CHIRURGIA GENERALE DEL 9 MAGGIO 2003 La mammella

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CHIRURGIA GENERALE DEL 9 MAGGIO 2003
La mammella
Questo della mammella è un argomento un po’ particolare in quanto per la donna rappresenta un
elemento di bellezza, di seduzione ma rappresenta anche un aspetto particolare della maternità per
quanto riguarda l’allattamento e quindi va gestito dal chirurgo con grande cautelala e sensibilità.
Allora noi quando ci accingiamo a fare un esame obbiettivo e fare diagnosi e a spiegare trattamenti
vari relativi alle ghiandole mammarie dobbiamo tenere conto di questi fattori e non possiamo
gestire l’intervento come un’ernia inguinale in cui l’incisione è nascosta dalle mutande oppure una
resezione intestinale che lascia soltanto una cicatrice laparotomica o più semplicemente i soli fori di
ingresso dei trocart. Un intervento alla mammella provoca un traumatismo che interferisce con
l’aspetto estetico della donna e comporta una serie di ripercussioni psicologiche per lei. Inoltre in
questo periodo i medici devono far conto con il problema che la malasanità c’è e che quindi la gente
è prevenuta: di fatto quando una persona viene da voi non si affida completamente a voi, ha bisogno
di essere convinta, persuasa, noi gli dobbiamo dare l’impressione di essere padroni della situazione,
di conoscere la materia e nello stesso tempo dobbiamo entrare nella psicologia della persona per
spiegarle e farla accettare tutti i trattamenti a cui verrà sottoposta, in pratica dobbiamo applicare
correttamente il consenso informato. La paziente che ha un problema alla mammella ha un
problema oncologico, non è una malattia che guarisce con l’atto chirurgico, ma è una patologia che
accompagnerà la paziente per tutta la vita perché il rischio di recidive e il cosìdetto follow up
neuroplastico accompagneranno la paziente fino al decesso. In genere le fasi psicologiche di una
paziente di questo tipo sono sempre 3: c’è il momento della disperazione in cui uno acquisisce il
trauma di avere una neoplasia, poi comincia a convivere con questa condizione, poi le persone più
forti circondate da un appoggio familiare adeguato cominciano a combattere questa situazione.
Ricordatevi che il cancro al seno non è una malattia rara ma una patologia sociale; è molto
importante che non siate mai superficiali o sbrigativi verso la paziente perché la cosa peggiore per
lei è non poter condividere neanche con il medico il dramma che sta vivendo. Con l’informazione
che c’è oggi il malato vuole essere curato, rassicurato e soprattutto vuole confidarsi e voi dovete
prendere tempo ricordando che oltre ad essere una patologia da curare la paziente è una signora con
tutti i casini che questa donna può avere e in più il tumore alla mammella. Queste sembrerebbero
frasi di effetto ma non è così: “il senso di solitudine” questo è fondamentale perché il malato
neoplastico ha proprio il senso di solitudine perché deve morire e si sente solo in questo.
Normalmente l’informazione giornalistica e i flash televisivi semplificano molto l’informazione che
arriva alla popolazione facendo sembrare la patologia neoplastica ormai facilmente guaribile, ma
questo atteggiamento così ottimistico non aderisce alla realtà, quindi noi dobbiamo essere precisi,
chiari, eliminare l’errore comune, ma soprattutto spiegare alla paziente che attualmente abbiamo a
disposizione numerose armi e quindi se si lavora di concerto, in equipe, si riesce a dare alle persone
moltissimo in termini di qualità e di durata della vita.
La ghiandola mammaria è composta prevalentemente da grasso, a livello del capezzolo sboccano
circa una ventina di dotti. E’ chiaro che è una gemmazione dell’ectoderma verso il tessuto
connettivo e verso la fascia del muscolo pettorale successivamente durante le varie fasi (pubertà,
ciclo, maternità) la ghiandola assuma proprio la sua funzione di allattamento. Ogni dotto ha una
specie di estasia retroaereolare che successivamente si ramifica sino ad arrivare all’unità globulare
che è quella che produce. Quindi è una ghiandola sottocutanea accessibile a tutte le manovre
diagnostiche, con una rete linfatica, una venosa, e una arteriosa; lo sbocco venoso e l’afflusso
arterioso dal punto di vista chirurgico è meno importante della rete linfatica.
