MESSAGGIO DEL VESCOVO PER LA QUARESIMA 1995 Quaresima ascolto, accoglienza e testimonianza della Misericordia di Dio Ritornare al Signore “...Ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno...”: all’inizio di ogni quaresima il profeta Gioele invita i singoli credenti e le comunità ecclesiali a non lasciar passare inutilmente l’offerta della possibilità di riordinare l’intera esistenza orientandola alla bontà misericordiosa di Dio che si è rivelata e data definitivamente nel Crocifisso-Risorto. Quindi il dono-compito quaresimale consiste nel ricollocare Gesù crocifisso-risorto al centro della vita personale, sociale ed ecclesiale, in modo che Egli illumini, giudichi e rinnovi ogni momento e ogni settore dell’esistenza. Nel Crocifisso-Risorto incontriamo il Padre sempre desideroso di rivificare e approfondire l’alleanza pienamente realizzata nella Pasqua, regalata a noi nel battesimo, dalla comunità ecclesiale resa presente e annunciata nella storia. Incontriamo Colui che “nella luce e nella forza dello Spirito, continuamente visita la comunità di coloro che credono. Egli viene mediante la missione e l’azione della Chiesa, costituita in forza dello Spirito come la comunità di coloro che sono mandati per ripresentare, in ogni epoca della storia e in ogni angolo della terra, i gesti e le opere che Lui stesso ha compiuto. Vivendo di fede e di carità la comunità cristiana diventa ciò che è: segno di Cristo per il mondo, che illumina e riaccende in tutti il desiderio di cieli nuovi e terra nuova” (Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia. Traccia di riflessione in preparazione al convegno di Palermo 1995, n.7). L’Alleanza, da accogliere e testimoniare, è fondata sull’amore gratuito, fedele, misericordioso di Dio. La Croce, la Risurrezione di Gesù e il dono dello Spirito Santo sono il gratuito consegnarsi dell’incondizionato amore divino all’uomo peccatore: “infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito e... Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom. 5,6-8). Sono pure il segno dell’assoluta fedeltà di Dio, del suo irriducibile amore, della sua decisione di offrirsi alla libertà dell’uomo per aprirlo alla pienezza di vita. Offrirsi anche quando l’uomo si chiude sulle cose, oppure teme la “concorrenza” di Dio. La Croce è l’arcobaleno che proclama la volontà divina di essere sempre in pace con l’umanità, di essere la pace dell’uomo; tale fedeltà risplende nell’alba pasquale, compimento inatteso della fame di vita e di comunione dell’uomo. 1 L’espressione più stupenda della fedeltà di Dio è la misericordia, cioè l’amore che non si stanca mai di restaurare la nostra dignità sfigurata dal peccato, di riplasmare il nostro cuore ribelle rendendolo filiale, di guarire la nostra libertà aiutandola a ricuperare la propria verità. Nella Pasqua la misericordia divina si è detta e data in modo sorprendente e trasparente: “La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo, ... è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo” (Dives in misericordia, 8). Nella Risurrezione la misericordia divina esprime tutta la sua potenza rinnovatrice. Infatti il radicale rifiuto degli uomini diventa il luogo dove il Padre, nel Cristo Risorto, da inizio all’umanità nuova che lo accoglie come alleato, perciò è liberata dalla paura della morte, è capace di condividere la potenza dell’amore divino, può guardare con serena speranza il Futuro. Ritornare ai fratelli come testimoni dell’amore misericordioso di Dio Soprattutto in quaresima siamo chiamati, come singoli credenti e come comunità ecclesiale, a guardare, ascoltare, accogliere questa alleanza, centro e senso della vita personale, ecclesiale e sociale. Accoglierla liberandoci da ciò che è in contrasto con l’amore gratuito, fedele e misericordioso che ci viene incontro. Purificarsi per permettere a questo amore di dirsi nel quotidiano personale ed ecclesiale, d’ispirare stili di vita capace di tener viva, anche oggi, la memoria e la speranza del Cristo risorto, via, verità e vita di ogni uomo. Non dobbiamo mai dimenticare che la comunità ecclesiale e il singolo credente