4. Il danno morale e la sua conseguente valutazione risarcitoria nel nostro Ordinamento Giuridico e nel sistema Americano: breve sintesi I danni morali possono assumere rilevanza per il diritto, si tratta innanzitutto di determinare cosa debba intendersi per danni morali nel senso del Codice; e poi stabilire se effettivamente si tratti nell’ipotesi di un risarcimento, oppure si debba, per descrivere il fenomeno in termini scientificamente corretti, far capo ad una diversa nozione. Si tratta di distinguere tra il danno in ogni caso risarcibile alla stregua degli articoli 2043 e seguenti ed i danni cosiddetti morali, che sono risarcibili solo nei casi di legge. Una parte della dottrina risolve il problema attraverso la contrapposizione, che sembra fondarsi sulla stessa lettera della legge, tra i danni patrimoniali, quali risultano dal pregiudizio di beni ed interessi di natura patrimoniale, e i danni non patrimoniali. I danni morali debbono considerarsi come quelli che si risolvono nella lesione dei sentimenti, delle affezioni della vittima; e dunque nella sofferenza morale, nel dolore che la persona viene a sopportare per un certo evento dannoso. Questa è del resto la sfera tradizionalmente riservata al danno morale nel diritto comune si parlava di pretium doloris, questa ancora la ragione della sua rilevanza per il diritto, che si riferisce alla esigenza di tenere conto, in certi casi anche delle sofferenze, dei patemi d’animo che la vittima può risentire. Ne deriva che i cosiddetti danni morali non si risolvono ed è questo un altro tratto differenziale rispetto ai danni reali, (patrimoniali o no) in eventi dannosi a se stanti, ma si possono soltanto configurare alla stregua delle premesse che si sono poste come conseguenze o ripercussioni soggettive dei suddetti danni reali. In questa direzione si deve procedere poi per realizzare tenendo conto della valutazione che tradizionalmente la coscienza sociale e giuridica suole farne, una nozione più precisa e dunque corretta di tali danni. Non potrebbero certo ascriversi infatti alla figura dei danni morali le sofferenze spirituali che un qualsiasi danno può procurare. 76 L’ipotesi può innanzi tutto prospettarsi, ed è implicito in quanto si è detto, solo in dipendenza di un danno reale, che sia giuridicamente rilevante. Si potrebbe obiettare a questo punto, che i danni morali così intesi debbono ritenersi in ogni caso irrisarcibili, per le ragioni già sostenute dalla dottrina sotto il vecchio codice contraria alla figura; cosicchè di fronte all’esplicito dettato della legge si dovrebbe ritenere che il preteso risarcimento in null’altro si risolve con la riparazione o comminatoria di una pena accessoria, o quanto meno in una pena di tipo privatistico. A nostro avviso anche tale problema deve porsi in termini diversi e più realistici; e così piuttosto che sottolineare le innegabili anomalie della figura, si deve indagare se sussiste una assoluta incompatibilità tra la figura del risarcimento in denaro e la funzione della soddisfazione del dolore. Orbene la risposta non può che essere a questo riguardo negativa: basti considerare che la corresponsione di una somma di denaro può servire oltre che alla riparazione del danno reale, che è la sua tipica funzione, altresì, per tutte le soddisfazioni materiali e morali, che il denaro può recare, alla diversa ed eccezionale finalità di un adeguato compenso per le sofferenze psichiche della vittima. Si deve dunque ritenere che l’ordinamento giuridico possa bene avvalersi dell’istituto del risarcimento anche quando si tratta di danni morali, e poiché non pare dubbio per ragioni di ordine terminologico, sistematico e per la stessa disciplina della sanzione in esame che il legislatore si sia deciso in tal senso, sembra così di dovere senz’altro concludere evitando inutili complicazioni concettuali o addirittura solo terminologiche, per la risarcibilità nel nostro diritto altresì del danni morali. L’altro problema, che merita un esplicito cenno, è quello fondamentale in tema di responsabilità civile, che si riferisce all’accertamento e alla liquidazione del danno. Sul primo punto si è talora sostenuto in dottrina e in giurisprudenza che il danno morale sussiste in re ipsa, quando ricorrono le fattispecie di legge. Per quanto riguarda la misura del danno, ed in definitiva la sua liquidazione, si deve dare invece senz’altro atto della impossibilità di procedere ad una traduzione del dolore in denaro secondo qualche criterio abbastanza oggettivo. 