Prof. GIUSEPPE GATTI Università di Urbino APPUNTI DI TERMODINAMICA 1-1 1. CONCETTI DI BASE DELLA TERMODINAMICA Come tutte le discipline la termodinamica usa un vocabolario di termini specializzati che descrivono concetti fondamentali come energia, calore, lavoro, equilibrio e così via. In questo primo capitolo si passano in rassegna questi concetti che saranno utilizzati nella successiva esposizione. La termodinamica (dal greco termon = calore, dinamis = forza) è nata come scienza che studia le trasformazioni della materia e dell’energia nei processi chimico-fisici. Si usa in molti testi distinguere la termodinamica classica da quella statistica. La termodinamica classica studia le trasformazioni da un punto di vista macroscopico, senza considerare la struttura atomica e molecolare della materia. Insieme con la teoria cinetica dei gas la termodinamica statistica studia le trasformazioni da un punto di vista microscopico, calcolando valori medi statistici delle proprietà molecolari. La termodinamica non si occupa della velocità delle trasformazioni, che è invece oggetto di studio della cinetica chimica. In pratica la termodinamica chimica studia se una reazione chimica è possibile, e la cinetica chimica studia in quanto tempo avviene la reazione. Energia L’energia (dal greco energheia= laboriosità) è la capacità di fare un lavoro. Il lavoro fatto da una forza su una particella ne aumenta l’energia cinetica ½ mv2 . Il lavoro fatto dalla forza è altresì uguale alla diminuzione dell’energia del campo di forza corrispondente. L’energia del campo è per esempio: l’energia potenziale di gravità l’energia potenziale di una molla l’energia del campo elettrico l’energia elettromagnetica Il principio di conservazione stabilisce che la somma dell’energia cinetica e dell’energia del campo è invariante. Da queste definizioni risulta che il lavoro è praticamente un modo di trasferire energia. Per esempio comprimendo una molla facciamo su di essa un lavoro che ne aumenta l’energia potenziale. Calore L’esperienza indica che si può trasferire energia in modo alternativo al lavoro. Il caso classico è il motore a vapore: riscaldando il vapore d'acqua gli si dà energia (il gas infatti poi si espande compiendo lavoro). A questa forma alternativa di trasferimento di energia è stato dato il nome di calore. Analogia: il conto in banca è una misura della nostra “energia” finanziaria; questa si può trasferire in vari modi, con un assegno oppure alternativamente con la carta di credito. 1-2 Dato che lavoro e calore sono modi di trasferimento dell’energia le unità di misura delle tre grandezze sono le stesse. Unità di misura dell’energia L'unità di misura dell'energia nel sistema internazionale è il Joule, ma nella letteratura scientifica vengono usate anche altre unità, come risulta in questo schema riassuntivo: Nome Simbolo Conversioni Joule J 1 J = 1 Newton 1 m Erg erg 1 J = 107 erg Caloria cal 1 cal = 4,184 J kcaloria kcal 1 kcal = 103 cal Litro atmosfera L atm 1 L atm = 101.325 J Elettron-volt eV 1 eV = 1.60219 10 -19 J = 96.485 kJ mol -1 Numero d’onda cm-1 1 cm-1 = 1.9864 10 -23 J = 11.96 J mol -1 Il sistema termodinamico Il sistema termodinamico è la parte della realtà a cui facciamo riferimento, distinta dall’ambiente che lo circonda. Il sistema consiste di una certa quantità di materia (misurata in numero n di moli) più una certa quantità di energia U, oppure di sola energia. Esempi di sistemi sono: una bombola contenente un gas una stufa di laboratorio sotto vuoto contenente solo raggi infrarossi, cioè solo energia un reattore chimico un motore d’automobile 1-3 un frigorifero una cellula biologica Classificazione dei sistemi in base agli scambi con i dintorni Sistema isolato: non scambia con i dintorni né materia né energia. n = 0, U = 0 Esempio: acqua in un thermos con tappo. Sistema chiuso: scambia energia n = 0, U 0 Esempio: un radiatore d’automobile a circuito chiuso. Sistema aperto: scambia materia ed energia n 0, U 0 Esempio: un impianto chimico, un organismo vivente. Convenzione sul segno algebrico delle quantità scambiate Quantità positive sono quelle assorbite dal sistema ( e provenienti dai dintorni ). Quantità negative sono quelle emesse dal sistema ( e assorbite dai dintorni ). Analogia: nel bilancio di una azienda economica le entrate sono positive e le uscite sono negative Classificazione fisica dei sistemi Sistemi fisicamente omogenei: non hanno discontinuità nelle loro proprietà. Esempi: una bombola di aria; una soluzione omogenea di zucchero in acqua; una sbarra di ferro. Sistemi fisicamente eterogenei: sono costituiti da più porzioni fisicamente e chimicamente omogenee, ma diverse e separate fra loro, dette fasi. Esempi: due liquidi immiscibili come acqua e cloroformio zolfo rombico + zolfo monoclino ghiaccio + acqua + vapore. Composizione chimica dei sistemi Ad un solo componente chimico Esempio: acqua + ghiaccio A più componenti Esempio: un carburante auto formato da una miscela di vari idrocarburi Stato termodinamico del sistema Per descrivere lo stato dinamico di un sistema di N molecole sarebbe necessario definirne posizione e velocità. Questo significherebbe conoscere il valore di 6N variabili a livello microscopico, compito palesemente impossibile , considerato che per una mole di sostanza il 1-4 numero N è dell’ordine di 10 23 . Una comoda alternativa a questa procedura è quella di descrivere il cosiddetto stato termodinamico del sistema, ossia la sua condizione macroscopica corrispondente ad un gran numero di microstati dinamici distinti ed equivalenti fra di loro. Lo stato dunque in termodinamica classica viene rappresentato tramite i valori di poche variabili chimico-fisiche facilmente misurabili, dette variabili di stato o coordinate termodinamiche. (Sarà invece còmpito della termodinamica statistica fissare i criteri per assegnare il numero di microstati dinamici corrispondenti ad un dato macrostato). Si possono distinguere due tipi di variabili. Variabili fisiche: Variabili chimiche: temperatura T, pressione P, volume V quantità dei c componenti chimici (espresse in moli) Temperatura L’esperienza quotidiana ci suggerisce per questa variabile una definizione elementare: è la variabile che ci dà una misura quantitativa del senso fisiologico di caldo. Ma procedendo nello studio della termodinamica classica e statistica si approfondirà il significato di questa grandezza. E` noto che la temperatura si esprime nella pratica corrente nella scala Celsius, cioè in gradi centigradi (C). In questa scala sono stati fissati come punti di riferimento la temperatura del ghiaccio fondente (0C) e quella dell’acqua bollente (100C ). Invece in termodinamica la temperatura si esprime nella scala assoluta, cioè in gradi Kelvin (K). La scala Celsius e quella Kelvin differiscono solo per l’origine: lo zero della scala Kelvin corrisponde a - 273.15 C e la temperatura del ghiaccio fondente è di 273.15 K. Per dare un’idea degli ordini di grandezza si riportano qui di seguito alcune temperature caratteristiche: Temperatura del nucleo del sole Punto di ebollizione dell’uranio Punto di sublimazione del carbone Punto di fusione del tungsteno Punto di ebollizione del ferro Punto di fusione del ferro Punto triplo dell’acqua Punto di sublimazione della CO2 Punto di ebollizione dell’ossigeno Punto di ebollizione dell’azoto Punto di ebollizione dell’elio T (in K) 107 4018 3700 3387 3023 1808 273.16 194.7 90.2 77.4 4.22 Pressione La meccanica definisce la pressione come la forza rapportata alla superficie su cui agisce: P = F/S. 1-5 L'unità di misura della pressione nel sistema internazionale è il Pascal, ma altre unità vengono usate: Nome Pascal (SI) Bar Atmosfera Torr Simbolo Pa bar atm torr Conversioni 1 Pa = 1 Newton 1m -2 1 bar = 105 Pa 1 atm = 1.01325 bar = 101325 Pa 1 torr = 133.3 Pa Composizione chimica La composizione chimica del sistema si può descrivere quantitativamente mediante le frazioni molari. La frazione molare dell’i-esimo componente è data da xi Si noti che ni n i n1 n2 .... ni xi 1 . i Il numero di componenti di un sistema è dato dal minimo numero di specie chimiche necessario per definire la composizione di tutte le fasi del sistema. In pratica il numero di componenti c si calcola come differenza tra il numero di specie S ed il numero di relazioni fra le specie, c = S R. Equazione di stato L’esperienza indica che le variabili di stato non sono indipendenti tra loro. Per esempio un gas puro è caratterizzato dalla pressione P, dalla temperatura T e dal volume V. Ma sperimentalmente si osserva che le tre variabili sono legate tra loro da una equazione di stato, caratteristica del gas f (P,V,T) = 0 Così lo stato è definito sufficientemente da due variabili, dato che la terza dipende dalle altre due. Sono possibili tre scelte per la coppia di variabili indipendenti: P = f (V,T) V = f (T,P) T = f (P,V) In generale il numero di variabili indipendenti è uguale al numero di variabili totali meno il numero di relazioni che le legano, vi = vtot nrelaz. Rappresentazione grafica dello stato Una comoda rappresentazione dello stato consiste nel riportare due variabili sugli assi di un diagramma cartesiano. Per esempio il cosiddetto piano di Clapeyron è un piano P V . 1-6 L’equazione di stato del gas ideale per una mole di gas è P = nRT/V. Si può rappresentare graficamente nel piano P V, tenendo T = costante. L’insieme dei punti a temperatura costante forma la curva detta isoterma. Ogni punto i-esimo del piano rappresenta uno stato del sistema, corrispondente ad una terna di coordinate ( Pi , Vi , Ti ). Stato di equilibrio Fra gli stati possibili di un sistema si definiscono stati di equilibrio quelli che sono invarianti se non cambiano le condizioni esterne. Esempio. Un gas in un volume V = costante è in equilibrio se la sua pressione P è costante ed omogenea e se la temperatura T è omogenea ed uguale a quella del recipiente. L’equilibrio può essere di vari tipi: - equilibrio meccanico: la risultante delle forze interne ed esterne al sistema è nulla. - equilibrio termico: il sistema è tutto alla stessa temperatura, che è anche quella dei dintorni. - equilibrio di fase: non avvengono spostamenti di materia da una fase all’altra del sistema. - equilibrio chimico: nel sistema non avvengono reazioni chimiche. Quando tutte queste condizioni sono soddisfatte il sistema è in uno stato di equilibrio termodinamico. Principio numero zero della termodinamica Due sistemi A e B in equilibrio termico con un terzo sistema C sono in equilibrio fra loro. In formule se TA = TC e TB = TC allora TA = TB 1-7 Questo principio introduce la temperatura come funzione termodinamica dello stato del sistema. Sulla base del principio zero funziona il termometro. Infatti se A è un sistema di riferimento (per esempio acqua e ghiaccio) e C è un capillare di vetro contenente mercurio, cioè il termometro, la misura indica che il sistema B è alla temperatura del riferimento. Il sistema di misura C è si può tarare con altri riferimenti (per esempio acqua bollente) e dalla lunghezza del capillare di mercurio si valuta la temperatura per interpolazione. Trasformazioni In termodinamica si definisce trasformazione il passaggio di un sistema da uno stato iniziale ad un altro stato finale attraverso una successione continua di stati intermedi. Una trasformazione è infinitesima se avviene con variazioni infinitesime delle variabili del sistema. Classificazione delle trasformazioni secondo Planck Tutte le trasformazioni infinitesime che si possono immaginare per un sistema termodinamico appartengono a tre classi. La stragrande maggioranza delle trasformazioni sono - trasformazioni naturali: avvengono spontaneamente in natura e vanno a senso unico verso uno stato di mutuo equilibrio fra il sistema e i suoi dintorni. Una volta raggiunto, lo stato di equilibrio persiste fintanto che i dintorni non cambiano. In base a questo una designazione alternativa molto usata e suggestiva è quella di trasformazioni irreversibili. Il contrario delle trasformazioni naturali sono le - trasformazioni innaturali: non avvengono spontaneamente in natura e si allontanano dall’equilibrio. Al limite fra le trasformazioni naturali e innaturali si hanno le 1-8 - trasformazioni reversibili: possono avvenire sia in una direzione che in quella contraria, attraverso una successione di stati di equilibrio. Neanche questo tipo di trasformazione esiste in natura, ma si può approssimare sperimentalmente con la modifica infinitesimale di una variabile. Nel vocabolario termodinamico i termini trasformazione naturale, irreversibile, spontanea, sono in generale usati come sinonimi. Lo studio delle trasformazioni spontanee è oggetto della termodinamica di non equilibrio. La termodinamica classica si occupa principalmente dei processi reversibili. Il ricorso a questi tipi di processi, ipotetici e formali, è utile nel calcolare le variazioni delle funzioni dello stato termodinamico. Nelle trasformazioni irreversibili, che avvengono spontaneamente in natura, può accadere che una delle variabili termodinamiche di stato non sia più definibile. Per esempio nell’espansione brusca del gas non ha senso di parlare di pressione, perché questa può essere disomogenea da un punto all’altro del gas e non in equilibrio con la pressione dei dintorni. Questo fatto invece non avviene nelle trasformazioni reversibili, che quindi possono essere comodamente descritte mediante la definizione delle coordinate termodinamiche di equilibrio e l’equazione di stato che le lega. Esempi di trasformazioni irreversibili - un gas compresso si espande spontaneamente in uno spazio vuoto - un sistema freddo si scalda se viene in contatto termico con un ambiente a temperatura più alta, per esempio un surgelato tirato fuori dal frigorifero - un profumo diffonde nell’aria - un farmaco si scioglie nel solvente - la neve fonde al sole - un bicchiere di cognac evapora (se nessuno lo beve ...) - un pezzo di ghiaccio secco diventa CO2 gas - il metano brucia, CH4 + 2 O2 CO2 + 2 H2O - aggiungendo acido solforico ad una soluzione di bario cloruro precipita il solfato di bario, Ba+ + + SO4 BaSO4 1-9 Condizioni sperimentali per la reversibilità In una trasformazione reversibile il sistema passa attraverso una successione di stati di equilibrio. Sperimentalmente questa trasformazione si approssima con due condizioni: - 1. eliminando l’attrito; in tal modo il sistema evita di dissipare irreversibilmente energia meccanica in calore - 2. facendo procedere la trasformazione molto lentamente, in condizioni quasi-statiche; così il sistema ha tempo di equilibrarsi sia internamente che rispetto ai dintorni. Esempi di trasformazioni reversibili -Trasferimento di calore reversibile fra sistema e dintorni in equilibrio termico. Se la temperatura del sistema è più alta di quella dei dintorni di un infinitesimo dT il sistema cede energia sotto forma di calore q ai dintorni. Ma se la temperatura del sistema è leggermente inferiore il sistema riceve il calore q dai dintorni. Dunque questo flusso di calore è reversibile, in quanto con variazioni piccolissime di temperatura può avvenire in direzioni contrarie. Si noti tuttavia che se fra sistema ed dintorni si avesse una differenza finita di temperatura allora una variazione infinitesima dT non consentirebbe di invertire il trasferimento di calore. La trasformazione sarebbe dunque irreversibile. - Espansione e compressione di un gas in equilibrio meccanico con l’ambiente. Se la pressione del gas è superiore a quella esterna di un infinitesimo dP il gas si espande, se è inferiore di un dP il gas si comprime. 1-10 Quindi questa trasformazione con piccolissime variazioni di pressione si può realizzare nelle due direzioni opposte. - Cambiamento di stato di aggregazione: ghiaccio in equilibrio di fase con l’acqua a T = 273.15 K. dT H 2 O (s) H 2 O (l) - dT Se la temperatura si alza di un infinitesimo dT , H2O passa dalla fase solida a quella liquida, ma se invece la temperatura si abbassa di dT avviene il trasferimento di materia opposto. - Cella galvanica reversibile di Daniell: Zn | ZnSO4 soluz. || CuSO4 soluz. | Cu. Applicando alla pila una differenza di potenziale (ddp) uguale alla sua forza elettromotrice (fem) non ha luogo nessuna reazione chimica, cioè il sistema è in equilibrio. Se la ddp applicata è infinitesimamente inferiore alla fem ha luogo la reazione Zn + Cu++ Zn++ + Cu viceversa se la ddp è infinitesimamente superiore alla fem ha luogo la reazione inversa. Rappresentazione grafica delle trasformazioni In un diagramma PV le trasformazioni reversibili sono rappresentate dalle curve che collegano i due punti corrispondenti agli stati iniziale e finale. I punti che formano le curve corrispondono alle successioni di stati di equilibrio intermedi. Il fatto che le trasformazioni irreversibili non passano per stati di equilibrio viene da alcuni autori rappresentato graficamente con curve tratteggiate. 