lezione n.12

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MISURE PER SISTEMI MECCANICI
A.A. 2011-2012 - 16.04.2012 - Lezione n.12
Richiami di estensimetria
Importanza delle misure di deformazione
Dalla misura delle deformazioni si può risalire al valore delle sollecitazioni e quindi effettuare il
collaudo di una struttura. In caso dinamico, si possono determinare sollecitazioni di fatica (tali
sollecitazioni possono essere causa di crisi).
Rilevando una deformazione si può risalire alla forza, ovvero alla pressione che l’ha provocata; si
possono così realizzare dinamometri, manometri, ecc.
In sintesi la misura delle deformazioni consente sia il monitoraggio di una struttura, sia la
realizzazione di sensori elastici caratterizzati da elevata sensibilità.
Unità di misura e considerazioni relative
Le deformazioni si misurano in m/m (fattore di ragguaglio: 10-6).
Quest’unità è legata all’entità delle deformazioni dei materiali da costruzione: essendo infatti  =
l/l, e ricordando che i materiali da costruzione metallici hanno limiti di elasticità lineare
dell’ordine di 1~2 %o, segue che le deformazioni normalmente variano tra qualche decina e qualche
centinaio di m/m; deformazioni del migliaio di m/m rappresentano il limite superiore.
Ricordando ancora che i moduli elastici dei materiali in oggetto sono dell’ordine del centinaio di
GPa, e che i carichi di sicurezza dei materiali stessi sono dell’ordine delle centinaia di MPa (1 MPa
= 1 N/mm2), segue che è importante apprezzare sollecitazioni dell’ordine del MPa (talvolta, di
frazioni di MPa), e quindi deformazioni dell’ordine del m/m.
Rilevare deformazioni di quest’ordine di grandezza per via meccanica sarebbe possibile soltanto
con riferimento a provini di elevata lunghezza l, soggetti quindi a deformazioni l apprezzabili. Con
provini (o pezzi meccanici) di lunghezza non elevata, in particolare quando si vogliano rilevare
deformazioni locali occorre procedere per via elettrica mediante estensimetri elettrici a resistenza
(fig. 1).
griglia
base
Fig. 1 .- Estensimetri elettrici a resistenza: sono evidenziate la griglia (elemento sensibile,
conduttore), e la base (elemento che rende solidale l’estensimetro al pezzo, isolante)
Principio di funzionamento degli estensimetri elettrici a resistenza
Si consideri un conduttore reso solidale a un pezzo meccanico che si deforma; la resistenza del
conduttore è data da:
R = l/A
(R resistenza del conduttore costituente la griglia , l lunghezza, A, sezione , resistività del
conduttore) ; posto:
lnR = ln(l/A) = lnlnl – lnA,
differenziando si ricava:
dR/R = d dl/l –dA/A d  – 2t ;
dividendo per per  (deformazione longitudinale) e ricordando che per la deformazione trasversale
tè data da

t/ = (coefficiente di Poisson),
e passando da dR a R, si trova:
R/R = // + 1 + 2

Ovvero
R/R =F
ove F è il fattore di taratura dell’estensimetro, variabile tra 1.8 e 2.1. (F = //1+2).
Se con gli estensimetri si devono apprezzare variazioni dell’ordine del m/m, si dovranno
apprezzare variazioni di resistenza dell’ordine del /allo scopo si utilizzano circuiti a ponte.
Cosituzione degli estensimetri
Allo scopo di avere una resistenza R elevata (R apprezzabili), e, contemporaneamente un
ingombro longitudinale limitato, il conduttore (griglia) è disposto a serpentina come in fig. 1; la
dimensione longitudinale varia da circa 0,5 mm a 10 – 20 mm. L’isolamento dal pezzo è garantito
da una base isolante; la base (quindi l’estensimetro), risulta solidale al pezzo tramite apposito
collante.
La griglia dell’estensimetrto è in costantana (lega Ni-Cu) o in leghe Ni-Cr; la resistenza ha quasi
sempre un valore standard pari a 120 i valori standard, più rari, sono 350 e 600  La base,
isolante, è in opportuno polimero; per il collante si utilizzano cianoacrilati (presa rapida) o resine di
diverso tipo.
Misura delle deformazioni
Se l’estensimetro costituisce uno dei rami di un ponte di Wheatstone, inizialmente bilanciato, a
causa della deformazione risulta:
e/E = ¼(R/R) = ¼(F
Ciò significa che, nota la tensione di alimentazione del ponte E, noto il fattore di taratura
dell’estensimetro F, misurando la tensione di squilibrio e, si risale alla deformazione .
Si osservi che a deformazioni del m/m e quindi a variazioni di resistenza del /, corrispondono
squilibri relativi del V/V; essendo le tensioni di alimentazione dell’ordine del V, le tensioni di
squilibrio andranno amplificate (v. oltre).
Richiami sul ponte di Wheatstone.
Il ponte di Wheatstone (fig. 2), è un circuito utilizzato per convertire piccole variazioni relative di
resistenza in tensioni; si considera pertanto R/R la grandezza di ingresso e e/E la grandezza
d’uscita: E è la tensione di alimentazione del ponte e e lo squilibrio rispetto alla condizione di
equilibrio (ponte bilanciato).
A
R1
R4
B
e
D
R2
E
R3
C
Fig. 2 .- Ponte di Wheatstone
Per la trattazione analitica del ponte, si consideri la tensione e = VD – VB, cioè la d.d.p. fra i nodi
opposti a quelli, A e C cui è applicata la tensione di alimentazione E.
Trascurando l’eventuale corrente fra i nodi B e D, considerando cioè la RBD, molto più elevata delle
resistenze dei rami del ponte, si dimostra che:
VD  Vb  E
R1 R3  R2 R4
( R1  R2 )( R3  R4 )
.
La condizione di equilibrio, cioè di ponte bilanciato (VD=VB ; e=0) è pertanto data
dall’eguaglianza dei prodotti delle resistenze dei rami opposti del ponte:
R1R3 = R2R4 .
Si consideri ora una variazione di R1 (sensore resistivo):
R1 → R1 + R1 .
In tal caso:
R3 R1  R1 R3  R2 R4
,
VD  Vb  E
( R1  R2 )( R3  R4 )  ( R3  R4 )R1
e pertanto la tensione di squilibrio e = VD – VB , rapportata alla tensione di alimentazione E è data
da:
R3 R1
e
.

