www.ilcerchiovuoto.it newsletter agosto-settembre 2015 Attivare lo spirito La Cucitura dell'Abito all'Enku Dojo Il Buddhismo secondo Ananda Coomaraswamy Sesshin Le "cose così come sono" Torino Spiritualità 2015 notizie in breve attività dojo altre attività 24-30/8 9/9 ore 19:30 10/9 ore 20:00 12-13/9 16/9 ore 19:30 23/9 ore 19:30 24/9 ore 20:00 1 3 4 6 7 8 9 9 9 sesshin (**) a Cà d'la Pais Total Zen Beginners teisho (*) sesshin (*) a Prà del Torno Total Zen Beginners (***) Total Zen Beginners teisho Il ciclo di teisho di quest'anno verterà su "I Patriarchi del Buddismo Zen Soto: Eihei Dogen Zenji e Keizan Jokin Zenji". Il calendario è disponibile sul sito web. (*) teisho (insegnamento formale) e sesshin (ritiro intensivo) sono aperti a tutti previo contatto con la segreteria del centro. (**) il sesshin estivo deve essere prenotato contattando la segreteria entro il giorno 15/8. (***) inizia un ciclo di lezioni su "I principi fondamentali del Buddhadharma". Tutte le attività richiedono una prenotazione da inviare a "[email protected]" o contattando la segreteria. “Ciò che Dogen Zenji definì shusho ichi nyo (lett. pratica e illuminazione sono tutt'uno) era chiamato all'epoca di Shakyamuni Buddha Pratimoksha (in Pali, Pratimokka), cioè i Precetti (giapp. Kai). Nello Yui kyo gyo, il Sutra che contiene l'ultimo Insegnamento di Shakyamuni Buddha subito prima della sua morte, si dice : “Voi bikkhu , dopo la mia morte, dovrete rispettare e seguire Pratimoksha. Se lo farete, sarete come persone che portano luce nelle tenebre, o come un povero che guadagni un tesoro.” (1) Il Maestro Daido Strumia sottolineava, nel suo commento all'Ultima lezione di Uchiyama Roshi (2) che lo spirito di Pratimoksha è dunque lo stesso spirito di shusho ichi nyo. (…) Per pratica – continua il Maestro Strumia, - non si intende il solo zazen, o studiare i sutra, ma presuppone l'osservanza dei Precetti, ovviamente secondo la possibilità di ognuno; i precetti restano un punto di riferimento che nel nostro caso va abbinato allo zazen e a tutti gli aspetti della vita comunitaria.” Nei monasteri Zen ogni quindici giorni la comunità monastica pratica Ryaku Fusatsu, la Cerimonia dei Precetti, le cui radici risalgono all'India prebuddhista, ai sacrifici legati all'antico calendario lunare vedico praticati nelle notti di luna nuova e di plenilunio. continua a pag. 2 Si dice che i discepoli del Buddha recitassero i Precetti che regolavano la vita monastica (227 per i monaci, 257 per le monache) in occasione della loro permanenza nelle case dei laici, e che tale recitazione diventasse via via un cerimonia di pentimento e di confessione, durante la quale i monaci confessavano appunto le infrazioni e conseguentemente rinnovavano i voti. La Cerimonia verrà preservata nel Buddhismo Mahayana, che abbandonerà però la ripetizione dell'intero corpo dei Precetti e trasformerà la confessione fatta agli altri monaci, in confessione fatta direttamente al Buddha. viene praticata una volta l'anno. Fusatsu significa “continuare la buona pratica”, o anche “ mettere fine ad una condotta/azione (karma) scorretta”. Dall'India, alla Cina ed infine al Giappone, dove la Tradizione Zen Sōtō ha mantenuto quell'antico rito nella sua attuale formulazione, Ryaku Fusatsu viene oggi praticata da monaci e laici anche al di fuori dei monasteri. Ryaku significa abbreviato, o semplice, per distinguerla dalla cerimonia completa di Fusatsu, che Prendendo coscienza che il male è espresso dal corpo, dalla parola e dalla mente possiamo farne ampia e piena confessione, ricordandoci che la nostra vera natura è Natura di Buddha da sempre incontaminata. Come tutti