1-11 Trasformazioni tipiche Delle infinite trasformazioni che può subire un sistema alcune sono denominate in base alle particolari condizioni in cui si realizzano. Trasformazione isocora ( variazione di volume V = 0 ). Si realizza in un contenitore chiuso a pareti rigide che assicura l’invarianza del volume. Per esempio autoclave, reattore in impianti chimici. Trasformazione isobara (variazione di pressione P = 0 ). Si realizza in un contenitore aperto a contatto con l’atmosfera, la quale agisce da pressostato. Le reazioni chimiche in laboratorio e le reazioni biochimiche negli esseri viventi sono i due esempi classici. Trasformazione isoterma (variazione di temperatura T = 0 ). Si realizza mettendo il sistema in contatto termico con un bagno termostatico. Un comune termostato a 273 K è il bagno di acqua e ghiaccio fondente. Trasformazione adiabatica ( calore scambiato q = 0 ). Si realizza in un recipiente termicamente isolato dall’esterno, in modo che il sistema non può scambiare con i dintorni energia sotto forma di calore (ma può scambiare energia sotto forma di lavoro). Il thermos, o vaso di Dewar, è un esempio di contenitore adiabatico. 2. I PRINCIPI DELLA TERMODINAMICA Lo studio di un sistema termodinamico richiede una analisi delle sue trasformazioni e dello stato di equilibrio che esso può raggiungere. Lo scopo di questo capitolo è quello di descrivere le leggi che regolano i trasferimenti di energia che avvengono nelle trasformazioni, sotto forma di lavoro e di calore. Lavoro meccanico di espansione Il lavoro infinitesimale dW fatto dal sistema contro una forza F per spostare un oggetto di una distanza dx è definito dalla relazione dw = F dx. Come esempio di sistema si consideri un gas contenuto in un cilindro. Se una parete del cilindro è un pistone di area A, di massa trascurabile e senza attrito, la pressione esterna Pest esercita sul gas una forza F = Pest A . Il lavoro fatto dal gas contro questa forza per spostare il pistone di dx è dunque Fdx = Pest A dx = Pest dV . 1-12 Il lavoro corrispondente ad una variazione finita di volume si calcola sommando i valori infinitesimi dw, cioè integrando fra lo stato iniziale e quello finale: w i f dw i f Pest dV Esempi Se la pressione esterna è costante w Pest i dV Pest (V f Vi ) , cioè il lavoro è proporzionale f alla pressione esterna ed alla variazione di volume. Se il volume finale è minore del volume iniziale si è avuta una compressione, ed il lavoro scambiato è positivo, cioè compiuto dall’ambiente sul sistema, altrimenti nel caso dell' espansione il lavoro è negativo. Così il lavoro fatto da un gas che si espande da 1 L a 10 L contro pressione esterna costante di 1 bar è dato da w Pest V f Vi 105 N m2 102 103 m3 900 J Se la pressione esterna è uguale a zero allora w = 0 x (Vf Vi) = 0, cioè il gas non compie lavoro. Da questi due esempi si nota che il lavoro dipende dalle condizioni in cui viene compiuto, o come si dice di solito, dal cammino percorso. In generale il lavoro non è una funzione dello stato termodinamico, ma una funzione del percorso. Lavoro reversibile Nel caso in cui il processo di espansione o compressione avvenga in modo reversibile (senza attrito e in condizioni quasi-statiche) il gas è continuamente in equilibrio con i dintorni, cioè la pressione esterna e quella del gas P sono uguali. Dunque nell’integrale del lavoro si può scrivere w f i P dV Rappresentazione grafica del lavoro di compressione-espansione Nel piano di Clapeyron P-V il lavoro è uguale all’area sotto la curva P = f (V ). 1-13 Da questa rappresentazione grafica è evidente che il lavoro dipende dal percorso che separa lo stato iniziale da quello finale, in quanto l’area è diversa a seconda del cammino. Ad esempio i percorsi alternativi 1 e 2 corrispondono a valori diversi di w. Proprietà estensive, intensive, molari Una riflessione sulle grandezze esaminate finora suggerisce una loro classificazione. Alcune grandezze dipendono chiaramente dall’estensione del sistema e sono denominate proprietà estensive. Altre grandezze sono invece indipendenti da quanto il sistema è esteso, e vengono alternativamente indicate come proprietà intensive. Il rapporto fra due grandezze estensive è una grandezza intensiva. In certi casi per semplificare si può convertire una proprietà estensiva di una sostanza in intensiva, dividendola per il numero di moli. Si ottiene così la proprietà di una singola mole di sostanza, detta grandezza molare. Esempi: La massa m, il numero di moli n, il volume V, l’energia U di un sistema sono grandezze estensive. La pressione P e la temperatura T sono grandezze intensive. Il rapporto tra massa e volume è la densità, m/V = , grandezza intensiva. Il volume molare è definito come V/n = Vm , grandezza intensiva. Generalizzazione del trasporto di energia Abbiamo detto che calore e lavoro sono forme di trasporto dell’energia. Accanto al lavoro meccanico di espansione esistono altri tipi di lavoro extrameccanico, per esempio il lavoro elettrico. Tutte queste modalità di trasferimento di energia sono esprimibili quantitativamente come il trasporto di una quantità dX in un potenziale Y mediante la formula generale Y dX in cui Y è una grandezza intensiva (cioè indipendente dalla quantità di materia) ed X è una grandezza 1-14 estensiva (cioè dipendente dalla quantità di materia). Alcune varietà di trasporto dell’energia sono raccolte nella seguente tabella. Processo Grandezza intensiva unità Y espansione di volume p pressione Pa estensione f tensione N espansione di superficie tensione superficiale N m-1 lavoro elettrico V potenziale elettrico lavoro magnetico B campo magnetico T lavoro chimico potenziale chimico J mol-1 calore T temperatura K Grandezza estensiva unità Y dX X V volume m-3 p dV l lunghezza m f dl m2 d area q carica elettrica C dq M mom. magnetico JT-1 B dM n moli mol dn S entropia JK-1 T dS Primo principio, funzione energia interna Una serie di evidenze sperimentali ha portato a questo principio: se si scambia energia sotto forma di calore dq e di lavoro dw con un sistema la sua energia varia della quantità dU = dq + dw oppure in termini finiti U = q + w La funzione U si chiama energia interna , oppure totale. E’ una funzione di stato, cioè una grandezza che dipende solo dallo stato del sistema. La variazione U non dipende dalla “storia” del sistema, ma solo dalla differenza fra i valori finale ed iniziale dell'energia interna: f dU U f U i U i Matematicamente si dice che il differenziale dU della funzione di stato U è un differenziale esatto, cioè una quantità infinitesima che per integrazione dà un risultato indipendente dal percorso fra stato iniziale e stato finale. Il calore e il lavoro non sono funzioni di stato, dunque dq e dw non sono differenziali esatti, cioè i loro integrali q e w dipendono dal percorso. Per questo non si usano i simboli q oppure w. Primo principio per sistema isolato Un sistema isolato non scambia energia con i dintorni, dU = 0, cioè U = costante. Considerando l’universo come un sistema isolato la sua energia è costante. Quindi il primo principio si chiama anche principio di conservazione dell’energia. Primo principio per sistema semplice chiuso 1-15 Se il sistema è semplice, cioè scambia lavoro esclusivamente di compressione/espansione PdV, e non lavoro extrameccanico, e inoltre se non scambia materia con l’esterno e se non si verificano reazioni chimiche (dn = 0) il primo principio si scrive nella forma dU = dq PdV Trasformazione adiabatica Dato che in una trasformazione adiabatica dq = 0, il primo principio assume la forma dU = dw. In questo caso dw è diventato un differenziale esatto, quindi dopo integrazione Uf Ui U = wadiab Questa relazione indica che il lavoro scambiato dal sistema in una trasformazione adiabatica è la misura della sua variazione di energia interna. Definizione meccanica del calore Realizzando la trasformazione tra i due stadi iniziale e finale del paragrafo precedente, ma attraverso un percorso diatermico, cioè con il sistema in contatto termico con i dintorni, U non cambia, perchè è funzione di stato. Però wdiaterm differisce dal precedente wadiab a motivo del calore scambiato q . Quindi si puó ricavare una misura puramente meccanica di q q = wadiab wdiaterm Trasformazione isocora Se il volume è costante, il lavoro meccanico PdV è nullo e se anche il lavoro extrameccanico è nullo il primo principio si riduce a dU = dq. In questo caso dq è diventato un differenziale esatto, quindi dopo integrazione U = qV , in cui l’indice V significa V = costante. Questa relazione indica che il calore scambiato dal sistema a volume costante è la misura della sua variazione di energia interna. Il calore fornito (oppure sottratto) al sistema determina unicamente un aumento (oppure una diminuzione) di U. Trasformazione isobara Sperimentalmente è molto più agevole lavorare a pressione costante, cioè in condizioni isobare. Dato che il volume del sistema non è vincolato ad essere costante, l'energia termica dq fornita dai dintorni al sistema in parte ne aumenta l'energia interna di dU e in parte viene restituita ai dintorni sotto forma di lavoro PdV, in accordo al primo principio In altre parole, diversamente dalla trasformazione isocora, dU è minore di dq. Tuttavia si trova che il calore scambiato a pressione costante si identifica con la variazione di un'altra funzione di stato del sistema. Prima di considerare questo caso facciamo una piccola manipolazione matematica. Ricordando la regola del differenziale di un prodotto si può scrivere d(PV) = PdV + VdP 1-16 e sommando alla relazione dU = dq PdV valida per un sistema chiuso semplice, cioè senza lavoro extrameccanico, si ottiene d(U + PV) = dq + VdP Per semplicità chiamiamo H = U + PV e dunque dH = dq + VdP. La grandezza H, come somma di funzioni di stato, è a sua volta una funzione di stato e dH è un differenziale esatto. Per una trasformazione isobara il termine VdP si annulla e dH = dq. In questo caso dq è diventato un differenziale esatto quindi dopo integrazione H = qP . Questa relazione indica che il calore scambiato dal sistema a pressione costante è la misura della sua variazione di H. Per tale motivo a questa funzione termodinamica è stato dato da Kammerlingh-Onnes il nome di entalpia ( dal greco = caldo). Si noti che quanto detto vale per il caso dell’isobara di un sistema semplice, in cui non si ha scambio di lavoro extrameccanico wex, altrimenti dH = dq + dwex ossia H = qP + wex . Per una trasformazione infinitesima a P costante la variazione di entalpia è dH = dU + PdV e per una trasformazione macroscopica H = U + PV La variazione di volume di solidi o liquidi è molto piccola, quindi a pressioni non elevate il termine PV è trascurabile e H = U. Per i gas invece la variazione del volume dipende dalla variazione del loro numero di moli. Nel caso di comportamento ideale a T e P costante si ha H =U + RT n in cui n = n di moli di gas finali n di moli di gas iniziali. Trasformazione ciclica Dato che in un ciclo lo stato finale è identico a quello iniziale la variazione di energia globale è zero: U = 0 . Il primo principio assume la forma w = q . Cioè il lavoro, che dipende dal cammino fatto nel ciclo, è uguale al calore scambiato dal sistema. Si può notare da questa identità che il calore, analogamente al lavoro, non è una funzione di stato. Capacità termica Si definisce capacità termica di un sistema il rapporto dq/dT fra la quantità infinitesimale di calore scambiato con i dintorni e l’incremento di temperatura del sistema. Se si riferisce ad un grammo di sostanza si chiama calore specifico, se si riferisce ad una mole di sostanza si chiama capacità termica molare. L’unità di misura di quest’ultima grandezza è: J mol1 K1. 1-17 Dato che dq non è un differenziale esatto, la capacità termica non ha un valore unico, ma dipende dal modo in cui il calore viene scambiato. In condizioni isocore, cioè a volume costante, dq = dU, e così U , CV T V dunque la capacità termica a volume costante è in realtà la capacità di incrementare l’energia interna mediante un incremento di temperatura. In condizioni isobare, cioè a pressione costante, dq = dH = dU + PdV, e così H U V CP P T P T P T P Da ciò risulta che la capacità termica a pressione costante corrisponde ad un incremento sia dell’energia interna che del volume. Nel caso particolare di un gas ideale CP CV = R Valori di Cp per alcune sostanze rappresentative sono riportati qui di seguito: Sostanza J Cp mol 1 K1 C (grafite) Fe (s) H2 (g) CO2 (g) H2O (l) FeO (s) n-eptano (l) CuSO4.5H2O (s) 8.5 25.1 28.82 37.11 75.29 143.43 224.3 280 Variazione di entalpia standard Il calore messo in gioco a pressione costante nelle trasformazioni chimico-fisiche di un sistema è dato dalla variazione di entalpia H. Per ragioni di omologazione questa grandezza viene riportata in condizioni standard, cioè riferendola ad una mole di sostanza pura, alla pressione standard P = 1 bar e alla temperatura specificata, e viene indicata con il simbolo H 0 Stato iniziale standard H Stato finale standard A seconda dei processi si hanno diversi parametri H o: Trasformazioni fisiche Fusione fusH Trasformazioni chimiche Reazione reazH 1-18 Evaporazione vapH Sublimazione sublH Transizione cristallina trsH Soluzione solH Combustione cH Idrogenazione HH Formazione fH Entalpia della transizione di fase Se una sostanza passa da uno stato di aggregazione ad un altro con proprietà differenti si dice che ha subito una transizione di fase X( ) X( ) La variazione di entalpia standard associata al processo, riferita alla trasformazione di una mole di sostanza nel suo stato standard ed alla temperatura di transizione, si chiama entalpia di transizione H( ) H( ) = H Esempi. - il ghiaccio forma acqua alla temperatura di fusione: H fus(273 K) = +6.008kJ mol -1 - l’acqua forma vapore alla temperatura di ebollizione: Hvap(273 K) = +40.66 kJ mol -1 - il ghiaccio secco (CO2 solida) sublima formando CO2 gas: Hsub(194 K) = +25.23 kJ mol -1 - lo stagno cambia forma cristallina a 19 C: Htrs (292 K) = +2.2 kJ mol -1 Entalpia di reazione standard Una generica reazione chimica che di solito si indica con l’equazione stechiometrica reagenti si può alternativamente scrivere così r Xr p Xp prodottii 0 i X i in cui per convenzione i coefficienti stechiometrici i sono positivi per i prodotti di reazione e negativi per i reagenti. Si definisce entalpia standard di reazione la somma stechiometrica H o i H o ( i ) dove H (i) indica il valore standard dell’entalpia molare della sostanza i-esima. La sostanza può essere sia un elemento (es. H2 , O2, Na) che un composto (es. H2O, NaCl). Per convenzione si assume che l`entalpia di tutti gli elementi presi nel loro stato standard è uguale a zero. Ne consegue che l’entalpia standard di un composto coincide con la sua entalpia di formazione Hf 1-19 a partire dai suoi elementi presi nei loro stati standard. In definitiva la formula dell’entalpia standard di reazione si semplifica così H o i H of ( i ) Le entalpie di formazione dei diversi composti chimici a temperatura di 298 K sono tabulate nelle raccolte di dati chimico-fisici. Esempio La reazione CaCO3 = CaO + CO2 si scrive alternativamente 0 = CaO + CO2 CaCO3 L’entalpia di reazione standard H o si calcola quindi come H = Hf ( CaO, s ) + Hf ( CO2 , g ) Hf ( CaCO3, s ) = 635.089 kJ mol -1 392.522 kJ mol -1 + 1206.92 kJ mol -1 = +178.31 kJ mol -1 Legge di Hess Dato che H è funzione di stato ne risulta che H per due processi sequenziali I e II è additiva, cioè HI + HII = H Esempio. Note le entalpie di reazione delle due reazioni seguenti si può calcolare per differenza quella della terza, che sperimentalmente sarebbe difficile da determinare. C(s) + O2 (g) CO2 (g) CO (g) + ½ O2 (g) CO2 (g) H o (kJ mol -1) 393.5 283.0 C(s) + ½ O2 (g) CO (g) 110.5 La situazione è riassunta nel seguente diagramma dei livelli di entalpia: C(s) + O2 (g) 1-20 110.5 kJ mol -1 CO (g) + ½ O2 (g) 393.5 kJ mol -1 283.0 kJ mol -1 CO2 (g) Esempio. Il calore di formazione dagli elementi si può calcolare dai calori di combustione facilmente misurabili: CH4 + 2 O2 CO2 + 2 H2O C + O2 CO2 2 H2 + O2 2 H2O H o (kJ mol -1) 890.3 393.5 571.6 C + 2 H2 CH4 74.8 Legge di Kirchoff Ricordando che per una variazione infinitesima di temperatura vale dH = CP dT , integrando fra due temperature si ottiene H (T2 ) H (T1 ) T CP dT T2 1 Ma per una reazione chimica si considera la variazione standard H stechiometrica A A + B B + . . . C C + D D + . . . e dunque H o i H o ( i ) derivando rispetto alla T dH o dH o (i ) i i C P (i) dT dT ossia 1-21 o relativa all’equazione dH o i C P (i) dT Integrando fra due T H o (T2 ) H o (T1 ) T CP dT T2 1 in cui C P = i CP (i). Questa relazione, nota come legge di Kirchoff, serve a calcolare l’entalpia di reazione ad una temperatura nota quella ad un’altra temperatura. La capacità termica in prima approssimazione viene considerata indipendente dalla temperatura, oppure viene espressa da relazioni empiriche del tipo CP = a + bT + cT 2. Esempio L’entalpia della reazione H2 + ½ O2 = H2O a 298 K è 241.82 kJ mol1. Le capacità termiche sono CP (H2O) = 33.58 JK1 mol1 CP (H2) = 28.84 JK1 mol1 CP (O2) = 29.37 JK1 mol1 Assumendo le capacità termiche costanti calcolare il H a 100C. CP = CP (H2O) CP (H2) ½ CP (O2) = 9.94 JK1 mol1 T = 75 K H (373k) = 241.82 + 75 ( 9.94 ) = 242.6 kJ mol1 La funzione entropia Il principio zero ha definito la funzione di stato temperatura, il primo principio ha definito la funzione di stato energia interna, il secondo principio definisce la funzione di stato entropia. L’utilità di questa funzione è che la sua variazione permette di stabilire un criterio per valutare la spontaneità delle trasformazioni del sistema termodinamico. L’entropia di un sistema è la somma