Dal punto di vista generale nelle nostre latitudini, il tumore più diffuso è il tumore al polmone
dovuto al fumo di sigaretta che oggi colpisce in egual misura l’uomo e la donna avendo anche la
donna iniziato a fumare. In passato questo tumore era molto più raro rispetto ad tumore della lingua,
delle labbra perché la gente fumava il sigaro o masticava tabacco.
Mostra una immagine di un caso di carcinoma alla mammella avanzatissimo con retrazione e
invasione del complesso areola-capezzolo.
Per quanto riguardo il tumore del colonrecto sicuramente è legato al tipo di alimentazione infatti nei
paesi in cui si mangiano meno scorie è notevolmente inferiore l’incidenza. Può essere fatta
prevenzione con delle colonscopie in persone dopo i 40 anni o in persone che hanno una familiarità
diretta.
Altro tumore molto frequente è la prostata per l’uomo e la mammella per la donna; quindi la
mammella rientra fra i big killers. L’epidemiologia ci aiuta a capire sia gli aspetti geografici di una
malattia e quindi lo studio di fattori di rischio legati a determinate abitudini o determinati farmaci
che gli aspetti di trasmissione familiare. In Italia ogni anno 30.000 donne si ammalano di neoplasia
alla mammella, ovviamente se le persone non sono trattate la sopravvivenza diventa bassissima,
mentre dopo trattamento chirurgico si ha un notevole miglioramento della sopravvivenza. Se noi
andiamo a studiare l’epidemiologia per regione per esempio nella provincia di Varese il tasso è più
alto rispetto alla provincia di Ragusa e quindi si vede che c’è una maggiore incidenza di malattia nel
Nord Italia rispetto al Sud come lo era nei paesi occidentali rispetto ai paesi meno sviluppati.
L’Olanda ha un’incidenza più alta rispetto alla Grecia o alla Spagna, da qui bisognerebbe risalire
perché di questa distribuzione. La malattia si evidenzia nelle fasce di età più avanzate e questo
spiega l’importanza di un follow up assiduo (1-2 volte l’anno) nelle persone anziane. La mortalità
per questo tumore è ancora significativa. L’epidemiologia analitica invece analizza invece i fattori
che possono essere significativi per esempio la familiarità e i fattori genetici. Adesso anche nel
carcinoma mammario hanno identificato dei generi correlati alla manifestazione della patologia.
L’ipotesi virale è stata sviluppato nell’animale ma non nell’uomo. L’associazione del tabacco, dei
pesticidi o di altre molecole che possano avere una struttura simile agli estroprogestinici, con
questo cancro è ancora in fase di studio. Si indaga anche su alcuni farmaci e su tinture per capelli
come sulle radiazione ionizzanti e campi elettromagnetici. Esistono poi dei fattori endogeni
piuttosto critici che ognuno di noi deve ricercare durante l’anamnesi: sarà importante chiedere l’età
del menarca, della menopausa, dei figli, l’allattamento. L’allattamento mette a riposo la ghiandola
dalla stimolo estroprogestinico e quindi di fatto riduce il rischio di sviluppare adenocalcinoma
mammario. L’obesità implica uno squilibrio ormonale e quindi un rischio aumentato. Persone che
fanno sport soprattutto a livello agonistico hanno uno squilibrio ormonale a vantaggio degli ormoni
maschili; anche diete e alcol e soprattutto le sostanze di natura vegetale potendo avere strutture
simili a quelle degli estrogeni aumentano il rischio di carcinoma. L’equilibrio ormonale è legato
all’attitudine al lavoro all’attitudine psicologica della persona, queste non sono cose molto studiate
però come esiste una risposta allo stress e all’emotività esiste una alterazione ormonale. Sull’ultimo
numero di Focus spiegavano perché una persona ha un appagamento postorgasmo: perché si alza la
prolattina. Gli equilibri ormonali possono condizionare lo sviluppo di un carcinoma mammario.
