Agosto - Il Cerchio Vuoto

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www.ilcerchiovuoto.it
newsletter agosto-settembre 2015
Attivare lo spirito
La Cucitura dell'Abito all'Enku Dojo
Il Buddhismo secondo Ananda Coomaraswamy
Sesshin
Le "cose così come sono"
Torino Spiritualità 2015
notizie in breve
attività dojo
altre attività
24-30/8
9/9 ore 19:30
10/9 ore 20:00
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sesshin (**) a Cà d'la Pais
Total Zen Beginners
teisho (*)
sesshin (*) a Prà del Torno
Total Zen Beginners (***)
Total Zen Beginners
teisho
Il ciclo di teisho di quest'anno verterà su "I
Patriarchi del Buddismo Zen Soto: Eihei Dogen
Zenji e Keizan Jokin Zenji". Il calendario è
disponibile sul sito web.
(*) teisho (insegnamento formale) e sesshin (ritiro
intensivo) sono aperti a tutti previo contatto con la
segreteria del centro.
(**) il sesshin estivo deve essere prenotato
contattando la segreteria entro il giorno 15/8.
(***) inizia un ciclo di lezioni su "I principi
fondamentali del Buddhadharma".
Tutte le attività richiedono una prenotazione da
inviare a "[email protected]" o contattando la
segreteria.
“Ciò che Dogen Zenji definì shusho
ichi nyo (lett. pratica e illuminazione
sono tutt'uno) era chiamato all'epoca
di Shakyamuni Buddha Pratimoksha
(in Pali, Pratimokka), cioè i Precetti
(giapp. Kai).
Nello Yui kyo gyo, il Sutra che contiene
l'ultimo Insegnamento di Shakyamuni
Buddha subito prima della sua morte,
si dice :
“Voi bikkhu , dopo la mia morte, dovrete
rispettare e seguire Pratimoksha.
Se lo farete, sarete come persone che
portano luce nelle tenebre, o come un
povero che guadagni un tesoro.” (1)
Il Maestro Daido Strumia sottolineava,
nel suo commento all'Ultima lezione di
Uchiyama Roshi (2) che lo spirito di
Pratimoksha è dunque lo stesso
spirito di shusho ichi nyo.
(…) Per pratica – continua il Maestro
Strumia, - non si intende il solo zazen,
o studiare i sutra, ma presuppone
l'osservanza dei Precetti, ovviamente
secondo la possibilità di ognuno; i
precetti restano un punto di
riferimento che nel nostro caso va
abbinato allo zazen e a tutti gli aspetti
della vita comunitaria.”
Nei monasteri Zen ogni quindici giorni
la comunità monastica pratica Ryaku
Fusatsu, la Cerimonia dei Precetti, le
cui radici risalgono all'India prebuddhista, ai sacrifici legati all'antico
calendario lunare vedico praticati nelle
notti di luna nuova e di plenilunio.
continua a pag. 2
Si dice che i discepoli del Buddha
recitassero i Precetti che regolavano la
vita monastica (227 per i monaci, 257
per le monache) in occasione della loro
permanenza nelle case dei laici, e che
tale recitazione diventasse via via un
cerimonia di pentimento e di
confessione, durante la quale i monaci
confessavano appunto le infrazioni e
conseguentemente rinnovavano i voti.
La Cerimonia verrà preservata nel
Buddhismo
Mahayana,
che
abbandonerà però la ripetizione
dell'intero corpo dei Precetti e
trasformerà la confessione fatta agli altri
monaci,
in
confessione
fatta
direttamente al Buddha.
viene praticata una volta l'anno.
Fusatsu significa “continuare la
buona pratica”, o anche “ mettere fine
ad una condotta/azione (karma)
scorretta”.
Dall'India, alla Cina ed infine al
Giappone, dove la Tradizione Zen
Sōtō ha mantenuto quell'antico rito
nella sua attuale formulazione, Ryaku
Fusatsu viene oggi praticata da
monaci e laici anche al di fuori dei
monasteri.
Ryaku significa abbreviato, o
semplice, per distinguerla dalla
cerimonia completa di Fusatsu, che
Prendendo coscienza che il male è
espresso dal corpo, dalla parola e dalla
mente possiamo farne ampia e piena
confessione, ricordandoci che la
nostra vera natura è Natura di
Buddha da sempre incontaminata.