sono veramente se stessi - e perciò a servizio di Dio e dei fratelli - quando sono segni trasparenti e credibili dell’alleanza pasquale, quando attraverso la loro realtà il Risorto può comunicarsi e interpellare ogni uomo. Perciò la conversione quaresimale è vera se, nella vita personale e in quella ecclesiale, si ritorna a Cristo crocifisso-risorto ascoltandolo nella Parola, accogliendolo nella celebrazione, vivendolo in ogni settore della vita personale e collettiva. Il modo di stare davanti a Dio è veramente quello imparato da Cristo se influenza il nostro modo di vivere con gli uomini; il nostro modo di vivere con gli uomini è autentico se è fondato sulla parola di Dio e se nell’impegno quotidiano ci lasciamo guidare e costruire dallo Spirito secondo lo stile dell’alleanza. Responsabile esame di coscienza Perciò non possiamo vivere la conversione quaresimale senza appassionarci e sentirci responsabili delle complesse e confuse vicende del nostro paese. 2 Responsabili perché ciò che sta avvenendo non è frutto del caso o soltanto dell’azione di chi per interessi privati ha calpestato il bene comune e le norme della convivenza sociale. E’ dovuto anche alla nostra indifferenza e disattenzione, ai piccoli e “innocenti” compromessi quotidiani, alla tendenza a interessarsi quasi esclusivamente dei nostri affari, all’esasperata ed egoistica ricerca del benessere ad ogni costo, al poco rispetto dell’umanità in noi e negli altri. Noi credenti dovremmo sentirci ancora più responsabili perché non sempre abbiamo offerto alla storia del nostro paese la ricchezza di luce, di carità e di speranza proprie del vangelo. Per questo la traccia per il Convegno di Palermo sollecita “un sano e coraggioso esame di coscienza che sappia mettere in luce, accanto ai fondamentali contributi offerti dalla comunità cristiana negli scorsi decenni alla crescita e allo sviluppo del Paese, anche le inadempienze e le omissioni” (n.10). Pure le riflessioni suggerite dal programma pastorale diocesano dovrebbero evidenziare le ombre o i ritardi nel cammino delle nostre comunità e in quello personale. Forse le inadempienze ed omissioni - e pure qualcosa di più grave - sono state determinate dal non aver consegnato l’intera e concreta esistenza alla luce, al giudizio e alla forza della Parola. L’abbiamo relegata in un piccolo angolo del nostro vivere lasciando che tutto il resto, cioè il pensare e l’agire concreto, fosse guidato dalle idee dominanti. E ciò per la perenne tentazione di esaurire la fede in alcuni gesti rituali senza impegnarvi la vita. Probabilmente non abbiamo poi affrontato seriamente la fatica di coniugare il vangelo con la storia in rapida evoluzione. Non vi è stata cioè la sufficiente lucidità per essere fedeli, singolarmente e comunitariamente, al vangelo e alle domande concrete dei nostri fratelli. La scarsa attenzione per comprendere ciò che stava avvenendo non ci ha abituati al discernimento evangelico, cioè alle capacità di individuare ciò che conviene fare in ogni circostanza alla luce della speranza plasmata in noi dalla memoria del darsi incondizionato di Gesù Cristo al Padre e ai fratelli. Forse è pure mancato un approfondimento continuo del vangelo. Se il desiderio non è guidato dallo Spirito di Cristo, e la mente non è capace di penetrare ombre e luci del pensare e del vivere sociale, non è possibile individuare le opportunità offerte oggi al vangelo perché continui a sprigionare la sua luce e la sua forza a servizio di ogni uomo. Non si riesce a fare unità nella vita, a dare il proprio contributo perché la comunità ecclesiale sia segno autentico di Gesù Cristo; non si è in grado di offrire ai fratelli quella verità e quel senso che soltanto il vangelo può regalare; non si favorisce la crescita umana della società. Responsabili del bene della società 3 Ci sentiamo responsabili perché consapevoli che non si uscirà dalla tempesta senza l’impegno di tutti per superare l’emergenza ma anche per correggere le cause profonde del disagio, che vanno ben oltre la politica e l’economia. E i credenti, se testimoni fedeli della Parola, possono dare un contributo