Legge Biagi - Formazione

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LEGGE BIAGI
Tra luci ed ombre il 24 ottobre u.s. è entrato in vigore il D.Lgs n. 276 del 10 settembre 2003
recante disposizioni di attuazione della Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 di riforma del mercato del
lavoro e dell’occupazione.
Si tratta di una legislazione di carattere innovativo soprattutto per la nuova tipologia
contrattuale, per il rinvio al confronto delle parti sociali sulle materie affidate dal legislatore alla
diretta competenza di diverso livello sindacale e sulle altre materie nelle quali l’intervento negoziale
è funzionale al comune intento di favorire e promuovere, in tempi ragionevoli, le occasioni di
impiego offerte dalla nuova regolamentazione, in modo particolare per talune categorie
svantaggiate e a maggior rischio di disoccupazione.
Le disposizioni già in vigore riguardano, tra le altre, le seguenti discipline:
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Nuovo sistema sanzionatorio del collocamento
Regolamentazione dell’appalto
Abrogazione legge 1369/60
Regolamentazione del distacco
Svolgimento degli adempimenti in materia di lavoro, dei gruppi di impresa
Modifiche all’art. 2112 del Codice Civile sul trasferimento di azienda
Job sharing
Modifiche al part time
Convalida trasformazioni full time in part time da parte della sola Direzione provinciale del
lavoro
Abolizione dell’obbligo di trasmissione – entro 30 gg. – del contratto part time alla
Direzione provinciale del lavoro
Abolizione dell’obbligo dell’autorizzazione preventiva all’assunzione di apprendisti
Abolizione dell’obbligo assunzioni apprendisti tramite liste di collocamento
Abolizione del contratto formazione lavoro nel settore privato
Tirocini estivi
Lavoro a progetto
Contratti di collaborazione coordinata e continuativa in essere: validi fino alla scadenza
Nuova definizione di lavoro occasionale
Società di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e
ricollocamento professionale già autorizzate ai sensi delle norme precedenti salvo apposito
decreto ministeriale per stabilire le modalità del regime transitorio.
Le norme che richiedono provvedimenti attuativi concernono le seguenti materie:
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Lavoro intermittente
Nuovo apprendistato: tre tipi di contratto interamente rimodulati
Contratto di inserimento
Certificazione dei rapporti di lavoro
Lavoro accessorio
Comunicazione unica contestuale di assunzione dei lavoratori
Comunicazione delle variazioni del rapporto di lavoro (nei 5 gg. seguenti)
Operatività delle agenzie per il lavoro
Somministrazione di mano d’opera
Intermediazione
Borsa continua nazionale del lavoro.
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Innanzi tutto si richiama l’attenzione dei Dirigenti delle strutture aziendali in merito ai temi
più complessi e qualificanti della riforma che assumono maggiore rilievo nel contesto dell’attività
operativa del settore creditizio.
In particolare, ci si riferisce alle disposizioni che producono rilevanti effetti innovativi
analizzati in un’ottica di rideterminazione delle regole applicative del sistema dei nuovi rapporti
giuslavoristici perfezionabili mediante accordi collettivi volti ad armonizzare la funzione protettiva
del diritto con le esigenze e le compatibilità del mercato più aperto e dinamico nel senso che, in
tale contesto e grazie a determinati strumenti ad hoc, dovrà essere garantita la trasparenza e
l’efficienza in modo da migliorare l’occupazione, la qualità e la stabilità del lavoro anche con
contratti a contenuto formativo e con orario di lavoro modulato con le esigenze delle Aziende ma
nondimeno con l’aspirazione dei lavoratori.
Una prima disamina dei predetti temi consente di fornire la necessaria informativa operativa
prescindendo, in questa sede, dall’ulteriore analisi dei fondamentali motivi ispiratori della riforma in
esame che si propone soprattutto di ridurre al massimo l’attività burocratica che frena l’incontro fra
domanda e offerta di lavoro e, quindi, l’occupazione, la competitività e lo sviluppo economico per
soffermarci, invece, sulle disposizioni di maggiore rilievo per la categoria.
Titolo I "Disposizioni generali" (Artt. 1 – 2)
L’art. 1 del D.Lgs. determina le finalità generali e l' ambito di applicazione delle disposizioni in esso
contenute, nei confronti dei soggetti privati, precisando che le medesime perseguono l' obiettivo di
dare attuazione ai principi e ai criteri direttivi contenuti nella L. 30/2003 e agli orientamenti
comunitari volti ad incrementare i tassi di occupazione e promuovere la qualità e stabilità del lavoro
anche mediante contratti a contenuto formativo e a orario modulato compatibili con le esigenze
delle imprese e con le aspirazioni dei lavoratori, nel rispetto delle disposizioni relative alla libertà e
dignità del lavoratore, alla parità tra uomini e donne e alle pari opportunità tra i sessi di cui alle
leggi, rispettivamente, n. 300/70, n. 903/77 e n. 125/91 e successive modificazioni e integrazioni.
L' art. 2 contiene poi una elencazione delle definizioni - utili ai fini e agli effetti del provvedimento in
esame e fornisce, tra l’altro, le nozioni di:
 somministrazione di lavoro
 intermediazione tra domanda e offerta di lavoro
 ricerca e selezione di personale
 supporto alla ricollocazione professionale
 autorizzazione
 accreditamento
 borsa continua del lavoro
Titolo II "Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro" (Art. 3)
L’art. 3 definisce le finalità specifiche che si intendono realizzare mediante un efficace e coerente
sistema di strumenti snelli e semplici volti a garantire la trasparenza e l' efficienza del mercato del
lavoro in senso aperto e dinamico migliorando le capacità di inserimento professionale dei
disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riferimento alle c.d.
fasce deboli del mercato del lavoro.
Per il conseguimento di tali finalità, il D.Lgs. modifica anche la riforma del collocamento "pubblico"
disposta dal D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, e amplia l' area dei soggetti abilitati allo svolgimento
dell' attività di intermediazione previa specifica autorizzazione ministeriale, in un contesto di
cooperazione e di competitività tra gli operatori pubblici e privati nel rispetto delle competenze
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regionali in materia di regolamentazione ed organizzazione del mercato del lavoro stabilite dal
D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 prevedendo altresì: la definizione di principi e criteri direttivi per
la creazione di una "borsa continua del lavoro"; l' abrogazione delle disposizioni incompatibili con
la nuova disciplina del mercato del lavoro e l' introduzione di un nuovo regime sanzionatorio.
Capo I "Regime autorizzatorio e accreditamenti" (Artt. 4 - 7)
L’art. 4 in tema di “Agenzie per il lavoro” stabilisce il regime autorizzatorio, differenziato solo in
funzione del tipo di attività che intendono esercitare (attività di somministrazione, intermediazione,
ricerca e selezione di personale, supporto alla ricollocazione professionale).
In tale contesto viene rispettata l' autonomia e le competenze regionali confermando il sistema del
doppio regime, fondato sulle "autorizzazioni" a livello centrale e sugli "accreditamenti" a livello
regionale.
A tal fine presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un apposito albo, articolato
in cinque sezioni, in ragione delle attività che le agenzie per il lavoro intendono esercitare previo
rilascio delle prescritte autorizzazioni ad espletare le predette attività, salvo l’emanazione di un
apposito decreto del Ministro del lavoro che dovrà fissare, tra l’altro, i criteri per la verifica del
corretto andamento dell' attività, per la revoca dell' autorizzazione.
L’art. 5 stabilisce i tempi tecnici e i requisiti giuridici e finanziari per le prescritte autorizzazioni
ministeriali in favore delle “Agenzie per il Lavoro”.
La norma prevede inoltre sia un meccanismo di automatica iscrizione tanto per le "agenzie di
somministrazione" abilitate a tutte le attività previste dal successivo art. 20 quanto per quelle di
"intermediazione", sia la sussistenza di ulteriori requisiti, di carattere giuridico-patrimoniale, con
riferimento alle differenti tipologie di attività espletate dalle agenzie.
L’Art. 6 si riferisce ad un particolare regime autorizzatorio, sulla base di certe condizioni, relativo
solamente alla attività di intermediazione, afferente le Università pubbliche e private, comprese le
fondazioni universitarie che hanno come oggetto l' alta formazione con specifico riferimento alle
problematiche del mercato del lavoro, i Comuni, le Camere di commercio, gli istituti di scuola
secondaria di secondo grado, statali e paritari, le associazioni datoriali e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative che siano firmatarie di CCNL, le associazioni in possesso di
riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale e aventi come oggetto sociale la tutela e l'
assistenza delle attività imprenditoriali del lavoro o della disabilità, gli Enti bilaterali, etc.
L’art. 7 parallelamente al predetto regime autorizzatorio, istituisce il regime degli accreditamenti
regionali, con il quale si attribuisce analoga facoltà alle Regioni nei confronti di operatori che
svolgono attività nei relativi ambiti regionali. La norma dispone altresì che con i provvedimenti
regionali istitutivi degli elenchi in cui saranno iscritti i predetti operatori, siano definite, tra le altre:
forme di cooperazione in tema di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, prevenzione alla
disoccupazione di lunga durata, promozione dell' inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati
e sostegno alla mobilità geografica del lavoro.
Capo II "Tutele sul mercato e disposizioni speciali con riferimento ai lavoratori
svantaggiati" (Artt. 8 - 14)
L’art. 8 prevede precise misure a tutela e garanzia del corretto utilizzo, nel processo di incontro tra
domanda ed offerta di lavoro, delle informazioni relative ai lavoratori da parte delle agenzie per il
lavoro e degli altri soggetti pubblici e privati allo scopo abilitati nel senso di rispettare la privacy
degli interessati (cfr. L. 675/96 e modifiche portate dal DLgs 196/03). Per cui il Ministro del lavoro
dovrà emanare un apposito Decreto concernente l' ambito e le modalità del trattamento e della
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diffusione dei dati personali e/o disponendosi che le informazioni attinenti a dati amministrativi in
possesso dei servizi per l' impiego assumano valore certificativo delle stesse.
Gli artt. 9, 10 e 11 pongono precisi divieti a carico delle agenzie per il lavoro e di tutti i soggetti
pubblici e privati abilitati nel senso di: non effettuare comunicazioni a mezzo stampa e altri mezzi di
informazione in forma anonima (dovendosi, invece, indicare gli estremi del provvedimento
autorizzatorio), compiere indagini o trattare dati concernenti le opinioni e le condizioni personali dei
lavoratori, già vietate anche dall’art. 8 della legge 300/70. In particolare è stato ribadito il divieto
anche per le agenzie per il lavoro e per gli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati "di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di
lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale
o politica, al credo religioso, al sesso, all' orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di
famiglia o di gravidanza, alla età, all' handicap, alla razza, all' origine etnica, al colore, alla
ascendenza, all' origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute, nonché ad eventuali
controversie con i precedenti datori di lavoro, salvo che non si tratti di attività che incidono sulle
modalità di svolgimento della prestazione lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e
determinante ai fini dello svolgimento della prestazione stessa e esigere o percepire, direttamente
o indirettamente, compensi dal prestatore di lavoro, (salvo eccezioni, riferite a categorie di
lavoratori altamente professionalizzati o per specifici servizi offerti dai soggetti autorizzati o
accreditati, da definirsi nella contrattazione collettiva).
L’art. 12 prevede l’istituzione di specifici fondi bilaterali – soggetto giuridico di natura associativa –
con oneri a carico di soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro da destinare in favore dei
predetti lavoratori che si trovino in determinate condizioni di svantaggio sul piano professionale,
del reddito, etc. A tale scopo viene poi valorizzato il coordinamento tra servizi pubblici e privati,
operanti in ambito regionale.
L’art. 13 prevede che, attraverso politiche attive e di workfare, si favorisca l' inserimento o il
reinserimento nel mercato del lavoro dei predetti soggetti. A tal fine, alle agenzie autorizzate alla
"somministrazione di lavoro" sono attribuite specifiche misure di incentivazione, subordinate - sino
all' entrata in vigore di norme regionali in materia - alla stipulazione di apposita convenzione con
Comuni, Province e Regioni.
Sono peraltro disposte misure di penalizzazione nei confronti del lavoratore che rifiuti di essere
avviato a progetti individuali di reinserimento nel mercato del lavoro o a corsi di formazione
professionale o, ricorrendo determinate condizioni, non accetti l' offerta di un lavoro di livello
retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza, etc.
L’art. 14 prevede, in via sperimentale, nell' ambito delle misure apprestate per favorire l'
integrazione nel mercato del lavoro di soggetti svantaggiati e di disabili, la stipula di apposite
convenzioni-quadro, su base territoriale, da parte degli "uffici competenti" individuati dalle Regioni
con le associazioni sindacali di datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative a livello nazionale, etc.
Capo III "Borsa continua nazionale del lavoro e monitoraggio statistico" (Artt. 15 - 17)
Gli artt. 15,16 e 17 riguardano l’istituenda “borsa continua nazionale del lavoro" che si presta ad
una maggiore autonomia negoziale nel mercato del lavoro mediante un sistema telematico aperto
e trasparente di incontro tra domanda e offerta, in cui confluiscono informazioni utili provenienti
dagli operatori, pubblici e privati, autorizzati o accreditati, dalle imprese e dai lavoratori.
Si tratta di un sistema articolato a cui si accede liberamente e si presta anche ad una migliore
comprensione delle dinamiche che governano il mercato del lavoro.
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La principale caratteristica del sistema, che sarà perfezionato da un successivo decreto
interministeriale, è che, tanto le imprese, quanto i lavoratori, hanno la facoltà di inserire
direttamente le richieste di manodopera mentre agli operatori accreditati o autorizzati è fatto
obbligo di conferire alla borsa nazionale i dati acquisiti in base alle dichiarazioni effettuate dai
lavoratori.
Le informazioni contenute nella "borsa continua nazionale del lavoro" saranno utilizzate per
monitorare l' andamento delle politiche del lavoro.
E’ inoltre prevista l’istituzione, con successivo decreto presso il Ministero del lavoro, di una
speciale Commissione di sorveglianza per il contratto di apprendistato al fine di valutare in itinere i
relativi effetti della riforma.
Non vi è dubbio che in tema di domanda e offerta di lavoro la nuova disciplina amplia le possibilità
di intermediazione dei privati nella ricerca di lavoro, estremizzando, in materia, la scelta già avviata
dal Governo Prodi. Si tratta di una disposizione che si pone l’obiettivo di migliorare l‘efficienza nella
ricerca di lavoro, aumentando la concorrenza tra pubblico e privato, ma, in tale contesto, per molti
esiste la preoccupazione che le agenzie per il lavoro si contendano i lavoratori più qualificati e
ricercati dalle aziende, abbandonando al loro destino quelli meno preparati e per i quali ritengono
sia più difficile trovare una collocazione.
Capo IV "Regime sanzionatorio" (Artt. 18 - 19)
Gli artt. 18 e 19 prevedono il nuovo regime sanzionatorio amministrativo che modifica anche quello
stabilito dal D.Lgs n. 297/2002 concernente la riforma del collocamento ordinario dei lavoratori.
Per quanto concerne in particolare l’aspetto sanzionatorio degli adempimenti comunicativi delle
Aziende connesse all’assunzione e alla risoluzione dei rapporti di lavoro, il Ministero del Lavoro –
in attesa del decreto attuativo della riforma del collocamento – con circolare n. 37 del 24 novembre
u.s. ha diramato apposita circolare applicativa alla quale si rinvia per maggiori dettagli (cfr. all. 1).
Si segnala inoltre che il Ministero del Lavoro, con successivo decreto, fornirà criteri interpretativi
volti a definire meglio le diverse forme di contenzioso in atto, riferite al regime previgente, in
materia di interposizione di manodopera.
Titolo III “Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco” (Artt. 20 - 30)
Capo I “Somministrazione di lavoro” (Artt. 20 – 28)
Gli artt. dal 20 al 28 fissano nuove regole che, in sostituzione di quelle sul lavoro temporaneo di cui
agli artt. da 1 a 11 della legge Treu, introducono, in via sperimentale, il contratto di
somministrazione di lavoro chiamato staff leasing per effetto del quale le aziende, giustificando
l’operazione con ragioni di carattere tecnico-organizzative, possono affittare, anche a tempo
indeterminato, intere squadre di lavoratori, che resteranno comunque sempre dipendenti
dell’Agenzia per il lavoro a cui compete tutta la gestione amministrativa del personale.
In concreto si tratta di uno schema contrattuale che riproduce in generale l’impianto normativo del
lavoro interinale ex lege n. 196/97 con particolare riferimento alle caratteristiche di utilizzo ed agli
obblighi per le parti stipulanti e può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolge
ad altro soggetto (somministratore) autorizzato.
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Analogamente a quanto era previsto per il lavoro temporaneo, i lavoratori svolgono, per tutta la
durata della somministrazione, la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo del
soggetto utilizzatore.
La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato potrà riguardare, tra l’altro:
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servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e
manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di
software applicativo, caricamento dati;
attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle
risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione, ricerca e selezione del personale;
attività di marketing, analisi di mercato e organizzazione della funzione commerciale;
gestione di call center;
tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.
Alla contrattazione collettiva nazionale è rinviato il compito di individuare limiti quantitativi di utilizzo
della somministrazione a termine, conformemente a quanto stabilito dall’art. 10 del D.Lgs 6
settembre 2001, n. 368 sul contratto a tempo determinato che, anche in presenza della riforma in
esame, continua ad esplicare i suoi effetti.
