Malattia di Huntington George Huntington La malattia di Huntington (Huntington’s disease – HD) è una malattia neurodegenerativa severa che interessa 5-10 soggetti ogni 100.000 e che è caratterizzata da disturbo del movimento (corea), decadimento cognitivo e disturbi comportamentali. La prima descrizione sistematica si deve a George Huntington, che nel 1872, a soli 22 anni di età, tenne una conferenza dal titolo “On Chorea” alla Meigs and Mason Academy of Medicine (Middleport, Ohio), descrivendo le principali caratteristiche di questa malattia: ereditarietà, movimenti involontari, disturbi mentali. EZIOLOGIA – La malattia di Huntington si trasmette con ereditarietà autosomica dominante; ciò significa che i figli di una persona affetta, indipendentemente dal sesso, hanno il 50% di probabilità di essere a loro volta affetti La mutazione responsabile è un’espansione della tripletta CAG codificante per l’amminoacido Glutamina, a carico del gene HTT, mappato nel 1993 sul cromosoma 4, che codifica per la proteina Huntingtina. Sebbene non sia ancora del tutto noto il ruolo di questa proteina, si pensa che l’espansione delle triplette porti ad una tossicità da “guadagno di funzione” della stessa, con conseguente danno ossidativo e degenerazione cellulare. Tuttavia, l’huntingtina è una proteina con un ruolo chiave nel trasporto e nel traffico molecolare intracellulare, pertanto anche la perdita della sua funzione potrebbe giocare un ruolo importante nell’HD. Sebbene la lunghezza della tripletta ripetuta possa variare, tutti i soggetti sani hanno meno di 37 glutamine ripetute, e tutti coloro che ne hanno più di 40 possono sviluppare la HD. Il meccanismo dell’espansione di triplette dà origine a due fenomeni genetici peculiari: la premutazione, per cui esistono individui che hanno un numero di ripetizioni superiore ai sani, ma senza manifestare sintomi (nel caso della HD, tra 30 e 35 ripetizioni), e l’anticipazione, per cui con il passare delle generazioni (e l’aumento delle ripetizioni) il fenotipo si manifesta sempre più precocemente. Nel caso della HD, l’anticipazione avviene più frequentemente se la mutazione è trasmessa per via paterna, in quanto nella spermatogenesi è l’aumento delle ripetizioni che si verifica è maggiore. Atrofia dei caudati e della corteccia in HD (fonte: www.radpod.org) NEUROPATOLOGIA – Il danno e la morte cellulare colpiscono selettivamente i neuroni spinosi di medie dimensioni del nucleo caudato, struttura che fa parte del complesso dei gangli della base. La morte di queste cellule è dovuta all’accumulo intracellulare di huntingtina mutata, che si lega all’ubiquitina, una molecola fondamentale nel processo di degradazione di proteine invecchiate ed anomale. Huntingtina ed Ubiquitina formano aggregati visibili all’immunoistochimica; ciò che si osserva macroscopicamente è una grave atrofia del caudato con conseguente allargamento dei ventricoli laterali, accompagnata sul piano microscopico da perdita neuronale con gliosi reattiva. Nelle fasi tardive si associa atrofia sottocorticale più diffusa. CLINICA – La sintomatologia è di tipo neurologico e psichiatrico. Sul piano neurologico si osserva la corea (termine derivato dal greco, che significa danza), cioè un movimento sinuoso e continuo dei quattro arti che ricorda quello di un ballo. Spesso la corea è il sintomo d’esordio, comparendo intorno ai 35 anni: inizialmente i movimenti sono sporadici e parcellari e possono passare inosservati, oppure essere confusi con un tremore; successivamente diventano invalidanti, impedendo l’alimentazione ed il cammino. Altri segni neurologici sono: una sindrome extrapiramidale con rigidità e bradicinesia (lentezza nei movimenti), altri tipi di movimenti involontari (quali la distonia, una postura fissa e spesso dolorosa, e l’atetosi, un insieme di movimenti lenti e dolci, come quelli di un serpente che striscia), o movimenti semi-involontari quali i tic. Infine si osserva sempre un decadimento cognitivo, che è di tipo sottocorticale, interessa cioè prima ed in prevalenza le abilità visuo-spaziali e le funzioni esecutive rispetto alla memoria o al linguaggio. Spesso diversi segni coesistono nello stesso soggetto. Dal punto di vista psichiatrico, è