LEGGE BIAGI Tra luci ed ombre il 24 ottobre u.s. è entrato in vigore il D.Lgs n. 276 del 10 settembre 2003 recante disposizioni di attuazione della Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 di riforma del mercato del lavoro e dell’occupazione. Si tratta di una legislazione di carattere innovativo soprattutto per la nuova tipologia contrattuale, per il rinvio al confronto delle parti sociali sulle materie affidate dal legislatore alla diretta competenza di diverso livello sindacale e sulle altre materie nelle quali l’intervento negoziale è funzionale al comune intento di favorire e promuovere, in tempi ragionevoli, le occasioni di impiego offerte dalla nuova regolamentazione, in modo particolare per talune categorie svantaggiate e a maggior rischio di disoccupazione. Le disposizioni già in vigore riguardano, tra le altre, le seguenti discipline: Nuovo sistema sanzionatorio del collocamento Regolamentazione dell’appalto Abrogazione legge 1369/60 Regolamentazione del distacco Svolgimento degli adempimenti in materia di lavoro, dei gruppi di impresa Modifiche all’art. 2112 del Codice Civile sul trasferimento di azienda Job sharing Modifiche al part time Convalida trasformazioni full time in part time da parte della sola Direzione provinciale del lavoro Abolizione dell’obbligo di trasmissione – entro 30 gg. – del contratto part time alla Direzione provinciale del lavoro Abolizione dell’obbligo dell’autorizzazione preventiva all’assunzione di apprendisti Abolizione dell’obbligo assunzioni apprendisti tramite liste di collocamento Abolizione del contratto formazione lavoro nel settore privato Tirocini estivi Lavoro a progetto Contratti di collaborazione coordinata e continuativa in essere: validi fino alla scadenza Nuova definizione di lavoro occasionale Società di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e ricollocamento professionale già autorizzate ai sensi delle norme precedenti salvo apposito decreto ministeriale per stabilire le modalità del regime transitorio. Le norme che richiedono provvedimenti attuativi concernono le seguenti materie: Lavoro intermittente Nuovo apprendistato: tre tipi di contratto interamente rimodulati Contratto di inserimento Certificazione dei rapporti di lavoro Lavoro accessorio Comunicazione unica contestuale di assunzione dei lavoratori Comunicazione delle variazioni del rapporto di lavoro (nei 5 gg. seguenti) Operatività delle agenzie per il lavoro Somministrazione di mano d’opera Intermediazione Borsa continua nazionale del lavoro. 1 Innanzi tutto si richiama l’attenzione dei Dirigenti delle strutture aziendali in merito ai temi più complessi e qualificanti della riforma che assumono maggiore rilievo nel contesto dell’attività operativa del settore creditizio. In particolare, ci si riferisce alle disposizioni che producono rilevanti effetti innovativi analizzati in un’ottica di rideterminazione delle regole applicative del sistema dei nuovi rapporti giuslavoristici perfezionabili mediante accordi collettivi volti ad armonizzare la funzione protettiva del diritto con le esigenze e le compatibilità del mercato più aperto e dinamico nel senso che, in tale contesto e grazie a determinati strumenti ad hoc, dovrà essere garantita la trasparenza e l’efficienza in modo da migliorare l’occupazione, la qualità e la stabilità del lavoro anche con contratti a contenuto formativo e con orario di lavoro modulato con le esigenze delle Aziende ma nondimeno con l’aspirazione dei lavoratori. Una prima disamina dei predetti temi consente di fornire la necessaria informativa operativa prescindendo, in questa sede, dall’ulteriore analisi dei fondamentali motivi ispiratori della riforma in esame che si propone soprattutto di ridurre al massimo l’attività burocratica che frena l’incontro fra domanda e offerta di lavoro e, quindi, l’occupazione, la competitività e lo sviluppo economico per soffermarci, invece, sulle disposizioni di maggiore rilievo per la categoria. Titolo I "Disposizioni generali" (Artt. 1 – 2) L’art. 1 del D.Lgs. determina le finalità generali e l' ambito di applicazione delle disposizioni in esso contenute, nei confronti dei soggetti privati, precisando che le medesime perseguono l' obiettivo di dare attuazione ai principi e ai criteri direttivi contenuti nella L. 30/2003 e agli orientamenti comunitari volti ad incrementare i tassi di occupazione e promuovere la qualità e stabilità del lavoro anche mediante contratti a contenuto formativo e a orario modulato compatibili con le esigenze delle imprese e con le aspirazioni dei lavoratori, nel rispetto delle disposizioni relative alla libertà e dignità del lavoratore, alla parità tra uomini e donne e alle pari opportunità tra i sessi di cui alle leggi, rispettivamente, n. 300/70, n. 903/77 e n. 125/91 e successive modificazioni e integrazioni. L' art. 2 contiene poi una elencazione delle definizioni - utili ai fini e agli effetti del provvedimento in esame e fornisce, tra l’altro, le nozioni di: somministrazione di lavoro intermediazione tra domanda e offerta di lavoro ricerca e selezione di personale supporto alla ricollocazione professionale autorizzazione accreditamento borsa continua del lavoro Titolo II "Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro" (Art. 3) L’art. 3 definisce le finalità specifiche che si intendono realizzare mediante un efficace e coerente sistema di strumenti snelli e semplici volti a garantire la trasparenza e l' efficienza del mercato del lavoro in senso aperto e dinamico migliorando le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riferimento alle c.d. fasce deboli del mercato del lavoro. Per il conseguimento di tali finalità, il D.Lgs. modifica anche la riforma del collocamento "pubblico" disposta dal D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, e amplia l' area dei soggetti abilitati allo svolgimento dell' attività di intermediazione previa specifica autorizzazione ministeriale, in un contesto di cooperazione e di competitività tra gli operatori pubblici e privati nel rispetto delle competenze 2 regionali in materia di regolamentazione ed organizzazione del mercato del lavoro stabilite dal D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 prevedendo altresì: la definizione di principi e criteri direttivi per la creazione di una "borsa continua del lavoro"; l' abrogazione delle disposizioni incompatibili con la nuova disciplina del mercato del lavoro e l' introduzione di un nuovo regime sanzionatorio. Capo I "Regime autorizzatorio e accreditamenti" (Artt. 4 - 7) L’art. 4 in tema di “Agenzie per il lavoro” stabilisce il regime autorizzatorio, differenziato solo in funzione del tipo di attività che intendono esercitare (attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione di personale, supporto alla ricollocazione professionale). In tale contesto viene rispettata l' autonomia e le competenze regionali confermando il sistema del doppio regime, fondato sulle "autorizzazioni" a livello centrale e sugli "accreditamenti" a livello regionale. A tal fine presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un apposito albo, articolato in cinque sezioni, in ragione delle attività che le agenzie per il lavoro intendono esercitare previo rilascio delle prescritte autorizzazioni ad espletare le predette attività, salvo l’emanazione di un apposito decreto del Ministro del lavoro che dovrà fissare, tra l’altro, i criteri per la verifica del corretto andamento dell' attività, per la revoca dell' autorizzazione. L’art. 5 stabilisce i tempi tecnici e i requisiti giuridici e finanziari per le prescritte autorizzazioni ministeriali in favore delle “Agenzie per il Lavoro”. La norma prevede inoltre sia un meccanismo di automatica iscrizione tanto per le "agenzie di somministrazione" abilitate a tutte le attività previste dal successivo art. 20 quanto per quelle di "intermediazione", sia la sussistenza di ulteriori requisiti, di carattere giuridico-patrimoniale, con riferimento alle differenti tipologie di attività espletate dalle agenzie. L’Art. 6 si riferisce ad un particolare regime autorizzatorio, sulla base di certe condizioni, relativo solamente alla attività di intermediazione, afferente le Università pubbliche e private, comprese le fondazioni universitarie che hanno come oggetto l' alta formazione con specifico riferimento alle problematiche del mercato del lavoro, i Comuni, le Camere di commercio, gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari, le associazioni datoriali e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative che siano firmatarie di CCNL, le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale e aventi come oggetto sociale la tutela e l' assistenza delle attività imprenditoriali del lavoro o della disabilità, gli Enti bilaterali, etc. L’art. 7 parallelamente al predetto regime autorizzatorio, istituisce il regime degli accreditamenti regionali, con il quale si attribuisce analoga facoltà alle Regioni nei confronti di operatori che svolgono attività nei relativi ambiti regionali. La norma dispone altresì che con i provvedimenti regionali istitutivi degli elenchi in cui saranno iscritti i predetti operatori, siano definite, tra le altre: forme di cooperazione in tema di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, prevenzione alla disoccupazione di lunga durata, promozione dell' inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e sostegno alla mobilità geografica del lavoro. Capo II "Tutele sul mercato e disposizioni speciali con riferimento ai lavoratori svantaggiati" (Artt. 8 - 14) L’art. 8 prevede precise misure a tutela e garanzia del corretto utilizzo, nel processo di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, delle informazioni relative ai lavoratori da parte delle agenzie per il lavoro e degli altri soggetti pubblici e privati allo scopo abilitati nel senso di rispettare la privacy degli interessati (cfr. L. 675/96 e modifiche portate dal DLgs 196/03). Per cui il Ministro del lavoro dovrà emanare un apposito Decreto concernente l' ambito e le modalità del trattamento e della 3 diffusione dei dati personali e/o disponendosi che le informazioni attinenti a dati amministrativi in possesso dei servizi per l' impiego assumano valore certificativo delle stesse. Gli artt. 9, 10 e 11 pongono precisi divieti a carico delle agenzie per il lavoro e di tutti i soggetti pubblici e privati abilitati nel senso di: non effettuare comunicazioni a mezzo stampa e altri mezzi di informazione in forma anonima (dovendosi, invece, indicare gli estremi del provvedimento autorizzatorio), compiere indagini o trattare dati concernenti le opinioni e le condizioni personali dei lavoratori, già vietate anche dall’art. 8 della legge 300/70. In particolare è stato ribadito il divieto anche per le agenzie per il lavoro e per gli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati "di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all' orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla età, all' handicap, alla razza, all' origine etnica, al colore, alla ascendenza, all' origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute, nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, salvo che non si tratti di attività che incidono sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento della prestazione stessa e esigere o percepire, direttamente o indirettamente, compensi dal prestatore di lavoro, (salvo eccezioni, riferite a categorie di lavoratori altamente professionalizzati o per specifici servizi offerti dai soggetti autorizzati o accreditati, da definirsi nella contrattazione collettiva). L’art. 12 prevede l’istituzione di specifici fondi bilaterali – soggetto giuridico di natura associativa – con oneri a carico di soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro da destinare in favore dei predetti lavoratori che si trovino in determinate condizioni di svantaggio sul piano professionale, del reddito, etc. A tale scopo viene poi valorizzato il coordinamento tra servizi pubblici e privati, operanti in ambito regionale. L’art. 13 prevede che, attraverso politiche attive e di workfare, si favorisca l' inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei predetti soggetti. A tal fine, alle agenzie autorizzate alla "somministrazione di lavoro" sono attribuite specifiche misure di incentivazione, subordinate - sino all' entrata in vigore di norme regionali in materia - alla stipulazione di apposita convenzione con Comuni, Province e Regioni. Sono peraltro disposte misure di penalizzazione nei confronti del lavoratore che rifiuti di essere avviato a progetti individuali di reinserimento nel mercato del lavoro o a corsi di formazione professionale o, ricorrendo determinate condizioni, non accetti l' offerta di un lavoro di livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza, etc. L’art. 14 prevede, in via sperimentale, nell' ambito delle misure apprestate per favorire l' integrazione nel mercato del lavoro di soggetti svantaggiati e di disabili, la stipula di apposite convenzioni-quadro, su base territoriale, da parte degli "uffici competenti" individuati dalle Regioni con le associazioni sindacali di datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, etc. Capo III "Borsa continua nazionale del lavoro e monitoraggio statistico" (Artt. 15 - 17) Gli artt. 15,16 e 17 riguardano l’istituenda “borsa continua nazionale del lavoro" che si presta ad una maggiore autonomia negoziale nel mercato del lavoro mediante un sistema telematico aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta, in cui confluiscono informazioni utili provenienti dagli operatori, pubblici e privati, autorizzati o accreditati, dalle imprese e dai lavoratori. Si tratta di un sistema articolato a cui si accede liberamente e si presta anche ad una migliore comprensione delle dinamiche che governano il mercato del lavoro. 4 La principale caratteristica del sistema, che sarà perfezionato da un successivo decreto interministeriale, è che, tanto le imprese, quanto i lavoratori, hanno la facoltà di inserire direttamente le richieste di manodopera mentre agli operatori accreditati o autorizzati è fatto obbligo di conferire alla borsa nazionale i dati acquisiti in base alle dichiarazioni effettuate dai lavoratori. Le informazioni contenute nella "borsa continua nazionale del lavoro" saranno utilizzate per monitorare l' andamento delle politiche del lavoro. E’ inoltre prevista l’istituzione, con successivo decreto presso il Ministero del lavoro, di una speciale Commissione di sorveglianza per il contratto di apprendistato al fine di valutare in itinere i relativi effetti della riforma. Non vi è dubbio che in tema di domanda e offerta di lavoro la nuova disciplina amplia le possibilità di intermediazione dei privati nella ricerca di lavoro, estremizzando, in materia, la scelta già avviata dal Governo Prodi. Si tratta di una disposizione che si pone l’obiettivo di migliorare l‘efficienza nella ricerca di lavoro, aumentando la concorrenza tra pubblico e privato, ma, in tale contesto, per molti esiste la preoccupazione che le agenzie per il lavoro si contendano i lavoratori più qualificati e ricercati dalle aziende, abbandonando al loro destino quelli meno preparati e per i quali ritengono sia più difficile trovare una collocazione. Capo IV "Regime sanzionatorio" (Artt. 18 - 19) Gli artt. 18 e 19 prevedono il nuovo regime sanzionatorio amministrativo che modifica anche quello stabilito dal D.Lgs n. 297/2002 concernente la riforma del collocamento ordinario dei lavoratori. Per quanto concerne in particolare l’aspetto sanzionatorio degli adempimenti comunicativi delle Aziende connesse all’assunzione e alla risoluzione dei rapporti di lavoro, il Ministero del Lavoro – in attesa del decreto attuativo della riforma del collocamento – con circolare n. 37 del 24 novembre u.s. ha diramato apposita circolare applicativa alla quale si rinvia per maggiori dettagli (cfr. all. 1). Si segnala inoltre che il Ministero del Lavoro, con successivo decreto, fornirà criteri interpretativi volti a definire meglio le diverse forme di contenzioso in atto, riferite al regime previgente, in materia di interposizione di manodopera. Titolo III “Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco” (Artt. 20 - 30) Capo I “Somministrazione di lavoro” (Artt. 20 – 28) Gli artt. dal 20 al 28 fissano nuove regole che, in sostituzione di quelle sul lavoro temporaneo di cui agli artt. da 1 a 11 della legge Treu, introducono, in via sperimentale, il contratto di somministrazione di lavoro chiamato staff leasing per effetto del quale le aziende, giustificando l’operazione con ragioni di carattere tecnico-organizzative, possono affittare, anche a tempo indeterminato, intere squadre di lavoratori, che resteranno comunque sempre dipendenti dell’Agenzia per il lavoro a cui compete tutta la gestione amministrativa del personale. In concreto si tratta di uno schema contrattuale che riproduce in generale l’impianto normativo del lavoro interinale ex lege n. 196/97 con particolare riferimento alle caratteristiche di utilizzo ed agli obblighi per le parti stipulanti e può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolge ad altro soggetto (somministratore) autorizzato. 5 Analogamente a quanto era previsto per il lavoro temporaneo, i lavoratori svolgono, per tutta la durata della somministrazione, la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo del soggetto utilizzatore. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato potrà riguardare, tra l’altro: - - servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati; attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione, ricerca e selezione del personale; attività di marketing, analisi di mercato e organizzazione della funzione commerciale; gestione di call center; tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative. Alla contrattazione collettiva nazionale è rinviato il compito di individuare limiti quantitativi di utilizzo della somministrazione a termine, conformemente a quanto stabilito dall’art. 10 del D.Lgs 6 settembre 2001, n. 368 sul contratto a tempo determinato che, anche in presenza della riforma in esame, continua ad esplicare i suoi effetti. Contrariamente a quanto prevedeva la Legge Treu, il divieto di utilizzo dei predetti lavoratori opera soltanto nei seguenti casi: - - per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; ove, salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si è proceduto nei 6 mesi precedenti a licenziamenti collettivi ex artt. 4 e 24 L. 223/1991 che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione; per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ex art. 4 del D.Lgs 626/94 e successive modifiche. Il contratto di somministrazione deve contenere – oltre alla forma scritta - gli elementi essenziali tra i quali: la data di inizio e la durata del contratto, gli estremi dell' autorizzazione rilasciata al somministratore; il numero dei lavoratori da utilizzare; i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo nonché la presenza di eventuali rischi per l' integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate. In mancanza della forma scritta e dell’ indicazione degli elementi sopra richiamati, il contratto di somministrazione è nullo, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto utilizzatore. Gli elementi informativi nonché la data di inizio e la durata prevedibile dell' attività lavorativa presso l' utilizzatore, devono essere comunicati per iscritto al lavoratore dal somministratore, all' atto della stipula del contratto di lavoro, ovvero, all' atto dell' invio presso l' utilizzatore. In merito al rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, è previsto, tra l' altro, che per i contratti di somministrazione a tempo indeterminato si applica la disciplina generale civilistica dei rapporti di lavoro e le leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di somministrazione a tempo determinato occorre fare riferimento alla normativa di cui al citato D.Lgs. n. 368 del 2001 sul contratto a termine, per quanto compatibile, con esclusione comunque delle previsioni ex art. 5 concernenti le riassunzioni a termine e/o due assunzioni successive effettuate senza soluzione di continuità. 