dell’entropia delle sue parti. Cioè l’entropia è una grandezza estensiva, come la massa, il volume e l’energia. In una trasformazione la variazione di entropia del sistema dS è la somma di due contributi: uno ha origine dalle interazioni all’interno del sistema, mentre l’altro ha origine dalle interazioni del sistema con l’esterno, cioè con i suoi dintorni: dS = diS + deS 1-22 La produzione interna di entropia diS è associata alle trasformazioni interne al sistema, quali flusso di calore dovuto a non equilibrio termico, trasporto di materia dovuto a non equilibrio meccanico, cambiamenti di fase o reazioni chimiche. Essa è soggetta ai seguenti vincoli : diS = 0 diS 0 (trasformazioni reversibili) (trasformazioni irreversibili, cioè naturali). Il significato fisico di questo postulato è che per un sistema isolato, che cioè non scambia né materia né energia con i dintorni - nelle trasformazioni naturali l’entropia (diversamente dall’energia) non si conserva, ma aumenta; - nelle trasformazioni reversibili l’entropia è invariante; - in nessun caso l’entropia diminuisce. Ma in generale un sistema non è isolato, e può scambiare energia con i dintorni, per esempio sotto forma di calore. Lo scambio di entropia deS , dovuto all’interazione del sistema con l’esterno, viene definito dal prodotto fra lo scambio infinitesimale di calore dq e il reciproco della temperatura assoluta T alla quale avviene lo scambio (si ricorda che T -1 è il fattore integrante del differenziale inesatto dq): deS dq T Si noti che mentre la temperatura assoluta è definita positiva, il calore scambiato può essere sia positivo che negativo, a seconda che venga assorbito oppure emesso dal sistema. Di conseguenza il termine deS , a differenza di diS , può essere sia positivo che negativo. Riassumendo, tenuto conto dei vincoli citati, la variazione di entropia totale di un sistema che scambia con i dintorni energia sotto forma di calore è dS dq T (trasformazioni reversibili) 1-23 dS dq T (trasformazioni naturali, cioè irreversibili) Queste relazioni costituiscono il secondo principio della termodinamica. La disequazione è nota come disuguaglianza di Clausius. Per trasformazioni finite valgono le corrispondenti relazioni integrali f dq S S finale S iniziale T i Infine si noti che se dq è il calore che il sistema scambia con i dintorni, reciprocamente dq è il calore che i dintorni scambiano con il sistema, e dunque la variazione di entropia dei dintorni è dq dSdintorni T Così le relazioni viste sopra si possono riscrivere come dq dS 0 e quindi T dSsistema+ dSdintorni 0 oppure dSuniverso 0 Da quanto esposto è evidente che la variazione della funzione di stato entropia è un indicatore utile per stabilire il verso di una trasformazione. Il criterio è che nel corso di una trasformazione spontanea (cioè naturale, cioè irreversibile) l’entropia dell'universo, a differenza dell’energia, non si conserva, ma cresce. Ciò è dovuto al fatto che l’assestamento del sistema verso l’equilibrio genera entropia. In definitiva per una trasformazione irreversibile l’entropia dell’universo aumenta. Questa formulazione equivale allo storico enunciato di Clausius del secondo principio della termodinamica “ l’entropia dell’universo tende ad un massimo”. Invece una trasformazione reversibile si limita a trasferire entropia fra il sistema e i dintorni, così l'entropia dell'universo resta invariata. Dato che una trasformazione reversibile per definizione avviene fra stati di equilibrio, anche l'equilibrio di un sistema corrisponde alla invarianza di entropia dell'universo. Interpretazione molecolare dell’entropia Il numero W di modi distinti, o microstati, in cui le molecole possono disporsi in corrispondenza di un macrostato del sistema termodinamico si chiama probalità termodinamica. Essa è numericamente diversa dalla probabilità nel senso solito, ma concettualmente equivalente e ad essa correlata. La probabilità convenzionale va da un minimo di 0 ad un massimo di 1, mentre la probabilità termodinamica va da un minimo di 1 in su, ed in genere è un numero molto grande. Analogia. Il numero di modi distinti con cui gettando due dadi si fannno 4 punti è W = 3 ( infatti le combinazioni sono 1 + 3, 3 + 1, 2 + 2 ). La probabilità convenzionale è invece 3/36, cioè il numero di casi favorevoli diviso il numero di casi totali. Il numero di modi distinti con cui si fanno 12 punti è W = 1 ( infatti l’unica combinazione favorevole è 6 +6 ). La probabilità convenzionale è invece 1/36. 1-24 E’ ragionevole pensare che un sistema termodinamico isolato vada spontaneamente verso uno stato di maggiore probabilità. Ma il secondo principio postula che tale sistema vada spontaneamente anche verso uno stato di maggiore entropia. Questo suggerisce un legame tra probabilità termodinamica W, grandezza microscopica, ed entropia S, grandezza macroscopica. Di fatto Boltzmann ha dimostrato che tale relazione esiste ed è la seguente S = kB ln W in cui kB è la costante di Boltzmann, pari al rapporto R / NA = 1.381 10 23 J K1 . Questa relazione chiarisce il significato dell’entropia da un punto di vista microscopico. E’ plausibile interpretare W come una misura di disordine, definito non in senso soggettivo, come nel linguaggio comune, ma oggettivamente e quantitativamente come numero di disposizioni o microstati accessibili. Esempio Una distribuzione altamente ordinata di molecole si può disporre in relativamente pochi modi, mentre una disposizione caotica si può formare in un maggior numero di modi. In definitiva un sistema isolato evolve spontaneamente verso la massima probabilità W, ossia verso il massimo disordine e dunque verso la massima entropia. Flusso di calore Come applicazione del secondo principio valutiamo la produzione di entropia attribuibile al flusso di calore. Si consideri un sistema isolato formato da due sottosistemi A e B a temperature rispettivamente TA e TB e in contatto termico tra loro. Una quantità di calore dq viene emessa da A ed assorbita da B. Le variazioni di entropia riferite ai due sottosistemi sono: dS A d e S A dq TA dS B d e S B dq TB ( I due contributi di entropia interna diSA e diSB sono nulli, dato che internamente i due sottosistemi sono in equilibrio). Invece la variazione di entropia dS riferita al sistema completo isolato è la somma delle due variazioni 1-25 1 1 dS d i S dq TB TA ( Essendo il sistema isolato deS = 0 ). Distinguiamo tre casi: 1. TA TB 2. TA TB dS 0 trasformazione naturale dS 0 trasformazione innaturale 3. TA = TB dS = 0 trasformazione reversibile Questa formulazione è in accordo con l' enunciato di Clausius del secondo principio: "il calore non passa spontaneamente da un corpo più freddo ad uno più caldo". Motore termico Il motore termico è un dispositivo a due porte termiche, che in un ciclo prende calore qa da una sorgente a temperatura alta Ta , converte parte del calore in lavoro w e scarica il resto del calore qb in un refrigerante a temperatura bassa Tb . In una trasformazione ciclica lo stato finale coincide con lo stato iniziale e quindi la variazione di entropia è nulla, S = 0. Se il ciclo è reversibile q q S a b 0 Ta Tb e dunque qa qb Ta Tb lavoro prodotto w qa qb q T Calcoliamo il rendimento termodinamico = 1 b 1 b calore assorbito qa qa qa Ta Il rendimento del ciclo reversibile dipende dal rapporto fra la temperatura del refrigerante e quella della sorgente. Se il ciclo è irreversibile S 0, e dunque 1-26 qb qa Tb Ta ossia qb Tb qa Ta cioè il rendimento del ciclo irreversibile cala rispetto al rendimento massimo del caso reversibile. Esempio. Una turbina a vapore che lavora tra le due temperature di 810K e 324K ha un rendimento massimo pari a 1 324 60% 810 Entropia della transizione di fase Per la trasformazione reversibile di una sostanza pura da una fase ad un’altra fase , a P = P, e alla temperatura di transizione, integrando la relazione dS dq dH T T si ottiene H trso S Ttrs o trs Esempio L’entropia di fusione dell’acqua è S ofus H ofus T fus 6 kJ mol -1 22 J K -1mol -1 273 K Variazione dell’entropia con la temperatura Per ottenere la dipendenza dell’entropia dalla temperatura a pressione costante si utilizza la relazione dq CP dT dS T T integrata fra lo zero assoluto e la temperatura T : 1-27 T C P dT T 0 S (T ) S (0) dove S(0) rappresenta l’entropia allo zero assoluto. Per ogni sostanza avendo misurato la capacità termica molare a pressione costante in funzione della temperatura l’integrale si valuta o graficamente, come area sottesa alla funzione CP/T, oppure numericamente. Ad ogni cambiamento di stato di aggregazione (fusione, ebollizione) si ha una discontinuità della funzione CP/T e bisogna sommare la corrispondente variazione di entropia. Terzo principio della termodinamica La costante S(0) viene posta uguale a zero per il terzo principio. Questo stabilisce che per ogni sistema all’equilibrio lim S 0 T 0 1-28 Entropia di reazione standard Analogamente all’entalpia standard definita precedentemente per la reazione generica 0 = iXi si definisce l’entropia di reazione standard S o i Sio Esempio. Calcolare l'entropia di reazione standard per la sintesi a 298 K H2 ( g ) + 1/2 O2( g ) H2O( l ) rS = S( H2O, l ) [S( H2 , g ) + 1/2 S( O2, g )] = 69.9 J K-1mol -1 [130.7 J K-1mol -1 1 205.1 J K-1mol -1 ] = 163.4 J K-1mol -1 2 3. LE FUNZIONI ENERGIA LIBERA Abbiamo visto nel capitolo precedente che il verso secondo cui le trasformazioni naturali avvengono e l’equilibrio che possono raggiungere sono regolati dal secondo principio: l’entropia di un sistema termodinamico più quella dei dintorni aumenta se i processi che avvengono nel sistema sono spontanei, cioè irreversibili, invece resta costante per processi reversibili e quando il sistema ha raggiunto l'equilibrio. Fissando ora l’attenzione sul sistema ci si chiede: è possibile correlare la variazione di entropia dell’universo alla variazione di una qualche funzione termodinamica di test caratteristica del sistema ? Con l’espressione funzione di test si intende una funzione che possa servire come criterio per la spontaneità o la reversibilità delle trasformazioni del sistema in determinate condizioni. I due tipi più importanti di condizioni sono T e V costanti oppure T e P costanti. Come indicato qui di seguito le due funzioni di test corrispondenti sono l’energia libera di Helmoltz e di Gibbs rispettivamente. Energia libera di Helmoltz Per le trasformazioni del sistema termodinamico vale la limitazione imposta dal secondo principio irr dq TdS rev Nel caso in cui la sola forma di lavoro sia quella di espansione, mantenendo il volume costante si ha dqV = dU, e quindi la limitazione si può riscrivere anche così dU TdS 0 La relazione si semplifica introducendo la funzione energia libera di Helmoltz così definita 1-29 A = U TS il cui differenziale a T costante risulta dAT = dU TdS Quindi in conclusione irr dAT,V 0 rev Questa relazione indica che nelle trasformazioni a temperatura e volume costante l’energia libera di Helmoltz diminuisce per un processo spontaneo (differenziale negativo) mentre è ad un valore minimo (differenziale nullo) per un processo reversibile, cioè in condizioni di equilibrio. Il termine energia libera proviene dalla definizione dAT = dU TdS : cioè dA è pari alla variazione totale di energia interna del sistema dU meno la quota di energia TdS che si disperde sotto forma di calore e quindi non è disponibile per produrre lavoro. Energia libera di Gibbs Per le trasformazioni del sistema termodinamico a pressione costante la limitazione imposta dal secondo principio dq TdS si può riscrivere così dH TdS 0 avendo utilizzato il fatto che (dq)P = dH, in assenza di lavoro non di espansione. Analogamente a quanto visto nel paragrafo precedente, la relazione si semplifica introducendo la funzione energia libera di Gibbs così definita G = H TS il cui differenziale a T costante risulta dGT = dH TdS Quindi in conclusione irr dGT,P 0 rev 1-30 Questa relazione indica che nelle trasformazioni a temperatura e pressione costante l’energia libera di Gibbs diminuisce per un processo spontaneo (differenziale negativo) mentre è ad un valore minimo (differenziale nullo) per un processo reversibile, cioè in condizioni di equilibrio. Questo criterio è molto importante, in quanto di solito le trasformazioni nell’ambiente naturale e in laboratorio avvengono a temperatura e pressione costante (piuttosto che a volume costante). Lavoro massimo La funzione di Helmoltz, oltre a servire da indicatore della spontaneità o dell'equilibrio, ha anche un interessante significato fisico, come si dimostra qui di seguito. Combinando le due relazioni che derivano rispettivamente dal primo e dal secondo principio dq = dU dw dq TdS si ottiene dU dw TdS ossia dw dU + TdS Ricordando che dU TdS = dAT si ricava che irr dw dAT rev Questa relazione indica che il lavoro eseguibile dal sistema termodinamico sui suoi dintorni ( dw) è al massimo uguale alla diminuzione di energia libera di Helmoltz ( dA) in condizioni reversibili ed isoterme. Questa è la ragione della denominazione alternativa di A come funzione lavoro massimo e del suo simbolo A, come abbreviazione della parola tedesca Arbeit che significa lavoro. Se nella trasformazione è invece presente una qualche irreversibilità il lavoro ottenibile sarà inferiore alla diminuzione di energia libera. Esempio Calcolare il lavoro massimo ottenibile dalla combustione del glucosio in condizioni standard a 37C C6H12O6(s) + 6 O2(g) 6 CO2(g) + 6 H2O(l) S = 182.4 J K1 mol1 U = 2808 kJ mol1 A = U TS = 2808 103 J mol1 310 K (182.4 J K1 mol1) = 2865 kJ mol1 1-31 Lavoro massimo extrameccanico Considerazioni analoghe a quelle precedenti valgono per la funzione di Gibbs. Ricordiamo che per un sistema chiuso capace di compiere lavoro extrameccanico dwex (cioè diverso dal lavoro di espansione-compressione) nel corso di una trasformazione a P costante vale la relazione dH = dq + dwex Quindi il differenziale di G a T e P costante è dGT,P = dH TdS = dq + dwex TdS da cui deriva che dGT,P dwex = dq TdS Confrontando con la relazione dq TdS 0 si ottiene dGT,P dwex 0 ossia dwex dGT,P Questa relazione indica che il lavoro extrameccanico (cioè non di espansione-compressione) eseguibile dal sistema termodinamico dwex è al massimo uguale alla diminuzione di energia libera di Gibbs dG in condizioni reversibili ed isoterme-isobare. Si noti che la differenza fra le due funzioni energia libera è dovuta alla differenza fra l'entalpia e l'energia interna: G A = H TS ( U TS ) = H U e quindi la differenza fra le variazioni è G A = H U Si è visto nel capitolo precedente che per una trasformazione di gas ideali a T e P costante 1-32 H U = RT ng in cui ng = n di moli di gas finali n di moli di gas iniziali. Esempio Calcolare il lavoro non di espansione-compressione ottenibile dalla combustione del glucosio in condizioni standard a 37C. S = 182.4 J K1 mol1 H = 2808 kJ mol1 G = H TS = 2808 103 J mol1 310 K (182.4 J K1 mol1) = 2865 kJ mol1 Energia libera di reazione standard Per una reazione chimica sono state precedentemente definite l’entalpia H e l’entropia S di reazione standard. La loro combinazione è l’energia libera di reazione standard G = H TS G , analogamente a H , si può calcolare per una generica reazione dalle energie libere di formazione standard dei reagenti e prodotti G o i G of ( i ) Al solito i coefficienti stechiometrici sono positivi per i prodotti e negativi per i reagenti. Esempio Calcolare il G per la reazione CO(g) + ½ O2 (g) CO2 (g) G = Gf (CO2 , g) Gf (CO , g) = 394.4 ( 137.2) = 257.2 kJ mol1 La relazione fondamentale di Clausius per sistemi semplici chiusi Dal secondo principio risulta che il calore scambiato reversibilmente con i dintorni da un sistema chiuso è dqrev = TdS Ricordando che per il primo principio dU = dq PdV si ottiene la cosiddetta relazione fondamentale di Clausius dei sistemi chiusi, che riassume in forma compatta i due principi: dU = TdS PdV Dato che dU è un differenziale esatto, cioè il suo valore è indipendente dalla “strada” fatta dal sistema, anche la relazione di Clausius è valida indipendentemente dal percorso, sia esso una 1-33 trasformazione reversibile o irreversibile. Ciò può sembrare strano, ma ricordando che lungo un percorso irreversibile valgono le due disequaglianze TdS > dq e PdV < dw si comprende come la somma TdS PdV resta uguale alla somma dq + dw fatta lungo un percorso reversibile. Derivate parziali dell’energia interna La relazione fondamentale di Clausius lega la variazione dU ai differenziali dS e dV. D’altronde il differenziale totale della funzione termodinamica U(S,V) si può esprimere come U U dU dS dV S V V S Confrontando questa espressione matematica con la relazione termodinamica di Clausius si possono valutare le due derivate parziali: U T S V ; U P V S Dalla prima di queste relazioni si ha la definizione termodinamica della temperatura , intesa come rapporto tra la variazione di entropia e la variazione di energia interna di un sistema chiuso a volume costante. Sistemi aperti e a composizione variabile Un difetto della formulazione fin qui esposta è che per semplificare sono stati considerati solo sistemi chiusi e costituiti da un solo componente chimico. In realtà, però, in chimica e biochimica si ha a che fare con sistemi aperti allo scambio di materia con i dintorni e con miscele i cui componenti reagiscono