del disturbo della deglutizione. Il progetto educativo-riabilitativo sarà formulato in modo individualizzato per ciascun paziente. Le tecniche riabilitative sono molto numerose e comprendono manovre deglutitorie particolari, modificazioni della dieta (scelta di cibi particolari, modificazione della loro consistenza, ecc.), modificazioni posturali e tecniche facilitatorie. L’importanza del trattamento logopedico non deve essere minimamente sottovalutata; quando esso viene prescritto è perché, principalmente attraverso questa riabilitazione è possibile o raggiungere una deglutizione adeguata oppure applicare alcune modalità che consentono di alimentare, totalmente o parzialmente, il paziente per bocca nonostante le difficoltà presenti. Altrettanto importanti sono i consigli e le informazioni che il logopedista fornirà al paziente ma anche ai famigliari, dietista, infermieri od altri operatori secondo gli obiettivi del trattamento riabilitativo che, come già detto, sarà stato progettato in maniera specifica per ciascun paziente. Si sottolineano, infine, gli interventi del nutrizionista e del dietista che si occuperanno dell’apporto nutrizionale affinché esso sia corretto e sufficiente. Nei casi in cui la deglutizione diventi fonte di rischi troppo elevati o l’assunzione di cibo non sia più sufficiente per coprire i fabbisogni nutrizionali del paziente, sarà necessario passare a forme di nutrizione artificiale. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA O. Schindler, G. Ruoppolo, A. Schindler: Deglutologia Omega Edizioni Torino 2001 B. Travalca Cupillo, S. Sukkar, M. Spadola Bisetti: Disfagia.eat Omega Edizioni Torino 2001