Ortopedia
19/10/2007
Prof. Maccauro
10.30-12.30
I tumori ossei
Quando parliamo di tumori ossei, in realtà, parliamo di tumori che coinvolgono il sistema muscoloscheletrico: ossa, muscoli, nervi, tessuto connettivo fibroso. Vedremo poi quei tumori che
coinvolgono l’osso attraverso metastasi a partenza da carcinomi o tumori del sangue.
Nel 1972 Schajowicz diede vita alla classificazione degli istotipi che è alla base della diagnostica e
quindi della terapia di questi tumori. Questa classificazione è fondamentale ai fini della
comprensione di tali neoplasie, della diagnostica, della terapia e conseguentemente della prognosi.
E’ molto complessa e si vede come i tumori del sistema muscolo-scheletrico originano dall’osso,
dalla cartilagine, dal tessuto fibroso, dal sistema reticolo-endoteliale, dai vasi ed esistono tumori dei
quali non è stata ancora compresa l’origine. Nell’iter diagnostico dei tumori ossei risulta
fondamentale l’aspetto clinico ed epidemiologico, l’imaging (Rx, TAC, RMN, scintigrafia) l’esame
istologico, talvolta l’arteriografia e il bilancio biologico, i quali permettono di poter fare una
corretta stadiazione, il quale è un processo di classificazione dei tumori che tiene conto del loro
grado di differenziazione, dell’estensione locale e di quella a distanza. Questa stadiazione
permetterà di formulare una diagnosi corretta e di conseguenza di impostare un trattamento corretto
e in ultima analisi di stimare una prognosi precisa della malattia.
La classificazione TNM è stata adattata ai tumori muscolo-scheletrici tenendo presente che le
metastasi linfonodali (N) sono molto rare, per cui sono molto più importanti il grado istologico (G),
l’estensione anatomica (T) e le metastasi a distanza (M). Il grading istologico è dato non solo
dall’esame del vetrino ma sono i dati clinici, radiografici e istologici insieme a determinarlo. Questo
sarà sempre 0 nei tumori benigni e in genere 1 e 2 in quelli maligni. Per quanto riguarda
l’estensione dei tumori va detto che questi possono svilupparsi all’interno del compartimento
costituito dall’osso e dal muscolo, oppure possono essere extracompartimentali come alcuni tumori
benigni nelle fasi avanzate. Dobbiamo distinguere gli aspetti istologici di un tumore benigno da uno
maligno: solitamente i benigni sono G0, presentano un tessuto ben differenziato per cui il rapporto
tra cellule e matrice sarà a favore della matrice, il tessuto è uguale a quello di provenienza con
assenza di atipie cellulari, l’attività proliferativa di queste cellule è scarsa o assente; questi tumori
non sono dotati di capsula che è il tentativo dell’organo colpito di separare il tumore dal resto del
tessuto. Il tumore benigno cresce lentamente, è raro che dia una sintomatologia clinica determinata
dal coinvolgimento dell’osso, raramente supera l’osso così come sono rare le metastasi. All’aspetto
radiografico notiamo, nel caso di tumori a lenta crescita, una sclerosi che va a formare un anello
circonferenziale esterno che permette al tessuto ospite di limitare la crescita del tumore. In alcuni
casi i tumori benigni presentano una crescita più rapida e non danno tempo all’osso circostante di
circoscrivere gli stessi e quindi abbiamo un tumore attivo che tende ad espandere l’osso o
addirittura uno aggressivo che supera la corticale ossea e diventa extracompartimentale.
L’arteriografia per tumori di questo tipo non serve a fare diagnosi, mentre una TAC serve perché
mostra bene la lesione e i rapporti che la stessa ha con il tessuto circostante.
Tumori benigni
I tumori benigni più frequenti di interesse ortopedico sono l’osteoma osteoide, l’osteocondroma, il
condroma e il tumore a cellule giganti.