6 Con il consenso scritto del lavoratore, il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere peraltro prorogato nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal soggetto somministratore. I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, ad un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello riconosciuto ai dipendenti di pari livello dell' utilizzatore. E’ altresì confermato che i contratti collettivi applicati dall' utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per determinare le erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti ovvero collegati all' andamento economico dell' impresa. Sul soggetto somministratore gravano gli oneri contributivi previdenziali e assistenziali e gli adempimenti inerenti all' assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e sono determinati in relazione al tipo ed al rischio delle lavorazioni svolte. Il soggetto utilizzatore risponde in solido dell' obbligo della retribuzione e dei corrispondenti versamenti contributivi non adempiuti dal somministratore. I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno altresì diritto a fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell' utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio. Quante volte i lavoratori vengano assunti dal soggetto somministratore a tempo indeterminato essi restano a disposizione del medesimo per periodi in cui non sono “impiegati” presso un soggetto utilizzatore. E’, comunque, rinviato ai contratti nazionali stabilire quali saranno le prestazioni a carattere discontinuo per cui questo contratto si potrà applicare. A carico del somministratore resta l’obbligo di: dare notizia ai lavoratori sui rischi per la salute e la sicurezza; formare e addestrare gli stessi all' uso delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell' attività lavorativa, in conformità a quanto stabilito dal citato D.Lgs. n. 626/1994. Peraltro, nel contratto di somministrazione può essere stabilito che tali obblighi vengano adempiuti dall' utilizzatore: in tal caso la relativa previsione va inserita nel contratto con il lavoratore. L'adibizione di un lavoratore a mansioni che richiedono una sorveglianza medica speciale o comportano rischi specifici determina, altresì, l' obbligo per l' utilizzatore di informare il lavoratore ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1994. La normativa stabilisce ulteriori obblighi posti a carico dell' utilizzatore, che deve informare tempestivamente al somministratore l' adibizione del lavoratore a mansioni superiori o comunque non equivalenti, nonché consegnare copia di tale comunicazione al lavoratore: la mancata informativa comporta che lo stesso utilizzatore risponde in via esclusiva delle differenze retributive che competono al lavoratore occupato in mansioni superiori a quelle definite in precedenza e dell' eventuale risarcimento del danno derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori. Il potere disciplinare è riservato al somministratore ma l'utilizzatore è tenuto a comunicare al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione disciplinare ex art. 7 della legge 300/70. In caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato, è prevista la nullità di ogni clausola che, anche in forma indiretta, limiti la facoltà dell' utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione. Tale disposizione non si applica nel caso in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore. 7 In materia dei diritti sindacali ai lavoratori delle società o imprese di somministrazione e degli appaltatori si applicano i diritti sindacali ex lege n. 300/70. Per l’attuazione dei diritti in parola, il prestatore di lavoro, per la durata della somministrazione, ha diritto ad esercitare presso l' utilizzatore i diritti di libertà e attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente della impresa utilizzatrice. Inoltre, uno specifico diritto di riunione è riconosciuto ai prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso somministratore e operano presso diversi utilizzatori: tale diritto si esplica secondo la normativa vigente e con le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva. Sempre in materia di diritti sindacali, si rileva infine che l' utilizzatore ha l' obbligo di inoltrare alla rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, una comunicazione preventiva alla stipula del contratto di somministrazione in ordine al numero ed ai motivi del ricorso alla somministrazione; analoga comunicazione va effettuata ogni 12 mesi anche per il tramite dell' associazione dei datori di lavoro, e dovrà indicare il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. Per quanto riguarda la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi dal prestatore di lavoro nell' esercizio delle sue mansioni, la normativa prevede che ne risponde il soggetto utilizzatore. Nell' ipotesi di somministrazione irregolare - cioè senza rispettare i predetti limiti è previsto che il lavoratore possa chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto utilizzatore con decorrenza dall' inizio della somministrazione con la conseguenza che tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata e tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione. Ai fini della valutazione delle ragioni che consentono la somministrazione di lavoro, il controllo giudiziale di norma riguarda l'accertamento della esistenza delle ragioni stesse, senza entrare nel merito delle valutazioni e delle scelte tecniche, organizzative o produttive del soggetto utilizzatore. In caso di somministrazione fraudolenta che si prefigura quando la somministrazione di lavoro è posta in essere al fine di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore, si applicano le sanzioni di legge e l’ammenda di 20 euro, posta a carico sia del somministratore che dell' utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione. Dopo 18 mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. in discorso la disciplina della somministrazione di lavoro sarà soggetta ad una verifica del Ministro del Lavoro con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, per poi riferirne in Parlamento. Capo II “Appalto e distacco” (Artt. 29 – 30) L’art. 29, in aderenza all’art. 1655 c.c. che regola il contratto di appalto, stabilisce che, in caso di appalti di servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti, peraltro, entro un anno dalla cessazione dell’appalto. 8 Detta disposizione, coerentemente con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, stabilisce che non costituisce trasferimento d’azienda o di parte di essa ex art. 2112 c.c., l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito del subentro, nella titolarità dell’attività organizzata, di un nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. In tema di contratto di appalto, per il quale il vigente CCNL di settore ne prevede l’attuazione per effetto degli artt. 3 e 16, è peraltro stabilito, fra le norme di carattere transitorio (cfr. art. 84), che “entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs., il Ministro del Lavoro adotterà un decreto contenente codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto genuino, che tengono conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e della assunzione effettiva del rischio tipico d’impresa da parte dell’appaltatore” e che “Le procedure di certificazione possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto di cui all’art. 1655 del c.c., sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini della distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto…”. L’art. 30 regola l’istituto del distacco coerente con i requisiti rivenienti dagli orientamenti giurisprudenziali come: - l' interesse del datore di lavoro distaccante a porre uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l' esecuzione di un determinata attività lavorativa; - la temporaneità del distacco; - la responsabilità del datore di lavoro distaccante in merito al trattamento normativo ed economico spettante ai propri dipendenti. La norma aggiunge che quando il distacco comporti: - un mutamento di mansioni lo stesso deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato; - un trasferimento a unità produttiva sita a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito, lo stesso può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. Per quanto concerne gli aspetti applicativi connessi ai predetti temi (mutamento delle mansioni e distacco ad altra unità produttiva) occorre prestare attenzione alla terminologia usata dal legislatore rispetto a quanto stabilito dal vigente CCNL sulle specifiche materie. Titolo IV – “Disposizioni in materia di gruppi di impresa e trasferimento d’azienda” – (Artt. 31 – 32) L’art. 31 stabilisce che i gruppi di impresa di cui all’art. 2359 c.c. e al D.Lgs 74/2002 possono delegare alla società capogruppo, per tutte le società controllate e collegate, tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavori dipendenti, di cui all’art. 1 della legge 12/1979 e ciò senza incidere sulla titolarità delle obbligazioni legali e contrattuali che, pertanto, restano in capo alle singole società del gruppo datrici di lavoro. L’art. 32 comporta modifiche ed integrazioni all’art. 2112 del c.c. in tema di trasferimento d’azienda. In particolare, la disposizione in esame, da un lato ribadisce i primi quattro commi dell’art. 2112 c.c. e, dall’altro, in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, modifica il quinto comma che si inquadra nel contesto di armonizzazione delle legislazioni in materia a livello UE razionalizzando i processi di esternalizzazione ed infine aggiunge un ultimo comma. Sicché la nuova normativa prevede che per trasferimento d’azienda si intende qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è realizzato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. 9 Le predette disposizioni si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come entità funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del relativo trasferimento. Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto, la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di responsabilità solidale ex art. 1676 c.c. Nulla risulta cambiato invece per ciò che attiene la procedura di consultazione sindacale ( cfr. art 47 della legge n. 428/1990 e modifiche apportate dall’art. 2 del D.Lgs. n. 18/2001). Titolo V "Tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile" – (Artt. 33 – 46) - Capo I "Lavoro intermittente" (Artt. 33-40) Le norme di cui agli artt. 33 – 40 introducono per il nostro ordinamento, una nuova tipologia contrattuale flessibile di tipo anglosassone definito lavoro “intermittente” o a chiamata (job on call) in base al quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa entro determinati limiti. I predetti limiti risultano corrispondenti a quali sostanzialmente fissati in ordine alle regole per la somministrazione di lavoro nel precedente titolo III. Tale tipo di contratto di lavoro può essere stipulato anche a tempo determinato nel rispetto delle causali rivenienti dalla disciplina del contratto di lavoro a termine di cui al D.Lgs. 368/2001. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale o , in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto da emanarsi trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di riforma. In via sperimentale, salvo valutazione finale dopo 18 mesi, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo e siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento. Il nuovo modello contrattuale di lavoro intermittente si distingue in due tipologie caratterizzate dalla sussistenza o meno di un obbligo del lavoratore a fornire la sua prestazione al momento della chiamata del datore di lavoro con la conseguenza che, nel primo caso, il contratto di lavoro deve prevedere la corresponsione, al lavoratore, sia della retribuzione ordinaria, sia di una specifica indennità, qualificata come indennità di disponibilità divisibile in quote orarie per il tempo di disponibilità effettivamente garantita. Nel secondo caso, invece, mancando il predetto obbligo non spetta l’indennità mensile di disponibilità. Il predetto contratto inoltre deve essere stipulato in forma scritta e dovrà contenere i seguenti elementi: a) Indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dalla legge, che consentono la stipulazione del contratto; b) Luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo; c) Trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la misura dell’indennità di disponibilità che, ove previsto, sarà periodicamente aggiornata con decreto del Ministero del Lavoro; 10 d) Indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione; e) Tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; f) Eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo e i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo. In particolare la specifica disciplina dispone che il trattamento normativo ed economico da riservare al lavoratore intermittente non dovrà risultare complessivamente meno favorevole rispetto a quello previsto per un lavoratore di pari livello a parità di mansioni svolte. Il datore di lavoro è, inoltre, tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente. Tra gli obblighi del lavoratore si sottolinea che in caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento tenendo presente che, ove il lavoratore non provveda all’adempimento di cui sopra, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale. In tema di contribuzione previdenziale il Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell’Economia, fisserà, con apposito decreto, la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente possono versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale ovvero abbiano usufruito della indennità di disponibilità fino a concorrenza della medesima misura. Capo II “Lavoro ripartito” (Artt. 41 – 45) Le nuove disposizioni contenute nel Capo II disciplinano sharing). il contratto di “lavoro ripartito” (job Tale tipo di contratto trae la sua prima esperienza per effetto delle previsioni contenute nella circolare del Ministro del Lavoro n. 43 del 7 aprile 1998 con la quale rinviava esclusivamente all’autonomia negoziale delle parti contraenti la possibilità di realizzare tale particolare tipologia di contratto. In proposito, ora, il legislatore ha confermato il rinvio alla contrattazione collettiva della regolamentazione del lavoro ripartito disponendo, in mancanza, l’applicazione della normativa generale del rapporto di lavoro subordinato in quanto compatibile. In concreto si tratta di uno speciale contratto mediante il quale due lavoratori assumono la responsabilità in solido per l’adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa ripartendo fra loro la retribuzione in proporzione alle ore lavorate da ciascuno. In tema di responsabilità diretta il legislatore fa peraltro salve intese diverse fra le parti contraenti volte ad eliminare tale tipo di responsabilità. 11 Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti collettivi, i lavoratori hanno facoltà di convenire, in qualsiasi momento, sostituzioni tra di loto, nonché modificare la collocazione temporale del rispettivo orario di lavoro, restando, peraltro, in tal caso il rischio dell’impossibilità della prestazione per fatti attinenti ad uno dei coobbligati posto a carico dell’altro lavoratore con tutte le problematiche che ne conseguono in applicazione dell’art. 1256 c.c. In caso di impossibilità di uno o ambedue dei lavoratori coobbligati, possibili sostituzioni sono ammissibili solo previo consenso del datore di lavoro. Per quanto attiene il calcolo delle prestazioni e delle contribuzioni assistenziali e previdenziali dovute, i contitolari sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale per cui i prescritti adempimenti vengono effettuati mensilmente, salvo conguaglio a fine anno, in rapporto all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. Altri particolari aspetti di tale speciale contratto concernono: Il diritto dei lavoratori di riunirsi in assemblea nell’unità produttiva in cui viene svolta l’attività lavorativa nei limiti di dieci ore annue rapportate alle prestazioni effettive fornite da ciascuno; L’obbligo dei lavoratori di informare con cadenza settimanale l’orario di ciascuno; Le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori comportano – salvo diversa intesa fra i contraenti – l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale a meno che, su richiesta del datore di lavoro, il lavoratore si renda disponibile a continuare a prestare l’attività lavorativa onde per cui il contatto in questione si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato a full-time o a part-time; La forma scritta che deve contenere i seguenti elementi: a) Misura percentuale e collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale da svolgere da parte di ciascun lavoratore coobbligato, ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di accordarsi per una sostituzione o modificazione della distribuzione dell’orario di lavoro; b) Luogo di lavoro, nonché trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore; c) Eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in riferimento al tipo di attività prevista. Come per il lavoro intermittente vige, infine, il “principio di non discriminazione” - diretta e indiretta previsto dalla vigente legislazione - e di “riproporzionamento” del trattamento economico e normativo dei suddetti lavoratori coobbligati. 