Contrariamente a quanto prevedeva la Legge Treu, il divieto di utilizzo dei predetti lavoratori opera
soltanto nei seguenti casi:
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per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
ove, salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si
è proceduto nei 6 mesi precedenti a licenziamenti collettivi ex artt. 4 e 24 L. 223/1991 che
abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
somministrazione ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione
dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che
interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
somministrazione;
per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ex art. 4 del D.Lgs
626/94 e successive modifiche.
Il contratto di somministrazione deve contenere – oltre alla forma scritta - gli elementi essenziali tra
i quali: la data di inizio e la durata del contratto, gli estremi dell' autorizzazione rilasciata al
somministratore; il numero dei lavoratori da utilizzare; i casi e le ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo nonché la presenza di eventuali rischi per l' integrità e la
salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate.
In mancanza della forma scritta e dell’ indicazione degli elementi sopra richiamati, il contratto di
somministrazione è nullo, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle
dipendenze del soggetto utilizzatore.
Gli elementi informativi nonché la data di inizio e la durata prevedibile dell' attività lavorativa presso
l' utilizzatore, devono essere comunicati per iscritto al lavoratore dal somministratore, all' atto della
stipula del contratto di lavoro, ovvero, all' atto dell' invio presso l' utilizzatore.
In merito al rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, è previsto, tra l' altro, che per i
contratti di somministrazione a tempo indeterminato si applica la disciplina generale civilistica dei
rapporti di lavoro e le leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di somministrazione a tempo
determinato occorre fare riferimento alla normativa di cui al citato D.Lgs. n. 368 del 2001 sul
contratto a termine, per quanto compatibile, con esclusione comunque delle previsioni ex art. 5
concernenti le riassunzioni a termine e/o due assunzioni successive effettuate senza soluzione di
continuità.
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Con il consenso scritto del lavoratore, il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere
peraltro prorogato nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal soggetto
somministratore.
I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, ad un
trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello riconosciuto ai
dipendenti di pari livello dell' utilizzatore. E’ altresì confermato che i contratti collettivi applicati dall'
utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per determinare le erogazioni economiche correlate ai
risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti ovvero collegati all'
andamento economico dell' impresa.
Sul soggetto somministratore gravano gli oneri contributivi previdenziali e assistenziali e gli
adempimenti inerenti all' assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali e sono determinati in relazione al tipo ed al rischio delle lavorazioni svolte.
Il soggetto utilizzatore risponde in solido dell' obbligo della retribuzione e dei corrispondenti
versamenti contributivi non adempiuti dal somministratore.
I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno altresì diritto a fruire di tutti i servizi sociali e
assistenziali di cui godono i dipendenti dell' utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi
quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al
conseguimento di una determinata anzianità di servizio.
Quante volte i lavoratori vengano assunti dal soggetto somministratore a tempo indeterminato essi
restano a disposizione del medesimo per periodi in cui non sono “impiegati” presso un soggetto
utilizzatore. E’, comunque, rinviato ai contratti nazionali stabilire quali saranno le prestazioni a
carattere discontinuo per cui questo contratto si potrà applicare.
A carico del somministratore resta l’obbligo di: dare notizia ai lavoratori sui rischi per la salute e la
sicurezza; formare e addestrare gli stessi all' uso delle attrezzature necessarie allo svolgimento
dell' attività lavorativa, in conformità a quanto stabilito dal citato D.Lgs. n. 626/1994. Peraltro, nel
contratto di somministrazione può essere stabilito che tali obblighi vengano adempiuti dall'
utilizzatore: in tal caso la relativa previsione va inserita nel contratto con il lavoratore.
L'adibizione di un lavoratore a mansioni che richiedono una sorveglianza medica speciale o
comportano rischi specifici determina, altresì, l' obbligo per l' utilizzatore di informare il lavoratore ai
sensi di quanto previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1994.
La normativa stabilisce ulteriori obblighi posti a carico dell' utilizzatore, che deve informare
tempestivamente al somministratore l' adibizione del lavoratore a mansioni superiori o comunque
non equivalenti, nonché consegnare copia di tale comunicazione al lavoratore: la mancata
informativa comporta che lo stesso utilizzatore risponde in via esclusiva delle differenze retributive
che competono al lavoratore occupato in mansioni superiori a quelle definite in precedenza e dell'
eventuale risarcimento del danno derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori.
Il potere disciplinare è riservato al somministratore ma l'utilizzatore è tenuto a comunicare al
somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione disciplinare ex art. 7 della
legge 300/70.
In caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato, è prevista la nullità di ogni clausola
che, anche in forma indiretta, limiti la facoltà dell' utilizzatore di assumere il lavoratore al termine
del contratto di somministrazione. Tale disposizione non si applica nel caso in cui al lavoratore sia
corrisposta una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al
somministratore.
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In materia dei diritti sindacali ai lavoratori delle società o imprese di somministrazione e degli
appaltatori si applicano i diritti sindacali ex lege n. 300/70. Per l’attuazione dei diritti in parola, il
prestatore di lavoro, per la durata della somministrazione, ha diritto ad esercitare presso l'
utilizzatore i diritti di libertà e attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del personale
dipendente della impresa utilizzatrice. Inoltre, uno specifico diritto di riunione è riconosciuto ai
prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso somministratore e operano presso diversi
utilizzatori: tale diritto si esplica secondo la normativa vigente e con le modalità stabilite dalla
contrattazione collettiva.
Sempre in materia di diritti sindacali, si rileva infine che l' utilizzatore ha l' obbligo di inoltrare alla
rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle
associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, una comunicazione preventiva alla stipula del contratto di
somministrazione in ordine al numero ed ai motivi del ricorso alla somministrazione; analoga
comunicazione va effettuata ogni 12 mesi anche per il tramite dell' associazione dei datori di
lavoro, e dovrà indicare il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata
degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.
Per quanto riguarda la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi dal prestatore di lavoro nell'
esercizio delle sue mansioni, la normativa prevede che ne risponde il soggetto utilizzatore.
Nell' ipotesi di somministrazione irregolare - cioè senza rispettare i predetti limiti è previsto che il
lavoratore possa chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto
utilizzatore con decorrenza dall' inizio della somministrazione con la conseguenza che tutti i
pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale,
valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito
corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata e tutti gli atti compiuti dal
somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la
somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha
effettivamente utilizzato la prestazione.
Ai fini della valutazione delle ragioni che consentono la somministrazione di lavoro, il controllo
giudiziale di norma riguarda l'accertamento della esistenza delle ragioni stesse, senza entrare nel
merito delle valutazioni e delle scelte tecniche, organizzative o produttive del soggetto utilizzatore.
In caso di somministrazione fraudolenta che si prefigura quando la somministrazione di lavoro è
posta in essere al fine di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al
lavoratore, si applicano le sanzioni di legge e l’ammenda di 20 euro, posta a carico sia del
somministratore che dell' utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di
somministrazione.
Dopo 18 mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. in discorso la disciplina della somministrazione di
lavoro sarà soggetta ad una verifica del Ministro del Lavoro con le organizzazioni sindacali dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, per poi
riferirne in Parlamento.
Capo II “Appalto e distacco” (Artt. 29 – 30)
L’art. 29, in aderenza all’art. 1655 c.c. che regola il contratto di appalto, stabilisce che, in caso di
appalti di servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i
trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti, peraltro, entro un anno dalla cessazione
dell’appalto.
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Detta disposizione, coerentemente con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, stabilisce che
non costituisce trasferimento d’azienda o di parte di essa ex art. 2112 c.c., l’acquisizione del
personale già impiegato nell’appalto a seguito del subentro, nella titolarità dell’attività organizzata,
di un nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del
contratto di appalto.
In tema di contratto di appalto, per il quale il vigente CCNL di settore ne prevede l’attuazione per
effetto degli artt. 3 e 16, è peraltro stabilito, fra le norme di carattere transitorio (cfr. art. 84), che
“entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs., il Ministro del Lavoro adotterà un decreto
contenente codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto
genuino, che tengono conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e della
assunzione effettiva del rischio tipico d’impresa da parte dell’appaltatore” e che “Le procedure di
certificazione possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto di cui all’art. 1655 del
c.c., sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini della distinzione
concreta tra somministrazione di lavoro e appalto…”.
L’art. 30 regola l’istituto del distacco coerente con i requisiti rivenienti dagli orientamenti
giurisprudenziali come:
- l' interesse del datore di lavoro distaccante a porre uno o più lavoratori a disposizione di un
altro soggetto per l' esecuzione di un determinata attività lavorativa;
- la temporaneità del distacco;
- la responsabilità del datore di lavoro distaccante in merito al trattamento normativo ed
economico spettante ai propri dipendenti.
La norma aggiunge che quando il distacco comporti:
- un mutamento di mansioni lo stesso deve avvenire con il consenso del lavoratore
interessato;
- un trasferimento a unità produttiva sita a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito,
lo stesso può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o
sostitutive.
Per quanto concerne gli aspetti applicativi connessi ai predetti temi (mutamento delle mansioni e
distacco ad altra unità produttiva) occorre prestare attenzione alla terminologia usata dal
legislatore rispetto a quanto stabilito dal vigente CCNL sulle specifiche materie.
Titolo IV – “Disposizioni in materia di gruppi di impresa e trasferimento d’azienda” – (Artt.
31 – 32)
L’art. 31 stabilisce che i gruppi di impresa di cui all’art. 2359 c.c. e al D.Lgs 74/2002 possono
delegare alla società capogruppo, per tutte le società controllate e collegate, tutti gli adempimenti
in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavori dipendenti, di cui all’art. 1 della
legge 12/1979 e ciò senza incidere sulla titolarità delle obbligazioni legali e contrattuali che,
pertanto, restano in capo alle singole società del gruppo datrici di lavoro.
L’art. 32 comporta modifiche ed integrazioni all’art. 2112 del c.c. in tema di trasferimento
d’azienda.
In particolare, la disposizione in esame, da un lato ribadisce i primi quattro commi dell’art. 2112
c.c. e, dall’altro, in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda,
modifica il quinto comma che si inquadra nel contesto di armonizzazione delle legislazioni in
materia a livello UE razionalizzando i processi di esternalizzazione ed infine aggiunge un ultimo
comma.
Sicché la nuova normativa prevede che per trasferimento d’azienda si intende qualsiasi
operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità
di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e
che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal
provvedimento sulla base del quale il trasferimento è realizzato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di
azienda.
9
Le predette disposizioni si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come
entità funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal
cedente e dal cessionario al momento del relativo trasferimento.
Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto, la cui esecuzione avviene
utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di
responsabilità solidale ex art. 1676 c.c.
Nulla risulta cambiato invece per ciò che attiene la procedura di consultazione sindacale ( cfr. art
47 della legge n. 428/1990 e modifiche apportate dall’art. 2 del D.Lgs. n. 18/2001).
Titolo V "Tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile" – (Artt. 33 – 46)
- Capo I "Lavoro intermittente" (Artt. 33-40)
Le norme di cui agli artt. 33 – 40 introducono per il nostro ordinamento, una nuova tipologia
contrattuale flessibile di tipo anglosassone definito lavoro “intermittente” o a chiamata (job on call)
in base al quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la
prestazione lavorativa entro determinati limiti.
I predetti limiti risultano corrispondenti a quali sostanzialmente fissati in ordine alle regole per la
somministrazione di lavoro nel precedente titolo III.
Tale tipo di contratto di lavoro può essere stipulato anche a tempo determinato nel rispetto delle
causali rivenienti dalla disciplina del contratto di lavoro a termine di cui al D.Lgs. 368/2001.
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere
discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale o territoriale o , in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, con apposito decreto da emanarsi trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore
del decreto legislativo di riforma.
In via sperimentale, salvo valutazione finale dopo 18 mesi, il contratto di lavoro intermittente può
essere concluso anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25
anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo
e siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.
Il nuovo modello contrattuale di lavoro intermittente si distingue in due tipologie caratterizzate dalla
sussistenza o meno di un obbligo del lavoratore a fornire la sua prestazione al momento della
chiamata del datore di lavoro con la conseguenza che, nel primo caso, il contratto di lavoro deve
prevedere la corresponsione, al lavoratore, sia della retribuzione ordinaria, sia di una specifica
indennità, qualificata come indennità di disponibilità divisibile in quote orarie per il tempo di
disponibilità effettivamente garantita.
Nel secondo caso, invece, mancando il predetto obbligo non spetta l’indennità mensile di
disponibilità.
Il predetto contratto inoltre deve essere stipulato in forma scritta e dovrà contenere i seguenti
elementi:
a) Indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dalla legge, che
consentono la stipulazione del contratto;
b) Luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo
preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno
lavorativo;
c) Trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e
la misura dell’indennità di disponibilità che, ove previsto, sarà periodicamente aggiornata
con decreto del Ministero del Lavoro;
10
d) Indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere
l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della
prestazione;
e) Tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f) Eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in
contratto.
L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo e i
contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in
materia di minimale contributivo.
In particolare la specifica disciplina dispone che il trattamento normativo ed economico da
riservare al lavoratore intermittente non dovrà risultare complessivamente meno favorevole
rispetto a quello previsto per un lavoratore di pari livello a parità di mansioni svolte.
Il datore di lavoro è, inoltre, tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali
aziendali sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
Tra gli obblighi del lavoratore si sottolinea che in caso di malattia o di altro evento che renda
temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare
tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento tenendo presente
che, ove il lavoratore non provveda all’adempimento di cui sopra, perde il diritto alla indennità di
disponibilità per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
In tema di contribuzione previdenziale il Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro
dell’Economia, fisserà, con apposito decreto, la misura della retribuzione convenzionale in
riferimento alla quale i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente possono versare la
differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a
quella convenzionale ovvero abbiano usufruito della indennità di disponibilità fino a concorrenza
della medesima misura.
Capo II “Lavoro ripartito” (Artt. 41 – 45)
Le nuove disposizioni contenute nel Capo II disciplinano
sharing).
il contratto di “lavoro ripartito” (job
Tale tipo di contratto trae la sua prima esperienza per effetto delle previsioni contenute nella
circolare del Ministro del Lavoro n. 43 del 7 aprile 1998 con la quale rinviava esclusivamente
all’autonomia negoziale delle parti contraenti la possibilità di realizzare tale particolare tipologia di
contratto.
In proposito, ora, il legislatore ha confermato il rinvio alla contrattazione collettiva della
regolamentazione del lavoro ripartito disponendo, in mancanza, l’applicazione della normativa
generale del rapporto di lavoro subordinato in quanto compatibile.
In concreto si tratta di uno speciale contratto mediante il quale due lavoratori assumono la
responsabilità in solido per l’adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa
ripartendo fra loro la retribuzione in proporzione alle ore lavorate da ciascuno.
In tema di responsabilità diretta il legislatore fa peraltro salve intese diverse fra le parti contraenti
volte ad eliminare tale tipo di responsabilità.
11
Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti collettivi, i lavoratori hanno
facoltà di convenire, in qualsiasi momento, sostituzioni tra di loto, nonché modificare la
collocazione temporale del rispettivo orario di lavoro, restando, peraltro, in tal caso il rischio
dell’impossibilità della prestazione per fatti attinenti ad uno dei coobbligati posto a carico dell’altro
lavoratore con tutte le problematiche che ne conseguono in applicazione dell’art. 1256 c.c.
In caso di impossibilità di uno o ambedue dei lavoratori coobbligati, possibili sostituzioni sono
ammissibili solo previo consenso del datore di lavoro.
Per quanto attiene il calcolo delle prestazioni e delle contribuzioni assistenziali e previdenziali
dovute, i contitolari sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale per cui i prescritti adempimenti
vengono effettuati mensilmente, salvo conguaglio a fine anno, in rapporto all’effettivo svolgimento
della prestazione lavorativa.
Altri particolari aspetti di tale speciale contratto concernono:
 Il diritto dei lavoratori di riunirsi in assemblea nell’unità produttiva in cui viene svolta l’attività
lavorativa nei limiti di dieci ore annue rapportate alle prestazioni effettive fornite da
ciascuno;
 L’obbligo dei lavoratori di informare con cadenza settimanale l’orario di ciascuno;
 Le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori comportano – salvo diversa intesa fra i
contraenti – l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale a meno che, su richiesta del datore
di lavoro, il lavoratore si renda disponibile a continuare a prestare l’attività lavorativa onde
per cui il contatto in questione si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato a
full-time o a part-time;
 La forma scritta che deve contenere i seguenti elementi:
a) Misura percentuale e collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale,
mensile o annuale da svolgere da parte di ciascun lavoratore coobbligato, ferma
restando la possibilità per gli stessi lavoratori di accordarsi per una sostituzione o
modificazione della distribuzione dell’orario di lavoro;
b) Luogo di lavoro, nonché trattamento economico e normativo spettante a ciascun
lavoratore;
c) Eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in riferimento al tipo di attività
prevista.
Come per il lavoro intermittente vige, infine, il “principio di non discriminazione” - diretta e indiretta
previsto dalla vigente legislazione - e di “riproporzionamento” del trattamento economico e
normativo dei suddetti lavoratori coobbligati.
12
Capo III “Lavoro a tempo parziale (art. 46)
L’art. 46 riforma la disciplina del contratto a part-time introducendo numerose modifiche e novità
alla previgente normativa di cui al D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, come già modificato dal D.Lgs
26 febbraio 2001, n. 100.