gli anni, anche questa estate il sesshin estivo si svolgerà nella settimana dal 24 al 30 agosto, ospiti alla Cà d'la Pais in Val Pellice. Sarà una settimana dedicata alla pratica intensiva, alla vita e al lavoro in comune. E' quindi dedicata ai praticanti Zen, ma non è indispensabile una grande esperienza; è sufficiente la voglia di mettersi in gioco. Per i meno esperti suggeriamo un colloquio preventivo con l'insegnante. Chi volesse partecipare è pregato di contattare la segreteria per maggiori informazioni; la conferma della partecipazione, insieme al versamento di Page 2 La Cerimonia è azione purificatrice di corpo, parola e mente, completamente coinvolti nel rituale con la recitazione (parola), la prosternazione (corpo), e l'intenzione (mente), fin dall'inizio quando recitando il Sangemon (pentimento e confessione) prendiamo coscienza che il male commesso non è che effetto di ira, brama e ignoranza, itre veleni che mettono in moto la ruota dell'esistenza samsarica. saggezza e compassione. Solo dopo aver rinnovato i quattro voti del Bodhisattva, la Cerimonia culmina con la recitazione del Bommo Kyō e dei Sedici Precetti (i Tre Rifugi, I Tre Puri Precetti, le Dieci Gravi Prescrizioni), con cui riceviamo e ci impegniamo a mantenere i precetti. Rinnovato il voto, rinnoviamo lo spirito: come fiore di loto che pur nascendo nell'acqua fangosa si innalza puro verso il cielo infinito, così ci risvegliamo alla Natura originale in virtù delle illusioni. In occasione del plenilunio di sabato 29 agosto, verrà celebrata la Cerimonia di Ryaku fusatsu nell'ambito della Sesshin d'Estate 2015. (1) Il cammino del Cercatore, massimo Daido Strumia, Psichè edizioni Recitando i nomi dei Buddha rendiamo viva la loro presenza benedicente e testimonianza di un acconto pari al 10% dell'importo totale, deve essere effettuata entro il 15/8. (2) Ibidem Nel 1993, quando iniziai a praticare con il Maestro Daido Strumia presso il dojo di Trausella, la Cucitura dell'Abito non era compresa tra le attività proposte. All'epoca, le persone che seguivano il rev. Strumia partecipando con regolarità ai sesshin - una volta al mese, dal sabato sera alla domenica pomeriggio -, erano di diversa provenienza e ancora lontani dal costituire un Sangha stabile. Veniva proposto, quindi, il solo Zazen, cuore della pratica secondo la scuola Zen Soto, corroborato dagli insegnamenti del maestro Strumia; né Cucitura, né recitazione dei Sutra, né Cerimonia dei pasti, né cerimonie di altro tipo, solo Zazen. Col passare del tempo, però, la situazione andò stabilizzandosi, e nel 1996 furono celebrate le prime due ordinazioni Zaikè (laiche); in quell'occasione, l'esigenza di cucire due Rakusu (1) ci portò a cercare dove potessimo essere seguiti nella pratica della Cucitura, e iniziò così una collaborazione col dojo Mokusho di Torino. Nello stesso periodo (maggio 1996) venne anche costituita l'associazione “Il Cerchio Vuoto” - per dar forma giuridicamente riconoscibile all'Enku Dojo - e il dojo di Torino, prima in via sant'Anselmo, poi in via san Paolo e infine in via Massena, che ha affiancato quello di Trausella fino alla chiusura di quest'ultimo, nel 2001. Da subito sentii forte la necessità di continuare la pratica della Cucitura e di proporla all'interno del nostro Sangha. Con l'approvazione del Maestro Strumia, mi rivolsi inizialmente alla monaca Serena Majo, all'epoca responsabile della Cucitura Page 3 presso il dojo Mokusho, che per un breve periodo venne da noi due pomeriggi al mese, e successivamente, dopo alterne vicende e periodi di interruzione, alla monaca Anna Dendo Avagnina, discepola del Maestro Raphaël Doko Triet, la quale