12 Capo III “Lavoro a tempo parziale (art. 46) L’art. 46 riforma la disciplina del contratto a part-time introducendo numerose modifiche e novità alla previgente normativa di cui al D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, come già modificato dal D.Lgs 26 febbraio 2001, n. 100. Al fine di rendere agevole la completa rilettura della specifica regolamentazione, si è ritenuto utile ed opportuno, per le notevoli implicazioni che ne discendono, collazionare il nuovo testo di legge che si trasmette in allegato in cui sono evidenziate le modifiche apportate in materia dalla richiamata disposizione di riforma. Dalla disamina di tali disposizioni si rileva, in generale, una certa deregolamentazione volta a rafforzare il potere unilaterale dell’imprenditore e ciò a prescindere dagli spazi riservati alla contrattazione collettiva. Degna di attenzione appare peraltro la novità introdotta dal provvedimento in questione secondo la quale i lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa – accertata dalla commissione medica competente istituita presso l’ASL – hanno diritto a trasformare il rapporto da tempo pieno a tempo parziale, sia verticale, sia orizzontale. E’ previsto, altresì, che, su richiesta del dipendente, il rapporto a tempo parziale può essere nuovamente trasformato a tempo pieno. Nell’occasione, non ha trovato invece attuazione la previsione contenuta all’art. 3, lettera d), della legge 30/2003, con la quale il Governo è stato delegato a disciplinare il rapporto di lavoro a tempo parziale degli anziani, anche con facilitazioni di natura previdenziale, e ciò a prescindere da quanto disposto in materia dall’art. 1, comma 185 e seguenti della Legge 662/1996. In estrema sintesi si sottolineano, di seguito, le principali modifiche portate in materia dall’art. 46 del D.Lgs. 276/2003: Lavoro supplementare Il Decreto rinvia alla contrattazione collettiva il compito di stabilire il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili e le ragioni organizzative, al ricorrere delle quali il datore di lavoro può richiedere la prestazione supplementare, nonché le conseguenze del superamento del “plafond” di lavoro supplementare fissato dallo stesso CCNL. In presenza di siffatta regolamentazione, la prestazione di lavoro supplementare è dovuta da parte del lavoratore. Solo nel caso in cui la predetta contrattazione non dovesse contenere tale disciplina, la richiesta di lavoro supplementare necessita del consenso del lavoratore. Clausole flessibili e clausole elastiche Il Decreto agevola il ricorso da parte del datore di lavoro a contratti di lavoro a tempo parziale contenenti le cosiddette clausole flessibili o elastiche come appresso specificate: Clausole flessibili Con tale termine si intendono le ex clausole elastiche rivenienti da accordi tra le parti che prevedono la possibilità di modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa (ad esempio, una prestazione di 4 ore al giorno dalle 12 alle 16 potrà trasformarsi in 4 ore al giorno, ma in un’altra fascia oraria). Tali clausole secondo il Decreto, si potranno inserire in tutti i contratti a part-time (nelle tre forme esistenti e cioè: orizzontale – verticale – misto) anche se a tempo determinato. I contratti collettivi stabiliranno “condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa”. Comunque, pur in presenza della disciplina del contratto collettivo, la esigibilità da parte del datore di lavoro, della clausola flessibile richiede il consenso del 13 lavoratore formalizzato mediante uno specifico patto scritto per il quale il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante sindacale aziendale. Clausole elastiche Con tale termine si intendono, in base alla nuova normativa, le clausole che consentiranno al datore di lavoro, a differenza del passato, di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa limitatamente ai contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, anche a tempo determinato. Spetterà ai CCNL stabilire “condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa“ nonché “ i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa”. La esigibilità delle clausole elastiche da parte del datore di lavoro presuppone il consenso del lavoratore formalizzato secondo i criteri già indicati per le clausole flessibili. Le caratteristiche comuni alle due tipologie di clausole risultano le seguenti: L’eventuale rifiuto del lavoratore alla formalizzazione del consenso non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento; Una volta dato, però, il consenso non è più revocabile da parte del lavoratore (la nuova normativa abolisce il cosiddetto “diritto di ripensamento” stabilito a favore del lavoratore ex DLgs 61/2000). L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di attivazione delle clausole flessibili e/o elastiche, inserite nel contratto individuale, comporta per il medesimo sia l’obbligo di dare un preavviso minimo di almeno 2 giorni lavorativi (modifica peggiorativa della normativa preesistente che ne prevedeva almeno dieci) sia di erogare i compensi stabiliti dal CCNL; In assenza di disciplina da parte del contratto collettivo, le parti del rapporto di lavoro possono concordare direttamente la adozione di clausole flessibili o elastiche. Titolo VI “Apprendistato e contratto di inserimento” – (artt. 47-60) In tema di riordino dei contratti a contenuto formativo, la disciplina in esame, modificando la vigente normativa sull’apprendistato, introduce il “contratto di inserimento” per il quale, in virtù di quanto disposto dall’art. 85 delle disposizioni transitorie, le parti sociali, in attesa che i contratti collettivi di settore disciplinino l’applicazione di questo contratto, hanno raggiunto l’accordo 11 febbraio 2004 il cui testo si riporta, per opportuna informazione e documentazione, in allegato. Capo I “Apprendistato” (Artt. 47-53) Per effetto delle richiamate disposizioni, il legislatore, sostanzialmente, mira a sostituire la disciplina di cui alla legge n. 25/1955 e art. 16 della legge n. 196/1997. Peraltro, fintanto che la riforma del contratto dell’apprendistato – nelle tre diverse tipologie specificamente regolate dagli artt. 48, 49 e 50 del D.Lgs. 276/2003 – non andrà a regime, si continua ad applicare la precedente normativa, salvo qualche lieve cambiamento in tema di adempimenti amministrativi in fase di assunzione. Il D.Lgs. in esame, delineando determinati criteri e principi da osservare, demanda alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano la regolamentazione dei profili normativi, concernente la tipologia di cui agli artt. 48 e 49, di intesa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Per quanto riguarda, invece, la tipologia di cui all’art. 50, la regolamentazione e la durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rinviata alle Regioni, unicamente per i profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori, le università e le altre istituzioni formative, per cui, 14 diversamente dalle precedenti due tipologie, per l’apprendistato in questione non sono previsti criteri e principi direttivi per la regolamentazione in discorso. Il contratto di apprendistato, realizzabile nella forma scritta in tutti i settori di attività, è pertanto così articolato: a) Contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; b) Contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro ed un apprendimento tecnico-professionale; c) Contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Tale normativa pone, peraltro, limiti numerici circa l’utilizzo del contratto in parola nel senso che, in via generale, non può superarsi il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro, fermo restando che, per chi non ha dipendenti qualificati o specializzati o ne ha meno di tre l’Azienda, può assumere fino a tre apprendisti. Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettera sub a), “apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione”, possono assumersi giovani e adolescenti che abbiano compiuto 15 anni. La durata massima di tale contratto, finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale, è fissata in tre anni ed è determinata in funzione: della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei criteri professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l’accertamento dei crediti formativi come definiti dalla legge 53/2003. Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettere sub b), “apprendistato professionale”, si possono assumere soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni ai fini del conseguimento di una qualificazione mediante formazione sul lavoro e acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. Alla contrattazione collettiva è demandata la definizione (in relazione al tipo di qualificazione da conseguire) della durata del contratto che, comunque, non può essere inferiore a 2 anni e superiore a 6. Per l’acquisizione delle competenze di base e tecnico- professionali è previsto un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda di almeno 120 ore per anno. Nel rispetto degli standard generali fissati dalle Regioni competenti, alla contrattazione collettiva è rinviata la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni. Sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna all’azienda, avviene il riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali. Con la tipologia contrattuale, di cui alla lettera sub c), “apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione”, possono assumersi soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titoli di studio universitari e della alta formazione, nonché per la specializzazione tecnica superiore. In merito ai “crediti formativi”, è previsto che la qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e di formazione professionale. Il legislatore ha stabilito, inoltre, che, entro un anno dall’entrata in vigore del D.Lgs., il Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’istruzione, dovrà stabilire, d’intesa con le Regioni, le modalità di riconoscimento dei predetti crediti formativi. La normativa in esame prevede, inoltre, che durante il periodo di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del CCNL, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. 15 Si rileva, inoltre, che in attesa della riforma del sistema degli incentivi economici, restano in vigore gli attuali “bonus” in favore delle aziende, fermo restando che ove l’effettiva formazione, per i vari tipi di apprendistato, non sia stata erogata e la responsabilità ricada sul datore di lavoro, questo sarà tenuto a versare la quota dei contributi agevolati maggiorati del 100%. Al momento, non risulta, invece, più prevista la costituzione a tempo indeterminato del rapporto “ab initio” in caso di carenza formativa. Resta ferma, infine, la disciplina previdenziale ed assistenziale prevista dalla legge n. 25/1955 e successive modificazioni ed integrazioni. **** In ordine al diritto-dovere all’istruzione, all’alternanza con il lavoro e alle regole di valutazione si rende noto che il Ministero competente sta perfezionando appositi D.Lgs. attuativi della specifica materia **** Capo II “Contratto di inserimento” – (Artt. 54-59) Sostanzialmente tale tipologia contrattuale è stata introdotta per coprire – unitamente all’apprendistato professionalizzante – il vuoto legislativo che si è creato a seguito del divieto, previsto soltanto nei confronti delle aziende private, di stipulare nuovi contratti di formazione e lavoro mentre per i progetti approvati in base alla previgente normativa si rinvia al contenuto della specifica intesa confederale raggiunta in data 13 novembre 2003 in virtù delle disposizioni transitorie e finali, il cui testo trasmettiamo in allegato per opportuna documentazione ed informativa. Anche per quanto concerne il contratto di inserimento il summenzionato accordo interconfederale 11 febbraio 2004 è stato realizzato in conformità alle citate disposizioni transitorie e finali. Esso costituisce un valido strumento applicativo sulla specifica materia per cui si rinvia al testo in questione per ogni ulteriore approfondimento. In questa sede si ribadisce che tale tipologia di contratto è destinato all’inserimento e al reinserimento di fasce deboli del mondo del lavoro ed in particolare di: Giovani da 18 a 29 anni (in concorrenza con gli apprendisti!); Disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni; Lavoratori oltre i 50 anni, espulsi dall’attività lavorativa; Donne, qualora il rapporto nel territorio sia tale da registrare un tasso di occupazione femminile inferiore del 20% a quello maschile, oppure un tasso di disoccupazione femminile superiore del 10% a quello maschile; Disabili gravi, fisici e psichici. Le aziende che possono instaurare tale tipo di contratto – in forma scritta pena la nullità con la conseguenza che il lavoratore si deve intendere assunto a tempo indeterminato – risultano: Imprese private, i loro gruppi e i consorzi; Enti di ricerca pubblici e privati; Fondazioni; Società sportive, professionali, socio-culturali, Organizzazioni sindacali e di tendenza. 16 La durata del rapporto risulta da un minimo di 9 mesi ad un massimo di 18 (36 per i disabili). Il rapporto non è ripetibile “tra le stesse parti” (sarà possibile aggirare questo divieto, in caso di imprese collegate per cui ci si potrà “spostare” da un’impresa ad un’altra). Per le condizioni economico-normative e impegni formativi è previsto che: 1. l’inquadramento del lavoratore può risultare fino a due livelli inferiore rispetto al lavoratore di pari funzione; 2. durante il contratto l’azienda deve sottoscrivere un progetto individuale di formazione mirata, ricorrendo anche a tutor per la sua implementazione. La legge prevede anche un rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione dei casi di ricorso alla copertura da parte di fondi interprofessionali di formazione, il che può contrastare con le disposizioni dei vigenti statuti dei fondi interprofessionali già approvati dal ministero del Welfare. Nel caso in cui la contrattazione collettiva non abbia provveduto a normare in proposito entro cinque mesi dall’entrata in vigore della legge, Il Ministero del Lavoro convoca le parti e, in caso di perdurante impossibilità di accordo, emette, dopo altri 4 mesi, un decreto tenendo conto anche delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle parti interessate. Come già previsto per i contratti di formazione e lavoro le agevolazioni contributive sono confermate per tutte le categorie di lavoratori cui è possibile attivare il contratto di inserimento, ad eccezione dei giovani fino a 29 anni tenendo presente, altresì, la decisione della Commissione Europea dell’11 maggio 1999 che, come noto, ha fissato determinati criteri cui attenersi per beneficiare pienamente delle agevolazioni contributive connesse con l’utilizzazione del contratto di formazione e lavoro. Si evidenzia, infine, che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dei contratti collettivi stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19, L. 300 del 1970, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie, ai contratti di inserimento si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui al D.Lgs. 368/2001 che disciplina la materia dei contratti a tempo determinato. I predetti contratti collettivi possono stabilire, inoltre, percentuali massime dei lavoratori da assumere con contratto di inserimento. L’art. 60, in un contesto di sviluppo di rapporto organico tra scuola e aziende, introduce una nuova opportunità di professionalizzazione. Si tratta della disciplina dei “Tirocini estivi di orientamento” promossi durante le vacanze estive, di durata non superiore a tre mesi, che si svolgono nel periodo compreso tra la fine dell’anno accademico e scolastico e l’inizio di quello successivo, riservati a favore di adolescenti o giovani che siano regolarmente iscritti a un ciclo di studi universitari o scolastici di ogni ordine e grado, con fini orientativi e di addestramento pratico. Titolo VII “Tipologie contrattuali a progetto e occasionali” – (Artt. 61-74) Capo I “Lavoro a progetto e lavoro occasionale” (Artt. 61-69) Con le disposizioni riportate in rubrica il legislatore ha previsto una rigida rideterminazione della disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel senso che i rapporti stessi dovranno essere ricondotti a “un progetto, un programma o a fasi di essi”. Da questo obbligo sono esentate le collaborazioni riguardanti professioni regolamentate da ordini o albi, quelle riferite ad amministratori di condomini o società, le associazioni e società sportive dilettantistiche, coloro che percepiscono pensioni di vecchiaia e le collaborazioni occasionali, intese come quelle di durata inferiore ai 30 giorni l’anno per singolo committente, purché il compenso derivante sia inferiore a 5.000 euro. Il lavoro a progetto è a durata determinata o determinabile per cui non saranno più possibili collaborazioni a durata indeterminata. 17 Per i lavoratori a progetto i compensi saranno quelli “vigenti per il lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto”. Il rapporto si estingue al compimento del progetto, salva sempre la possibilità per ciascuna delle parti di recedere anticipatamente per giusta causa o perché diversamente stabilito nel contratto individuale. Il rapporto si sospende in caso di malattia, infortunio e maternità, senza corresponsione del corrispettivo e, per i primi due casi, senza alcuna proroga. Il rapporto si estingue al superamento del trentesimo giorno di assenza per malattia o infortunio in caso si rapporto a durata determinabile, o al superamento del sesto della durata in caso di durata determinata. In caso di maternità il rapporto è sospeso (e prorogato) per 180 giorni. Durante la maternità vale l’integrazione da parte dell’INPS secondo le disposizioni attualmente in vigore, definite all’art. 46 del TU sulla maternità di cui al D.Lgs. 151/01. Al lavoratore a progetto spetta il riconoscimento delle invenzioni realizzate e il diritto di prelazione in caso di loro sfruttamento economico. Per tutti i diritti qui descritti sono possibili rinunzie e transazioni in sede di certificazione del rapporto. In tale contesto si rende noto che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con circolare n. 1 dell’8 gennaio 2004 (cfr. allegato) ha fornito utili istruzioni applicative in ordine alla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative avuto riguardo anche per gli aspetti connessi con il regime transitorio, previsto dall’art. 86, comma 1, del D.Lgs. 273/03. Capo II “Prestazioni occasionali di tipo accessorio” (Artt. 70-74) Le disposizioni indicate in rubrica si riferiscono ad una tipologia contrattuale non riconducibile al lavoro subordinato, né al lavoro a progetto, né rientrano, ovviamente, fra quelle regolate dal precedente art. 61, comma 2, del D.Lgs. Si tratta di talune specifiche prestazioni meramente occasionali di carattere accessorio rese da particolari soggetti a rischio sul piano dell’occupazione. La normativa in discorso ha valore sperimentale per 18 mesi e, attraverso una apposita banca dati, sarà possibile verificare la rilevanza di tale tipologia al fine di valutare l’opportunità o meno di prorogare o considerare a regime la disciplina stessa. Titolo VIII “Procedure di certificazione” – (Artt. 75-84) Capo I “Certificazione dei contratti di lavoro /Artt. 75-81) Al fine di realizzare una sostanziale riduzione delle controversie giudiziarie in tema di qualificazione dei rapporti di lavoro, il legislatore, con le disposizioni di cui al capo in rubrica, ha introdotto, in via sperimentale, una particolare “procedura di volontà assistita” mutuata da esperienze acquisite da altri Paesi dell’Unione Europea, in ordine alla certificazione di taluni contratti di lavoro. 