chimicamente fra di loro, facendo variare la composizione. Entrambe queste situazioni si rappresentano introducendo le variabili che descrivono estensione e composizione del sistema, cioè il numero di moli n i dei vari componenti del sistema. In questo caso l’energia interna è una funzione oltre che di S e di V, anche delle variabili chimiche, U(S, V, ni). Dunque il suo differenziale totale diventa U U dS dV dU S V , ni V S , ni Un i i S , V , n j i dni Definendo ogni termine che compare nella sommatoria come potenziale chimico del componente i-esimo 1-34 U i ni S , V , n j i la relazione si riscrive più semplicemente come dU = TdS PdV + i dn i Da un punto di vista formale si noti che in questa relazione la variazione di energia interna è espressa come somma di prodotti fra una grandezza intensiva ( T, P, i ) per il differenziale di una grandezza estensiva ( dS, dV, dn i ). Da un punto di vista chimico-fisico i tre tipi di prodotti rappresentano rispettivamente le variazioni di energia dovute agli scambi di calore (TdS), al lavoro meccanico di compressione-espansione (PdV) e alle variazioni di moli dni dei componenti del sistema. Resta ora da approfondire il senso della grandezza . Il potenziale chimico L’espressione differenziale della fiunzione termodinamica energia libera di Gibbs G = H TS è dG = dH TdS SdT = dU + PdV + VdP TdS SdT Ricordando che dU = TdS PdV + i dn i l’espressione si semplifica nel modo seguente dG = VdP SdT + i dni Questa relazione permette una definizione alternativa del potenziale chimico del componente iesimo del sistema G i Gi ni T , P, n j i Esso è l’energia libera di Gibbs molare parziale Gi del componente i-esimo, il che giustifica la denominazione alternativa di potenziale parziale. Il suo significato corrisponde all’incremento dG della grandezza intensiva G riferito all'incremento dni del componente i-esimo del sistema a T e P costanti. Si noti che , diversamente dalle funzioni termodinamiche U, H, A, e G, è una grandezza intensiva, cioè non dipende dal numero di moli del sistema, ma solo dalla sua composizione. Le sue dimensioni sono J mol1. A composizione costante, cioè per un sistema chiuso e senza reazioni chimiche il differenziale di G si riduce alla formula dG = VdP SdT . Invece l’energia libera di Gibbs per un sistema aperto è una funzione oltre che delle variabili fisiche anche di quelle chimiche, G(T, P, ni). Il suo differenziale è dunque 1-35 G G dG dT dP T P, ni P T , ni Gn i dni i T , P, n j i Dipendenza dell’energia libera di Gibbs dalle variabili fisiche Il differenziale di G a composizione costante è G G dG dT dP T P P T che confrontato con la relazione dG = VdP SdT permette di valutare le derivate parziali G S T P ; G V P T Queste due relazioni sono importanti, perchè indicano come varia l’energia libera in dipendenza delle variabili fisiche T e P che interessano nella ordinaria sperimentazione chimico-fisica. Dalla prima risulta che, dato che S è positiva, l’energia libera diminuisce all’aumentare della temperatura. La diminuzione è più accentuata quanto maggiore è S. Dalla seconda risulta che l’energia libera aumenta al crescere della pressione. Relazione di Gibbs-Helmoltz La dipendenza di G dalla temperatura si può esprimere in funzione dell’entalpia. Tenendo conto che G = H TS si ha G G H T P T nota come equazione di Gibbs Helmoltz. Calcoliamo adesso la derivata del rapporto G /T: G G T T P G / T T P T2 Confrontando con la relazione precedente si ottiene la forma alternativa dell’equazione di GibbsHelmoltz: G / T H 2 T P T 1-36 Se applicata alle variazioni di energia libera G e di entalpia H fra uno stato iniziale ed uno stato finale la relazione si scrive G / T H 2 T P T L’equazione della termodinamica chimica La relazione dG = VdP SdT + i dn i è l’equazione fondamentale di Gibbs della termodinamica chimica. A temperatura e pressione costante l’equazione si semplifica dGT,P = i dn i Inoltre ricordando che nelle stesse condizioni dGT,P = dwex max abbiamo dwex max = i dn i cioè il lavoro massimo extrameccanico si può ottenere da variazioni di composizione del sistema. Esempio In una cella elettrochimica la reazione chimica che avviene agli elettrodi cambia la composizione del sistema e produce lavoro elettrico. Forma integrata dell’energia libera di Gibbs La relazione differenziale dG = i dn i si può integrare a composizione costante per ottenere G in funzione dei potenziali i dei diversi componenti chimici del sistema. Per semplicità consideriamo un sistema binario, a due componenti A e B. Incrementando il numero totale n di moli di dn in modo che gli incrementi dnA e dnB siano proporzionali rispettivamente al numero di moli nA e nB la composizione del sistema non varia: quindi i potenziali chimici A e B, che dipendono dalla composizione, ma non dal numero totale di moli, nell'integrazione si considerano costanti. Così integrando nA G dG dn A 0 nB A B dnB 0 0 si ottiene G AnA B nB Più in generale la forma integrata di G è G = i ni 1-37 Questa relazione si chiama regola della somma per le energie libere di Gibbs molari parziali. Infatti indica che l'energia libera di una miscela è la somma delle energie molari parziali dei diversi componenti chimici, moltiplicate per il loro numero di moli. In particolare la relazione permette di ricavare che il potenziale chimico di una sostanza pura (considerata come il caso limite di una miscela) è uguale alla sua energia molare Gm. Infatti G = n da cui = G / n = Gm . Relazione di Gibbs-Duhem fra le variabili intensive Differenziando la forma integrata dell’energia libera di Gibbs si trova che dG = i dn i + n i d i Confrontando con la relazione per i sistemi aperti dG = VdP SdT + i dn i si ottiene l’equazione di Gibbs-Duhem: SdT VdP + n i d i = 0 Questa relazione fra i differenziali delle variabili intensive dT, dP e d i è utile per trovare le derivate dei potenziali chimici. Esempio Per una sostanza pura S T P n Nel caso particolare di T e P costanti l’equazione di Gibbs-Duhem si semplifica : n i d i = 0 Da questo vincolo fra i potenziali chimici si ricava che per un sistema di C componenti chimici solo C 1 potenziali chimici sono indipendenti. Condizioni di equilibrio per sistemi aperti Ricordiamo che il criterio per distinguere fra spontaneità o equilibrio per le trasformazioni isoterme-isobare di un sistema chiuso è irr dGT,P 0 rev 1-38 Estendendo questo criterio ai sistemi aperti, per i quali dGT,P = i dn i si ottengono le seguenti condizioni per la spontaneità e per l'equilibrio irr i dn i 0 rev Da questa relazione è evidente che la grandezza regola la direzione in cui va una trasformazione spontanea associata a variazioni dn i dei componenti, analogamente a come in meccanica l’energia potenziale gravitazionale regola la caduta di un corpo. Questo è il motivo della denominazione di come potenziale chimico. Esempio Si abbia un componente distribuito fra due fasi e , a potenziale rispettivamente e . Il passaggio di dn molecole da verso produce un aumento + dn in ed una corrispondente diminuzione dn in . Considerando le due fasi come sistemi aperti, le variazioni di energia libera sono regolate dalle relazioni seguenti: Da ciò risulta che fase fase dG = dn 0 dG = + dn 0 totale dG = ( ) dn 0 cioè le molecole si spostano spontaneamente verso la fase a potenziale chimico più basso, fino a raggiungere la condizione di equilibrio, corrispondente alla uniformità del potenziale chimico fra le due fasi. In generale per un numero c di componenti ed un numero di fasi esiste un numero di ( 1) c relazioni di equilibrio di questo tipo. Gradi di libertà del sistema all’equilibrio Il numero di variabili indipendenti necessarie per caratterizzare il sistema all’equilibrio è influenzato dal numero di componenti chimici e di fasi. Il numero di variabili indipendenti si chiama grado di libertà grado di variabilità o varianza. 1-39 Esempio Per una sostanza pura , come l’ossigeno, possiamo variare a piacere T e P, cioè disponiamo di due gradi di libertà. Ma per un equilibrio fra due fasi, come acqua e vapore la pressione di vapore dipende dalla temperatura, cioè i gradi di libertà si riducono ad uno. In generale per stabilire il grado di libertà per sistemi a più componenti e più fasi in condizioni di equilibrio si usa la regola delle fasi. La regola delle fasi di Gibbs Il numero di variabili indipendenti o grado di libertà vi è dato da vi = variabili chimiche indipendenti + variabili fisiche indipendenti Il numero di variabili fisiche intensive indipendenti è 2, cioè pressione e temperatura. Invece il numero delle variabili chimiche indipendenti è calcolabile come differenza fra il numero di variabili chimiche totali ed il numero di relazioni che le legano. Le frazioni molari di c componenti di una fase sono specificate da c 1 valori, dato che quello rimanente è ottenibile per differenza. Si ricordi che la somma delle frazioni molari è per definizione uguale ad uno. Estendendo il ragionamento a fasi si calcola un numero di variabili chimiche uguale a ( c 1 ). Esempio Il sistema a tre componenti benzene, etanolo e acqua è stratificato in due fasi liquide. Quindi il numero variabili chimiche totali è ( c 1 ) = 2 ( 3 1 ) = 4. Infatti per ogni fase bisogna definire la frazione molare di due componenti. Per quanto concerne il numero di relazioni fra le variabili chimiche si deve tener presente che questo è determinato dalle condizioni di equilibrio. Per un componente i-esimo il potenziale chimico in due fasi e deve essere lo stesso i = i . Per fasi si hanno 1 tali relazioni per ogni componente, e quindi per c componenti si hanno in totale ( 1 ) c relazioni. Quindi vi = ( c 1 ) ( 1 ) c + 2 = c + 2 e in definitiva v i= c + 2 L’essenza di questa relazione è che in un sistema all’equilibrio con un numero c di componenti chimici il grado di variabilità diminuisce di uno ogniqualvolta si aumenta il numero delle fasi di una. 1-40 Esempio Acqua pura, c = 1, = 1, v i = c + 2 = 2, si hanno due gradi di libertà del sistema, cioè si può variare a piacere sia T che P. Equilibrio acqua vapore, c = 1, = 2, v i = c + 2 = 1, si ha un solo grado di libertà, cioè si può varare a piacere T oppure P, quindi P = f(T), infatti ad una data temperatura corrisponde una caratteristica pressione di vapore Equilibrio ghiaccio acqua vapore, c = 1, = 3, v i = c + 2 = 0, si hanno zero gradi di libertà, cioè le tre fasi sono in equilibrio ad una sola pressione e temperatura, che sono caratteristiche della sostanza. 4. SISTEMI AD UN COMPONENTE I processi di trasformazione che avvengono continuamente nell’ambiente naturale sono divisibili in due grandi categorie. Il primo tipo di trasformazione lascia inalterata la struttura chimica delle sostanze mentre il secondo tipo cambia un composto chimico in un altro. La prima categoria di processi comprende le trasformazioni fisiche di una sostanza in determinate condizioni di temperatura e pressione nonché il passaggio della sostanza da una fase all’altra. Un esempio in natura di questo trasferimento di fase è il cambiamento di stato dell’acqua in vapore e viceversa. In questo capitolo si comincia lo studio termodinamico di questo tipo di fenomeni limitandolo per semplicità a sistemi formati da un solo componente chimico e rimandando ai successivi capitoli la trattazione dei sistemi a più componenti non reagenti e quella delle trasformazioni chimiche. Il modello del gas ideale Dal punto di vista microscopico il gas ideale (o perfetto) è immaginato come un insieme di molecole puntiformi e non interagenti fra loro. Quindi il gas ideale è un’astrazione alla quale in pratica un gas reale si approssima quando è ad alta temperatura e bassa pressione, cioè quando le sue molecole hanno il minimo di interazione. Dal punto di vista macroscopico si definisce ideale il gas che soddisfa l’equazione di stato pV = nRT Se T si misura in K, P in Pa, V in m3 e n in mol , la costante R è 8.3144 J K 1 mol 1 . Il principio di Avogadro stabilisce che volumi uguali di gas contengono lo stesso numero di molecole. Il volume che contiene una mole di gas è Vm = V / n = RT/P. In condizioni standard (STP), cioè T = 273.15K, P = 1 atm Vm = 22.414 L mol 1 . In condizioni ambiente standard (SATP), cioè T = 298.15K, P = P o 1 bar Vmo = 24.790 L mol 1 . 1-41 Energia interna del gas ideale L’assenza di interazione fra le molecole, cioè di termini di energia potenziale intermolecolare, fa sì che l’energia del gas ideale non dipende dalle distanze intermolecolari, e dunque né dal volume né dalla pressione, ma solo dalla temperatura. U U 0 ; V T P T U = U (T ) Per determinare la forma di U (T ) si utilizza la definizione di calore specifico a volume costante, che per il gas ideale si può scrivere dU = CV dT. Dato che in condizioni ideali si osserva sperimentalmente che CV è indipendente dalla temperatura integrando si ha la relazione cercata U = CV T + U0 dove la costante di integrazione U0 rappresenta l’energia residua del gas allo zero assoluto. Di solito la costante viene posta uguale a zero. La relazione di Mayer : CP CV = R L’espressione vista nel capitolo 2 U U U V T P T V V T T P si riduce per il gas ideale alla identità U U T P T V Ricordando la definizione di capacità termica risulta che H U CP CV T P T P Introducendo nel primo termine l’espressione dell’entalpia H = U + PV = U + RT si ha infine U U CP CV R Rm T P T P Esempi CP CV 1-42 CP CV He, Ne, Ar, Kr, Xe H2 N2 O2 CO2 (J K-1 mol -1) (J K-1 mol -1) (J K-1 mol -1) 20.79 28.82 29.12 29.36 37.11 12.48 20.44 20.74 20.95 28.46 8.31 8.38 8.38 8.41 8.65 Espansione isoterma reversibile del gas ideale Si approssima sperimentalmente facendo espandere il gas ideale in condizioni quasi statiche e senza attrito, con la pressione esterna Pest in equilibrio con quella del gas P. In tali condizioni il lavoro di espansione infinitesimale è dato da dW = Pest dV = PdV = nRTdV/V , da cui integrando w nRT i d ln V nRT ln f Vf Vi Dato che a temperatura costante dU = 0 , ne deriva per il primo principio che dq = dw = nRT d ln V , cioè il gas assorbe dai dintorni una quantità di energia sotto forma di calore pari a Vf q nRT ln Vi La variazione di entropia del gas è pertanto dS dqrev nR d ln V T che per integrazione fornisce S nR ln Vf Vi Si può notare che i dintorni avendo ceduto calore al sistema registrano a loro volta una diminuzione della propria entropia. Pertanto il bilancio totale dell insieme “sistema & dintorni” chiude in pareggio, cioè l’entropia globale è invariata. Espansione isoterma irreversibile del gas ideale Contro pressione esterna nulla 1-43 Se il gas si espande contro una pressione esterna nulla non compie lavoro. Dato che U è tuttora zero , ne deriva per il primo principio che pure q è nullo. A questo punto si sarebbe tentati di dire che la variazione di entropia è zero, ma essendo S funzione di stato la variazione deve essere indipendente dal percorso e dunque identica a quanto calcolato precedentemente, nR ln Vf /Vi . I dintorni, non avendo scambiato calore, non contribuiscono alla variazione S di entropia, che è da attribuire interamente ad un aumento interno al gas, intS. Contro pressione esterna costante Si può avere un caso intermedio fra i due descritti, in cui l’espansione avviene contro una pressione esterna costante, intermedia fra zero e quella del gas, 0 < Pest < P. La trasformazione è sempre irreversibile. Il lavoro è intermedio fra zero e w reversibile. Visto che U permane zero, il calore scambiato è pure intermedio Vf 0 q nRT ln Vi La variazione di entropia S è sempre la stessa, ma adesso il contributo dei dintorni estS è intermedio fra quello del caso reversibile, in cui era estS = nRlnVf/Vi, e quello del caso irreversibile, in cui era estS = 0. In definitiva per ognuna delle trasformazioni irreversibili q intS > 0 S T Espansione adiabatica del gas ideale Per definizione di adiabatica dq = 0 e quindi dU = dw. Per valutare il lavoro possiamo quindi servirci della variazione dell’energia interna , che per una mole di gas ideale è data da CV dT. In conclusione w T CV dT CV (T f Ti ) CV T Tf i Da questa relazione si vede che quando il sistema compie un lavoro di espansione adiabatica, cioè se w < 0, risulta che Tf è minore di Ti , cioè si ha un raffreddamento. Questo è comprensibile visto che in condizioni adiabatiche il lavoro viene eseguito a spese dell’energia interna del gas ideale, la cui diminuzione si manifesta nell’abbassamento di temperatura. Espansione adiabatica irreversibile del gas ideale Contro pressione esterna nulla Il gas espandendosi non compie lavoro, w = 0, quindi U = 0 e T = 0. Questa particolare trasformazione è quindi anche isoterma. Contro pressione esterna costante In questo caso il lavoro fatto dal sistema è w = Pest V. Ma abbiamo visto sopra che è anche dato dall’espressione Cv T. Di conseguenza si valuta la variazione di temperatura come 1-44 T Pest V CV Si noti che ad un`espansione del gas, V > 0, si accompagna un raffreddamento, T < 0. Esempio Un campione di due mol di Ar in un cilindro avente una sezione di 5 cm2 si espande adiabaticamente contro una pressione esterna di 1 atm, spingendo un pistone di 1 m. Se la temperatura iniziale è di 300 K calcolare la temperatura finale del gas. T Pest V 101325 . 