aveva acquisito una notevole esperienza seguendo gruppi di Cucitura in Francia, Italia e Spagna. Dal 2007, dunque, presso l'Enku Dojo una domenica al mese è dedicata alla pratica della Cucitura dell'Abito sotto la sua direzione. Tali incontri sono frequentati da praticanti di diversi dojo della scuola Zen Soto che, in vista di un'ordinazione, si devono cucire un Rakusu o un O-kesa secondo lo stile Nyoho-e (2). In questi anni si sono avvicendati praticanti non solo dell'Enku Dojo e di altri dojo di Torino, ma anche di Milano, di Cuneo, di Asti. Da alcuni mesi, per dare maggiore continuità alla pratica, io sono a disposizione per la Cucitura anche il martedì dalle h 16 alle h 19. Oggi, però, il rev. Elena Seishin Viviani, successore del Maestro Strumia e attuale Guida Spirituale dell'Enku Dojo, affermando che, secondo gli antichi testi, “tutti dovrebbero cucirsi un O-kesa”, invita tutti a cimentarsi nella Cucitura, indipendentemente dall'intenzione di ricevere un'ordinazione. È in questo senso che durante l'edizione di quest'anno di Torino Spiritualità verrà dedicato uno spazio alla Cucitura dell'Abito: un laboratorio in cui tutti potranno fermarsi e provare il punto. Coordinando movimento, respirazione e concentrazione, verrà sperimentata la condizione di “aprire le mani del pensiero”, di emergere dalle concatenazioni dei pensieri illusori e tornare alla vivida realtà della Vita proprio qui, proprio ora, come nello Zazen. (C.G.) 1- Rakusu, lett. “piccolo Kesa”: l'O-kesa a cinque bande, che si indossa al collo tramite due bretelle e che sul rovescio, su un rivestimento di seta, riporta calligrafati in china i dati dell'avvenuta ordinazione e ne costituisce il “documento” ufficiale. 2- Nyoho-e, lett. “l'Abito del Dharma del 'così è'”: v. nwsl nov-dic 2014, pag. 4. Il nome di Ananda Kentish Coomaraswamy (Colombo, Sri Lanka; 1877 - Needham, USA; 1947) è molto noto nel novero degli studi interreligiosi, così come nell'ambito degli studi di estetica e di arte orientale comparata. Il suo vastissimo e corposo contributo nei suddetti campi è stato ampiamente apprezzato nel corso del Novecento, specie a partire dagli anni Trenta e Quaranta, e ancora oggi l'erudito singalese è considerato una massima autorità per ciò che concerne l'arte indiana antica e l'iconografia orientale in generale, dai templi dello Sri Lanka alle icone buddhiste del Giappone, dai bronzi della Cina dei T'ang all'arte buddhista indonesiana, e così via. Il suo ruolo di interprete della cultura buddhista secondo i paradigmi del pensiero della Tradizione è stato realmente cruciale, e attraverso lo spessore della sua erudizione e competenza, tale metodologia di studio ha conosciuto un corposo prosieguo per buona parte del Novecento. Le principali monografie di Coomaraswamy dedicate alla religione buddhista sono due: Buddha e la dottrina del buddhismo (1916) e Induismo e buddhismo (1943). In questi due testi è possibile riscontrare una medesima chiave di lettura che il giovane appassionato di arte orientale manterrà, anche se con significative variazioni, per tutta la vita: l'adesione al pensiero della Tradizione (o della Philosophia perennis, come la chiamerà a partire dagli anni Trenta). I principi di questa corrente di pensiero risalgono al Rinascimento, in particolar modo alle dottrine fortemente sincretiche di Page 4 1 Issue matrice neoplatonico-cristiana di Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mirandola. Il cuore dottrinario di questa concezione filosofico-spirituale (in verità più filosofica che religiosa) risiede nella ferma convinzione che tutte le grandi confessioni derivino da una sorgente comune, una