Come tutti gli anni, anche questa
estate il sesshin estivo si svolgerà nella
settimana dal 24 al 30 agosto, ospiti
alla Cà d'la Pais in Val Pellice.
Sarà una settimana dedicata alla
pratica intensiva, alla vita e al lavoro in
comune.
E' quindi dedicata ai praticanti Zen,
ma non è indispensabile una grande
esperienza; è sufficiente la voglia di
mettersi in gioco.
Per i meno esperti suggeriamo un
colloquio preventivo con l'insegnante.
Chi volesse partecipare è pregato di
contattare la segreteria per maggiori
informazioni; la conferma della
partecipazione, insieme al versamento di
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La Cerimonia è azione purificatrice di
corpo, parola e mente, completamente
coinvolti nel rituale con la recitazione
(parola), la prosternazione (corpo), e
l'intenzione (mente), fin dall'inizio
quando recitando il Sangemon
(pentimento e confessione) prendiamo
coscienza che il male commesso non è
che effetto di ira, brama e ignoranza, itre
veleni che mettono in moto la ruota
dell'esistenza samsarica.
saggezza e compassione.
Solo dopo aver rinnovato i quattro
voti del Bodhisattva, la Cerimonia
culmina con la recitazione del
Bommo Kyō e dei Sedici Precetti (i
Tre Rifugi, I Tre Puri Precetti, le Dieci
Gravi Prescrizioni), con cui riceviamo
e ci impegniamo a mantenere i
precetti.
Rinnovato il voto, rinnoviamo lo
spirito: come fiore di loto che pur
nascendo nell'acqua fangosa si
innalza puro verso il cielo infinito,
così ci risvegliamo alla Natura
originale in virtù delle illusioni.
In occasione del plenilunio di
sabato 29 agosto, verrà celebrata la
Cerimonia di Ryaku fusatsu
nell'ambito della Sesshin d'Estate
2015.
(1) Il cammino del Cercatore, massimo Daido
Strumia, Psichè edizioni
Recitando i nomi dei Buddha
rendiamo viva la loro presenza
benedicente e testimonianza di
un acconto pari al 10% dell'importo
totale, deve essere effettuata entro il
15/8.
(2) Ibidem
Nel 1993, quando iniziai a praticare
con il Maestro Daido Strumia presso il
dojo di Trausella, la Cucitura
dell'Abito non era compresa tra le
attività proposte. All'epoca, le persone
che seguivano il rev. Strumia
partecipando con regolarità ai sesshin
- una volta al mese, dal sabato sera alla
domenica pomeriggio -, erano di
diversa provenienza e ancora lontani
dal costituire un Sangha stabile.
Veniva proposto, quindi, il solo Zazen,
cuore della pratica secondo la scuola
Zen
Soto,
corroborato
dagli
insegnamenti del maestro Strumia; né
Cucitura, né recitazione dei Sutra, né
Cerimonia dei pasti, né cerimonie di
altro tipo, solo Zazen.
Col passare del tempo, però, la
situazione andò stabilizzandosi, e nel
1996 furono celebrate le prime due
ordinazioni
Zaikè
(laiche);
in
quell'occasione, l'esigenza di cucire due
Rakusu (1) ci portò a cercare dove
potessimo essere seguiti nella pratica
della Cucitura, e iniziò così una
collaborazione col dojo Mokusho di
Torino. Nello stesso periodo (maggio
1996)
venne
anche
costituita
l'associazione “Il Cerchio Vuoto” - per
dar forma giuridicamente riconoscibile
all'Enku Dojo - e il dojo di Torino, prima
in via sant'Anselmo, poi in via san Paolo
e infine in via Massena, che ha affiancato
quello di Trausella fino alla chiusura di
quest'ultimo, nel 2001.