10 5 Pa ( 5 10 4 m 3 ) 2K CV 24.96 JK -1 mol -1 Espansione adiabatica reversibile del gas ideale In questo tipo di trasformazione la pressione del gas e quella esterna sono in equilibrio. Quindi il lavoro è dato da P dV. Per una mole di gas ideale si può quindi scrivere che RT CV dT dV V o anche dT dV ( 1) T V avendo definito = CP /CV Per integrazione si ha ln T ( 1)lnV cost ossia T V ( 1) = cost. Per una espansione reversibile dallo stato iniziale (Ti , Vi ) a quello finale (Tf , Vf ) si ha 1 V Tf i V f Ti con cui si può infine calcolare il lavoro 1 Vi w CV (T f Ti ) Ti 1 V f 1-45 Esempio Un volume di 0.5 L di gas ammoniaca a 25 C e 1 atm si espande adiabaticamente e reversibilmente a 2 L. Calcolare la temperatura finale, il lavoro fatto e la variazione di energia interna, sapendo che Cv = 26.3 J mol-1 K-1 e il rapporto = 1.31. n PV 0.5 0.0205 mol RT 0.08206 298 V T f Ti i V f 1 0.5 L (298 K ) 2.0 L 1.311 194 K w U nCV (T f Ti ) (0.0205 mol) (26.5 Jmol 1K 1 )(104 K) 56 J Legge di Poisson Inserendo nella relazione T V ( 1) = cost il valore di T ottenibile dall’equazione di stato dei gas ideali si ha PV V ( 1) = cost. ovvero P V = cost. nota come legge di Poisson. Dato che per tutti i gas è sempre positivo la curva adiabatica è più ripida della isoterma. 1-46 P : atm 6 5 4 3 2 V : litri 5 6 7 8 9 10 11 La caduta di pressione più forte che nell’isoterma è dovuta al raffreddamento che accompagna l’espansione adiabatica. Variazione di entropia nell’espansione adiabatica del gas ideale Nell’espansione adiabatica reversibile q = 0 e dunque S = q / T = 0. Per l’espansione irreversibile si può calcolare il S fra gli stessi valori di volume iniziale e volume finale seguendo cammini reversibili alternativi. Si possono scegliere due cammini reversibili. Il primo è composto da una espansione isoterma seguito da una adiabatica, entrambe reversibili: S q V' nR ln 0 0 T Vi 1-47 Il secondo cammino è una adiabatica seguita da una isocora, entrambe reversibili: S 0 T ' Tf CV dT CV (Tf T ') 0 T Le diverse possibilità di espansione del gas ideale sono riassunte nella seguente tabella. Espansione isoterma esp.libera irrev. Pest = 0 w q Pest = cost. esp. reversibile Pest = P esp.libera irrev. Pest = 0 Pest = cost. esp. reversibile Pest = P 0 Pest V nRT lnVf /Vi 0 Pest V CV T 0 + Pest V + nRT lnVf /Vi 0 0 0 0 Pest V CV T U esp. irrev. Espansione adiabatica 0 esp. irrev. 1 V Ti i 1 V f T 0 0 Pest V/CV S nR ln Vf /Vi >0 >0 0 e S 0 >0 nR ln Vf /Vi 0 0 0 i S nR ln Vf /Vi >0 0 >0 >0 0 Potenziale chimico del gas ideale Inserendo l’equazione di stato del gas ideale PV = nRT nella relazione dG = VdP valida a T costante si ha dG = nRT dP/P = nRT ln P 1-48 che, integrando fra la pressione standard e una generica pressione P, diventa G G o nRT ln P P 1 o Dividendo per il numero di moli si ha il corrispondente valore dell’energia molare Gm Gmo RT ln P P 1 o Per una sostanza pura l’energia molare di Gibbs coincide con il potenziale chimico, cioè (T , P) o (T , P o 1) RT ln P P 1 o Questa relazione indica che il potenziale chimico di un gas ideale cresce aumentando la pressione come illustrato dal grafico seguente. Il valore della costante di riferimento o(T,P=1) corrisponde al potenziale chimico del gas ideale nel suo stato standard, cioè del gas puro alla pressione di 1 bar ed alla temperatura considerata T. Questa grandezza è caratteristica della specie chimica di cui è formato il gas. Gas reali Il modello del gas ideale ha un difetto, non considera l’interazione fra le molecole. Proprio in conseguenza di questa interazione il prodotto PVm per un gas reale differisce da quanto prevede il modello del gas ideale, cioè RT. Questo si vede dal seguente diagramma di Amagat, che riporta il cosiddetto fattore di compressione Z PVm RT 1-49 misurato in funzione di P a temperatura costante per vari gas reali. Mentre per P tendente a zero tutti i gas si comportano in modo ideale, al crescere di P si osservano deviazioni positive o negative del fattore di compressibilità dal valore Z = 1, tipico del caso ideale. Equazione di stato di van der Waals per i gas reali La pressione effettiva del gas viene ridotta rispetto al modello ideale dalla presenza di una interazione di tipo attrattivo fra le molecole. Di fatto questa interazione riduce la frequenza delle collisioni molecolari sulla parete del contenitore e la forza di queste collisioni, che agiscono proporzionalmente allla concentrazione molare del gas n/V. La riduzione di pressione viene espressa con un termine correttivo a (n/V)2 : 2 n nRT P a V V D’altra parte una interazione di tipo repulsivo fra le molecole riduce il volume a disposizione del gas., e di ciò viene tenuto conto dall’altro termine correttivo del volume nb : n nRT P a V V nb 2 In funzione del volume molare l’equazione si riscrive RT a P 2 Vm b Vm Equazione di stato viriale per i gas reali Nel 1901 Kammerlingh Onnes suggerì per i gas reali l’equazione di stato B(T ) C(T ) D(T ) PVm RT 1 2 3 . . . Vm Vm Vm 1-50 I parametri B, C , D . . . sono chiamati coefficienti viriali e sono dipendenti dalla natura del gas e dalla temperatura. Essi sono in relazione alle forze intermolecolari; per esempio B descrive le interazioni fra coppie di molecole, C fra tre molecole e così via. Il termine viriale deriva appunto dalla parola latina vires, forze. Potenziale chimico dei gas reali Per i gas che non seguono l’equazione di stato del gas ideale la relazione = + RT lnP non è corretta. Tuttavia per conservare la semplicità di questa relazione Lewis ha introdotto per i gas reali al posto di P una grandezza fittizia, la pressione efficace f, denominata fugacità e definita come f=P ; ( T = cost. ) in cui la quantità adimensionale è il coefficiente di fugacità. Chiaramente per il gas ideale = 1, mentre per i gas reali può essere maggiore o minore di 1. Su questa base l’espressione del potenziale chimico di un gas reale è (T , P ) o (T , P o 1) RT ln o (T , P o 1) RT ln f P 1 o P RT ln P 1 o Da quest’ultima relazione è evidente che il termine RT ln contiene l’effetto dell’interazione fra le molecole, che distingue il gas reale da quello ideale. Sono possibili due casi, rappresentati nel grafico seguente: - regime di bassa fugacità, in cui prevale l’attrazione fra le molecole e la fugacità è minore della pressione; quindi il termine RT ln è negativo, cioè il potenziale reale è inferiore a quello del caso ideale; - regime di alta fugacità in cui prevale la repulsione fra le molecole e la fugacità è maggiore della pressione; quindi il termine RT ln è positivo, cioè il potenziale reale è superiore a quello del caso ideale. 1-51 Sui noti che lo stato standard del gas reale si definisce come un ipotetico stato in cui il gas reale è alla pressione P = 1 bar ma si comporta come ideale. La comodità di questa scelta del riferimento è che così facendo tutti i gas reali risultano nelle stesse condizioni ideali quando si considerano nei loro stati standard. Calcolo della fugacità di un gas reale Il coefficiente di fugacità di un gas reale può essere valutato da dati sperimentali relativi al gas nel modo seguente. Integrando la relazione Vm dP = d fra i due limiti di pressione P1 e P si ottiene per il gas reale per il gas ideale Vm dP RT ln f f1 V id dP RT ln P m P P1 P P1 P 1 La differenza fra i due casi è f P1 1 f1 P Considerando che f1 = P1 per P1 0 si sostituiscono questi valori limite ottenendo P f 0 (Vm Vmid )dP RT ln P RT ln P (Vm Vmid )dP RT ln P Inoltre per il gas ideale V m=RT/P e per il gas reale V m= ZRT/P e quindi RT P 0 Z 1 dP RT ln P ossia ln 0 P Z 1 dP P Equilibrio tra due fasi Dopo aver esaminato le proprietà termodinamiche del gas, considerato come fase singola, passiamo a trattare l’equilibrio di due fasi . A questo tipo generale di equilibrio si riconducono i casi particolari seguenti: - fusione, o equilibrio solido liquido Esempio : ghiaccio acqua - evaporazione o equilibrio liquido vapore Esempio : acqua vapore - sublimazione o equilibrio solido gas Esempio : CO2 solida CO2 gassosa - allotropia o equilibrio tra fasi cristalline differenti Esempio : S(rombico) S(triclino) Gradi di libertà di una sostanza pura Per un sistema formato da un solo componente chimico non esistono variabili chimiche, ma solo variabili fisiche. La regola delle fasi di Gibbs stabilisce i gradi di libertà 1-52 vi = 3 che al massimo sono 2, dato che al minimo è uno. Sono possibili tre casi: = 1 vi = 2, il sistema monofasico ha due gradi di libertà = 2 vi = 1, il sistema bifasico ha un grado di libertà = 3 vi = 0, il sistema trifasico ha zero gradi di libertà, cioè nessuna variabile è indipendente Il caso più interessante è quello del sistema a due fasi in equilibrio tra loro, con un grado di libertà ossia una variabile fisica indipendente, per esempio la temperatura, dalla quale dipende la pressione. Diagrammi di fase La relazione tra pressione e temperatura è rappresentata geometricamente tramite una curva nel piano T, P o diagramma di fase. Esempio Diagramma di fase dell’acqua: i punti di ogni curva corrispondono alla coesistenza di due fasi, i punti fuori delle curve corrispondono al sistema monofasico, e il punto di intersezione delle tre curve, detto punto triplo, rappresenta la coesistenza delle tre fasi acqua liquida, ghiaccio e vapore ( T3 = 273.16 K ). 20 18 Pressione (Torr) 16 14 acqua 12 10 ghiaccio 8 6 vapore 4 2 0 255 260 265 270 275 280 285 290 295 Temperatura (K) Equazione di Clapeyron La relazione di equilibrio fra due fasi P = f (T) si ricava dalla uguaglianza fra i potenziali chimici delle due fasi = o anche, dato che per un componente puro il potenziale chimico equivale all’energia libera molare Gm Gm Differenziando si ottiene dGm dGm ossia Vm dP S m dT Vm dP S m dT e riordinando si ha 1-53 S S m S m dP m dT Vm Vm Vm Tenendo infine conto che a pressione costante l’entropia della transizione di fase è data dal rapporto fra l’entalpia e la temperatura di transizione si ha H m dP dT T Vm nota come equazione di Clapeyron. Equilibrio di fusione Nel caso dell’equilibrio solido liquido l’equazione di Clapeyron si scrive H fus dP H fus = dT T Vm T (Vmliq Vmsol ) Introducendo per semplicità l’approssimazione che Hfus e Vm siano indipendenti dalla temperatura entro certi limiti, e integrando fra una pressione di riferimento Prif e una generica P P Prif dP H fus V fus T Trif dT T si arriva all’equazione approssimata della curva di coesistenza solido-liquido: P Prif H fus V fus ln T Trif Esempio Valutare che variazione di pressione è necessaria per abbassare di 1 K il punto di fusione del ghiaccio, dati Hfus = 6.008 kJ mol 1 Vm (ghiaccio) = 19.6326 ml mol 1, Vm (acqua) = 18.00234 ml mol 1 P = H fus T Vm ( ghiaccio) Vm ( acqua ) T 6.008 103 Nm 135 105 Nm -2 135 bar 273 K 19.6326 18.00234) 10-6 m 3 mol -1 Il movimento dei ghiacciai contro ostacoli rocciosi è attribuito in parte a questo abbassamento del punto di fusione indotto dalla forte pressione esercitata dalla massa di ghiaccio contro la roccia. 1-54 Equilibrio liquido/vapore: equazione di Clausius-Clapeyron Nel caso dell’evaporazione l’equazione di Clapeyron H evap dP dT T (Vmgas Vmliq ) assume una forma più semplice introducendo due approssimazioni: - si suppone che il volume molare del liquido sia trascurabile rispetto a quello del vapore Vmgas Vmliq Vmgas - si suppone che la fase vapore si comporti come un gas ideale Vmgas RT P L’equazione di Clapeyron con queste due assunzioni si converte nella forma seguente dP H evap P dT RT 2 oppure dP H evap dT P R T2 Ricordando l’identità dP/P = d ln P si ottiene d ln P H evap dT R T2 nota come equazione di Clausius-Clapeyron. Integrando fra una pressione di riferimento Prif ed una pressione generica P si ottiene la curva di coesistenza liquido-vapore: ln o più esplicitamente P H evap 1 1 Prif R Trif T H evap 1 1 P Prif exp R Trif T 1-55 Questa relazione si può usare per prevedere la pressione di vapore ad una data temperatura conoscendo H ed una pressione di riferimento. Esempio Calcolare la pressione di vapore del toluene a 20C sapendo che la temperatura di ebollizione è 110.6 C e che l’entalpia di evaporazione è 35.2 kJ mol 1. Alla temperatura di riferimento di 110.6 + 273.15 = 383.75K la pressione di vapore è 760 mmHg. Quindi H evap P20C Prif exp R 1 35200 1 1 1 760 exp = 25 mm Hg T T 8 . 314 383 . 75 293 . 15 rif Inoltre l’equazione di Clapeyron serve per ricavare il H da valori noti di pressione e temperatura. Esempio Ricavare l’entalpia di evaporazione del benzene dai dati seguenti: P1 (a 70 C) = 547.4 mm Hg; P2 (a 80 C) = 753.6 mm Hg P2 753.6 ln P1 547.4 R 8.3145 = 32.2 kJ mol 1. 1 1 1 1 T1 T2 343.15 353.15 ln H evap Riportando in diagramma i valori del logaritmo naturale della pressione in funzione dell’inverso della temperatura si ottengono rette di pendenza Hevap . 1-56 Pressione di vapore del benzene e toluene 8 6 benzene H = 30.2 kJmol-1 lnP (mmHg) 4 2 toluene 0 H = 35.2 kJmol -1 -2 -4 2 3 4 5 1000/T (K) Regola di Trouton Per calcoli approssimati l’entalpia di evaporazione si può stimare dalla regola empirica di Trouton, secondo cui l’entropia di evaporazione è costante: S evap m H mevap 88 J K - 1 mol - 1 Tb Questa relazione vale per liquidi non associati, di massa molecolare intorno a 100 e con temperatura di ebollizione non troppo alta. Il significato della regola di Trouton è che quando i liquidi passano a gas si produce una quantità di disordine, ovvero entropia, che è pressappoco la stessa per le diverse sostanze. Tuttavia se le molecole del liquido sono ordinate in un modo particolare, come per esempio nel caso di acqua od etanolo in cui sono presenti nel liquido forti legami a idrogeno intermolecolari, allora l’entropia di evaporazione risulta superiore a quanto prevede la regola di Trouton, come risulta dalla seguente tabella di valori sperimentali. 1-57 Entropie di evaporazione Sostanza Tb (K) Sevap (J mol1 K1) Acido solfidrico Cicloesano Benzene Toluene Stirene Naftalene Piridina Diclorometano Cloroformio Carbonio tetracloruro Tricloroetilene Etere etilico Acetone Acetonitrile Etanolo Anilina Metilamina Acqua 213 354 353 384 418 491 389 313 335 350 360 307 329 355 352 458 267 273 87.9 85.1 87 86.6 88.7 88.3 90.4 90.0 88.3 85.8 87.4 88.3 88.3 88.3 110 97.1 96.7 109.1 Equilibrio solido-vapore Dalla relazione di Clapeyron per la sublimazione, cioè per l’equilibrio tra solido e vapore H subl dP dT T (Vmgas Vmsol ) analogamente al caso precedente si ricava la relazione H 1 1 subl P Prif exp R Trif T 1-58 5. SISTEMI A PIÙ COMPONENTI NON REAGENTI Il trattamento quantitativo delle soluzioni è un contributo di base che la chimica-fisica può dare alla scienza e alla tecnologia farmaceutica. Le soluzioni fanno parte dei sistemi a più componenti, cioè delle miscele, che sono il prossimo argomento da affrontare. Per semplificare la trattazione si pongono in questo capitolo alcune restrizioni: i componenti del sistema non reagiscono chimicamente fra di loro (questo caso verrà studiato in un successivo capitolo); vengono considerati componenti non ionici (il caso dei componenti ionici verrà studiato in un ulteriore capitolo) le miscele esaminate sono in molti casi costituite da due componenti, cioè sono miscele binarie. Mentre le proprietà termodinamiche di una sostanza pura sono funzione di due variabili fisiche, come temperatura e pressione, nel caso delle miscele bisogna aggiungere le variabili chimiche, cioè il numero di moli dei componenti chimici ni . Il valore di una grandezza osservabile della miscela è determinato dai contributi parziali dei diversi componenti chimici. Esempi di proprietà parziali sono la pressione parziale e le grandezze molari parziali. Miscele di gas ideali Per una miscela di gas ideali vale la legge additiva di Dalton sulle pressioni parziali: P = P1 + P2 + . . . + Pc = Pi in cui Pi = ni RT /V è la pressione che il gas ideale i-esimo puro eserciterebbe nel volume V da solo. La definizione generale di pressione parziale (valida anche per gas reali) è ni P xi P ntot Il senso fisico della legge di Dalton è che ogni componente della miscela non viene influenzato dalla presenza degli altri componenti e mantiene le sue proprietà anche in miscela. Questa osservazione è in accordo con il modello del gas ideale, costituito da molecole non interagenti tra loro. Pi Grandezze molari parziali Ricordiamo che una grandezze estensiva come l'energia libera di Gibbs G è funzione del numero di moli: G i ni dove 1-59 G i ni T , P ,n j è l'energia molare parziale o potenziale chimico. Dividendo per n = ni si ha la corrispondente grandezza molare Gm = i xi In ogni caso per descrivere termodinamicamente la miscela bisogna conoscere le energie libere molari parziali i . Si ricorda che per una sostanza pura la grandezza molare parziale coincide con la grandezza molare. infatti la relazione Gm = i xi si riduce a Gm * Potenziale chimico del gas ideale in miscela Il modello del gas ideale introdotto nel capitolo precedente esclude una interazione fra le molecole che lo compongono. In una miscela di gas ideali il componente i-esimo si comporta come se occupasse da solo il volume ad una pressione uguale alla sua pressione parziale Pi . Tale pressione parziale dipende solo dalla frazione molare del gas nella miscela è non è influenzata dalla presenza degli altri componenti. Analogamente il potenziale chimico i del gas i-esimo non viene influenzato dalla presenza degli altri gas. Esso dipende solo dalla temperatura e dalla pressione, secondo la stessa relazione valevole per il gas puro ad una