prezioso alla ricostruzione morale e sociale del paese unitamente a tutti coloro che sono guidati dalla genuina passione per l’uomo. Il sapere che la visione vera dell’uomo, della società e della storia è quella fondata sulla carità pasquale, non offre certo soluzione immediata ai problemi. Indica, però, la direzione del cammino, i valori da ricercare, lo spirito con il quale si devono individuare le possibilità per realizzare questi valori; permette di vedere i pericoli per il bene globale dell’uomo, soprattutto quelli meno notati dall’opinione pubblica. Questo legame tra la fede e la vita non sarà smarrito nell’elaborazione delle articolate mediazioni, necessarie per giungere alle scelte concrete, se si sta nella storia con lucidità, consapevolezza, responsabilità, passione per il vero bene dell’uomo, attenti alla voce dello Spirito che arriva a noi attraverso le circostanze concrete e con intensa e frequente preghiera. Per esempio, starci non lasciandosi abbagliare da chi grida di più, senza “vendersi” al miglior offerente, non accontentandosi di affermazioni generiche. Dei candidati alle responsabilità pubbliche si devono vagliare attentamente l’onestà, la professionalità, la reale attitudine a vivere il servizio pubblico come missione e a non dimenticare la ricerca del bene superiore della comunità locale e del Paese, la capacità di non trasformare la competizione politica in rissa continua. Dai programmi politici si devono esigere, per i diversi problemi, risposte chiare, concrete, attuabili e verificabili. Senza dimenticare che, accanto ai problemi politici ed economici, ci sono gravi questioni sociali ed etiche: la difesa della vita in tutte le sue fasi, la fecondazione artificiale, l’eutanasia, la famiglia da sostenere nel suo gravoso compito educativo, la cura delle situazioni di debolezza, la crescita concreta del solidarismo, cioè dell’impegno a creare reali possibilità perché ogni persona possa partecipare attivamente alla propria crescita e a quella della società. Per questo ritorna l’esigenza di formazione per preparare dei credenti che si impegnino, secondo lo Spirito di Cristo crocifisso-risorto, tanto nella quotidianità della vita quanto nelle istituzioni: “Tutto ciò interpella in forma nuova la comunità cristiana perché sappia sempre più esprimere e sostenere, in forme adeguate e corrette, uomini e donne che, oltre ad avere la specifica necessaria competenza, siano cristianamente formati e, come tali, si impegnino socialmente e politicamente. Anche sotto questo profilo, si impone l’esigenza di una forte e limpida spiritualità e di una formazione di laici maturi che, in comunione coi pastori e consapevoli della specifica responsabilità della propria vocazione, sappiano coniugare il rapporto tra fede e vita civile e politica” (Il Vangelo della 4 carità per una nuova società in Italia, n.11). Nel programma pastorale diocesano, tra le priorità, si sottolinea l’attenzione alla formazione permanente dei laici, avendo presente le opportunità e difficoltà attuali. In quest’opera di formazione, le comunità ecclesiali sono pure chiamate a diventare luoghi dove i credenti si confrontano sul loro modo d’intendere la società, d’interpretare la storia e di operare le scelte concrete. Confronto sereno, unicamente preoccupato di arricchire le diverse posizioni, cioè il legame tra fede e vita e l’apporto da offrire al cammino comune. Confronto capace di far maturare un unità vera, non nominalistica, sui valori fondamentali, aldilà del puro calcolo elettorale e del legame con lo schieramento politico scelto. Anche tutto questo deve far parte della conversione alla quale siamo chiamati dalla grazia quaresimale: come singoli credenti e come comuinità ecclesiale essere sempre più segno che la forza rinnovatrice del Risorto è presente anche nella storia attuale per salvarla. Mostrare che anche oggi è possibile vivere come memoria di Gesù Cristo; dimostrare che questa è l’unica via per servire e salvare integralmente l’uomo; rendere più facile l’incontro tra il Risorto e i fratelli che sono in ricerca di verità e di senso. + Roberto Amadei 5