tradizione unitaria e ancestrale andata perduta e frammentatasi, nel corso dei milleni, nelle religioni conosciute. Accedendo al cuore esotericosapienziale delle principali religioni (il sufismo per l'Islam; la cabala per l'ebraismo; il tantrismo per il buddhismo; le Upanishad per l'induismo; l'Ermetismo e il neoplatonismo per il paganesimo; la mistica di Jakob Böhme e Meister Eckart per il cristianesimo, ecc.) diventa possibile ricollegarsi con la comune, suprema origine, celata sotto le diversificazioni linguistiche, ritualistiche e di costume. L'idea metafisica alla base è che la sapienza autentica e originaria (sophia) sia la medesima presso tutti i sapienti (i filosofi) e che tutti gli aspetti mistico-esoterici riscontrabili in tutte le grandi tradizioni religiose trasmettano e rechino testimonianza della medesima dottrina impronunciabile e inattingibile da parte del mero linguaggio razionale: l'unione con il divino; la comunione sostanziale fra l'anima individuale eterna, scintilla del divino, e l'Unotutto ineffabile da cui promana la manifestazione contingente. È in questa luce che Coomaraswamy si approccia a leggere e a interpretare il buddhismo. Nella sua opera Buddha e la dottrina del buddhismo, l'erudito di Colombo ricorre altresì a citazioni, nozioni e riferimenti precisi attingendo a piene mani dal patrimonio letterario dei grandi spiriti del romanticismo ottocentesco quali Nietzsche, Emerson, Schopenhauer, Blake, Whitman, e così via. continua a pag. 4 Page 4 L'intento è quello di portare taluni concetti squisitamente buddhisti (come Liberazione, Vuoto, Non-Sé, Estinzione, ecc.) entro un bacino di significazione più prossimo a quello delle Upanishad e dell'induismo, ricorrendo a determinate citazioni dagli autori sopracitati utilizzandole alla stregua di «stampelle concettuali». Ecco dunque che la nozione di «vuoto» diventa sinonimo del «nulla» mistico; nirvana e brahman si rivelano intercambiabili; e il celebre Non-Sé (anatta) si svela essere nient'altri che il vero Sé spirituale eterno delle Upanishad, atman, ricorrendo all'idea che il Buddha abbia negato l'esistenza al piccolo io individuale, e non a quello universale, al di là di ogni possibile determinazione. Alcuni passi delle sue opere non lasciano dubbi in proposito e rivelano esplicitamente la sua visione del buddhismo come estensione essoterica di alcuni assunti basilari delle Upanishad: «La dialettica buddhistica […] mira a mostrare che le cose sono “vuote”; quando gli elementi che le compongono sono individuati, non rimane nient'altro che il “vuoto”; chi realizza questo raggiunge il nibbana, ed è liberato. Ma non si può distinguere questo “vuoto” o Abisso da quel brahman che è “nessuna cosa”» (Buddha e la dottrina del buddhismo, pp. 203-204; Luni; 1994) «I buddhisti avevano ovviamente ragione ad accentuare l'importanza della complessa struttura dell'ego; ma questa complessità dell'ego non tocca la questione dell'atman brahmanico che è “non così, non così”» (Ibidem, pp. 101-102). «È perfettamente vero che più penetriamo in profondità il pensiero buddhistico e brahmanico, meno è possibile separarli. […] Il fatto che Gautama ignorasse la posizione Page 5 atmanista può dimostrare che a quell'epoca la dottrina dell'atman era ancora una verità esoterica conosciuta da pochi. […]. Per tutto ciò che è essenziale buddhismo e brahmanesimo formano un sistema unico». (Ibidem, p. 217; p. 223). In Induismo e buddhismo Coomaraswamy radicalizza ancora di più la sua interpretazione monista nel nome dell'unità assoluta e a-storica di tutte le grandi confessioni religiose nell'alveo della Philosophia perennis. Rendendo