molto comune l’irritabilità ed una sindrome depressiva; spesso si osserva anche un disturbo ossessivo-compulsivo, caratterizzato da pensieri fissi (ossessivi) e da comportamenti volti a “sollevare” la persona dall’ossessione (compulsioni). Talora si manifesta un vero e proprio quadro psicotico. La prognosi non è buona: il decesso, spesso per complicanze da allettamento (nonché per suicidio, purtroppo piuttosto frequente), avviene dopo 15-20 anni dall’inizio dei disturbi. DIAGNOSI – Il sospetto clinico si pone sulla base del riscontro di disturbi del movimento e sintomi psichiatrici. La familiarità va ricercata con accuratezza: trattandosi di una malattia autosomica dominante almeno un genitore è obbligatoriamente affetto, ma ciò può passare inosservato se questi decede in giovane età. Il test definitivo è l’analisi genetica, che oggi può essere anche prenatale. La possibilità di fare diagnosi di certezza in persone che avranno sintomi tardivi ha notevoli implicazioni etiche; al momento della diagnosi è fondamentale un counselling adeguato per il probando e per tutti i familiari coinvolti, i quali possono decidere di conoscere o meno (in genere alla maggiore età) il proprio status di affetto o sano. TERAPIA – Non esistono terapie curative per questa patologia, ma solo trattamenti sintomatici. Il paziente può giovarsi di antidepressivi (triciclici, SSRI), antipsicotici tipici ed atipici, farmaci che controllano i movimenti involontari (tetrabenazina, amantadina), nonché di un’adeguata fisioterapia e di un supporto psicologico individuale e familiare. La paralisi di Bell Abbiamo già affrontato la sindrome di Ramsay Hunt, ovvero la paralisi periferica del nervo faciale provocata da una riattivazione del virus Zoster latente nel ganglio genicolato, mentre oggi tratteremo la paralisi di Bell, ovvero la paralisi periferica del nervo faciale idiopatica. Il faciale è il settimo nervo cranico ed innerva tutta la muscolatura del volto e il muscolo pellicciaio del collo (ovvero quello che permette di stirare in basso gli angoli della bocca) e la sua paralisi può essere centrale o periferica. Nella paralisi centrale (dovuta a una lesione a carico del neurone centrale piramidale) la muscolatura della fronte è risparmiata e quella delle palpebre interessata solo lievemente, in quanto i muscoli faciali superiori hanno un’innervazione bilaterale (centralmente) e la sintomatologia è quindi relativa ai soli muscoli della branca inferiore del faciale, controlateralmente alla lesione cerebrale. La paralisi periferica del faciale (da lesione del neurone periferico) si caratterizza per l’interessamento completo di un emilato del viso: la diagnosi è veramente molto semplice, perchè il quadro clinico è patognomonico. Il paziente sviluppa nel giro di 3 giorni (massimo 7) debolezza o paralisi dei muscoli di un lato del viso: il solco nasolabiale e le altre rughe del lato paretico si appianano, l’angolo della bocca cade, il paziente non può fischiare, non può corrugare la fronte dal lato paretico, se mostra i denti o sorride stira la bocca dal lato sano. Nei casi più completi, se chiediamo al paziente di chiudere gli occhi, l’occhio del lato paretico rimarrà aperto (lagoftalmo) provocando secchezza che si può prevenire mediante colliri o lacrime artificiali. Annesse al nervo faciale sono alcune fibre parasimpatiche destinate alle ghiandole lacrimali, alle salivari sottomascellari e ai muscoli dell’orecchio interno, oltre che fibre gustative (nervo intermediario del Wrisberg) che innervano i due terzi anteriori della lingua. Pertanto, a seconda del livello della lesione, si possono associare alterazioni del gusto e dell’udito. Talora, alla richiesta di chiudere le palpebre l’occhio del lato paretico si volge verso l’alto (fenomeno o segno di Bell). Inoltre, se facciamo gonfiare al paziente le gote dicendo di trattenere l’aria, il paziente la perderà facilmente dal lato paretico non appena premeremo sulla gota del lato paretico. Paralisi di Bell (modificata da http://www.chennaiclassic.com) Il primo a descrivere il fenomeno fu Sir Charles Bell nella prima metà del 1800. Oggi si sa che il picco di incidenza si ha a 40 anni, con 15-30 persone coinvolte ogni 100.000. La paralisi, come