77 L’unica soluzione è quella, ipotizzata del resto in generale in tema di responsabilità civile dall’articolo 2056 con riguardo all’articolo 1226 c.c., di una soluzione equitativa da parte del giudicante. In questa liquidazione equitativa non si deve però tenere conto, come qualora si è sostenuto, principalmente delle condizioni economiche delle pari o della colpa del responsabile; ma soltanto, o soprattutto, alla stregua delle premesse poste dell’entità del dolore sofferto, avendo riguardo beninteso della sensibilità dell’uomo medio, della quale il magistrato rappresenta poi l’interprete più sicuro. Per il resto si applica alla liquidazione dei danni morali la stessa disciplina che vige in generale per il risarcimento; in particolare deve ritenersi applicabile anche in tale materia la regola della compensatio lucri cum damno.7 Nella fattispecie in esame, il licenziamento di Andrew è stato posto in essere soltanto attraverso un raggiro architettato dai suoi superiori gerarchici al fine di sminuire e screditare le sue competenze professionali; ne consegue, che il nostro Paese ha trapiantato dal sistema Americano una nuova forma di comportamento discriminatorio, magari un po’ più sottile e larvata, ma altrettanto maldicente e ingiuriosa. Tale fattispecie è stata regolata e presa a battesimo dal nostro Ordinamento giuridico con il nome di MOBBING. Nel mondo del lavoro sappiamo che possono esserci due forme di mobbing: Quello verticale (detto anche bossing) viene effettuato dal datore di lavoro solitamente al fine di costringere alle dimissioni un lavoratore sgradito; Quello orizzontale (propriamente mobbing) viene effettuato da un gruppo di colleghi nei confronti di un altro collega. La causa dell’emergere del fenomeno ha un presupposto inconfutabile nel nuovo modello di organizzazione del lavoro nelle società ad economia avanzata. I nostri sistemi economici stanno vivendo la transazione dall’economia industriale a quella dei servizi alla fatica fisica si sostituisce la fatica psichica ed emotiva, alla stanchezza si sostituisce lo stress. 78 7 Novissimo Digesto Italiano - voce danno. Il posto fisso e la fedeltà all’azienda non sono più un dogma. Le società globalizzate non conoscono il vincolo contrattuale lavorativo a tempo indeterminato come elemento centrale del lavoro subordinato. I contratti a tempo determinato, i contratti con le società di lavoro interinale, le collaborazioni coordinate e continuate, le consulenze saltuarie determinano una situazione di maggior instabilità del rapporto di lavoro ed una estensione della concorrenza tra lavoratori. In queste condizioni sono più facili i fenomeni degenerativi del rapporto psicologico tra colleghi, superiori e sottoposti, soci. Cambia il modo di lavorare e nascono dei problemi di disagio sul lavoro: vicenda del tutto simile a quella che si era verificata con il passaggio dalla società contadina a quella industriale. Non tutti i comportamenti degenerati possono essere considerati come comportamenti mobbizzanti. In che modo, allora, il diritto può occuparsi di questo fenomeno? Il modello italiano di tutela Il sistema italiano, in assenza di una apposita legislazione, ha reagito nel seguente modo: a) Prima che emergesse il fenomeno veniva sanzionato quando il lavoratore diveniva oggetto di vessazioni quali: - Il demansionamento; - Le sanzioni disciplinari ingiustificate; - Il trasferimento e il licenziamento ingiurioso; - Le molestie sessuali. b) Con la nascita della nuova fattispecie sia la dottrina che la giurisprudenza hanno ritenuto che sia possibile offrire una più ampia tutela nei confronti delle vittime attraverso il seguente modello: - Il mobbing può essere considerato un fatto notorio ai sensi dell’art. 115 Codice di Proc. Civ.; - Utilizzare la figura del mobbing può portare a rilevanza comportamenti apparentemente neutri tutelando la personalità del lavoratore in tutte le sue forme; - esistono già nell’ordinamento degli strumenti per salvaguardare il lavoratore. La responsabilità è sia extracontrattuale che contrattuale: 79 E’ di tipo contrattuale quando il legislatore fa riferimento