Esiste la terapia sostitutiva o con i contraccettivi orali, questo è importante anche se con le dosi di
estroprogestinici che hanno gli anticoncezionali odierni non c’è un rapporto causa effetto e molti li
ritengono sicuri. Ovviamente bisogna valutare la predisposizione familiare. Riguardo la terapia
sostitutiva post menopausa (i cerottini) è d’obbligo fare un’indagine mammografia, un controllo
senografico preciso, per capire se quella donna può beneficiare la terapia . La familiarità è un
aspetto importante che ci spinge a fare dei controlli più serrati in persone con una familiarità
positiva per neoplasia della mammella. Esistono famiglie a rischio moderato dove non ci sono
tumori ovarici e famiglie a rischio più elevato con 3 o più casi, con possibile tumore ovarico e con
insorgenza più precoce della malattie. L’8 % del totale è rappresentato dalla forma ereditaria: sono
stati identificati 2 geni: il BRCA 1 e il BRCA2. Rispettivamente nel cromosoma 17 e nel 13, e
questo condiziona anche la tipologia. Se in una famiglia troviamo più di tre persone ammalate di
carcinoma ovarico le possiamo fare i test genetici e facciamo dei controlli più serrati al seno. Per
ridurre i fattori di rischio può essere utile mangiare tante verdure, fare una vita sana non stressarsi,
prendere le vitamine, ma questo sicuramente non è sufficiente, quindi la prevenzione primaria
rimane un discorso abbastanza filosofico. Ciò che è effettivamente utile è la diagnosi precoce ossia
la prevenzione secondaria quindi il medico deve invitare la donna a praticare l’autopalpazione
almeno una volta al mese, gli esami strumentali a partire dai 30 anni e soprattutto la mammografia.
L’esame mammografico con la tecnologia attuale ha consentito una diagnosi sempre più precoce e
addirittura attualmente ci sono dei quadri mammografici che non hanno ancora un corrispettivo
anatomopatologico e clinico chiaro. Quindi il radiologo senologo va a caccia di noduli non
palpabili, di pseudo noduli o distorsioni parenchimali, di microcalcificazioni che vengono
variamente classificate quindi l’approccio diagnostico e terapeutico sarà poi discusso insieme dal
radiologo e dal chirurgo. Attualmente essendo la diagnosi molto precoce la percentuale di masse di
dimensioni significative si sta riducendo mentre è in aumento una diagnosi basata sulla presenza
delle microcalcificazioni. E’ sottointeso che la diagnosi precoce porta ad un miglioramento della
prognosi. La gravità della malattia è proporzionale a livello socioeconomico della popolazione e
quindi soprattutto in ambienti culturalmente poco sviluppati si potranno ancora vedere delle lesioni
in stadi estremamente avanzati e delle masse di notevoli dimensioni, quindi più il livello culturale è
meno la gente si reca in ospedale.