L’osteoma osteoide è un tumore abbastanza frequente, caratterizzato tipicamente dalla presenza di
un nidus di tessuto osteoide scarsamente mineralizzato, circondato da un tessuto sclerotico molto
denso detto iperostosi reattiva che circonda il nidus. E’ bene notare che la sclerosi e quindi
l’ispessimento dell’osso circostante finalizzato a circoscrivere il tumore è un processo attivo e non è
tipico dei tumori benigni. Lo ritroviamo solo nell’osteoma osteoide e nel fibroma istiocitico.
Da un punto di vista epidemiologico colpisce solitamente l’età infanto-giovanile, soprattutto nella
seconda decade anche se oggi si osservano anche casi intorno ai trent’anni. Predilige il sesso
maschile ed è localizzato in particolar modo allo scheletro degli arti (femore, tibia, omero).
L’aspetto clinico peculiare di questa neoplasia è la tumefazione e il dolore vivace, tipicamente
notturno, continuo e sensibile all’assunzione di FANS e aspirina (il dolore si ripresenta alla
scomparsa degli effetti dei salicilati). Alla radiografia avremo un’immagine radiotrasparente
corrispondente al nidus circondata da una zona chiara determinata dalla sclerosi di tipo reattivo. La
scintigrafia ossea solitamente non è un esame utile in quanto è abbastanza aspecifico e non è in
grado di discriminare tra neoplasia maligna e benigna. Nel caso dell’osteoma osteoide, però, questa
ha ancora una sua valenza perché permette di notare una tipica captazione al centro del nidus. La
TAC fa vedere molto bene la sclerosi e permette di determinare la precisa localizzazione ed
estensione della massa tumorale. Da un punto di vista istologico il tumore presenta un osteoide
immaturo che comincia ad essere mineralizzato. Il trattamento è tale per cui l’asportazione della
porzione di osso contenente il nidus e la iperostosi permette di risolvere il problema. Quando i
parametri clinici e radiodiagnostici (età, clinica, aspetto radiografico, scintigrafia e TAC) orientano
verso questa diagnosi, oggi si preferisce evitare l’escissione in blocco per privilegiare l’escissione
percutanea TAC-guidata e la chirurgia radioguidata che permettono di eliminare il tumore
attraverso le radiazioni.
L’osteocondroma è un altro tumore benigno molto frequente, che si sviluppa sulla superficie
esterna dell’osso e che prende anche il nome di esostosi osteocartilagineo. E’ il tumore più
frequente in sede fibroblastocitico ed è caratterizzato dalla formazione di un cappuccio cartilagineo
che riveste uno scheletro sessile o peduncolato di osso. Nel caso di una forma solitaria si ritiene che
alla base ci sia una mutazione genetica spontanea, per cui non c’è una trasmissione ereditaria. Nella
malattia delle esostosi multiple, invece, è dimostrata una familiarità e una trasmissione variabile.
Isole di tessuto cartilagineo normalmente presenti e normalmente deputate all’accrescimento
dell’osso si dispongono in modo non più verticale ma orizzontale. Ciò determina un meccanismo di
trazione per cui queste invece di rimanere all’interno dell’osso, vengono spostate all’esterno. Queste
forme multiple si localizzano tipicamente alle estremità delle ossa lunghe come il femore
prossimale o distale, la tibia prossimale. La tibia distale è molto delicata perché il suo
coinvolgimento è responsabile di deformità a carico della caviglia. Inoltre mentre le deformità sono
sempre presenti nel caso delle esostosi multiple, la forma solitaria si accompagna a deformità solo
quando si localizza a livello della tibia distale. Le forme multiple, più frequentemente di quelle
isolate, hanno localizzazioni anche a livello del cingolo scapolare, dell’acetabolo e del cingolo
pelvico. Stranamente queste particolari localizzazioni sono indice di una neoplasia maligna già nelle
fasi iniziali. Clinicamente il tumore è in genere asintomatico e diventa sintomatico con dolore per la
compressione di strutture nervose viciniori o per la presenza di un tessuto infiammatorio. L’ipotesi
che questi tumori potessero presentare una degenerazione sarcomatosa è stata oggi abbandonata in
quanto si ritiene che un tumore benigno non possa evolvere a maligno. L’aspetto radiografico è
quello di una lesione sessile o peduncolata con un cappuccio cartilagineo che lo circonda. A livello
istologico vediamo un tessuto osseo spugnoso circondato da una struttura cartilaginea. Le cellule
sono binucleate anche se queste sono normalmente presenti nella cartilagine sana. Ripetiamo che il
10-20% delle localizzazioni delle esostosi multiple sono a livello della scapola, dell’ala iliaca e
della pelvi. Se queste hanno un rapido accrescimento e cominciano a diventare sintomatiche, vanno
considerate come delle lesioni maligne anche se non sono considerate come la degenerazione di
lesioni benigne. Il trattamento prevede l’asportazione al termine dell’accrescimento dell’osso
perché siamo sicuri che le isole di cartilagine, che hanno dato vita al tumore, non sono più presenti
per cui il tumore non si ripresenterà. L’escissione va effettuata prima se questo tumore è in grado di
determinare una deformità articolare o una sintomatologia dovuta alla compressione di un nervo o
un vaso.
