Dojo Mokusho – Torino Kusen di Ezio Tenryu Zanin - Giovedì 11 luglio 2013 – Zazen h 6.30 Nella lingua cinese l'ideogramma Dharma è composto dall'unione di due caratteri: “acqua” e “andare via”. L'acqua scorre naturalmente e significa fare l'esperienza della verità inconscia e naturale, cioè senza giudizio o intervento dell'ego: è come zazen. In altre parole, se conosciamo veramente noi stessi comprendendo profondamente la pratica di zazen, possiamo usare liberamente i fenomeni e decidere cosa vogliamo fare. Nella nostra vita, quando smettiamo di cercare cose al di fuori di noi stessi inseguendo sogni e chimere di ogni genere, comprendiamo che c'è soltanto una persona che dobbiamo incontrare e conoscere e continuare a conoscere, come si fa quando si è innamorati. Il nostro Maestro, Yuno Roland Rech, lo dice spesso negli ultimi tempi: se non amiamo veramente zazen con tutto il cuore, la pratica è difficile. Se non troviamo nel nostro cuore un vero appagamento, abbiamo sempre l'impressione che manchi qualcosa, restiamo nella confusione, seguiamo solo i nostri desideri, ci si attacca intellettualmente a una cosa chiamata Zen, si persevera negli errori, si pensa d'aver capito e alla fine si pensa che non si ha veramente bisogno di fare zazen. Non è lo “Zen” che dobbiamo cercare, ma il Dharma. Il Maestro Dogen diceva: “Se si pratica senza un maestro, conviene non praticare del tutto”. Egli stesso non usava la parola Zen, ma zazen, in particolare shikantaza. In effetti nella vera comprensione fare zazen diventa naturale come respirare, vivere, mangiare, dormire. Non è più un “bisogno”: zazen praticato senza bisogno avido è liberazione. I bisogni fondamentali dell'uomo son ben pochi: per esempio nutrirsi e riposare; e in chi sceglie di praticare il Dharma significa nutrirsi per praticare La Via con gli altri, con tutti gli esseri. Spesso sentire il bisogno è già un principio di attaccamento e poi scopriamo che di quella certa cosa non avevamo bisogno realmente! Si dice che lo scopo della vita umana sia conoscere il vero sé e questo è anche l'obiettivo della Via del Buddha: e la via più breve ed efficace è proprio la pratica dello Zen, inteso come zazen, cioè l'insegnamento del Dharma che il Buddha Shakyamuni ha esposto dopo la liberazione, dopo il risveglio. Tutto nasce dallo zazen e l'insegnamento non è che un abile mezzo che conduce sempre a zazen. Il Buddha non è giunto a questa comprensione per mezzo dell'io: il Buddha ha scoperto la natura della vera realtà liberandosi dal pensiero discriminante e diventando la realtà stessa così com’è. Realizzare il Dharma non significa la spiegazione della realtà che dipende da sapere o non sapere qualcosa, anche se la maggior parte delle religioni, la filosofia, la biologia, la medicina studia e spiega. Sono cose interessanti, ma non sono la liberazione. La realtà rivelata dal Buddha e insegnata per 49 anni è la realtà stessa nella sua natura così com'è: impermanente e inafferrabile, non separata. È ciò che definiamo Dharma. Tutte le cose appaiono e scompaiono a causa di condizioni. La liberazione dall'io è la liberazione da queste cause. Zazen è causa e realizzazione nello stesso immediato tempo. Il Dharma di nascita, vecchiaia, malattia e morte non ha nessuna relazione con il nostro ego; se rimaniamo rinchiusi nel nostro ego, se non lasciamo la presa, se non ci liberiamo dei tre veleni, se non camminiamo insieme all'ordine cosmico allora nascita, vecchiaia, malattia e morte non son altro che sofferenza, karma che si ripete a causa della nostra ignoranza. Dal punto di vista del risveglio nascita, vecchiaia, malattia e morte semplicemente appaiono e scompaiono, tutto qui. Se siamo una cosa sola con ciò che accade non c'è nessun bisogno di trovare soluzioni. E sentire la risposta di Shakyamuni dice semplicemente di accettare, non rimpiangere nascita, vecchiaia, malattia e morte perché questa è la nostra realtà e ci chiede di non interferire con tale realtà attraverso l'intellettualismo, la comprensione dell'ego. Il fulcro di tutto ciò è molto semplice, è abbandonare totalmente noi stessi in questo corpo seduto, senza soffermarsi su alcun pensiero particolare: lasciarsi essere così.