Eccesso di pulizia o una sana sporcizia? Secondo un’analisi dell’Università dell’Arizona le tastiere e i mouse del computer sono più sporchi di un w.c.: la media è di 1676 microbi per pollice quadrato solo sul mouse. Il 10% di chi lavora ammette candidamente di non avere mai pulito la tastiera del computer, il 20% di non avere mai pulito il mouse. Altri importanti veicoli sono le penne, i carrelli della spesa (sull’80% sono presenti colonie di Escherichia Coli oltre che virus gastrointestinali e influenzali). L’elenco comprende naturalmente anche i cellulari, gli spazzolini da denti (sui quali sono stati ritrovati fino a cento milioni di batteri di ogni tipo, dall’Escherichia Coli, che è praticamente ubiquitario, fino allo streptococco e allo stafilococco oltre a colonie di funghi come la Candida Albicans), i seggioloni per bambini nei ristoranti, persino i dispenser dei saponi usati nei locali pubblici e nelle palestre, contaminati rispettivamente per un quarto e per un terzo da batteri fecali. I manici degli attrezzi nelle palestre hanno una contaminazione batterica costantemente superiore all’80%. Dobbiamo pensare, quindi, di vivere una quotidianità molto pericolosa? Lo sporco è sempre nocivo? Niente di nuovo sotto il sole, potremmo dire con Sorano di Efeso. Gli studi sopraesposti hanno dato connotati precisi a un quadro generale peraltro già noto. Una moderata e sana sporcizia mantiene attivo il nostro sistema immunitario che risponde, al contatto di virus e batteri, con la produzione di anticorpi secondo un meccanismo analogo alla reazione nei confronti degli allergeni. Una delle ipotesi che sono state formulate per spiegare l’aumento delle malattie allergiche nei Paesi occidentali è proprio l’eccesso di pulizia. E’ interessante in proposito uno studio fatto in Austria, ove sono stati messi a confronto bambini con un grado di benessere simile, residenti in villaggi di campagna: i bambini che erano più esposti ai microbi presenti nelle stalle mostravano un’incidenza nettamente inferiore ( statisticamente significativa) di allergie. E’ nota a tutti la reazione del nostro organismo quando, durante viaggi o soggiorni all’estero, ci nutriamo in paesi con condizioni igieniche diverse dalle nostre, come l’Africa o l’Indocina: sono frequenti infezioni gastrointestinali legate ad una minore capacità di adattamento del nostro organismo. L’atteggiamento delle madri che tentano di sottrarre i loro bambini a ogni possibile ed identificabile fonte di contagio, si rivela nel medio termine controproducente. Infine il nostro “star bene “, la nostra cenestesi, è legata alla presenza di batteri, comunemente detti “saprofiti”, che vivono in una sorta di simbiosi col nostro organismo, nell’intestino, ma anche nel cavo orale e in corrispondenza delle mucose. 1 Di fronte a questa situazione, quali norme seguire per evitare il contagio, senza cadere nell’eccessiva e fobica ricerca di un’impossibile e controproducente sterilità? Sono sufficienti alcune norme utili per mantenere un atteggiamento equilibrato e non emotivo di fronte al problema. Vediamole insieme: 1) Lavarsi spesso le mani, sempre dopo essere stati in bagno e dopo avere toccato superfici comuni: carrelli della spesa, maniglie del tram, tastiere di computer, mouse ecc. 2) Utilizzo più frequente di un accessorio non desueto, ma certamente sottoutilizzato, come i guanti che hanno evidentemente una funzione non soltanto di isolamento termico ma anche di protezione dal contatto con gli oggetti e strumenti ad alto rischio di contaminazione batterica. 3) Considerare come strettamente personali non solo le penne (che spesso vengono portate alla bocca), ma anche i cellulari e soprattutto gli spazzolini da denti (è possibile contrarre attraverso microsanguinamenti gengivali il virus dell’epatite B o C). 4) Preferire, soprattutto in inverno, le videoconferenze alle lunghe riunioni in posti affollati e spesso male arieggiati. 5) Provvedere in modo autonomo alla gestione della pulizia, portando con sé salviette igieniche e detergenti antibatterici sotto forma di gel igienizzanti specifici, evitando i ”dispenser” dei locali pubblici. Umberto Piccone Tutti i diritti sono riservati 2