Il tumore benigno della cartilagine che invece è presente all’interno dell’osso si chiama condroma.
Nella maggior parte dei casi è asintomatico e solitario, in alcuni casi può associarsi ad alcune
malattie sistemiche. E’ localizzato frequentissimamente a livello della mano, epidemiologicamente
è molto frequente e colpisce in modo indifferente l’uomo e la donna. Se raggiunge il periostio
questo tumore dà una sintomatologia dolorosa mentre quando rimane confinato all’interno dell’osso
non dà sintomi e non deve essere nemmeno trattato. L’encondroma che colpisce la mano ha una
caratteristica particolare: tende ad accrescersi e a fratturare l’osso sia perché l’osso della mano è
piccolo e sia perché compare in età più giovanile. Da un punto di vista radiografico appare come
un’area osteolitica al centro della midollare con la corticale soffiata, aree biancastre puntiformi di
calcificazione o di ossificazione all’interno dell’osso che determinano un’immagine detta a “mollica
di pane”. La scintigrafia non è più utile nell’iter diagnostico perché si sa che la captazione delle
cellule tumorali è ciclica, per cui in un dato momento può succedere che il tumore non sia visibile.
A livello istologico notiamo la presenza di cellule cartilaginee, a volte sono binucleate, disposte in
lacune e hanno una matrice matura. La diagnostica differenziale è, per questo tumore, con il
condrosarcoma: è importante perché il condroma non richiede trattamento mentre il condrosarcoma
si e deve basarsi su tutti i criteri epidemiologici, clinici, radiografici e istologici. A tutt’oggi il
trattamento non è semplice: si tiene il paziente sotto osservazione e quando c’è il dubbio che possa
essere un condrosarcoma di basso grado si effettua un curettage (svuotamento) con l’utilizzo di
adiuvanti locali che permettono di eliminare le ultime cellule non asportate con il metodo
meccanico.
L’ultimo tumore benigno da analizzare è il tumore a cellule giganti che colpisce prevalentemente
il sesso maschile tra la 2a e la 4a decade di vita. La localizzazione clinica più rilevante è il
ginocchio, il femore distale e la tibia prossimale; l’aspetto radiografico tipico è una lesione
osteolitica raramente circondata dal callo sclerotico poiché queste sono forme aggressive che
tendono ad assottigliare e ad erodere la corticale determinandone un aspetto soffiato. Alla TAC si
nota come la corticale sia quasi inesistente. Si nota a livello istologico la presenza di cellule giganti
che in passato avevano fatto pensare a un tumore maligno mentre oggi si è visto che sono cellule
normali. Dato il comportamento aggressivo, il trattamento deve essere molto accurato perché il
paziente è esposto a un rischio non basso di recidive locali, al rischio che venga coinvolto un intero
osso per cui si rende necessaria una asportazione massiva o persino al rischio di metastasi a distanza
soprattutto a livello polmonare. Il trattamento è identico a quello del condroma.
Fine prima parte
Larosa Luigi