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BEVACIZUMAB, LA MOLECOLA CHE ‘AFFAMA’ IL TUMORE
Bevacizumab è un anticorpo monoclonale applicato in infusione durante la
chemioterapia. In Italia è approvato per un ampio utilizzo nel trattamento del tumore del
colon-retto in associazione a più regimi di chemioterapia e per l’utilizzo nel trattamento
del tumore metastatico della mammella, del polmone non a piccole cellule e del rene
(G.U. della Repubblica Italiana n. 146 del 24 giugno 2008). Bevacizumab è il primo
e l’unico agente anti-angiogenesi che ha dimostrato di portare benefici significativi in
termini di miglioramento generale e/o di sopravvivenza senza progressione in quattro
tipi di tumore: del colon-retto, della mammella, del polmone a cellule non piccole
(NSCLC) e delle cellule renali. È il risultato di più di 30 anni di ricerca: è il primo
farmaco antitumorale che ha come bersaglio l’angiogenesi, cioè lo sviluppo di nuovi
vasi sanguigni a partenza da vasi preesistenti. Questo innovativo farmaco previene il
collegamento del tumore con i vasi sanguigni circostanti, e in questo modo lo “affama”,
lo lascia cioè senza rifornimento di sangue, elemento critico per la sua crescita,
sopravvivenza e diffusione.
Bevacizumab nel tumore del colon-retto
A maggio 2003, la Fase III registrativa ha dimostrato che bevacizumab quando
utilizzato in prima linea in combinazione con la chemioterapia convenzionale (5fluoruracile/acido folinico o 5-fluoruracile/acido folinico/irinotecano per endovena) è in
grado di determinare un importante miglioramento della sopravvivenza globale nel
tumore del colon-retto. L’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia prolunga la
sopravvivenza media di quasi 5 mesi (20,3 verso 15,6 mesi) nei pazienti con tumore del
colon-retto non precedentemente trattato.
Bevacizumab è diventato il primo trattamento anti-angiogenesi approvato dalla FDA per
l’uso del cancro del colon-retto avanzato o metastatico nel Febbraio 2004, e
successivamente dall’EMEA a gennaio 2005.
In aggiunta, un grande studio internazionale di Fase III su pazienti trattati in prima linea
per il cancro del colon-retto avanzato o metastatico ha confermato che l’aggiunta di
bevacizumab a qualunque regime chemioterapico a base di oxaliplatino (FOLFOX o
XELOX) ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in maniera
statisticamente significativa rispetto alla sola chemioterapia, indipendentemente dal
regime chemioterapico associato a Bevacizumab (FOLFOX o XELOX).
Nel gennaio 2008 la Commissione Europea ha approvato l’utilizzo di bevacizumab nel
tumore del colon-retto in combinazione con qualsiasi tipo di chemioterapia, compresa la
capecitabina orale, non solo per il trattamento di prima linea, ma anche nelle linee di
trattamento successive.
Bevacizumab nel tumore della mammella
I risultati dello studio registrativo di Fase III dimostrano che bevacizumab in
associazione con il chemioterapico paclitaxel, rispetto al solo paclitaxel in monoterapia,
raddoppia le possibilità di sopravvivenza senza progressione di malattia (PFS) nel
trattamento di prima linea delle pazienti con tumore al seno metastatico o con recidiva
locale.
In particolare, i risultati hanno mostrato, nelle pazienti trattate con bevacizumab e
paclitaxel, una PFS di 11,3 mesi, contro un valore di 5,8 mesi nelle pazienti trattate con
solo paclitaxel. Anche la percentuale di risposta obiettiva è risultata raddoppiata nelle
pazienti trattate con il regime contenente bevacizumab (49,8%) rispetto a quelle trattate
con la monoterapia (22,2%).
Sulla base di questi dati, a marzo 2007 il bevacizumab ha ottenuto dalla Commissione
Europea l’indicazione come trattamento di prima linea per le donne con tumore della
mammella metastatico in combinazione con paclitaxel.
Bevacizumab nel tumore al polmone a cellule non piccole (NSCLC)
I risultati dello studio di Fase III E4599 hanno riconosciuto come bevacizumab sia il
primo farmaco ad estendere la sopravvivenza di oltre un anno nei pazienti con tumore
polmonare avanzato non trattato in precedenza. Lo studio ha dimostrato una durata
media di sopravvivenza di 12,3 mesi nel gruppo di pazienti trattati con bevacizumab più
una chemioterapia con paclitaxel e carboplatino, contro un valore di 10,3 mesi nel
gruppo trattato con la sola chemioterapia. In generale i pazienti trattati con bevacizumab
hanno avuto un miglioramento della sopravvivenza di circa il 27%, in confronto ai
pazienti che hanno ricevuto solo la chemioterapia
Un secondo studio di Fase III (AVAiL) ha inoltre confermato che quando bevacizumab
è in combinazione con una diversa chemioterapia a base di platino
(gemcitabina/cisplatino) si ottiene un miglioramento nella sopravvivenza senza
progressione nei pazienti con tumore al polmone a cellule non piccole in fase avanzata
prima non trattati.
Sulla base dei trial E4599 ed AVAiL, bevacizumab ha ottenuto l’approvazione delle
Autorità Sanitarie dell’Unione Europea per il trattamento del tumore al polmone a
cellule non piccole ad agosto 2007; negli USA l’approvazione era stata concessa
nell’ottobre del 2006, sulla base dei risultati dello studio E4599.
Bevacizumab nel tumore delle cellule renali
Un’analisi ad interim dello studio di fase III AVOREN nel tumore renale a cellule
chiare, in stadio avanzato, ha rilevato che bevacizumab in combinazione con
l’interferone alpha-2a prolunga in maniera significativa la sopravvivenza senza
progressione, e ha mostrato una tendenza favorevole nella sopravvivenza generale.
All’ASCO 2008, è stata presentata un’analisi di sottogruppi di pazienti in cui si
conferma che l’associazione di bevacizumab + IFN è efficace indipendentemente dalle
caratteristiche di paziente e di tumore.
L’associazione di bevacizumab + IFN garantisce un buon profilo di tollerabilità che
garantisce ai pazienti di mantenere le loro attività quotidiane.
Bevacizumab in altri tumori
Terapia anti-cancro realmente pionieristica, il bevacizumab ha le potenzialità per
cambiare radicalmente l’approccio al trattamento del tumore, con studi in corso in molti
altri tipi di tumore tra cui prostata, ovaio, cervice e pancreas.
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