XVIII Domenica del Tempo Ordinario Antifona d`ingresso O Dio

XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Sei tu il mio soccorso, la mia salvezza:
Signore, non tardare. (Sal 70,2.6)
Colletta
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre,
e assisti il tuo popolo,
che ti riconosce suo pastore e guida;
rinnova l’opera della tua creazione
e custodisci ciò che hai rinnovato.
Oppure:
O Dio, principio e fine di tutte le cose,
che in Cristo tuo Figlio
ci hai chiamati a possedere il regno,
fa’ che operando con le nostre forze
a sottomettere la terra
non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall’egoismo,
ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te.
PRIMA LETTURA (Qo 1,2;2,21-23)
Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica?
Dal libro del Qoèlet
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro
che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con
cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte
il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
SALMO RESPONSORIALE (Sal 89)
Rit: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. Rit:
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
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alla sera è falciata e secca. Rit:
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! Rit:
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. Rit:
SECONDA LETTURA (Col 3,1-5.9-11)
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio;
rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà
manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e
quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete
rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma
Cristo è tutto e in tutti.
Canto al Vangelo (Mt 5,3)
Alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia.
VANGELO (Lc 12,13-21)
Quello che hai preparato, di chi sarà?
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me
l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è
nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –:
demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia,
bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello
che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso
Dio».
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Preghiera sulle offerte
Santifica, o Dio, i doni che ti presentiamo
e trasforma in offerta perenne tutta la nostra vita
in unione alla vittima spirituale,
il tuo servo Gesù,
unico sacrificio a te gradito.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Antifona di comunione
Ci hai mandato, Signore, un pane dal cielo,
un pane che porta in sé ogni dolcezza e soddisfa ogni desiderio. (Sap 16,20)
Oppure:
“Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli”,
dice il Signore. (Lc 12,33)
Preghiera dopo la comunione
Accompagna con la tua continua protezione, Signore,
il popolo che hai nutrito con il pane del cielo,
e rendilo degno dell’eredità eterna.
Lectio
Per il vangelo di Luca il denaro rappresenta una questione seria nella vita cristiana, un
problema che deve essere affrontato decisamente. Nella grande sezione del viaggio verso
Gerusalemme, che è come un cammino di iniziazione del discepolo alla sequela, almeno due
capitoli sono dedicati a questo tema: “Guardatevi dalla cupidigia, perché anche se uno è
nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Questo il messaggio esplicito del vangelo
di oggi; ma bisogna capire bene.
Nella prima lettura, Qoelet vuole vedere quale sia il vantaggio che l’uomo può ricavare da
tutta la sua fatica. Interrogato su questo vantaggio, il ricco stolto della parabola avrebbe risposto che
il vantaggio sta nella ricchezza, negli agi; Qoelet oppone che il presunto vantaggio è solo “vanità
delle vanità”. Un soffio senza solidità, un vuoto che non si colma, un niente: ecco il risultato di tutto
il lavoro umano. Bisogna tuttavia ricordare che la vita vista da Qoelet è quella che si muove “sotto
il sole”. Bisogna sollevare lo sguardo per vedere qualcosa di più; bisogna arricchire davanti a Dio
per dare alla propria vita un fondamento solido.
v. 13:
Il tema del rapporto con le ricchezze è un tema molto caro a Luca; non può non esserlo per
chi è, tra gli evangelisti, quello che è più attento ai poveri. Ci possiamo prendere cura della
condizione dei poveri solo nella povertà. Quello che viene sottoposto a Gesù è la richiesta di
divisione delle ricchezze. Qui va sottolineato che la ricchezza divide. La ricchezza che auspichiamo
sia divisa, in realtà divide. Il vangelo mette in stretta relazione la presenza del denaro con la
possibilità che il denaro ha di dividere.
v. 15:
La cupidigia è un vizio che generalmente veniva considerato caratteristico dei pagani. La
lettera ai Colossesi e quella agli Efesini considerano la cupidigia una forma di idolatria, perché
sottomette l’uomo al potere del mondo. Nel Decalogo troviamo la proibizione: “non desiderare ...”:
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si cerca esattamente di andare alla radice della cupidigia, perché questo desiderio mette in
movimento un meccanismo che tende ad ingrossarsi con il tempo. Questo desiderio è quello che dà
alle cose un sovrappiù di valore e crea dentro la società un conflitto di desideri. Questi desideri,
intrecciati e incrociati, sono meccanismi che tendono ad autoalimentarsi, perché rispondono al
bisogno dell’uomo di un senso di pienezza, di avere il senso della completezza della sua vita.
L’insistenza di Gesù è proprio su questo: il senso della vita non sta nel possedere molte cose, ma sta
nell’aprirsi al regno di Dio. Dietro la cupidigia non sta tanto il bisogno delle cose, ma quello che le
cose rappresentano: la sicurezza e il senso di riuscita.