Al fine di rendere agevole la completa rilettura della specifica regolamentazione, si è ritenuto utile
ed opportuno, per le notevoli implicazioni che ne discendono, collazionare il nuovo testo di legge
che si trasmette in allegato in cui sono evidenziate le modifiche apportate in materia dalla
richiamata disposizione di riforma.
Dalla disamina di tali disposizioni si rileva, in generale, una certa deregolamentazione volta a
rafforzare il potere unilaterale dell’imprenditore e ciò a prescindere dagli spazi riservati alla
contrattazione collettiva.
Degna di attenzione appare peraltro la novità introdotta dal provvedimento in questione secondo la
quale i lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa
– accertata dalla commissione medica competente istituita presso l’ASL – hanno diritto a
trasformare il rapporto da tempo pieno a tempo parziale, sia verticale, sia orizzontale. E’ previsto,
altresì, che, su richiesta del dipendente, il rapporto a tempo parziale può essere nuovamente
trasformato a tempo pieno.
Nell’occasione, non ha trovato invece attuazione la previsione contenuta all’art. 3, lettera d), della
legge 30/2003, con la quale il Governo è stato delegato a disciplinare il rapporto di lavoro a tempo
parziale degli anziani, anche con facilitazioni di natura previdenziale, e ciò a prescindere da quanto
disposto in materia dall’art. 1, comma 185 e seguenti della Legge 662/1996.
In estrema sintesi si sottolineano, di seguito, le principali modifiche portate in materia dall’art. 46
del D.Lgs. 276/2003:
Lavoro supplementare
Il Decreto rinvia alla contrattazione collettiva il compito di stabilire il numero massimo di ore di
lavoro supplementare effettuabili e le ragioni organizzative, al ricorrere delle quali il datore di lavoro
può richiedere la prestazione supplementare, nonché le conseguenze del superamento del
“plafond” di lavoro supplementare fissato dallo stesso CCNL. In presenza di siffatta
regolamentazione, la prestazione di lavoro supplementare è dovuta da parte del lavoratore. Solo
nel caso in cui la predetta contrattazione non dovesse contenere tale disciplina, la richiesta di
lavoro supplementare necessita del consenso del lavoratore.
Clausole flessibili e clausole elastiche
Il Decreto agevola il ricorso da parte del datore di lavoro a contratti di lavoro a tempo parziale
contenenti le cosiddette clausole flessibili o elastiche come appresso specificate:

Clausole flessibili
Con tale termine si intendono le ex clausole elastiche rivenienti da accordi tra le parti che
prevedono la possibilità di modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa
(ad esempio, una prestazione di 4 ore al giorno dalle 12 alle 16 potrà trasformarsi in 4 ore al
giorno, ma in un’altra fascia oraria). Tali clausole secondo il Decreto, si potranno inserire in
tutti i contratti a part-time (nelle tre forme esistenti e cioè: orizzontale – verticale – misto)
anche se a tempo determinato. I contratti collettivi stabiliranno “condizioni e modalità in
relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della
prestazione lavorativa”. Comunque, pur in presenza della disciplina del contratto collettivo, la
esigibilità da parte del datore di lavoro, della clausola flessibile richiede il consenso del
13
lavoratore formalizzato mediante uno specifico patto scritto per il quale il lavoratore potrà
farsi assistere da un rappresentante sindacale aziendale.

Clausole elastiche
Con tale termine si intendono, in base alla nuova normativa, le clausole che consentiranno al
datore di lavoro, a differenza del passato, di variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa limitatamente ai contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, anche
a tempo determinato. Spetterà ai CCNL stabilire “condizioni e modalità in relazione alle quali
il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa“ nonché “ i
limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa”. La esigibilità
delle clausole elastiche da parte del datore di lavoro presuppone il consenso del lavoratore
formalizzato secondo i criteri già indicati per le clausole flessibili.
Le caratteristiche comuni alle due tipologie di clausole risultano le seguenti:
 L’eventuale rifiuto del lavoratore alla formalizzazione del consenso non integra gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento;
 Una volta dato, però, il consenso non è più revocabile da parte del lavoratore (la nuova
normativa abolisce il cosiddetto “diritto di ripensamento” stabilito a favore del lavoratore ex
DLgs 61/2000). L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di attivazione delle clausole
flessibili e/o elastiche, inserite nel contratto individuale, comporta per il medesimo sia l’obbligo
di dare un preavviso minimo di almeno 2 giorni lavorativi (modifica peggiorativa della normativa
preesistente che ne prevedeva almeno dieci) sia di erogare i compensi stabiliti dal CCNL;
 In assenza di disciplina da parte del contratto collettivo, le parti del rapporto di lavoro possono
concordare direttamente la adozione di clausole flessibili o elastiche.
Titolo VI “Apprendistato e contratto di inserimento” – (artt. 47-60)
In tema di riordino dei contratti a contenuto formativo, la disciplina in esame, modificando la
vigente normativa sull’apprendistato, introduce il “contratto di inserimento” per il quale, in virtù di
quanto disposto dall’art. 85 delle disposizioni transitorie, le parti sociali, in attesa che i contratti
collettivi di settore disciplinino l’applicazione di questo contratto, hanno raggiunto l’accordo 11
febbraio 2004 il cui testo si riporta, per opportuna informazione e documentazione, in allegato.
Capo I “Apprendistato” (Artt. 47-53)
Per effetto delle richiamate disposizioni, il legislatore, sostanzialmente, mira a sostituire la
disciplina di cui alla legge n. 25/1955 e art. 16 della legge n. 196/1997. Peraltro, fintanto che la
riforma del contratto dell’apprendistato – nelle tre diverse tipologie specificamente regolate dagli
artt. 48, 49 e 50 del D.Lgs. 276/2003 – non andrà a regime, si continua ad applicare la precedente
normativa, salvo qualche lieve cambiamento in tema di adempimenti amministrativi in fase di
assunzione.
Il D.Lgs. in esame, delineando determinati criteri e principi da osservare, demanda alle Regioni e
alle Province autonome di Trento e Bolzano la regolamentazione dei profili normativi, concernente
la tipologia di cui agli artt. 48 e 49, di intesa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e il
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e
dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Per quanto riguarda, invece, la tipologia di cui all’art. 50, la regolamentazione e la durata
dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rinviata alle
Regioni, unicamente per i profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni
territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori, le università e le altre istituzioni formative, per cui,
14
diversamente dalle precedenti due tipologie, per l’apprendistato in questione non sono previsti
criteri e principi direttivi per la regolamentazione in discorso.
Il contratto di apprendistato, realizzabile nella forma scritta in tutti i settori di attività, è pertanto così
articolato:
a) Contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) Contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione
attraverso la formazione sul lavoro ed un apprendimento tecnico-professionale;
c) Contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
Tale normativa pone, peraltro, limiti numerici circa l’utilizzo del contratto in parola nel senso che, in
via generale, non può superarsi il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio
presso il datore di lavoro, fermo restando che, per chi non ha dipendenti qualificati o specializzati o
ne ha meno di tre l’Azienda, può assumere fino a tre apprendisti.
Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettera sub a), “apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione”, possono assumersi giovani e adolescenti che abbiano
compiuto 15 anni. La durata massima di tale contratto, finalizzato al conseguimento di una
qualifica professionale, è fissata in tre anni ed è determinata in funzione: della qualifica da
conseguire, del titolo di studio, dei criteri professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio
delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati,
mediante l’accertamento dei crediti formativi come definiti dalla legge 53/2003.
Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettere sub b), “apprendistato professionale”, si possono
assumere soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni ai fini del conseguimento di una
qualificazione mediante formazione sul lavoro e acquisizione di competenze di base, trasversali e
tecnico-professionali. Alla contrattazione collettiva è demandata la definizione (in relazione al tipo
di qualificazione da conseguire) della durata del contratto che, comunque, non può essere inferiore
a 2 anni e superiore a 6.
Per l’acquisizione delle competenze di base e tecnico- professionali è previsto un monte ore di
formazione formale, interna o esterna alla azienda di almeno 120 ore per anno.
Nel rispetto degli standard generali fissati dalle Regioni competenti, alla contrattazione collettiva è
rinviata la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della
articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla
capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni. Sulla base dei risultati
conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna all’azienda, avviene il
riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali.
Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettera sub c), “apprendistato per l’acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione”, possono assumersi soggetti di età compresa tra i 18 e i
29 anni, per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titoli di studio universitari
e della alta formazione, nonché per la specializzazione tecnica superiore.
In merito ai “crediti formativi”, è previsto che la qualifica professionale conseguita attraverso il
contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di
istruzione e di formazione professionale. Il legislatore ha stabilito, inoltre, che, entro un anno
dall’entrata in vigore del D.Lgs., il Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’istruzione,
dovrà stabilire, d’intesa con le Regioni, le modalità di riconoscimento dei predetti crediti formativi.
La normativa in esame prevede, inoltre, che durante il periodo di apprendistato, la categoria di
inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria
spettante, in applicazione del CCNL, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto.
15
Si rileva, inoltre, che in attesa della riforma del sistema degli incentivi economici, restano in vigore
gli attuali “bonus” in favore delle aziende, fermo restando che ove l’effettiva formazione, per i vari
tipi di apprendistato, non sia stata erogata e la responsabilità ricada sul datore di lavoro, questo
sarà tenuto a versare la quota dei contributi agevolati maggiorati del 100%.
Al momento, non risulta, invece, più prevista la costituzione a tempo indeterminato del rapporto “ab
initio” in caso di carenza formativa.
Resta ferma, infine, la disciplina previdenziale ed assistenziale prevista dalla legge n. 25/1955 e
successive modificazioni ed integrazioni.
****
In ordine al diritto-dovere all’istruzione, all’alternanza con il lavoro e alle regole di
valutazione si rende noto che il Ministero competente sta perfezionando appositi D.Lgs. attuativi
della specifica materia
****
Capo II “Contratto di inserimento” – (Artt. 54-59)
Sostanzialmente tale tipologia contrattuale è stata introdotta per coprire – unitamente
all’apprendistato professionalizzante – il vuoto legislativo che si è creato a seguito del divieto,
previsto soltanto nei confronti delle aziende private, di stipulare nuovi contratti di formazione e
lavoro mentre per i progetti approvati in base alla previgente normativa si rinvia al contenuto della
specifica intesa confederale raggiunta in data 13 novembre 2003 in virtù delle disposizioni
transitorie e finali, il cui testo trasmettiamo in allegato per opportuna documentazione ed
informativa.
Anche per quanto concerne il contratto di inserimento il summenzionato accordo interconfederale
11 febbraio 2004 è stato realizzato in conformità alle citate disposizioni transitorie e finali. Esso
costituisce un valido strumento applicativo sulla specifica materia per cui si rinvia al testo in
questione per ogni ulteriore approfondimento.
In questa sede si ribadisce che tale tipologia di contratto è destinato all’inserimento e al
reinserimento di fasce deboli del mondo del lavoro ed in particolare di:
 Giovani da 18 a 29 anni (in concorrenza con gli apprendisti!);
 Disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni;
 Lavoratori oltre i 50 anni, espulsi dall’attività lavorativa;
 Donne, qualora il rapporto nel territorio sia tale da registrare un tasso di occupazione
femminile inferiore del 20% a quello maschile, oppure un tasso di disoccupazione
femminile superiore del 10% a quello maschile;
 Disabili gravi, fisici e psichici.
Le aziende che possono instaurare tale tipo di contratto – in forma scritta pena la nullità con la
conseguenza che il lavoratore si deve intendere assunto a tempo indeterminato – risultano:
 Imprese private, i loro gruppi e i consorzi;
 Enti di ricerca pubblici e privati;
 Fondazioni;
 Società sportive, professionali, socio-culturali,
 Organizzazioni sindacali e di tendenza.
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La durata del rapporto risulta da un minimo di 9 mesi ad un massimo di 18 (36 per i disabili). Il
rapporto non è ripetibile “tra le stesse parti” (sarà possibile aggirare questo divieto, in caso di
imprese collegate per cui ci si potrà “spostare” da un’impresa ad un’altra).
Per le condizioni economico-normative e impegni formativi è previsto che:
1. l’inquadramento del lavoratore può risultare fino a due livelli inferiore rispetto al lavoratore
di pari funzione;
2. durante il contratto l’azienda deve sottoscrivere un progetto individuale di formazione
mirata, ricorrendo anche a tutor per la sua implementazione.
La legge prevede anche un rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione dei casi di ricorso
alla copertura da parte di fondi interprofessionali di formazione, il che può contrastare con le
disposizioni dei vigenti statuti dei fondi interprofessionali già approvati dal ministero del Welfare.
Nel caso in cui la contrattazione collettiva non abbia provveduto a normare in proposito entro
cinque mesi dall’entrata in vigore della legge, Il Ministero del Lavoro convoca le parti e, in caso di
perdurante impossibilità di accordo, emette, dopo altri 4 mesi, un decreto tenendo conto anche
delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle parti interessate.
Come già previsto per i contratti di formazione e lavoro le agevolazioni contributive sono
confermate per tutte le categorie di lavoratori cui è possibile attivare il contratto di inserimento, ad
eccezione dei giovani fino a 29 anni tenendo presente, altresì, la decisione della Commissione
Europea dell’11 maggio 1999 che, come noto, ha fissato determinati criteri cui attenersi per
beneficiare pienamente delle agevolazioni contributive connesse con l’utilizzazione del contratto di
formazione e lavoro.
Si evidenzia, infine, che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali o territoriali
stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale e dei contratti collettivi stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all’art. 19, L. 300 del 1970, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie, ai contratti di
inserimento si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui al D.Lgs. 368/2001 che
disciplina la materia dei contratti a tempo determinato.
I predetti contratti collettivi possono stabilire, inoltre, percentuali massime dei lavoratori da
assumere con contratto di inserimento.
L’art. 60, in un contesto di sviluppo di rapporto organico tra scuola e aziende, introduce una nuova
opportunità di professionalizzazione. Si tratta della disciplina dei “Tirocini estivi di orientamento”
promossi durante le vacanze estive, di durata non superiore a tre mesi, che si svolgono nel
periodo compreso tra la fine dell’anno accademico e scolastico e l’inizio di quello successivo,
riservati a favore di adolescenti o giovani che siano regolarmente iscritti a un ciclo di studi
universitari o scolastici di ogni ordine e grado, con fini orientativi e di addestramento pratico.
Titolo VII “Tipologie contrattuali a progetto e occasionali” – (Artt. 61-74)
Capo I “Lavoro a progetto e lavoro occasionale” (Artt. 61-69)
Con le disposizioni riportate in rubrica il legislatore ha previsto una rigida rideterminazione della
disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel senso che i rapporti stessi
dovranno essere ricondotti a “un progetto, un programma o a fasi di essi”. Da questo obbligo sono
esentate le collaborazioni riguardanti professioni regolamentate da ordini o albi, quelle riferite ad
amministratori di condomini o società, le associazioni e società sportive dilettantistiche, coloro che
percepiscono pensioni di vecchiaia e le collaborazioni occasionali, intese come quelle di durata
inferiore ai 30 giorni l’anno per singolo committente, purché il compenso derivante sia inferiore a
5.000 euro. Il lavoro a progetto è a durata determinata o determinabile per cui non saranno più
possibili collaborazioni a durata indeterminata.
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Per i lavoratori a progetto i compensi saranno quelli “vigenti per il lavoro autonomo nel luogo di
esecuzione del rapporto”.
Il rapporto si estingue al compimento del progetto, salva sempre la possibilità per ciascuna delle
parti di recedere anticipatamente per giusta causa o perché diversamente stabilito nel contratto
individuale. Il rapporto si sospende in caso di malattia, infortunio e maternità, senza
corresponsione del corrispettivo e, per i primi due casi, senza alcuna proroga.
Il rapporto si estingue al superamento del trentesimo giorno di assenza per malattia o infortunio in
caso si rapporto a durata determinabile, o al superamento del sesto della durata in caso di durata
determinata.
In caso di maternità il rapporto è sospeso (e prorogato) per 180 giorni. Durante la maternità vale
l’integrazione da parte dell’INPS secondo le disposizioni attualmente in vigore, definite all’art. 46
del TU sulla maternità di cui al D.Lgs. 151/01.
Al lavoratore a progetto spetta il riconoscimento delle invenzioni realizzate e il diritto di prelazione
in caso di loro sfruttamento economico.
Per tutti i diritti qui descritti sono possibili rinunzie e transazioni in sede di certificazione del
rapporto.
In tale contesto si rende noto che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con circolare n. 1
dell’8 gennaio 2004 (cfr. allegato) ha fornito utili istruzioni applicative in ordine alla disciplina delle
collaborazioni coordinate e continuative avuto riguardo anche per gli aspetti connessi con il regime
transitorio, previsto dall’art. 86, comma 1, del D.Lgs. 273/03.
Capo II “Prestazioni occasionali di tipo accessorio” (Artt. 70-74)
Le disposizioni indicate in rubrica si riferiscono ad una tipologia contrattuale non
riconducibile al lavoro subordinato, né al lavoro a progetto, né rientrano, ovviamente, fra quelle
regolate dal precedente art. 61, comma 2, del D.Lgs.
Si tratta di talune specifiche prestazioni meramente occasionali di carattere accessorio rese
da particolari soggetti a rischio sul piano dell’occupazione.
La normativa in discorso ha valore sperimentale per 18 mesi e, attraverso una apposita
banca dati, sarà possibile verificare la rilevanza di tale tipologia al fine di valutare l’opportunità o
meno di prorogare o considerare a regime la disciplina stessa.