Da subito sentii forte la necessità di
continuare la pratica della Cucitura e
di proporla all'interno del nostro
Sangha. Con l'approvazione del
Maestro
Strumia,
mi
rivolsi
inizialmente alla monaca Serena Majo,
all'epoca responsabile della Cucitura
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presso il dojo Mokusho, che per un
breve periodo venne da noi due
pomeriggi al mese, e successivamente,
dopo alterne vicende e periodi di
interruzione, alla monaca Anna
Dendo Avagnina, discepola del
Maestro Raphaël Doko Triet, la quale
aveva acquisito una notevole
esperienza seguendo gruppi di
Cucitura in Francia, Italia e Spagna.
Dal 2007, dunque, presso l'Enku Dojo
una domenica al mese è dedicata alla
pratica della Cucitura dell'Abito sotto
la sua direzione. Tali incontri sono
frequentati da praticanti di diversi
dojo della scuola Zen Soto che, in
vista di un'ordinazione, si devono
cucire un Rakusu o un O-kesa
secondo lo stile Nyoho-e (2). In
questi anni si sono avvicendati
praticanti non solo dell'Enku Dojo e
di altri dojo di Torino, ma anche di
Milano, di Cuneo, di Asti. Da alcuni
mesi, per dare maggiore continuità
alla pratica, io sono a disposizione per
la Cucitura anche il martedì dalle h 16
alle h 19.
Oggi, però, il rev. Elena Seishin
Viviani, successore del Maestro
Strumia e attuale Guida Spirituale
dell'Enku Dojo, affermando che,
secondo gli antichi testi, “tutti
dovrebbero cucirsi un O-kesa”, invita
tutti a cimentarsi nella Cucitura,
indipendentemente dall'intenzione di
ricevere un'ordinazione. È in questo
senso che durante l'edizione di
quest'anno di Torino Spiritualità verrà
dedicato uno spazio alla Cucitura
dell'Abito: un laboratorio in cui tutti
potranno fermarsi e provare il punto.
Coordinando movimento, respirazione
e concentrazione, verrà sperimentata la
condizione di “aprire le mani del
pensiero”,
di
emergere
dalle
concatenazioni dei pensieri illusori e
tornare alla vivida realtà della Vita
proprio qui, proprio ora, come nello
Zazen. (C.G.)
1- Rakusu, lett. “piccolo Kesa”: l'O-kesa a
cinque bande, che si indossa al collo tramite
due bretelle e che sul rovescio, su un
rivestimento di seta, riporta calligrafati in china
i dati dell'avvenuta ordinazione e ne costituisce
il “documento” ufficiale.
2- Nyoho-e, lett. “l'Abito del Dharma del 'così
è'”: v. nwsl nov-dic 2014, pag. 4.
Il nome di Ananda Kentish
Coomaraswamy
(Colombo,
Sri
Lanka; 1877 - Needham, USA; 1947)
è molto noto nel novero degli studi
interreligiosi, così come nell'ambito
degli studi di estetica e di arte
orientale comparata. Il suo vastissimo
e corposo contributo nei suddetti
campi è stato ampiamente apprezzato
nel corso del Novecento, specie a
partire dagli anni Trenta e Quaranta, e
ancora oggi l'erudito singalese è
considerato una massima autorità per
ciò che concerne l'arte indiana antica e
l'iconografia orientale in generale, dai
templi dello Sri Lanka alle icone
buddhiste del Giappone, dai bronzi
della Cina dei T'ang all'arte buddhista
indonesiana, e così via.
Il suo ruolo di interprete della cultura
buddhista secondo i paradigmi del
pensiero della Tradizione è stato
realmente cruciale, e attraverso lo
spessore della sua erudizione e
competenza, tale metodologia di
studio ha conosciuto un corposo
prosieguo per buona parte del
Novecento.
Le
principali
monografie
di
Coomaraswamy dedicate alla religione
buddhista sono due: Buddha e la
dottrina del buddhismo (1916) e
Induismo e buddhismo (1943).
In questi due testi è possibile
riscontrare una medesima chiave di
lettura che il giovane appassionato di
arte orientale manterrà, anche se con
significative variazioni, per tutta la
vita: l'adesione al pensiero della
Tradizione (o della Philosophia
perennis, come la chiamerà a partire
dagli anni Trenta). I principi di questa
corrente di pensiero risalgono al
Rinascimento, in particolar modo alle
dottrine fortemente sincretiche di
Page
4 1
Issue
matrice neoplatonico-cristiana di
Marsilio Ficino e Giovanni Pico della
Mirandola.