pressione coincidente con la pressione parziale del gas in miscela i (T , Pi ) io (T , Pi 1) RT ln Pi P 1 bar o Si noti che (T,Pi = 1) è il potenziale chimico del componente i puro alla pressione di 1 bar. Questo potenziale di riferimento è lo stesso che compariva nella corrispondente relazione valevole per il gas ideale puro, introdotta nel capitolo precedente. Quindi lo stato standard è lo stesso, cioè il gas puro alla pressione di 1 bar e alla temperatura indicata. Funzioni di miscela per due gas ideali Mescolando due gas ideali A e B a temperatura T e pressione P si passa da uno stato iniziale corrispondente ai due gas separati ad uno stato finale corrispondente alla miscela. L’energia libera è nei due casi rispettivamente Giniziale n A A nB B n A ( Ao RT ln 1-60 P P o ) o ) nB ( B RT ln P Po G finale n A ( Ao RT ln PA PB o ) o ) nB ( B RT ln P Po La variazione Gfinale Gfinale è l’energia libera di miscela che risulta Gmisc n A RT ln PA P nB RT ln B P P Ricordando la definizione di pressione parziale Pi = xi P e di frazione molare ni = xi n si ottiene Gmisc nRT (x A ln x A xB ln xB ) dove n = nA + nB . Dato che xA , xB 1 ne segue che G < 0, cioè il mescolamento dei due gas ideali è un processo irreversibile. Il risultato è ovvio, in aggiunta indica che la variazione di energia libera è proporzionale alla temperatura ed indipendente dalla pressione. Ricordando che G S T P, nA , nB risulta che l’entropia di miscela di due gas ideali è G Smisc nR( xA ln xA xB ln xB ) T P, nA , nB Dato che xA , xB 1 ne segue che S > 0, cioè il mescolamento dei due gas genera entropia, come era ragionevole aspettarsi. Infine la variazione di entalpia si valuta dalla relazione G = H T S cioè Hmisc Gmisc THmisc nRT (xA ln xA xB ln xB ) TnR(xA ln xA xB ln xB ) 0 L’interazione molecolare per il modello del gas ideale è completamente assente e questo spiega l’invarianza dell’entalpia durante il mescolamento. Inoltre tale invarianza ha per conseguenza che lo scambio di entropia con i dintorni è nullo. Soluzioni Dopo aver descritto le miscele gassose passiamo ad esaminare le fasi condensate, sempre contenenti più componenti chimici non reagenti, note come soluzioni, sia liquide che solide. Nel caso di soluzioni liquide binarie il componente in quantità maggiore si usa chiamare solvente e il componente minore soluto. Questa distinzione essenzialmente pratica assume talvolta anche significato termodinamico come nel caso delle soluzioni diluite, nelle quali i due componenti soluto e solvente si distinguono per il diverso comportamento. Potenziale chimico in soluzione 1-61 In condizioni di equilibrio liquido vapore una sostanza i pura ha un potenziale chimico nella fase liquida i * (l ) uguale a quello nella fase vapore, che si può assumere uguale a quello del gas ideale: i * (l ) io RT ln Pi * Po dove Pi * è la pressione di vapore della sostanza i pura. Lo stesso equilibrio è rispettato se la sostanza i è in miscela con altri componenti chimici in una soluzione, indicata dal simbolo di stato (sln). Il potenziale chimico di i nella soluzione i (sln ) è uguale a quello nella fase vapore, che si può assumere miscela di gas ideali: P i (sln ) io RT ln io P dove Pi è la pressione parziale della sostanza i nella fase vapore. La differenza fra questa relazione e la precedente dà per risultato la relazione generale che esprime il potenziale chimico di una sostanza in soluzione: i (sln ) i * (l ) RT ln Pi Pi * Modello delle soluzioni ideali Per certe soluzioni si osserva sperimentalmente che nella fase gassosa la pressione parziale Pi del componente i-esimo è proporzionale alla sua pressione di vapore allo stato puro Pi * secondo la seguente relazione, nota come legge di Raoult: Pi xi Pi * in cui la costante di proporzionalità xi è la frazione molare che la sostanza ha in soluzione. La legge è valida in tutto l’intervallo di composizione sia per il solvente che per il soluto. Da un punto di vista microscopico la legge esprime il fatto che le molecole di un componente ingombrando una parte della superficie della soluzione riducono la tendenza ad evaporare dell’altro componente, quindi ne abbassano la pressione di vapore Pi relativamente a quella Pi * che avrebbe allo stato puro. Si noti altresì che l’azione di un componente sull’altro si limita a questo effetto di ingombro, cioè questo modello di soluzione ideale esclude la preferenza nelle interazioni fra i componenti. Per esempio per due componenti A e B le forze intermolecolari AA, BB ed AB sono molto simili. Si noti che mentre per i gas il modello ideale implicava l’assenza di interazioni fra le molecole, invece per le soluzioni (in cui le molecole necessariamente interagiscono per formare la fase condensata) il modello ideale implica una completa uniformità delle forze intermolecolari. 1-62 La legge di Raoult si rappresenta graficamente nel diagramma pressione-composizione. Esempio. Miscela binaria di 1,2-dibromo-etano e 1,2-dibromo-propano Pressioni di vapore della miscela 1,2-dibromo-propano 1,2-dibromo-etano misurate a 85 oC 200 180 160 P (mmHg) 140 120 100 80 60 40 20 0 0 1 x dibromopropano Inserendo la legge di Raoult nell’espressione generale del potenziale chimico di una sostanza in soluzione si ottiene, tralasciando per semplicità il simbolo di stato (sln): i i * RT ln xi Questa espressione definisce le soluzioni ideali, che dunque obbediscono alla legge di Raoult in tutto l’intervallo di composizione. La costante i * , corrispondente ad xi = 1, è il potenziale chimico della sostanza i pura alla temperatura ed alla pressione della soluzione. Il suo valore dipende dalla temperatura e dalla pressione, infatti, come già visto nel paragrafo precedente, è dato dalla somma di due costanti, una dipendente dalla temperatura e l'altra dipendente dalla temperatura e dalla pressione: P* i * io RT ln i o P In conclusione si osserva che il potenziale chimico in una soluzione ideale è dato da due contributi: il primo, i * , dipende solo dalle due variabili fisiche del sistema T e P, e l'altro, RT ln xi , contiene la variabile chimica xi. L’utilità di questo modello di soluzioni consiste nel fatto che il comportamento ideale è semplice matematicamente e fisicamente, ed è riscontrabile sperimentalmente per tutte le coppie di sostanze chimicamente simili. Quindi la soluzione ideale è un comodo riferimento a cui paragonare le soluzioni reali. 1-63 Soluzioni non ideali Non tutte le soluzioni seguono la legge di Raoult. In realtà in certi casi si osservano deviazioni positive, Poss > PRaoult , cioè la pressione osservata sperimentalmente è maggiore di quella prevista dal modello di Raoult. A livello microscopico questo comportamento è dovuto alla interazione di repulsione fra le molecole A e B che formano una miscela binaria e/o alla preferita associazione di una delle due specie A o B con se stessa, per esempio tramite legami a idrogeno. In altri casi si osservano deviazioni negative , Poss < PRaoult . Il fattore di questo tipo di deviazione è la forte interazione di attrazione di A verso B, o tramite legami a idrogeno o con formazione di idrati nel caso di soluzioni acquose. I sistemi che presentano deviazioni positive sono in maggioranza. Esempio Il sistema n-eptano + etanolo presenta deviazioni positive dalla legge di Raoult a causa della diversa polarità delle due molecole e a causa della autoassociazione dell’etanolo via legame a idrogeno. Analogamente nella miscela acetone-carbonio disolfuro i due componenti hanno diversa polarità e mostrano deviazioni positive come risulta dal diagramma seguente. Pressioni di vapore della miscela o acetone carbonio solfuro misurate a 25 C 500 P (mmHg) 400 300 200 100 0 0.0 0.2 0.4 0.6 x carbonio solfuro 1-64 0.8 1.0 Esempio Il cloroformio si associa con l’acetone per legame a idrogeno e quindi la miscela presenta deviazioni negative dalla legge di Raoult come risulta dal diagramma seguente. Pressioni di vapore della miscela o acetone cloroformio misurate a 35 C 400 350 300 P (mmHg) 250 200 150 100 50 0 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 x acetone Soluzioni diluite idealmente I diagrammi indicano che in ogni caso il componente maggioritario , cioè il solvente segue la legge di Raoult. Questo è comprensibile , perchè se la frazione molare del soluto è vicina a 1, il soluto è molto diluito e quindi non ha effetto di perturbazione sul comportamento ideale del solvente. Questo particolare modello è noto come soluzione diluita idealmente. Tuttavia in questo tipo di soluzione la pressione di vapore del soluto ha un comportamento diverso da quello del solvente. Infatti dai diagrammi si può rilevate che essa è proporzionale alla frazione molare in soluzione secondo la seguente legge di Henry Pi = hi xi ( xi 1 ) dove la costante di proporzionalità h (costante di Henry), dipende dalla temperatura e dal tipo di miscela solvente-soluto. Valori di h di alcuni gas in acqua sono riportati nella seguente tabella per diverse temperature. L’unità di misura è il bar. T (C) 0 10 30 CH4 2.27 3.01 4.55 C2H4 0.559 0.778 1.29 C2H6 1.28 1.92 3.47 H2 5.87 6.44 7.39 He 13.1 12.8 12.6 1-65 N2 5.36 6.77 9.36 O2 2.58 3.31 4.81 CO 3.57 4.48 6.28 CO2 0.0738 0.105 0.188 H2S 2.72 3.72 6.17 Chiaramente una specie che in soluzione segue la legge di Henry si comporta in modo diverso da quanto prevederebbe la legge di Raoult. Esempio Miscela di acetone in cloroformio. La pendenza della curva della pressione di vapore dell'acetone per bassi valori della frazione molare di acetone è nettamente diversa dalla retta di Raoult. e r o p a v i d e l a i z r a p P o i m r o f o r o l c n i e n o t e c a ' l l e d 0 0 4 * P 0 0 3 t l u o a R i d a t t e r a v r u c e l a t n e m i r e p s 0 0 2 P aceton(mHg) h 0 0 1 y r n e H i d a t t e r 0 0 . 0 2 . 0 4 . 0 6 . 0 8 . 0 0 . 1 e n o t e c a x In conclusione le leggi di Raoult e di Henry sono le due leggi limite per le soluzioni ideali e rispettivamente per le soluzioni diluite idealmente. Inoltre in una soluzione ideale diluita il soluto segue la legge di Henry, mentre nello stesso intervallo di concentrazione il solvente segue la legge di Raoult. Molte soluzioni non elettrolitiche si comportano come soluzioni diluite idealmente per basse concentrazioni di soluto. Coefficiente di ripartizione Una sostanza sciolta in due solventi fra loro immiscibili e si distribuisce fra le due soluzioni stratificate. All'equilibrio il potenziale chimico della sostanza nelle due soluzioni è lo stesso P( ) P( ) ( ) ( ) e quindi * RT ln * RT ln cioè P( ) P( ) P* P* Se il soluto è sufficientemente diluito, si considera che in entrambi gli strati separati sia valida la legge di Henry P = h x e si ricava che x( ) h( ) h( ) x( ) h( ) x( ) da cui x( ) h( ) cioè il rapporto delle frazioni molari nelle due soluzioni è l'inverso del rapporto delle costanti di Henry nei due solventi. La relazione è la legge di distribuzione di Nernst per le soluzioni 1-66 idealmente diluite. Il rapporto delle costanti si chiama coefficiente di ripartizione. Il valore del coefficiente di ripartizione fra ottanolo ed acqua di un farmaco si usa per definire il suo grado di lipofilia. Funzioni di miscela della soluzione ideale Seguendo la stessa procedura usata per le miscele di due gas ideali si ha Gmisc nRT (x A ln x A xB ln xB ) S misc nR( x A ln x A x B ln x B ) Hmisc = 0 Funzioni di eccesso della soluzione non ideale I valori delle funzioni di miscela previsti dal modello ideale sono diversi da quelli delle soluzioni reali. La differenza fra il parametro reale e quello ideale si chiama funzione di eccesso, reale G E Gmisc nRT ( x A ln x A x B ln x B ) reale S E S misc nR( x A ln x A x B ln x B ) HE = Hmisc L’entità delle funzioni di eccesso è una misura quantitativa di quanto la soluzione si discosta dal comportamento ideale. Capitolo Due Esempio Il mescolamento di benzolo e cicloesano ha un’entalpia di eccesso che raggiunge 800 Jmol-1 per la miscela equimolare. 1-67 Potenziale chimico nella soluzione reale Per conservare la forma matematica del potenziale chimico delle soluzioni ideali anche nel caso generale delle soluzioni reali è conveniente introdurre al posto della frazione molare una frazione molare efficace, denominata attività termodinamica (analogamente a come si è introdotta per i gas la fugacità come pressione efficace), così definita: i * RT ln ai Da questa definizione risulta che quando ai = 1 il potenziale chimico di i si riduce al potenziale standard, cioè lo stato standard del componente i-esimo corrisponde all'attività unitaria. Confrontando con la relazione generale P i i * RT ln i Pi * si ottiene il risultato P ai i Pi * che permette di determinare sperimentalmente l’attività termodinamica di un componente misurandone la pressione di vapore a diverse concentrazioni, nota la pressione di vapore del componente puro. Esempio La pressione di vapore di un campione di acqua marina è 19 kPa a 18C, calcolare l’attività dell’acqua sapendo che la pressione di vapore dell’acqua pura alla stessa temperatura è 19.38 kPa. 19.00 ai 0.98 19.38 Attività del solvente Analogamente al caso della fugacità si può definire un coefficiente di attività per il componente A aA A xA 1-68 Quando il componente A è presente in alte concentrazioni, cioè è il solvente in una soluzione idealmente diluita, segue la legge di Raoult e la sua attività coincide con la frazione molare. Quindi lim A 1 xA 1 lim a A x A xA 1 Se invece la soluzione è reale, allora A 1 e dunque il potenziale chimico del solvente è dato dalla relazione A A * RT ln x A RT ln A dove l’ultimo termine RT ln A rappresenta la deviazione dall’idealità. Lo stato standard del solvente, corrispondente all'attività unitaria, è il solvente puro (xA = 1,) alla temperatura ed alla pressione della soluzione. Il coefficiente di attività è valutabile dalla relazione seguente a PA A A x A PA * x A ossia è il rapporto fra la pressione parziale di vapore reale e quella ideale prevista dalla legge di Raoult. Attività del soluto Il soluto B , che nelle soluzioni diluite idealmente segue la legge di Henry, ha una pressione di vapore PB = hB xB e il potenziale chimico risulta PB h B * RT ln B RT ln x B PB * PB * cioè, più concisamente, B Bo RT ln x B B B * RT ln dove oB ingloba le costanti caratteristiche del soluto B * e hB / PB * : h Bo B * RT ln B PB * Se invece la soluzione è reale si sostituisce la frazione molare con l’attività B B * RT ln hB RT ln a B PB * Confrontando con la relazione generale del potenziale chimico in soluzione P B B * RT ln B PB * si ottiene la relazione 1-69 PB hB Questa relazione permette di determinare sperimentalmente l’attività termodinamica di un componente misurandone la pressione di vapore a diverse concentrazioni, nota la costante di Henry. Il coefficiente di attività è valutabile dalla relazione seguente a P B B B x B hB x B ossia è il rapporto fra la pressione parziale di vapore reale e quella ideale prevista dalla legge di Henry. aB Quando il solutoB è presente in basse concentrazioni, la sua attività coincide con la frazione molare. Quindi, diversamente dal caso precedentemente visto per il solvente, lim B 1 xB 0 lim a B x B xB 0 Lo stato standard del soluto, corrispondente ad aB = 1, è lo stato ipotetico del soluto puro corrispondente all'estrapolazione lungo la retta di Henry a partire da diluizione estrema fino ad una pressione di vapore PB uguale alla costante di Henry hB . Equilibrio delle fasi in miscele binarie Dopo aver descritto termodinamicamente i sistemi a più componenti passiamo a trattarne l’equilibrio delle fasi. Questo argomento ha notevoli applicazioni nella tecnologia chimica, nella cui pratica quotidianamente si pone il problema di separare una specie pura da una miscela regolando opportunamente le variabili fisiche temperatura o pressione. Esempi Distillazione del petrolio greggio per ricavarne benzine, gasolio, e altre frazioni. Cristallizzazione del sale da cucina dall’acqua marina. Cristallizzazione dello zucchero dalle soluzioni di estrazione dalla barbabietola. Estrazione di sostanze naturali con solventi nell’industria farmaceutica. Purificazione del silicio per l’elettronica con il procedimento della fusione a zone. Liofilizzazione dei cibi. Diagrammi di fase Secondo la regola delle fasi la varianza di una miscela binaria è vi = 2 + 2 = 4 La massima varianza è quindi 4 1 = 3. Ma per considerare simultaneamente tre variabili occorre un diagramma tridimensionale. Si possono tuttavia diminuire i gradi di libertà bloccando una delle due variabili fisiche, temperatura o pressione, e studiare gli equilibri di fase in due modi complementari: 1-70 diagramma isobaro pressione costante temperatura e composizione variabili diagramma isotermo temperatura costante pressione e composizione variabili In entrambi i casi la varianza in presenza di due fasi diventa vi = c + 1 = 2 + 1 2 = 1 quindi si avrà una relazione fra temperatrura e composizione oppure fra pressione e composizione: Nella maggioranza dei casi si usano i diagrammi a pressione costante, ma per discutere gli equilibri che coinvolgono il vapore si usano entrambi i tipi di diagrammi. Equilibrio liquido-liquido Mescolando due liquidi A e B si possono osservare tre casi a seconda che i due liquidi sono - miscibili in tutte le proporzioni e si ottiene una singola fase - immiscibili e si formano due fasi costituite