Titolo VIII “Procedure di certificazione” – (Artt. 75-84)
Capo I “Certificazione dei contratti di lavoro /Artt. 75-81)
Al fine di realizzare una sostanziale riduzione delle controversie giudiziarie in tema di
qualificazione dei rapporti di lavoro, il legislatore, con le disposizioni di cui al capo in rubrica, ha
introdotto, in via sperimentale, una particolare “procedura di volontà assistita” mutuata da
esperienze acquisite da altri Paesi dell’Unione Europea, in ordine alla certificazione di taluni
contratti di lavoro.
18
La facoltà di certificare i rapporti di lavoro spetta alle competenti commissioni costituite presso:
1. gli enti bilaterali, a livello territoriale e nazionale, da subito;
2. le Direzioni Provinciali dell’Impiego, dopo un decreto ministeriale che le abiliterà a farlo;
3. le Province;
4. le Università pubbliche e private, limitatamente a rapporti attivati con docenti di diritto del
lavoro e in base a un decreto ministeriale successivo.
I soggetti abilitati possono anche convenzionarsi tra loro per unificare le attività.
L’attività di certificazione può riguardare i rapporti rivenienti dai contratti di lavoro intermittente,
ripartito, a tempo parziale e a progetto, nonché dai contratti di associazione in partecipazione di cui
agli artt. 2549 – 2544 c.c.
L’attività di certificazione potrà riguardare anche i regolamenti interni delle cooperative e le
distinzioni tra somministrazione e appalto.
Le commissioni di certificazione sono anche abilitate a certificare le rinunzie o transazioni che le
parti del contratto possono convenire al memento della costituzione del rapporto.
La certificazione di un contratto di lavoro assume rilevante valore giuridico ed esplica i suoi effetti
anche verso terzi (ad esempio l’INPS).
Per quanto attiene il ricorso alla procedura in discorso, è naturalmente richiesto il requisito della
volontarietà.
A seguito di tale volontà, le parti dello stipulando contratto devono produrre un’istanza congiunta,
verso la Commissione di certificazione cui hanno deciso di rivolgersi, iniziando così l’iter di
certificazione. Si ricorda che, in caso di ente bilaterale, la commissione è un unicum, non è
composta da parti diverse e non esercita in base al principio di rappresentanza di una persona che
ha conferito mandato a una delle organizzazioni presenti.
La Commissione di certificazione deve informare la Direzione Provinciale del lavoro che a sua
volta informa gli altri soggetti interessati (Inps, Inail, fisco, i servizi all’impiego ecc.), chiedendo loro
se hanno rilievi da fare alla bozza di contratto da certificare. Il procedimento deve concludersi entro
30 giorni dal ricevimento dell’istanza da parte delle parti contraenti.
La certificazione, come sopra realizzata, deve essere motivata e specificare gli effetti civili,
amministrativi, previdenziali e fiscali. Essa dovrà indicare anche a chi rivolgersi e in che termini,
per eventuali contestazioni.
L’opposizione a tale certificazione si può proporre in tre casi:
1. “per i vizi del consenso”, ossia per estorsione del consenso. Il testo peraltro dice che
devono essere “le parti” ad impugnare l’atto di certificazione , cosa che appare quantomeno
dubbia possano fare insieme il datore di lavoro e il lavoratore;
2. “per erronea qualificazione del contratto”: in questo caso il giudice, se ravvede un’erronea
qualificazione del rapporto ad opera della commissione di certificazione, ne modifica la
natura fin dal primo giorno di vigenza del rapporto;
3. “per difformità tra quanto certificato e quanto concretamente realizzatosi nel rapporto”: in
questo caso il giudice dovrà individuare il momento in cui sia collocabile la difformità
rispetto alla certificazione e disporre la trasformazione del rapporto a partire da quel
momento.
In caso di ricorso giurisprudenziale contro un atto di certificazione è preliminarmente previsto il
tentativo obbligatorio della conciliazione presso l’organismo che ha certificato inizialmente il
rapporto.
La normativa nulla prevede, peraltro, sulla durata del tentativo di conciliazione (come noto il D.Lgs.
80/98 per le vertenze di lavoro, fissa 60 giorni).
19
Nell’occasione il giudice valuta anche il comportamento delle parti durante la fase di conciliazione.
Il testo dispone anche la possibilità di ricorso al Tar competente “per violazione di provvedimento o
per eccesso di potere”, che farebbe pensare siano possibili ricorsi anche sul tipo di procedura
seguita dalla Commissione di certificazione. Ma il punto richiede ulteriori approfondimenti pur
rilevando l’eccessiva onerosità dei ricorsi amministrativi e i tempi non veloci della giustizia
amministrativa.
Capo II “Altre ipotesi di certificazione” (Artt. 82-84)
Le disposizioni in oggetto dispongono, fra l’altro, l’estensione di tale procedura all’atto di deposito
del regolamento interno delle cooperative afferente la tipologia dei rapporti di lavoro concernenti i
soci lavoratori di cui all’art. 6 della legge 142/2001.
Abilitata a certificare il regolamento è una commissione specifica, composta pariteticamente da
rappresentanti delle associazioni cooperativistiche e dalle organizzazioni sindacali.
La certificazione ha il significato di certificare il contenuto del regolamento. Giova qui ricordare che
la legge di riforma ha consentito, tra l’altro, al regolamento delle cooperative di non prevedere per i
soci lavoratori l’applicazione delle condizioni normative dei CCNL.
Le commissioni di certificazione possono, altresì, intervenire sui casi di dubbia distinzione tra
appalto e somministrazione, deliberando in proposito.
Il ministero si impegna a recepire anche “codici di buone pratiche”, o “indici presuntivi” in materia di
interposizione illecita e di appalto genuino tenendo presente eventuali accordi interconfederali o di
categoria realizzati in proposito.
Titolo IX “Disposizioni transitorie e finali” (Artt. 85-86)
Gli articoli in oggetto prevedono, da un lato, l’abrogazione di “tutte le disposizioni legislative
e regolamentari incompatibili” - come quelle in materia di collocamento ordinario dei lavoratori,
apprendistato, divieto di intermediazione ed interposizione di manodopera, ecc. – e, dall’altro,
disciplinano la fase transitoria delle diverse materie da realizzare – in un contesto sistematico, di
riflessione e di verifica sulle delicate e complesse tematiche del diritto del lavoro – con specifici
provvedimenti legislativi e con appositi accordi delle parti sociali, i cui rinvii ad ogni livello di
carattere obbligatorio e/o facoltativo, sono stati evidenziati nell’elaborato che, per opportuna
documentazione, si allega alla presente.
In tale contesto di regime transitorio, le intese confederali già raggiunte per talune materie
di rilevante interesse – cfr. specifici allegati in tema di contratti di formazione lavoro e di contratti di
inserimento – e le istruzioni applicative già diramate dal Ministero del Lavoro in materia di rapporto
di collaborazione coordinata e continuativa ed in altre particolari materie, nonché le tempestive
iniziative ministeriali assunte nei diversi temi che richiedono provvedimenti attuativi, fanno
comprendere la reale volontà di quanti sono chiamati ad apportare il loro fattivo contributo per
rendere a regime la riforma in questione.
**********************************
20
CONSIDERAZIONI FINALI
Il quadro normativo del mercato del lavoro, come sopra delineato in senso tecnico, per
effetto dell’intervento legislativo di cui al D.Lgs. 276/2003, in attuazione dei principi e criteri direttivi,
tracciati nel Libro Bianco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella legge di riforma n.
30/2003, suscita molteplici spunti di riflessione.
In generale tale riforma è stata giustificata dalla necessità di ricercare ulteriori strumenti più
flessibili in grado di aumentare i livelli occupazionali e, allo stesso tempo, per rendere le imprese
più competitive nel mercato sempre più globalizzato.
Sul piano sociale la riforma, con l’introduzione delle nuove tipologie contrattuali, suscita ,
invece, notevoli preoccupazioni sia per la deregolamentazione dei diritti dei lavoratori, sia per la
difficoltà dei lavoratori stessi di trovare un’occupazione stabile e dignitosa.
Sul piano sindacale, l’introduzione della riforma comporta certamente uno svilimento del
ruolo contrattuale nel senso che, di fatto, si è ridotto notevolmente lo spazio che la previgente
legislazione riservava alla contrattazione collettiva circa il se, il come, il quantum e quant’altro nel
rapporto che esisteva tra la legge e il contratto collettivo. Ora, invece, è la legge che, in un
contesto blindato, disciplina direttamente e compiutamente sulle specifiche materie.
Del resto, se il sindacato decide di non voler contrattare nei limiti del nuovo assetto
normativo, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha facoltà di provvedere in sua
sostituzione, ovvero, quando non dovesse esservi contrattazione, saranno le parti contraenti – il
datore di lavoro e il lavoratore – a decidere direttamente tra loro come nel caso di accordo da
realizzare in tema di clausole elastiche o flessibili del contratto a part-time.
Ancora più limitati risultano, infine, gli spazi e il ruolo del sindacato di fronte alle nuove
previsioni di grande privilegio che il legislatore ha riservato alle imprese in materia di
somministrazione di lavoro, appalto di mano d’opera e trasferimento di unità produttive aziendali.
In tale contesto di precarietà del lavoro e di destrutturazione dei diritti dei lavoratori, il
sindacato non può che sfruttare ogni utile occasione di intervento al fine di contrastare, il più
possibile, l’attuazione di detta precarizzazione e, allo stesso tempo, reclamando nelle sedi
opportune, adeguate forme di sostegno al reddito finora escluse nonostante l’esplicita previsione
contenuta nella legge di riforma.
Il sindacato, che in tale scenario non può condividere la maggior parte delle disposizioni
portate dal Decreto Legislativo in esame, certamente si opporrà affinché la riforma in questione
non privilegi soltanto le esigenze delle imprese attraverso la loro libertà di azione nei confronti dei
lavoratori.
In conclusione la necessaria tutela dei lavoratori e, a maggior ragione, di quelli più deboli
che si accingono ad entrare nel nuovo mercato del lavoro flessibile, si può realizzare – nell’ottica
dei principi e dei valori costituzionali – soprattutto mediante la valorizzazione del confronto
sindacale che si fondi su una valida linea comune utile per ogni fare e livello di negoziazione da
esprimere con grande impegno etico, costruttivo e forte senso di responsabilità dell’agire
sindacale.
21
ALLEGATI
22
CIRCOLARE N. 37/2003
Roma, 24 novembre 2003
Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali
DIREZIONE GENERALE
Alle Direzioni Regionali e Provinciali del Lavoro
DEGLI AFFARI GENERALI, RISORSE UMANE
E ATTIVITA’ ISPETTIVA
LORO SEDI
DIVISIONE VII
e p.c.
COORDINAMENTO ISPEZIONE DEL LAVORO
Alla Direzione Generale della Tutela delle
Condizioni di Lavoro
Prot. N° 1702
Alla Direzione generale per l’impiego
del 24 novembre 2003
Alla Regione Siciliana
Assessorato Lavoro e Previdenza sociale
Ispettorato Regionale del Lavoro
Alla Provincia Autonoma di
Bolzano
Alla Provincia Autonoma di
Oggetto:. adempimenti connessi alla assunzione di
Trento
lavoratori e cessazione dei rapporti di
lavoro – aspetti sanzionatori.
LORO SEDI
Oggetto: adempimenti connessi alla assunzione di lavoratori e cessazione dei rapporti di
lavoro – aspetti sanzionatori.
23
In considerazione delle importanti novità in materia di adempimenti connessi alla assunzione di
lavoratori e cessazione dei rapporti di lavoro, introdotte dal D.Lgs. n. 297 del 19 dicembre 2002 nonché,
per gli aspetti sanzionatori, dal D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 e considerato che l’operatività di
alcuni di essi decorre dalla data stabilita dal decreto, non ancora emanato di cui all’art. 4 bis, comma 7,
del D.Lgs. n. 181 del 21 aprile 2000, si forniscono indicazioni volte ad uniformare l’attività di codesti
uffici durante il regime transitorio.
1. Comunicazione di assunzione del lavoratore
L’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, nel sostituire l’articolo 9 bis, comma 2, del D.L.
n. 510/1996, convertito dalla L. n. 608/1996, stabilisce che “in caso di instaurazione del rapporto di
lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche di socio lavoratore
di cooperativa, i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche Amministrazioni sono
tenuti a dare comunicazione contestuale al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la
sede di lavoro, dei dati anagrafici del lavoratore, della data di assunzione, della data di cessazione
qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, della tipologia contrattuale, della qualifica
professionale e del trattamento economico e normativo. Le comunicazioni possono essere effettuate ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. La medesima procedura si
applica ai tirocini di formazione e orientamento e ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi
assimilata. Nel caso in cui l'instaurazione del rapporto avvenga in giorno festivo, nelle ore serali o
notturne, ovvero in caso di emergenza, la comunicazione di cui al presente comma deve essere effettuata
entro il primo giorno utile successivo”.
Tuttavia, tale previsione, come specificato dall’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, si
applica a decorrere dalla data stabilita dal decreto, non ancora emanato, di cui all’articolo 4 bis, comma
7, del D.Lgs. n. 181/2000 (introdotto dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002), volto a definire,
tra l’altro, “i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di
lavoro temporaneo”. Come specificato già con circolare n. 12 del 7 aprile 2003 di questo Ministero, in
attesa del citato decreto, si ritiene che permanga l’obbligo di comunicazione di assunzione previsto
dalla precedente formulazione dell’articolo 9 bis, comma 2, del D.L. n. 510/1996, convertito dalla L.
n. 608/1996, da effettuare entro 5 giorni dal giorno dell’assunzione.
Va tuttavia evidenziato che l’inadempimento a tale obbligo era punito con la sanzione da euro
258,00 a euro 1549,00, prevista dall’articolo 9 bis, comma 3, del D.L. n. 510/1996 (convertito dalla L. n.
608/1996) abrogato, a far data dal 24 ottobre 2003, dall’articolo 85, comma 1 lett. e), del D.Lgs. n.
276/2003.
Lo stesso D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce, all’articolo 19, comma 3, che “la violazione degli
obblighi di cui… all’articolo 9 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 510/1996 convertito, con modificazioni, dalla
24
L. n. 608/1996, così come sostituito dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002… è punita con la
sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato”.
Ciò premesso, pur facendo riferimento al nuovo obbligo di comunicazione contestuale di
assunzione introdotto dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, in attesa della emanazione del
decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000, si ritiene che all’obbligo di
comunicazione di assunzione dei lavoratori previsto dalla vecchia formulazione dell’articolo 9 bis,
comma 2, del D.L. n. 510/1996, convertito in L. n. 608/1996, sia applicabile la nuova sanzione
amministrativa da euro 100,00 ad euro 500,00, stabilita dall’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n.
276/2003. Tale orientamento, infatti, è in linea con la chiara volontà del Legislatore di continuare a
ritenere illecito un comportamento omissivo che rimane strutturalmente inalterato, anche sotto il profilo
finalistico, in quanto viene semplicemente modificato il termine per l’effettuazione della comunicazione
che, divenendo contestuale, risulta anzi più stringente di quello di cinque giorni attualmente previsto.
Va inoltre specificato che, in base al principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni
amministrative di cui all’art. 1 della L. n. 689/1981, alle violazioni riferite al periodo antecedente al 24
ottobre 2003 sarà applicata la sanzione in misura ridotta prevista dalla precedente disciplina (art. 9 bis,
comma 3, D.L. 510/1996, da euro 258,00 ad euro 1549,00), anche se l’accertamento avvenga in data
successiva.
1.1 Comunicazione di assunzione in materia di lavoro agricolo
Per effetto del D.Lgs. n. 297/2002, è stato abrogato l’articolo 9 ter, comma 1, del decreto legge n.
510/1996 (convertito dalla legge 608/1996), in materia di comunicazione di assunzione dei lavoratori
agricoli. Di conseguenza è venuta meno la possibilità, per le imprese del settore, di adempiere all'obbligo di
comunicazione mediante documenti tratti dal registro di impresa.
Anche in tale ambito vige peraltro, come chiarito con circolare n. 12/2003, l'obbligo della
comunicazione contestuale all'instaurazione del rapporto di lavoro, il quale tuttavia decorre dalla data
stabilita dal decreto, non ancora emanato, di cui all’articolo 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000, volto a
definire i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro.
Ne consegue pertanto che, nel regime transitorio, anche per tali categorie di lavoratori la
comunicazione di assunzione va effettuata entro cinque giorni e, sotto un profilo sanzionatorio, la
violazione di tale obbligo è soggetta alla disciplina comune già richiamata al punto 1, essendo peraltro
stato abrogato l’art. 9 quater, comma 18, del D.L. n. 510/1996 (limitatamente alla violazione degli obblighi
di comunicazione) dall’art. 85, comma 1 lett. e), del D.Lgs. n. 276/2003.
Va inoltre chiarito che, sebbene lo stesso D.Lgs. n. 276/2003 abroghi l’art. 9 quater, comma 4, del
D.L. n. 510/1996, in attesa del decreto volto a definire i moduli per le comunicazioni obbligatorie ed al fine
di semplificare l'attività dei soggetti coinvolti nelle procedure di assunzione dei lavoratori agricoli, si ritiene
25
che, fino al termine del regime transitorio, la comunicazione di assunzione possa continuare ad essere
effettuata mediante documenti tratti dal registro di impresa.
2. Comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro
L’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 297/2002, sostituisce l’articolo 21, comma 1 della L. n.