Autoesame: se la donna non ha paura di se stessa può guardarsi allo specchio e guardare grosso
modo le modifiche; è importante studiare il seno modificando la posizione delle braccia perché
questo permette di valutare l’eventuale coinvolgimento dei piani sottostanti, dei legamenti del
Cooper, una deformazione del profilo evidente in entrambe le posizioni o meno. La palpazione va
effettuata a mano piatta senza stringere, quindi è consigliabile fare questa manovra sotto la doccia,
magari col sapone, così che le dita scorrano meglio. E’ importante controllare anche il cavo
ascellare e con una modesta spremitura del capezzolo. Il prolungamento ascellare, o prolungamento
di Spenser è una quota di ghiandola che si proietta verso il cavo ascellare che è importante
ispezionare perché spesso può accogliere delle piccole lesioni, dei linfonodi all’interno della
ghiandola. Il professore mostra un esempio di una donna dove in posizione normale non si vedeva
nulla mentre cambiando posizione si evidenziava una lieve retrazione che era indice di un
coinvolgimento dei legamenti del Cooper. La secrezione in caso di capezzole secernente può essere:
lattea, sierosa, sieropuruloide, ematica, quest’ultima è quella che più allarma perché sottende un
papilloma intraduttale che va rimosso. Una secrezione sierosa o sieropurulenta in genere
corrisponde a una estasia duttale ossia i dotti retroareolari molto spesso sono dilatati (ectasici) e
contengono del materiale, dei detriti che possono fuoriuscire. Una secrezione di tipo latteo in genere
è dovuta a una patologia endocrina o alla assunzione di farmaci che ne possono stimolare la
secrezione. Il professore sottolinea di nuovo l’importanza di effettuare la spremitura del capezzolo
durante l’esame obiettivo, il materiale raccolto verrà ovviamente strisciato su vetrino e mandato in
laboratorio. Rimanendo sempre nel complesso areola/capezzolo sarà importante tenere presente il
morbo di Paget che spesso si manifesta con un eczema dell’aureola. Il Paget è un carcinoma duttale
infiltrante dei dotti retroareolari che però in via vasale invade la cute. La palpazione ecco come si
fa, non per pizzigamento, vedete qui fa capire ciò che uno sente, percepisce con le dite e ciò che
corrisponde al quadro anatomo-patologico, qui c’è la sensazione di cisti che è una sensazione
frequentissima: chi di voi donne non ha la mastopatia fibrosocisti, non hanno dolore subito prima
del ciclo e allora quando si va a palpare delicatamente (la palpazione va fatta subito dopo il ciclo
perché prima del ciclo c’è una imbibizione di tutto lo stroma) e si ha la sensazione di quasi di
pallini da calcio oppure di bozzi. La massa che viene definita elastica, con superficie omogenica
non adesa ai piani circostanti sarà ovviamente una massa benigna al contrario una massa lignea con
superficie disomogenea, margini irregolari, adesa ai piani circostanti con eventuale retrazione
cutanea, aspetto a buccia d’arancio o presenza di linfonodo satellite sarà una massa maligna .
Altro carattere di malignità è l’eventuale deformazione del parenchio duttale. Nelle forme più
aggressive ed avanzate si può avere addirittura un ingorgo venoso. L’aspetto a buccia d’arancia è
tipico dell’invasione da parte della neoplasia del linfatico sottocutaneo di conseguenza la cute sarà
edematosa con poro retratto generalmente corrisponde a un T4 un così detto tumore infiammatorio
che quindi chirurgicamente non si aggredisce neanche ma che si tratta con chemioterapia e solo in
un secondo momento l’intervento chirurgico.
Mostra una serie di esempi.
Mostra la foto di una mammografia e dello strumento usato per farla e sottolinea che l’aspetto tipico
di una lesione tumorale è una lesione spiculata. La mammografia si fa in senso cranio-caudale,
latero-laterale e in proiezione obliqua per studiare il prolungamento ascellare e l’interessamento
linfonodale che è molto frequente. Le microcalcificazioni sono generalmente indice di malignità
quando sono distorte, fatte in un certo modo, molto spesso portano a diagnosi di calcinoma duttale
in situ che in seguito a degenerazione dei dotti porta la formazione di calcificazioni che seguono il
dotto. Questo tumore non supera la membrana basale e pone delle problematiche molto interessanti
dal punto vista clinico e terapeutico. La mammografia è consigliata oltre i 40 anni perché la
ghiandola viene sostituita da grasso mentre nella giovane o comunque in donne con una ghiandola
particolarmente trofica non essendo questa trasparente, non si vede nulla. Esiste poi l’ecografia che
è molto utile nelle persone giovani perché meno traumatica e più idonea in un tessuto trofico. E’
un’indagine di secondo livello nelle persone che possono beneficiare della mammografia, quindi è
sempre un’indagine corrollaria, non è un’indagine sostanziale perché non ti permette indagini
sufficientemente precoci e soprattutto non ti permette di chiudere un ciclo diagnostico.