Il cuore dottrinario di questa
concezione filosofico-spirituale (in
verità più filosofica che religiosa)
risiede nella ferma convinzione che
tutte le grandi confessioni derivino da
una sorgente comune, una tradizione
unitaria e ancestrale andata perduta e
frammentatasi, nel corso dei milleni,
nelle religioni conosciute.
Accedendo al cuore esotericosapienziale delle principali religioni (il
sufismo per l'Islam; la cabala per
l'ebraismo; il tantrismo per il
buddhismo; le Upanishad per
l'induismo;
l'Ermetismo
e
il
neoplatonismo per il paganesimo; la
mistica di Jakob Böhme e Meister
Eckart per il cristianesimo, ecc.) diventa
possibile ricollegarsi con la comune,
suprema origine, celata sotto le
diversificazioni linguistiche, ritualistiche
e di costume.
L'idea metafisica alla base è che la
sapienza autentica e originaria
(sophia) sia la medesima presso tutti i
sapienti (i filosofi) e che tutti gli
aspetti mistico-esoterici riscontrabili
in tutte le grandi tradizioni religiose
trasmettano e rechino testimonianza
della
medesima
dottrina
impronunciabile e inattingibile da
parte del mero linguaggio razionale:
l'unione con il divino; la comunione
sostanziale fra l'anima individuale
eterna, scintilla del divino, e l'Unotutto ineffabile da cui promana la
manifestazione contingente.
È in questa luce che Coomaraswamy
si approccia a leggere e a interpretare il
buddhismo.
Nella sua opera Buddha e la dottrina
del buddhismo, l'erudito di Colombo
ricorre altresì a citazioni, nozioni e
riferimenti precisi attingendo a piene
mani dal patrimonio letterario dei
grandi spiriti del romanticismo
ottocentesco
quali
Nietzsche,
Emerson,
Schopenhauer,
Blake,
Whitman, e così via.
continua a pag. 4
Page 4
L'intento è quello di portare taluni
concetti squisitamente buddhisti (come
Liberazione, Vuoto, Non-Sé, Estinzione,
ecc.) entro un bacino di significazione
più prossimo a quello delle Upanishad e
dell'induismo, ricorrendo a determinate
citazioni dagli autori sopracitati
utilizzandole alla stregua di «stampelle
concettuali». Ecco dunque che la
nozione di «vuoto» diventa sinonimo
del «nulla» mistico; nirvana e brahman
si rivelano intercambiabili; e il celebre
Non-Sé (anatta) si svela essere nient'altri
che il vero Sé spirituale eterno delle
Upanishad, atman, ricorrendo all'idea
che il Buddha abbia negato l'esistenza al
piccolo io individuale, e non a quello
universale, al di là di ogni possibile
determinazione.
Alcuni passi delle sue opere non
lasciano dubbi in proposito e rivelano
esplicitamente la sua visione del
buddhismo
come
estensione
essoterica di alcuni assunti basilari
delle Upanishad:
«La dialettica buddhistica […] mira a
mostrare che le cose sono “vuote”;
quando gli elementi che le
compongono sono individuati, non
rimane nient'altro che il “vuoto”; chi
realizza questo raggiunge il nibbana,
ed è liberato. Ma non si può
distinguere questo “vuoto” o Abisso
da quel brahman che è “nessuna
cosa”» (Buddha e la dottrina del
buddhismo, pp. 203-204; Luni; 1994)
«I buddhisti avevano ovviamente
ragione ad accentuare l'importanza
della complessa struttura dell'ego; ma
questa complessità dell'ego non tocca
la questione dell'atman brahmanico
che è “non così, non così”» (Ibidem,
pp. 101-102).
«È perfettamente vero che più
penetriamo in profondità il pensiero
buddhistico e brahmanico, meno è
possibile separarli. […] Il fatto che
Gautama ignorasse la posizione
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atmanista può dimostrare che a
quell'epoca la dottrina dell'atman era
ancora una verità esoterica conosciuta
da pochi. […]. Per tutto ciò che è
essenziale buddhismo e brahmanesimo
formano un sistema unico». (Ibidem, p.
217; p. 223).
