Nell’epoca di Internet e del treno ad alta velocità, in cui si continua a correre a ritmi sempre meno umani, il tempo è quella risorsa di cui disponiamo sempre meno. O meglio, se ne fa un uso poco sociale ma più legato a una rendita, a un quid monetizzabile. Per questo la Banche del tempo è un tema dai risvolti interessanti, una dimensione esterna al circuito economico, in cui l’unica cosa che circolano sono le relazioni, e lo scambio paritario si basa sulla fiducia e la solidarietà. Essa può aiutare a distaccarci dalla logica del denaro e a riportare l’economia in posizione subalterna rispetto alla civiltà e alla politica. Vedremo ora come, secondo la mia tesi, la Banca del Tempo rappresenta un sistema di scambio di attività e servizi che non sono fini a se stessi, ma ritrovano il loro scopo ultimo nell’essere un mezzo di socialità. Per le istituzioni comunali, investire una piccola somma per aprire uno sportello di una Banca del tempo, vuol dire guadagnare nel cosiddetto “welfare leggero” ovvero garantire un minimo di quei servizi quotidiani di cui non può più farsi carico. Baby-sitter, aiuto nei compiti dopo la scuola, accompagnamento agli anziani, sono tutte attività che solitamente vengono contabilizzate, e invece, attraverso la Banca del tempo, uscirebbero dai bilanci comunali e familiari, per entrare in una logica diversa, quella dello scambio, del baratto di attività a pari condizioni. Utilizzare l’unità di misura del tempo infatti permette di servire diverse fasce di persone deboli o poco integrate nella città, come gli anziani, i nuovi cittadini, i bambini e le mamme dando loro una nuova collocazione sociale e al contempo un aiuto concreto nelle esigenze della vita quotidiana, unendo così l’utilità pratica al piacere di passare del tempo insieme ad altre persone, al di fuori dei ruoli di professionista e di persona in stato di necessità, ma considerate sullo stesso piano, sociale e umano. Dell’importanza della reciprocità, peculiarità della Banca del tempo, parla Luigi Bruni, economista (2006) ponendola alla base della società. La sua teoria dell’economia civile, ritiene che la società sia costituita da tre caratteristiche principali: lo scambio contrattuale che avviene nel rapporto di lavoro, la redistribuzione di ricchezze, tipica dei rapporti di amicizia, e la reciprocità, la quale fonda- logicamente e storicamente- gli altri due. Egli dimostra che la reciprocità si trova a cavallo tra la teoria economica e quella sociale, non appartiene completamente a nessuna delle due, e per questo è fondamentale per tenere insieme la società. La reciprocità è la forma che può dare qualità al vivere civile perché, a differenza delle altre, permette l’inclusione degli esclusi nella dinamica civile trasformandoli in costruttori di reciprocità e ne risveglia le capacità sopite e inutilizzate. All’interno dell’amministrazione comunale la Banca del tempo quindi può servire a creare una rete che possa sostituire, almeno in parte, piccoli servizi ai cittadini, il costo dei quali l’istituzione non può più sostenere. Anche Laville (1998) ripensa la teoria economica: alla luce della recente crisi finanziaria sostiene la necessità di un rinnovamento che vada in direzione della ricomposizione dei rapporti tra economia e società. Mentre fino al XIX° secolo, nelle società tradizionali, i sistemi economici conosciuti consideravano tutti prioritario il mantenimento del legame sociale rispetto alla produzione di ricchezze, con il mercato il modello dello scambio isola e decontestualizza l’attività economica rispetto alla società perché si affida al meccanismo autoregolatore dello scambio, che è separato da ogni legame sociale. Ricomporre i rapporti tra economia e società a favore della seconda, porta a riequilibrare il sistema del welfare, che così, diventerebbe meno dipendente dalle casse comunali e più legato ai rapporti informali che si creano direttamente tra le persone, portatrici di bisogni ma anche di risorse. Come Bruni, anche per Laville, la soluzione sta nell’iscriversi all’interno di un’economia pluralistica, di cui il mercato costituisce una delle componenti ma non si esaurisce in essa. Egli propone di basarsi su tre poli: l’economia di mercato, fonte di efficienza, ma che da sola può generare ineguaglianze; l’economia non di mercato, la quale garantisce maggiore eguaglianza ma presa singolarmente può essere fonte di pesantezza burocratica; infine le solidarietà di prossimità, alla base dell’economia