all’art. 2087 c.c. che impone al datore di lavoro un obbligo di sicurezza che la giurisprudenza interpreta non limitato alla sfera fisica, ma anche a quella psichica del lavoratore. Di conseguenza il datore di lavoro che non adempie a tali oneri è responsabile contrattualmente nei confronti del lavoratore. E’ di tipo extracontrattuale sia nei confronti dei mobbers (colleghi, superiori gerarchici, inferiori gerarchici), sia nei confronti del datore di lavoro, quando il legislatore fa riferimento all’art. 2043 e il danno sarà risarcibile se rientrerà nel cosiddetto danno ingiusto: - Danno biologico: deve trattarsi di un danno postraumatico da stress o eventualmente di un danno psicotico breve; deve esserci cioè una perizia che dica che il lavoratore ha subito un danno alla persona (nella specie un danno psichico). - Danno morale: siamo a conoscenza dei limiti che il nostro danno morale sconta a causa della formulazione di cui all’art. 2059 c.c.; l’affermarsi del principio della piena autonomia del giudizio penale e del giudizio civile permette al giudice civile riscontrare la presenza di un reato e quindi condannare al danno morale. - Danno esistenziale: la dottrina che lo ritiene un danno risarcibile lo distingue dal danno psichico (species a genus del danno biologico); secondo alcuni autori è una autonoma voce di danno dove far confluire tutte le compromissioni negative riportare dalla vittima nell’esplicazione delle attività realizzatrici della sua persona ovvero un danno che senza identificarsi con il patema d’animo rilevante ai fini del danno morale, sottende all’idea delle conseguenze deprimenti normalmente derivanti dalla lesione dei diritti fondamentali. Il modello americano di tutela La prospettiva americana è completamente diversa. La tutela offerta è quella tipica del modello liberale, l’intervento del legislatore è limitato; il danno morale è perfettamente risarcibile, le decisioni in tema di Intentional Infliction of Emotional Distress sono innumerevoli. Non si registra l’equazione reato - illecito civile perché il ruolo dei torts ha la caratteristica di avere una prevalente connotazione di pena privata. 80 La diversità del modello americano rispetto a quelli continentali europei si registra soprattutto per due fattori: Nel sistema americano vi soni i cosiddetti danni punitivi, spauracchio ormai noto anche nel nostro paese, che viene utilizzato senza pietà nei casi in cui la condotta dell’agente possa essere qualificata dolosamente preordinata o gravemente negligente. La presenza del danno punitivo e la possibilità di farsi pagare attraverso il regime della contingency fee determina il fatto che i grandi studi legali investano ingenti risorse in una causa indipendentemente dalle capacità economiche del loro assistito. I danni punitivi nel caso di Intentional Infliction of Emotional Distress sono la dichiarazione di fedeltà del sistema americano al modello della Mano Invisibile di Adam Smith. La condanna al risarcimento miliardario dovrebbe indurre i consociati a desistere dai comportamenti che la sensibilità pubblica ritiene riprovevoli. L’opinione pubblica si scandalizza delle oppressioni sul posto di lavoro, ecco che la punizione esemplare di uno sensibilizza cento ed il sistema si autocorregge verso l’eccellenza. Lo scandalo della cittadinanza viene in qualche modo teatralizzato attraverso il regime di confezionamento delle prove e la presentazione di queste alla giuria popolare. Anche negli Stati Uniti il ruolo dell’onere della prova è chiave, ma il modo attraverso cui le prove sono valutate è assolutamente diverso da quello dei sistemi continentali: Non è affidato al giudice, ma alla giuria; Il teste è sempre informato dagli avvocati delle parte che lo indica e lo rappresenta in giudizio; Le perizie delle parti non vengono mediate dalla redazione di una perizia d’ufficio. Il processo diviene allora un dibattito molto teatralizzato, distaccato dalla ricerca della verità, in cui vince il migliore attore. 81 A differenza dal nostro sistema processuale quello americano ha accettato da sempre l’idea che non esiste la verità, ma che ci si debba accontentare della versione più attendibile secondo il giudizio incontrovertibilmente espresso dalla giuria popolare. 8 82 8 www.agatavvocati.it/doc/conferenza_mobbing_novara.