E ( R1  R2 )( R3  R4 )  ( R3  R4 )R1
Nell’ipotesi, peraltro sempre verificata nella pratica che sia:
R1 = R2 ed R3 = R4 , si ottiene:
e 1 R1 / R1
.
 
E 2 2  R1 / R1
La curva di graduazione (fig. 3) non è lineare; vi è un asintoto orizzontale per e/E = ¼ e un
asintoto verticale per R/R = -2.
e/E
1
0
-1
-2
-3
R/R
-4
-2
-1
0
1
2
3
Fig. 3.- Curva di graduazione del ponte di Wheatstone
Tenendo però presente che, per ipotesi R1/R1 << 1, si può scrivere:

R1/R1 ,
ovvero, si può considerare lineare la risposta del ponte.
Si supponga ora che invece di una variazione di R1 si abbia una variazione di R2 ; in tal caso:
e/E =R2/R2
Se variano contemporaneamente R1 ed R2:
e/E = 1/4R1/R1-R2/R2).
Se variano le quattro resistenze:
e/E = 1/4R1/R1-R2/R2R3/R3-R4/R4).
Seguono quindi le proprietà dei ponti cui si fa riferimento in estensimetria:
Variazioni di resistenza uguali su rami contigui del ponte non squilibrano il ponte.
Variazioni di resistenza uguali, ma di segno opposto, su rami contigui del ponte, raddoppiano lo
squilibrio del ponte
Variazioni di resistenza uguali su rami opposti del ponte, raddoppiano lo squilibrio del ponte
Variazioni di resistenza uguali, ma di segno opposto, su rami opposti del ponte, non squilibrano il
ponte.
Centraline estensimetriche
(FIG. 4)
Rcal
R1
Rbil
R4
e
E
R3
R2
Rcal
A
S.T.
Sono gli elaboratori utilizzati per gli estensimetri (fig.4); svolgono i seguenti compiti:
a)- Completare il ponte di Wheatstone
b)- Alimentare il ponte
c)- Bilanciare il ponte
d)- Amplificare lo squilibrio del ponte
e)- Calibrare la catena di misura.
Completare il ponte significa aggiungere ai “rami attivi”, cioè ai rami del ponte costituiti da
estensimetri, le resistenze necessarie a formare un ponte di quattro rami.
Alimentare il ponte significa fornirgli la tensione E (ordine di qualche volt) necessaria al suo
funzionamento.
Bilanciare il ponte, significa operare sulla resistenza di bilanciamento (Rbil, resistenza di elevato
valore, dekll’ordine delle centinaia di k  , e disposta in parallelo al ponte), in modo che sia
verificata la R1 R3 = R2 R4 , ovvero che quando il pezzo di cui si vuol rilevare la deformazione è
nella configurazione di riferimento, la tensione di squilibrio e sia nulla: allo scopo il cursore che
collega il nodo R3-R4 a Rbil, si sposta su Rbil finchè non è verificata la condizione di equilibrio
Amplificare lo squilibrio significa agire sull’amplificatore A in modo che la tensione uscente
dall’amplificatore stesso abbia un livello tale (Ge, ove G è il guadagno), da poter essere rilevata
dallo strumento terminale S.T.
Calibrare la catena di misura significa risalire dalla tensione rilevata dallo strumento terminale alla
deformazione  (sensibilità della catena di misura).
a)- Si consideri la e = ¼ EAGF, ove e è lo squilibrio rilevato dallo strumento terminale, F il
fattore di taratura degli estensimetri, A il fattore di ponte,  la deformazione da rilevare. Calcolato A,
se E, G, F, sono noti con elevata precisione, è immediato risalire da e, a . Posto per es., E = 2V,
G = 1000, F = 2, considerando A=1, a 1m/m di deformazione, corrisponde 1 mV di squilibrio.
b)- Se quanto sopra non si verifica, si può mettere in parallelo (a ponte bilanciato), a una delle
resistenze un elevata resistenza Rcal (resistenza di calibrazione, dell’ordine del centinaio di k  ). Si
ponga, per es., Rcal in parallelo a R4. In tal caso, a conti fatti si ha uno squilibrio:
e/E = ¼ R4/( R4+ Rcal);
si può considerare tale squilibrio provocato da una deformazione fittizia detta deformazione di
calibrazione cal; risulta allora:
cal = ¼ R4/[F( R4+ Rcal)];
con un opportuno guadagno dell’amplificatore si può ottenere una sensibilità della catena che
consenta di determinare rapidamente le deformazioni (per es., 1mV/m/m).
Se è applicato più di un estensimetro, occorre tener conto del fattore di ponte A.
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