non monetaria, che tuttavia se separate dal resto possono contrastare il desiderio di emancipazione individuale. La concezione dell’attività economica in questo modo riparte dalla reciprocità. In essa le azioni contribuiscono a creare attività economiche ma rafforzano anche la solidarietà, in un’ottica di sobrietà, in cui cittadini e amministrazioni traggono entrambi vantaggio, i primi relazionale e le seconde, anche di tipo economico. Esiste una teoria che considera l’interazione tra cultura e persone, chiamata relazione psicosociale, e ipotizza che il mantenimento o la scomparsa di intere culture sia dovuta alla qualità dell’esperienza personale associata. Vi sono due principali modi di relazionarsi con le idee, l’ambiente e anche gli oggetti. Nel materialismo terminale la modalità è basata sul possesso, sull’avere e controllare simboli di status e consumare sempre maggiore energia ambientale, fisica e psicologica. Il materialismo strumentale è proprio quello per cui gli oggetti non sono il fine ultimo ma il mezzo per sviluppare scopi personali o sociali, e anche per produrre un piacere immediato dato dall’esperienza positiva in sé. La società occidentale favorisce il primo tipo di materialismo, quello basato sul possesso, in cui il denaro è diventato fine a se stesso. La teoria della decrescita, nata negli anni’70 intende ricercare un cambiamento che vada a modificare le politiche economiche fini a se stesse, passando quindi da un “materialismo terminale” ad uno “dotato di senso” (Inghilleri, 2003). non sta per “crescita negativa”, (un semplice rallentamento della crescita provocherebbe infatti la disoccupazione e tutti i danni sociali ad essa conseguenti); la Banca del Tempo, promuove un materialismo dotato di senso, affine alla Decrescita. Si colloca all’interno di un sistema produttivo che non è fine a se stesso ma è posto al servizio dei bisogni delle persone, ed è strumento di relazione. Può quindi contribuire a trasformare la concezione alla base dell’economia per cui “il tempo è denaro” , riportando la moneta alla sua primaria funzione di mezzo di scambio e non di fine, e riconoscendo il valore del tempo, vera risorsa della nostra vita. Attraverso la mia tesi ho inteso dimostrare che la Banca del Tempo promuove un materialismo dotato di senso e una migliore qualità della vita. Secondo la mia tesi la Banca del Tempo rappresenta un sistema di scambio di attività e servizi che non sono fini a se stessi, ma ritrovano il loro scopo ultimo nell’essere un mezzo di socialità. Ho quindi svolto delle interviste qualitative ai soci della banca del tempo di Buccinasco, scelta perché una delle più avviate e ricche di iniziative della provincia di Milano. Le mie domande hanno verificato l’esistenza di: reciprocità indiretta, parità, promozione di sé, esperienza soggettiva positiva e allargamento della rete relazionale. Dalla ricerca è emerso che i soci della banca di Buccinasco fanno esperienza concreta della solidarietà e ciò incide sulla qualità della loro vita. La cosa fondamentale che avviene all’interno della Banca del Tempo è in definitiva, oltre agli scambi di servizi e saperi, l’ampliamento della rete di relazioni dei suoi soci, che ricrea in maniera moderna i rapporti di buon vicinato delle case di corte di una volta. Quindi si addice bene la definizione della Provincia di Milano, in cui si sostiene che “la Banca del Tempo promuove lo scambio di abilità, servizi e saperi al fine di attivare relazioni reciproche e solidali tra iscritti ed iscritte, in forma singola e associata, utilizzando il tempo come misura di valorizzazione” . Ho quindi dimostrato che, “la Banca del Tempo serve a risolvere problemi pratici della vita quotidiana, contribuisce alla socializzazione tra le persone, facilita la possibilità che ricerchino in sé ciò che sanno fare “oltre alle attività prevalenti e riconosciute” per poterlo mettere a disposizione di altri in una dimensione di scambio e obiettivo ultimo è il miglioramento della qualità della vita delle persone, rinvigorendo le relazioni e operando contro l’esclusione sociale. La crescita di tale circolo virtuoso permette al comportamento promosso di estendersi dal livello locale a quello sociale e politico, in direzione di una vera cultura di pace, verso una diffusione del benessere individuale e collettivo che è invisibile ai comuni indici di misurazione come il Pil ma, a mio parere, molto più importante per mantenere questa civiltà umana e renderla più felice.