Gesù fa un’affermazione molto severa quando dice: “La sua vita non dipende dai suoi beni”.
Quasi a dire che un uomo non è quello che ha. Qui l’affermazione è molto chiara e ha una portata
antropologica: la vita di un uomo non è rappresentata dai suoi beni. L’abbondanza spesso ci fa
considerare gli uomini e la dignità degli uomini come la dignità di coloro che sono perché hanno.
Per Gesù non è così. C’è una condizione che è altra rispetto a ciò che uno ha.
v. 17:
La parabola, considerata senza la conclusione, potrebbe tranquillamente essere letta come il
ritratto dell’“uomo di successo”. Questo è nella nostra cultura oggetto di ammirazione e di stima:
lavorando con intelligenza e con fortuna, l’uno e l’altro insieme, quest’ uomo ha messo da parte un
patrimonio immenso. La parabola inoltre non dice che questo uomo è stato disonesto. Ha
semplicemente saputo usare le sue abilità. È stato anche fortunato, perché che la campagna dia un
grande frutto è questione di tempo climatico, di piogge al tempo opportuno. È stato fortunato, però
non gli si può rimproverare niente dal punto di vista dell’etica della giustizia distributiva.
v. 20:
Eppure, il Signore lo qualifica “stolto”: “Dio gli disse: stolto”. Perché stolto? Perché non ha
capito la vita, non ha vissuto la vita. In realtà quello che lui ha vissuto è un suo sogno personale: la
realtà della vita non l’ha compresa e non l’ha accettata correttamente. Perché la vita dell’uomo non
si fonda sull’avere, non si riduce all’avere, ma è dono da accogliere con riconoscenza e con gioia
nella grazia del Signore.
Come accade molte volte nelle parabole, il giudizio che noi saremmo portati a pronunciare
viene bruscamente capovolto. Il protagonista della parabola era così impegnato a far grano, a farsi
ricco che non ha avuto né tempo né energia per arricchire davanti a Dio. È un inganno sottile,
quindi, quello cui bisogna stare attenti. Vivi una vita onesta, fatta di soldi e di comodità; ti viene da
dire: “Cosa c’è di male?”. Ma bisogna allargare l’attenzione. Qualsiasi scelta richiede il sacrificio di
qualcosa. Il ricco della parabola si è illuso di aumentare i suoi guadagni e non si è accorto di ciò che
stava perdendo. La nostra società ci offre tali e tante possibilità di esperienze che è difficile
resistere. Soprattutto se si imposta la questione con l’interrogativo: “Cosa c’è di male?”. Sono tante
le omissioni della nostra vita, ma c’è un’omissione fondamentale che consiste nel dimenticare Dio.
v. 21:
Ciò che si ripromette questo uomo in fondo non è nulla di male, perché dice: Hai dei beni,
ne hai per molti anni, si tratta ora di riposarsi, di mangiare, di bere e di darsi alla gioia. Non che ci
sia del male in questo bisogno del “riposare, mangiare, bere, darsi alla gioia”; questo, secondo il
Qoelet, è quello che spetta all’uomo: l’uomo nella sua vita ha queste cose; il Qoelet, però aggiunge
che tutto questo è dono di Dio (cfr. Qo 2, 24-25). E varrebbe la pena che uno se ne ricordasse, e
quindi custodisse quella sana riserva mentale che fa percepire all’uomo che lui padrone della vita e
padrone dei beni non lo è, e non lo può diventare. Quando san Giacomo esortava i suoi cristiani a
mettere sempre il “se Dio vorrà” prima dei loro progetti, li invitava proprio a stare lontano da questa
possibile presunzione. È proprio questo il discorso che il “ricco” non è riuscito a fare, che non ha
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percepito; per questo è “stolto”, perché non ha tenuto conto della struttura effettiva della vita
dell’uomo. E la morte, “questa stessa notte”, riconduce alla verità; riconduce alla percezione del
limite delle realizzazioni umane.
Appendice
Noi attendiamo tutto dalla terra, niente dal cielo; tutto dalla vita presente, niente dalla gloria
futura e dall’immortalità senza fine. Dimentichiamo le parole del Signore e Salvatore nostro: Che
giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde l’anima sua? (Mt 16.26). E ancora: badate
e guardatevi; perché non sta la vita di alcuno nell’abbondanza dei suoi averi (Lc 12.15). Perciò
dobbiamo evitare ogni connivenza con l’avarizia e con la cupidigia, con l’invidia, con la discordia e
con le dissensioni. Dobbiamo invece ricercare la pace, la concordia, l’unanimità, per poter
partecipare alla vita eterna con tanti e tali uomini, di cui si dice: ora la moltitudine dei credenti era
un cuor solo e un’anima sola, e avevano tutto in comune (At 4.32). Perciò dobbiamo soccorrere i
fratelli e i poveri che soffrono la miseria come se i nostri beni fossero in comune, perché abbiamo in
comune un solo Dio e Padre, e un solo Signore, l’unigenito Figlio di Dio, e un solo Spirito Santo,
una sola fede, e la grazia di un solo Battesimo, che ci fa rinascere a Dio per la vita eterna
(Cromazio, Disc. 31.4).