da A puro e B puro - parzialmente miscibili e si ottengono due fasi ricche rispettivamente in A e in B, dette soluzioni coniugate. Esempi miscibilità: acqua + etanolo, benzene + toluene immiscibilità: acqua + mercurio miscibilità parziale: acqua + etere etilico, carbonio solfuro + metanolo L’origine dello smiscelamento è da attribuire alle interazioni di tipo attrattivo AA e BB prevalenti su quelle AB, le stesse che provocano le deviazioni positive dal comportamento ideale prvisto dalla legge di Raoult. Quando tali interazioni sono molto forti i componenti si 1-71 separano in due fasi distinte. Trascurando per semplicità la fase vapore la regola delle fasi prevede per il sistema bifasico a pressione costante che vi = 1 + 2 = 1 + 2 2 = 1 Quindi esiste una relazione fra temperatura e composizione. In pratica le mutue solubilità dei due liquidi vengono riportate nel diagramma di fase temperatura-composizione determinato di solito a pressione atmosferica. Ad ogni temperatura le due soluzioni coniugate hanno una composizione indicata dall’intersezione della corda orizzontale con la curva di equilibrio. La temperatura a cui le due soluzioni formano una sola fase si chiama temperatura critica della soluzione. Si possono avere miscele con curva dotata di un massimo a temperatura critica superiore oppure di un minimo a temperatura critica inferiore od anche miscele in cui si osservano entrambe le temperature critiche. In quest’ultimo caso la curva di equilibrio è una curva chiusa. Esempio Sistema anilina-esano a temperatura critica superiore. Diagramma temperatura-composizione della miscela anilina n-esano 70 1 fase Tc 60 o T ( C) 50 40 2 fasi 30 20 10 0.0 0.2 0.4 0.6 X n-esano 1-72 0.8 1.0 Esempio Sistema nicotina-acqua con temperature critiche superiore ed inferiore. Diagramma temperatura-composizione della miscela nicotina acqua 240 220 Tc sup 200 180 o T ( C) 160 140 120 100 80 Tc inf 60 40 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 x nicotina Equilibrio solido-liquido Ci proponiamo di ricavare per questo tipo di equilibrio di fase la relazione temperatura composizione. A tal fine consideriamo una miscela binaria di due componenti A e B presenti in fase solida e liquida. Per cominciare fissiamo l’attenzione sul componente A per il quale all’equilibrio deve valere la condizione A ( l ) B ( c) ovvero Ao ( l ) RT ln a A ( l ) Ao ( c ) RT ln a A ( c ) Ao ( l ) Ao ( s ) RT Osservando che ln a A ( c) a A (l ) A Ao ( l ) Ao ( s) GmA ( l ) GmA ( s) G fus l’ultima espressione si semplifica come A G fus RT ln a A ( c) a A (l ) Variando ora la temperatura di un infinitesimo dT possiamo scrivere che 1-73 a ( c) 1 G fus ln A R T T T a A ( l ) Per mezzo della relazione di Gibbs-Helmoltz il primo membro dell’equazione si valuta come A A H fus 1 G fus R T T RT 2 e per confronto infine si ha A H fus a ( c) ln A 2 T a A ( l ) RT ossia A a A ( l ) H fus d ln dT a A ( c) RT 2 A Discutiamo ora questa relazione di tipo generale per il caso particolare in cui la fase liquida A+B sia in equilibrio con il solido puro A, caso denominato come eutettico semplice . Questa semplificazione comporta che l`attività del solido puro aA (c) = 1 e di conseguenza d ln a A ( l ) A H fus RT 2 dT Integrando fra la temperatura di fusione di A ed una generica temperatura T, e supponendo che l, entalpia di fusione di A non vari entro tale intervallo di temperatura si ottiene A 1 1 H fus R TA T Ripetendo lo stesso procedimento per l’altro componente B della miscela si arriva all’analoga relazione H Bfus 1 1 ln a B ( l ) R TB T Queste due relazioni esprimono il legame cercato fra temperatura e composizione della miscela nell’equilibrio solido-liquido per il caso dell’eutettico semplice. Il corrispondente diagramma di fase isobaro è il seguente. ln a A ( l ) 1-74 La curva di coesistenza solido-liquido si può considerare da due punti di vista diversi: (1) come la dipendenza della solubilità di un soluto in funzione della temperatura; (2) come l’abbassamento della temperatura di fusione (abbassamento crioscopico) del solvente in seguito all’aggiunta di soluto. Esempio Calcolare la solubilità ideale della naftalina a 298K, sapendo che il suo punto di fusione è 353K e la sua entalpia di fusione è 19.29 kJ mol1 . H 1 1 19290 1 1 a exp 0.297 exp . 8.3145 353 29815 R T f T La solubilità ideale , indipendente dal solvente, implica che il coefficiente di attività sia uguale ad uno, cioè la frazione molare coincide con l’attività. Invece la solubilità reale nei vari solventi dipende dal coefficiente di attività. Lungo le due curve di coesistenza solido-liquido il sistema è bifasico e quindi monovariante vi = 3 = 3 2 = 1 mentre al punto eutettico in cui coesistono la soluzione liquida e le due fasi solide A e B il sistema è invariante vi = 3 = 3 3 = 0 Il termine eutettico deriva dal greco, facile a fondere. Esempio La miscela usata dai saldatori è un eutettico composto dal 67% di stagno e dal 33% di piombo, con un punto di fusione di 183 C, minore di quelli dei due metalli puri. Analogamente acqua (77%) e sodio cloruro (23%) formano un eutettico che ha un punto di fusione di -21C, che viene sfruttato nella salatura delle strade per evitare la formazione di ghiaccio. 1-75 Equilibrio liquido-vapore a temperatura costante Calcoliamo innanzitutto la relazione P = f(x) Dalla legge di Raoult PA x A PA PB x B PB e dalla additività delle pressioni parziali del vapore P = PA + PB si ricava la relazione P PA PB x A PA x B PB x A PA (1 x A )PB P PB x A ( PA PB ) Questa relazione fra la pressione di vapore totale e la composizione del liquido si chiama retta del liquido. E’ prevedibile che la composizione nel vapore y in equilibrio non sia uguale alla frazione molare x nel liquido. Per valutare yA si parte dalla definizione di pressione parziale: PA y A P cioè yA PA P Sostituendo i valori di P e PA precedentemente indicati si ottiene la relazione yA x A PA PB ( PA PB ) x A che correla fra loro le frazioni molari nella fase vapore e nella fase liquida. Esempio Calcolare la relazione fra frazione molare nel liquido e nel vapore per la miscela di benzene e toluene tenendo conto dei dati di pressione di vapore Pbz = 394 mmHg e Ptol = 142 mmHg. x(benzene) y(benzene) 0.0 0.0 0.2 0.41 0.4 0.65 0.6 0.81 Il risultato si presenta graficamente nel seguente diagramma: 1-76 0.8 0.92 1.0 1.0 Relazione fra composizione del liquido e del vapore per la miscela benzene-toluene y benzene 1 0 0 1 x benzene Dopo aver calcolato la relazione fra y ed x è possibile ricavare la relazione reciproca fra x ed y: y A PB x A y A ( PA PB ) x A PA e quindi ossia y A PB x A PA x A y A ( PA PB ) y A PB x A ( PA y A PA y A PB ) da cui y A PB xA PA y A ( PB PA ) Inserendo questo valore nella espressione di P si ha infine PA PB P PA y A ( PB PA ) che è la relazione cercata tra P e la composizione del vapore, denominata perciò curva del vapore. 1-77 Esempio Calcolare la retta del liquido P = f(x) e la curva del vapore P = f(y) a temperatura costante di 60C per una miscela binaria a comportamento ideale di benzene e toluene, sapendo che a tale temperatura pressione di vapore del benzene puro Pbz = 394 mmHg pressione di vapore del toluene puro Ptol = 142 mmHg. Prima si usa la relazione P Ptol ( Pbz Ptol )x bz 142 252 x bz quindi si ottiene Pbz x bz Pbz Pbz y bz 394 P P P I risultati sono raccolti nella seguente tabella x(benzene) P y(benzene) 0.0 142 0.0 0.2 192 0.41 0.4 243 0.65 0.6 293 0.81 0.8 344 0.92 1.0 394 1.0 In un unico diagramma si riportano entrambe le curve del liquido e del vapore, come si vede nel grafico che segue. 1-78 Diagramma di fase pressione-composizione per la miscela benzene-toluene 450 400 liquido 350 P (mmHg) 300 250 200 150 vapore 100 50 0 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 frazione molare del benzene Equilibrio liquido-vapore a pressione costante Dal punto di vista pratico è preferibile usare il diagramma di fase isobaro temperaturacomposizione, che risulta speculare rispetto al precedente diagramma pressione composizione. Infatti la curva del liquido è quella in alto e la curva del vapore è quella in basso. Esempio Calcolare per la miscela binaria benzene-toluene la curva del liquido T = f(x) e la curva del vapore T = f(y) a pressione costante di 760 mmHg sapendo che nell’intervallo di temperatura da 80.1 a 110.6C le pressioni di vapore dei due componenti puri sono le seguenti: T P(benzene) P(toluene) 80.1 760 293 85 882 345 90 1023 406 95 1181 476 Prima si usa la relazione P Ptol 760 Ptol x bz Pbz Ptol Pbz Ptol quindi si ottiene x bz Pbz x bz Pbz y bz P 760 1-79 100 1359 555 105 1557 545 110.6 1807 760 I risultati sono raccolti nella seguente tabella e riportati nel diagramma T x(benzene) y(benzene) 80.1 1 1 85 .77 .90 90 .57 .77 95 .40 .63 100 .25 .46 105 .13 .26 110.6 0 0 Diagramma di fase temperatura-composizione per la miscela benzene-toluene 115 110 vapore 105 T (K) 100 95 90 85 liquido 80 75 70 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 frazione molare del benzene Azeotropia Le deviazioni positive e negative dalla legge di Raoult dànno luogo a diagrammi di fase diversi da quelli descritti finora, con minimo e massimo nel punto di ebollizione, o rispettivamente con massimo e minimo nella curva di pressione di vapore. La miscela avente la composizione corrispondente a tali estremi si chiama miscela azeotropica o semplicemente azeotropo (dal greco azeotropos, che bolle immutato). Infatti la composizione del vapore è identica a quella del liquido. I sistemi con punto di ebollizione minimo sono i più comuni, ed il più noto è la miscela acqua-etanolo. Per distillazione frazionata di tali miscele è possibile ricavare allo stato puro solo il componente presente in eccesso, che rimane come residuo della distillazione, mentre il distillato tende alla miscela azeotropica. I sistemi con punto di ebollizione massimo sono meno diffusi. Essi corrispondono a deviazioni negative dalla legge di Raoult. Il più noto caso è quello del sistema acqua acido cloridrico. I diagrammi di fase dei sistemi azeotropici a pressione o a temperatura costante sono speculari fra di loro, come indicato nel seguente schema riassuntivo. 1-80 Confronto fra i diagrammi di fase isobari e isotermi e diagrammi di composizione liquido-vapore per i due tipi di sistemi azeotropici SISTEMI A PIÙ COMPONENTI REAGENTI 1-81 Trasformazione chimica del sistema termodinamico Fino a questo punto per semplificare la trattazione è stata deliberatamente ignorata la possibilità di una trasformazione chimica del sistema a più componenti. Per studiare questo aspetto si consideri la reazione chimica generale indicata dall’equazione stechiometrica ν X r r reagenti ν X p prodotti p in cui r moli di reagenti Xr possono reagire per dare p moli di prodotti Xp . A temperatura e pressione costanti la reazione evolve spontaneamente fino a raggiungere uno stato di equilibrio, che è simbolicamente rappresentato dalla coppia di frecce. Questa notazione particolare serve ad indicare che l’equilibrio è di tipo dinamico, cioè la reazione diretta è controbilanciata dalla reazione inversa. Esempi 2 SO3 (g) 2 SO2 (g) + O2 (g) -glucosio (aq) CaCO3 (s) -glucosio (aq) CaO (s) + CO2 (g) Grado di avanzamento Per caratterizzare la conversione dei reagenti in prodotti si usa il grado di avanzamento della reazioone , definito in modo che la variazione infinitesima del numero di moli di un componente i-esimo è data dal prodotto della variazione del grado di avanzamento d per il coefficiente stechiometrico i (negativo per i reagenti e positivo per i prodotti): dni = i d Questa relazione esprime il fatto che un avanzamento infinitesimo provoca la formazione di p d moli di prodotti e la corrispondente scomparsa di reagenti in quantità di r d moli. Esempio N2 (g) + 3H2 (g) dnN2 = 1 d 2NH3 (g) dnH2 = 3 d 1-82 dnNH3 = + 2 d Considerando che i coefficienti stechiometrici sono adimensionali, dalla definizione di risulta evidente che la sua dimensione è la mole. Il suo valore è compreso tra i limiti 0 e 1, che corrispondono rispettivamente al sistema consistente di soli reagenti (conversione dello zero %) ed al sistema dei soli prodotti (conversione del 100%). Criterio di spontaneità e di equilibrio L’equazione fondamentale della termodinamica chimica per una miscela di componenti reattivi si scrive, a temperatura e pressione costanti e per un avanzamento infinitesimo d , nel modo seguente: dGT , P i dni d i i ossia G i i p p r r T ,P prodottii reagenti La conoscenza della pendenza di G rispetto al grado di avanzamento , espressa dalla derivata parziale, permette di valutare in ogni punto corrispondente ad una particolare composizione del sistema se una conversione chimica infinitesima nella direzione d è spontanea o se invece il sistema ha raggiunto l’equilibrio. Infatti G - se 0 , allora G diminuisce, cioè la reazione procede spontaneamente verso T ,P l’equilibrio; questo tipo di reazione viene chiamata esoergonica (dal greco eso, ergon = con sviluppo di lavoro); - se G - se 0 , allora G è minima, cioè la reazione ha raggiunto l’equilibrio; T ,P G 0 , allora G aumenta, cioè la reazione non è spontanea; questo tipo di T ,P reazione viene chiamata endoergonica (dal greco endo, ergon = con assorbimento di lavoro); si noti che invece la reazione inversa procederebbe spontaneamente. Si consideri come esempio la reazione di isomerizzazione di una mole di n-butano ad iso-butano CH3CH(CH3)2 (i) CH3CH2CH2CH3 (n) Lo stato a = 0 corrisponde all’isomero n puro, mentre lo stato = 1 corrisponde all’isomero i puro. Per ogni punto corrispondente ad una particolare composizione del sistema vale la relazione dGT , P n d iso d ( iso n )d 1-83 ossia G iso n T , P Il grafico seguente riporta l’energia libera del sistema in funzione dello stato di avanzamento della reazione a temperatura e pressione costanti. La scala di G è relativa, cioè è riferita allo stato del reagente n-butano puro. Si noti come la conversione fa variare la pendenza di G. A basse conversioni la derivata è negativa e quindi la reazione procede spontaneamente verso uno stato di equilibrio.Per 70% la derivata si annulla, cioè si è raggiunto il minimo di energia libera corrispondente all’equilibrio chimico fra i due isomeri. Al di là del 70% la reazione non può procedere oltre, in quanto la derivata diventa positiva. 0 -1 G (kJ mol ) -1 -2 -3 -4 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 grado di avanzamento Energia libera di reazione In corrispondenza di una specifica composizione del sistema reagente a temperatura e pressione costanti si definisce energia libera di reazione, e si indica con il simbolo rGT,P , la derivata G r GT , P T , P Viene naturale chiedersi perché il simbolo , di solito riservato a differenze di grandezze, venga in questo caso particolare usato per indicare una derivata. Questa procedura singolare, largamente accettata nella termodinamica chimica, si può capire ricordando che la derivata G/, come si è visto nel paragrafo precedente, è uguale ad una differenza: la differenza stechiometrica fra i potenziali chimici (ossia le energie libere molari parziali) dei prodotti e quelli dei reagenti, ad una specifica composizione della miscela di reazione. Questa grandezza è distinta dall’energia libera di reazione standard, introdotta in precedenza nel capitolo quarto. Quest’ultima non è una derivata, ma una vera differenza fra l’energia libera molare dei prodotti e quella dei reagenti, definita relativamente alla ipotetica reazione fra i componenti presi nei loro stati standard: r G o i io i G o (i) 1-84 L’energia libera di reazione GT,P è dunque la grandezza termodinamica che regola le reazioni chimiche. Il suo valore dipende dai seguenti fattori: - la natura chimica dei componenti - le concentrazioni dei componenti - la temperatura e la pressione Il quoziente di reazione Introducendo nell’espressione dell’energia libera di reazione la formula generale del potenziale chimico di un componente i-esimo della miscela, in funzione della sua attività nella miscela, i io RT ln a i si ha r GT ,P i i i (io RT ln ai ) i io RT i ln ai o più semplicemente ln a r GT , P r G o RT i i Questa relazione è di solito indicata nei testi come isoterma di van’t Hoff. Ricordando la proprietà dei logaritmi secondo cui il logaritmo del prodotto è uguale alla somma dei logaritmi si ha ln a i i ln a i i Il prodotto scritto esplicitamente risulta in effetti come un quoziente fra due prodotti: a i i a a p p prodotti r Qa r reagenti Dato che i coefficienti stechiometrici dei reagenti sono negativi, al numeratore compaiono le attività dei prodotti di reazione ap e al denominatore le attività dei reagenti ar . Per questo il parametro Q si chiama quoziente di reazione. In definitiva la formula dell’energia libera di reazione si riduce alla somma di due termini che hanno un preciso significato chimico-fisico: r GT ,P r G o RT ln Qa 1-85 Il primo termine è una costante che dipende dalla natura chimica dei componenti della miscela di reazione, mentre il secondo termine dipende dalle loro attività. Questa relazione è indicata spesso come isoterma di reazione di van’t Hoff . La costante di equilibrio In condizioni di equilibrio l’energia libera di reazione rGT,P è uguale a zero, dunque RT ln Qequilibrio r G o Dato che a temperatura e pressione fisse rG è una costante, ne segue che