18 La facoltà di certificare i rapporti di lavoro spetta alle competenti commissioni costituite presso: 1. gli enti bilaterali, a livello territoriale e nazionale, da subito; 2. le Direzioni Provinciali dell’Impiego, dopo un decreto ministeriale che le abiliterà a farlo; 3. le Province; 4. le Università pubbliche e private, limitatamente a rapporti attivati con docenti di diritto del lavoro e in base a un decreto ministeriale successivo. I soggetti abilitati possono anche convenzionarsi tra loro per unificare le attività. L’attività di certificazione può riguardare i rapporti rivenienti dai contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto, nonché dai contratti di associazione in partecipazione di cui agli artt. 2549 – 2544 c.c. L’attività di certificazione potrà riguardare anche i regolamenti interni delle cooperative e le distinzioni tra somministrazione e appalto. Le commissioni di certificazione sono anche abilitate a certificare le rinunzie o transazioni che le parti del contratto possono convenire al memento della costituzione del rapporto. La certificazione di un contratto di lavoro assume rilevante valore giuridico ed esplica i suoi effetti anche verso terzi (ad esempio l’INPS). Per quanto attiene il ricorso alla procedura in discorso, è naturalmente richiesto il requisito della volontarietà. A seguito di tale volontà, le parti dello stipulando contratto devono produrre un’istanza congiunta, verso la Commissione di certificazione cui hanno deciso di rivolgersi, iniziando così l’iter di certificazione. Si ricorda che, in caso di ente bilaterale, la commissione è un unicum, non è composta da parti diverse e non esercita in base al principio di rappresentanza di una persona che ha conferito mandato a una delle organizzazioni presenti. La Commissione di certificazione deve informare la Direzione Provinciale del lavoro che a sua volta informa gli altri soggetti interessati (Inps, Inail, fisco, i servizi all’impiego ecc.), chiedendo loro se hanno rilievi da fare alla bozza di contratto da certificare. Il procedimento deve concludersi entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza da parte delle parti contraenti. La certificazione, come sopra realizzata, deve essere motivata e specificare gli effetti civili, amministrativi, previdenziali e fiscali. Essa dovrà indicare anche a chi rivolgersi e in che termini, per eventuali contestazioni. L’opposizione a tale certificazione si può proporre in tre casi: 1. “per i vizi del consenso”, ossia per estorsione del consenso. Il testo peraltro dice che devono essere “le parti” ad impugnare l’atto di certificazione , cosa che appare quantomeno dubbia possano fare insieme il datore di lavoro e il lavoratore; 2. “per erronea qualificazione del contratto”: in questo caso il giudice, se ravvede un’erronea qualificazione del rapporto ad opera della commissione di certificazione, ne modifica la natura fin dal primo giorno di vigenza del rapporto; 3. “per difformità tra quanto certificato e quanto concretamente realizzatosi nel rapporto”: in questo caso il giudice dovrà individuare il momento in cui sia collocabile la difformità rispetto alla certificazione e disporre la trasformazione del rapporto a partire da quel momento. In caso di ricorso giurisprudenziale contro un atto di certificazione è preliminarmente previsto il tentativo obbligatorio della conciliazione presso l’organismo che ha certificato inizialmente il rapporto. La normativa nulla prevede, peraltro, sulla durata del tentativo di conciliazione (come noto il D.Lgs. 80/98 per le vertenze di lavoro, fissa 60 giorni). 19 Nell’occasione il giudice valuta anche il comportamento delle parti durante la fase di conciliazione. Il testo dispone anche la possibilità di ricorso al Tar competente “per violazione di provvedimento o per eccesso di potere”, che farebbe pensare siano possibili ricorsi anche sul tipo di procedura seguita dalla Commissione di certificazione. Ma il punto richiede ulteriori approfondimenti pur rilevando l’eccessiva onerosità dei ricorsi amministrativi e i tempi non veloci della giustizia amministrativa. Capo II “Altre ipotesi di certificazione” (Artt. 82-84) Le disposizioni in oggetto dispongono, fra l’altro, l’estensione di tale procedura all’atto di deposito del regolamento interno delle cooperative afferente la tipologia dei rapporti di lavoro concernenti i soci lavoratori di cui all’art. 6 della legge 142/2001. Abilitata a certificare il regolamento è una commissione specifica, composta pariteticamente da rappresentanti delle associazioni cooperativistiche e dalle organizzazioni sindacali. La certificazione ha il significato di certificare il contenuto del regolamento. Giova qui ricordare che la legge di riforma ha consentito, tra l’altro, al regolamento delle cooperative di non prevedere per i soci lavoratori l’applicazione delle condizioni normative dei CCNL. Le commissioni di certificazione possono, altresì, intervenire sui casi di dubbia distinzione tra appalto e somministrazione, deliberando in proposito. Il ministero si impegna a recepire anche “codici di buone pratiche”, o “indici presuntivi” in materia di interposizione illecita e di appalto genuino tenendo presente eventuali accordi interconfederali o di categoria realizzati in proposito. Titolo IX “Disposizioni transitorie e finali” (Artt. 85-86) Gli articoli in oggetto prevedono, da un lato, l’abrogazione di “tutte le disposizioni legislative e regolamentari incompatibili” - come quelle in materia di collocamento ordinario dei lavoratori, apprendistato, divieto di intermediazione ed interposizione di manodopera, ecc. – e, dall’altro, disciplinano la fase transitoria delle diverse materie da realizzare – in un contesto sistematico, di riflessione e di verifica sulle delicate e complesse tematiche del diritto del lavoro – con specifici provvedimenti legislativi e con appositi accordi delle parti sociali, i cui rinvii ad ogni livello di carattere obbligatorio e/o facoltativo, sono stati evidenziati nell’elaborato che, per opportuna documentazione, si allega alla presente. In tale contesto di regime transitorio, le intese confederali già raggiunte per talune materie di rilevante interesse – cfr. specifici allegati in tema di contratti di formazione lavoro e di contratti di inserimento – e le istruzioni applicative già diramate dal Ministero del Lavoro in materia di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ed in altre particolari materie, nonché le tempestive iniziative ministeriali assunte nei diversi temi che richiedono provvedimenti attuativi, fanno comprendere la reale volontà di quanti sono chiamati ad apportare il loro fattivo contributo per rendere a regime la riforma in questione. ********************************** 20 CONSIDERAZIONI FINALI Il quadro normativo del mercato del lavoro, come sopra delineato in senso tecnico, per effetto dell’intervento legislativo di cui al D.Lgs. 276/2003, in attuazione dei principi e criteri direttivi, tracciati nel Libro Bianco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella legge di riforma n. 30/2003, suscita molteplici spunti di riflessione. In generale tale riforma è stata giustificata dalla necessità di ricercare ulteriori strumenti più flessibili in grado di aumentare i livelli occupazionali e, allo stesso tempo, per rendere le imprese più competitive nel mercato sempre più globalizzato. Sul piano sociale la riforma, con l’introduzione delle nuove tipologie contrattuali, suscita , invece, notevoli preoccupazioni sia per la deregolamentazione dei diritti dei lavoratori, sia per la difficoltà dei lavoratori stessi di trovare un’occupazione stabile e dignitosa. Sul piano sindacale, l’introduzione della riforma comporta certamente uno svilimento del ruolo contrattuale nel senso che, di fatto, si è ridotto notevolmente lo spazio che la previgente legislazione riservava alla contrattazione collettiva circa il se, il come, il quantum e quant’altro nel rapporto che esisteva tra la legge e il contratto collettivo. Ora, invece, è la legge che, in un contesto blindato, disciplina direttamente e compiutamente sulle specifiche materie. Del resto, se il sindacato decide di non voler contrattare nei limiti del nuovo assetto normativo, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha facoltà di provvedere in sua sostituzione, ovvero, quando non dovesse esservi contrattazione, saranno le parti contraenti – il datore di lavoro e il lavoratore – a decidere direttamente tra loro come nel caso di accordo da realizzare in tema di clausole elastiche o flessibili del contratto a part-time. Ancora più limitati risultano, infine, gli spazi e il ruolo del sindacato di fronte alle nuove previsioni di grande privilegio che il legislatore ha riservato alle imprese in materia di somministrazione di lavoro, appalto di mano d’opera e trasferimento di unità produttive aziendali. In tale contesto di precarietà del lavoro e di destrutturazione dei diritti dei lavoratori, il sindacato non può che sfruttare ogni utile occasione di intervento al fine di contrastare, il più possibile, l’attuazione di detta precarizzazione e, allo stesso tempo, reclamando nelle sedi opportune, adeguate forme di sostegno al reddito finora escluse nonostante l’esplicita previsione contenuta nella legge di riforma. Il sindacato, che in tale scenario non può condividere la maggior parte delle disposizioni portate dal Decreto Legislativo in esame, certamente si opporrà affinché la riforma in questione non privilegi soltanto le esigenze delle imprese attraverso la loro libertà di azione nei confronti dei lavoratori. In conclusione la necessaria tutela dei lavoratori e, a maggior ragione, di quelli più deboli che si accingono ad entrare nel nuovo mercato del lavoro flessibile, si può realizzare – nell’ottica dei principi e dei valori costituzionali – soprattutto mediante la valorizzazione del confronto sindacale che si fondi su una valida linea comune utile per ogni fare e livello di negoziazione da esprimere con grande impegno etico, costruttivo e forte senso di responsabilità dell’agire sindacale. 21 ALLEGATI 22 CIRCOLARE N. 37/2003 Roma, 24 novembre 2003 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali DIREZIONE GENERALE Alle Direzioni Regionali e Provinciali del Lavoro DEGLI AFFARI GENERALI, RISORSE UMANE E ATTIVITA’ ISPETTIVA LORO SEDI DIVISIONE VII e p.c. COORDINAMENTO ISPEZIONE DEL LAVORO Alla Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro Prot. N° 1702 Alla Direzione generale per l’impiego del 24 novembre 2003 Alla Regione Siciliana Assessorato Lavoro e Previdenza sociale Ispettorato Regionale del Lavoro Alla Provincia Autonoma di Bolzano Alla Provincia Autonoma di Oggetto:. adempimenti connessi alla assunzione di Trento lavoratori e cessazione dei rapporti di lavoro – aspetti sanzionatori. LORO SEDI Oggetto: adempimenti connessi alla assunzione di lavoratori e cessazione dei rapporti di lavoro – aspetti sanzionatori. 23 In considerazione delle importanti novità in materia di adempimenti connessi alla assunzione di lavoratori e cessazione dei rapporti di lavoro, introdotte dal D.Lgs. n. 297 del 19 dicembre 2002 nonché, per gli aspetti sanzionatori, dal D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 e considerato che l’operatività di alcuni di essi decorre dalla data stabilita dal decreto, non ancora emanato di cui all’art. 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 181 del 21 aprile 2000, si forniscono indicazioni volte ad uniformare l’attività di codesti uffici durante il regime transitorio. 1. Comunicazione di assunzione del lavoratore L’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, nel sostituire l’articolo 9 bis, comma 2, del D.L. n. 510/1996, convertito dalla L. n. 608/1996, stabilisce che “in caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche di socio lavoratore di cooperativa, i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche Amministrazioni sono tenuti a dare comunicazione contestuale al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, dei dati anagrafici del lavoratore, della data di assunzione, della data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, della tipologia contrattuale, della qualifica professionale e del trattamento economico e normativo. Le comunicazioni possono essere effettuate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. La medesima procedura si applica ai tirocini di formazione e orientamento e ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. Nel caso in cui l'instaurazione del rapporto avvenga in giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero in caso di emergenza, la comunicazione di cui al presente comma deve essere effettuata entro il primo giorno utile successivo”. Tuttavia, tale previsione, come specificato dall’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, si applica a decorrere dalla data stabilita dal decreto, non ancora emanato, di cui all’articolo 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000 (introdotto dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002), volto a definire, tra l’altro, “i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo”. Come specificato già con circolare n. 12 del 7 aprile 2003 di questo Ministero, in attesa del citato decreto, si ritiene che permanga l’obbligo di comunicazione di assunzione previsto dalla precedente formulazione dell’articolo 9 bis, comma 2, del D.L. n. 510/1996, convertito dalla L. n. 608/1996, da effettuare entro 5 giorni dal giorno dell’assunzione. Va tuttavia evidenziato che l’inadempimento a tale obbligo era punito con la sanzione da euro 258,00 a euro 1549,00, prevista dall’articolo 9 bis, comma 3, del D.L. n. 510/1996 (convertito dalla L. n. 608/1996) abrogato, a far data dal 24 ottobre 2003, dall’articolo 85, comma 1 lett. e), del D.Lgs. n. 276/2003. Lo stesso D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce, all’articolo 19, comma 3, che “la violazione degli obblighi di cui… all’articolo 9 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 510/1996 convertito, con modificazioni, dalla 24 L. n. 608/1996, così come sostituito dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002… è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato”. Ciò premesso, pur facendo riferimento al nuovo obbligo di comunicazione contestuale di assunzione introdotto dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, in attesa della emanazione del decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000, si ritiene che all’obbligo di comunicazione di assunzione dei lavoratori previsto dalla vecchia formulazione dell’articolo 9 bis, comma 2, del D.L. n. 510/1996, convertito in L. n. 608/1996, sia applicabile la nuova sanzione amministrativa da euro 100,00 ad euro 500,00, stabilita dall’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003. Tale orientamento, infatti, è in linea con la chiara volontà del Legislatore di continuare a ritenere illecito un comportamento omissivo che rimane strutturalmente inalterato, anche sotto il profilo finalistico, in quanto viene semplicemente modificato il termine per l’effettuazione della comunicazione che, divenendo contestuale, risulta anzi più stringente di quello di cinque giorni attualmente previsto. Va inoltre specificato che, in base al principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui all’art. 1 della L. n. 689/1981, alle violazioni riferite al periodo antecedente al 24 ottobre 2003 sarà applicata la sanzione in misura ridotta prevista dalla precedente disciplina (art. 9 bis, comma 3, D.L. 510/1996, da euro 258,00 ad euro 1549,00), anche se l’accertamento avvenga in data successiva. 1.1 Comunicazione di assunzione in materia di lavoro agricolo Per effetto del D.Lgs. n. 297/2002, è stato abrogato l’articolo 9 ter, comma 1, del decreto legge n. 510/1996 (convertito dalla legge 608/1996), in materia di comunicazione di assunzione dei lavoratori agricoli. Di conseguenza è venuta meno la possibilità, per le imprese del settore, di adempiere all'obbligo di comunicazione mediante documenti tratti dal registro di impresa. Anche in tale ambito vige peraltro, come chiarito con circolare n. 12/2003, l'obbligo della comunicazione contestuale all'instaurazione del rapporto di lavoro, il quale tuttavia decorre dalla data stabilita dal decreto, non ancora emanato, di cui all’articolo 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000, volto a definire i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro. Ne consegue pertanto che, nel regime transitorio, anche per tali categorie di lavoratori la comunicazione di assunzione va effettuata entro cinque giorni e, sotto un profilo sanzionatorio, la violazione di tale obbligo è soggetta alla disciplina comune già richiamata al punto 1, essendo peraltro stato abrogato l’art. 9 quater, comma 18, del D.L. n. 510/1996 (limitatamente alla violazione degli obblighi di comunicazione) dall’art. 85, comma 1 lett. e), del D.Lgs. n. 276/2003. Va inoltre chiarito che, sebbene lo stesso D.Lgs. n. 276/2003 abroghi l’art. 9 quater, comma 4, del D.L. n. 510/1996, in attesa del decreto volto a definire i moduli per le comunicazioni obbligatorie ed al fine di semplificare l'attività dei soggetti coinvolti nelle procedure di assunzione dei lavoratori agricoli, si ritiene 25 che, fino al termine del regime transitorio, la comunicazione di assunzione possa continuare ad essere effettuata mediante documenti tratti dal registro di impresa. 2. Comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro L’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 297/2002, sostituisce l’articolo 21, comma 1 della L. n. 264/1949 prevedendo che “i datori di lavoro sono tenuti altresì a comunicare la cessazione dei rapporti di lavoro, entro i cinque giorni successivi, quando trattasi di rapporti a tempo indeterminato ovvero nei casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa da quella comunicata all'atto dell'assunzione”. Anche tale previsione, come stabilito dall’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, trova applicazione a decorrere dalla data stabilita dal decreto di cui all’articolo 4 bis, comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000 (introdotto dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002). Ne consegue che, come già chiarito con circolare n. 12 del 7 aprile 2003, in attesa del citato decreto, è applicabile la precedente formulazione di cui all’articolo 21, comma 1, della legge n. 264/1949 che prevede la comunicazione, da parte dei datori di lavoro soggetti alla disciplina dell’avviamento al lavoro, del nome e della qualifica dei lavoratori con cui sia cessato il rapporto di lavoro entro cinque giorni dalla cessazione. La violazione di tale obbligo era punita con la sanzione amministrativa da euro 51,00 a euro 154,00, prevista dall’articolo 27, comma 3, della legge n. 264/1949, disposizione tuttavia abrogata, a far data dal 24 ottobre 2003, dall’articolo 85, comma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 276/2003. L’articolo 19, comma 3, dello stesso decreto n. 276/2003 prevede tuttavia che “la violazione degli obblighi di cui… all’articolo 21, comma 1, della L. n. 264/1949, così come sostituito dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/2002, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato”. Analogamente a quanto argomentato in tema di comunicazioni di assunzione, in attesa della emanazione del decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000, si ritiene pertanto che alla violazione all’obbligo di comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro, di cui alla precedente formulazione dell’articolo 21, comma 1, della legge n. 264/1949, sia applicabile la nuova sanzione amministrativa, da euro 100,00 ad euro 500,00, stabilita dall’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, in virtù dei principi richiamati a proposito dell’obbligo di comunicazione di assunzione, con l’ulteriore precisazione che in tal caso il precetto sanzionatorio rimane assolutamente identico a quello precedente (comunicazione nei cinque giorni). Anche in tal caso, in base al principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui all’art. 1 della L. n. 689/1981, per le violazioni riferite al periodo antecedente al 24 ottobre 2003 sarà applicata la sanzione in misura ridotta prevista dalla precedente disciplina (art. 27, comma 3, della legge n. 264/1949, da euro 51,00 ad euro 154,00) anche se l’accertamento avvenga in data successiva. 