264/1949 prevedendo che “i datori di lavoro sono tenuti altresì a comunicare la cessazione dei rapporti
di lavoro, entro i cinque giorni successivi, quando trattasi di rapporti a tempo indeterminato ovvero nei
casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa da quella comunicata all'atto dell'assunzione”.
Anche tale previsione, come stabilito dall’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, trova
applicazione a decorrere dalla data stabilita dal decreto di cui all’articolo 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n.
181/2000 (introdotto dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002). Ne consegue che, come già
chiarito con circolare n. 12 del 7 aprile 2003, in attesa del citato decreto, è applicabile la precedente
formulazione di cui all’articolo 21, comma 1, della legge n. 264/1949 che prevede la comunicazione,
da parte dei datori di lavoro soggetti alla disciplina dell’avviamento al lavoro, del nome e della qualifica
dei lavoratori con cui sia cessato il rapporto di lavoro entro cinque giorni dalla cessazione.
La violazione di tale obbligo era punita con la sanzione amministrativa da euro 51,00 a euro
154,00, prevista dall’articolo 27, comma 3, della legge n. 264/1949, disposizione tuttavia abrogata, a far
data dal 24 ottobre 2003, dall’articolo 85, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 276/2003.
L’articolo 19, comma 3, dello stesso decreto n. 276/2003 prevede tuttavia che “la violazione degli
obblighi di cui… all’articolo 21, comma 1, della L. n. 264/1949, così come sostituito dall’articolo 6,
comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro
per ogni lavoratore interessato”. Analogamente a quanto argomentato in tema di comunicazioni di
assunzione, in attesa della emanazione del decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n.
181/2000, si ritiene pertanto che alla violazione all’obbligo di comunicazione di cessazione del rapporto
di lavoro, di cui alla precedente formulazione dell’articolo 21, comma 1, della legge n. 264/1949, sia
applicabile la nuova sanzione amministrativa, da euro 100,00 ad euro 500,00, stabilita dall’articolo 19,
comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, in virtù dei principi richiamati a proposito dell’obbligo di
comunicazione di assunzione, con l’ulteriore precisazione che in tal caso il precetto sanzionatorio rimane
assolutamente identico a quello precedente (comunicazione nei cinque giorni).
Anche in tal caso, in base al principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni
amministrative di cui all’art. 1 della L. n. 689/1981, per le violazioni riferite al periodo antecedente al 24
ottobre 2003 sarà applicata la sanzione in misura ridotta prevista dalla precedente disciplina (art. 27,
comma 3, della legge n. 264/1949, da euro 51,00 ad euro 154,00) anche se l’accertamento avvenga in data
successiva.
26
3. Dichiarazione di assunzione
L’articolo 4 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 181/2000, come inserito dall’articolo 6, comma 1, del
D.Lgs. n. 297/2002, stabilisce che “all'atto dell'assunzione i datori di lavoro privati e gli enti pubblici
economici sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati di
registrazione effettuata nel libro matricola, nonché la comunicazione di cui al D.Lgs. n. 152/1997”.
L’applicazione di tale disposizione non sembra trovare ostacoli, in quanto non risulta subordinata alla
emanazione del citato decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000. La sanzione
applicabile all’inadempimento dell’obbligo, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 19, comma 2, del
D.Lgs. n. 276/2003, corrisponde ad una somma da euro 250 ad euro 1500 per ogni lavoratore interessato.
Per quanto concerne la disciplina della successione di leggi che prevedono sanzioni
amministrative si richiamano, anche in tal caso, i medesimi principi espressi in ordine alla violazione
dell’obbligo di comunicazione di assunzione. Pertanto, per le violazioni riferite al periodo antecedente al
periodo antecedente al 24 ottobre 2003, trova applicazione la sanzione da euro da euro 258,00 ad euro
1549,00, prevista dall’art. 9 bis, comma 3, del D.L. 510/1996, convertito dalla L. n. 608/1996.
4. Comunicazione delle trasformazioni del rapporto di lavoro
L’art. 4 bis, comma 5, del D.Lgs. n. 181/2000, come inserito dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n.
297/2002, stabilisce che tutti i datori di lavoro, comprese le pubbliche amministrazioni, sono tenuti a
comunicare, entro cinque giorni, al competente Centro per l'impiego, le seguenti trasformazioni del rapporto
di lavoro :
- da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato;
- proroga del termine inizialmente fissato nelle ipotesi di contratto a termine;
- trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato;
- trasformazione da tempo parziale a tempo pieno;
- trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato;
- trasformazione da contratto di formazione e lavoro a tempo indeterminato.
Non è previsto, invece, l'obbligo di comunicazione nelle ipotesi di trasformazione da tempo pieno a
tempo parziale. Anche tali obblighi saranno tuttavia in vigore dalla data stabilita dal decreto interministeriale
di unificazione dei moduli e pertanto la sanzione ad essi correlata, prevista dall’art. 19, comma 3, D.Lgs. n.
276/2003, non è tuttora applicabile.
5. Ravvedimento operoso (art. 19, comma 5, D.Lgs. n. 276/2003)
L’art. 19, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce che “nel caso di omessa comunicazione
contestuale, omessa comunicazione di cessazione e omessa comunicazione di trasformazione, i datori di
lavoro comprese le pubbliche amministrazioni sono ammessi al pagamento della sanzione minima ridotta
della metà qualora l’adempimento della comunicazione venga effettuato spontaneamente entro il termine di
cinque giorni decorrenti dalla data di inizio dell’omissione”.
27
Tale disposizione non può tuttora ritenersi applicabile, in quanto riferita esplicitamente
all’obbligo della comunicazione contestuale, non ancora in vigore in mancanza del decreto interministeriale
con il quale verranno definiti i moduli unificati per le comunicazioni obbligatorie.
6. Ordinanze ingiunzione da emettere successivamente al 24 ottobre 2003
Come già evidenziato, per le violazioni antecedenti al 24 ottobre 2003, trova applicazione il
principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui all’art. 1 della L. n.
689/1981. Ne consegue che, anche nel caso di emissione di ordinanza ingiunzione, le sanzioni riferite a
violazione degli obblighi di comunicazione al Centro per l’impiego poste in essere antecedentemente al 24
ottobre 2003, saranno commisurate agli importi di cui alla precedente disciplina (art. 9 bis, comma 3, D.L. n.
510/1996, da euro 258,00 a euro 1549,00 per violazione dell’obbligo di comunicazione di assunzione e art.
27, comma 3, L. n. 264/1949 per violazione dell’obbligo di comunicazione di cessazione del rapporto di
lavoro).
A tal riguardo è peraltro possibile citare quanto dettato dalla sentenza della Suprema Corte n. 16699
del 26 novembre 2002, la quale stabilisce che “in materia di illeciti amministrativi, l’adozione del principio
di legalità, di irretroattività e di divieto di applicazione dell’analogia, risultante dall’art. 1 della L. n.
689/1981, comporta l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi,
con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole”; inoltre la medesima pronuncia
chiarisce che la nuova disciplina non opera “limitatamente ai rapporti non esauriti, per essere ancora in
corso i relativi procedimenti, né in relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali
l’ordinanza ingiunzione è stata emessa dopo l’entrata in vigore della legge, atteso che l’ordinanza
ingiunzione non è esercizio di un potere e provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto puramente
esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per effetto della violazione
commessa”.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to Dott. Mario Notaro
PP
DP
28
RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO
D.LGS 10 SETTEMBRE 2003, N. 276
“NUOVA DISCIPLINA DEL LAVORO
A TEMPO PARZIALE”
29
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul
lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 marzo 2000, n. 66.
(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota all'allegato A, L. 5
febbraio 1999, n. 25.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul
lavoro a
tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES;
Vista la legge 5 febbraio 1999, n. 25, ed in particolare l'articolo 2 e l'allegato A;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 gennaio 2000;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, per le pari opportunità e per la funzione pubblica;
Emana il seguente decreto legislativo:
1. Definizioni. (il presente articolo è stato modificato dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO
10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi")
1. Nel rapporto di lavoro subordinato l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale.
2. Ai fini del presente decreto legislativo si intende:
a) ELIMINATO:per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 13, comma 1, della
legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l'eventuale minor orario normale fissato
dai contratti collettivi applicati; INSERITO: a) per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui
all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario
normale fissato dai contratti collettivi applicati;»;
b) per "tempo parziale" l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un
lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a);
c) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale" quello in cui la riduzione di orario
rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro;
d) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale" quello in relazione al quale risulti
previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati
nel corso della settimana, del mese o dell'anno;
e) per "lavoro supplementare" quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario
di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 2, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno.
3. ELIMINATO: I contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi, i contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati ed i contratti
collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali, di cui all'articolo 19 della legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, con l'assistenza dei sindacati che hanno
negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato, possono consentire che il rapporto
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di lavoro a tempo parziale si svolga secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle
lettere c) e d) del comma 2, provvedendo a determinare le modalità temporali di svolgimento della
specifica prestazione lavorativa ad orario ridotto, nonché le eventuali implicazioni di carattere
retributivo della stessa. INSERITO: «3. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle
rappresentanze sindacali unitarie possono determinare condizioni e modalita' della prestazione
lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi nazionali possono, altresi',
prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalita' particolari di attuazione delle
discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto.»;
4. ELIMINATO: Le assunzioni a termine, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive
modificazioni, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2
e 3. INSERITO: «Le assunzioni a termine, di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, e
successive modificazioni, di cui all'articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e di cui all'articolo
4 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche con rapporto a
tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3.»;
2. Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale.
1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli effetti di cui
all'articolo 8, comma 1. Il datore di lavoro è tenuto a dare comunicazione dell'assunzione a tempo
parziale alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia del
contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso. Fatte salve eventuali più favorevoli
previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, il datore di lavoro è altresì tenuto ad
informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull'andamento
delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della
prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla
settimana, al mese e all'anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all'articolo
3, comma 7.
3. Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro
straordinario,clausole elastiche.
(il presente articolo è stato modificato dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre
2003, n.276 - "Legge Biagi")
1. ELIMINATO: Il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni
supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel
rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 6. INSERITO: «1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo
parziale di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo
9 ottobre 2001, n. 368, il datore di lavoro ha facolta' di richiedere lo svolgimento di prestazioni
supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel
rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.»;
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2. ELIMINATO: Il contratto collettivo, stipulato dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, che
il datore di lavoro effettivamente applichi, stabilisce:
a) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili in ragione di anno; ove la
determinazione è effettuata in sede di contratto collettivo territoriale o aziendale è comunque
rispettato il limite stabilito dal contratto collettivo nazionale;
b) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa;
c) le causali obiettive in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo
parziale lo svolgimento di lavoro supplementare.
In attesa delle discipline contrattuali di cui al presente comma e fermo restando quanto previsto dal
comma 15, il ricorso al lavoro supplementare è ammesso nella misura massima del 10 per cento
della durata dell'orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da
utilizzare nell'arco di più di una settimana.
INSERITO: «2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3,
stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in
relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di
lavoro supplementare, nonche' le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare
consentite dai contratti collettivi stessi.»;
3. ELIMINATO: L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede in ogni caso il
consenso del lavoratore interessato. L'eventuale rifiuto dello stesso non costituisce infrazione
disciplinare, né integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento. INSERITO: «3.
L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato
ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non puo'
integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.»;
4. Le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ore ordinarie, salva la facoltà per i contratti
collettivi di cui al comma 2 di applicare una percentuale di maggiorazione sull'importo della
retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. ELIMINATO: In
alternativa a quanto previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di
cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari
sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante
l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro
supplementare. MODIFICA: g) all'articolo 3, il comma 4, ultimo periodo, e' soppresso;
5. ELIMINATO: Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale è consentito lo
svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie in relazione alle giornate di attività lavorativa. A
tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente, ed eventuali successive
modifiche ed integrazioni, in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno. Salva
diversa previsione dei contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, i limiti trimestrale ed
annuale stabiliti dalla legge 27 novembre 1998, n. 409, si intendono riproporzionati in relazione alla
durata della prestazione lavorativa a tempo parziale. INSERITO: «5. Nel rapporto di lavoro a tempo
parziale verticale o misto, anche a tempo determinato, e' consentito lo svolgimento di prestazioni
lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed
eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro straordinario nei rapporti a
tempo pieno.»;
6. ABROGATO: Le ore di lavoro supplementare di fatto svolte in misura eccedente quella
consentita ai sensi del comma 2 comportano l'applicazione di una maggiorazione del 50 per cento
sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto per esse dovuta. I contratti collettivi di cui
all'articolo 1, comma 3, possono elevare la misura della maggiorazione; essi possono altresì stabilire
criteri e modalità per assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il diritto
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al consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, del lavoro supplementare svolto
in via non meramente occasionale.
7. ELIMINATO: Ferma restando l'indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell'orario
con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all'anno, i contratti collettivi, di cui all'articolo
1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole
elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le
condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione,
rispetto a quella inizialmente concordata col lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2.
INSERITO: «7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del contratto di
lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8
e 9, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della
prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere
stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione
lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalita' in relazione alle quali il datore di lavoro puo' modificare la collocazione
temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalita' in relazioni alle quali il datore di lavoro puo' variare in aumento la durata
della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilita' in aumento della durata della prestazione lavorativa.»; k)
all'articolo 3, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del
potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonche' di modificare la
collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte
salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonche' il diritto a specifiche
compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1,
comma 3.»;
8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare la collocazione temporale della
prestazione lavorativa a tempo parziale comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno
dieci giorni. Lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 comporta
altresì in favore del lavoratore il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria globale di
fatto, nella misura fissata da contratti collettivi di cui ai medesimo comma 7.
9. ELIMINATO: La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi
del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto,
anche contestuale al contratto di lavoro. Nel patto è fatta espressa menzione della data di
stipulazione, della possibilità di denuncia di cui al comma 10, delle modalità di esercizio della
stessa, nonché di quanto previsto dal comma 11. INSERITO:«9. La disponibilita' allo svolgimento
del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore
formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su
richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale
indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.»;
10. ELIMINATO: Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il
lavoratore potrà denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando alla denuncia l'indicazione
di una delle seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare;
b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico;
c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma. La denuncia in forma
scritta, potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno cinque mesi dalla data di stipulazione
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del patto e dovrà essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di
lavoro. I contratti collettivi di cui al comma 7 determinano i criteri e le modalità per l'esercizio della
possibilità di denuncia anche nel caso di esigenze di studio o di formazione e possono, altresì,
individuare ulteriori ragioni obiettive in forza delle quali possa essere denunciato il patto di cui al
comma 9. Il datore di lavoro ha facoltà di rinunciare al preavviso. INSERITO: «10. L'inserzione nel
contratto di lavoro a tempo parziale di clausole flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 e'
possibile anche nelle ipotesi di contratto di lavoro a termine.»;
11. SOPPRESSO Il rifiuto da parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e l'esercizio
da parte dello stesso del diritto di ripensamento di cui al comma 10 non possono integrare in nessun
caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
12. SOPPRESSO A seguito della denuncia di cui al comma 10 viene meno la facoltà del datore di
lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa inizialmente concordata ai
sensi dell'articolo 2, comma 2. Successivamente alla denuncia, nel corso dello svolgimento del
rapporto di lavoro è fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo patto scritto in materia di
collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le
disposizioni del presente articolo.
13. SOPPRESSO L'effettuazione di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie, come pure
lo svolgimento del rapporto secondo le modalità di cui al comma 7, sono ammessi esclusivamente
quando il contratto di lavoro a tempo parziale, sia stipulato a tempo indeterminato e, nel caso di
assunzioni a termine, limitatamente a quelle previste dall'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge
18 aprile 1962, n. 230. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, applicati dal datore di
lavoro interessato, possono prevedere la facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni
lavorative supplementari o straordinarie anche in relazione ad altre ipotesi di assunzione con
contratto a termine consentite dalla legislazione vigente.
14. I centri per l'impiego e i soggetti autorizzati all'attività di mediazione fra domanda ed offerta di
lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469,
sono tenuti a dare, ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale, puntuale
informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, preventivamente alla
stipulazione del contratto di lavoro. Per i soggetti di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione costituisce comportamento
valutabile ai fini dell'applicazione della norma di cui al comma 12, lettera b), del medesimo articolo
10.
15. SOPPRESSO: Ferma restando l'applicabilità immediata della disposizione di cui al comma 3, le
clausole dei contratti collettivi in materia di lavoro supplementare nei rapporti di lavoro a tempo
parziale, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, continuano a produrre
effetti sino alla scadenza prevista e comunque per un periodo non superiore ad un anno.
4. Principio di non discriminazione.
1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vigente,
il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al
lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in
forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, per il
solo motivo di lavorare a tempo parziale.
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2. L'applicazione del principio di non discriminazione comporta che:
a) il lavoratore a tempo parziale benefìci dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno
comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione oraria; la durata del
periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa
per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia;
infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative di formazione professionale
organizzate dal datore di lavoro; l'accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle
competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi
compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. I
contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del
periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia
qualora l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità
della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e
delle singole componenti di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti
economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma la
facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3,
di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in
particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale.
5. Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale.