In
Induismo
e
buddhismo
Coomaraswamy radicalizza ancora di
più la sua interpretazione monista nel
nome dell'unità assoluta e a-storica di
tutte le grandi confessioni religiose
nell'alveo della Philosophia perennis.
Rendendo ancora più stringente
l'assimilazione fra brahmanesimo,
induismo e buddhismo, l'erudito
singalese intende ricostituire l'unità
profonda fra le parti della spiritualità
indiana, ritenendo che la separazione
sussista solo ed esclusivamente su un
piano di lettura storicistico di matrice
occidentale, restituendo così una sorta
di «corpo mistico» dell'India in sé
compatto, coerente e sostanziato.
Il buddhismo di Coomaraswamy
risulta letto e interpretato dal punto di
vista di questo monismo idealistico
che si ispira in buona sostanza alla
gnosi esoterica tramandata dalle
Upanishad.
Non sono, dunque, gli eventi registrati
dalla storiografia o dalle ricerche
archeologiche
e
filologiche
a
testimoniare l'identità di un fenomeno
culturale e religioso, bensì la sua
identità ideale inserita in un processo
dialettico
di
occultamento
e
disvelamento della Gnosi, nella cui
traccia, unicamente, è possibile
comprendere realmente certi eventi
come ad esempio il sorgere e
l'articolarsi del buddhismo.
Riteniamo che una tale lettura,
fortemente viziata da pregiudiziali
ideologiche,
risulti
oltremodo
inadeguata alla comprensione reale
del buddhismo, sia dal punto di vista
dello studio delle sue nozioni
fondamentali, sia per ciò che riguarda
lo studio di una dottrina religiosa in sé
autonoma,
contraddistinta
da
innumerevoli elementi peculiari e
specifici che minano qualsivoglia
approccio
di
assimilazione
e
assorbimento a un'altra tradizione,
foss'anche quella vedica, dalla quale il
buddhismo prende decisamente le
distanze, inaugurando una nuova
stagione spirituale e una nuova
«tradizione» confessionale, poco
riconducibile all'idea di una presunta
Tradizione ancestrale.
Il «volto orginario» del buddhismo
non può certo essere quello indicato
dall'opera di Ananda Coomaraswamy.
Forse è qualcosa di più intimo,
personale e universale al contempo,
che travalica la metafisica e le dottrine
speculative, ponendosì al di là di
qualsiasi questione dell'origine. (M.S.)
Come ogni anno al ripresentarsi
della stagione primaverile il nostro
centro organizza ritiri spirituali
intensivi in località Prà del Torno
della durata di un fine settimana.
Le sesshin possono insegnare
sempre qualcosa riguardo il nostro
germogliare mentale e il suo frutto.
Quest'anno ho potuto constatare che
non chiudere bene le finestre quando
imperversa deciso maltempo può
essere
motivo
di
sgradevoli
inconvenienti.
Domenica
14
giugno,
nello
svolgimento del ruolo di responsabile
del dojo pochi minuti prima di dare la
sveglia
mattutina
nel
corso
dell'espletamento delle mansioni
previste, mi giunge alla mente il
pensiero attento e disponibile di
controllare la chiusura delle finestre
considerato l'imperversare di forti
temporali per tutta la notte appena
trascorsa.
A tale pensiero se ne contrappone
un altro pigramente superficiale che
se il dojo è asciutto in tutte le sue
parti nonostante la notte piovosa
esse sono certamente chiuse. Come
prevedibile ho confermato e acceso
il secondo.
Grazie al recente ravvivarsi dei
rapporti inter-climatici, i desueti
intensi temporali delle vallate
prealpine hanno lasciato spazio nel
corso della giornata ad innovative
attività monsoniche, le quali hanno
creato una zona alluvionale
all'interno del dojo, per inciso
prontamente risolta.
Pochi centimetri ed un piccolo facile
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gesto avrebbe comunque evitato un
fastidioso incidente, non tanto
importante per la sua gravità ma per
l'attitudine mentale da cui è sorto,
quindi conviene vigilare nei riguardi
della nostra attività cerebrale e la sua
apparente logica, lasciando spazio a
intuizioni meno accomodanti per
noi stessi ma certo più sensibili verso
la comunità.