ancora più stringente l'assimilazione fra brahmanesimo, induismo e buddhismo, l'erudito singalese intende ricostituire l'unità profonda fra le parti della spiritualità indiana, ritenendo che la separazione sussista solo ed esclusivamente su un piano di lettura storicistico di matrice occidentale, restituendo così una sorta di «corpo mistico» dell'India in sé compatto, coerente e sostanziato. Il buddhismo di Coomaraswamy risulta letto e interpretato dal punto di vista di questo monismo idealistico che si ispira in buona sostanza alla gnosi esoterica tramandata dalle Upanishad. Non sono, dunque, gli eventi registrati dalla storiografia o dalle ricerche archeologiche e filologiche a testimoniare l'identità di un fenomeno culturale e religioso, bensì la sua identità ideale inserita in un processo dialettico di occultamento e disvelamento della Gnosi, nella cui traccia, unicamente, è possibile comprendere realmente certi eventi come ad esempio il sorgere e l'articolarsi del buddhismo. Riteniamo che una tale lettura, fortemente viziata da pregiudiziali ideologiche, risulti oltremodo inadeguata alla comprensione reale del buddhismo, sia dal punto di vista dello studio delle sue nozioni fondamentali, sia per ciò che riguarda lo studio di una dottrina religiosa in sé autonoma, contraddistinta da innumerevoli elementi peculiari e specifici che minano qualsivoglia approccio di assimilazione e assorbimento a un'altra tradizione, foss'anche quella vedica, dalla quale il buddhismo prende decisamente le distanze, inaugurando una nuova stagione spirituale e una nuova «tradizione» confessionale, poco riconducibile all'idea di una presunta Tradizione ancestrale. Il «volto orginario» del buddhismo non può certo essere quello indicato dall'opera di Ananda Coomaraswamy. Forse è qualcosa di più intimo, personale e universale al contempo, che travalica la metafisica e le dottrine speculative, ponendosì al di là di qualsiasi questione dell'origine. (M.S.) Come ogni anno al ripresentarsi della stagione primaverile il nostro centro organizza ritiri spirituali intensivi in località Prà del Torno della durata di un fine settimana. Le sesshin possono insegnare sempre qualcosa riguardo il nostro germogliare mentale e il suo frutto. Quest'anno ho potuto constatare che non chiudere bene le finestre quando imperversa deciso maltempo può essere motivo di sgradevoli inconvenienti. Domenica 14 giugno, nello svolgimento del ruolo di responsabile del dojo pochi minuti prima di dare la sveglia mattutina nel corso dell'espletamento delle mansioni previste, mi giunge alla mente il pensiero attento e disponibile di controllare la chiusura delle finestre considerato l'imperversare di forti temporali per tutta la notte appena trascorsa. A tale pensiero se ne contrappone un altro pigramente superficiale che se il dojo è asciutto in tutte le sue parti nonostante la notte piovosa esse sono certamente chiuse. Come prevedibile ho confermato e acceso il secondo. Grazie al recente ravvivarsi dei rapporti inter-climatici, i desueti intensi temporali delle vallate prealpine hanno lasciato spazio nel corso della giornata ad innovative attività monsoniche, le quali hanno creato una zona alluvionale all'interno del dojo, per inciso prontamente risolta. Pochi centimetri ed un piccolo facile Page 6 gesto avrebbe comunque evitato un fastidioso incidente, non tanto importante per la sua gravità ma per l'attitudine mentale da cui è sorto, quindi conviene vigilare nei riguardi della nostra attività cerebrale e la sua apparente logica, lasciando spazio a intuizioni meno accomodanti per noi stessi ma certo più sensibili verso la comunità. Talvolta, riguardo