Il suo intervento al convegno delle BdT del 2/10/2010

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Nell’epoca di Internet e del treno ad alta velocità, in cui si continua a correre a ritmi sempre
meno umani, il tempo è quella risorsa di cui disponiamo sempre meno. O meglio, se ne fa un
uso poco sociale ma più legato a una rendita, a un quid monetizzabile.
Per questo la Banche del tempo è un tema dai risvolti interessanti, una dimensione esterna al
circuito economico, in cui l’unica cosa che circolano sono le relazioni, e lo scambio paritario si
basa sulla fiducia e la solidarietà. Essa può aiutare a distaccarci dalla logica del denaro e a
riportare l’economia in posizione subalterna rispetto alla civiltà e alla politica.
Vedremo ora come, secondo la mia tesi, la Banca del Tempo rappresenta un sistema di
scambio di attività e servizi che non sono fini a se stessi, ma ritrovano il loro scopo ultimo
nell’essere un mezzo di socialità.
Per le istituzioni comunali, investire una piccola somma per aprire uno sportello di una Banca
del tempo, vuol dire guadagnare nel cosiddetto “welfare leggero” ovvero garantire un minimo
di quei servizi quotidiani di cui non può più farsi carico.
Baby-sitter, aiuto nei compiti dopo la scuola, accompagnamento agli anziani, sono tutte
attività che solitamente vengono contabilizzate, e invece, attraverso la Banca del tempo,
uscirebbero dai bilanci comunali e familiari, per entrare in una logica diversa, quella dello
scambio, del baratto di attività a pari condizioni.
Utilizzare l’unità di misura del tempo infatti permette di servire diverse fasce di persone
deboli o poco integrate nella città, come gli anziani, i nuovi cittadini, i bambini e le mamme
dando loro una nuova collocazione sociale e al contempo un aiuto concreto nelle esigenze
della vita quotidiana, unendo così l’utilità pratica al piacere di passare del tempo insieme ad
altre persone, al di fuori dei ruoli di professionista e di persona in stato di necessità, ma
considerate sullo stesso piano, sociale e umano.
Dell’importanza della reciprocità, peculiarità della Banca del tempo, parla Luigi Bruni,
economista (2006) ponendola alla base della società.
La sua teoria dell’economia civile, ritiene che la società sia costituita da tre caratteristiche
principali: lo scambio contrattuale che avviene nel rapporto di lavoro, la redistribuzione di
ricchezze, tipica dei rapporti di amicizia, e la reciprocità, la quale fonda- logicamente e
storicamente- gli altri due. Egli dimostra che la reciprocità si trova a cavallo tra la teoria
economica e quella sociale, non appartiene completamente a nessuna delle due, e per questo è
fondamentale per tenere insieme la società.
La reciprocità è la forma che può dare qualità al vivere civile perché, a differenza delle altre,
permette l’inclusione degli esclusi nella dinamica civile trasformandoli in costruttori di
reciprocità e ne risveglia le capacità sopite e inutilizzate.
All’interno dell’amministrazione comunale la Banca del tempo quindi può servire a creare una
rete che possa sostituire, almeno in parte, piccoli servizi ai cittadini, il costo dei quali
l’istituzione non può più sostenere.
Anche Laville (1998) ripensa la teoria economica: alla luce della recente crisi finanziaria
sostiene la necessità di un rinnovamento che vada in direzione della ricomposizione dei
rapporti tra economia e società.
Mentre fino al XIX° secolo, nelle società tradizionali, i sistemi economici conosciuti
consideravano tutti prioritario il mantenimento del legame sociale rispetto alla produzione di
ricchezze, con il mercato il modello dello scambio isola e decontestualizza l’attività economica
rispetto alla società perché si affida al meccanismo autoregolatore dello scambio, che è
separato da ogni legame sociale.
Ricomporre i rapporti tra economia e società a favore della seconda, porta a riequilibrare il
sistema del welfare, che così, diventerebbe meno dipendente dalle casse comunali e più legato
ai rapporti informali che si creano direttamente tra le persone, portatrici di bisogni ma anche
di risorse.
Come Bruni, anche per Laville, la soluzione sta nell’iscriversi all’interno di un’economia
pluralistica, di cui il mercato costituisce una delle componenti ma non si esaurisce in essa.
Egli propone di basarsi su tre poli: l’economia di mercato, fonte di efficienza, ma che da sola
può generare ineguaglianze; l’economia non di mercato, la quale garantisce maggiore
eguaglianza ma presa singolarmente può essere fonte di pesantezza burocratica; infine le
solidarietà di prossimità, alla base dell’economia non monetaria, che tuttavia se separate dal
resto possono contrastare il desiderio di emancipazione individuale.