detto, è idiopatica (cioè non se ne conosce la causa), anche se è spesso detta “a frigore”, intendendo che forse la flogosi che interessa il nervo (il suo ganglio genicolato) deriva da sbalzi di temperatura. In realtà pare che la causa sia virale (HSV o VZV), anche se non ci sono ancora conferme al riguardo. La paralisi periferica può essere causata anche da lesioni parotidee, dalla sindrome di Guillian Barrè, dalla malattia di Lyme, dalla sarcoidosi, da alcuni vaccini e dall’otite media acuta. In questi casi comunque l’anamnesi e l’esame obiettivo accurato permettono facilmente di fare diagnosi differenziale. Per la diagnosi non è quindi necessario alcun esame, anche se bisogna ricordare che talora la paralisi di Bell si associa a diabete (è quindi importante raccogliere l’anamnesi familiare per riconoscere i soggetti a rischio). Paziente con paralisi di Bell (tratta da www.consumerreports.org) La paralisi di Bell viene trattata con corticosteroidi per bocca (prednisone per 10 giorni). Talora si associano gli antivirali (per la possibile eziologia da HSV e VZV) anche se recentemente è stato dimostrato che la terapia di associazione non porta a grandi vantaggi rispetto alla sola terapia steroidea. In ogni caso, l’85% dei casi si risolve da sè, senza alcuna terapia, anche se talora residua una debolezza muscolare che può essere trattata con fisioterapia e vitamine del gruppo B. Talvolta si utilizza la tossina botulinica per ridurre l’asimmetria faciale e quindi il disagio estetico. Infine, se la sintomatologia persite per più di due settimane o non migliora, è necessario consultare un otorinolaringoiatra o un neurologo. Per approfondire l’argomento, ecco un bell’articolo free: 2007 – Tiemstra JD – Bell’s palsy: diagnosis and management Questo invece è un video che mostra come si esaminano il V e il VII settimo nervo cranico: Cranial nerves V e VII Le neuropatie periferiche Il termine neuropatia sta ad indicare, genericamente, qualunque affezione del nervo periferico, spinale o cranico, a partire dalla sua uscita dal sistema nervoso centrale. Le neuropatie sono nel loro insieme processi non rari (prevalenza in Italia circa 13% di popolazione oltre i 55 anni), talora ad andamento subclinico, spesso fastidiose ed a lungo andare invalidanti. Possono essere associate a diverse malattie sistemiche, di cui talora si presentano come prima manifestazione. Mentre la precisa identificazione eziologica delle neuropatie più rare non è sempre facile nemmeno per i super-specialisti, alcune neuropatie comuni dovrebbero essere riconosciute da qualunque medico; il medico “generico” dovrebbe porre diagnosi clinica di neuropatia e ricercare segni associati a patologie concomitanti. SEGNI CLINICI DI NEUROPATIA La maggior parte dei nervi è di tipo misto, cioè contiene fibre sensitive, motorie ed autonomiche. I segni sensitivi possono essere di tipo irritativo: parestesie (formicolii), iperalgesia (dolore in seguito a stimolo doloroso molto lieve), allodinia (dolore in seguito a stimolo tattile di modalità differente), dolore neuropatico in assenza di stimolo. Oppure possono essere di tipo deficitario: ipoestesia od anestesia per una o più modalità sensitive (tattile, termica, dolorifica, pallestesia o di vibrazione, batiestesica o del senso di posizione). Un segno che di solito è associato ad una neuropatia sensitiva, più raramente presente in una neuropatia esclusivamente motoria, è la ipoevocabilità o l’assenza dei riflessi osteo-tendinei. I segni motori sono di tipo deficitario e consistono nella debolezza, od ipostenia, di un muscolo o di un gruppo muscolare. La debolezza si accompagna in genere ad atrofia, più o meno marcata, e può configurare una vera e propria plegia (paralisi completa) di uno o più arti. L’andatura tipica del paziente neuropatico è definita “steppante”, cioè il paziente è costretto a sollevare molto il ginocchio per evitare di strisciare a terra il piede che tende a essere cadente. I segni autonomici, spesso difficili da riconoscere e diagnosticare, sono molteplici. La perdita di piccole fibre può portare, oltre ad una maggiore frequenza e gravità del dolore neuropatico, alla perdita delle funzioni di sudorazione e di regolazione del