All’ecografia una cisti è riconoscibile perché c’è rinforzo posteriore che è dovuto al passaggio degli
ultrasuoni da un tessuto solido ad uno liquido. Ovviamente esistono dei sistemi biottici : l’ago
aspirato (FNAC fine niddle aspiration citology) esiste la Corp biopsy dove in sostanza si introduce
l’ago, si manda avanti il mandrino, poi scorre la camicia sul mandrino e quindi alla fine otteniamo
un frusto. Attualmente esistono dei sistemi, che usano i radiologi, che permettono di fare delle
carote di tessuto ed è il così detto mammoton : un sistema rotante in cui c’è un ago con una apertura
laterale che aspira con un meccanismo di suzione delle carote, dei frammenti di tessuto mammario
il sistema poi ruota così da poter aspirare il tessuto a 360°. Quindi se noi avessimo una situazione di
microcalcificazioni sospette in una zona definita di mammella o se avessimo una zona di distorsione
parenchimale dovremmo procedere a quel tipo di biopsia. Se la lesione è visibile ecograficamente è
molto più comodo fare un citologico, una biopsia per ottenere un frustolo ecoguidata, essendo
questa tecnica molto più facile, a mano libera. Nel caso di cisti si può aspirare il liquido e
successivamente si manda qualche cc di aria, successivamente a volte la cisti si riassorbe e
scompare, ma si deve stare attenti perché nell’ambito di una cisti può comparire un tumore.
Viceversa se la lesione non è visibile ecograficamente, il sistema di guida deve essere per forza
radiologico, si parla in questo caso stereotassi. Nella stereotassi esiste una sorta di pannello simile
alla griglia della battaglia navale tramite il quale viene localizzata la lesione e si procede sempre
secondo queste direttive topografiche nell’introduzione dell’ago, successivamente si fa l’indagine
radiologica per verificare che la lesione sia stata centrata ed eventualmente durante la massima
aspirazione, con dei movimenti di vai e vieni e di lateralità si cerca di succhiare delle cellule che
saranno poi strisciate su vetrino. Il mommoton è un sistema sotto guida radiologica che prevede
aghi abbastanza grossi (in genere un 18 g che equivale ad un millimetro e qualcosa), si fa con la
paziente in posizione prona così che le ghiandole mammarie scendano dal piano del letto e possano
essere compresse e manipolate dall’apparecchio stesso. Attualmente si stanno sviluppando anche la
risonanza magnetica e la scintigrafia con radionuclide. Quest’ultima (RM) viene effettuata
soprattutto nelle donne portatrici di protesi o in donne in cui le altre indagini sono negative pur
avendo la certezza di patologia. La risonanza magnetica va ad analizzare la differenza di tessuto, di
vascolarizzazione della lesione presentando una sensibilità molto alta.