anche il quoziente di reazione all’equilibrio diventa una costante. Essa viene indicata con il simbolo K e si chiama appunto costante di equilibrio: a p p K ai i equilibrio prodotti r ar reagenti equilibrio In conclusione si ottiene la seguente equazione: Go oppure RT ln K r G o K exp r RT Questa è senza dubbio la più importante relazione della termodinamica chimica. Infatti da un parametro termodinamico come rG essa permette di ricavare una grandezza di significato chimico come K. Si possono distinguere due possibilità: - se rG < 0 allora K > 1 , cioè l’equilibrio chimico è spostato verso i prodotti - se rG > 0 allora K < 1 , cioè l’equilibrio chimico è spostato verso i reagenti Espressioni alternative della costante di equilibrio Ricordando che l’attività è il prodotto della frazione molare per il coefficiente di attività si può esprimere analogamente la costante di equilibrio K a a i i xi i i i Kx K Nel caso in cui la miscela di reazione abbia un comportamento ideale le attività ai dei componenti si riducono semplicemente alle frazioni molari xi , cioè Ka = Kx . Qualora la miscela di reazione sia formata da gas le attività ai dei componenti vengono sostituite dalle fugacità fi K f f i i Pi i i i KP K 1-86 Se i gas approssimano il modello ideale, alle fugacità si sostituiscono le pressioni parziali Pi , cioè Kf = KP. Inoltre ricordando la definizione di pressione parziale Pi = yi P si può calcola la relazione fra KP e Kxy : K P Pi i yi i P K y P L’esponente rappresenta la variazione stechiometrica del numero di moli di gas nel corso della reazione, cioè la differenza fra il numero di particelle gassose dei prodotti finali e dei reagenti iniziali: p r prodotti reagenti Alternativamente, usando l’equazione di stato dei gas ideali nella forma n Pi i RT ci RT V dove ci denota la concentrazione, si può esprimere K come funzione delle concentrazioni: K P Pi i c i i RT K c RT Si noti infine che tutte le diverse forme di K sono sempre quantità adimensionali. Effetto della pressione sull’equilibrio In una reazione che avviene in fase gassosa la composizione del sistema all’equilibrio può essere influenzata dalla pressione. Si è visto nel paragrafo precedente che K K y P P Notando che KP è indipendente dalla pressione, si possono avere tre casi: - se nel corso della reazione il numero di moli è invariante, = 0, quindi P = 1 e Ky non cambia al variare di P ; - se nel corso della reazione il numero di moli aumenta, > 0, quindi P > 1 e Ky diminuisce al crescere di P , cioè l’equilibrio si sposta verso i reagenti; - se nel corso della reazione il numero di moli diminuisce, < 0, quindi P < 1 e Ky aumenta al crescere di P , cioè l’equilibrio si sposta verso i prodotti. Effetto della temperatura sull’equilibrio Derivando a P costante la relazione rGo ln K RT si ricava 1-87 1 rGo ln K R T T P T P Per valutare la derivata di destra facciamo ricorso alla relazione di Gibbs-Helmoltz: rGo Ho r 2 T T T P dove rH è l’entalpia standard di reazione alla data temperatura T. Combinando le due relazioni si ha d ln K r H o dT T2 che è la cosiddetta isocora di van’ t Hoff. Il vincolo P = costante è stato tralasciato, in quanto sia K che rG sono indipendenti dalla pressione. Capitolo Tre Questa relazione si può trasformare nella forma integrata separando le variabili d ln K r H o dT R T2 Integrando in un intervallo di temperatura che va da T1 a T2 , nel quale si suppone che l’entalpia standard di reazione sia costante, si ha ln K (T2 ) ln K (T1 ) r H o 1 1 R T2 T1 Questa relazione permette di calcolare il valore della costante di equilibrio ad una temperatura T2 , conoscendone il valore ad una temperatura T1. Invece l’integrale definito Ho 1 ln K r R T è l’equazione della retta ln K in funzione di 1/T, la cui pendenza rH/R permette di determinare l’entalpia standard di reazione da valori di K misurati a temperature diverse. Si noti che la pendenza della retta dipende dal segno dell’entalpia standard di reazione rH. Si possono avere tre casi: - se rH > 0, cioè se la reazione è endotermica, K aumenta con T, e dunque la reazione viene favorita riscaldando; 1-88 - se rH < 0, cioè se la reazione è esotermica, K diminuisce aumentando T, e dunque la reazione viene favorita raffreddando; se rH = 0, cioè se la reazione è adiabatica, K non varia al variare della temperatura. SISTEMI ELETTROCHIMICI Le soluzioni di elettroliti sono caratterizzate da notevoli deviazioni dal comportamento ideale, dovute alle interazioni fra gli ioni. Di conseguenza la descrizione termodinamica di tali sistemi deve tener conto di questa caratteristica. Inoltre gli ioni possono reagire chimicamente con trasferimento di elettroni fra di loro. In un processo elettrochimico il trasferimento di elettroni viene convogliato in un circuito elettrico esterno al sistema di reazione. Il circuito può ricevere l’energia prodotta dalla reazione chimica e in questo caso si ha il dispositivo noto come cella galvanica o voltaica. Alternativamente l’energia viene fornita dal circuito per fare avvenire una reazione chimica e si ha il dispositivo noto come cella elettrolitica. La termodinamica studia l’equilibrio delle reazioni elettrochimiche, mentre la cinetica si occupa della velocità del trasferimento di carica. Funzioni termodinamiche degli ioni L’entalpia di formazione standard e l’energia libera di formazione standard dello ione idrogeno sono per convenzione definite uguali a zero: Hf(H+,aq) = 0 Gf(H+,aq) = 0 ad ogni temperatura L’entropia di uno ione in soluzione è espressa in una scala in cui lo zero è l’entropia dello ione H+ in acqua S(H+,aq) = 0 ad ogni temperatura Attività ionica Le deviazioni dal comportamento ideale sono contenute nel coefficiente di attività che correla l’attività del soluto alla frazione molare a = x . Il potenziale chimico del soluto si scrive o RT ln a o RT ln x RT ln id RT ln dove id è il potenziale chimico in una soluzione ideale della stessa concentrazione e le deviazioni dal comportamento ideale sono contenute nel termine RT ln . Per un soluto che si dissocia in un catione e in un anione MA M+ + A 1-89 l’energia libera è la somma dei loro potenziali chimici G id RT ln id RT ln ossia G G id RT ln Coefficienti di attività medi Non essendo possibile determinare sperimentalmente il coefficiente di attività di uno ione si attribuisce la deviazione dall’idealità pariteticamente ad entrambi gli ioni, definendo un coefficiente di attività medio , espresso come la media armonica dei due I potenziali chimici dei due ioni si esprimono nel modo seguente id RT ln id RT ln Per il caso dell’elettrolita M p A q che si dissocia in p cationi e q anioni M p A q p Mz+ + q Az si ha la formula generale p q p q Legge limite di Debye e Huckel Secondo la teoria di Debye e Huckel, di cui si dà solo il risultato, i coefficienti di attività degli ioni sono esprimibili nel limite di soluzioni diluite dalla seguente espressione, nota come legge limite ln | z z | AI 1/ 2 in cui z+ e z sono le cariche degli ioni, A è una costante dipendente dalla natura del solvente e dalla temperatura . La grandezza I è la forza ionica della soluzione definita come I 1 2 z m 2 i i in cui m è la molalità della soluzione espressa in kg mol 1. 1-90 Reazioni redox Le reazioni chimiche in cui si ha un trasferimento di elettroni da una specie ad un’altra sono note come reazioni di ossido-riduzione o, abbreviatamente, reazioni redox (dall’inglese reductionoxidation). Il donatore di elettroni si chiama riducente e l’accettore di elettroni si chiama ossidante. Esempio Lo ione rameico Cu++ ossida, cioè de-elettronizza, lo zinco metallo a Zn++ e, acquistando elettroni, si riduce a rame metallo: Cu++ (aq) + Zn(s) Cu(s) + Zn++ (aq) La reazione avviene nel senso indicato dalla freccia perché lo zinco metallo si ionizza facilmente a ione positivo cedendo due elettroni 4s, più facilmente del rame, che invece dovrebbe cedere un elettrone 4s e un elettrone interno 3d: questo si esprime sinteticamente dicendo che lo zinco è più elettropositivo del rame. Semi-reazioni Qualunque reazione redox si può scomporre concettualmente come la risultante di due semireazioni, una di acquisto di elettroni e l’altra di cessione di elettroni. La semireazione di riduzione si scrive in generale Ox + e Red mentre la semireazione di ossidazione si scrive in generale Red Ox + e dove il coefficiente stechiometrico indica il numero di elettroni trasferiti. La specie ossidata Ox e quella ridotta Red di una semireazione sono denominate coppia di ossido-riduzione e vengono indicate per convenzione con il simbolo Ox/Red. Esempio La reazione redox dell’esempio precedente si può scomporre nelle due seguenti semi-reazioni: Cu++ (aq) + 2 e Cu (s) Zn (s) Zn++ (aq) + 2 e riduzione dello ione rameico: ossidazione dello zinco metallico: La relativa coppia di ossidoriduzione è indicata dal simbolo Cu++/Cu e rispettivamente Zn++/Zn. 1-91 Cella galvanica o pila Una cella galvanica è formata da due elettrodi di conduttori metallici, detti semielementi della cella, immersi in un elettrolita, che è un conduttore ionico, soluzione o liquido o solido. L’elettrodo in cui avviene la semireazione di ossidazione si chiama anodo e quello in cui avviene la semireazione di riduzione si chiama catodo. Gli elettroni liberati dalla semireazione di ossidazione sull’anodo si trasferiscono per mezzo di un cavo conduttore esterno verso il catodo dove ridiscendono nella pila e vengono catturati dalla semireazione di riduzione. Anodo e catodo sono parole che derivano dal greco e significano rispettivamente salita (di elettroni dalla soluzione verso l’esterno) e discesa (di elettroni dall’esterno verso la soluzione). Per effetto della reazione l’anodo acquista un potenziale elettrico negativo rispetto alla soluzione, dunque nella pila viene indicato come il polo negativo (), mentre il catodo è il polo positivo (+).La differenza di potenziale fra catodo e anodo è il risultato della reazione redox. Esempio La pila di Daniell (Fig. 7.1) è formata da un elettrodo di zinco immerso in una soluzione acquosa di zinco solfato e da un elettrodo di rame immerso in un soluzione acquosa di rame solfato. Fig. 7.1 – Cella Daniell Se le due soluzioni fossero collegate per mezzo di un setto poroso, denominato giunto interliquido, si svilupperebbe una differenza di potenziale addizionale in corrispondenza della giunzione. Per evitare ciò le due soluzioni sono collegate dal cosiddetto ponte salino, costituito da una soluzione satura di un elettrolita (di solito KCl) in gelatina agar-agar. Il vantaggio di questo tipo di contatto è che i due potenziali di giunzione si cancellano reciprocamente. 1-92 Diagramma di cella La disposizione degli elettrodi della pila viene schematizzata graficamente nel cosiddetto diagramma di cella. Per la pila Daniel il diagramma si scrive così: () Zn (s) Zn++ (aq) Cu++ (aq) Cu (s) (+) La stanghetta indica l’interfaccia fra elettrodo e soluzione, mentre la doppia stanghetta indica che il potenziale di giunzione è stato cancellato con il ponte salino. Per convenzione a sinistra si scrive sempre il compartimento anodico e a destra quello catodico. Tipi di elettrodi L’elettrodo del tipo Zn (s) Zn++ (aq) visto in precedenza, costituito in generale da un metallo in presenza di un suo sale solubile, non è il solo tipo di elettrodo: qui di seguito ne vengono descritti altri. L’elettrodo a gas è costituito da un gas in equilibrio con il suo ione in soluzione. Per esempio l’elettrodo a idrogeno si ottiene facendo gorgogliare idrogeno gassoso in una soluzione acida, in presenza di platino metallico che serve a stabilire al contatto elettrico con la soluzione, cioè a trasferire gli elettroni, ma non partecipa alla reazione di cella: Pt H2 (g) H+ (aq) L’elettrodo a sale insolubile è costituito da un metallo M coperto da uno strato poroso di un suo sale insolubile MX e immerso in una soluzione contenente ioni X : M MX X Un esempio è l’elettrodo ad argento cloruro d’argento Ag AgCl Cl 1-93 la cui semireazione di riduzione è AgCl (s) + e Ag(s) + Cl (aq) L’elettrodo redox è formato da due diversi stati di ossidazione Rid, Ox di uno stesso elemento: M Rid,Ox in cui M è un metallo inerte, di solito platino, che serve al contatto elettrico. Un esempio è Pt Fe2+ (aq), Fe3+ (aq) la cui semireazione di riduzione è Fe3+ (aq) + e Fe2+ (aq) Termodinamica della pila La differenza di potenziale generata dalla reazione chimica della cella, misurata in Volt fra catodo e anodo, E = EC EA si chiama potenziale di cella o anche tensione di cella oppure forza elettromotrice (f.e.m.) della pila. Per un’analisi termodinamica della pila la trasformazione di energia chimica in elettrica deve avvenire in modo reversibile. In pratica la pila è reversibile se si verificano queste tre condizioni: bilanciando la pila con una sorgente di potenziale opposta ad E non deve aver luogo la reazione chimica e la corrente elettrica si riduce a zero; se la differenza di potenziale esterna viene abbassata di un infinitesimo la pila produce una piccola corrente; se la differenza di potenziale esterna viene alzata di un infinitesimo la pila produce la stessa intensità di corrente, ma di segno contrario. Un esempio di pila reversibile è la pila di Daniell. Il lavoro elettrico compiuto dal movimento di una carica infinitesima fra i due elettrodi è proporzionale alla differenza di potenziale E ed alla carica. La carica che viaggia da un terminale all’altro e riferita ad una mole è data dal prodotto della carica dell’elettrone e per il numero di Avogadro NA e NA = F 1-94 La quantità F = 96485 Coulomb mol 1, nota come costante di Faraday, rappresenta la carica di una mole di elettroni. La carica corrispondente ad una variazione infinitesima d del grado di avanzamento della reazione chimica si calcola moltiplicando il numero di elettroni trasportati, cioè d , per la carica molare, F d . Quindi in definitiva il lavoro elettrico è dato da dw = E F d Ricordando che per un processo isobaro-isotermo il massimo lavoro extrameccanico ottenibile in una trasformazione reversibile è dato dalla variazione di energia libera del sistema dw = dGT,P e confrontando le due relazioni si ha G E F G T , P ossia E G F Questa relazione permette di calcolare il potenziale di cella a corrente zero, a partire dall’energia libera di reazione in corrispondenza di uno specifico grado di avanzamento. L’equazione di Nernst Il potenziale della pila si può correlare con le attività delle specie chimiche reagenti, ricordando che per l’equazione di van’t Hoff GT , P G o RT ln Qa Quindi E G o RT ln Q F F Il primo termine a destra del segno di uguaglianza è l’energia libera standard di reazione espressa come potenziale, misurata quindi in volt anziché in joule; viene detto appunto potenziale di cella standard ed indicato con E. La relazione si scrive più semplicemente E Eo nota come equazione di Nernst. 1-95 RT ln Q F Cella a concentrazione L’equazione di Nernst suggerisce che si potrebbe produrre una differenza di potenziale elettrico anche sfruttando solo una differenza di concentrazione. Consideriamo la cella di Fig. 7.2, Fig. 7.2 – Cella a concentrazione che si può rappresentare con il diagramma di cella M(s) M+ (aq, dil.) M+ (aq, conc.) M(s) in cui la soluzione di sinistra ha una concentrazione minore di quella di destra. La reazione di cella è dunque M+ (aq conc ) M+ (aq dil.) Il potenziale di cella, cioè la differenza di potenziale fra la soluzione concentratata del compartimento catodico di destra e la soluzione diluita del compartimento anodico di sinistra, è calcolabile tramite la relazione di Nernst E E a( M dil ) RT RT ln Q ln F F a( M conc) 1-96 Potenziali di riduzione standard Il potenziale standard di cella, per esempio di una pila Daniell, è la misura globale sia del potere riducente di una sostanza, lo zinco metalllico Zn, sia del potere ossidante dell’altra, lo ione Cu2+. Tuttavia per poter confrontare il potere redox di varie sostanze sarebbe opportuno conoscere il potenziale standard di riduzione (o del suo contrario, il potenziale standard di ossidazione ) di ogni sostanza redox. Il potenziale standard di una pila si può considerare il risultato della somma dei due potenziali che si riferiscono alle due semireazioni che avvengono nei due compartimenti, la riduzione catodica e l’ossidazione anodica, considerando trascurabile il potenziale di giunzione. Oppure per omogeneità si può semplicemente scrivere E come la somma algebrica dei potenziali di riduzione standard della semireazione catodica e di quella anodica, quest’ultimo preso con il segno negativo: E° = E°(semireazione catodo) E°(semireazione anodo) Essendo impossibile misurare il contributo di un elettrodo isolato si è convenuto di riferire il potenziale standard di un qualsiasi elettrodo al potenziale standard di un elettrodo di riferimento a cui si è assegnato il potenziale zero. L’elettrodo di riferimento è l’elettrodo a idrogeno standard Pt H2 (g, 1 bar) H+ (aq , attività=1) alla cui semireazione di riduzione si assegna convenzionalmente potenziale standard zero: 2H+ + e H 2 , E° = 0 Volt , a tutte le temperature. Per misurare il potenziale standard relativo di una qualsiasi coppia redox si misura il valore E° di una pila costruita accoppiando un elettrodo redox (metallo immerso in una soluzione contenente la coppia in esame) e un elettrodo a idrogeno. 1-97