le sesshin, mi viene chiesto che cosa lascia come esperienza, che cosa ci si porta via alla conclusione dei ritiri. Ognuno ha le proprie caratteristiche e le proprie peculiarità, personalmente quando stiamo riordinando le stanze, pulendo la cucina e le parti comuni e caricando le auto pronti per ritornare a casa, io cerco di trovare qualche minuto e mi reco sul retro della foresteria, contemplo ancora un minuto le montagne e ritornando sui miei passi tolgo e chiudo il sacco nero dei rifiuti. Anche stavolta mi porterò via la spazzatura. Non è poco. (D.Z.) “L’essere umano, così come ogni altro vivente sul nostro pianeta, può esistere soltanto in un ambiente naturale e sociale condiviso con altri individui della medesima o di altre specie. Tale ambiente è costituito da beni, ossia da oggetti materiali o immateriali, che producono le utilità necessarie per la vita di tutti. Questi sono i beni comuni….” (Ugo Mattei 2015) “Le “cose così come sono“, sono il fatto che l’individuo - se riesce a liberarsi dalla rete dell’illusione percepisce concretamente che non c’è nessuna differenza tra “sé” e “l’altro”…non limitarsi a capire ciò con la logica, ma sviluppare attraverso la pratica, la percezione, più che la concezione, che la totalità di tutti i fenomeni - e quindi di tutte le creature che compongono l’insieme di ciò che esiste - sia un’unità indivisibile, assolutamente non separabile, non frazionabile.” (Uchiyama Roshi, Dai Do Massimo Strumia 2009). Se tutto ciò può sembrare lontano, astratto o troppo teorico e se nella pratica, vista come uno stare seduti di fronte ad un muro, si può immaginare snobismo o autolesionismo, allora manca qualcosa di molto importante da ricordare per la comprensione del cammino dello Zen Soto. Il pezzo che manca, per la verità, è difficile da vedere, non perché non sia lampante addirittura, ma perché implica uno sbilanciamento, una presa di posizione, un impegno totali. Quando si passa alla concretezza della vita quotidiana, della vita sociale come della riflessione politica che dovrebbe essere concreta per definizione, quello che viene declinato, quello che ricade nelle vite, nel bilancio delle energie e delle risorse, ha un impatto dirompente. Page 7 1 Issue Proviamo a guardarlo, a nominarlo, a descriverlo piuttosto di dire che non c’è, che fare zazen è stare fuori dal mondo. Magari non siamo pronti a trasformazioni radicali ma possiamo cominciare a capire di che cosa si sta parlando veramente. Il primo passo che si apprende in questa pratica, è quello dell’avere cura, del fare con attenzione e riguardo ogni più piccola cosa. Da questo passo semplice, che richiede tuttavia tempo e dedizione, si arriva come in un effetto domino a comprendere (a percepire, più che a concepire) il senso e il valore dei beni comuni: dal mio bene al bene del mondo non c’è soluzione di continuità. Dalla mia pratica nel Dojo imparo la cura del mio corpo-mente, come del mio zafu rimettendolo in forma ogni volta che mi alzo. Dal pasto rituale imparo il valore del cibarmi, del pronunciamento della gratitudine, del non sprecare, del non sporcare, del mio far parte del tutto che giunge a me attraverso il cibo. Nel mio modo di entrare nel luogo di pratica esprimo l’importanza per me di quello che sto facendo e il riconoscimento di uno spazio speciale e condiviso che mi nutre e che io nutro. Dal mio cucirmi l’Abito io sento che sono autentica e libera in ciò che costruisco con le mie mani con umiltà e pazienza. Dal semplice vedere (più ancora che dalla illuminazione) si passa al saper prendersi cura, alla presa diretta della responsabilità del mantenimento e dell’organizzazione