Un carcinoma può essere multifocale, multicentrico o bilaterale. Multifocale significa che si trova
in più sedi dello stesso quadrante; multicentrico significa che sta in più sedi della stessa mammella;
Bilaterale in entrambe le mammelle. Spesso può succedere che per un carcinoma duttale infiltrante
si faccia una quadrantectomia, con un trattamento chirurgico quindi non totale, e può anche
succedere che per un carcinoma duttale in situ si faccia una mammectomia perché nel carcinoma
duttale in situ c’è un pattern di gravità che viene valutato dagli anatomopatologi per i quali la forma
più grave il comedocarcinoma . Allora se uno valuta la presenza di microcalcificazioni
multicentriche e un aspetto istologico di comedocarcinoma uno è costretto a fare mammectomia
totale immediata. Alla volte i radiologi vanno a studiare il dettaglio di una lesione tramite degli in
gradimenti specifici. Mostra immagini di alcune protesi mammarie dove è rimasto soltanto il
complesso areola capezzolo, la cute e la sottocute e la protesi è stata posizionata sotto il pettorale
con una incisione estetica o sotto o più spesso a livello del pilastro anteriore della ascella. In questi
casi è meglio una mammografia che non una risonanza magnetica. (credo che intendesse dire il
contrario). Quando uno ha fatto una chirurgia che può essere o bioetica o conservativa è difficile
fare la diagnosi differenziale di eventuali ciccatrici chirurgiche con distorsione del parenchio, in
questo caso la risonanza è ottima. La chemioterapia neoadiuvante è una terapia fatta prima
dell’intervento chirurgico ed è fatta per ridurre lo stadio della malattia. Gli ospedali sono attrezzati
in modo da offrire ad una donna un approccio univoco, in sostanza l’obiettivo è che una donna con
un problema deve chiudere il ciclo entro 15 giorni e quindi dovrebbe essere fatta diagnosi.
Il lavoro è un lavoro di equipe (Gruppo
) con un chirurgo, un radiologo, l’anatomo patologo,
l’oncologo, il radioterapista, queste sono tutte figure con le quali una donna affetta da carcinoma
mammario avrà a che fare. Ci saranno anche lo psicologo, il chirurgo plastico e il personale per la
riabilitazione. Storicamente in passato l’attitudine era di asportare la massa tumorale e tutto il
tessuto circostante, si preferiva quindi fare mammectomia; oggi si predilige la quadrantopsia
seguendo la corrente di pensiero di un intervento il più conservativo possibile, nel rispetto
dell’integrità anatomica ed estetica dell’individuo. Si è visto che le aspettative di vita in seguito a
quadrantopsia (QART) sono pressoché equivalenti alle aspettative di vita in seguito a
mammectomia. Questa ovviamente è stata una grande innovazione in ambito chirurgico resa
possibile da una miglior conoscenza della biologia, da una diagnosi più precoce e da un lavoro
multidisciplinare.
I linfonodi dell’ascella sono di 3 livelli, oltre a questi esiste il drenaggio della catena mammaria
interna. Medialmente il flusso linfatico è diretto verso l’ascella e questo spiega perché più
frequentemente sono coinvolti proprio i linfonodi di questa zona. I linfonodi sono di 3 livelli:
quelli di 1 livello si trovano lateralmente al piccolo pettorale, i linfonodi di 2 livello si trovano
posteriormente al piccolo pettorale e quelli di 3 livelli medialmente al piccolo pettorale. Quando si
fa la linfectomia questi vanno biopsiati tutti e 3 o almeno si devono biopsare i primi 2 livelli perché
ciò che attualmente condiziona la prognosi, oltre alla T è soprattutto la N. L’intervento di Alsted,
inventato 100 anni fa, ha dimostrato che togliendo la ghiandola mammaria, i 2 pettorali, svuotando
l’ascella, con una incisione a racchetta verticale e togliendo tutta la cute che stava sopra la
ghiandola mammaria c’è una variazione della sopravivenza di queste donne. Successivamente
Batey decise di risparmiare il grande pettorale così da rendere l’intervento meno deturpante non
solo dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista funzionale e della motilità. Normalmente
l’operazione sulla mammella deve togliere la ghiandola con la fascia che riveste il grande pettorale
e lasciare questo in sede pur togliendo il piccolo pettorale. L’incisione in questo caso è una losanga
lievemente obliqua o orizzontale che consente di accedere al cavo ascellare e quindi di effettuare
anche linfectomia. Oggi le mastectomie modificate hanno preso il sopravvento sull’intervento
radicale. L’intervento di Malten lascia entrambe i pettorali in sede facendo linfectomia con una
incisione orizzontale che consente una eventuale ricostruzione dopo e due tubi di drenaggio. Uno
che va a drenare le sierosità al davanti del muscolo e l’altro verso l’ascella. Addirittura Urban aveva
ideato un intervento che prevedesse la linfectomia di tutti i linfonodi della catena mammaria
interna, con una demolizione toracica, questo intervento è stato praticamente abbandonato. Il
linfonodo sentinella è il primo linfonodo che viene interessato da un’eventuale metastatizzazione.
