Lettera aperta al Presidente dell`INPS, Tito Boeri.

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Lettera aperta a Tito Boeri, Presidente INPS
Gentile prof. Boeri,
abbiamo deciso di scriverle in occasione della Giornata Mondiale Alzheimer perché non
apprezziamo le celebrazioni rituali e scontate, e perché i nostri 31 anni di attività ci costringono ad
una visione lucida e realistica della condizione attuale dei malati di demenza in Italia.
Certo, siamo consapevoli che nel nostro Paese ci sono realtà virtuose regionali e locali, istituzionali
e associative, che ben funzionano e ben tutelano malati e familiari. Ma converrà con noi che
proprio queste realtà positive rischiano di essere addirittura discriminanti nei confronti di tutti quei
malati (la maggior parte) che non possono avervi accesso.
Sono talmente tali e tanti (ancora oggi!) i diritti dei malati e dei familiari che non trovano risposta
che le celebrazioni trionfalistiche, le vetrine, le autopromozioni di questo periodo (almeno quelle
che non corrispondono ad una reale “presa in carico”) non fanno altro che evidenziare il vuoto di
regia e strategia nazionale.
Cosa potevamo fare? Unirci al coro? Passare sotto silenzio la Giornata Mondiale? AIMA da
sempre è accanto alle famiglie e fa quanto è nelle sue possibilità per la tutela dei loro diritti. E poi,
Presidente, l'11 settembre scorso lei ha rilasciato un'intervista al Fatto Quotidiano nella quale ha
parlato, tra l’altro, dell'equità alla quale l'INPS deve tendere.
E' stato lo spunto che ci serviva. Abbiamo deciso di invitarla a riflettere sulla procedura di ricorso
che l’Istituto che lei presiede ha messo in campo nel caso in cui un paziente (o per lui la famiglia)
si veda negata l'indennità di accompagnamento. Le dobbiamo segnalare che la valutazione della
perdita di autonomia causata dal deterioramento cognitivo ha, da sempre, larghi margini di
discrezionalità, legati alla bassa “sensibilità” delle misurazioni in uso, alla scarsa “attenzione” delle
commissioni e, purtroppo, al pregiudizio dal quale partono talvolta le procedure di accertamento
dell'invalidità (la giusta lotta ai falsi invalidi, penalizza spesso gli invalidi veri …).
Se viene negata l'indennità di accompagnamento, e la famiglia per il paziente è ben certa di
averne diritto, dovrà necessariamente assumere un legale e fare opposizione per via giuridica alla
decisione, con un costo talmente elevato, tanto economico che di tempo, da mettere in
discussione l’equità della intera procedura e, soprattutto, del suo esito.
Per un beneficio di poco più di 500 euro al mese, che nella maggior parte dei casi aiuta la famiglia
nel pagamento della badante, bisogna spendere 8/10 volte tanto, solo per tentare di raggiungere
l’obiettivo, senza alcuna garanzia di riuscirci. Quante famiglie crede si possano permettere di
affrontare ulteriori spese e di impegnarsi in un percorso così lungo e complicato?
Le famiglie non hanno alternative: se non riescono ad assistere il malato al domicilio (24 ore al
giorno di assistenza impegnativa, faticosa, spesso dolorosa), devono rivolgersi alle strutture di
assistenza residenziale, i cui costi sono sempre più inarrivabili per una famiglia “normale”.
E’ per tutte queste ragioni, Presidente, che le chiediamo di assumere una iniziativa per trovare
soluzioni più ragionevoli che, senza nulla togliere alla legittima necessità dell’Istituto da lei
presieduto di tutelarsi dall’eccesso di ricorsi, evitino di far ricadere tutto ciò su pazienti e familiari
già così duramente colpiti.
Restiamo in attesa.
Patrizia Spadin
Presidente AIMA
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