26 3. Dichiarazione di assunzione L’articolo 4 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 181/2000, come inserito dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002, stabilisce che “all'atto dell'assunzione i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola, nonché la comunicazione di cui al D.Lgs. n. 152/1997”. L’applicazione di tale disposizione non sembra trovare ostacoli, in quanto non risulta subordinata alla emanazione del citato decreto di cui all’articolo 4 bis, al comma 7, del D.Lgs. n. 181/2000. La sanzione applicabile all’inadempimento dell’obbligo, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, corrisponde ad una somma da euro 250 ad euro 1500 per ogni lavoratore interessato. Per quanto concerne la disciplina della successione di leggi che prevedono sanzioni amministrative si richiamano, anche in tal caso, i medesimi principi espressi in ordine alla violazione dell’obbligo di comunicazione di assunzione. Pertanto, per le violazioni riferite al periodo antecedente al periodo antecedente al 24 ottobre 2003, trova applicazione la sanzione da euro da euro 258,00 ad euro 1549,00, prevista dall’art. 9 bis, comma 3, del D.L. 510/1996, convertito dalla L. n. 608/1996. 4. Comunicazione delle trasformazioni del rapporto di lavoro L’art. 4 bis, comma 5, del D.Lgs. n. 181/2000, come inserito dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 297/2002, stabilisce che tutti i datori di lavoro, comprese le pubbliche amministrazioni, sono tenuti a comunicare, entro cinque giorni, al competente Centro per l'impiego, le seguenti trasformazioni del rapporto di lavoro : - da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato; - proroga del termine inizialmente fissato nelle ipotesi di contratto a termine; - trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato; - trasformazione da tempo parziale a tempo pieno; - trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato; - trasformazione da contratto di formazione e lavoro a tempo indeterminato. Non è previsto, invece, l'obbligo di comunicazione nelle ipotesi di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale. Anche tali obblighi saranno tuttavia in vigore dalla data stabilita dal decreto interministeriale di unificazione dei moduli e pertanto la sanzione ad essi correlata, prevista dall’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003, non è tuttora applicabile. 5. Ravvedimento operoso (art. 19, comma 5, D.Lgs. n. 276/2003) L’art. 19, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce che “nel caso di omessa comunicazione contestuale, omessa comunicazione di cessazione e omessa comunicazione di trasformazione, i datori di lavoro comprese le pubbliche amministrazioni sono ammessi al pagamento della sanzione minima ridotta della metà qualora l’adempimento della comunicazione venga effettuato spontaneamente entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla data di inizio dell’omissione”. 27 Tale disposizione non può tuttora ritenersi applicabile, in quanto riferita esplicitamente all’obbligo della comunicazione contestuale, non ancora in vigore in mancanza del decreto interministeriale con il quale verranno definiti i moduli unificati per le comunicazioni obbligatorie. 6. Ordinanze ingiunzione da emettere successivamente al 24 ottobre 2003 Come già evidenziato, per le violazioni antecedenti al 24 ottobre 2003, trova applicazione il principio di irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui all’art. 1 della L. n. 689/1981. Ne consegue che, anche nel caso di emissione di ordinanza ingiunzione, le sanzioni riferite a violazione degli obblighi di comunicazione al Centro per l’impiego poste in essere antecedentemente al 24 ottobre 2003, saranno commisurate agli importi di cui alla precedente disciplina (art. 9 bis, comma 3, D.L. n. 510/1996, da euro 258,00 a euro 1549,00 per violazione dell’obbligo di comunicazione di assunzione e art. 27, comma 3, L. n. 264/1949 per violazione dell’obbligo di comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro). A tal riguardo è peraltro possibile citare quanto dettato dalla sentenza della Suprema Corte n. 16699 del 26 novembre 2002, la quale stabilisce che “in materia di illeciti amministrativi, l’adozione del principio di legalità, di irretroattività e di divieto di applicazione dell’analogia, risultante dall’art. 1 della L. n. 689/1981, comporta l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole”; inoltre la medesima pronuncia chiarisce che la nuova disciplina non opera “limitatamente ai rapporti non esauriti, per essere ancora in corso i relativi procedimenti, né in relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali l’ordinanza ingiunzione è stata emessa dopo l’entrata in vigore della legge, atteso che l’ordinanza ingiunzione non è esercizio di un potere e provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per effetto della violazione commessa”. IL DIRETTORE GENERALE f.to Dott. Mario Notaro PP DP 28 RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO D.LGS 10 SETTEMBRE 2003, N. 276 “NUOVA DISCIPLINA DEL LAVORO A TEMPO PARZIALE” 29 D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 marzo 2000, n. 66. (2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota all'allegato A, L. 5 febbraio 1999, n. 25. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la direttiva 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES; Vista la legge 5 febbraio 1999, n. 25, ed in particolare l'articolo 2 e l'allegato A; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 gennaio 2000; Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per le pari opportunità e per la funzione pubblica; Emana il seguente decreto legislativo: 1. Definizioni. (il presente articolo è stato modificato dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") 1. Nel rapporto di lavoro subordinato l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale. 2. Ai fini del presente decreto legislativo si intende: a) ELIMINATO:per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; INSERITO: a) per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati;»; b) per "tempo parziale" l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a); c) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale" quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro; d) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale" quello in relazione al quale risulti previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno; e) per "lavoro supplementare" quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 2, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno. 3. ELIMINATO: I contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, i contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati ed i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali, di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, con l'assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato, possono consentire che il rapporto 30 di lavoro a tempo parziale si svolga secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d) del comma 2, provvedendo a determinare le modalità temporali di svolgimento della specifica prestazione lavorativa ad orario ridotto, nonché le eventuali implicazioni di carattere retributivo della stessa. INSERITO: «3. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie possono determinare condizioni e modalita' della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi nazionali possono, altresi', prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalita' particolari di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto.»; 4. ELIMINATO: Le assunzioni a termine, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3. INSERITO: «Le assunzioni a termine, di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, e successive modificazioni, di cui all'articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3.»; 2. Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale. 1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli effetti di cui all'articolo 8, comma 1. Il datore di lavoro è tenuto a dare comunicazione dell'assunzione a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso. Fatte salve eventuali più favorevoli previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, il datore di lavoro è altresì tenuto ad informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull'andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare. 2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all'articolo 3, comma 7. 3. Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario,clausole elastiche. (il presente articolo è stato modificato dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") 1. ELIMINATO: Il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 6. INSERITO: «1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, il datore di lavoro ha facolta' di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.»; 31 2. ELIMINATO: Il contratto collettivo, stipulato dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, che il datore di lavoro effettivamente applichi, stabilisce: a) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili in ragione di anno; ove la determinazione è effettuata in sede di contratto collettivo territoriale o aziendale è comunque rispettato il limite stabilito dal contratto collettivo nazionale; b) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa; c) le causali obiettive in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare. In attesa delle discipline contrattuali di cui al presente comma e fermo restando quanto previsto dal comma 15, il ricorso al lavoro supplementare è ammesso nella misura massima del 10 per cento della durata dell'orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell'arco di più di una settimana. INSERITO: «2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonche' le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi.»; 3. ELIMINATO: L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede in ogni caso il consenso del lavoratore interessato. L'eventuale rifiuto dello stesso non costituisce infrazione disciplinare, né integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento. INSERITO: «3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non puo' integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.»; 4. Le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ore ordinarie, salva la facoltà per i contratti collettivi di cui al comma 2 di applicare una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. ELIMINATO: In alternativa a quanto previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. MODIFICA: g) all'articolo 3, il comma 4, ultimo periodo, e' soppresso; 5. ELIMINATO: Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie in relazione alle giornate di attività lavorativa. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente, ed eventuali successive modifiche ed integrazioni, in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno. Salva diversa previsione dei contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, i limiti trimestrale ed annuale stabiliti dalla legge 27 novembre 1998, n. 409, si intendono riproporzionati in relazione alla durata della prestazione lavorativa a tempo parziale. INSERITO: «5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche a tempo determinato, e' consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno.»; 6. ABROGATO: Le ore di lavoro supplementare di fatto svolte in misura eccedente quella consentita ai sensi del comma 2 comportano l'applicazione di una maggiorazione del 50 per cento sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto per esse dovuta. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono elevare la misura della maggiorazione; essi possono altresì stabilire criteri e modalità per assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il diritto 32 al consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, del lavoro supplementare svolto in via non meramente occasionale. 7. ELIMINATO: Ferma restando l'indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all'anno, i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione, rispetto a quella inizialmente concordata col lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2. INSERITO: «7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono: 1) condizioni e modalita' in relazione alle quali il datore di lavoro puo' modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa; 2) condizioni e modalita' in relazioni alle quali il datore di lavoro puo' variare in aumento la durata della prestazione lavorativa; 3) i limiti massimi di variabilita' in aumento della durata della prestazione lavorativa.»; k) all'articolo 3, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonche' di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonche' il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.»; 8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno dieci giorni. Lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 comporta altresì in favore del lavoratore il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto, nella misura fissata da contratti collettivi di cui ai medesimo comma 7. 9. ELIMINATO: La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro. Nel patto è fatta espressa menzione della data di stipulazione, della possibilità di denuncia di cui al comma 10, delle modalità di esercizio della stessa, nonché di quanto previsto dal comma 11. INSERITO:«9. La disponibilita' allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.»; 10. ELIMINATO: Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il lavoratore potrà denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando alla denuncia l'indicazione di una delle seguenti documentate ragioni: a) esigenze di carattere familiare; b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico; c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma. La denuncia in forma scritta, potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno cinque mesi dalla data di stipulazione 33 del patto e dovrà essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di lavoro. I contratti collettivi di cui al comma 7 determinano i criteri e le modalità per l'esercizio della possibilità di denuncia anche nel caso di esigenze di studio o di formazione e possono, altresì, individuare ulteriori ragioni obiettive in forza delle quali possa essere denunciato il patto di cui al comma 9. Il datore di lavoro ha facoltà di rinunciare al preavviso. INSERITO: «10. L'inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di clausole flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 e' possibile anche nelle ipotesi di contratto di lavoro a termine.»; 11. SOPPRESSO Il rifiuto da parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e l'esercizio da parte dello stesso del diritto di ripensamento di cui al comma 10 non possono integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento. 12. SOPPRESSO A seguito della denuncia di cui al comma 10 viene meno la facoltà del datore di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa inizialmente concordata ai sensi dell'articolo 2, comma 2. Successivamente alla denuncia, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro è fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo patto scritto in materia di collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni del presente articolo. 13. SOPPRESSO L'effettuazione di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie, come pure lo svolgimento del rapporto secondo le modalità di cui al comma 7, sono ammessi esclusivamente quando il contratto di lavoro a tempo parziale, sia stipulato a tempo indeterminato e, nel caso di assunzioni a termine, limitatamente a quelle previste dall'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, possono prevedere la facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie anche in relazione ad altre ipotesi di assunzione con contratto a termine consentite dalla legislazione vigente. 14. I centri per l'impiego e i soggetti autorizzati all'attività di mediazione fra domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare, ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale, puntuale informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro. Per i soggetti di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione costituisce comportamento valutabile ai fini dell'applicazione della norma di cui al comma 12, lettera b), del medesimo articolo 10. 15. SOPPRESSO: Ferma restando l'applicabilità immediata della disposizione di cui al comma 3, le clausole dei contratti collettivi in materia di lavoro supplementare nei rapporti di lavoro a tempo parziale, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, continuano a produrre effetti sino alla scadenza prevista e comunque per un periodo non superiore ad un anno. 4. Principio di non discriminazione. 1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale. 34 2. L'applicazione del principio di non discriminazione comporta che: a) il lavoratore a tempo parziale benefìci dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale; b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale. 5. Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale. (il presente articolo è stato SOSTITUITO dall'art. 46, comma 1, lettera o) del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") ELIMINATO 1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o, in mancanza di rappresentanza sindacale aziendale nell'unità produttiva, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo. 2. In caso di assunzione di personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a riconoscere un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site entro 100 km dall'unità produttiva interessata dalla programmata assunzione, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l'assunzione, dando priorità a coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. A parità di condizioni, il diritto di precedenza nell'assunzione a tempo pieno potrà essere fatto valere prioritariamente dal lavoratore con maggiori carichi familiari; secondariamente si terrà conto della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque senza riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta durata della prestazione lavorativa. 