(il presente articolo è stato SOSTITUITO dall'art. 46, comma 1, lettera o) del DECRETO
LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi")
ELIMINATO 1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno
in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo
pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto
scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l'assistenza di un componente della rappresentanza
sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o, in mancanza di rappresentanza sindacale
aziendale nell'unità produttiva, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per
territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la
disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. In caso di assunzione di personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a riconoscere un
diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità
produttive site entro 100 km dall'unità produttiva interessata dalla programmata assunzione, adibiti
alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista
l'assunzione, dando priorità a coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro
da tempo pieno a tempo parziale. A parità di condizioni, il diritto di precedenza nell'assunzione a
tempo pieno potrà essere fatto valere prioritariamente dal lavoratore con maggiori carichi familiari;
secondariamente si terrà conto della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque senza
riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta durata della prestazione lavorativa.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva
informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive
site nello stesso àmbito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti
nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a
tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. Su richiesta del lavoratore interessato, il
rifiuto del datore di lavoro dovrà essere adeguatamente motivato. I contratti collettivi di cui
all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo alla
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disposizione di cui al primo periodo del presente comma.
4. I benefìci contributivi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge 16 maggio
1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere
riconosciuti con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dal citato
articolo, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in
misura differenziata in relazione alla durata dell'orario previsto dal contratto di lavoro a tempo
parziale, in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici
economici che provvedano ad effettuare, entro il termine previsto dal decreto medesimo, assunzioni
con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti calcolati con
riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei predetti contratti.
INSERITO:
«Art. 5 (Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale). 1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non
costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto,
convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, e' ammessa la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di
lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente
decreto legislativo.
2. Il contratto individuale puo' prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un
diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attivita' presso unita'
produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti
rispetto a quelle con riguardo alle quali e' prevista l'assunzione.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro e' tenuto a darne
tempestiva informazione al personale gia' dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unita'
produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo
accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di
trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivi di
cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo a tale
disposizione.
4. Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo determinato,
saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato,
nell'ambito della riforma del sistema degli incentivi all'occupazione.»;
6. Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale.
1. In tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario
l'accertamento della consistenza dell'organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel
numero complessivo dei dipendenti in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno così
come definito ai sensi dell'articolo 1, con arrotondamento all'unità della frazione di orario superiore
alla metà di quello pieno.
2. SOPPRESSO: Ai soli fini dell'applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, i lavoratori a tempo parziale si computano come
unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa.
7. Applicabilità nel settore agricolo. (il presente articolo è stato SOPPRESSO dall'art. 46 del
DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi")
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1. SOPPRESSO: Le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo
ai rapporti di lavoro del settore agricolo, anche con riguardo alla possibilità di effettuare lavoro
supplementare o di consentire la stipulazione di una clausola elastica di collocazione della
prestazione lavorativa nei rapporti a tempo determinato parziale, sono determinate dai contratti
collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.
8. Sanzioni. (il presente articolo è stato modificato dall'art. 46, comma 1, lettere r ed s del
DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi")
1. Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova. Qualora la
scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all'articolo 2725 del
codice civile. In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro,
su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a
tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata. Resta
fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente alla
data suddetta.
2. ELIMINATO: L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di
cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora
l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere
dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del
relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale
dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione
lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3,
comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle
responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito
derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché
delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza,
il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di
un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa.
Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per
iscritto una clausola elastica in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa a
tempo parziale, osservandosi le disposizioni di cui all'articolo 3. In luogo del ricorso all'autorità
giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere risolte mediante
le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali
di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3. INSERITO:«L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel
contratto scritto delle indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullita' del
contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione
lavorativa, su richiesta del lavoratore puo' essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto
di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece
l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le
modalita' temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento
alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione
equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilita' familiari del lavoratore interessato,
della sua necessita' di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo
svolgimento di altra attivita' lavorativa, nonche' delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo
antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in
aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di
risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo
svolgimento del rapporto, e' fatta salva la possibilita' di concordare per iscritto clausole elastiche o
flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del ricorso all'autorita' giudiziaria, le
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controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere, risolte mediante le procedure
di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di
cui all'articolo 1, comma 3.»;
«2-bis. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili di cui all'articolo 3, comma 7, senza il
rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, commi 7, 8, 9 comporta a favore del prestatore di lavoro il
diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo
di risarcimento del danno.
2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro possono concordare
direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili ai sensi delle disposizioni che precedono.»;
3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di cui all'articolo 5,
comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza
fra l'importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del
passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio.
4. La mancata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all'articolo 2, comma 1,
secondo periodo, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa di lire trentamila per
ciascun lavoratore interessato ed ogni giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a
favore della gestione contro la disoccupazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS).
9. Disciplina previdenziale.
1. La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali
dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale
ad orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983,
n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo
così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo
nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura
settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo
di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso
contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate,
qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività
principale per gli effetti dell'articolo 20 del testo unico delle norme sugli assegni familiari,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive
modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS. Il comma
2 dell'articolo 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente: "Il contributo non è dovuto per i
lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell'articolo 2.".
3. La retribuzione da valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla
contrattazione collettiva per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione
tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di
lavoro espressa in ore. La retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi
per l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di cui al comma 1.
4. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo
parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si
computa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente
all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.
38
10. Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
1. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le disposizioni
del presente decreto si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli articoli 2,
comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali
in materia ed, in particolare, dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall'articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e
dall'articolo 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
11. Abrogazioni.
1. Sono abrogati:
a) l'articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 dicembre 1984, n. 863;
b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, limitatamente alle parole:
"alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione
di eccedenze di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale", nonché l'articolo 13, comma 7, della legge 24 giugno 1997, n. 196.
12. Verifica.
1. Entro il 31 dicembre 2000 il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede ad una
verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, degli effetti delle disposizioni dettate dal presente decreto
legislativo, con particolare riguardo alle previsioni dell'articolo 3, comma 2, in materia di lavoro
supplementare e all'esigenza di controllare le ricadute occupazionali delle misure di incentivazione
introdotte, anche ai fini dell'eventuale esercizio del potere legislativo delegato di cui all'articolo 1,
comma 4, della legge 5 febbraio 1999, n. 25.
Dopo l-art. 12 è stato aggiunto un art. 12bis dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10
settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi")
«Art. 12-bis (Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di
lavoro a tempo parziale). 1. I lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacita' lavorativa,
anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica
istituita presso l'azienda unita' sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od
orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto
di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni piu'
favorevoli per il prestatore di lavoro.».
39
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE 8 gennaio 2004, n.1
Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalita' c.d. a progetto. Decreto
legislativo n. 276/2003 (Gazzetta Ufficiale N. 10 del 14 Gennaio 2004)
.
Alle direzioni regionali del lavoro
Alle direzioni provinciali del lavoro
Alla Regione siciliana - Assessorato
lavoro - Ufficio regionale del lavoro Ispettorato del lavoro
Alla provincia autonoma di Bolzano Assessorato lavoro
Alla provincia autonoma di Trento Assessorato lavoro
All'INPS - Direzione generale
All'INAIL - Direzione generale
Alla direzione generale AA.GG. R.U.
A.I. - Divisione VII
Al SECIN
I. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella
modalita' c.d. a progetto: definizione e campo di applicazione.
La definizione di lavoro a progetto - e la relativa disciplina - e'
contenuta negli articoli da 61 a 69 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276.
Ai sensi dell'art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. devono
essere «riconducibili a uno o piu' progetti specifici o programmi di
lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel
rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della
attivita' lavorativa».
L'art. 61 non sostituisce e/o modifica l'art. 409, n. 3, c.p.c.
bensi' individua, per l'ambito di applicazione del decreto e, nello
specifico, della medesima disposizione, le modalita' di svolgimento
della prestazione di lavoro del collaboratore, utili ai fini della
qualificazione della fattispecie nel senso della autonomia o della
subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende, allo
stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in
senso lato all'area della c.d. parasubordinazione. L'art. 61, oltre a
definire positivamente le modalita' di svolgimento delle
collaborazioni coordinate e continuative c.d. a progetto, esclude
infatti dalla riconducibilita' a tale tipo contrattuale:
le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di
durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno
solare con lo stesso committente, salvo che il compenso
complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il
medesimo committente, sia superiore a 5 mila euro. Si tratta di
collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro
limitata «portata», si e' ritenuto non fosse necessario il
40
riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di
applicazione della nuova disciplina; tali rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni
occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti di cui
agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo, sia dalle
attivita' di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove
non si riscontra un coordinamento ed una continuita' nelle
prestazioni e che proprio per questa loro natura non sono soggette
agli obblighi contributivi previsti per le collaborazioni coordinate
e continuative bensi' a quelli di cui all'art. 44, comma 2, del
decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad essere
regolati dalle discipline speciali;
le professioni intellettuali, per i quali e' necessaria
l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del
24 ottobre 2003;
le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e
societa' sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni
sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti
di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art. 90, legge n.
289/2002);
componenti di organi di amministrazione e controllo di societa';
partecipanti a collegi e commissioni;
collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall'art. 61 e', come detto, finalizzata a
impedire l'utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni
coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione
dell'art. 61 si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non
presentano significativi rischi di elusione della normativa
inderogabile del diritto del lavoro.
Occorre, peraltro, ribadire che sia l'introduzione nel nostro
ordinamento della fattispecie dei rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa nella modalita' a progetto sia la
previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a
carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del decreto legislativo n.
276/2003, non hanno certamente comportato l'abrogazione delle
disposizioni del contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. del
codice civile. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore
d'opera che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei
due limiti previsti dall'art. 61, comma 2, del decreto legislativo n.
276/2003, non necessariamente dovra' veder qualificato il proprio
rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi
verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o piu'
prestazioni d'opera ai sensi dell'art. 2222 e seguenti del codice
civile.
L'art. 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al
secondo comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva
dell'atleta e' resa nella forma del contratto di lavoro autonomo;
lavoro autonomo che puo' anche svolgersi, qualora ne ricorrano i
presupposti, in forma di collaborazione coordinata e continuativa.
Deve ritenersi che in quest'ultimo caso, trattandosi di attivita'
tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la
disposizione che prevede la necessita' dell'indicazione di un
progetto.
Va precisato, altresi', che nell'espressione «collegi e
41
commissioni» delle societa', sopra richiamati, sono inclusi anche
quegli organismi aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianita', e'
evidente che debbano essere compresi quei soggetti, titolari di
pensione di anzianita' o di invalidita' che, ai sensi della normativa
vigente, al raggiungimento del 65° anno di eta', vedono
automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di
vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell'art. 1 del decreto
legislativo n. 276/2003, la pubblica amministrazione puo' continuare
a stipulare contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti
introdotti dalla novella mantenendo il riferimento all'art. 409, n. 3
c.p.c. la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte
pubblica, non ha subito modificazioni in attesa delle eventuali
future determinazioni da adottarsi, ai sensi del comma 8 dell'art. 86
del decreto legislativo n. 276/2003, da parte del Ministro per la
funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede di
armonizzazione dei profili conseguenti all'entrata in vigore del
decreto legislativo in argomento.
Si deve evidenziare, infine, che nell'ambito di applicazione della
disciplina in esame dal 24 ottobre 2003 non e' piu' possibile porre
in essere rapporti ascrivibili alla collaborazione coordinata e
continuativa che non siano riconducibili alla modalita' del lavoro a
progetto, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 61, sopra
richiamate, per le quali continua a trovare applicazione la
previgente disciplina.
II. I requisiti qualificanti della fattispecie.
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello
approntato dal legislatore, oltre al requisito del progetto,
programma di lavoro o fase di esso, che costituisce mera modalita'
organizzativa della prestazione lavorativa, restano caratterizzate
dall'elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall'autonomia
del collaboratore (nello svolgimento della attivita' lavorativa
dedotta nel contratto e funzionalizzata alla realizzazione del
progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla necessaria
coordinazione con il committente, e dall'irrilevanza del tempo
impiegato per l'esecuzione della prestazione.
Quanto a quest'ultimo requisito, va comunque ricordato che l'art.
62, comma 1, lettera d), del decreto legislativo, prevede che tra le
forme di coordinamento dell'esecuzione della prestazione del
collaboratore a progetto all'organizzazione del committente sono
comprese anche forme di coordinamento temporale. Ond'e' che
l'autonomia del collaboratore a progetto si esplichera' pienamente,
quanto al tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione,
all'interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme
di coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra
la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un
lato, al lavoro subordinato e, dall'altro, al lavoro autonomo (art.
2222 del codice civile).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove la
prestazione e' resa con vincolo di subordinazione ed il termine
delimita pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore e' a
disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni
contrattualmente individuate, il lavoro a progetto si differenzia per
cio' che la durata del rapporto e' funzionale alla realizzazione del
42
progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di totale
autonomia.
In tal senso, infatti, e' significativo che ai sensi dell'art. 61,
comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del
risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo
impiegato per l'esecuzione dell'attivita' lavorativa.
Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell'art. 67, comma 1,
il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto o
del programma di lavoro o della fase di esso.
Il progetto.
Il progetto consiste in un'attivita' produttiva ben identificabile
e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il
collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.
Il progetto puo' essere connesso all'attivita' principale od
accessoria dell'impresa.
L'individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al
committente.
Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive
sottese al progetto sono insindacabili.
Il programma o la fase di esso.
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attivita' cui non e'
direttamente riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano,
infatti, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad
essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre
lavorazioni e risultati parziali.
L'autonoma gestione del progetto o del programma.
Nell'ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi
di lavoro e delle relative modalita' deve essere rimessa al
collaboratore.
Cio' perche' l'interesse del creditore e' relativo al
perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel
lavoro subordinato, alla disponibilita' di una prestazione di lavoro
eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalita' a
progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione
della durata e delle caratteristiche del progetto, del programma di
lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la
determinabilita' della durata puo' dipendere dalla persistenza
dell'interesse del committente alla esecuzione del progetto,
programma di lavoro o fase di esso. La determinabilita' del termine
e' dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell'an ma non
anche necessariamente nel quando.
Il coordinamento.
Indipendentemente da cio', pur tuttavia, il collaboratore a
progetto puo' operare all'interno del ciclo produttivo del
committente e, per questo, deve necessariamente coordinare la propria
prestazione con le esigenze dell'organizzazione del committente.
Il coordinamento puo' essere riferito sia ai tempi di lavoro che
alle modalita' di esecuzione del progetto o del programma di lavoro,
ferma restando, ovviamente, l'impossibilita' del committente di
richiedere una prestazione o un'attivita' esulante dal progetto o
programma di lavoro originariamente convenuto.
III. La forma.
Il contratto e' stipulato in forma scritta.
E' una forma richiesta ad probationem e non ad substantiam.
43
Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto posto in
essere, sono i seguenti elementi:
indicazione della durata, determinata o determinabile, della
prestazione di lavoro;
indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso,
individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in
contratto;
il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonche' i
tempi e le modalita' di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al
committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione
lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne
l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;
le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del
collaboratore a progetto (oltre quelle previste ex art. 66, comma 4,
del decreto legislativo n. 276/2003).
E' opportuno sottolineare che, seppure la forma scritta sia
richiesta solo ai fini della prova, quest'ultima sembra assumere
valore decisivo rispetto alla individuazione del progetto, del
programma o della fase di esso in quanto in assenza di forma scritta
non sara' agevole per le parti contrattuali dimostrare la
riconducibilita' della prestazione lavorativa appunto a un progetto,
programma di lavoro o fase di esso.
IV. Possibilita' di rinnovo.
Analogo progetto o programma di lavoro puo' essere oggetto di
successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest'ultimo puo' essere a maggior ragione impiegato
successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi
contenuto del tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, cosi' come i nuovi progetti in cui sia
impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti
elusivi dell'attuale disciplina.
Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare,
autonomamente considerato, i requisiti di legge.
V. Il corrispettivo.
Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantita' e
qualita' del lavoro eseguito.
Il parametro individuato dal legislatore e' costituito dai compensi
normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo
nel luogo di esecuzione del rapporto.
Pertanto, stante la lettera della legge (art. 63) non potranno
essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in materia di
retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i
lavoratori subordinati.
La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione
della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e,
cioe', in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre.
Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto
anche i criteri attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre
il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato
perseguito o la qualita' del medesimo sia tale da comprometterne
l'utilita'.
VI. Le tutele.
Tra gli scopi dichiarati dal legislatore era espressamente
individuato l'incremento delle tutele per i collaboratori.
L'art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con
44
particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed
all'infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano
l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza
erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l'invio, ai fini della prova,
di idonea certificazione scritta, la sospensione del rapporto non
comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla
scadenza (la previsione e' derogabile dalle parti), ma il committente
puo' recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un
periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto,
quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i
contratti di durata determinabile.
Gravidanza: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea
certificazione scritta, la durata del rapporto e' prorogata per un
periodo di centottanta giorni, salva piu' favorevole disposizione del
contratto individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo
del lavoro;
l'art. 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che
prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui
alla legge n. 335/1995, art. 2, comma 26, non iscritte ad altre forme
obbligatorie l'applicazione dell'art. 59 della legge n. 449/1997;
il decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e
integrazioni (ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga
nei luoghi di lavoro del committente, nonche' le norme di tutela
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme
di cui all'art. 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e
del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 12
gennaio 2001).
Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi lavorativi,
occorrera' naturalmente considerare che, stante la ratio del decreto
legislativo n. 626, principalmente orientata alla tutela della salute
e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente
responsabilizzazione dei datori di lavoro, non poche prescrizioni di
tale provvedimento (per lo piu' sanzionate penalmente) risultano di
problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei
collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia
nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato,
ancorche' nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del
committente). Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto
questo profilo, assai prossime ai collaboratori) lo stesso decreto
legislativo n. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela (art.
7).
In proposito, l'attuazione della delega (di cui all'art. 3 della
legge di semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto
normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
costituisce l'occasione per un adattamento dei principi generali di
tutela prevenzionistica alle oggettive peculiarita' del lavoro a
progetto.
VII. Svolgimento del rapporto ed obblighi del collaboratore.
Il collaboratore puo' svolgere la sua attivita' a favore di piu'
committenti, tuttavia il contratto individuale puo' limitare in tutto
od in parte tale facolta'.
Il collaboratore non deve svolgere attivita' in concorrenza con i
committenti ne', in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti
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attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, ne' compiere,
in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attivita' dei
committenti medesimi.
VIII. Risoluzione del rapporto.
In tema di risoluzione del contratto l'art. 66 prevede che esso si
risolva al momento della realizzazione del progetto o del programma o
della fase di esso che ne costituisce l'oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine
per giusta causa ed altre cause e modalita' (incluso il preavviso)
stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine apposto
al contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il
contratto debba intendersi risolto.
Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, e' il progetto
l'elemento caratterizzante della collaborazione il corrispettivo
determinato nel contratto sara' dovuto comunque per l'intero.
IX. Rinunzie e transazioni.
I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle predette
disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le
parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo
schema dell'art. 2113 del codice civile.
X. Sanzioni.
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati
senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro
o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a
tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Si
tratta di una presunzione che puo' essere superata qualora il
committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto
di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice
che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di
lavoro subordinato per difetto del requisito dell'autonomia, esso si
trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla
tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.
Il controllo giudiziale e' limitato esclusivamente, in conformita'
ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della
esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non puo'
essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e
scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al
committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l'esistenza
nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto.
La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude
solo la possibilita' di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con
prova testimoniale.
XI. Regime transitorio.
L'art. 86, comma 1, prevede che le collaborazioni coordinate e
continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento
di entrata in vigore del decreto e che non possono essere ricondotte
ad un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla
scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in
vigore del decreto legislativo medesimo, ossia non oltre il
24 ottobre 2004.
Sempre per le collaborazioni in atto che non possono essere
ricondotte ad un progetto o a una fase di esso e' prevista la
facolta' di stabilire termini piu' lunghi di efficacia transitoria,
46
purche' cio' sia stabilito nell'ambito di un accordo aziendale con il
quale il datore di lavoro contratta con i sindacati interni la
transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto,
cosi' come disciplinato dal decreto legislativo n. 276/2003, o verso
una forma di rapporto di lavoro subordinato che puo' essere
individuata fra quelle disciplinate dal «nuovo regime» dei rapporti
di lavoro previsti dal medesimo decreto legislativo (job on call, job
sharing, distacco, somministrazione, appalto), ma anche gia'
disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato,
a termine, a tempo parziale, ecc.).
Roma, 8 gennaio 2004
Il Ministro: Maroni
47
ACCORDO INTERCONFEDERALE
AI SENSI DELL’ART. 86, COMMA 13 DEL DECRETO LEGISLATIVO
10 SETTEMBRE 2003, N. 276
Addì, 13 novembre 2003
Tra
CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO, CONFAPI, CONFESERCENTI, ABI, ANIA,
CONFSERVIZI, CONFETRA, LEGACOOPERATIVE, CONFCOOPERATIVE, UNCI, AGCI,
COLIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI,
CLAAI, CONFITERIM, CONFEDERTECNICA, APLA
e
CGIL, CISL, UIL
visto il comma 13 dell’art. 86 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 che affida
alle associazioni dei datori dei lavori e dei prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale la definizione di uno o più accordi interconfederali per
la gestione della messa a regime del medesimo decreto anche con riferimento al regime
transitorio e alla attuazione dei rinvii contenuti nel medesimo decreto alla contrattazione
collettiva;
nel comune intento di continuare ad esercitare il ruolo svolto negli ultimi quindici anni sul
piano della regolamentazione interconfederale degli strumenti legislativi miranti a
promuovere e favorire tutte le occasioni di impiego regolare e tutelate offerte ai
lavoratori ed in particolare ai giovani;
viste le titolarità che il decreto legislativo n. 276/2003 riserva direttamente ad accordi
interconfederali;
ritenendo utile, anche sulla scorta dell’esperienza di prima attuazione della disciplina del
lavoro temporaneo di cui alla legge n. 196/1997, definire intese transitorie e sussidiarie
della contrattazione collettiva finalizzate a promuovere e favorire le occasioni di impiego
offerte dalla nuova legislazione;
considerato l’alto numero di progetti di formazione e lavoro presentati agli organismi
preposti alla loro approvazione prima della data di entrata in vigore del decreto n.
276/2003, a decorrere dalla quale è stata stabilita l’inapplicabilità del predetto istituto al
settore privato;
considerato, altresì, che la previgente disciplina, nonché gli specifici accordi
interconfederali intervenuti ai sensi dell’art. 3, ultimo periodo, della legge n. 863/1984,
prevedono, di norma, un non breve arco temporale, successivo all’approvazione, nel
corso del quale è possibile effettuare le assunzioni progettate;
considerato che tale periodo di tempo è funzionale allo svolgimento delle necessarie
operazioni di ricerca e selezione del personale da assumere, e la mancata attuazione di
tali attività propedeutiche inciderebbe in termini negativi sulla scelta aziendale di
procedere alle assunzioni;
Tutto ciò premesso, si conviene:
Regime transitorio per i contratti di formazione lavoro
1. I contratti di formazione e lavoro stipulati, anche successivamente al 23 ottobre
2003, in base a progetti approvati entro tale data - ultimo giorno utile prima
dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - esplicano
integralmente i loro effetti fino alla scadenza per ciascuno di essi prevista,
48
conformemente alla disciplina previgente in materia di contratti di formazione e
lavoro.
2. I progetti per contratti di formazione e lavoro il cui deposito risulti avvenuto entro il
23 ottobre 2003 - ultimo giorno utile prima dell’entrata in vigore del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - possono proseguire il loro iter di valutazione
secondo le modalità precedentemente in vigore per i diversi comparti produttivi e, se
approvati, saranno attivati esplicando integralmente i loro effetti fino alla scadenza
per ciascuno di essi prevista, conformemente alla disciplina previgente in materia.
3. Le assunzioni saranno effettuate nell’arco di tempo previsto dalle delibere regionali o
dalle intese interconfederali o settoriali che disciplinano la materiale.
Alla luce di quanto esplicitato nelle premesse, le parti confermano che il presente accordo
si configura come prima intesa funzionale alla messa a regime delle disposizioni del
decreto legislativo n. 276/2003.
Il presente accordo interconfederale sarà immediatamente notificato al Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali a tutti i conseguenti effetti ivi compresi i necessari
interventi di copertura finanziaria derivanti dalla salvaguardia dell’occupazione giovanile
assicurata dal regime transitorio adottato per l’istituto dei contratti di formazione e
lavoro.
Le parti intendono, altresì, proseguire il confronto, nel rispetto delle specificità delle
diverse rappresentanze delle imprese indicate in epigrafe, sia sulle materie affidate dal
legislatore alla diretta competenza del livello interconfederale, sia su altre materie nelle
quali l’intervento negoziale è funzionale al comune intento di favorire e promuovere
rapidamente le occasioni di impiego offerte dalla nuova legislazione.
Eventuali intese interconfederali avranno efficacia transitoria e, comunque, sussidiaria.
Le parti proseguiranno i lavori martedì 18 novembre alle ore 11.
CONFINDUSTRIA
CONFCOMMERCIO
CONFAPI
CONFESERCENTI
ABI
ANIA
CONFSERVIZI
CONFETRA
LEGACOOPERATIVE
CONFCOOPERATIVE
UNCI
AGCI
COLDIRETTI
CIA
CONFAGRICOLTURA
CONFARTIGIANATO
CNA
CASARTIGIANI
CLAAI
CONFINTERIM
CONFEDERTECNICA
APLA
CGIL
CISL
UIL
49
Accordo interconfederale per la disciplina transitoria per i contratti di
Inserimento
Addì 11 febbraio 2004
Tra
CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO, CONFAPI, CONFESERCENTI, ABI, ANIA,
CONFSERVIZI, CONFETRA, LEGACOOPERATIVE, CONFCOOPERATIVE, UNCI,
AGCI,
COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, CONFARTIGIANATO, CNA,
CASARTIGIANI, CLAAI, CONFINTERIM, CONFEDERTECNICA, APLA
e
CGIL, CISL, UIL
premesso che:
con il presente accordo interconfederale, cui concordemente viene attribuita
efficacia transitoria e comunque sussidiaria della contrattazione collettiva, secondo i
livelli e le titolarità attualmente previsti, le parti in epigrafe, ferme restando le norme
di legge che disciplinano l'istituto, provvedono a definire gli elementi ritenuti
essenziali per consentire ai datori di lavoro in tutti i comparti produttivi una fase di
prima applicazione dei contratti di inserimento e di reinserimento previsti dal
decreto legislativo n. 276/03, anche al fine di evitare che si determini una soluzione
di continuità nei flussi di assunzione, specie delle cosiddette fasce deboli;
il presente accordo interconfederale, pertanto, avrà efficacia a decorrere
dall'odierna data di sottoscrizione e fino a quando non sarà sostituito dalla apposita
disciplina che sarà definita dalla contrattazione collettiva ai vari livelli;
con il presente accordo le parti in epigrafe convengono che in sede di
contrattazione collettiva si affronti il tema dell’attribuzione del livello di
inquadramento in correlazione alle peculiarità settoriali e/o a specifiche condizioni
professionali del lavoratore;
le parti in epigrafe – nell’intento condiviso di ottimizzare la prescrizione legislativa
che subordina la possibilità di nuove assunzioni mediante contratti di inserimento
alla condizione che sia stato mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui
contratto di inserimento/reinserimento sia venuto a scadere nei diciotto mesi
precedenti – convengono che, in sede di contrattazione collettiva e con particolare
riferimento ai contratti di reinserimento, si ricerchino soluzioni atte a conseguire il
mantenimento in servizio dei lavoratori, tenuto conto delle diverse specificità
produttive ed organizzative e dei relativi necessari requisiti professionali, anche
nell’ambito dei provvedimenti di incentivazione che dovessero essere emanati in
materia;
con le finalità ed alle condizioni descritte
50
si conviene sulle seguenti modalità
1. Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un
progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore ad un
determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del
lavoro.
2. In relazione ai soggetti che possono essere assunti con contratto di inserimento ai sensi
dell'art. 54, comma 1, del d.lgs. n. 276/03 si intendono per "disoccupati di lunga durata da
29 fino a 32 anni", in base a quanto stabilito all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
181/2000, come sostituito dall'art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 297/2002, coloro
che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un'attività di lavoro autonomo, siano
alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi.
3. Il contratto di inserimento è stipulato in forma scritta e in esso deve essere
specificamente indicato il progetto individuale di inserimento.
In mancanza di forma scritta il contratto è nullo e il lavoratore si intende assunto a tempo
indeterminato.
Nel contratto verranno indicati:

la durata, individuata ai sensi del successivo punto 5);

l’eventuale periodo di prova, determinato ai sensi del successivo punto 7);

l’orario di lavoro, determinato in base al contratto collettivo applicato, in funzione
dell’ipotesi che si tratti di un contratto a tempo pieno o a tempo parziale;

fermo restando quanto previsto in premessa, la categoria di inquadramento del
lavoratore non potrà essere inferiore per più di due livelli rispetto alla categoria che,
secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, spetta ai lavoratori
addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al
conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento/reinserimento
oggetto del contratto.
4. Il progetto individuale di inserimento è definito con il consenso del lavoratore e deve
essere finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore
al contesto lavorativo, valorizzandone le professionalità già acquisite.
Nel progetto verranno indicati:
51
a) la qualificazione al conseguimento della quale è preordinato il progetto di
inserimento/reinserimento oggetto del contratto;
b) la durata e le modalità della formazione.
5. Il contratto di inserimento potrà prevedere una durata minima di nove mesi e massima
di diciotto mesi, con l'eccezione dei soggetti riconosciuti affetti da grave handicap fisico,
mentale o psichico, per i quali il contratto di inserimento potrà prevedere una durata
massima di trentasei mesi.
Nell'ipotesi di reinserimento di soggetti con professionalità compatibili con il nuovo
contesto organizzativo, potranno essere previste durate inferiori alla massima indicata, da
definirsi in sede di contrattazione collettiva anche tenendo conto della congruità delle
competenze possedute dal lavoratore con la mansione alla quale è preordinato il progetto
di reinserimento.
6. Il progetto deve prevedere una formazione teorica non inferiore a 16 ore, ripartita fra
l’apprendimento di nozioni di prevenzione antinfortunistica e di disciplina del rapporto di
lavoro ed organizzazione aziendale ed accompagnata da congrue fasi di addestramento
specifico, impartite anche con modalità di e-learning, in funzione dell'adeguamento delle
capacità professionali del lavoratore. La formazione antinfortunistica dovrà
necessariamente essere impartita nella fase iniziale del rapporto.
Le parti in epigrafe definiranno tutti gli aspetti utili per formulare il parere da fornire, come
legislativamente stabilito, ai Ministeri competenti ai fini dell’attuazione dell’art. 2, lett. i) in
tema di “libretto formativo del cittadino”.
In attesa della definizione delle modalità di attuazione del citato art. 2, lett. i), la
registrazione delle competenze acquisite sarà opportunamente effettuata a cura del datore
di lavoro o di un suo delegato, tenendo conto anche di auspicate soluzioni che potranno
essere nel frattempo individuate nell’ambito dei Fondi interprofessionali per la formazione
continua.
Le parti, infine, si riservano di verificare, nell'ambito dei Fondi interprofessionali per la
formazione continua, la possibilità di sostenere anche progetti formativi per i contratti di
reinserimento.
7. Nel contratto di inserimento verrà altresì indicato:

l’eventuale periodo di prova, così come previsto dal contratto collettivo applicato per
la categoria giuridica ed il livello di inquadramento attribuiti al lavoratore in contratto
di inserimento/reinserimento;

un trattamento di malattia ed infortunio non sul lavoro disciplinato secondo quanto
previsto in materia dagli accordi per la disciplina dei contratti di formazione e
lavoro o, in difetto, dagli accordi collettivi applicati in azienda, riproporzionato in base alla
durata del rapporto prevista dal contratto di inserimento/reinserimento, e comunque non
inferiore a settanta giorni.
52
8. L'applicazione dello specifico trattamento economico e normativo stabilito per i contratti
di inserimento/reinserimento, non può comportare l'esclusione dei lavoratori con contratto
di inserimento/reinserimento dall'utilizzazione dei servizi aziendali, quali mensa e trasporti,
ovvero dal godimento delle relative indennità sostitutive eventualmente corrisposte al
personale con rapporto di lavoro subordinato, nonché di tutte le maggiorazioni connesse
alle specifiche caratteristiche dell’effettiva prestazione lavorativa previste dal contratto
collettivo applicato (lavoro a turni, notturno, festivo, ecc.).
9. Nei casi in cui il contratto di inserimento/reinserimento venga trasformato in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, il periodo di inserimento/reinserimento verrà computato
nell'anzianità di servizio ai fini degli istituti previsti dalla legge e dal contratto, con
esclusione dell’istituto degli aumenti periodici di anzianità o istituti di carattere economico
ad esso assimilati e della mobilità professionale disciplinata dalle clausole dei contratti che
prevedano progressioni automatiche di carriera in funzione del mero trascorrere del
tempo.
CONFINDUSTRIA
CONFCOMMERCIO
CONFAPI
CONFESERCENTI
ABI
ANIA
CONFSERVIZI
CONFETRA
LEGACOOPERATIVE
CONFCOOPERATIVE
UNCI
AGCI
COLDIRETTI
CIA
CONFAGRICOLTURA
CONFARTIGIANATO
CNA
CASARTIGIANI
CLAAI
CONFINTERIM
CONFEDERTECNICA
APLA
CGIL
CISL
UIL
Al Ministro del Lavoro e
delle Politiche Sociali
Roma, 11 febbraio 2004
53
Si trasmette l’allegato accordo interconfederale con il quale le parti sottoscrittrici hanno
provveduto a definire gli elementi ritenuti essenziali per consentire ai datori di lavoro in
tutti i comparti produttivi una fase di prima applicazione dei contratti di inserimento e di
reinserimento previsti dal decreto legislativo n. 276/03.
In quest’ambito ed in attesa della riforma degli incentivi all’occupazione di cui alle
iniziative legislative in atto, le parti, considerata la transitorietà del regime di agevolazioni
previsto per i contratti di inserimento/reinserimento, convengono di prospettare
congiuntamente al Governo l’opportunità di destinare specifiche misure di incentivazione
per le assunzioni con contratti di inserimento/reinserimento, con particolare riguardo alle
prospettive della occupazione delle donne.
Convengono altresì di proporre congiuntamente al Governo ulteriori misure di
incentivazione finalizzate al mantenimento in servizio dei lavoratori assunti con detti
contratti.