Questo è importante perché se tramite biopsia dimostro che questi linfonodi sentinella sono negativi
posso evitare la linfectomia. Questa tipologia di approccio è stata sviluppata nel 92 nel melanoma
da Morton e ancora prima nel carcinoma del pene. Nel melanoma è uno standard che se questo è più
spesso di 1mm viene fatto il linfonodo sentinella e se questo è negativo non si procede alla
linfectomia. Qual ‘è il vantaggio secondario del linfonodo sentinella? Siccome il linfonodo
sentinella viene fatto a fettine e viene studiato in modo molto più approfondito che non la normale
colorazione con ematossilina –eusina, recuperi una quota di micrometastasi che normalmente non
vedi ma che con il linfonodo vedi. Ancora non sappiamo con precisione il significato biologico
della micrometastasi, ossia se questa effettivamente abbia un significato prognostico. Il linfonodo
sentinella si fa iniettando vicino al tumore del materiale radioattivo, normalmente tecnezio unito
con albumina……………….nanocolloide, questa viene veicolata verso i linfonodi e con una
gamma – camera si riesce a vedere dove si ferma. Con una sonda intraoperatoria si va a localizzare
il linfonodo e si fa la biopsia. La faccenda però è un po’ più complessa perché intanto deve sapere
che c’è un tumore e lo devo sapere prima, quindi avrò già fatto un’ecografia e un agoaspirato poi
devo fare l’iniezione e in base al referto intraoperatorio dell’infonodo sentinella devo procedere a
linfectomia perché altrimenti dovrei fare l’intervento in 2 tempi . Attualmente il linfonodo viene
studiato con una metodica che taglia il linfonodo a metà e poi si fa una specie di citologia.
Un problema in questa tecnica è la cosìdetta curva di apprendimento (ci vuole un po’ di esperienza),
secondo una grossa percentuale di tumori anche piccoli possono avere linfonodi ascellari.
Quadrantectomia: questo è un tipo di intervento standardizzato grazie alla scuola di Veronesi.
Normalmente l’intervento bioptico semplice viene fatto con un’incisione estetica secondo le linee
elastiche, nel caso in cui sia certo che la paziente farà quadrantectomia si fa un’incisione
longitudinale radiale, ne viene tolto un pezzettino, si fa esame istologico al congelatore e poi
quadrantectomia con rimozione di un quadrante della ghiandola e svuotamento del cavo ascellare.
Il risultato estetico è buono. In questo modo si ottiene la cura della malattia, una valuzione
operatoria del T e del N . Si attua radioterapia post operatoria e in base al N eventualmente anche
chemioterapia ormonale ecc. Prima le cose erano molto semplici perché se la paziente era in
premenopausa faceva il CMF, mentre se era in postmenopausa faceva anche gli ormoni. Adesso ci
sono terapie ormonali molto più articolate. Come si stadia l’M? Innanzitutto con la scintigrafia
ossea che mette in evidenza le lesioni in modo molto precoce e in caso di positività va poi
corroborata con un’eventuale indagine radiologica. Poi abbiamo una radiografica del torace e
eventualmente si può ricorrere ad eventuali TC o RM. Non è detto che si debba fare
immediatamente una stadiazione completa: in una paziente con un nodulo di 1,5 cm in stadio T1
l’M può essere studiato anche dopo il trattamento chirurgico. Quando si fa una linfectomia si blocca
il ritorno linfatico del braccio verso il torace . Normalmente l’assenza di questi linfonodi viene
compensata dai linfonodi sottocutanei. Qualora avvenga una complicazione può succedere che
anche questi linfonodi sottocutanei si blocchino e in questo caso avremo linfedema che è una
condizione molto pesante per la persona. Questa è una delle complicazione peggiori nel
postoperatorio quindi si dovrà essere molto meticolosi nell’evitarla. Sarà importante non fare
linfectomia se non strettamente necessario. Altra complicanza è sicuramente il rischio di infezioni.