calibro vasale. I segni clinici riscontrati sono quindi: ipoidrosi od anidrosi, ipotermia delle estremità, edemi declivi talora con discromie, ipotensione ortostatica per alterazione del tono simpatico. Naturalmente la perdita delle fibre vegetative può dare anche un interessamento sistemico, specie cardiovascolare. La distribuzione, la gravità e l’andamento temporale di questi segni è differente a seconda che siano interessati, come ora vedremo, un singolo tronco nervoso oppure diffusamente molti nervi. Malformazioni di Arnold-Chiari Si tratta di una anomalia della conformazione della fossa cranica posteriore, che è più piccola del normale, per cui il tronco cerebrale e il cervelletto sono “spinti” ad erniare nel canale spinale attraverso il forame magno. Ne esistono 4 tipi e può essere associata ad idrocefalo ostruttivo o a difetti della chiusura del tubo neurale (DISRAFIE) quali encefalocele, mielomeningocele, spina bifida, siringomielia. TIPO 1: dislocazione intrarachidea delle tonsille cerebellari con compressione del midollo spinale e del tronco encefalico, talvolta associata a siringomielia. Spesso è asintomatico fino all’età adulta, quando possono comparire cefaea, cervicalgie, parestesie, disturbi visivi, vertigini e difficoltà alla deglutizione. Malformazione di Arnold Chiari (fonte: Rekate HL, Wikipedia) TIPO 2: è la forma più frequente ed è caratterizzato dall’erniazione delle tonsille e del verme cerebellare e di parte del tronco cerebrale e del 4° ventricolo, talvolta associata a mielomeningocele. TIPO 3: in questo caso tutto è presente l’erniazione di tutto il cervelletto, spesso associata a encefalocele e spina bifida. Questi due tipi sono più gravi rispetto al primo tipo e i sintomi si manifestano solitamente dopo la nascita con deficit dei nervi cranici, alterazioni della deglutizione, disturbi cerebellari (nistagmo e atassia), apnee, parestesie. Se non si interviene si instaura una ipertensione endocranica. Le neuropatie periferiche Il termine neuropatia sta ad indicare, genericamente, qualunque affezione del nervo periferico, spinale o cranico, a partire dalla sua uscita dal sistema nervoso centrale. Le neuropatie sono nel loro insieme processi non rari (prevalenza in Italia circa 13% di popolazione oltre i 55 anni), talora ad andamento subclinico, spesso fastidiose ed a lungo andare invalidanti. Possono essere associate a diverse malattie sistemiche, di cui talora si presentano come prima manifestazione. Mentre la precisa identificazione eziologica delle neuropatie più rare non è sempre facile nemmeno per i super-specialisti, alcune neuropatie comuni dovrebbero essere riconosciute da qualunque medico; il medico “generico” dovrebbe porre diagnosi clinica di neuropatia e ricercare segni associati a patologie concomitanti. SEGNI CLINICI DI NEUROPATIA La maggior parte dei nervi è di tipo misto, cioè contiene fibre sensitive, motorie ed autonomiche. I segni sensitivi possono essere di tipo irritativo: parestesie (formicolii), iperalgesia (dolore in seguito a stimolo doloroso molto lieve), allodinia (dolore in seguito a stimolo tattile di modalità differente), dolore neuropatico in assenza di stimolo. Oppure possono essere di tipo deficitario: ipoestesia od anestesia per una o più modalità sensitive (tattile, termica, dolorifica, pallestesia o di vibrazione, batiestesica o del senso di posizione). Un segno che di solito è associato ad una neuropatia sensitiva, più raramente presente in una neuropatia esclusivamente motoria, è la ipoevocabilità o l’assenza dei riflessi osteo-tendinei. I segni motori sono di tipo deficitario e consistono nella debolezza, od ipostenia, di un muscolo o di un gruppo muscolare. La debolezza si accompagna in genere ad atrofia, più o meno marcata, e può configurare una vera e propria plegia (paralisi completa) di uno o più arti. L’andatura tipica del paziente neuropatico è definita “steppante”, cioè il paziente è costretto a sollevare molto il ginocchio per evitare di strisciare a terra il piede che tende a essere cadente. I segni autonomici, spesso difficili da riconoscere e diagnosticare, sono molteplici. La perdita di piccole fibre può portare, oltre ad una maggiore frequenza e gravità del dolore neuropatico, alla