La concezione dell’attività economica in questo modo riparte dalla reciprocità.
In essa le azioni contribuiscono a creare attività economiche ma rafforzano anche la
solidarietà, in un’ottica di sobrietà, in cui cittadini e amministrazioni traggono entrambi
vantaggio, i primi relazionale e le seconde, anche di tipo economico.
Esiste una teoria che considera l’interazione tra cultura e persone, chiamata relazione
psicosociale, e ipotizza che il mantenimento o la scomparsa di intere culture sia dovuta alla
qualità dell’esperienza personale associata.
Vi sono due principali modi di relazionarsi con le idee, l’ambiente e anche gli oggetti.
Nel materialismo terminale la modalità è basata sul possesso, sull’avere e controllare simboli
di status e consumare sempre maggiore energia ambientale, fisica e psicologica.
Il materialismo strumentale è proprio quello per cui gli oggetti non sono il fine ultimo ma il
mezzo per sviluppare scopi personali o sociali, e anche per produrre un piacere immediato
dato dall’esperienza positiva in sé.
La società occidentale favorisce il primo tipo di materialismo, quello basato sul possesso, in
cui il denaro è diventato fine a se stesso.
La teoria della decrescita, nata negli anni’70 intende ricercare un cambiamento che vada a
modificare le politiche economiche fini a se stesse, passando quindi da un “materialismo
terminale” ad uno “dotato di senso” (Inghilleri, 2003).
non sta per “crescita negativa”, (un semplice rallentamento della crescita provocherebbe
infatti la disoccupazione e tutti i danni sociali ad essa conseguenti);
la Banca del Tempo, promuove un materialismo dotato di senso, affine alla Decrescita. Si
colloca all’interno di un sistema produttivo che non è fine a se stesso ma è posto al servizio dei
bisogni delle persone, ed è strumento di relazione. Può quindi contribuire a trasformare la
concezione alla base dell’economia per cui “il tempo è denaro” , riportando la moneta alla sua
primaria funzione di mezzo di scambio e non di fine, e riconoscendo il valore del tempo, vera
risorsa della nostra vita.
Attraverso la mia tesi ho inteso dimostrare che la Banca del Tempo promuove un
materialismo dotato di senso e una migliore qualità della vita.
Secondo la mia tesi la Banca del Tempo rappresenta un sistema di scambio di attività e servizi
che non sono fini a se stessi, ma ritrovano il loro scopo ultimo nell’essere un mezzo di
socialità.
Ho quindi svolto delle interviste qualitative ai soci della banca del tempo di Buccinasco, scelta
perché una delle più avviate e ricche di iniziative della provincia di Milano.
Le mie domande hanno verificato l’esistenza di: reciprocità indiretta, parità, promozione di sé,
esperienza soggettiva positiva e allargamento della rete relazionale.
Dalla ricerca è emerso che i soci della banca di Buccinasco fanno esperienza concreta della
solidarietà e ciò incide sulla qualità della loro vita.
La cosa fondamentale che avviene all’interno della Banca del Tempo è in definitiva, oltre agli
scambi di servizi e saperi, l’ampliamento della rete di relazioni dei suoi soci, che ricrea in
maniera moderna i rapporti di buon vicinato delle case di corte di una volta.
Quindi si addice bene la definizione della Provincia di Milano, in cui si sostiene che “la Banca
del Tempo promuove lo scambio di abilità, servizi e saperi al fine di attivare relazioni
reciproche e solidali tra iscritti ed iscritte, in forma singola e associata, utilizzando il tempo
come misura di valorizzazione” .
Ho quindi dimostrato che, “la Banca del Tempo serve a risolvere problemi pratici della vita
quotidiana, contribuisce alla socializzazione tra le persone, facilita la possibilità che ricerchino
in sé ciò che sanno fare “oltre alle attività prevalenti e riconosciute” per poterlo mettere a
disposizione di altri in una dimensione di scambio e
obiettivo ultimo è il miglioramento della qualità della vita delle persone, rinvigorendo le
relazioni e operando contro l’esclusione sociale.
La crescita di tale circolo virtuoso permette al comportamento promosso di estendersi dal
livello locale a quello sociale e politico, in direzione di una vera cultura di pace, verso una
diffusione del benessere individuale e collettivo che è invisibile ai comuni indici di
misurazione come il Pil ma, a mio parere, molto più importante per mantenere questa civiltà
umana e renderla più felice.
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