Mostra le immagini di una donna con sieroma che si aspira per qualche giorno e guarisce. Molti
chirurghi fanno una medicazione compressiva che blocca i tubi. Il professore non usa la
compressiva, ma fa delle aspirazioni 2 volte al giorno.
Questa classificazione voi dovreste cercare di classificarla in modo logico. Il carcinoma in sito
esiste; viene classificato in lobulare e in duttale ed è caratterizzato dal fatto che non ha superato la
membrana basale. Quando il carcinoma supera la membrana basale si parla di carcinoma infiltrante.
Per esempio nell’intestino essendo i vasi linfatici accolti sia nella sottomucosa che sotto la tonaca
propria, è chiaro che man mano che il tumore va avanti incontra più linfatici e quindi può avere più
tendenza a dare metastasi. Per definizione il carcinoma in situ non può dare metastasi.
T1: tumore inferiore a 2 cm
T2: da 2 a 5 cm
T3: maggiore di 5 cm
T4: o adeso alle strutture intorno, come la parete toracica o infiltrazione della cute con cute a buccia
d’arancia o carcinoma infiammatorio.
A seconda del TNM voi modificherete il trattamento terapeutico secondo degli standard codificati.
Il linfonodo sentinella viene fatto sino a tumori di un paio di cm perché se il tumore supera una
certa dimensione l’N diventa quasi matematico. Nei casi di M1 o di tumore avanzato l’approccio è
chemioterapico. Ricordatevi che nelle terapie conservative come la quadrantectomia c’è sempre
bisogno di una radioterapia per ridurre l’incidenza di recidive locali. Gli screening sono
fondamentali per fare diagnosi precoce. Nel carcinoma in situ spesso si deve fare una
mammectomia totale e poi si deve stabilire se risparmiare o meno l’areola. Mostra una diapositiva
di un caso di tumore multicentrico con alcuni aspetto di comedocalcinoma in cui è stata asportata
tutta la ghiandola con incisione periareolare ed è stato poi messo un espansore d‘amblee questo
comporta che alla ghiandola controlaterale devi fare un intervento di risistemazione per evitare che
le due mammelle risultino esteticamente troppo asimmetriche. Nell’ambito dei carcinomi
intraduttali puoi trovare degli aspetti di microinvasività . Esiste una fase nella quale è necessario
stabilizzare la malattia. Una persona normalmente può avere una metastasi al fegato, al polmone,
alle ossa oppure altri posti, si è visto che se la malattia metastatica è stabilizzata dalla chemioterapia
può essere utile a scopo di riduzione di massa neoplastica fare radiofrequenza sulla metastasi
epatica. Questo è vero soprattutto se le lesioni sono piccole. L’oncologo meno massa tumorale deve
distruggere con i farmaci meglio sta. Quindi la termoblazione delle metastasi epatiche da
carcinoma della mammella in quadri clinici stabilizzati può avere delle indicazioni e risulta
sufficientemente efficace. Nelle metastasi ascellari da carcinoma occulto cosa si fa? Innanzitutto si
fa biopsia del linfonodo e dopo si va a cercare la massa con mammografia o con risonanza, e poi si
attua un trattamento adeguato in base all’N. Nell’età senile i tumori sono normalmente meno
aggressivi e quindi si discute se sia effettivamente necessario fare linfectomia. In gravidanza è un
altro problema ancora: bisogna vedere in che periodo della gravidanza siamo, se anticipare il parto
con il cesareo e poi partire con il programma terapeutico oppure, se si scopre in prima fase, indurre
un aborto e poi attuare l’approccio terapeutico. Sto cercando di dirvi che ogni trattamento va
ritagliato in termini multidisciplinari per ogni singolo paziente e per ogni singola stadio di malattia.
Chiara S.
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