2017-02-15 Il gioco delle tre carte

2017-02-15 Il gioco delle tre carte
Care amiche, cari amici
Noi “benpensanti” abbiamo pensato per lunghi anni che gli Stati fossero soggetti
immuni dai “vizi” dei privati, tipo quello di imbrogliare nei conti. Ma questo “mito”
ce lo ha fatto cadere, per limitarci ad un solo esempio, la Grecia, che notoriamente ha
alterato i numeri dei propri bilanci per entrare nell’area euro. Ma se gli Stati possono
“barare”, che livelli di affidabilità hanno i dati economici resi pubblici, su cui si
decidono politiche, rating ed investimenti?
Un caso può essere la Cina, di cui riferisce Gabriele Battaglia in questo articolo
pubblicato su Il Fatto Quotidiano: “Da anni ci si chiede se l’economia cinese sia
sostenibile, se conquisterà il mondo o crollerà domani. La provincia del Liaoning,
parte della vecchia cintura industriale del nordest del Paese dove ben 125 imprese
hanno fatto istanza di fallimento, è il luogo dove si materializzano i peggiori vizi e le
peggiori paure. Industrie inquinanti e cronicamente in sovraproduzione tenute a
galla da sussidi statali e da prestiti bancari, un ceto politico locale che per anni ha
fornito dati falsi sulla crescita e obbligazioni per finanziare il debito il cui tasso di
interesse è tenuto artificialmente basso, per evitare la spirale del credito inesigibile.
Un caso che il governo cinese può sfruttare per sperimentare soluzioni a problemi
diffusi oppure essere nascosto come la polvere sotto il tappeto. E rivelarsi solo la
punta dell’iceberg di un fenomeno diffuso, la conferma del fatto che i dati sul
pil della Cina sono molto poco attendibili.
La storia è iniziata nel settembre
2016, quando le autorità cinesi hanno scoperto che su 600 membri
delCongresso provinciale del Liaoning, ben 523 occupavano lo scranno grazie a
qualche frode elettorale. Sono stati tutti espulsi e retrocessi nelle gerarchie di
Partito. La provincia del Dongbei (nord-est) si è trovata così senza governo dato
che, tra i destituiti, ci sono almeno 38 dei 62 membri del comitato permanente del
Partito locale. Intanto, i media hanno rivelato che 45 deputati – anche questi del
Liaoning – sono stati messi alla porta dell’Assemblea Nazionale del Popolo con
l’accusa di compravendita dei voti. L’agenzia Nuova Cina ha parlato di situazione
senza precedenti e ironizzato su “un assetto istituzionale creativo“. Tuttavia, tre anni
prima si era verificato un caso simile quando 518 dei 527 deputati della città di
Hengyang, nello Hunan, furono espulsi per corruzione.
Il 18 gennaio 2017, il governatore del Liaoning Chen Qiufa ha poi ammesso che i
dati economici che riguardano la performance della provincia sono stati
sistematicamente falsati tra il 2011 e il 2014. Si sospettava e si pensa che la pratica
sia diffusa in tutta la Cina, ma per la prima volta c’è un’ammissione ufficiale: Chen
cita un documento dell’ufficio nazionale dei revisori dei conti che parla di
falsificazione dei dati che riguardano soprattutto le entrate fiscali.
L’autorevole rivista economica Caixin spiegherà pochi giorni dopo che nonostante i
tentativi del governo centrale di arginare il fenomeno, la falsificazione nascerebbe
dagli interessi coincidenti di imprese e governi locali che si traduce in una vera e
propria “politica del reddito dichiarato” e confermerebbe il fatto che i dati sul pil
cinese sono molto poco attendibili. In pratica, le autorità locali incoraggiano le
aziende ad emettere fatture false, quindi tassano questa parte di reddito inesistente e
infine restituiscono i soldi all’impresa in altre forme, come indennitàe sussidi. Così
facendo, il governo ottiene un pil maggiore, mentre le aziende realizzano un profitto.
Il governatore Chen confessa infatti che i trasferimenti fiscali sarebbero stati in
realtà di molto inferiori e che in pratica, lungi dall’essere in crescita, il Liaoning
sarebbe in recessione dal 2011. Intanto, il Quotidiano del Popolo riferisce che nel
2014 alcuni governi locali avrebbero gonfiato le proprie entrate fiscali addirittura
del 23 per cento.
Insomma il Liaoning, dove secondo il Fondo monetario internazionale a fine 2015
c’erano 830 imprese zombie e ben 125 aziende stanno in questo momento attendendo
risposta per la propria istanza di fallimento, è il luogo dove si materializzano i
peggiori vizi e le peggiori paure del Paese. E ora gli analisti di Bloomberg scoprono
un altro fenomeno collegato. Da alcuni anni, le province cinesi hanno cominciato
a emettere bond per finanziare il proprio debito, ricetta considerata da parecchi
analisti un toccasana, perché permette di alleviare il fardello che grava sulle spalle
del governo centrale. Sarà il mercato a decidere se quella provincia merita fiducia
oppure no.
Ebbene, nonostante la sua scarsa affidabilità, il Liaoning emette obbligazioni il cui
tasso d’interesse è basso, simile a quello delle province ricche e “virtuose”. I più
recenti titoli di Stato con scadenza a tre anni hanno un tasso del 2,51 per cento,
rispetto al 2,42 per cento dello Henan, al 2,48 del Guangxi e al 2,42 del Jiangxi,
province ritenute nella media degli indici di indebitamento, tutte con economie in
espansione. E facendo poi un paragone con gli Usa, Bloomberg osserva che i bond
triennali emessi dall’Illinois, lo stato con il più basso rating, avevano un tasso del
3,28 per cento la scorsa settimana. Insomma, le obbligazioni per finanziare il debito
del Liaoning hanno un tasso di interesse artificialmente basso, perché non si vuole
far entrare la provincia nella spirale del credito inesigibile e tutti si aspettano
comunque qualche salvataggio che arriva da Pechino.
Il premier Li Keqiang, che visitò il Liaoning nel settembre 2015, stabilì in
quell’occasione due obiettivi primari: da un lato, stabilizzare la crescita e creare
lavoro; dall’altro, aumentare l’efficienza economica.
Purtroppo, i due obiettivi appaiono in contraddizione. Per le autorità locali, la
crescita e il lavoro si creano tenendo in piedi le imprese zombie, fino a falsificare i
dati del gettito fiscale e della crescita. Pechino, a volte, agisce d’ufficio. Nei primi
nove mesi del 2016, il pil del Liaoning si è contratto del 2,2 per cento rispetto
all’anno precedente, a causa della chiusura coatta di miniere di carbone eacciaierie.
Adesso, resta da vedere come creare l’alternativa per le comunità operaie che
restano senza futuro”
C’è da dire che non è facile tenere “in tiro” un Paese grande come l’Europa e con
1,35 miliardi di abitanti. Ma certo è altrettanto vero che non si può pretendere di
essere considerati un’economia di mercato se la gestione delle province e delle
imprese assomiglia al “gioco delle tre carte”.
Un abbraccio a tutti.
Umberto Baldo