Talvolta, riguardo le sesshin, mi
viene chiesto che cosa lascia come
esperienza, che cosa ci si porta via
alla conclusione dei ritiri.
Ognuno ha le proprie caratteristiche e
le proprie peculiarità, personalmente
quando stiamo riordinando le stanze,
pulendo la cucina e le parti comuni e
caricando le auto pronti per ritornare a
casa, io cerco di trovare qualche
minuto e mi reco sul retro della
foresteria, contemplo ancora un
minuto le montagne e ritornando sui
miei passi tolgo e chiudo il sacco nero
dei rifiuti.
Anche stavolta mi porterò via la
spazzatura.
Non è poco. (D.Z.)
“L’essere umano, così come ogni altro
vivente sul nostro pianeta, può esistere
soltanto in un ambiente naturale e
sociale condiviso con altri individui
della medesima o di altre specie. Tale
ambiente è costituito da beni, ossia da
oggetti materiali o immateriali, che
producono le utilità necessarie per la
vita di tutti. Questi sono i beni
comuni….” (Ugo Mattei 2015)
“Le “cose così come sono“, sono il
fatto che l’individuo - se riesce a
liberarsi dalla rete dell’illusione percepisce concretamente che non c’è
nessuna differenza tra “sé” e
“l’altro”…non limitarsi a capire ciò
con la logica, ma sviluppare attraverso
la pratica, la percezione, più che la
concezione, che la totalità di tutti i
fenomeni - e quindi di tutte le creature
che compongono l’insieme di ciò che
esiste - sia un’unità indivisibile,
assolutamente non separabile, non
frazionabile.” (Uchiyama Roshi, Dai
Do Massimo Strumia 2009).
Se tutto ciò può sembrare lontano,
astratto o troppo teorico e se nella
pratica, vista come uno stare seduti di
fronte ad un muro, si può immaginare
snobismo o autolesionismo, allora
manca qualcosa di molto importante
da ricordare per la comprensione del
cammino dello Zen Soto.
Il pezzo che manca, per la verità, è
difficile da vedere, non perché non sia
lampante addirittura, ma perché
implica uno sbilanciamento, una presa
di posizione, un impegno totali.
Quando si passa alla concretezza della
vita quotidiana, della vita sociale come
della riflessione politica che dovrebbe
essere concreta per definizione, quello
che viene declinato, quello che ricade
nelle vite, nel bilancio delle energie e
delle risorse, ha un impatto
dirompente.
Page
7 1
Issue
Proviamo a guardarlo, a nominarlo, a
descriverlo piuttosto di dire che non
c’è, che fare zazen è stare fuori dal
mondo. Magari non siamo pronti a
trasformazioni radicali ma possiamo
cominciare a capire di che cosa si sta
parlando veramente.
Il primo passo che si apprende in
questa pratica, è quello dell’avere cura,
del fare con attenzione e riguardo ogni
più piccola cosa.
Da questo passo semplice, che
richiede tuttavia tempo e dedizione, si
arriva come in un effetto domino a
comprendere (a percepire, più che a
concepire) il senso e il valore dei beni
comuni: dal mio bene al bene del
mondo non c’è soluzione di
continuità.
Dalla mia pratica nel Dojo imparo la
cura del mio corpo-mente, come del
mio zafu rimettendolo in forma ogni
volta che mi alzo. Dal pasto rituale
imparo il valore del cibarmi, del
pronunciamento della gratitudine, del
non sprecare, del non sporcare, del
mio far parte del tutto che giunge a me
attraverso il cibo. Nel mio modo di
entrare nel luogo di pratica esprimo
l’importanza per me di quello che sto
facendo e il riconoscimento di uno
spazio speciale e condiviso che mi
nutre e che io nutro. Dal mio cucirmi
l’Abito io sento che sono autentica e
libera in ciò che costruisco con le mie
mani con umiltà e pazienza. Dal
semplice vedere (più ancora che dalla
illuminazione) si passa al saper
prendersi cura, alla presa diretta della
responsabilità del mantenimento e
dell’organizzazione dei beni comuni,
come dei luoghi, come delle relazioni,
come dei buoni semi lasciati dai
Maestri nel campo della pratica.
