VIAGGIO ALLE ORIGINI DEL LOGOS STORIA DELLA MEDICINA GRECA. Lezioni tenute dalla prof.ssa SUSI DEL PIN Fra gli aspetti più significativi della cultura greca e del concetto di Logos un interessante capitolo riguarda la medicina greca, che ha contributo in modo determinante a definire le malattie e le cure in Occidente sino alla fine dell’Ottocento. I POEMI OMERICI. Le prime testimonianze sulla M. presso i greci si trovano nei poemi omerici e sono interessanti perché ci permettono di conoscere il pensiero antico sull’argomento. Nell’Iliade la malattia è provocata da cause esterne e la persona può guarire o perire: non ci sono malati cronici o invalidi. Nel libro primo c’è la descrizione della pestilenza che si è abbattuta sul campo acheo: La pestilenza è il frutto di una colpa grave (Agamennone non ha restituito al padre la prigioniera Criseide); La malattia ha un’origine soprannaturale: è la risposta degli dei alle colpe umane. Sono le frecce di Apollo o di Artemide oppure la volontà di Zeus la fonte dei mali. La cura è legata all’espiazione della colpa attraverso sacrifici e invocazioni propiziatorie, per cui è fondamentale il ruolo dei sacerdoti (la M. è un sapere iniziatico e ai medici venivano attribuite doti divine – allievi di Chirone). Nel poema vengono descritte soprattutto ferite, che sono ritenute gravi nella misura in cui colpiscono parti specifiche del corpo e la malattia, sempre al singolare, è una forma di deperimento grave. Nell’Odissea oltre alle ferite c’è anche la descrizione di malattie curate dai farmaci. LA MEDICINA NEL TEMPIO: ASCLEPIO. La figura di Asclepio è descritta in un mito pindarico: Asclepio è figlio di Apollo e della bella ninfa Coronide, che, incinta, ha una relazione con il giovane Ischio (v. importanza del vischio nella M. greca e termine “osso ischiatico” derivante da questa figura). Apollo ordina che i due amanti siano trafitti dalle frecce scagliate da Artemide, ma con un cesareo salva dal corpo dell’amante il bambino. Asclepio viene salvato per curare “le dolorose malattie degli uomini. E’ colui che placa le pene e rinsalda le membra, l’eroe che protegge da tutte le specie dei morbi”. Asclepio è rappresentato come un uomo maturo, seduto su un trono, con in pugno un bastone e con l’altra mano appoggiata sulla testa di un serpente (serpente guaritore, simbolo di rigenerazione, perché muta la pelle ogni anno). Ai suoi piedi c’è un cane (cani e serpenti erano cari al culto di A., perché con la lingua leccavano e guarivano le ferite). Ad A. sono collegate le dee Igea (protettrice della M. preventiva) e Panacea (protettrice della salute recuperata). La figura di Asclepio si sostituisce e racchiude in sé una preesistente tradizione curativa sacrale, gestita dalle sacerdotesse della luna (v. santuari in Tessaglia e Messenia): la luna trasmetteva i suoi poteri curativi alla corteccia dei salici che si trovavano presso questi templi e dalla corteccia si ricavavano poi i farmaci (la parola ha origine da una tradizione che coincideva con la presenza di “un capro espiatorio”), che ancora oggi sono detti “salicili” per le proprietà curative. La medicina di Asclepio attestata già prima della distruzione di Troia verrà praticata in Grecia anche dopo la nascita della scuola di Ippocrate e le due medicine (quella del tempio e quella della techne) convivranno. 1 Ad Epidauro il tempio di Asclepio, cinto da mura, sorgeva all’esterno della città e al suo interno, in una cella, era collocata la statua del dio. La cura era così praticata: I malati stazionavano attorno all’area sacra e si purificavano con diete e abluzioni. Seguiva il sacrificio di un animale; Nei portici antistanti il tempio si trovava l’ABATON, luogo della degenza e del dormiveglia (incubatio): il malato si distendeva sulle pelli degli animali sacrificati e nel sonno A. appariva creando un contatto fra il mondo umano e quello divino. Il dio poteva guarire direttamente o rivelare al malato la cura (è probabile che molte malattie psicosomatiche guarissero per l’aspettativa che si generava nel paziente). I “medici” del santuario intervenivano direttamente in caso di fratture o di piaghe. Nel recinto c’era la THOLOS, un’edicola circolare dove si trovava il pozzo sacro, dimora dei serpenti: all’interno del pozzo i malati gettavano le tavolette votive, su cui scrivevano i sintomi e i trattamenti ricevuti. Fuori dal recinto si trovavano ginnasi, terme, bagni, teatri la cui funzione era strettamente terapeutica. IPPOCRATE: LA MEDICINA COME TECHNE. La figura di I. si colloca fra il V e il IV sec. a.C. e a questo medico si fa risalire la nascita della M.: non si parla più di M. apodittica o casuistica, ma di tipologie di malattie. Per la prima volta si cerca una causa naturale dei mali e la guarigione si riferisce ad una visione globale della persona, inserita nel suo ambiente. I testi della tradizione ippocratica sono raccolti in un CORPUS, che contiene 95 libri. L’idea fondamentale del Corpus è la convinzione che salute e malattia siano basate su una sorta di equilibrio e di disequilibrio. Nell’uomo ci sono quattro UMORI (sangue, flegma, bile gialla e bile nera): se questi umori sono in giusta proporzione e in equilibrio con l’ambiente esterno (insieme di clima, aria, cibo, bevande) la persona gode di buona salute. Non si parla di origine divina della malattia e Ippocrate nel testo “Sul morbo sacro” scrive: “sotto nessun riguardo mi sembra essere più divina delle altre malattie, né più sacra”. I. non entra in conflitto con gli asclepiadi, perché mantiene la convinzione che tutti i fenomeni naturali partecipano di un carattere divino, che si estrinseca nella regolarità delle leggi naturali. Per questo il medico deve essere anche filosofo, deve cioè indagare con il DIA TI, con il perché, con una lettura epistemologica. Il metodo di I. abbraccia sia i sensi che l’intelletto e consiste in: OSSERVAZIONE, soprattutto dell’alterazione del volto (sguardo simpatetico); AUSCULTAZIONE e tocco (“dito ippocratico”); ANAMNESI, cioè raccolta dei dati e valutazione dei segni osservati in schede cliniche; PROGNOSI con previsione del decorso e dell’esito. L’esattezza della prognosi è l’unico modo attraverso il quale il paziente può riconoscere il valore di un medico. In questo modo la M. di I. diventa TECHNE, cioè sapere razionalmente fondato, dotato di procedure consapevoli e controllabili. La malattia è uno squilibrio, la cura un riequilibrio, testimoniato da diversi testi del CORPUS. Interessante è la dimensione del rapporto medico-paziente: il medico evidentemente possiede un sapere e un controllo sul male, per cui non c’è un rapporto paritetico, ma un rapporto definito dal DOVERE (DEONTOLOGIA PROFESSIONALE). Il medico dovrà curare anche i malati con prognosi infausta, prestarsi gratuitamente ai malati indigenti, osservare un assoluto riserbo professionale, astenersi dall’usare la propria influenza nel proprio interesse privato. Per questi motivi nella storia della M. ha acquistato un ruolo fondamentale il Giuramento di Ippocrate, una promessa solenne fatta davanti alle divinità: la responsabilità medica non si riferisce ad un contesto giuridico, ma è un impegno etico. La trasgressione inficia l’autorevolezza del medico e il suo ruolo nella società. 2