Con osservanza
CONFINDUSTRIA
CONFCOMMERCIO
CONFAPI
CONFESERCENTI
ABI
ANIA
CONFSERVIZI
CONFETRA
LEGACOOPERATIVE
CONFCOOPERATIVE
UNCI
AGCI
COLDIRETTI
CIA
CONFAGRICOLTURA
CONFARTIGIANATO
CNA
CASARTIGIANI
CLAAI
CONFINTERIM
CONFEDERTECNICA
APLA
CGIL
CISL
UIL
54
RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO
D.LGS 10 SETTEMBRE 2003, N. 276
“RINVII ALLA
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA”
55
D.LGS 10/09/03 N.276
Riforma del Mercato del Lavoro: RINVII ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Titolo II ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA DEL
MERCATO DEL LAVORO
Art. 11. Divieto di oneri in capo ai lavoratori
2. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative a livello nazionale o territoriale possono
stabilire che la disposizione di cui al comma 1[E’fatto
divieto ai soggetti autorizzati o accreditati di esigere o
comunque di percepire, direttamente o indirettamente,
compensi dal lavoratore] non trova applicazione per
specifiche categorie di lavoratori altamente
professionalizzati o per specifici servizi offerti dai soggetti
autorizzati o accreditati.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale e territoriale.
FACOLTA’
La previsione può risultare
interessante per quel che attiene,
ad esempio, all’outplacement già
disciplinato per i dirigenti dal ccnl
1° dicembre 2000.
Art. 12. Fondi per la formazione e l'integrazione del
reddito
3. Gli interventi e le misure di cui ai commi 1 e 2
[versamento ai fondi da parte di soggetti autorizzati alla
somministrazione di lavoro] sono attuati nel quadro di
politiche stabilite nel contratto collettivo nazionale delle
imprese di somministrazione di lavoro ovvero, in mancanza,
stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro maggiormente rappresentative nel
predetto ambito.
Titolo III SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
APPALTO DI SERVIZI, DISTACCO
Capo I Somministrazione di lavoro
Art. 20. Condizioni di liceita'
3. Il contratto di somministrazione di lavoro puo' essere
concluso a termine o a tempo indeterminato. La
somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e'
ammessa:
i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di
lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative.
4. ………….
La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti
quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo
determinato e' affidata ai contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati da sindacati comparativamente piu'
rappresentativi in conformita' alla disciplina di cui
all'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.
368.
Il rinvio alla contrattazione
collettiva non riguarda il settore
del credito.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale o territoriale e
consente di integrare le fattispecie
individuate dal legislatore.
FACOLTA’.
La legge di per sé consente di
stipulare contratti di
somministrazione a tempo
determinato in presenza di ragioni
di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo anche
se riferibili all’ordinaria attività
dell’utilizzatore. Il rinvio è alla
contrattazione nazionale.
FACOLTA’.
56
5. Il contratto di somministrazione di lavoro e' vietato:
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso
unita' produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4
e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano
riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di somministrazione ovvero presso
unita' produttive nelle quali sia operante una sospensione dei
rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al
trattamento di integrazione salariale, che interessino
lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di somministrazione;
Art. 21. Forma del contratto di somministrazione
2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti
devono recepire le indicazioni contenute nei contratti
collettivi.
Art. 22. Disciplina dei rapporti di lavoro
2. ………
Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro puo' in
ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e
per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto
collettivo applicato dal somministratore.
3. ………..
La misura di tale indennita' e' stabilita dal contratto
collettivo applicabile al somministratore e comunque non e'
inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata
periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali.
Art. 23. Tutela del prestatore di lavoro esercizio del
potere disciplinare e regime della solidarieta'
4. I contratti collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono
modalita' e criteri per la determinazione e corresponsione
delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti
nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o
collegati all'andamento economico dell'impresa
9. La disposizione di cui al comma 8 [in caso di
somministrazione di lavoro a tempo determinato è nulla
ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la
facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine
del contratto di somministrazione] non trova applicazione
nel caso in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata
indennita', secondo quanto stabilito dal contratto collettivo
applicabile al somministratore.
Art. 24. Diritti sindacali e garanzie collettive
3. Ai prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso
somministratore e che operano presso diversi utilizzatori
compete uno specifico diritto di riunione secondo la
normativa vigente e con le modalita' specifiche determinate
dalla contrattazione collettiva.
Viene utilizzata la nozione
generica e onnicomprensiva di
“accordi sindacali”. FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio non riguarda il settore del
credito.
Il rinvio non riguarda il settore del
credito.
Il rinvio alla contrattazione anche
aziendale è analogo a quello
preesistente in tema di lavoro
temporaneo. OBBLIGO.
Il rinvio non riguarda il settore del
credito.
Il rinvio alla contrattazione anche
aziendale è analogo a quello
preesistente in tema di lavoro
temporaneo. OBBLIGO.
57
Titolo V TIPOLOGIE CONTRATTUALI A ORARIO
RIDOTTO, MODULATO O FLESSIBILE
Capo I Lavoro intermittente
Art. 34. Casi di ricorso al lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente puo' essere concluso per
lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o
intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti
collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale o territoriale o, in via provvisoriamente
sostitutiva, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
con apposito decreto da adottarsi trascorsi sei mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale o territoriale.
OBBLIGO, salvo l’intervento
sostitutivo del Ministro (cfr. art.
40).
3. E' vietato il ricorso al lavoro intermittente:
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso
unita' produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4
e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano
riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso
unita' produttive nelle quali sia operante una sospensione dei
rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al
trattamento di integrazione salariale, che interessino
lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di
lavoro intermittente;
Art. 35 Forma e comunicazioni
2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1 [durata,
modalità, tempi, ecc], le parti devono recepire le indicazioni
contenute nei contratti collettivi ove previste.
3. Fatte salve previsioni piu' favorevoli dei contratti
collettivi, il datore di lavoro e' altresi' tenuto a informare con
cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali, ove
esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro
intermittente.
Art. 36. Indennita' di disponibilita'
1. Nel contratto di lavoro intermittente e' stabilita la misura
della indennita' mensile di disponibilita', divisibile in quote
orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il
lavoratore stesso garantisce la disponibilita' al datore di
lavoro in attesa di utilizzazione. La misura di detta
indennita' e' stabilita dai contratti collettivi e comunque non
e' inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata
periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, sentite le associazioni dei datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
sul piano nazionale.
6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano
soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga
Viene utilizzata la dizione
generica e onnicomprensiva di
“Accordi sindacali”. FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
OBBLIGO, salvo l’intervento
sostitutivo del Ministro.
58
contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di
lavoro. In tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla
chiamata puo' comportare la risoluzione del contratto, la
restituzione della quota di indennita' di disponibilita' riferita
al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, nonche' un
congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai
contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro.
Art. 37. Lavoro intermittente per periodi predeterminati
nell'arco della settimana, del mese o dell'anno
2. Ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai
contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
sul piano nazionale o territoriale.
Art. 40. Sostegno e valorizzazione della autonomia
collettiva
1. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi
dell'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2, la
determinazione da parte del contratto collettivo nazionale
dei casi di ricorso al lavoro intermittente, il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni
sindacali interessate dei datori di lavoro e dei lavoratori e le
assiste al fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata
stipulazione dell'accordo entro i quattro mesi successivi, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via
provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle
indicazioni contenute nell'eventuale accordo
interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle
prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle due parti
interessate, i casi in cui e' ammissibile il ricorso al lavoro
intermittente ai sensi della disposizione di cui all'articolo 34,
comma 1, e dell'articolo 37, comma 2.
Capo II Lavoro ripartito
Art. 41. Definizione e vincolo di solidarieta'
3. Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o
previsioni dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori
hanno la facolta' di determinare discrezionalmente e in
qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonche' di
modificare consensualmente la collocazione temporale
dell'orario di lavoro, nel qual caso il rischio della
impossibilita' della prestazione per fatti attinenti a uno dei
coobbligati e' posta in capo all'altro obbligato.
Art. 43.
Disciplina applicabile
1. La regolamentazione del lavoro ripartito e' demandata
alla contrattazione collettiva nel rispetto delle previsioni
contenute nel presente capo.
2. In assenza di contratti collettivi, e fatto salvo quanto
stabilito nel presente capo, trova applicazione, nel caso di
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, salvo
intervento del Ministro, prima in
assistenza e poi provvisoriamente
sostitutivo.
Il rinvio è ai contratti o accordi
collettivi anche aziendali. FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
59
prestazioni rese a favore di un datore di lavoro, la normativa FACOLTA’.
generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la
particolare natura del rapporto di lavoro ripartito.
Capo III Lavoro a tempo parziale
Art. 46.
Norme di modifica al decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 61, e successive modifiche e integrazioni
1. Al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, cosi'
come modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 2001, n.
100, sono apportate le seguenti modificazioni:
b) all'articolo 1, il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. I
contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e
i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze
sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero
dalle rappresentanze sindacali unitarie possono determinare
condizioni e modalita' della prestazione lavorativa del
rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi
nazionali possono, altresi', prevedere per specifiche figure o
livelli professionali modalita' particolari di attuazione delle
discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del
presente decreto.»;
e) all'articolo 3, il comma 2 e' sostituito dal
seguente: «2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti
indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero
massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le
relative causali in relazione alle quali si consente di
richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento
di lavoro supplementare, nonche' le conseguenze del
superamento delle ore di lavoro supplementare consentite
dai contratti collettivi stessi.»;
f) all'articolo 3, il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3.
L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare
richiede il consenso del lavoratore interessato ove non
prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da
parte del lavoratore non puo' integrare in nessun caso gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento.»;
j)……………
I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati
nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalita' in relazione alle quali il datore di
lavoro puo' modificare la collocazione temporale della
prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalita' in relazioni alle quali il datore di
lavoro puo' variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa;
Il rinvio è, per la prima parte, ai
contratti nazionali, territoriali o
aziendali e, per la seconda parte, ai
soli contratti nazionali.
FACOLTA’.
“Ai Quadri direttivi con rapporto a
tempo parziale si applicano le
previsioni relative alla disciplina
della prestazione lavorativa di cui
all’art.71” (cfr. art.26, punto 5, del
ccnl 11 luglio 1999)
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
OBBLIGO. Già disciplinato dal
ccnl 11 luglio 1999 (cfr. art. 26)
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
La previsione del ccnl 11/7/99
configura l’ipotesi del “consenso”
preventivo, per cui non è necessario il
consenso individuale.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’ (considerato che, ai sensi
dell’art.46, lett.s, le parti individuali
possono negoziare clausole flessibili
ed elastiche anche in assenza di
contratti collettivi).
Il ccnl di settore non disciplina
60
3) i limiti massimi di variabilita' in aumento della durata
della prestazione lavorativa.»;
k) all'articolo 3, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8.
L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare
in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonche' di
modificare la collocazione temporale della stessa comporta
in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le
intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonche' il
diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero
nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1,
comma 3.»;
o) l'articolo 5 e' sostituito dal seguente: «Art. 5 (Tutela ed
incentivazione del lavoro a tempo parziale). …………..
3…………
I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono
provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo a
tale disposizione [informativa al personale a tempo pieno in
caso di assunzione di lavoratori part-time nell’ambito
comunale].
r)…………
Qualora invece l'omissione [la mancata indicazione nel
contratto scritto] riguardi la sola collocazione temporale
dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalita'
temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a
tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti
collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con
valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle
responsabilita' familiari del lavoratore interessato, della sua
necessita' di integrazione del reddito derivante dal rapporto
a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attivita'
lavorativa, nonche' delle esigenze del datore di lavoro.
Titolo VI APPRENDISTATO E CONTRATTO DI
INSERIMENTO
Capo I Apprendistato
Art. 48. Apprendistato per l'espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione
c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello
nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali,
delle modalita' di erogazione della formazione aziendale nel
rispetto degli standard generali fissati dalle regioni
competenti;
Art. 49.
Apprendistato professionalizzante
3. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
sul piano nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del
tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto
attualmente le clausole flessibili ed
elastiche.
Il rinvio è ai contratti collettivi anche
aziendali. FACOLTA’. La materia
non è attualmente disciplinata dal ccnl
di settore.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
nazionale, territoriale o aziendale.
OBBLIGO.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
OBBLIGO.
61
di apprendistato professionalizzante che, in ogni caso, non
puo' comunque essere inferiore a due anni e superiore a sei.
5. La regolamentazione dei profili formativi
dell'apprendistato professionalizzante e' rimessa alle regioni
e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con
le associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale e
nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello
nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali,
delle modalita' di erogazione e della articolazione della
formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in
relazione alla capacita' formativa interna rispetto a quella
offerta dai soggetti esterni;
c) riconoscimento sulla base dei risultati
Art. 53. Incentivi economici e normativi e disposizioni
previdenziali
2. Fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto
collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato
sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da
leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari
normative e istituti.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, territoriale o
aziendale. OBBLIGO.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva anche aziendale.
FACOLTA’.
Capo II Contratto di inserimento
Art. 55. Progetto individuale di inserimento
2. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e
i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze
sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero
dalle rappresentanze sindacali unitarie determinano, anche
all'interno degli enti bilaterali, le modalita' di definizione dei
piani individuali di inserimento con particolare riferimento
alla realizzazione del progetto, anche attraverso il ricorso ai
fondi interprofessionali per la formazione continua, in
funzione dell'adeguamento delle capacita' professionali del
lavoratore, nonche' le modalita' di definizione e
sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di
comportamento diretti ad agevolare il conseguimento
dell'obiettivo di cui al comma 1.
3. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi
del comma 2, la determinazione da parte del contratto
collettivo nazionale di lavoro delle modalita' di definizione
dei piani individuali di inserimento, il Ministro del lavoro e
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, territoriale o
aziendale. OBBLIGO.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, salvo
intervento del Ministro, prima in
assistenza e poi provvisoriamente
62
delle politiche sociali convoca le organizzazioni sindacali
interessate dei datori di lavoro e dei lavoratori e le assiste al
fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata
stipulazione dell'accordo entro i quattro mesi successivi, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via
provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle
indicazioni contenute nell'eventuale accordo
interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle
prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle due parti
interessate, le modalita' di definizione dei piani individuali
di inserimento di cui al comma 2.
Art. 58.
Disciplina del rapporto di lavoro
1. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali
o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori
di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale e dei contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni,
ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie, ai contratti di
inserimento si applicano, per quanto compatibili, le
disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001,
n. 368.
2. I contratti collettivi di cui al comma 1 possono stabilire le
percentuali massime dei lavoratori assunti con contratto di
inserimento.
Art. 59. Incentivi economici e normativi
sostitutivo.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, territoriale o
aziendale. FACOLTA’.
Il rinvio è alla contrattazione
collettiva nazionale, territoriale o
aziendale. FACOLTA’
2. Fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, i
Il rinvio è alla contrattazione
lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi
collettiva anche aziendale.
dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti
FACOLTA’.
collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.
Titolo VII TIPOLOGIE CONTRATTUALI A PROGETTO E
OCCASIONALI
Capo I Lavoro a progetto e lavoro occasionale
Art. 61. Definizione e campo di applicazione
4. Le disposizioni contenute nel presente capo non
pregiudicano l'applicazione di clausole di contratto
individuale o di accordo collettivo piu' favorevoli per il
collaboratore a progetto.
Viene utilizzata la nozione
generica e onnicomprensiva di
accordi collettivi. FACOLTA’.
Titolo VIII PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE
Capo I Certificazione dei contratti di lavoro
63
Art. 76. Organi di certificazione
1. Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di
lavoro le commissioni di certificazione istituite presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di
riferimento ovvero a livello nazionale quando la
commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di
organismi bilaterali a competenza nazionale;
Art. 78. Procedimento di certificazione e codici di buone
pratiche: 4. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del
presente decreto legislativo, il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali adotta con proprio decreto codici di buone
pratiche per l'individuazione delle clausole indisponibili in
sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico
riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi.
Tali codici recepiscono, ove esistano, le indicazioni
contenute negli accordi interconfederali stipulati da
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Capo II Altre ipotesi di certificazione
Art. 84. Interposizione illecita e appalto genuino
2……………………
Tali codici e indici presuntivi recepiscono, ove esistano, le
indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di
categoria stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori
di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale.
Titolo IX DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Il rinvio è agli accordi
interconfederali o di categoria.
FACOLTA’.
Art. 86.
Norme transitorie e finali
1. Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai
sensi della disciplina vigente, che non possono essere
ricondotte a un progetto o a una fase di esso, mantengono
efficacia fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre un
anno dalla data di entrata in vigore del presente
provvedimento. Termini diversi, anche superiori all'anno, di
efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative
stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere
stabiliti nell'ambito di accordi sindacali di transizione al
nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in sede
aziendale con le istanze aziendali dei sindacati
comparativamente piu' rappresentativi sul piano nazionale.
13. Entro i cinque giorni successivi alla entrata in vigore
del presente decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali convoca le associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
sul piano nazionale al fine di verificare la possibilita' di
affidare a uno o piu' accordi interconfederali la gestione
della messa a regime del presente decreto, anche con
riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii
Il rinvio è agli accordi in sede
aziendale. FACOLTA’.
64
contenuti alla contrattazione collettiva.
………………………..
Dato a Roma, addi' 10 settembre 2003
Testo in vigore dal 24 ottobre
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunita'
Mazzella, Ministro per la funzione pubblica
Moratti, Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca
La Loggia, Ministro per gli affari regionali
Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Castelli
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