Non si tratta di fare un elenco, ma di
lanciare degli spunti utili a comprendere
che la realtà è nelle nostre mani e che
non si tratta di teoria. Tutto ciò non è
snob o esagerato perché se “prima” non
ho pronunciato il Voto, anche
inconsapevolmente, (cioè non ho
intuito che non c’è differenza tra me e gli
altri e che il Voto è quello di salvare tutti
gli esseri senzienti dall’illusione) allora è
inutile che mi sieda in zazen.
Sarà per questo che l’insegnante
Seishin Viviani, erede del Dharma del
Maestro Daido Strumia, ci avverte:
"chi si siede è già illuminato". Per
“prima” non si intende un dato
temporale ma sostanziale di vocazione
interiore.
Progredire o regredire dipendono solo
da noi, come individui e come società.
Cosa vogliamo fare? (D.G.)
Page 7
Anche quest'anno i centri buddhisti
di Torino partecipano a Torino
Spiritualità con una serie di eventi e
attività presso il Centro Lombroso,
ospitati dalla Biblioteca "Natalia
Ginzburg" in via Lombroso 16.
Nelle giornate di venerdì 25, sabato
26 e domenica 27 settembre, si
alterneranno conferenze e attività per
presentare al pubblico e coinvolgerlo
nello spirito e nella pratica delle
diverse tradizioni.
Sono così previsti: "Segni di china",
laboratorio di shodo, la calligrafia
giapponese, "Lo spirito dell'offerta",
laboratorio di preparazione delle
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torma, le statuette rituali tibetane,
"Cucire l'abito del Buddha", un
laboratorio di cucitura dell'abito della
pratica Zen, "Meditazione dinamica:
il Tai Chi Chuan" e "Un Arco teso fra
la terra e il cielo: la Via del Kyudo",
stage di queste due arti in cui lo
studio e la pratica del corpo in
movimento sono vere forme di
meditazione.
Ci saranno anche momenti di
approfondimento, con conferenze
sulla pratica di consapevolezza, i
quattro elementi della cosmologia
tibetana, un confronto fra scienza e
buddhismo, e occasioni di apprezzare
le espressioni artistiche, con lettura di
haiku,
le
tradizionali
brevi
composizioni poetiche giapponesi, e
una meditazione guidata con
campane tibetane.
Conclude un dialogo aperto, "Non di
solo pane: il cibo nella tradizione
buddhista".
Il programma completo sarà
disponibile sul sito del Cerchio Vuoto
e sarà incluso nel programma di tutti
gli eventi di Torino Spiritualità.
Alcune attività sono a numero chiuso
e richiedono la prenotazione.
domenica 9/8 ore 18 a Prali, in occasione di Pralibro, la Rev. Elena Seishin Viviani,
insieme a Svamini Hamsananda Giri, il Pastore Paolo Ribet e Giovanni Romano,
partecipa alla presentazione del libro “Amrta, il nutrimento del cuore”.
En Ku dojo
Associazione Il Cerchio Vuoto
associazione religiosa per la pratica e lo
studio del Buddhismo di scuola Zen Soto
membro dell'Unione Buddhista Italiana
(ente religioso d.p.r. 3-1-91)
Via Massena 17 - 10128 Torino
Tel: 011-19858750
333-5218111
[email protected]
www.ilcerchiovuoto.it
Cucitura dell'Abito
tutti i martedì dalle 16:30 alle 19
Orari di pratica
Shodo (*)
5 e 19/9 ore 14:00
martedì,
mercoledì,
giovedì,
venerdì
7:00-8:00
zazen e recitazione dei sutra
martedì,
giovedì
19:00-21:00
zazen, kin hin e recitazione dei
sutra
In occasione delle vacanze estive, le attività del dojo saranno sospese dal 10 al
17/8; dal 24 al 30/8, in occasione del sesshin estivo, il dojo resterà chiuso.
Le attività normali riprenderanno giovedì 3/9.
(*) Le lezioni di Shodo (calligrafia
giapponese) sono riservate a gruppi
specifici: una lezione di prova può essere
richiesta in segreteria.
Maggiori informazioni sul sito alla pagina
"altre attività", o contattando la segreteria.
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