dei beni comuni, come dei luoghi, come delle relazioni, come dei buoni semi lasciati dai Maestri nel campo della pratica. Non si tratta di fare un elenco, ma di lanciare degli spunti utili a comprendere che la realtà è nelle nostre mani e che non si tratta di teoria. Tutto ciò non è snob o esagerato perché se “prima” non ho pronunciato il Voto, anche inconsapevolmente, (cioè non ho intuito che non c’è differenza tra me e gli altri e che il Voto è quello di salvare tutti gli esseri senzienti dall’illusione) allora è inutile che mi sieda in zazen. Sarà per questo che l’insegnante Seishin Viviani, erede del Dharma del Maestro Daido Strumia, ci avverte: "chi si siede è già illuminato". Per “prima” non si intende un dato temporale ma sostanziale di vocazione interiore. Progredire o regredire dipendono solo da noi, come individui e come società. Cosa vogliamo fare? (D.G.) Page 7 Anche quest'anno i centri buddhisti di Torino partecipano a Torino Spiritualità con una serie di eventi e attività presso il Centro Lombroso, ospitati dalla Biblioteca "Natalia Ginzburg" in via Lombroso 16. Nelle giornate di venerdì 25, sabato 26 e domenica 27 settembre, si alterneranno conferenze e attività per presentare al pubblico e coinvolgerlo nello spirito e nella pratica delle diverse tradizioni. Sono così previsti: "Segni di china", laboratorio di shodo, la calligrafia giapponese, "Lo spirito dell'offerta", laboratorio di preparazione delle Page 8 torma, le statuette rituali tibetane, "Cucire l'abito del Buddha", un laboratorio di cucitura dell'abito della pratica Zen, "Meditazione dinamica: il Tai Chi Chuan" e "Un Arco teso fra la terra e il cielo: la Via del Kyudo", stage di queste due arti in cui lo studio e la pratica del corpo in movimento sono vere forme di meditazione. Ci saranno anche momenti di approfondimento, con conferenze sulla pratica di consapevolezza, i quattro elementi della cosmologia tibetana, un confronto fra scienza e buddhismo, e occasioni di apprezzare le espressioni artistiche, con lettura di haiku, le tradizionali brevi composizioni poetiche giapponesi, e una meditazione guidata con campane tibetane. Conclude un dialogo aperto, "Non di solo pane: il cibo nella tradizione buddhista". Il programma completo sarà disponibile sul sito del Cerchio Vuoto e sarà incluso nel programma di tutti gli eventi di Torino Spiritualità. Alcune attività sono a numero chiuso e richiedono la prenotazione. domenica 9/8 ore 18 a Prali, in occasione di Pralibro, la Rev. Elena Seishin Viviani, insieme a Svamini Hamsananda Giri, il Pastore Paolo Ribet e Giovanni Romano, partecipa alla presentazione del libro “Amrta, il nutrimento del cuore”. En Ku dojo Associazione Il Cerchio Vuoto associazione religiosa per la pratica e lo studio del Buddhismo di scuola Zen Soto membro dell'Unione Buddhista Italiana (ente religioso d.p.r. 3-1-91) Via Massena 17 - 10128 Torino Tel: 011-19858750 333-5218111 [email protected] www.ilcerchiovuoto.it Cucitura dell'Abito tutti i martedì dalle 16:30 alle 19 Orari di pratica Shodo (*) 5 e 19/9 ore 14:00 martedì, mercoledì, giovedì, venerdì 7:00-8:00 zazen e recitazione dei sutra martedì, giovedì 19:00-21:00 zazen, kin hin e recitazione dei sutra In occasione delle vacanze estive, le attività del dojo saranno sospese dal 10 al 17/8; dal 24 al 30/8, in occasione del sesshin estivo, il dojo resterà chiuso. Le attività normali riprenderanno giovedì 3/9. (*) Le lezioni di Shodo (calligrafia giapponese) sono riservate a gruppi specifici: una lezione di prova può essere richiesta in segreteria. Maggiori informazioni sul sito alla pagina "altre attività", o contattando la segreteria.