Della carità è stato detto: non va in cerca dei propri interessi, ma di quelli degli altri (1Cor
13,5; Fil 2,4). Non cerca i propri vantaggi ma cerca la salvezza dei fratelli. Poiché anche costui che
prega il Signore di interporsi come arbitro, se avete fatto attenzione, se lo avete capito bene, andava
in cerca dei propri interessi, non di quelli altrui. Suo fratello infatti aveva preso per sé tutto il
patrimonio e non aveva dato la parte dovuta al fratello. Egli vide il Signore giusto; non poteva
trovare un giudice migliore, e gli si rivolse perché facesse da giudice e disse: Signore, dì a mio
fratello di spartire con me l’eredità. Che cosa c’è di più giusto? “Si prenda la sua parte e mi dia la
mia! Né tutto io, né tutto lui, perché siamo fratelli”. E dire che le stesse sostanze che cercavano di
spartire, le avrebbero possedute sempre intere se fossero vissuti d’accordo. Tutto ciò che si divide,
diminuisce (Agostino, Discorsi 107a, 1).
Ecco cosa ti dice il tuo Signore: guardati da ogni specie di cupidigia. Guardati
dall’acquistare beni terreni e io ti riempirò. Rispondigli e dì: “Di che cosa mi riempirai?”… “Sarò io
a riempirti. Tu cerchi che io riempia la tua casa? Ti riempirò io se sarai a casa mia”. Riconosci e
ama colui che ti ha creato ed egli ti riempirà, non di qualche cosa, ma di se stesso. Possiederai Dio,
sarai pieno di Dio. Questa è la grande ricchezza dell’anima. La ricchezza materiale è superflua,
perché il nostro corpo ha bisogno di poco per mantenersi in vita. La ricchezza spirituale non è
superflua. Quanto Dio ti darà, quanto ti concederà di spirito di fede, di carità, di giustizia, di castità,
tutto quello che ti darà di se stesso, non può essere superfluo. La tua ricchezza interiore è molto
importante. Come si chiama? Si chiama Dio. Amico mio, se tu sei povero, non possiedi dunque
nulla, se possiedi Iddio? Amico mio, che sei ricco, possiedi dunque qualcosa se non possiedi Dio?
(Agostino, Discorsi 107a, 3).
L’audacia di utilizzare al meglio tutti i beni di oggi, di non assicurarsi alcun capitale senza
paura della povertà possibile, dà una forza incalcolabile. Ma se invece, come Israele, tu riservi per
domani il pane venuto dal cielo (cfr Es 16), se tu fai dei progetti per l’avvenire, rischi di
sovraccaricare invano i fratelli la cui vocazione è di vivere il momento presente. La povertà non ha
virtù in se stessa. Il povero del Vangelo impara a vivere senza sicurezza per il domani, nella fiducia
gioiosa che tutto gli sarà donato. Lo spirito di povertà non consistere nel mostrarsi miserabili, ma
nel disporre tutto nella bellezza semplice della creazione. Lo spirito di povertà è vivere nella gioia
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dell’oggi. Se c’è gratuità da parte di Dio nel dispensare i beni della terra, c’è grazia per l’uomo nel
donare ciò che ha ricevuto (Regola di Taizé pp. 57-59).
È dovere della Chiesa – di tutta la Chiesa e innanzitutto di coloro a cui spetta in primo luogo
l’ufficio profetico come maestri autentici della fede, i vescovi e i presbiteri, loro immediati
collaboratori – denunciare l’abuso del denaro o del potere, così come si denunciano o si dovrebbero
denunciare, tutti i peccati: la bestemmia, l’adulterio, il furto …(…) Io temo che le voci profetiche
del magistero in questo campo non abbiano nella predicazione e nella pastorale quotidiana la
risonanza che dovrebbero avere. (…) Riconoscere secondo il Vangelo il valore della povertà vuol
dire rispettare e amare i poveri, mettersi dalla parte loro con una scelta preferenziale. Cristo, che è
venuto a salvare tutti senza eccezione, ha proclamato beati i poveri e ad essi ha riconosciuto il
primato dell’annuncio della salvezza. Lo Spirito del Signore … mi ha mandato a predicare ai
poveri la buona novella (Lc 4,18). La Chiesa non può fare altra scelta. Questa non è demagogia: è
vangelo (M. Pellegrino, Camminare insieme 12).