perdita delle funzioni di sudorazione e di regolazione del calibro vasale. I segni clinici riscontrati sono quindi: ipoidrosi od anidrosi, ipotermia delle estremità, edemi declivi talora con discromie, ipotensione ortostatica per alterazione del tono simpatico. Naturalmente la perdita delle fibre vegetative può dare anche un interessamento sistemico, specie cardiovascolare. La distribuzione, la gravità e l’andamento temporale di questi segni è differente a seconda che siano interessati, come ora vedremo, un singolo tronco nervoso oppure diffusamente molti nervi. CLASSIFICAZIONE Le neuropatie si classificano innanzitutto in base alla loro estensione nel tempo (neuropatie acute, subacute o croniche) e nello spazio: - Mononeuropatie, che interessano un solo tronco nervoso. - Multineuropatie o mononeuropatie multiple, che interessano più tronchi nervosi, contemporaneamente o successivamente, ma in maniera discreta, cioè il processo patologico è distinto e non contiguo. - Polineuropatie, che interessano molti nervi contemporaneamente, in genere con un processo patologico dipendente dalla lunghezza dell’assone (il prolungamento periferico del nervo). Le polineuropatie si dividono, a seconda del processo neuropatologico principale, in assonali (quando colpiscono direttamente l’assone) e demielinizzanti (quando ad essere affetto è il rivestimento mielinico che, prodotto dalle cellule di Schwann, avvolge gli assoni delle fibre di grosso calibro)e, a seconda della modalità principalmente od esclusivamente interessata, in sensitive, motorie o autonomiche. CLINICA ED EZIOLOGIE FREQUENTI DI ALCUNI TIPI DI NEUROPATIA (senza pretese di completezza) Le MONONEUROPATIE riconoscono principalmente una eziologia traumatica, compressiva od infettiva. La diagnosi è spesso abbastanza semplice, in quanto si riconoscono segni di irritazione e/o di deficitaria funzione nervosa nel territorio cui quel tronco nervoso si distribuisce. Vorrei ricordare solamente due esempi tra i più comuni. Il “tunnel carpale” o intrappolamento del nervo mediano al polso, è una patologia frequente, spesso idiopatica, talora legata ad alterazioni disimmuni (artrite reumatoide) o endocrine (ipotiroidismo mixedematoso). I sintomi ed i segni clinici sono sensitivo-motori e si localizzano nel territorio di tale nervo. Perciò si avranno parestesie urenti alle prime tre dita della mano (pollice, indice e metà radiale del medio), associate più tardivamente ad ipoestesia nella stessa sede, riduzione del riflesso stilo-radiale, deficit di forza nella prensione delle stesse dita. La paralisi di Bell, o deficit idiopatico periferico del VII nervo cranico, si manifesta con un’improvvisa debolezza della muscolatura di un emivolto, con deviazione verso il basso della rima orale e difficoltà nel chiudere l’occhio omolaterale. Si associa il segno di Bell: rotazione verso l’alto del bulbo oculare, con esposizione della sclera, nel tentativo di chiudere l’occhio. Per quanto riguarda la componente sensitiva vi è un’ipogeusia omolaterale se è interessata anche la chorda tympani. Le MULTINEUROPATIE sono molto spesso legate a processi vasculitici di qualsivoglia natura, in genere a carico dei piccoli vasi. Una multineuropatia è (relativamente) frequente in corso di crioglobulinemia, granulomatosi di Wegener, porpora di Schoenlein-Henoch. Esistono anche, seppure molto rare, vasculiti isolate del sistema nervoso periferico. All’esordio la natura asimmetrica, talora unilaterale, e distribuita “a salti” dei segni e sintomi rende semplice la diagnosi; quando il processo si cronicizza, la distinzione con una polineuropatia non così agevole. Una multineuropatia particolare è quella che causa paralisi da compressione (neuropatia tomaculare, dall’aspetto a salsicciotto dei tronchi nervosi). E’ ereditaria ed i soggetti affetti presentano paralisi prolungate per compressione di nervi periferici in sedi più o meno usuali. Le POLINEUROPATIE rappresentano il capitolo più vasto e complesso delle neuropatie. Mi limiterò a presentare un quadro clinico “tipo” e a citare alcune forme di polineuropatia. Il paziente polineuropatico, come detto, può avere un coinvolgimento motorio, sensitivo, sensitivo-motorio e/o autonomico. E’importante