3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso àmbito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. Su richiesta del lavoratore interessato, il rifiuto del datore di lavoro dovrà essere adeguatamente motivato. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo alla 35 disposizione di cui al primo periodo del presente comma. 4. I benefìci contributivi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere riconosciuti con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dal citato articolo, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in misura differenziata in relazione alla durata dell'orario previsto dal contratto di lavoro a tempo parziale, in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici economici che provvedano ad effettuare, entro il termine previsto dal decreto medesimo, assunzioni con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei predetti contratti. INSERITO: «Art. 5 (Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale). 1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, e' ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo. 2. Il contratto individuale puo' prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attivita' presso unita' produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali e' prevista l'assunzione. 3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro e' tenuto a darne tempestiva informazione al personale gia' dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unita' produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione. 4. Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, nell'ambito della riforma del sistema degli incentivi all'occupazione.»; 6. Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale. 1. In tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei dipendenti in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno così come definito ai sensi dell'articolo 1, con arrotondamento all'unità della frazione di orario superiore alla metà di quello pieno. 2. SOPPRESSO: Ai soli fini dell'applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, i lavoratori a tempo parziale si computano come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa. 7. Applicabilità nel settore agricolo. (il presente articolo è stato SOPPRESSO dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") 36 1. SOPPRESSO: Le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo ai rapporti di lavoro del settore agricolo, anche con riguardo alla possibilità di effettuare lavoro supplementare o di consentire la stipulazione di una clausola elastica di collocazione della prestazione lavorativa nei rapporti a tempo determinato parziale, sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. 8. Sanzioni. (il presente articolo è stato modificato dall'art. 46, comma 1, lettere r ed s del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") 1. Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova. Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all'articolo 2725 del codice civile. In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata. Resta fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente alla data suddetta. 2. ELIMINATO: L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto una clausola elastica in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni di cui all'articolo 3. In luogo del ricorso all'autorità giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3. INSERITO:«L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullita' del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore puo' essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalita' temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilita' familiari del lavoratore interessato, della sua necessita' di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attivita' lavorativa, nonche' delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, e' fatta salva la possibilita' di concordare per iscritto clausole elastiche o flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del ricorso all'autorita' giudiziaria, le 37 controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere, risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3.»; «2-bis. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili di cui all'articolo 3, comma 7, senza il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, commi 7, 8, 9 comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno. 2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro possono concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili ai sensi delle disposizioni che precedono.»; 3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di cui all'articolo 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio. 4. La mancata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all'articolo 2, comma 1, secondo periodo, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa di lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed ogni giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a favore della gestione contro la disoccupazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS). 9. Disciplina previdenziale. 1. La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno. 2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività principale per gli effetti dell'articolo 20 del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS. Il comma 2 dell'articolo 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente: "Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell'articolo 2.". 3. La retribuzione da valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di cui al comma 1. 4. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale. 38 10. Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. 1. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli articoli 2, comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia ed, in particolare, dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dall'articolo 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488. 11. Abrogazioni. 1. Sono abrogati: a) l'articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, limitatamente alle parole: "alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale", nonché l'articolo 13, comma 7, della legge 24 giugno 1997, n. 196. 12. Verifica. 1. Entro il 31 dicembre 2000 il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede ad una verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli effetti delle disposizioni dettate dal presente decreto legislativo, con particolare riguardo alle previsioni dell'articolo 3, comma 2, in materia di lavoro supplementare e all'esigenza di controllare le ricadute occupazionali delle misure di incentivazione introdotte, anche ai fini dell'eventuale esercizio del potere legislativo delegato di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 5 febbraio 1999, n. 25. Dopo l-art. 12 è stato aggiunto un art. 12bis dall'art. 46 del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n.276 - "Legge Biagi") «Art. 12-bis (Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale). 1. I lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacita' lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unita' sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni piu' favorevoli per il prestatore di lavoro.». 39 MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI CIRCOLARE 8 gennaio 2004, n.1 Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalita' c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/2003 (Gazzetta Ufficiale N. 10 del 14 Gennaio 2004) . Alle direzioni regionali del lavoro Alle direzioni provinciali del lavoro Alla Regione siciliana - Assessorato lavoro - Ufficio regionale del lavoro Ispettorato del lavoro Alla provincia autonoma di Bolzano Assessorato lavoro Alla provincia autonoma di Trento Assessorato lavoro All'INPS - Direzione generale All'INAIL - Direzione generale Alla direzione generale AA.GG. R.U. A.I. - Divisione VII Al SECIN I. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalita' c.d. a progetto: definizione e campo di applicazione. La definizione di lavoro a progetto - e la relativa disciplina - e' contenuta negli articoli da 61 a 69 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Ai sensi dell'art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere «riconducibili a uno o piu' progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attivita' lavorativa». L'art. 61 non sostituisce e/o modifica l'art. 409, n. 3, c.p.c. bensi' individua, per l'ambito di applicazione del decreto e, nello specifico, della medesima disposizione, le modalita' di svolgimento della prestazione di lavoro del collaboratore, utili ai fini della qualificazione della fattispecie nel senso della autonomia o della subordinazione. Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende, allo stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso lato all'area della c.d. parasubordinazione. L'art. 61, oltre a definire positivamente le modalita' di svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative c.d. a progetto, esclude infatti dalla riconducibilita' a tale tipo contrattuale: le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, sia superiore a 5 mila euro. Si tratta di collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata «portata», si e' ritenuto non fosse necessario il 40 riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di applicazione della nuova disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo, sia dalle attivita' di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una continuita' nelle prestazioni e che proprio per questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per le collaborazioni coordinate e continuative bensi' a quelli di cui all'art. 44, comma 2, del decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad essere regolati dalle discipline speciali; le professioni intellettuali, per i quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003; le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e societa' sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art. 90, legge n. 289/2002); componenti di organi di amministrazione e controllo di societa'; partecipanti a collegi e commissioni; collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia. La disciplina che emerge dall'art. 61 e', come detto, finalizzata a impedire l'utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione dell'art. 61 si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro. Occorre, peraltro, ribadire che sia l'introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalita' a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, non hanno certamente comportato l'abrogazione delle disposizioni del contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. del codice civile. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore d'opera che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall'art. 61, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, non necessariamente dovra' veder qualificato il proprio rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o piu' prestazioni d'opera ai sensi dell'art. 2222 e seguenti del codice civile. L'art. 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al secondo comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva dell'atleta e' resa nella forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo che puo' anche svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest'ultimo caso, trattandosi di attivita' tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la disposizione che prevede la necessita' dell'indicazione di un progetto. Va precisato, altresi', che nell'espressione «collegi e 41 commissioni» delle societa', sopra richiamati, sono inclusi anche quegli organismi aventi natura tecnica. Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianita', e' evidente che debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di anzianita' o di invalidita' che, ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno di eta', vedono automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di vecchiaia. Va peraltro rilevato che, ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo n. 276/2003, la pubblica amministrazione puo' continuare a stipulare contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti introdotti dalla novella mantenendo il riferimento all'art. 409, n. 3 c.p.c. la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte pubblica, non ha subito modificazioni in attesa delle eventuali future determinazioni da adottarsi, ai sensi del comma 8 dell'art. 86 del decreto legislativo n. 276/2003, da parte del Ministro per la funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede di armonizzazione dei profili conseguenti all'entrata in vigore del decreto legislativo in argomento. Si deve evidenziare, infine, che nell'ambito di applicazione della disciplina in esame dal 24 ottobre 2003 non e' piu' possibile porre in essere rapporti ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa che non siano riconducibili alla modalita' del lavoro a progetto, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 61, sopra richiamate, per le quali continua a trovare applicazione la previgente disciplina. II. I requisiti qualificanti della fattispecie. Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello approntato dal legislatore, oltre al requisito del progetto, programma di lavoro o fase di esso, che costituisce mera modalita' organizzativa della prestazione lavorativa, restano caratterizzate dall'elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall'autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attivita' lavorativa dedotta nel contratto e funzionalizzata alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla necessaria coordinazione con il committente, e dall'irrilevanza del tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione. Quanto a quest'ultimo requisito, va comunque ricordato che l'art. 62, comma 1, lettera d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme di coordinamento dell'esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto all'organizzazione del committente sono comprese anche forme di coordinamento temporale. Ond'e' che l'autonomia del collaboratore a progetto si esplichera' pienamente, quanto al tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione, all'interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme di coordinamento. Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un lato, al lavoro subordinato e, dall'altro, al lavoro autonomo (art. 2222 del codice civile). Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove la prestazione e' resa con vincolo di subordinazione ed il termine delimita pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore e' a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente individuate, il lavoro a progetto si differenzia per cio' che la durata del rapporto e' funzionale alla realizzazione del 42 progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di totale autonomia. In tal senso, infatti, e' significativo che ai sensi dell'art. 61, comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attivita' lavorativa. Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell'art. 67, comma 1, il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto o del programma di lavoro o della fase di esso. Il progetto. Il progetto consiste in un'attivita' produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione. Il progetto puo' essere connesso all'attivita' principale od accessoria dell'impresa. L'individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente. Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili. Il programma o la fase di esso. Il programma di lavoro consiste in un tipo di attivita' cui non e' direttamente riconducibile un risultato finale. Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali. L'autonoma gestione del progetto o del programma. Nell'ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalita' deve essere rimessa al collaboratore. Cio' perche' l'interesse del creditore e' relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel lavoro subordinato, alla disponibilita' di una prestazione di lavoro eterodiretta. Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalita' a progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione della durata e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilita' della durata puo' dipendere dalla persistenza dell'interesse del committente alla esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilita' del termine e' dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell'an ma non anche necessariamente nel quando. Il coordinamento. Indipendentemente da cio', pur tuttavia, il collaboratore a progetto puo' operare all'interno del ciclo produttivo del committente e, per questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell'organizzazione del committente. Il coordinamento puo' essere riferito sia ai tempi di lavoro che alle modalita' di esecuzione del progetto o del programma di lavoro, ferma restando, ovviamente, l'impossibilita' del committente di richiedere una prestazione o un'attivita' esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente convenuto. III. La forma. Il contratto e' stipulato in forma scritta. E' una forma richiesta ad probationem e non ad substantiam. 43 Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto posto in essere, sono i seguenti elementi: indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto; il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonche' i tempi e le modalita' di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese; le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa; le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto (oltre quelle previste ex art. 66, comma 4, del decreto legislativo n. 276/2003). E' opportuno sottolineare che, seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova, quest'ultima sembra assumere valore decisivo rispetto alla individuazione del progetto, del programma o della fase di esso in quanto in assenza di forma scritta non sara' agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilita' della prestazione lavorativa appunto a un progetto, programma di lavoro o fase di esso. IV. Possibilita' di rinnovo. Analogo progetto o programma di lavoro puo' essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore. Quest'ultimo puo' essere a maggior ragione impiegato successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso. Tuttavia i rinnovi, cosi' come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell'attuale disciplina. Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge. V. Il corrispettivo. Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantita' e qualita' del lavoro eseguito. Il parametro individuato dal legislatore e' costituito dai compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. Pertanto, stante la lettera della legge (art. 63) non potranno essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioe', in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualita' del medesimo sia tale da comprometterne l'utilita'. VI. Le tutele. Tra gli scopi dichiarati dal legislatore era espressamente individuato l'incremento delle tutele per i collaboratori. L'art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con 44 particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed all'infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. Malattia e infortunio: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza (la previsione e' derogabile dalle parti), ma il committente puo' recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile. Gravidanza: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la durata del rapporto e' prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva piu' favorevole disposizione del contratto individuale. Si applicano inoltre al collaboratore: le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo del lavoro; l'art. 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui alla legge n. 335/1995, art. 2, comma 26, non iscritte ad altre forme obbligatorie l'applicazione dell'art. 59 della legge n. 449/1997; il decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni (ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonche' le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all'art. 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001). Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi lavorativi, occorrera' naturalmente considerare che, stante la ratio del decreto legislativo n. 626, principalmente orientata alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori di lavoro, non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo piu' sanzionate penalmente) risultano di problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato, ancorche' nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai collaboratori) lo stesso decreto legislativo n. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela (art. 7). In proposito, l'attuazione della delega (di cui all'art. 3 della legge di semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce l'occasione per un adattamento dei principi generali di tutela prevenzionistica alle oggettive peculiarita' del lavoro a progetto. VII. Svolgimento del rapporto ed obblighi del collaboratore. Il collaboratore puo' svolgere la sua attivita' a favore di piu' committenti, tuttavia il contratto individuale puo' limitare in tutto od in parte tale facolta'. Il collaboratore non deve svolgere attivita' in concorrenza con i committenti ne', in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti 45 attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, ne' compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attivita' dei committenti medesimi. VIII. Risoluzione del rapporto. In tema di risoluzione del contratto l'art. 66 prevede che esso si risolva al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto. Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ed altre cause e modalita' (incluso il preavviso) stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale. Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine apposto al contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il contratto debba intendersi risolto. Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, e' il progetto l'elemento caratterizzante della collaborazione il corrispettivo determinato nel contratto sara' dovuto comunque per l'intero. IX. Rinunzie e transazioni. I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle predette disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema dell'art. 2113 del codice civile. X. Sanzioni. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Si tratta di una presunzione che puo' essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo. Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto del requisito dell'autonomia, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti. Il controllo giudiziale e' limitato esclusivamente, in conformita' ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non puo' essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente. Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l'esistenza nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto. La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la possibilita' di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale. XI. Regime transitorio. L'art. 86, comma 1, prevede che le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento di entrata in vigore del decreto e che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, ossia non oltre il 24 ottobre 2004. Sempre per le collaborazioni in atto che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di esso e' prevista la facolta' di stabilire termini piu' lunghi di efficacia transitoria, 46 purche' cio' sia stabilito nell'ambito di un accordo aziendale con il quale il datore di lavoro contratta con i sindacati interni la transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto, cosi' come disciplinato dal decreto legislativo n. 276/2003, o verso una forma di rapporto di lavoro subordinato che puo' essere individuata fra quelle disciplinate dal «nuovo regime» dei rapporti di lavoro previsti dal medesimo decreto legislativo (job on call, job sharing, distacco, somministrazione, appalto), ma anche gia' disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a termine, a tempo parziale, ecc.). Roma, 8 gennaio 2004 Il Ministro: Maroni 47 ACCORDO INTERCONFEDERALE AI SENSI DELL’ART. 86, COMMA 13 DEL DECRETO LEGISLATIVO 10 SETTEMBRE 2003, N. 276 Addì, 13 novembre 2003 Tra CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO, CONFAPI, CONFESERCENTI, ABI, ANIA, CONFSERVIZI, CONFETRA, LEGACOOPERATIVE, CONFCOOPERATIVE, UNCI, AGCI, COLIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI, CLAAI, CONFITERIM, CONFEDERTECNICA, APLA e CGIL, CISL, UIL visto il comma 13 dell’art. 86 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 che affida alle associazioni dei datori dei lavori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale la definizione di uno o più accordi interconfederali per la gestione della messa a regime del medesimo decreto anche con riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii contenuti nel medesimo decreto alla contrattazione collettiva; nel comune intento di continuare ad esercitare il ruolo svolto negli ultimi quindici anni sul piano della regolamentazione interconfederale degli strumenti legislativi miranti a promuovere e favorire tutte le occasioni di impiego regolare e tutelate offerte ai lavoratori ed in particolare ai giovani; viste le titolarità che il decreto legislativo n. 276/2003 riserva direttamente ad accordi interconfederali; ritenendo utile, anche sulla scorta dell’esperienza di prima attuazione della disciplina del lavoro temporaneo di cui alla legge n. 196/1997, definire intese transitorie e sussidiarie della contrattazione collettiva finalizzate a promuovere e favorire le occasioni di impiego offerte dalla nuova legislazione; considerato l’alto numero di progetti di formazione e lavoro presentati agli organismi preposti alla loro approvazione prima della data di entrata in vigore del decreto n. 276/2003, a decorrere dalla quale è stata stabilita l’inapplicabilità del predetto istituto al settore privato; considerato, altresì, che la previgente disciplina, nonché gli specifici accordi interconfederali intervenuti ai sensi dell’art. 3, ultimo periodo, della legge n. 863/1984, prevedono, di norma, un non breve arco temporale, successivo all’approvazione, nel corso del quale è possibile effettuare le assunzioni progettate; considerato che tale periodo di tempo è funzionale allo svolgimento delle necessarie operazioni di ricerca e selezione del personale da assumere, e la mancata attuazione di tali attività propedeutiche inciderebbe in termini negativi sulla scelta aziendale di procedere alle assunzioni; Tutto ciò premesso, si conviene: Regime transitorio per i contratti di formazione lavoro 1. I contratti di formazione e lavoro stipulati, anche successivamente al 23 ottobre 2003, in base a progetti approvati entro tale data - ultimo giorno utile prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - esplicano integralmente i loro effetti fino alla scadenza per ciascuno di essi prevista, 48 conformemente alla disciplina previgente in materia di contratti di formazione e lavoro. 2. I progetti per contratti di formazione e lavoro il cui deposito risulti avvenuto entro il 23 ottobre 2003 - ultimo giorno utile prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - possono proseguire il loro iter di valutazione secondo le modalità precedentemente in vigore per i diversi comparti produttivi e, se approvati, saranno attivati esplicando integralmente i loro effetti fino alla scadenza per ciascuno di essi prevista, conformemente alla disciplina previgente in materia. 3. Le assunzioni saranno effettuate nell’arco di tempo previsto dalle delibere regionali o dalle intese interconfederali o settoriali che disciplinano la materiale. Alla luce di quanto esplicitato nelle premesse, le parti confermano che il presente accordo si configura come prima intesa funzionale alla messa a regime delle disposizioni del decreto legislativo n. 276/2003. Il presente accordo interconfederale sarà immediatamente notificato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a tutti i conseguenti effetti ivi compresi i necessari interventi di copertura finanziaria derivanti dalla salvaguardia dell’occupazione giovanile assicurata dal regime transitorio adottato per l’istituto dei contratti di formazione e lavoro. Le parti intendono, altresì, proseguire il confronto, nel rispetto delle specificità delle diverse rappresentanze delle imprese indicate in epigrafe, sia sulle materie affidate dal legislatore alla diretta competenza del livello interconfederale, sia su altre materie nelle quali l’intervento negoziale è funzionale al comune intento di favorire e promuovere rapidamente le occasioni di impiego offerte dalla nuova legislazione. Eventuali intese interconfederali avranno efficacia transitoria e, comunque, sussidiaria. Le parti proseguiranno i lavori martedì 18 novembre alle ore 11. CONFINDUSTRIA CONFCOMMERCIO CONFAPI CONFESERCENTI ABI ANIA CONFSERVIZI CONFETRA LEGACOOPERATIVE CONFCOOPERATIVE UNCI AGCI COLDIRETTI CIA CONFAGRICOLTURA CONFARTIGIANATO CNA CASARTIGIANI CLAAI CONFINTERIM CONFEDERTECNICA APLA CGIL CISL UIL 49 Accordo interconfederale per la disciplina transitoria per i contratti di Inserimento Addì 11 febbraio 2004 Tra CONFINDUSTRIA, CONFCOMMERCIO, CONFAPI, CONFESERCENTI, ABI, ANIA, CONFSERVIZI, CONFETRA, LEGACOOPERATIVE, CONFCOOPERATIVE, UNCI, AGCI, COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI, CLAAI, CONFINTERIM, CONFEDERTECNICA, APLA e CGIL, CISL, UIL premesso che: con il presente accordo interconfederale, cui concordemente viene attribuita efficacia transitoria e comunque sussidiaria della contrattazione collettiva, secondo i livelli e le titolarità attualmente previsti, le parti in epigrafe, ferme restando le norme di legge che disciplinano l'istituto, provvedono a definire gli elementi ritenuti essenziali per consentire ai datori di lavoro in tutti i comparti produttivi una fase di prima applicazione dei contratti di inserimento e di reinserimento previsti dal decreto legislativo n. 276/03, anche al fine di evitare che si determini una soluzione di continuità nei flussi di assunzione, specie delle cosiddette fasce deboli; il presente accordo interconfederale, pertanto, avrà efficacia a decorrere dall'odierna data di sottoscrizione e fino a quando non sarà sostituito dalla apposita disciplina che sarà definita dalla contrattazione collettiva ai vari livelli; con il presente accordo le parti in epigrafe convengono che in sede di contrattazione collettiva si affronti il tema dell’attribuzione del livello di inquadramento in correlazione alle peculiarità settoriali e/o a specifiche condizioni professionali del lavoratore; le parti in epigrafe – nell’intento condiviso di ottimizzare la prescrizione legislativa che subordina la possibilità di nuove assunzioni mediante contratti di inserimento alla condizione che sia stato mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento/reinserimento sia venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti – convengono che, in sede di contrattazione collettiva e con particolare riferimento ai contratti di reinserimento, si ricerchino soluzioni atte a conseguire il mantenimento in servizio dei lavoratori, tenuto conto delle diverse specificità produttive ed organizzative e dei relativi necessari requisiti professionali, anche nell’ambito dei provvedimenti di incentivazione che dovessero essere emanati in materia; con le finalità ed alle condizioni descritte 50 si conviene sulle seguenti modalità 1. Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore ad un determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro. 2. In relazione ai soggetti che possono essere assunti con contratto di inserimento ai sensi dell'art. 54, comma 1, del d.lgs. n. 276/03 si intendono per "disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni", in base a quanto stabilito all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 181/2000, come sostituito dall'art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 297/2002, coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un'attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi. 3. Il contratto di inserimento è stipulato in forma scritta e in esso deve essere specificamente indicato il progetto individuale di inserimento. In mancanza di forma scritta il contratto è nullo e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato. Nel contratto verranno indicati: la durata, individuata ai sensi del successivo punto 5); l’eventuale periodo di prova, determinato ai sensi del successivo punto 7); l’orario di lavoro, determinato in base al contratto collettivo applicato, in funzione dell’ipotesi che si tratti di un contratto a tempo pieno o a tempo parziale; fermo restando quanto previsto in premessa, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore per più di due livelli rispetto alla categoria che, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, spetta ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento/reinserimento oggetto del contratto. 4. Il progetto individuale di inserimento è definito con il consenso del lavoratore e deve essere finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore al contesto lavorativo, valorizzandone le professionalità già acquisite. Nel progetto verranno indicati: 51 a) la qualificazione al conseguimento della quale è preordinato il progetto di inserimento/reinserimento oggetto del contratto; b) la durata e le modalità della formazione. 5. Il contratto di inserimento potrà prevedere una durata minima di nove mesi e massima di diciotto mesi, con l'eccezione dei soggetti riconosciuti affetti da grave handicap fisico, mentale o psichico, per i quali il contratto di inserimento potrà prevedere una durata massima di trentasei mesi. Nell'ipotesi di reinserimento di soggetti con professionalità compatibili con il nuovo contesto organizzativo, potranno essere previste durate inferiori alla massima indicata, da definirsi in sede di contrattazione collettiva anche tenendo conto della congruità delle competenze possedute dal lavoratore con la mansione alla quale è preordinato il progetto di reinserimento. 6. Il progetto deve prevedere una formazione teorica non inferiore a 16 ore, ripartita fra l’apprendimento di nozioni di prevenzione antinfortunistica e di disciplina del rapporto di lavoro ed organizzazione aziendale ed accompagnata da congrue fasi di addestramento specifico, impartite anche con modalità di e-learning, in funzione dell'adeguamento delle capacità professionali del lavoratore. La formazione antinfortunistica dovrà necessariamente essere impartita nella fase iniziale del rapporto. Le parti in epigrafe definiranno tutti gli aspetti utili per formulare il parere da fornire, come legislativamente stabilito, ai Ministeri competenti ai fini dell’attuazione dell’art. 2, lett. i) in tema di “libretto formativo del cittadino”. In attesa della definizione delle modalità di attuazione del citato art. 2, lett. i), la registrazione delle competenze acquisite sarà opportunamente effettuata a cura del datore di lavoro o di un suo delegato, tenendo conto anche di auspicate soluzioni che potranno essere nel frattempo individuate nell’ambito dei Fondi interprofessionali per la formazione continua. Le parti, infine, si riservano di verificare, nell'ambito dei Fondi interprofessionali per la formazione continua, la possibilità di sostenere anche progetti formativi per i contratti di reinserimento. 7. Nel contratto di inserimento verrà altresì indicato: l’eventuale periodo di prova, così come previsto dal contratto collettivo applicato per la categoria giuridica ed il livello di inquadramento attribuiti al lavoratore in contratto di inserimento/reinserimento; un trattamento di malattia ed infortunio non sul lavoro disciplinato secondo quanto previsto in materia dagli accordi per la disciplina dei contratti di formazione e lavoro o, in difetto, dagli accordi collettivi applicati in azienda, riproporzionato in base alla durata del rapporto prevista dal contratto di inserimento/reinserimento, e comunque non inferiore a settanta giorni. 52 8. L'applicazione dello specifico trattamento economico e normativo stabilito per i contratti di inserimento/reinserimento, non può comportare l'esclusione dei lavoratori con contratto di inserimento/reinserimento dall'utilizzazione dei servizi aziendali, quali mensa e trasporti, ovvero dal godimento delle relative indennità sostitutive eventualmente corrisposte al personale con rapporto di lavoro subordinato, nonché di tutte le maggiorazioni connesse alle specifiche caratteristiche dell’effettiva prestazione lavorativa previste dal contratto collettivo applicato (lavoro a turni, notturno, festivo, ecc.). 