ENERGIA DEGLI UOMINI: LA SCHIAVITU’ NELL’ANTICO EGITTO Uno dei luoghi comuni più diffusi sull'antico Egitto riguarda l'uso degli schiavi. In realtà, furono i racconti dei viaggiatori greci a contribuire al diffondersi dell'idea che l’economia egizia si basasse sugli schiavi. I viaggiatori greci scrissero che la costruzione delle piramidi sarebbe stata impensabile senza la massiccia partecipazione degli schiavi, e ciò contribuì a diffondere il mito della schiavitù come base dell'economia egizia. Il concetto di "schiavo" non era però lo stesso per gli Egizi e i Greci. Durante l'Antico Regno (2686-2173 a.C.), era necessaria la partecipazione volontaria dell'intera popolazione per costruire canali d'irrigazione, grandi infrastrutture o opere militari. Gli unici completamente privi di libertà erano i prigionieri di guerra. A essi venivano affidati i lavori domestici, anche se i più sfortunati finivano nelle miniere. Durante l'Antico Regno (2686-2173 a.C.), l'unica forma di "schiavitù" conosciuta, a parte i prigionieri di guerra, era la corvée o lavoro forzato nelle campagne. I ricchi pagavano per esentarsi da tale obbligo, mentre i più poveri dovevano piegarvisi e se tentavano la fuga, venivano puniti con la schiavitù a vita. La situazione dei servi del faraone, era invece diversa, essendo in genere prigionieri di guerra o criminali comuni. A partire dal Medio Regno (2040-1786 a.C.), se qualcuno di loro tentava di fuggire veniva condannato a morte. Malgrado tutto, gli schiavi venivano comunque trattati bene dai loro padroni, anche perché questi ultimi potevano essere denunciati se li maltrattavano o se abusavano di loro. Il termine "schiavo" si può adoperare a partire dalla fine del Medio Regno (2040-1786 a.C.) e per tutto il Nuovo Regno (1552-1069 a.C.). Per lo più si trattava di stranieri che potevano ottenere la libertà se entravano a far parte dell'esercito. Ci furono anche casi in cui furono gli Egizi stessi, a causa della estrema povertà, a vendersi, e casi in cui la schiavitù era la condanna comminata per un crimine. Gli schiavi potevano essere venduti o dati in prestito. Di norma, ricevevano un buon trattamento, possedevano proprietà, e potevano persino sposarsi con un membro della famiglia nella quale avevano prestato servizio. Le piramidi e gli schiavi Uno dei casi più citati per comprovare nell'antico Egitto l'uso degli schiavi, è quello della costruzione delle piramidi. Tuttavia le fonti documentali dell'Antico Regno non parlano dell'esistenza di schiavi per la costruzione di tali monumenti, bensì fanno riferimento alle corvée cui erano sottoposti i contadini quando il Nilo inondava le loro terre. La costruzione di opere pubbliche per il mantenimento dello Stato era un compito che spettava a tutti, anche se la classe agiata se ne liberava dietro lauto compenso. Certo è che questa forma di lavoro forzato veniva visto dai popoli pastori come una forma di schiavitù. Il concetto di schiavitù appare in Egitto a partire dal Nuovo Regno quando, per motivi politici, i faraoni conquistarono territori e portarono via una massa di prigionieri. Questi divennero a pieno titolo membri della società egizia, un po' per il loro numero considerevole e un po' per il loro contributo all'economia. In quest'epoca, tutte le classi sociali potevano avere schiavi. I generali ricevevano schiavi come regali del faraone e come bottino di guerra, mentre gli operai li compravano per i lavori domestici. Nella società egizia era caratteristico un tipo di schiavitù somigliante alla servitù romana. Le persone che, per motivi legati alla povertà o per debiti, non avevano sufficienti mezzi di sussistenza, potevano essere venduti come schiavi per un certo periodo di tempo. Durante il Nuovo Regno, gli schiavi non erano solo maschi. Quando i faraoni compivano spedizioni e portavano via il bottino, esso includeva anche donne e bambini.