ricordare che la polineuropatia cronica, nella grande maggioranza di casi (pur con eccezioni importanti) è un processo lunghezza-dipendente. Ciò significa che l’interessamento appare prima ai piedi, per poi risalire alle gambe. Quando arriva al ginocchio inizia ad interessare anche le dita delle mani, e così via. Una polineuropatia in fase iniziale si manifesta molto spesso con parestesie ai piedi, con perdita di sensibilità, oppure con la difficoltà nel muovere le dita dei piedi. Se l’interessamento è soprattutto autonomico, si potranno avere alterazioni di sudorazione, di temperatura, di regolazione del calibro vasale. In fase cronica si manifesterà simmetricamente l’atrofia, sempre più grave distalmente, l’assenza dei riflessi, la debolezza e tutti i segni che ho prima descritto. Le patologie che più frequentemente si associano a polineuropatia (in genere assonale e cronica, indicativo di un processo degenerativo) sono: - Diabete mellito: come tutti saprete, il danno microvasculopatico ed una certa dose di neurotossicità diretta fanno sì che il diabetico, con frequenza correlata alla durata di malattia (meno, sembrerebbe, al controllo glicemico), sviluppi quasi sempre una polineuropatia. L’interessamento autonomico è il più precoce ma spesso silente, o manifesto con sintomi non immediatamente riconducibili (vedi gastroparesi, diarrea, infarto miocardico silente…) Successivamente si manifestano sintomi sensitivi sia irritativi sia deficitari, grandi complici, questi ultimi, nello sviluppo del piede diabetico. L’interessamento motorio è in genere marginale. Ricordate che il dolore neuropatico può essere il primo segno clinico di un diabete silente! - Insufficienza renale cronica: quadro lentamente evolutivo, in genere sensitivo, poco doloroso, migliorato o almeno arrestato dal trattamento dialitico o dal trapiato renale. - Etilismo cronico: si può sviluppare una polineuropatia assonale, su base tossico-carenziale (deficit di vitamine del gruppo B e di vitamina E). In genere si ha interessamento sensitivo (sindrome dei piedi urenti) e motorio (andatura steppante). Possibile anche una neuropatia ottica che può portare a cecità. - Mieloma e MGUS: si associano a polineuropatia sia per meccanismo diretto (produzione di Ab monoclonali, come gli anti-MAG, diretti specificamente contro antigeni mielinici) sia per meccanismi non ben noti. Spesso sono polineuropatie prevalentemente sensitive, associate anche a tremore, non molto aggressive. - Polineuropatia da farmaci, in particolare da chemioterapici: è dose-dipendente, in genere prima sensitiva e successivamente motoria. E’ quasi la regola con adriamicina, vincristina, vinblastina, derivati del platino ed altri. Il meccanismo si basa sull’inibizione del trasporto assonale ed è pertanto reversibile. Un capitolo a parte sono poi le POLINEUROPATIE PRIMITIVE, autoimmuni, su base genetica o ad eziologia ignota. Ricordiamo brevemente alcune di queste: - Malattia di Charcot-Marie-Tooth: la più frequente neuropatia su base genetica. Ne esistono moltissime forme, con meccanismo assonale o demielinizzante, ad eredità autosomica dominante, recessiva o X-linked. In linea molto generica, la maggior parte sono prevalentemente motorie e lentamente evolutive. - Poliradicolonevrite Infiammatoria Cronica Demielinizzante (CIDP): caratterizzata da coinvolgimento anche prossimale (cioè delle radici – ed in questo caso non vale più la regola della lunghezza-dipendenza!), andamento a poussées spesso piuttosto aggressivo, meccanismo autoimmunitario noto o probabile, risposta a terapie immunosoppressive. - Malattia di Guillain-Barré: poliradicolonevrite acuta demielinizzante, detta anche paralisi ascendente. E’ una neuropatia acuta ad interessamento motorio prevalente (si riteneva fosse esclusivamente motoria…in realtà non è proprio così), che nel giro di pochi giorni può portare alla paralisi flaccida, anche completa, con interessamento anche dei muscoli respiratori e dei nervi cranici. E’spesso preceduta da una infezione virale (gastroenterite o sindrome simil-influenzale) e si ipotizza un meccanismo di mimetismo molecolare tra antigeni virali e componenti della mielina. La prognosi, superata la fase acuta, è buona.