9. Nei casi in cui il contratto di inserimento/reinserimento venga trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il periodo di inserimento/reinserimento verrà computato nell'anzianità di servizio ai fini degli istituti previsti dalla legge e dal contratto, con esclusione dell’istituto degli aumenti periodici di anzianità o istituti di carattere economico ad esso assimilati e della mobilità professionale disciplinata dalle clausole dei contratti che prevedano progressioni automatiche di carriera in funzione del mero trascorrere del tempo. CONFINDUSTRIA CONFCOMMERCIO CONFAPI CONFESERCENTI ABI ANIA CONFSERVIZI CONFETRA LEGACOOPERATIVE CONFCOOPERATIVE UNCI AGCI COLDIRETTI CIA CONFAGRICOLTURA CONFARTIGIANATO CNA CASARTIGIANI CLAAI CONFINTERIM CONFEDERTECNICA APLA CGIL CISL UIL Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Roma, 11 febbraio 2004 53 Si trasmette l’allegato accordo interconfederale con il quale le parti sottoscrittrici hanno provveduto a definire gli elementi ritenuti essenziali per consentire ai datori di lavoro in tutti i comparti produttivi una fase di prima applicazione dei contratti di inserimento e di reinserimento previsti dal decreto legislativo n. 276/03. In quest’ambito ed in attesa della riforma degli incentivi all’occupazione di cui alle iniziative legislative in atto, le parti, considerata la transitorietà del regime di agevolazioni previsto per i contratti di inserimento/reinserimento, convengono di prospettare congiuntamente al Governo l’opportunità di destinare specifiche misure di incentivazione per le assunzioni con contratti di inserimento/reinserimento, con particolare riguardo alle prospettive della occupazione delle donne. Convengono altresì di proporre congiuntamente al Governo ulteriori misure di incentivazione finalizzate al mantenimento in servizio dei lavoratori assunti con detti contratti. Con osservanza CONFINDUSTRIA CONFCOMMERCIO CONFAPI CONFESERCENTI ABI ANIA CONFSERVIZI CONFETRA LEGACOOPERATIVE CONFCOOPERATIVE UNCI AGCI COLDIRETTI CIA CONFAGRICOLTURA CONFARTIGIANATO CNA CASARTIGIANI CLAAI CONFINTERIM CONFEDERTECNICA APLA CGIL CISL UIL 54 RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO D.LGS 10 SETTEMBRE 2003, N. 276 “RINVII ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA” 55 D.LGS 10/09/03 N.276 Riforma del Mercato del Lavoro: RINVII ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Titolo II ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA DEL MERCATO DEL LAVORO Art. 11. Divieto di oneri in capo ai lavoratori 2. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale o territoriale possono stabilire che la disposizione di cui al comma 1[E’fatto divieto ai soggetti autorizzati o accreditati di esigere o comunque di percepire, direttamente o indirettamente, compensi dal lavoratore] non trova applicazione per specifiche categorie di lavoratori altamente professionalizzati o per specifici servizi offerti dai soggetti autorizzati o accreditati. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale e territoriale. FACOLTA’ La previsione può risultare interessante per quel che attiene, ad esempio, all’outplacement già disciplinato per i dirigenti dal ccnl 1° dicembre 2000. Art. 12. Fondi per la formazione e l'integrazione del reddito 3. Gli interventi e le misure di cui ai commi 1 e 2 [versamento ai fondi da parte di soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro] sono attuati nel quadro di politiche stabilite nel contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro ovvero, in mancanza, stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro maggiormente rappresentative nel predetto ambito. Titolo III SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO APPALTO DI SERVIZI, DISTACCO Capo I Somministrazione di lavoro Art. 20. Condizioni di liceita' 3. Il contratto di somministrazione di lavoro puo' essere concluso a termine o a tempo indeterminato. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e' ammessa: i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative. 4. …………. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato e' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente piu' rappresentativi in conformita' alla disciplina di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. Il rinvio alla contrattazione collettiva non riguarda il settore del credito. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale o territoriale e consente di integrare le fattispecie individuate dal legislatore. FACOLTA’. La legge di per sé consente di stipulare contratti di somministrazione a tempo determinato in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. Il rinvio è alla contrattazione nazionale. FACOLTA’. 56 5. Il contratto di somministrazione di lavoro e' vietato: b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unita' produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione ovvero presso unita' produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione; Art. 21. Forma del contratto di somministrazione 2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi. Art. 22. Disciplina dei rapporti di lavoro 2. ……… Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro puo' in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore. 3. ……….. La misura di tale indennita' e' stabilita dal contratto collettivo applicabile al somministratore e comunque non e' inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Art. 23. Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere disciplinare e regime della solidarieta' 4. I contratti collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono modalita' e criteri per la determinazione e corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all'andamento economico dell'impresa 9. La disposizione di cui al comma 8 [in caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato è nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione] non trova applicazione nel caso in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennita', secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore. Art. 24. Diritti sindacali e garanzie collettive 3. Ai prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso somministratore e che operano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente e con le modalita' specifiche determinate dalla contrattazione collettiva. Viene utilizzata la nozione generica e onnicomprensiva di “accordi sindacali”. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio non riguarda il settore del credito. Il rinvio non riguarda il settore del credito. Il rinvio alla contrattazione anche aziendale è analogo a quello preesistente in tema di lavoro temporaneo. OBBLIGO. Il rinvio non riguarda il settore del credito. Il rinvio alla contrattazione anche aziendale è analogo a quello preesistente in tema di lavoro temporaneo. OBBLIGO. 57 Titolo V TIPOLOGIE CONTRATTUALI A ORARIO RIDOTTO, MODULATO O FLESSIBILE Capo I Lavoro intermittente Art. 34. Casi di ricorso al lavoro intermittente Il contratto di lavoro intermittente puo' essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto da adottarsi trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale o territoriale. OBBLIGO, salvo l’intervento sostitutivo del Ministro (cfr. art. 40). 3. E' vietato il ricorso al lavoro intermittente: b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unita' produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unita' produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; Art. 35 Forma e comunicazioni 2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1 [durata, modalità, tempi, ecc], le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste. 3. Fatte salve previsioni piu' favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro e' altresi' tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente. Art. 36. Indennita' di disponibilita' 1. Nel contratto di lavoro intermittente e' stabilita la misura della indennita' mensile di disponibilita', divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso garantisce la disponibilita' al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura di detta indennita' e' stabilita dai contratti collettivi e comunque non e' inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. 6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga Viene utilizzata la dizione generica e onnicomprensiva di “Accordi sindacali”. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. OBBLIGO, salvo l’intervento sostitutivo del Ministro. 58 contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata puo' comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennita' di disponibilita' riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, nonche' un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro. Art. 37. Lavoro intermittente per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno 2. Ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Art. 40. Sostegno e valorizzazione della autonomia collettiva 1. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2, la determinazione da parte del contratto collettivo nazionale dei casi di ricorso al lavoro intermittente, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro e dei lavoratori e le assiste al fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata stipulazione dell'accordo entro i quattro mesi successivi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle indicazioni contenute nell'eventuale accordo interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle due parti interessate, i casi in cui e' ammissibile il ricorso al lavoro intermittente ai sensi della disposizione di cui all'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2. Capo II Lavoro ripartito Art. 41. Definizione e vincolo di solidarieta' 3. Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori hanno la facolta' di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonche' di modificare consensualmente la collocazione temporale dell'orario di lavoro, nel qual caso il rischio della impossibilita' della prestazione per fatti attinenti a uno dei coobbligati e' posta in capo all'altro obbligato. Art. 43. Disciplina applicabile 1. La regolamentazione del lavoro ripartito e' demandata alla contrattazione collettiva nel rispetto delle previsioni contenute nel presente capo. 2. In assenza di contratti collettivi, e fatto salvo quanto stabilito nel presente capo, trova applicazione, nel caso di Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, salvo intervento del Ministro, prima in assistenza e poi provvisoriamente sostitutivo. Il rinvio è ai contratti o accordi collettivi anche aziendali. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. 59 prestazioni rese a favore di un datore di lavoro, la normativa FACOLTA’. generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del rapporto di lavoro ripartito. Capo III Lavoro a tempo parziale Art. 46. Norme di modifica al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modifiche e integrazioni 1. Al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, cosi' come modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 2001, n. 100, sono apportate le seguenti modificazioni: b) all'articolo 1, il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie possono determinare condizioni e modalita' della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi nazionali possono, altresi', prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalita' particolari di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto.»; e) all'articolo 3, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonche' le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi.»; f) all'articolo 3, il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non puo' integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.»; j)…………… I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono: 1) condizioni e modalita' in relazione alle quali il datore di lavoro puo' modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa; 2) condizioni e modalita' in relazioni alle quali il datore di lavoro puo' variare in aumento la durata della prestazione lavorativa; Il rinvio è, per la prima parte, ai contratti nazionali, territoriali o aziendali e, per la seconda parte, ai soli contratti nazionali. FACOLTA’. “Ai Quadri direttivi con rapporto a tempo parziale si applicano le previsioni relative alla disciplina della prestazione lavorativa di cui all’art.71” (cfr. art.26, punto 5, del ccnl 11 luglio 1999) Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. OBBLIGO. Già disciplinato dal ccnl 11 luglio 1999 (cfr. art. 26) Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. La previsione del ccnl 11/7/99 configura l’ipotesi del “consenso” preventivo, per cui non è necessario il consenso individuale. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’ (considerato che, ai sensi dell’art.46, lett.s, le parti individuali possono negoziare clausole flessibili ed elastiche anche in assenza di contratti collettivi). Il ccnl di settore non disciplina 60 3) i limiti massimi di variabilita' in aumento della durata della prestazione lavorativa.»; k) all'articolo 3, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonche' di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonche' il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.»; o) l'articolo 5 e' sostituito dal seguente: «Art. 5 (Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale). ………….. 3………… I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione [informativa al personale a tempo pieno in caso di assunzione di lavoratori part-time nell’ambito comunale]. r)………… Qualora invece l'omissione [la mancata indicazione nel contratto scritto] riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalita' temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilita' familiari del lavoratore interessato, della sua necessita' di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attivita' lavorativa, nonche' delle esigenze del datore di lavoro. Titolo VI APPRENDISTATO E CONTRATTO DI INSERIMENTO Capo I Apprendistato Art. 48. Apprendistato per l'espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni competenti; Art. 49. Apprendistato professionalizzante 3. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto attualmente le clausole flessibili ed elastiche. Il rinvio è ai contratti collettivi anche aziendali. FACOLTA’. La materia non è attualmente disciplinata dal ccnl di settore. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione nazionale, territoriale o aziendale. OBBLIGO. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. OBBLIGO. 61 di apprendistato professionalizzante che, in ogni caso, non puo' comunque essere inferiore a due anni e superiore a sei. 5. La regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante e' rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacita' formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; c) riconoscimento sulla base dei risultati Art. 53. Incentivi economici e normativi e disposizioni previdenziali 2. Fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale. OBBLIGO. Il rinvio è alla contrattazione collettiva anche aziendale. FACOLTA’. Capo II Contratto di inserimento Art. 55. Progetto individuale di inserimento 2. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie determinano, anche all'interno degli enti bilaterali, le modalita' di definizione dei piani individuali di inserimento con particolare riferimento alla realizzazione del progetto, anche attraverso il ricorso ai fondi interprofessionali per la formazione continua, in funzione dell'adeguamento delle capacita' professionali del lavoratore, nonche' le modalita' di definizione e sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di comportamento diretti ad agevolare il conseguimento dell'obiettivo di cui al comma 1. 3. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi del comma 2, la determinazione da parte del contratto collettivo nazionale di lavoro delle modalita' di definizione dei piani individuali di inserimento, il Ministro del lavoro e Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale. OBBLIGO. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, salvo intervento del Ministro, prima in assistenza e poi provvisoriamente 62 delle politiche sociali convoca le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro e dei lavoratori e le assiste al fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata stipulazione dell'accordo entro i quattro mesi successivi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle indicazioni contenute nell'eventuale accordo interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle due parti interessate, le modalita' di definizione dei piani individuali di inserimento di cui al comma 2. Art. 58. Disciplina del rapporto di lavoro 1. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e dei contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie, ai contratti di inserimento si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. 2. I contratti collettivi di cui al comma 1 possono stabilire le percentuali massime dei lavoratori assunti con contratto di inserimento. Art. 59. Incentivi economici e normativi sostitutivo. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale. FACOLTA’. Il rinvio è alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale. FACOLTA’ 2. Fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, i Il rinvio è alla contrattazione lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi collettiva anche aziendale. dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti FACOLTA’. collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. Titolo VII TIPOLOGIE CONTRATTUALI A PROGETTO E OCCASIONALI Capo I Lavoro a progetto e lavoro occasionale Art. 61. Definizione e campo di applicazione 4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano l'applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo piu' favorevoli per il collaboratore a progetto. Viene utilizzata la nozione generica e onnicomprensiva di accordi collettivi. FACOLTA’. Titolo VIII PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE Capo I Certificazione dei contratti di lavoro 63 Art. 76. Organi di certificazione 1. Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni di certificazione istituite presso: a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale; Art. 78. Procedimento di certificazione e codici di buone pratiche: 4. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali adotta con proprio decreto codici di buone pratiche per l'individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi. Tali codici recepiscono, ove esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Capo II Altre ipotesi di certificazione Art. 84. Interposizione illecita e appalto genuino 2…………………… Tali codici e indici presuntivi recepiscono, ove esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di categoria stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Titolo IX DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Il rinvio è agli accordi interconfederali o di categoria. FACOLTA’. Art. 86. Norme transitorie e finali 1. Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente, che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento. Termini diversi, anche superiori all'anno, di efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere stabiliti nell'ambito di accordi sindacali di transizione al nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati comparativamente piu' rappresentativi sul piano nazionale. 13. Entro i cinque giorni successivi alla entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale al fine di verificare la possibilita' di affidare a uno o piu' accordi interconfederali la gestione della messa a regime del presente decreto, anche con riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii Il rinvio è agli accordi in sede aziendale. FACOLTA’. 64 contenuti alla contrattazione collettiva. ……………………….. Dato a Roma, addi' 10 settembre 2003 Testo in vigore dal 24 ottobre CIAMPI Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunita' Mazzella, Ministro per la funzione pubblica Moratti, Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca La Loggia, Ministro per gli affari regionali Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze Visto, il Guardasigilli: Castelli 65