L’uomo della parabola non dice nulla di clamoroso, non immagina nulla di particolarmente
riprovevole, ma ci pare mostri un difetto radicale: parla solo di sé, di ciò che è suo, di ciò che pensa
dipenda solo da lui e di cosa ne farà per se stesso. Ciò che non funziona è il confidare in sé, nel
denaro, il confidare nelle proprie opere, trasformare il frutto della propria fatica quotidiana nello
scopo della propria vita, nello strumento della felicità. Ancora una volta è una forma d’idolatria che
ci fa convincere di poter fare a meno di Dio (Col 3,5); ma l’alternativa a riconoscere Dio è rendersi
schiavi delle nostre miserie. Ciò che non funziona è anche il credere di “potersene fregare”, di
potersi disinteressare di tutto ciò che è circostante, di potersi chiamare fuori dalla mischia, di
credersi “a posto” una volta per tutte, ma la parola definitiva su questo argomento non spetta a noi.
Qoèlet, poi, tocca esplicitamente il tema del profitto, che sembra non essere il frutto vero del lavoro,
ma un’attesa che delude e lascia senza speranza. La risposta arriva dal Vangelo, attraverso il quale
siamo portati a riflettere su come le nostre attività abbiano senso solo in funzione di Dio, del
compimento del suo progetto di salvezza su ciascuno di noi (Gruppo OPG).
Passi biblici paralleli
vv. 13-14:
Sal 72,17b: In lui saranno benedette tutte le stirpi della terra e tutti i popoli lo diranno beato.
Sal 73,6.8: Dell’orgoglio si fanno una collana e la violenza è il loro vestito. Scherniscono e parlano
con malizia, minacciano dall’alto con prepotenza.
Is 13,13-14: in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle
parti più remote del settentrione.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo.
Is 45,11: Dice il Signore, il Santo di Israele, che lo ha plasmato: “Volete interrogarmi sul futuro dei
miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani?
Is 49,6: mi disse: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e
ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino
all’estremità della terra”.
Mt 28,18-19: E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito santo,
Lc 4,23: Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto
abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria! ”.
Lc 10,40: Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non
ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
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Lc 23,39: Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e
anche noi!
Gv 6,26: Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni,
ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.
Gv 7,2-3: Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne; i suoi fratelli gli dissero:
“Parti di qui e và nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai.
Gv 12,4-5: Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: “Perché
quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”.
At 4,11-12: Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In
nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è
stabilito che possiamo essere salvati”.
Sal 112,5.9: Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli dona
largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre, la sua potenza s’innalza nella gloria.
Sap 1,3: I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio; l’onnipotenza, messa alla prova, caccia gli
stolti.
Gv 1,16: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Gv 10,10b: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Gv 11,25-26: Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore,
vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? ”.
Gv 17,19: Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.
Gv 14,23: Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
At 2,44: Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune;
At 4,32: La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e
nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.
Gal 5,22: Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé;
Fil 2,5-6: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di
natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
v. 20:
Sal 39,7: Come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa
chi le raccolga.
Sal 49,17-18: Se vedi un uomo arricchirsi, non temere, se aumenta la gloria della sua casa. Quando
muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria.
Qo 5,6: Poiché dai molti sogni provengono molte delusioni e molte parole. Abbi dunque il timor di
Dio.
Qo 6,12: Chi sa quel che all’uomo convenga durante la vita, nei brevi giorni della sua vana
esistenza che egli trascorre come un’ombra? Chi può indicare all’uomo cosa avverrà dopo di lui
sotto il sole?
Sap 5,8-9: Che cosa ci ha giovato la nostra superbia? Che cosa ci ha portato la ricchezza con la
spavalderia? Tutto questo è passato come ombra e come notizia fugace.
Sir 6,16: Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore.
1Re 9,6-7a: Ma se voi e i vostri figli vi allontanerete da me, se non osserverete i comandi e i decreti
che io vi ho dati, se andrete a servire altri dei e a prostrarvi davanti ad essi, eliminerò Israele dal
paese che ho dato loro, rigetterò da me il tempio che ho consacrato al mio nome.
Mt 6,19: Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri
scassinano e rubano.
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Mt 19,21-22: Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri
e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché
aveva molte ricchezze.
Gv 5,44: E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria
che viene da Dio solo?
At 5,3: Ma Pietro gli disse: “Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu
hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?
Eb 13,16: Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali
sacrifici il Signore si compiace.
Gc 5,1-3a: E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre
ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme.
1Pt 3,3-4: Il vostro ornamento non sia quello esteriore - capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di
vestiti -; cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di
mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio.
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